issn 1121-9238 atti - accademiapontaniana.it · Le titre de ce recueil d’études dit à lui seul...

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GIANNINI EDITORE NAPOLI 2013 NUOVA SERIE - VOLUME LXI - SUPPLEMENTO ANNO ACCADEMICO 2012 DLXXI DALLA FONDAZIONE ISSN 1121-9238 ATTI DELLA ACCADEMIA PONTANIANA

Transcript of issn 1121-9238 atti - accademiapontaniana.it · Le titre de ce recueil d’études dit à lui seul...

  • giannini editore napoli 2013

    nuova serie - volume lxi - supplemento

    anno accademico 2012

    dlxxi dalla fondazione

    issn 1121-9238

    a t t idella

    accademia Pontaniana

  • isBn: 978-88-7431-688-5

    issn: 1121-9238

    Il presente volume stato pubblicato grazie al contributo di del MIUR,

    dellIstituto Banco di Napoli - Fondazione,

    della Regione Campania,

    REGIONE CAMPANIA

    del Banco di Napoli SpA

  • Renaissances de la tragdie.

    La Potique dAristote et le genre tragique, de lAntiquit lpoque contemporaine

    sous la direction de Florence malhomme, Lorenzo miletti,

    Gioia maria Rispoli, mary-anne Zagdoun

    avec la collaboration de Valentina caruso

    ces travaux ont t raliss avec le soutien du conseil scientifique de lUniversit Paris-sorbonne (Paris iV), de lcole doctorale V concepts et Langages (ed 433), de lquipe de recherche Patrimoines et Langages musicaux (ea 4087) ; du cnRs, centre Lenain de tillemont (UmR 8167 orient et mditerrane) et centre Jean Ppin (UPR 76) tHeta ; et de linstitut Universitaire de France (Laurence Boulgue).

    ils ont reu le patronage de lUnesco, section Philosophie et sciences humaines.

  • table des matires

    PremessaLorenzo miletti, Gioia maria Rispoli

    Prfacemary-anne Zagdoun, Florence malhomme

    Unity of Art without Unity of Life? A Question about Aristotles Theory of Tragedystephen Halliwell

    Le plaisir propre de la tragdie est-il intellectuel ?Pierre destre

    La nozione di mimesis tragica in PlatoneLidia Palumbo

    Pourquoi la tragdieclaudio William Veloso

    Peinture et tragdie dans la Potique dAristotemary-anne Zagdoun

    La spcificit du concept aristotlicien de muthos Une relecture de la PotiqueFranoise Frazier

    Aristote et la praxis potique : Homre, un modle pour la tragdie ?sylvie Perceau

    The Social Significance of the Unity of Timeedith Hall

    Aristotele, Poetica 18, 1456 a 2-3 e il quarto tipo di tragediamaria Pia Pattoni

    Il dialogo tragico e il ruolo della gestualitGiovanni cerri

    Euripide tra poetica e retorica.Aristotele e lo Pseudo Dionigi sulla rhesis di MelanippeLorenzo miletti

    pag. 7

    9

    25

    41

    55

    69

    89

    103

    125

    145

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    189

    205

  • 6

    La maschera di Eracle nellAlcestiGiuseppe Zanetto

    LAristotele ercolanese.Aristotele e aristotelismo sulla tragedia nei papiri di ErcolanoGioia maria Rispoli

    Pselliana V: Mimesi tragica nella chronographiaUgo criscuolo

    Les larmes de Procn, ou les traces possibles dune influence de la Potique dAristote aux Trecento et QuattrocentoJean-Frdric chevalier

    Tragique et tragdie : la rception de lhritage aristotlicien dans les potiques no-latines de la RenaissanceVirginie Leroux

    Aristotele e la tragedia nellopera di Antonio Sebastiano Minturnomario Lamagna

    Tragdie et musique dans laristotlisme potique du CinquecentoFlorence malhomme

    DAubignac et Nicole devant la Potique dAristotedaniel dauvois

    La Potique mise en perspective : Corneille, lecteur dAristotecatherine Fricheau

    Mais il ne sagit plus de vivre, il faut rgner ou de la formalit tragique lge classiquePierre caye

    Lessing contre Corneille : enjeu dune traduction et dune lecture dAristote dans la dramaturgie de Hambourgnicolas Rialland

    Tra biografia e tragedia: la Fedra di Marina CvetaevaPaola Volpe cacciatore

    pag. 223

    239

    271

    287

    309

    337

    361

    399

    413

    431

    437

    453

  • Atti Accademia Pontaniana, Napoli - SupplementoN.S., Vol. LXI (2012), pp. 7-8

    nel considerare la meditazione moderna sul tragico sono in genere le grandi

    personalit dellottocento tedesco a venire alla mente, da schlegel a Hegel, fino na-

    turalmente a nietzsche, come le tappe pi incisive di una riflessione su un genere e

    su una forma, quella tragica, che sembra irriducibile alla modernit, almeno nello-

    riginaria dimensione ellenica, e a cui la modernit al contempo non sa e non vuo-

    le rinunciare, se non altro come paradigma, come fonte inesauribile di riflessione

    sullagire umano. eppure nel novecento e in questo primo scorcio del nuovo secolo

    il tragico ha continuato ad affascinare profondamente, forse non meno che in pre-

    cedenza. a buon diritto si potuto parlare di filosofie del tragico1, al plurale, osser-

    vando la quantit di pensatori che hanno scandagliato con gli strumenti pi diversi

    le forme della tragedia greca, le sue riprese nelloccidente e le sue fasi di latenza.

    nella riflessione novecentesca sul tragico e sulla tragedia una data di singolare

    importanza rappresentata dal 1961, anno in cui sono dati alle stampe due saggi

    diversi fra loro, destinati entrambi a grande fortuna: la Morte del tragico di Georg

    steiner e il Saggio sul tragico di Peter szondi2. tra ci che emerge con forza in que-

    ste due riflessioni la difficolt, anzi la sostanziale impossibilit di una definizione

    del tragico. se la rinuncia alla definizione costituisce una presa datto della distanza

    che ormai separa i moderni dalla prospettiva assunta dal padre di ogni critica sulla

    tragedia, aristotele, in opposizione metodologica allo stagirita anche lassunto

    che la riflessione non possa svilupparsi in direzione di una poetica, ma piuttosto di

    una lettura filologica e storica delle tragedie e di unanalisi delle riprese del genere

    tragico, una sorta di filosofia della storia della tragedia3: centrale il testo tragi-

    1 G. Garelli, Filosofie del tragico. Lambiguo destino della catarsi, milano 2001.2 G. steiner, The Death of Tragedy, London 1961 [prima trad. it. milano 1965]; P. szondi,

    Versuch ber das Tragische, Berlin 1961 [prima trad. it. torino 1996].3 cos szondi (op. cit., p. 64 delledizione italiana), in riferimento a quanto gi sostenuto

    da Walter Benjamin e da lui ripreso.

    Premessa

    lorenzo miletti, gioia maria rispoli

  • 8

    co dei modelli greci, centrale la storia delle sue riprese nelle varie forme letterarie

    delloccidente.

    Questa raccolta di studi dedicata alle numerose rinascite della tragedia prende

    avvio dal dato che la riflessione aristotelica sia linizio della tradizione filosofica

    sulla tragedia stessa, sia una forma interpretativa da cui loccidente, per adesione

    o per negazione, non si di fatto mai emancipata. il contributo multidisciplinare

    degli autori dei saggi mira ad analizzare in un unico sguardo la produzione cul-

    turale collegata al tragico e le teorie che ne hanno consentito le formalizzazioni.

    Uscito dal quadro normativo, dunque, aristotele rientra nel discorso come aspetto

    del problema e come oggetto dindagine non scindibile dalle rinascenze tragiche a

    cui ha contribuito.

    Questo volume costituisce lideale prosecuzione di un cammino di ricerca che

    allincirca la medesima quipe ha intrapreso gi in precedenza con la pubblicazione

    di una raccolta di saggi dedicata al concetto di armonia tra mondo antico e moder-

    no4. come in quelloccasione, anche qui si scelta la strada del plurilinguismo, a

    voler sancire la versatilit del dialogo in atto, raccogliendo interventi in francese, in

    inglese e in italiano. come in quelloccasione, inoltre, liniziativa ha ricevuto lospi-

    talit degli atti dellaccademia Pontaniana di napoli, la cui direzione sentitamente

    i curatori ringraziano.

    tutta la riconoscenza, infine, agli enti di ricerca e alle strutture Universit

    Paris-sorbonne, cnRs, institut Universitaire de France che hanno consentito con

    la loro generosit la pubblicazione di questo volume.

    4 LHarmonie,entre philosophie, science et arts, de lantiquit lge moderne (Atti dellAcca-demia Pontaniana, Suppl. 59), sous la direction de P. caye F. malhomme G.m. Rispoli a.G. Wersinger, textes runis par L. miletti, napoli, Giannini editore, 2011.

    (2)

  • Atti Accademia Pontaniana, Napoli - SupplementoN.S., Vol. LXI (2012), pp. 9-24

    Le titre de ce recueil dtudes dit lui seul toute la richesse de la tragdie et les

    menaces qui psent sur elle, puisque les renaissances impliquent la mort intermit-

    tente et toujours recommence de la tragdie. chacun a en mmoire le livre clbre

    de Georges steiner, La Mort de la tragdie1, pour qui ce genre littraire, n en Grce

    dans un milieu o le polythisme et la mythologie taient vivants et justifiaient une

    vue de la condition humaine soumise au destin, voire linjustice, naurait plus sa

    raison dtre dans notre monde occidental quil a pourtant contribu faonner. Ju-

    gement peut-tre un peu radical, que nous nadopterons quavec prudence, au vu de

    la richesse de la tragdie au XXe sicle et de la persistance du sens tragique.

    Regards sur la Potique

    cet ouvrage fait rfrence au genre originaire, la tragdie grecque attique, dont

    nous dlaisserons ici laspect historique et les caractres proprement locaux, au-

    trefois mis en vidence par Ulrich von Wilamowitz-moellendorff, dans Quest-ce

    quune tragdie attique2 ? notre seule rfrence thorique sera le texte de la Potique

    daristote, par rapport auquel se sont dfinies un grand nombre de tragdies pen-

    dant des sicles, de lantiquit nos jours. cest cette rfrence constante un texte

    interprt de faon toujours diffrente qui justifie le terme de renaissances dans

    notre titre.

    La tragdie attique tait un genre trs complet, agrment de musique, de chants

    et de danses. sa potique tait des plus complexes, puisquelle autorisait la varit

    des vers, un langage adapt et des images recherches. son interprtation fait appel

    la philosophie, dune part parce quelle est fonde sur le destin et son ultime point

    * Les parties 1 6 ont t conues par m.-a. Zagdoun, les parties 7 10 par F. malhomme.1 G. steiner, La Mort de la tragdie, trad. fr. Paris 1993.2 U. von Wilamowitz-moellendorff, Quest-ce quune tragdie attique ? Introduction la tra-

    gdie grecque, trad. fr. Paris 2001.

    Prface

    mary-anne zagdoun, florence malhomme*

  • 10 Mary-anne Zagdoun, Florence MalhoMMe (2)

    darrive, la mort, et quelle pose la question, jamais rsolue, de la condition hu-

    maine. elle est dautre part lie la philosophie par lexistence mme de la Potique

    daristote, la fois descriptive et normative, quil faut considrer comme une partie

    intgrale de la philosophie aristotlicienne. aristote ne qualifiait-il pas en outre la

    tragdie de plus philosophique que lhistoire, parce quelle visait luniversel, en re-

    prsentant non ce qui stait rellement pass, mais ce qui pourrait avoir lieu dans

    lordre du vraisemblable ou du ncessaire3 ? Philosophie, potique, esthtique, mu-

    sique entourent et enrichissent la tragdie attique, justifiant linterdisciplinarit de

    cet ouvrage et la varit des problmes abords.

    Laspect principal tudi ici concerne linterprtation mme du texte de la Po-

    tique, si souvent analys et comment, au point que lon peut mme parler dune

    surinterprtation de ce texte, dont la bibliographie est immense. Bien des points

    cependant restent encore obscurs. Les questions abordes vont du plus gnral au

    plus particulier et concernent tant la thorie aristotlicienne elle-mme que lin-

    terprtation du texte de la Potique, aussi bien dans lantiquit qu lge moderne.

    Les progrs de la philologie, suivis de nouvelles interprtations philosophiques,

    clairent dun jour nouveau la Potique et justifient que lon en reprenne une fois de

    plus ltude, ajoutant encore un peu de patine, faite des commentaires sans cesse

    renaissants sur cette uvre magnifique et si difficile comprendre, devenue inspa-

    rable de luvre elle-mme4.

    La difficult de la Potique vient de sa nature mme. comme chacun sait, ce texte

    est un ensemble de notes prises par un lve certains ajoutent un trs mauvais

    lve , moins que ce ne ft une bauche de cours. Les deux hypothses ex-

    pliquent les lacunes et les trs nombreuses contradictions qui parsment le texte. en

    aucun cas, le texte ne fut destin tre publi et son retentissement, ainsi que son

    influence nen sont que plus tonnants. Rsoudre quelques-unes des difficults que

    prsente ce trait, clairer quelques-uns des non-dits du texte, tudier les diffrentes

    interprtations de la Potique et mettre en vidence les vues toujours changeantes

    sur la tragdie partir delle, telle a t lambition premire de cet ouvrage.

    Les lments dune esthtique aristotlicienne

    si le terme esthtique est moderne et remonte au XViiie sicle Baumgarten,

    aristote a su, dans une certaine mesure, sparer sa thorie artistique de la morale et de la

    politique, pour en faire lobjet dune tude propre. Mimsis, plaisir esthtique, catharsis,

    tels sont les lments dune esthtique qui ne dit pas encore son nom et qui marque

    pourtant une sparation entre les genres mimtiques et la vie dont ils sinspirent.

    La tragdie se distingue de la vie en grande partie par sa recherche dunit, qui

    est la marque de tous les arts mimtiques. mais nest-ce pas l la source dun para-

    3 aristot., Poet. 9, 1451 a 36-1451 b 11.4 Limage de la patine, qui sajoute luvre de la Potique, est de d. Lanza, La Poetica di

    Aristotele e la sua storia, Pisa 2003, p. 7.

  • 11Prface(3)

    doxe (s. Halliwell) ? nous avons besoin en effet des mmes facults cognitives et

    motionnelles pour comprendre vie et tragdie, et la vie doit tre intelligible pour

    que la tragdie qui en est tire puisse exister. or la vie de tous les jours manque

    dunit. Une revalorisation du rle de lindividu et du caractre dans la Potique

    pourrait aider rsoudre cette difficult, surtout si elle est mise en relation avec

    laspiration de lindividu et de la vie vers lunit, que semblent prconiser certains

    passages de lthique aristotlicienne. Unit artistique et unit de vie se rapprochent

    sans jamais se rejoindre tout fait. La tragdie est bien une reprsentation de la

    vie, condition dadmettre quelle change la vie mme. il y a ainsi une tension,

    particulirement intressante, entre tragdie et vie. accorder vie et tragdie permet

    de considrer une fois de plus la Potique comme un lment part entire de la

    philosophie daristote, puisquil est impossible de comprendre la Potique sans une

    rfrence aux thiques aristotliciennes.

    Le plaisir propre de la tragdie (P. destre) est un des aspects de ce plaisir es-

    thtique qui parcourt toute la thorie artistique daristote, sans jamais faire lobjet,

    de la part de celui-ci, dune tude synthtique. Le plaisir propre de la tragdie a

    une grande importance, puisquil permet, avec la mimsis, de faire de la tragdie un

    genre littraire, ayant sa fonction propre. cette fonction consiste susciter un plai-

    sir issu des motions de la piti et de la crainte, par lentremise de la mimsis. Qui

    dit motion, chez aristote, pose le problme de la cognition, en gnral dfendue

    pour toutes les motions aristotliciennes, comme pour le plaisir propre des dif-

    frents genres artistiques. on lira donc ici, avec dautant plus dintrt, une dfense

    du plaisir propre dans une perspective non cognitiviste.

    La mimsis marque vritablement lentre dans le domaine esthtique. Le rap-

    port de la mimsis aristotlicienne avec la mimsis platonicienne a fait lobjet de

    nombreuses analyses et il convenait de reprendre ltude de la reprsentation chez

    Platon, pour mieux comprendre son volution chez aristote (L. Palumbo). il y a

    chez Platon dans la mimsis un lment de dformation qui pose le problme du

    rapport de lart et de la ralit et qui nchappe pas laccusation du mensonge

    que doit viter le Gardien de la cit idale comme le philosophe. cette perspective

    nexiste pas chez aristote pour qui la mimsis est quelque chose dentirement na-

    turel. La reprise de ces textes platoniciens, trs discuts, permet de mieux situer la

    tragdie qui apparat chez Platon comme une dformation de la ralit, alors que

    chez aristote elle en est la stylisation.

    se demander pourquoi aristote sest intress lart de la potique et aux activi-

    ts lies la mousik plutt quaux activits gymniques ou hippiques est une autre

    faon de chercher comprendre ce qui fait la spcificit de la Potique (c. W. Velo-

    so). ces diffrentes activits ont en effet des points communs : cadre agonal, pr-

    sence des spectateurs, imitations dactivits de la vie relle (la guerre ou la chasse,

    pour les activits sportives). mais les diffrences entre ces diffrentes activits

    peuvent expliquer lintrt daristote pour les arts de la mousik, et en particulier

  • 12 Mary-anne Zagdoun, Florence MalhoMMe (4)

    lexistence dun plaisir esthtique qui nest prsent que dans les arts musicaux. on

    retrouve ici le plaisir de la mimsis et le rle du public qui est sollicit par sa recon-

    naissance de lobjet reprsent.

    on pense surtout aux arts de la mousik, lorsquil sagit des thories artistiques

    daristote. cest oublier la peinture qui joue un rle analogique important dans la

    Potique. Forme et matire sy opposent, comme, dans la tragdie, laction et le

    caractre ou, dans la peinture, le dessin et la couleur. aristote a toujours donn la

    prfrence la forme, do leffacement du caractre devant laction, de la couleur

    devant le dessin (m.-a. Zagdoun). Les quelques allusions la peinture dans la Po-

    tique permettent dvoquer des techniques artistiques prcises et de situer aristote

    dans les querelles de son temps, dans lesquelles il prend part, en restant trs conser-

    vateur dans ses gots5.

    Rapports de la tragdie grecque et de la Potique

    La Potique et la tragdie grecque attique sont-elles si indissociablement lies ?

    La question peut paratre trange, puisque le trait daristote traite de la tragdie.

    mais sagit-il bien de la tragdie grecque attique ? Retrouvons-nous un reflet fidle

    des grands tragiques grecs dans la Potique daristote ? on peut rpondre avec certi-

    tude par laffirmative, malgr les travaux de W. sffing6, que lon trouvera cit plus

    dune reprise dans cet ouvrage et qui a bien montr lcart entre la thorie normative

    daristote et la ralit des tragdies grecques qui nous sont parvenues.

    sans entrer dans une tude exhaustive de ce sujet passionnant, chacun se sou-

    viendra de diffrents passages de tragdies grecques o laction ne prsente pas

    lunit prconise par aristote, o le merveilleux, pourtant banni par aristote de la

    reprsentation et relgu en dehors de lhistoire 7, vient faire irruption, au cours

    mme de la pice ou la fin. Que lon songe mde, disparaissant dans les cieux,

    la fin de la pice du mme nom deuripide, grce un char tran par des dragons

    ails. ce recours un peu facile la machine est contraire aux prceptes daristote

    qui le condamne expressment8. et que dire de lirrationnel qui fait irruption dans le

    cours mme de la tragdie, comme par exemple dans llectre de sophocle9 ? com-

    ment justifier larrive dge, dans la Mde deuripide ? son entre en scne tombe

    point nomm pour tirer mde dune mauvaise situation10, mais cette arrive tient

    du hasard et non de la ncessit de la composition tragique.

    5 on renverra au chapitre iV de LEsthtique dAristote de m.-a. Zagdoun, Paris 2011, o le texte prsent ici est repris et situ dans la problmatique aristotlicienne de la matire et de la forme.

    6 W. sffing, Deskriptive und Normative Bestimmungen in der Poetik des Aristoteles, amsterdam 1981.

    7 Voir aristot., Poet. 15, 1454 b 6-8.8 Ibid., 15, 1454 b 1. 9 Ibid., 24, 1460 a 31. 10 Ibid., 25, 1461 b 21-22.

  • 13Prface(5)

    tous ces carts, dont on pourrait multiplier les exemples, sexpliquent par la

    situation mme daristote au moment dcrire la Potique. il avait sa disposition

    un trs grand nombre de pices, dont une grande partie a disparu et limage quil

    nous en donne est remarquable, parce quelle repose sur un nombre considrable de

    tragdies, qui taient peut-tre assez diffrentes les unes des autres. ce qui nous est

    parvenu ne nous permet pas den juger. mais surtout, lentreprise daristote est une

    systmatisation qui ne pouvait prendre en compte les carts de la cration potique.

    tout incline aristote vers la ncessit et la vraisemblance et il en a fait une rgle

    dans le thtre en particulier dans la tragdie, sans tenir compte des exceptions qui

    parsment luvre des grands tragiques. ces uvres sont dailleurs derrire lui.

    tout en tenant compte du pass, et tout en sappuyant sur lui, il crit pour synthti-

    ser lart de la composition, en sadressant aux gnrations futures. et il sera enten-

    du. mnandre, lpoque hellnistique, qui fut un lve de thophraste, disciple et

    successeur daristote au Lyce, crira ses comdies dans lesprit de la Potique.

    Perspectives thoriques

    ce qui diffrencie la tragdie vue par aristote de la tragdie attique, cest lac-

    cent mis sur certaines exigences, et en particulier le rle donn au muthos, concept

    aristotlicien qui fait rfrence la structure intellectuelle de luvre mimtique et

    dont une analyse rigoureuse permet de suivre linsertion et le dveloppement dans

    le cours de la Potique (F. Frazier). Le terme est en effet dfini par aristote, mais il

    donne lieu un dveloppement si ample, quil a paru ncessaire den dlimiter ici les

    contours, en confrontant la nouvelle analyse prsente ici aux analyses de quelques

    exgtes modernes. et il est passionnant dopposer le concept aristotlicien du mu-

    thos lusage quen a fait avant lui Platon, qui le considrait comme un rcit, ou

    encore Plutarque, qui inverse compltement la perspective de la Potique, rappro-

    chant le plaisir de la fiction du plaisir de la couleur et donnant ainsi contre aristote

    la prfrence la matire sur la forme.

    il ne faut pas oublier que la Potique dfinit aussi la tragdie en la comparant

    lpope et que, pour aristote, Homre est galement le pre de la tragdie, comme

    de la comdie. on sait quaristote, dans la confrontation de ces deux genres, don-

    nait la palme la tragdie. Une analyse trs dtaille de ces deux genres, daprs la

    Potique, permet de reprendre la question de lopsis, du spectacle, dont on connat

    la place ambigu quil occupe dans ce trait (s. Perceau). Lpope ne connat pas le

    spectacle qui est dprci par aristote, lorsquil sagit de la tragdie. Homre aurait

    ainsi t fabriqu par aristote sur mesure comme crateur de drames, afin de d-

    prcier la part qui revient au spectacle et de donner, dans la tragdie, la primaut au

    langage crit, qui peut se goter chez soi la simple lecture.

    on sait quaristote distinguait quatre types de tragdies : la tragdie complexe,

    constitue de coups de thtre et de reconnaissance (la meilleure, selon lui), la tra-

    gdie effets violents, la tragdie de caractre et un quatrime type, dont la nature

  • 14 Mary-anne Zagdoun, Florence MalhoMMe (6)

    est trs discute, le passage de la Potique tant corrompu cet endroit. il pourrait

    sagir de la tragdie spectacle (plutt que de la tragdie pisodes), car les exemples

    donns pour lillustrer font probablement rfrence aux tragdies deschyle qui font

    une part importante au spectacle et la mise en scne (m. P. Pattoni). lappui

    de cette hypothse, on peut citer une tude rcente de J. Jouanna, qui montre le

    rle important du spectacle dans le thtre deschyle11 et vient sajouter de faon

    convaincante la bibliographie dj riche sur ce sujet.

    Lunit de temps chez aristote pose un problme redoutable. Plusieurs interpr-

    tations en ont t donnes, sans que la signification originelle de ce concept ait t

    mise en vidence et comprise. Les raisons dune telle exigence chez aristote pour-

    raient tre dorigine psychosociale, plus questhtique. Un tel lapse de temps permet

    dagir sur la destine de faon radicale et la dmocratie athnienne en a donn plus

    dun exemple. La dlibration joue un rle important dans les coups de thtre de la

    tragdie, comme dans la vie politique dathnes. il ne faut pas sous-estimer la nuit

    qui porte conseil. Le futur peut tre chang, do limportance de lunit de temps,

    lie la dlibration (e. Hall).

    Lopposition bien connue daristote entre la structure intellectuelle de la tragdie

    et le spectacle permet de reprendre de faon originale la question de la gestualit

    dans la tragdie (G. cerri). Lanalyse de quelques passages de tragdies vient illus-

    trer une classification, dans laquelle les exemples les plus nombreux montrent,

    des degrs divers, la subordination du geste la parole, mettant en vidence sur ce

    point prcis la concordance de la tragdie grecque avec la thorie aristotlicienne.

    Survivances de la Potique dans lAntiquit

    La Potique, telle que nous la connaissons, semble avoir subi dans lantiquit

    une clipse importante, mais les thories artistiques daristote taient connues par

    ses uvres exotriques, destines au public cultiv, sinon ses disciples les plus

    avancs. ainsi, son De Poetis a exerc une influence considrable et a pu vhiculer,

    par lentremise des successeurs daristote, les thories artistiques du stagirite qui se

    retrouvent tout au long de lpoque hellnistique et impriale.

    certains crivains tardifs portent aux nues ce quaristote condamnait avec vi-

    gueur. ainsi, le discours de mlanippe dans la pice aujourdhui perdue deuripide,

    Mlanippe la philosophe, pice dont il ne reste que largument et quelques fragments,

    reprsentait pour aristote le type mme du discours inconvenant, impropre tre

    prononc par une femme, sous peine de tomber dans linvraisemblance. Par son

    jugement, aristote sinscrit dans une tradition bien atteste qui condamne avec s-

    vrit le discours de mlanippe. Le jugement favorable sur ce discours, port par le

    Ps.- denys dHalicarnasse, probablement au iie sicle aprs J.-c., est dautant plus

    11 Voir J. Jouanna, du mythe la scne , in J. Jouanna-F. montanari, Eschyle laube du thtre occidental, Genve 2009, pp. 57-126.

  • 15Prface(7)

    intressant quil prend en compte la philosophie deuripide et la dette de celui-ci en-

    vers anaxagore. La perspective de denys est diamtralement oppose celle daris-

    tote qui ne prend en compte que la convenance dramatique selon des critres qui

    lui sont propres (L. miletti).

    Les thories littraires daristote occupent une place importante dans les papyri

    de la Bibliothque de Philodme de Gadara, trouvs dans la Villa des Papyri Her-

    culanum. Les diffrents ouvrages trouvs dans cette Villa et, en particulier, les cinq

    livres du Peri Poimatn sont fondamentaux pour la connaissance de lesthtique

    picurienne et pour la diffusion des thories esthtiques daristote. Les doctrines

    du stagirite y apparaissent comme tant bien connues, quoique dformes. ces do-

    cuments sont inapprciables pour la connaissance de laristotlisme littraire, dont

    on sait le rle quil a jou dans les thories littraires de Rome la fin de lpoque

    hellnistique (G. m. Rispoli).

    Universalit de la tragdie

    si le retentissement de la Potique fut si considrable dans les temps modernes,

    cest quaristote a su considrer la tragdie en dehors de son contexte purement

    grec et attique et en faire un genre qui dpasse entirement lpoque classique pour

    devenir atemporel. cest en cela que consiste le gnie de cette uvre extraordinaire.

    et cest ce qui explique quaristote soit pour nous un interlocuteur toujours actuel

    et que lon se dfinisse encore par rapport lui, soit pour accepter sa pense esth-

    tique, soit au contraire pour la discuter et la rejeter parfois. non seulement il a su

    sortir la tragdie de son cadre attique et classique, mais il y a introduit des notions

    universelles, qui sont entres dans la langue courante et qui ont servi longtemps de

    fondement lesthtique. et cest cette universalit que notre ouvrage reflte, dans

    la reprise incessante dune pense qui fonde lexistence mme de la tragdie.

    Voyons dabord ce quaristote a enlev de la tragdie attique dpoque classique.

    nous voudrions soutenir le paradoxe suivant : loin dtre un appauvrissement ou

    une infidlit lesprit des tragdies quaristote connaissait, ce dpouillement est

    garant duniversalit et fonde la possibilit dune survie de la tragdie dans un

    contexte autre que grec, ailleurs qu athnes et en dehors de lesprit grec classique.

    Grce la Potique, la tragdie grecque est de tous temps et sexporte hors de Grce.

    ainsi, ce quaristote enlve la tragdie attique laisse celle-ci dans un tat de plus

    grande richesse et assure son avenir ailleurs quen Grce.

    Un premier point souligner, cest que la tragdie se situe pour aristote en de-

    hors du cadre religieux dun festival. il ny a quune allusion dans la Potique au

    contexte des concours tragiques. au chapitre 7 de la Potique, en 1451 a 6-15, aristo-

    te mentionne les concours tragiques et la clepsydre qui limite le temps des repr-

    sentations. mais il nen parle que par allusion, pour mieux dfinir la dure dune

    bonne tragdie. Le temps mesur par la clepsydre est une donne accidentelle dans

    une tragdie. La vritable dure doit tre dfinie par ltendue qui permet le renver-

  • 16 Mary-anne Zagdoun, Florence MalhoMMe (8)

    sement de la bonne fortune la mauvaise, moins que ce ne soit le contraire. Les

    commentateurs successifs et surtout les tragiques franais du XViie sicle en ont

    tir lunit de temps, un temps qui nexcde pas vingt-quatre heures. aristote nest

    pas aussi prcis. Ltendue la plus grande est recommandable, mais il faut en mme

    temps que le spectateur ait une vue densemble claire de la tragdie, ce qui implique

    que celle-ci ne soit pas trop longue. on voit bien que lallusion aux concours tra-

    giques nest ici quune faon darriver une question autrement plus importante

    pour aristote.

    aristote a compltement pass sous silence dans sa Potique la fte des Grandes

    dionysies. on sait qu lpoque classique la clbration de cette fte, qui se tenait

    athnes vers la fin du mois de mars, commenait par un acte religieux. dans

    ses grandes lignes et en ne retenant que lessentiel, la fte se droulait de la faon

    suivante. Une procession solennelle, suivie par un sacrifice de taureaux et des ban-

    quets, marquait le premier jour. Le deuxime et le troisime jour taient consacrs

    au concours des dithyrambes. il y avait un grand cmos ou procession avec chants

    et danses le soir du troisime jour et les concours dramatiques avaient lieu les der-

    niers jours12. chaque auteur tragique retenu pour le concours prsentait trois trag-

    dies et un drame satyrique. aristote ne nous a gure parl du drame satyrique. ce-

    lui-ci pouvait comporter de nombreux lments comiques et prparer ainsi le public

    au concours de comdie qui suivait. La parent de lAlceste deuripide avec le drame

    satyrique a dj t releve, en particulier parce quelle occupait la quatrime place

    dans sa ttralogie et aussi cause des lments comiques qui se retrouvent dans

    cette pice, parfois qualifie de tragdie lgre . Par exemple, ltude du motif co-

    mique de lHracls glouton, qui se situe dans une tradition dramatique abondam-

    ment atteste, occupe une place importante dans lAlceste deuripide, o le tragique

    se mle au comique pour en retirer un sens plus riche et plus profond (G. Zanetto).

    nous nentrerons pas ici dans le dtail de la fte des Grandes Dionysies et de

    son droulement. certes, pour le spectateur, le lien entre les tragdies et dionysos

    paraissait un peu vague. Plutarque nous dit bien que lorsque Phrynicos et eschyle

    introduisirent dans leurs tragdies des histoires mythologiques, la raction fut im-

    mdiate : Quel rapport avec dionysos ? 13. Un proverbe fut mme cre : cela na

    rien voir avec dionysos 14.

    on ne peut donc pas reprocher aristote de navoir pas fait au dieu la place

    qui lui revenait. mais ce quaristote ne nous dit pas, cest que la tragdie tout en-

    tire baignait dans une intense atmosphre religieuse. Les diffrentes processions

    qui rythmaient les Grandes dionysies sarrtaient aux sanctuaires de divinits di-

    12 Voir P. demont-a. Lebeau, Introduction au thtre grec antique, Paris 1996, p. 39. Pour une description plus dtaille et plus image, voir e. Hall, Greek Tragedy, Suffering Under the Sun, oxford 2010, pp. 22-25.

    13 Plut., Quaest. conv. i, 1. 5.14 sur cette question, voir P. demont et a. Lebeau, op. cit., p. 28.

  • 17Prface(9)

    verses, associant en fait dautres dieux au culte de dionysos15 et lorsque ceux-ci

    apparaissaient dans les tragdies, leur prsence revtait une profonde signification

    religieuse. on sait la terreur quinspira aux spectateurs le chur des rinyes dans

    les Eumnides deschyle, entranant mme chez des femmes enceintes accouche-

    ments et fausses couches16. Les dieux dans la tragdie attique sont des dieux vi-

    vants, qui interviennent dans les affaires des mortels et inspirent des sentiments de

    terreur, dapaisement ou mme damour, comme artmis Hippolyte, dans la pice

    de mme nom deuripide, dans laquelle le mysticisme du hros donne la tragdie

    un charme tout particulier. et noublions pas les Bacchantes deuripide, qui raconte

    la toute-puissance de dionysos et sa vengeance. on se contentera de ces quelques

    exemples, mais le thtre grec attique est hant par la religion, que ce soit pour la

    glorifier ou au contraire pour la critiquer. cest cette signification religieuse de la

    tragdie qui est compltement laisse de ct par aristote, ouvrant la porte, dans

    les sicles venir, des tragdies sans dieux ou encore des tragdies appartenant

    un contexte religieux diffrent. Que lon songe la tragdie chrtienne, Polyeucte,

    de corneille ou encore aux deux tragdies bibliques de Racine, Esther et Athalie.

    on peut se demander pourquoi aristote accorde une place si restreinte la reli-

    gion et aux dieux dans sa Potique. son attitude frle le scepticisme. au chapitre 25

    de la Potique, en 1460 b 35-1461 a 1, il accepte ce que disent les potes propos des

    dieux, tout en se rfrant Xnophane, bien connu pour sa critique des dieux, no-

    tamment sous leur forme anthropomorphique. Pour aristote toutefois, lexistence

    des dieux est prouve non par la science, mais par lopinion, dont on sait quil fai-

    sait grand cas, tout en lui refusant le statut de connaissance vritable. Pour lui, il

    fallait se rfrer la doxa ou opinion, avant de la critiquer ou de la discuter, parce

    quil ntait pas possible que les hommes du pass se soient entirement tromps

    sur tout. La tradition restait vnrable pour lui. Pour aristote, les dieux trouvaient

    leur place en posie, comme dans la religion de la cit la mort de socrate lincitait

    sans doute la prudence. mais, tout en pratiquant scrupuleusement la religion de

    son temps, il na jamais rien fait pour concilier la thologie traditionnelle et popu-

    laire avec ses propres vues philosophiques sur dieu17.

    Une autre raison pour la quasi viction des dieux de la tragdie par aristote tient

    aux rgles de la composition tragique. chacun sait que pour aristote le muthos ou

    histoire ou encore systme de faits ou agencement de faits en systme doit obir aux

    rgles de ncessit ou de vraisemblance. Lintervention divine, ainsi que le recours

    la machine ou lintervention de tout lment irrationnel doivent tre canton-

    ns en dehors de lhistoire , cest--dire en dehors de la reprsentation scnique

    elle-mme. Les dieux peuvent apparatre surtout pour prdire les vnements, car,

    15 Voir e. Hall, op. cit., pp. 22-23. 16 Vita aeschyl. 2 ; voir e. Hall, op. cit., p. 223. 17 en ce qui concerne la religion daristote, on renverra d. Babut, La Religion des philo-

    sophes grecs : de Thals aux stociens, Paris 1974, pp. 105-135.

  • 18 Mary-anne Zagdoun, Florence MalhoMMe (10)

    comme le dit aristote, nous concdons aux dieux le don de tout voir , phrase que

    lon peut trouver mouvante, parce que peut-tre non dnue dun accent religieux

    (Potique 15, 1454 b 5-6).

    aristote a galement enlev de la Potique toute rfrence la cit. on pourrait

    partir l encore de la fte des Grandes dionysies pour montrer combien athnes a

    mis son empreinte sur la tragdie, dans lorganisation mme de son droulement.

    La question a t souvent traite, aussi ne nous attarderons-nous gure sur ce sujet.

    de mme, nous ne mentionnerons quen passant la place que les grands vnements

    de la cit, les allusions politiques, judiciaires, de politique extrieure occupent dans

    luvre des trois grands tragiques grecs. ces faits sont trop connus et leur dvelop-

    pement excderait les limites de cet avant-propos.

    non seulement aristote a sorti la tragdie de son cadre athnien et de sa religion

    civique, mais il a universalis la tragdie en crant une thorie artistique, qui sera

    sans cesse reprise. contre Platon, il a donn la tragdie ses lettres de noblesse, en

    faisant de la mimsis ou facult reprsentative une tendance naturelle et univer-

    selle (Potique 4, 1448 b 5 s.), fondant ainsi sa thorie artistique sur la nature et le

    plaisir. Un autre apport trs important daristote est sa thorie si originale, quoique

    malheureusement trs obscure, de la catharsis. Mimsis et catharsis permettent

    aristote de justifier luvre du dramaturge, den faire quelque chose de naturel, qui

    concourt llimination des passions pour lamlioration morale des hommes. Rien

    que pour cela, la Potique daristote mritait dtre sans cesse reprise et commente,

    favorisant en cela la renaissance incessante de la tragdie travers les ges.

    La redcouverte tardive de la Potique

    comme lcrit Jean Hardy dans son introduction la Potique, lhumanisme italien

    constitue vritablement la phase triomphale de son histoire 18. en un demi-sicle se

    constitue un immense corpus de textes thoriques sur la potique, suscits par le re-

    tour aristote. on rappellera quelques-uns des jalons bien connus de cette premire

    renaissance19, qui soutiennent les rflexions de ce volume. en 1453, le texte original

    grec rapparat la faveur de la fuite des Byzantins vers Venise ; en 1498 est imprime

    la premire traduction latine de Giorgio Valla ; en 1508, la premire dition grecque

    de Jean Lascaris ; et en 1549, la premire traduction italienne de Bernardo segni. Pa-

    ralllement ces traductions, le corpus est marqu par les grands commentaires du

    texte de la Potique, ceux en latin de Robertello en 1548 et de Vettori en 1560 ; et le

    premier grand commentaire en italien de castelvetro en 1570.

    18 J. Hardy (d.), introduction Aristote, La Potique, Paris 1969, p. 23.19 Voir notamment P. somville, Essai sur la Potique dAristote et sur quelques aspects de

    sa postrit, chap 4 La postrit : quelques aspects , Paris 1975, pp. 135-144 ; m. magnien (d.), introduction Aristote, La Potique, Paris 1990, pp. 53-72 ; s. Halliwell, Aristotles Poe-tics, London 1986, rd. 1998, chap. 10 influence & status : the Nachleben of the Poetics , pp. 290-298.

  • 19Prface(11)

    aprs le moment philologique apparaissent un nombre considrable de traits

    de potique, non seulement sur les genres traits par aristote, la tragdie, la co-

    mdie et lepos, mais encore sur les genres nouveaux de la littrature en langue

    italienne, le romanzo, la tragi-comdie, le drame pastoral, le drame satyrique, les

    genres modernes de la posie lyrique, chez trissino et minturno notamment, ainsi

    que les genres musicaux, les intermdes et le drama per musica.

    on prendra la mesure de linfluence du texte daristote en soulignant que les ca-

    nons aristotliciens dominent non seulement la rflexion thorique sur la potique,

    mais lesthtique en gnral. La thorie de la mimsis est tendue par les huma-

    nistes italiens tous les arts imitatifs, aux deux autres arts de la parole, du son et du

    temps que sont la musique et la rhtorique, mais aussi la peinture et la sculpture.

    se constitue quasiment un systme des arts unifi selon le principe de limitation,

    dautant plus prgnant que laristotlisme de la deuxime moiti du cinquecento est

    intimement li lidologie de la contre-Rforme.

    si les cadres de lhumanisme de la Renaissance se voient pleinement renouvels

    par la force de ce retour aristote, des zones dombre et des problmes se cachent

    toutefois sous cette vue densemble et savrent aussi dterminants, si ce nest plus,

    pour lhistoire de la pense et des arts que laristotlisme triomphant et univoque

    qui semble apparatre au premier regard.

    comme le relve Jean-Frdric chevalier, la Potique nest vraiment diffuse qu

    partir de lpoque o lon sinterroge sur lespace scnique, dans la deuxime moiti

    du XVie sicle. Que se passe-t-il donc avant ?

    Ugo criscuolo, en prambule son tude sur la mimsis tragique chez michel

    Psellos (1018-1078), rappelle quil ny eut pas chez les Byzantins de renaissance de

    la tragdie, ni des formes thtrales de la tradition classique. ils ne montrrent ga-

    lement aucun got pour les reprsentations sacres qui caractrisent le moyen ge

    occidental. Quant la Potique daristote, elle ne suscita pas dintrt particulier,

    au-del de sa prsence dans la tradition manuscrite, et resta sans influence sur le

    dveloppement ultrieur de la production potique.

    en occident, on a dispos au moyen ge, qui a assur le triomphe de laristo-

    tlisme du docteur anglique tout en dlaissant le texte de la Potique, de deux re-

    pres importants : la traduction latine du texte grec due Guillaume de mrbecke

    en 1278 ; et le commentaire daverros au milieu du Xiie sicle, avec la traduction

    latine qui en fut faite en 1256 par Hermannus alemannus, publie Venise en 1481.

    au tre et Quattrocento, la connaissance de la Potique, avant lexploitation de

    lensemble du texte grec par Politien vers 1480, reste des plus problmatiques. elle

    ne joue pas de rle explicite dans la renaissance de la tragdie latine en italie aux

    XiVe et XVe sicles, o sentrecroisent plusieurs traditions : le modle des tragdies

    de snque, lArt potique dHorace, la Rhtorique Hrennius, auxquels se mlent

    les sources et une tonalit chrtiennes. sans doute le plus grec et le plus connaisseur

    de la potique aristotlicienne, avant Politien, est-il Vittorino da Feltre, lun sinon le

  • 20 Mary-anne Zagdoun, Florence MalhoMMe (12)

    plus grand des pdagogues des studia humanitatis dans les premires dcennies du

    Quattrocento. on retient avec motion les larmes quil versa la lecture de la Progne

    de son lve Gregorio correr, tragdie parmi les premires crites lge moderne

    qui sapproche le plus du modle aristotlicien (J.-F. chevalier).

    Redcouverte ou rinvention

    au cinquecento, alors que commence la vritable renaissance de la potique

    grce limmense travail ddition, de traduction et de commentaire du texte aris-

    totlicien, le mme constat semble simposer. Les thoriciens qualifis daristotli-

    ciens ne le sont en ralit que pour une part, ou bien peu. Virginie Leroux montre

    ainsi que des premires potiques no-latines, telle celle de Fonzio, aristote est ab-

    sent et que la thorie de la tragdie est davantage redevable la tradition des gram-

    mairiens antiques. outre diomde, Horace, Quintilien et cicron semblent autant

    prsents, si ce nest plus, que le stagirite. La tragdie et la catharsis se soumettent

    au prcepte cicronien du docere, delectare, movere, la mimsis la finalit hora-

    cienne de lutile-dulci. diverses modalits dintgration de lhritage aristotlicien se

    mettent ainsi en place, de la Potique daristote imaginaire de dubois, qui ne cite

    jamais le philosophe tout en dveloppant une conception trs proche du tragique,

    la dnonciation des absurdits aristotliciennes par scaliger.

    dans cette analyse de la rception de la potique aristotlicienne lge hu-

    maniste, antonio minturno constitue un objet de rflexion des plus intressants,

    qutudie mario Lamagna. non seulement il est lun des penseurs les plus impor-

    tants de la thorie thtrale de la Renaissance italienne, mais chez lui la complexit

    de notre problmatique y est encore accentue par la composition de deux traits

    successifs, en langue latine puis en langue vulgaire. ce dernier napparat pas sim-

    plement comme une rduction du premier ; il intgre non seulement des lments

    spcifiques la posie en langue moderne, mais encore les ultimes dveloppements

    du dbat thorique sur la tragdie, notamment les Discorsi intorno al comporre de i

    Romanzi, delle Comedie e delle Tragedie (1554) de Giraldi cinzio.

    La relation problmatique entre le texte de la Potique et ses commentateurs huma-

    nistes saccentue encore avec le stade final de la rception aristotlicienne que consti-

    tuent la fin du XVie sicle les thories potiques lies lespace thtral. cet aboutis-

    sement de la rflexion humaniste sur le thtre est marqu non seulement par des sp-

    culations thoriques, mais plus encore par la rsurrection sur scne de la tragdie, dont

    le point culminant est la reprsentation de lEdipo tiranno de sophocle (1585), avec les

    perspectives de Vincenzo scamozzi et la musique pour churs dandrea Gabrieli, pour

    linauguration du Teatro Olimpico de Vicence construit par andrea Palladio. outre la

    renaissance complte de lart tragique dans ses dimensions musicale et scnogra-

    phique , lvnement consacre galement la renaissance du lieu thtral et de la scne

    tragique. ds lors, le texte majeur qui nourrit la rflexion sur la potique devient le De

    Architectura, dans une confrontation permanente entre aristote et Vitruve.

  • 21Prface(13)

    ce stade ultime de rception de lhritage aristotlicien marque le point maxi-

    mal de surdification du texte de la Potique, qui caractrise depuis ses dbuts la

    dmarche des humanistes italiens. La Renaissance aristotlicienne ne signifie en

    rien revenir la lettre du texte grec, mais prsente un extraordinaire moment cra-

    tif o lon labore de nouvelles formes dramatiques, une nouvelle potique, tout en

    se rclamant du stagirite. cela aboutit mme, bien avant nietzsche, au cas le plus

    extrme, une considration anti-aristotlicienne de la potique, qui se traduit par

    la valorisation des deux parties sensibles de la reprsentation tragique rejetes par

    aristote, la melopoiia et lopsis.

    ds la deuxime moiti du cinquecento, le dveloppement du principe dimita-

    tion et sa systmatisation tous les arts rhtorique, musique et mme peinture

    conduisent les thoriciens commenter les deux instruments musicaux de la

    mimsis, la mlodie et le rythme (1447 a), comme le font, de faon trs dveloppe,

    castelvetro ou capriano.

    La revalorisation de la question musicale apparat galement propos de la su-

    rdification de lun des points les plus obscurs de la Potique, la catharsis. il semble

    mme que ce soit lun des lieux privilgis de lintroduction de la musique au sein

    de la thorie potique. de fait, ds les premires rflexions du trecento, comme

    la relev J.-F. chevalier, nous trouvons sur ce point la surdification du texte de la

    Potique par celui de la Politique, tablissant un lien direct entre le rle attribu

    la catharsis et la musique. ainsi Pierre dauvergne (1240-1304) emploie-t-il dans sa

    Continuatio S. Thomae in Politicam le terme purificatio pour parler de la musique.

    chez les premiers commentateurs humanistes, comme le rappelle V. Leroux, la no-

    tion de catharsis se voit transforme en quaestio, alors quelle semble avoir indiff-

    r les penseurs mdivaux. Le dveloppement de cette question entrane celui de

    la musique, comme on lobserve chez Robortello. avec Giacomini, qui laisse avec

    De la purgazione de la tragedia le texte le plus dvelopp lge humaniste sur cette

    question, la surdification musicale de la notion de catharsis atteint son comble. si

    lauteur tente de rsoudre la tension entre plaisir et utilit en accordant une place

    gale chacun, et dveloppe longuement la question du plaisir de la tragdie et de

    sa nature, sa thorie moderne de la purgation malgr la place accorde aux l-

    ments musicaux et aux phnomnes sensibles relve dune conception non pas

    hdoniste, mais entirement morale et politique.

    il faut attendre la fin du XVie sicle et lapparition dun type nouveau de trai-

    ts manant de chorges, de scnographes des spectacles de cour, pour assister,

    avec la revalorisation complte de la melopoiia et de lopsis, la subversion des

    principes aristotliciens. avec ingegneri et Leone de sommi, musique et spectacle

    deviennent les parties essentielles dun nouveau type de posie, prenant le nom de

    posie scnique , d art reprsentatif , constitue de genres rcemment dve-

    lopps pour satisfaire au got du public moderne, la tragi-comdie, la pastorale et

    le drame satyrique. en ralit, la promotion des parties rejetes par aristote de la

  • 22 Mary-anne Zagdoun, Florence MalhoMMe (14)

    tragdie nest que le signe dune mutation plus profonde. La finalit exclusive du

    plaisir attribue la posie scnique, la valorisation des effets sensibles, tels que

    lombre et lcho, au dtriment de la dianoia, le primat de la vue sur laudition, la va-

    lorisation du public et des exigences de son got, apparaissent comme la traduction

    dune nouvelle anthropologie et dune nouvelle conception du monde. comme lcrit

    Leone de sommi dans la lettre ddicatoire de son trait, de nombreux savants,

    anciens et modernes, donnrent fort judicieusement notre terrestre machine le

    nom de grand thtre du monde. car il en est des hommes qui sagitent sur la terre

    comme des histrions sur les trteaux . ainsi les derniers dveloppements de laris-

    totlisme potique lge humaniste marquent-ils la naissance de lhomme baroque

    et lavnement de la civilisation du spectacle (F. malhomme).

    De lhumanisme italien au Grand Sicle

    avec le Grand sicle, lcart semble se creuser davantage encore avec le texte du

    stagirite. celui-ci est en ralit trs peu lu et la premire traduction en franais de

    norville nest publie quen 1671, prcdant celle de dacier en 1692. cest moins

    lautorit daristote que font appel les thoriciens franais qu celle des huma-

    nistes italiens, minturno, scaliger, castelvetro, Pazzi, Robortello, Vettori ou Beni.

    toutefois, le cadre intellectuel du XViie sicle, qui voit la cration de lacad-

    mie franaise puis du thtre franais, est bien diffrent de celui des cours ita-

    liennes de la Renaissance, notamment de celle si importante en matire thtrale

    de Ferrare, domine depuis larioste par une potique du merveilleux et du plaisir.

    Lhrosme du tragique de Pierre corneille, marqu par lenseignement des J-

    suites, le jansnisme de nicole en sont bien loigns.

    il est toutefois vrai que ce qui runit les trois auteurs tudis par daniel dau-

    vois et catherine Fricheau, deux thoriciens aux doctrines fondamentalement op-

    poses tels que Pierre nicole et labb daubignac, aussi bien que Pierre corneille,

    plus proccup de justifier son uvre thtrale que de thoriser, semble suivre

    les traces des dernires potiques italiennes, tournes vers la reprsentation sc-

    nique. chez nicole, il sagit mme, comme le relve d. dauvois, dune pratique

    esthtique plus que potique, le Trait de la comdie sattachant moins des sp-

    culations gnrales qu des observations des marques relles et des impressions

    que les reprsentations font et laissent dans lme de qui les vient contempler .

    Pour aucun, il nest question de revenir aristote ou de le commenter. daubignac

    vise le complter, aristote stant arrt la thorie, sans la pratique dont lexp-

    rience est indispensable llaboration des principes et des rgles de lart thtral.

    nicole le contredit, en dniant toute moralit au thtre, spectacle de passions

    toujours vicieuses, et en cherchant en dtourner le chrtien. Lauteur du Cid d-

    tourne aristote son profit : comme lcrit c. Fricheau, ce nest pas corneille qui

    commente le trait daristote, mais aristote qui finit par faire office de critique, le

    seul comptent, du thtre de corneille .

  • 23Prface(15)

    ce qui fait la spcificit de la potique tragique lge classique semble toutefois

    paradoxal par rapport ces prmisses. Pierre caye a montr comment la tragdie,

    uvre dart par excellence du classicisme franais, fait du thtre, linstar du pro-

    jet architectural ou du dessin lonardien, une cosa mentale. La recherche dunit, de

    cohrence et dconomie pousse son plus haut degr dexigence et de perfection,

    procde une dvitalisation dramaturgique . celle-ci saccomplit au dtriment

    des lments et effets sensibles de la reprsentation musicaux, chorgraphiques

    et scnographiques qui avaient t au contraire survaloriss dans les potiques

    italiennes maniristes. La catharsis est de mme affecte par ce mentalisme. elle ne

    semble ds lors plus mme dabsorber la violence des motions tragiques et de les

    retourner, et se voit par consquent profondment modifie.

    Des Lumires lpoque contemporaine

    avec la dernire grande renaissance du tragique aristotlicien lge des Lu-

    mires, la translatio ne se fait pas de litalie la France, mais de la France lalle-

    magne. si cette troisime renaissance ajoute un intermdiaire supplmentaire, le

    classicisme franais, un lien plus direct semble pourtant se renouer avec le texte

    aristotlicien. de fait, si corneille avait fait appel aristote pour mieux se justifier

    lui-mme, Lessing revient aristote pour mieux combattre corneille. si, comme on

    la vu, les lectures du stagirite lge moderne nont cess, depuis les premiers com-

    mentaires humanistes, de surdifier, de dtourner, voire de sopposer au texte de la

    Potique, Lessing fait avec force retour la notion dauctoritas, lorsquil affirme : je

    tiens cet ouvrage pour aussi infaillible que les lments deuclide . La soumission

    cette autorit infaillible na pourtant rien dasschant. Paralllement aux rflexions

    thoriques de la Dramaturgie de Hambourg, lauteur cre une uvre thtrale aussi

    magistrale que novatrice, se faisant le pre fondateur du thtre allemand. Lpoque

    des Lumires colore singulirement laristotlisme de Lessing. ainsi, si le texte de

    la Potique a t constamment surdifi lge humaniste par Horace et cicron,

    il est maintenant relu la lumire des ides nouvelles de Rousseau et de diderot.

    signe des temps, Lessing naccorde pas dintrt la condition leve des person-

    nages tragiques. dans le drame bourgeois, il ny a plus de rois et de reines, mais

    des personnages de la vie quotidienne qui nous meuvent dautant plus quils nous

    ressemblent. sans nul doute, le geste fort annonc par Lessing du retour aristote

    se manifeste dans la finalit morale quil attribue au drame, celle-ci ayant t cong-

    die aussi bien par lhumanisme italien que par le classicisme franais pour lesquels

    le but de lart tait de plaire.

    avec la fin du classicisme une distance incommensurable semble dsormais se

    creuser entre les conceptions du tragique et le texte daristote. lpoque roman-

    tique puis contemporaine, lobjet de la reprsentation tragique devient, sans plus

    de distance ni de frein, le sans fond de la condition humaine, comme le relve

    P. caye. cest bien ce que met en vidence la dernire tude de ce volume, consa-

  • 24 Mary-anne Zagdoun, Florence MalhoMMe (16)

    cre par Paola Volpe cacciatore marina tsvetaeva (1892-1941). Pour la potesse,

    ayant vcu un moment convulsif de lhistoire de la Russie entre la premire et

    la seconde rvolution, lcriture na dautre objet que le tragique de la vie. mais une

    dimension supplmentaire est encore franchie, car il ne sagit pas seulement du tra-

    gique de la vie, mais du tragique de sa vie. Lcart entre le tragique et sa reprsenta-

    tion, ncessaire au travail de transformation et dducation de soi, est annihil dans

    une telle conception autobiographique o le tragique nest autre que lexpres-

    sion, convulsive, du moi. Une enfance trouble, la mort de sa fille, celle de ses amis

    (Rilke, suicide de majakovskij), comme ses passions amoureuses dvorantes, sont

    pour marina tsvetaeva les objets mmes du tragique. Les sources de ma Phdre

    crit-elle [] cest moi-mme, lintrieur de moi . avec ce pote de lexcs ,

    cette femme aux passions dmesures, symbole de transgression , le sans fond du

    tragique trouve lune de ses expressions les plus paroxystiques.

    Le parcours effectu par ce volume, de lantiquit lpoque contemporaine, et

    les multiples aspects, philosophiques, philologiques et esthtiques, quil a tudis, ont

    mis en vidence la puissance de la Potique aristotlicienne, sa capacit traverser

    les sicles et fconder non seulement la rflexion thorique mais encore la cration

    thtrale. Plus que contraignant ou asschant, elle est apparue au contraire comme

    un extraordinaire stimulant linventivit des potes et des philosophes. on ne peut

    ds lors douter quelle ne connaisse bien dautres renaissances. dans les plus ton-

    nantes mtamorphoses que la crativit humaine saura encore lui rserver, souhai-

    tons toutefois que lidal moral par lequel la tragdie trouve pour aristote sa beaut

    et sa grandeur ne sefface pas dfinitivement : savoir quil existe une borne la

    reprsentation de lhorreur et du monstrueux, dicte par la dignit humaine ; et que

    lexpression tragique ne reste pas un cri dsespr lanc la face du monde ni moins

    encore une contemplation complaisante et malsaine du mal, mais le premier pas vers

    une ducation de la sensibilit, une conversion intellectuelle, une transformation de

    soi sans lesquelles labme de la condition humaine ne saurait tre dpass.

  • Atti Accademia Pontaniana, Napoli - SupplementoN.S., Vol. LXI (2012), pp. 25-40

    The reception of Aristotles Poetics in the domains of literary and aesthetic theo-

    ry since the Renaissance has passed through a complex series of intellectual and

    cultural phases. Attitudes to the work have ranged from canonisation, via ambiva-

    lence and partial resistance, to outright opposition. Where, then, does that leave

    us now as modern or even post-modern readers of the treatise? Part of my own

    answer to that question is that at this late stage of cultural history any sophisticated

    approach to the Poetics is bound to be entangled in a peculiar dialectic. The heavy

    burden of the past which the Poetics carries with it makes it hard for anyone to be

    straightforwardly Aristotelian any longer. Yet the work has exercised such a wide-

    spread influence (even on those who have never read it) that its traces lurk almost

    everywhere in our ways of thinking. To put the point piquantly, if we choose to con-

    tinue arguing with Aristotle, we are likely to find that at some level we are arguing

    with part of ourselves1.

    It is in that spirit that I want here to reconsider one of the most fundamental

    elements in the theoretical framework of the Poetics. By fundamental I mean not

    only basic to Aristotles own cast of thought but also of a kind which, like so much

    else in the treatise, has had very intricate ramifications in the theory of poetry and of

    other artforms too. Although those ramifications cannot be analysed in detail here,

    I shall provide a pair of illustrative examples, one of which takes a striking and sur-

    prising contemporary form, at the end of my paper. The chief issue which concerns

    me can be stated with deceptive simplicity: why does poetic unity matter so much

    * I would like to thank my host Dr Alfred Dunshirn and an audience in the Department of Philosophy at the University of Vienna for lively discussion of a version of this paper in Decem-ber 2009.

    1 My own perspective on the complex legacy of the Poetics remains substantially that of S. Halliwell, Epilogue: the Poetics and its interpreters, in A. Rorty (Ed.), Essays on Aristotles Poetics, Princeton 1992, pp. 409-424.

    Unity of Art without Unity of Life?A Question about Aristotles Theory of Tragedy*

    stephen halliwell

  • 26 Stephen halliwell (2)

    to Aristotle2? I would like to elaborate this question by relating it in particular to

    Aristotles understanding of what I shall call the different narrative conditions, or

    narrative properties, of art and life: that is, the difference between, on the one

    hand, the concentrated representation of structures of human action in an artform

    such as tragedy, and, on the other, the discontinuous and fragmented lines of cau-

    sality in the fabric of actual lives outside the theatre, including the intersections of

    those lives in the multiplicity of the social world and as seen retrospectively from the

    vantage-point of history. As I hope will become clear, I shall be using the category

    of narrative here not in the specific sense found in Chapters 3, 5 and 23-24 of the

    Poetics, where Aristotle employs a technical distinction between the third-person

    narrative mode (denoted by the verb and later by the vocabulary of and cognates) and the first-person dramatic mode of mimesis, but in the general sense applicable to all discourse which relates sequences of events, real or

    imagined, in temporal configuration, and to such sequences of events in their own

    right. As that formulation implies, my terms of reference are not properly speaking

    narratological. I am not primarily concerned with the relationship between events

    as positioned in real time and (those same events) as conceived and organised in

    plots, i. e. the fabula-plot or histoire-rcit distinction, but with a larger difference,

    as Aristotle sees it, between life as the producer of particular streams of actions

    and events (which can themselves in principle be narrated) and art (i. e. mimetic

    representation) as a medium in which the kinds of events depicted are subject to

    special requirements and constraints of selection.

    According to Aristotle, well constructed tragic plots possess a peculiarly tight-

    knit form of narrative unity. He also makes it clear, at the end of Poetics 8 (1451 a

    30-31), that all kinds of mimetic art involve a principle of unity: in the other mi-

    metic arts too, as he puts it, a unitary mimesis [or representation] has [or is

    of] a unitary object ( ). This pro-nouncement needs to be kept in mind as a clue to Aristotles larger presuppositions,

    but its scope is evidently wider than the category of narrative in the sense already

    explained: a good painted or sculpted portrait, for instance, would need to satisfy

    Aristotles general principle of artistic unity, but the unity it possessed would not

    be narrative unity (I am assuming, of course, a static portrait without depiction

    of action). Life itself, however, whether viewed biographically (with a focus on the

    individual) or historically (with a broader perspective on the intersections between

    different lives)3, inescapably, it seems, lacks any such unity; that, again, is Aristo-

    2 For a heterodox account which argues that unity is not actually as important to Aristotle, or as rigorously defined by him, as most interpreters suppose, see M. Heath, Unity in Greek Poetics, Oxford 1989, pp. 38-55. But I find his case strained and sometimes casuistical.

    3 Note Aristotle, Rhet. I, 4, 1360 a 36-37, for history as concerned with the realm of ac-tions in general: the histories of those who write about human actions, . I use biographical throughout in a weak sense (i. e. without assuming a

  • 27Unity of Art withoUt Unity of Life?

    A QUestion AboUt AristotLes theory of trAgedy(3)

    tles explicit view, as set out in Chapter 8 of the Poetics (1451 a 16-22) in a passage

    to which I shall shortly return. Yet according to Chapter 6 of the Poetics, tragedy

    (and the same description would presumably hold good for both epic and come-

    dy, as well as for a number of other mimetic artforms) is a mimesis of action and

    life ( )4. Tragedy, Aristotles poetic paradigm, is therefore in some sense a representation of life yet diverges sharply from life itself in what I

    am calling its narrative conditions. How can that be, and what are its implications

    for Aristotles understanding of both art and life? Is the Aristotelian demand for

    unity an arbitrary doctrine and an aesthetic piety, as one unsympathetic critic

    has recently asserted5, or is there something more to it than that?

    Nothing, for sure, is more important to Aristotles account of tragedy than the

    principles of unity and wholeness of plot-structure expounded in Chapters 7-9

    of the Poetics. When I refer to (narrative) unity in this context, I shall mean by

    this Aristotles compound principles of unity and wholeness: i. e, the unity which

    consists in the integration of parts into a perceptually and cognitively discernible

    whole (designated in the Poetics both conjointly and interchangeably by the

    adjectives and ) a whole which constitutes, in Aristotles terms, the representation of a single action6. It is common but I think misleading to take this

    conception of unity, without qualification, as a model of organic or quasi-biological

    unity. True, Aristotle himself draws an analogy in Chapter 7 of the Poetics between

    the ordered beauty of a plot-structure and the formal unity of animal and human

    bodies, stipulating it as a condition of beauty ( ) in such cases that there is both an upper and a lower limit on size limits, it is worth saying, which are

    not purely a priori prescriptions but, rather, extrapolations from the conditions of

    human perception and cognition7. (I shall mention this passage again near the end

    specific concept of biography); cfr. note 14 below. 4 I prefer the singular (ms. A) rather than (ms. B) at Poetics 6, 1450 a 16-

    17, but the choice does not make a critical difference to my present argument. The idea of mimesis of life occurs at Plato, Republic 3, 400 a (with immediate reference to music: cfr. note 19 below), Laws 7, 817 b (an analogy with tragedy); for the famous later comment of Aristophanes of Byzantium on Menanders plays, see S. Halliwell, The Aesthetics of Mimesis: Ancient Texts and Modern Problems, Princeton 2002, pp. 287-288.

    5 T. Eagleton, Never-ending drama, in The Times Literary Supplement, December 4, 2009, p. 12. 6 It is worth noting that Aristotle does not use the phrase single action, , in this

    way, i. e. to denote a causally integrated structure of events, anywhere outside the Poetics. At Nicomachean Ethics 9, 8, 1169 a 24, the phrase refers to a discrete individual action, i. e. a par-ticular implementation of prohairesis, not to an elaborate structure or sequence; likewise Cat. 5, 4 a 15.

    7 R. Dupont-Roc, J. Lallot, Aristote, La Potique, Paris 1980, pp. 212-213, rightly emphasise this point; cfr. S. Halliwell, Aristotle: Form and Unity, in M. Kelly (Ed.), Encyclopedia of Aesthetics, New York 1998, I 101-104. For a standard example of how Aristotles position is assumed to be organicist, see K. K. Ruthven, Critical Assumptions, Cambridge 1979, p. 23 (compounding the misunderstanding by citing what he calls awkward questions which are actually obtuse).

  • 28 Stephen halliwell (4)

    of my paper.) In drawing this biological analogy Aristotle may have been influenced

    by the well known passage at Plato Phaedrus, 264 c in which Socrates suggests

    that every discourse (logos) should be structured like an animal, with head, feet

    and middle parts all fitting together into a whole (), a principle also echoed later in Phaedrus (at 268 d) in the brief reference (in the mouth of Phaedrus) to

    the structure () of a tragedy. But regardless of the question of Platonic influence, there are two reasons why we should avoid calling Aristotles norm of

    unity in Poetics 7 essentially organic or biological.

    One reason is that Aristotle subordinates his remarks on beauty of animal form

    to a larger principle of formal beauty. He refers not just to animals but to every

    entity which is a structure of components ( ). So organic form itself exemplifies, and is not the source of, a more comprehensive con-

    ception of unity. The other, and for my purposes more important, reason is that or-

    ganic form, in the case of animal or human bodies, conspicuously lacks a narrative

    dimension. It is true that one can study the form of a body as something which de-

    velops and manifests itself through processes of growth and change over time, but

    that is not directly relevant to Aristotles analogy in Poetics 78. The unity of a body is

    not a matter of intentionality and causality in patterns of action. Aristotle appeals

    to organic entities in Poetics 7 as objects whose magnitude and order (taxis) allows

    them to be perceived and contemplated in a cognitively coherent manner. He also

    thinks of a poetic plot-structure as a suitable object for such contemplation: just as

    a beautiful animal or human body is , capable of being grasped in a co-herent perceptual act (literally capable of being seen all at once), so a beautiful

    plot should be of a scale which is , easily remembered or capable of being embraced in a coherent act of memory. But that does not erase the important

    difference that unity of plot-structure, with its key principle of beginning, middle

    and end, makes intrinsic reference to causally integrated sequences of action, in-

    cluding the repercussions of transformation (, ) in the life-cir-cumstances of the agents. The desirable magnitude of a tragic plot, Aristotle says, is

    that which permits a transformation to occur, in a probable or necessary sequence

    of events, from adversity to prosperity or prosperity to adversity9. Although magni-

    tude is conceptually distinct from unity (Aristotle is arguing that a well constructed

    plot needs both), the sentence just quoted refers back, through its mention of prob-

    ability and necessity, to the model of beginning, middle and end set out earlier in

    Chapter 7. The canon of desirable magnitude contains within itself, in other words,

    the principle of narrative-cum-causal unity. Unity of plot, unlike unity of biological

    8 Aristotle, Poetics 7, 1450 b 3 8-9 (a minuscule animal could not be beautiful, since per-ception of it would occupy an almost imperceptibly short time, ) shows that contemplation of beautiful organic form is itself of some duration, not instanta-neous; but this does not alter the fact that the form itself has no narrative dimension.

    9 Ibid., 6, 1451 a 12-15.

  • 29Unity of Art withoUt Unity of Life?

    A QUestion AboUt AristotLes theory of trAgedy(5)

    form, has a necessarily narrative status.

    As well as not being strictly organic or biological in character, Aristotles concep-

    tion of tragic form, or of poetic form in general, is not formalist. (I have argued this

    point elsewhere but need to restate it here briefly for the purposes of my present

    case10.) That is to say, the concept of form in operation here is neither sui generis

    nor self-sufficient. It does not apply exclusively to tragedy, nor even exclusively to

    poetry or mimetic art as a whole; and it does not depend on factors which can be

    made sense of only inside an artform or genre (unlike, say, certain principles of

    musical form)11. Rather, it invokes a kind of causal and explanatory intelligibility

    which cannot be dissociated from the understanding of life and action outside the

    theatre. To grasp the necessary or probable connections between events in tragedy,

    as well as responding to those connections with intense emotional engagement, as

    Aristotle supposes that audiences ought to do, cannot be reduced to an exercise in

    appreciating artistically or aesthetically self-contained patterns. It must entail the

    exercise of cognitive and emotional faculties which we have acquired from, and

    need for, the interpretation of human life in general.

    Yet to observe the non-formalist character of Aristotles conception of tragic uni-

    ty only serves to underline the paradox which is part of my concern here. Unity of

    tragic plot-structure requires the causal intelligibility of life itself, yet it involves a

    degree indeed, arguably a kind of coherence which life itself lacks. Aristotle

    goes out of his way in Poetics 8 to emphasise that last point. He explains that the

    life of an individual lacks by nature the kind of unity required of a plot-structure.

    An individual, Aristotle states (Poetics 8, 1451 a 18-19), performs many actions

    from which no unitary action arises ( , ). This statement follows a sentence which, on the interpretation of some com-mentators (Bywater, for instance, or, more recently, Arbogast Schmitt), says an

    indefinitely large number of events befall any individual, some of which do not

    combine to form a unity of any kind ( , )12. On that reading, the combination of sentences stresses the lack of unity in both the passive and the active dimensions of an individuals life.

    But even if we take the first of the two sentences to mean, with Vahlen, any entity

    has indefinitely many attributes, some of which do not combine to form a unity of

    any kind13, the import of the passage for the shape of an individual life remains

    10 See S. Halliwell, Aristotles Poetics, 2nd edition London 1998, pp. 96-108; cfr. my Aristo-tle: Form and Unity, op. cit.

    11 The general principle enunciated at Poetics 8, 1451 a 30-31 (quoted earlier in my text), means that Aristotle conceives of the unity of a mimetic artwork as reflecting, and in a sense deriving from, the unity of its object.

    12 Aristot., Poet. 8, 1451 a 17-18. See I. Bywater, Aristotle on the Art of Poetry, Oxford 1909, pp. 184-185. Cfr., most recently, the translation of A. Schmitt, Aristoteles Poetik, Berlin 2008, p. 13, with his commentary on pp. 365-368.

    13 See I. Vahlen, Aristotelis De Arte Poetica Liber, Leipzig 1885, pp. 135-136.

  • 30 Stephen halliwell (6)

    unaffected. Either way, Aristotle is insisting that the manifold diffuseness of an in-

    dividual human life lacks the narrative unity desirable in a (tragic) work of art. And

    we know from Chapters 9 and 23 of the Poetics that he takes the same to be true

    of history, understood as the aggregate of individual lives in the past14. If Aristotle

    thought, as he puts it in the Metaphysics, that nature is not episodic like a bad

    tragedy, he must surely have thought that life itself is precisely and irretrievably

    episodic15.

    It looks, then, as though on Aristotles premises there must be a radical divide

    between the narrative conditions of successful art (in which everything is part of

    a completely integrated, intelligible whole) and those of life (which is to a con-

    siderable extent a matter of multiple, distinct causal chains). That cannot, however,

    be the whole story of Aristotles position. For one thing, while Poetics 8 says that

    basing a plot on the life of a single figure does not guarantee unity of plot, it does

    not assert that a unified plot-structure cannot be centred on (parts of) the life of an

    individual. Chapter 8 itself, which treats both the Iliad and Odyssey as paradigma-

    tic in their construction around a single action, is not intended to deny that the

    lives of Achilles and Odysseus are central to the plots of their respective epics. Later

    on, in Chapter 13, when discussing the ideal tragic plot, Aristotle appears to think

    automatically in terms of a central tragic agent in each case (figures like Oedipus,

    Thyestes, Orestes, etc., whom he names in the course of that chapter). So there may

    be some Aristotelian way of building a unified plot around a particular character

    while still taking account of Chapter 8s statement that an individual life necessarily

    falls short of the stringent requirements of unity of plot. Another consideration is

    that there are grounds within Aristotles larger ethical philosophy, with its emphasis

    on the pursuit of the best life, for supposing that there might be criteria of unity

    applicable to an individual life which would modify the negative slant of Poetics 8.

    If we make room for these two factors (the Poetics recognition of successful plots

    built round an individual character, and the tendency within Aristotelian ethics to-

    wards seeking ethical coherence in an individual life), we can attempt a more nu-

    anced interpretation of why Aristotle maintains that tragedy is a mimesis of life

    while also positing a seemingly sharp contrast between the narrative conditions of

    art and life.

    As regards Aristotles ethical philosophy as a whole, it would require a very

    extensive and carefully weighted enquiry to address the question: to what extent,

    and in what way, might Aristotle consider that the life of an individual can form a

    unity? Although this question necessarily outruns the scope of my present argument,

    14 For Aristotle, history includes the course of individual lives and therefore (in a weak sense) biography: witness the formulation of historys sphere at Poetics 9, 1451 b 11, what Alcibiades did or suffered. But for caution about exactly how this should be interpreted, see A. Momigliano, The Development of Greek Biography, Cambridge 1993, p. 64.

    15 See Aristot., Met. 14, 3, 1090 b 19-20; cfr. 12, 10, 1076 a 1. See also note 31 below.

  • 31Unity of Art withoUt Unity of Life?

    A QUestion AboUt AristotLes theory of trAgedy(7)

    two brief suggestions about directions in which it might lead can help to put the

    germane issues of the Poetics in perspective. One thought-provoking signpost for

    such an enquiry is a passage (with a strong Platonic precedent) very early in the

    Eudemian Ethics where Aristotle says that everyone who has the capacity to live

    according to his own choice should set up for himself some object (skopos) for the

    good life to aim at (whether honour or reputation or wealth or education), with

    reference to which he will then perform all his actions; since not to have ones life

    organised with a view to some goal (telos) is a sign of great folly16. Part of the interest

    of this passage, which goes somewhat beyond the general idiom of aims, ends and

    goals found in the ethical treatises (and which does not, notice, restrict the focused

    organisation of a life to the most virtuous agents), is that it seems hospitable to the

    idea that individual lives are capable of aspiring to a unity which will have clearly

    marked narrative implications, a unity which ties together all the agents actions.

    It looks at first sight, then, as though we have here a principle of biographical and/

    or existential coherence which narrows the gap opened up in the Poetics between

    unified plots and the fragmentation of individual lives.

    Caution is in order, however. In that Eudemian context, Aristotle must mean

    all actions in a generalising, not a literal, sense. There would surely still be many

    actions (some necessary, some contingent; some serious, some trivial) which could

    not be easily explained as contributing to the overriding aim of even the most highly

    ordered or purposefully organised life. The kind of teleology which a consistently

    pursued life-goal might produce cannot be simply equated with the model of nar-

    rative unity set up in Poetics 7. Such a life would still be subject, in some degree, to

    the practical diffuseness which Aristotle himself stresses in Poetics 8; it could not be

    expected to conform to the causal-cum-logical stringency, unilinearity and non-re-

    dundancy of the beginning-middle-end formula (which allows nothing to be added

    or removed, Poetics 8, 1451 a 33-34). Furthermore, an organising life-goal might be

    thought of as having a strongly qualitative dimension, manifesting itself less in nar-

    rative unity (and, in particular, in anything that could count as a single action)

    than in the structure of a persons character. And we know from Poetics 6, in the very

    context where tragedy is called a mimesis of life, that character in itself is not for

    Aristotle the highest priority of a mimetic artform like tragedy.

    These very compressed observations give one reasons to doubt whether the

    philosopher Alisdair MacIntyre can be right, in his influential book After Virtue, to

    claim that an Aristotelian conception of a virtuous life (as well as a broader con-

    16 Aristot., EE 1, 2, 1214 b 6-11: , , ( ) I have adapted the revised Oxford translation in J. Barnes (Ed.), The Complete Works of Aristotle, Princeton 1984, II 1923. See Plato, Republic 7, 519 c for the idea of unifying a life by having a single aim, , by which to guide all ones actions.

  • 32 Stephen halliwell (8)

    ception of virtue ethics built on Aristotelian foundations) carries with it a strong

    version of narrative unity17. It is preferable, I think, to say that Aristotle recognises

    that individual lives (and collective lives too, , though the complications multiply with the scale of collectivity)18 can and should be inclusively goal-directed,

    and that as such they will generate a kind of narrativity (i. e., there will be an intelli-

    gible nexus of motivation and action between some of their elements), but that they

    will nonetheless be incapable of attaining the kind of unity-and-wholeness which

    the Poetics beginning, middle, end schema predicates of a plot-structure. How-

    ever much we may finesse the implications of Aristotles notion of the value-based

    coherence which human lives should strive for, we cannot convincingly turn him

    into a forerunner of those modern thinkers among them, Nietzsche, Proust, and

    Foucault who have been drawn to the idea of an individual life aspiring to the

    condition of a work of art. If one wanted to look in antiquity for some kind of

    parallel to such ideas (though such an undertaking is certainly outside the reach

    of my present argument), one would be more likely to find it in Plato, who was at-

    tracted, among other things, by a quasi-musical model of psychic harmony, or even

    in Stoicism, where the aim of the virtuous life, qua art of arts, , is to turn oneself, on one construal, into a mimetic representation or image of nature19.

    And yet the paradox, or tension, I have identified in the Poetics remains. If the

    gap between the narrative conditions of life and of art cannot be fully bridged, how

    can a tightly unified (tragic) plot-structure amount to a mimesis of life? Some

    light can be shed on the question by trying to narrow down the sense of the word

    in this expression. Commentators on the Poetics have paid less attention to this question than one might have expected. Lucas, for instance, calls the phrase

    in question a surprising statement, before adding, fatuously, but apparently it

    means what it says20. But what does it mean? Lucass own suggestion, the whole

    complex of events of which a generalized picture is given, is doubly unsatisfactory:

    17 A. MacIntyre, After Virtue: a Study in Moral Theory, London 1981, pp. 190-209; note MacIntyres allusion to the beginning-middle-end formula of the Poetics on p. 191. On pp. 210-211, MacIntyre complains that modern thinkers have severed the idea of narrative unity from the form of human life itself and have confined it to the separate realm of art: but he does not appreciate that Aristotle himself provides a precedent for this in the Poetics. For a critique of MacIntyres ideas on narrative, but without reference to Aristotle, see B. Williams, Life as narrative, in European Journal of Philosophy 15/2, 2007, pp. 305-314.

    18 See e. g. Aristotle, Pol. 2, 6, 1265 a 25-26 for the distinction between and : although in some contexts that might be a distinction between private and public, it here denotes the difference between individual and collective.

    19 The quasi-musically unified soul of Platos Republic is particularly clear at 4, 443 c-e. Chrysippuss idea of philosophical wisdom (and therefore the Stoic life itself) as a represen-tation and close image of nature, , is attested at Philo, Ebr. 90 = H. von Arnim (Ed.), Stoicorum Veterum Fragmenta, Stuttgart 1903, III 301: cfr. S. Halliwell, Aesthetics of Mimesis, op. cit., pp. 265-266.

    20 D. W. Lucas, Aristotle Poetics, Oxford 1968, p. 102.

  • 33Unity of Art withoUt Unity of Life?

    A QUestion AboUt AristotLes theory of trAgedy(9)

    it does not explain why the noun life is there, and the appeal to a generalized

    picture seems to be gratuitous in this context. Gerald Else, who ponders the phrase

    mimesis of life more fully than most, confuses matters by lumping together dif-

    ferent things as though they were all much the same: first claiming that bios neces-

    sarily connotes a career (his italics), which flatly contradicts the contrast between

    unity of plot and biographical fragmentation in Poetics 8, then glossing this with the

    idea of a life as something that can somehow be assessed and judged as a whole,

    while also speaking of conscious direction or purpose21.

    Let me try to catalogue, with extreme concision, what might be thought of as

    a hierarchy (or an architectonic) of senses, from the biological to the ethical, in

    Aristotles usage of the term bios across the corpus. At the biological level, bios can

    denote (1) simply the state of being alive (a state equivalent to the substantival infi-

    nitive ), (2) the period of such a state (i. e. a lifespan), or (3) a particular mode of biological existence (with reference to e. g. nutrition or bodily motion), including

    the lives of plants and of non-human animals. At the human level, Aristotle also uses

    bios to denote (4) socio-economic kinds of existence, e. g. the pastoral life, the

    agrarian life, and so forth, or the life of women, the life of soldiers. Where no

    direct qualification is added (as with the phrase in question at Poetics 6, 1450