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RIVISTA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA DEGLI AVVOCATI PER LA FAMIGLIA E PER I MINORI QUADERNO 2007/2 WWW.AIAF-AVVOCATI.IT PATTO DI FAMIGLIA ATTI DI DESTINAZIONE TRUST

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RIVISTA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA DEGLI AVVOCATI PER LA FAMIGLIA E PER I MINORI

QUADERNO 2007/2

W W W. A I A F - A V V O C A T I . I T

PATTO DI FAMIGLIA

ATTI DI DESTINAZIONE

TRUST

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SUPPLEMENTO AL N° 3/2007DI AIAF RIVISTA

ANNO XIINUOVA SERIE QUADRIMESTRALE

Redazione

GALLERIA BUENOS AIRES 1, 20124 MILANO

TEL. E FAX 02.29535945EMAIL: [email protected]: WWW.AIAF-AVVOCATI.IT

Direttore responsabile

MILENA PINI

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TIPOGRAFIA QUATRINI A. & FIGLI SNC

V. DELL’ARTIGIANATO SNC, VITERBO

QUADERNO2007/2

PATTO DI FAMIGLIA

ATTI DI DESTINAZIONE

TRUST

Documentazione raccolta a cura dello STUDIO LEGALE PINI, Milano

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AVVERTENZE

Gli Autori dei testi pubblicati, avendo collaborato con l’AIAF al fine di sostenere la Sua attività as-sociativa, di promozione culturale e formativa nel campo del diritto di famiglia e minorile, hanno au-torizzato l’AIAF all’utilizzo del loro contributo, a mezzo stampa o con ogni altro tipo di supporto, compreso cd-rom o altri supporti elettronici, sen-za richiedere alcun corrispettivo e con rinuncia a richiedere e percepire da parte della stessa Associa-zione, i diritti di autore conseguenti all’eventuale pubblicazione, utilizzazione economica, distribu-zione e commercializzazione, a mezzo stampa o altro tipo di supporto elettromagnetico. Conseguentemente, l’AIAF a tutela degli Autori e dei loro elaborati, comunica ad ogni effetto di leg-ge, che l’utilizzo del materiale che viene messo a disposizione dell’Utente è permesso solamente per scopi personali e privati, e ne è vietata la riprodu-zione anche parziale.In caso di violazione di tale divieto, AIAF e i singoli Autori si riservano il diritto di agire in sede giudizia-ria per il risarcimento dei danni subiti.

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SOMMARIO

_1. IL PATTO DI FAMIGLIA_

9 Dalla successione anomala per contratto al patto di famiglia.Lisia Carota

21 Struttura e patologia del patto di famiglia. Francesco Delfini

LEGISLAZIONE 37 Legge 14 febbraio 2006, n. 55. Modifiche al codice civile in materia di patto di famiglia. 39 Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), art. 78.

_2. GLI ATTI DI DESTINAZIONE_

43 Gli atti di destinazione ex art. 2645 ter c.c. e gli attuali orientamenti.Milena Pini

LEGISLAZIONE 49 Legge 23 febbraio 2006, n. 51. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-leg-

ge 30 dicembre 2005, n. 273, recante definizione e proroga di termini, nonché conse-guenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all’esercizio di deleghe legislative. Art. 39-novies (Termine di efficacia e trascrivibilità degli atti di destinazione per fini meritevoli di tutela).

50 Agenzia del territorio. Circolare 7 agosto 2006, n. 5. Art. 2645-ter del codice civile - Tra-scrivibilità degli atti di destinazione per fini meritevoli di tutela - Modalità di attuazione della pubblicità immobiliare.

54 Legge 24 novembre 2006, n. 286. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, recante disposizioni urgenti in materia tributaria e finanzia-ria. (istituzione dell’imposta sulla costituzione di vincoli di destinazione)

56 Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), art. 77. 57 Decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346. Testo unico delle disposizioni concernenti

l’imposta sulle successioni e donazioni, e successive modificazioni.

GIURISPRUDENZA 83 Trib. Reggio Emilia, sez. I civ., decreto 23.3.2007. 90 Trib. Reggio Emilia, sez. I civ., decreto 4.12.2006 91 Trib. Trieste, Ufficio del giudice tavolare, decreto 7.4.06

_3. IL TRUST_

97 L’applicazione del trust nell’ambito del diritto di famiglia Milena Pini

LEGISLAZIONE 105 Convenzione adottata a L’Aja il 1° luglio 1985, relativa alla legge sui “trusts” ed al loro

riconoscimento 111 Legge 16 ottobre 1989, n. 364. Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla legge

applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata a L’Aja il 1° luglio 1985 112 Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la com-

petenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale

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SOMMARIO

114 Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa e Contenzioso. Circolare 6 agosto 2007, n. 48/E. Trust. Disciplina fiscale rilevante ai fini delle imposte sui redditi e delle imposte indirette

127 Agenzia delle Entrate. Risoluzione 4 ottobre 2007, n. 278 E. Soggettività passiva del trust all’imposta sul reddito delle società (Trust di scopo istituito a vantaggio di soggetto disabi-le per assicurare la necessaria assistenza).

129 Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231. “Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita’ criminose e di finanziamento del terrorismo nonche’ della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione “

130 Disegno di Legge n. 1234 (presentato al Senato in data 28 dicembre 2006). Istituzione del trust di diritto italiano, in applicazione dell’articolo 6 della Convenzione adottata a L’Aja il 1º luglio 1985, ratificata ai sensi della legge 16 ottobre 1989, n. 364

GIURISPRUDENZA

a) Applicazione del trust nell’ambito della separazione e del divorzio

135 Trib. Milano, verbale di separazione consensuale e decreto di omologa, 7.6.06 140 Trib. Pordenone, verbale di separazione consensuale e decreto di omologa, 20.12.05 142 Trib. Milano, verbale di separazione consensuale e decreto di omologa, 23.2.2005 142 Trib. Milano, sentenza 20.10.02

b) Applicazione del trust a tutela della persona incapace e del minore

149 Trib. Genova, G.T., decreto 14.3.06 151 Trib. Modena, G.T., decreto 11.8.05 153 Trib. Firenze, G.T., decreto 8.4.04 158 Trib. Bologna, G.T., decreto 3.12.03 159 Trib. Perugia, G.T., decreto 16.4.02 161 Trib. Bologna, decreto 8.4.2000

c) Riconoscimento ed effetti del trust

162 Trib. Trieste, Ufficio del Giudice tavolare, decreto 19.9.2007 172 Trib. Reggio Emilia, Ufficio Esecuzioni Immobiliari, ordinanza 14.5.07 181 Trib. Bologna, sentenza 20.3.06 183 Trib. Trieste, Ufficio del giudice tavolare, decreto 23.9.05 192 Trib. Firenze, sentenza 2.7.05 198 Trib. Trento, decreto tavolare 20.7.04 202 Trib. Bologna, sentenza 1.10.2003, n. 4545 222 Trib. Verona, decreto 8.1.03 224 Trib. Pisa, decreto 22.12.01

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IL PATTO DI FAMIGLIA

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PATTO DI FAMIGLIA - ATTI DI DESTINAZIONE - TRUST

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SOMMARIO: 1. Le ragioni del patto di famiglia. - 2. I problemi. - 3. Lo stato dell’arte prima della novella del codice civile: la prospettiva storica come utile/necessaria chiave interpretativa del nuovo istituto.

1. LE RAGIONI DEL PATTO DI FAMIGLIA.

L’esigenza di impedire il disgregarsi dell’impresa nel momento del passaggio generazionale non è solo un’esigenza individuale o, più esatt amente, endofami-liare, ma è intrisa di evidenti implicazioni sociali: alla preoccupazione dell’im-prenditore, che non vuole vedere disperse le fortune familiari necessariamente legate alle sue capacità ed ai suoi criteri di gestione, ed al coincidente interesse dei suoi stessi successori ad evitare la perdita della ricchezza familiare, si sovrap-pone infatt i un più generale bisogno di assicurare la sopravvivenza dell’impresa e, conseguentemente, di facilitarne la successione1. Viene, in altri termini, in con-siderazione che “l’impresa non costituisce mai un fatt o meramente individuale, ma comporta sempre valori sociali: occupazionali, tecnologici, culturali, ecc.” 2. La sua continuità, pertanto, rappresenta un valore da preservare per molte vali-de ragioni.

Il lavoro riproduce, con alcune modificazioni e l’aggiunta di note, la relazione tenuta nell’incontrodi studi su “La trasmissione dell’impresa di famiglia”, svoltosi a Pescara il 2 marzo 2007.L’AIAF ringrazia l’Autore per l’autorizzazione alla pubblicazione del saggio nel presente Quaderno.

1 Sottolinea che la finalità della proficua continuazione dell'attività produttiva è interesse pro-prio dell’imprenditore (per ragioni di ordine economico-familiare ed anche per quel fenome-no di identificazione, sotto il profilo psicologico, dell'imprenditore con la propria impresa) ed al tempo stesso interesse generale, Ieva, Il profilo giuridico della trasmissione dell'attività im-prenditoriale in funzione successoria: i limiti all'autonomia, in Riv. not., 2000, p. 1345 s.

2 Sono parole di Schlesinger, Interessi dell'impresa e interessi familiari nella vicenda succes-soria, in Aa. Vv., La trasmissione familiare della ricchezza. Limiti e prospettive di riforma del sistema successorio, Padova, 1995, p. 137.

DALLA SUCCESSIONE ANOMALA PER CONTRATTO AL PATTO DI FAMIGLIA_LISIA CAROTA_PROFESSORE ASSOCIATO DI DIRITTO PRIVATO, FACOLTÀ DI ECONOMIA, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI G. D’ANNUNZIO, PESCARA

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A questa sfaccett ata esigenza il nostro ordinamento ha recentemente dato ri-lievo3 prevedendo un nuovo istituto, il patt o di famiglia 4, ideato proprio per corrispondere ad essa.

La nuova fi gura è stata infatt i concepita per evitare che la pianifi cazione del-la successione da parte del titolare di un’att ività economica (gestita individual-mente, ovvero att raverso una strutt ura societaria), fi nalizzata alla conservazione dell’integrità del complesso produtt ivo nel passaggio da una generazione all’al-tra, possa essere vanifi cata dall’operare delle comuni regole successorie; dall’ope-rare, in particolare, del principio secondo cui le att ribuzioni liberali fatt e in vita da un soggett o vengono nuovamente in considerazione alla sua morte (dovendo essere calcolate in sede di riunione fi tt izia: art. 556 c.c.) e sono passibili di essere ridott e quando risultino lesi i diritt i riservati ai legitt imari (art. 555 c.c.).

È ben vero che l’ordinamento consentiva già a chi lo desiderasse di accedere al risultato di predefi nire la propria successione att raverso l’utilizzazione dello schema causale della donazione; ma il patt o di famiglia att ribuisce all’impren-ditore l’ulteriore prerogativa di ott enere una pre-defi nizione stabile del pro-prio quadro successorio e si caratt erizza proprio per questo: relativamente alle att ribuzioni eff ett uate per suo tramite, infatt i, collazione e riduzione risultano

3 Una forte sollecitazione in questo senso proviene nel corso degli anni novanta anche dall’Unione Europea: con la Raccomandazione del 7 dicembre 1994 (94/1069/CE) sulla successione nelle piccole e medie imprese e con la successiva Comunicazione del 28 marzo 1998 (98/C 93/02) relativa alla trasmissione delle piccole e medie imprese, la Commissione CE invitava infatti gli Stati membri a rendere più razionali ed efficienti le norme che regola-no il c.d. passaggio generazionale delle imprese di piccole e medie dimensioni alla morte dell’imprenditore avendo accertato che “ogni anno diverse migliaia di imprese sono obbli-gate a cessare la loro attività a causa di difficoltà insormontabili inerenti alla successione” e che “tali liquidazioni hanno ripercussioni negative sul tessuto economico delle imprese nonché sui loro creditori e lavoratori”. Così si legge nella Raccomandazione del 1994, men-tre dalla Comunicazione che ne contiene la motivazione si apprende che circa il 10% delle dichiarazioni di fallimento che si verificano all’interno della comunità europea è causato da successioni mal gestite. Nella successiva Comunicazione del 28 marzo 1998 (98/C 93/02)., che indica la trasmissione dell’impresa come la terza fase cruciale nel ciclo di vita dell’im-presa (dopo la creazione e la crescita) e ribadisce i rischi per i posti di lavoro nel momento in cui il fondatore si ritira e passa le consegne, veniva altresì riportata una stima quantitativa del problema (attinta da L’osservatorio europeo delle PMI, quarta relazione annuale, 1996, p. 183): “Studi recenti hanno dimostrato che, nel corso dei prossimi anni, oltre 5 milioni di imprese nell’Unione europea, pari al 30% circa di tutte le imprese europee, dovranno far fronte al problema della trasmissione. Il 30% circa di esse, cioè 1,5 milioni, spariranno per insufficiente preparazione alla loro trasmissione, compromettendo 6,3 milioni di posti di lavoro circa”. Per un approfondimento sull’argomento e per ulteriori dati in ordine allo scenario attuale anche con specifico riguardo alla situazione in Italia, v. Manes, Prime con-siderazioni sul patto di famiglia nella gestione del passaggio generazionale della ricchezza familiare, in Contratto e impresa, 2006, p. 539 ss. Sulle origini e sulle motivazioni dell’azio-ne comunitaria in questo ambito v. Calò, Le piccole e medie imprese: cavallo di Troia di un diritto comunitario sulle successioni?, in Nuova giur. civ. comm., 1997, II, p. 217 ss.

4 Il patto di famiglia è stato inserito nel codice civile (artt. 768 bis – 768 septies) ad opera della legge 14 febbraio 2006, n. 55 (art. 2), legge che ha altresì modificato l’art. 458 c.c. preve-dendo che al primo periodo di tale articolo siano premesse le parole: “Fatto salvo quanto disposto dagli artt. 768 bis e seguenti” (art. 1).

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espressamente escluse dall’art. 768-quater, comma 4°, c.c.5. Al contrario, una si-stemazione att uata mediante donazione, anche nell’ipotesi – che è stata deline-ata come sostanzialmente coincidente 6 – di donazione in quote indivise a tutt i coloro che sarebbero legitt imari ove in quel momento si aprisse la successione e con una contestuale cessione dei diritt i a titolo oneroso da parte di alcuni dona-tari a colui o a coloro che sono destinati a gestire l’azienda, non eliminerebbe la possibile riconsiderazione del donatum al momento della morte del donante e la conseguente esposizione al rischio di una ridefi nizione dell’assett o successorio con quel contratt o prefi ssato.

Att raverso l’espediente di donare in quote indivise, si ott iene, infatt i, indub-biamente il vantaggio di parifi care in modo stabile, e quindi insuscett ibile di va-riare nel tempo, il valore di ciascuna quota del donatum in rapporto alle altre, evitando così che la donazione possa essere att accata a distanza di tempo dal momento della sua conclusione per eff ett o del divaricarsi di valori inizialmente coincidenti; ma non si riesce a sott rarre la donazione stessa al sempre possibile esperimento dell’azione di riduzione da parte di eventuali legitt imari sopravve-nuti che pretendessero di ott enere la propria quota di riserva e che – secondo le regole comuni – godrebbero di tutela reale, non soltanto obbligatoria. Mentre, anche sott o questo profi lo, il patt o di famiglia assicura stabilità, essendo previsto che resti defi nitivamente fi ssato il valore dell’oggett o del patt o al momento della sua stipulazione e che i legitt imari sopravvenuti possano solo chiedere ai benefi -ciari del contratt o stesso il pagamento della somma prevista dal secondo comma dell’art. 768-quater, aumentata degli interessi legali (art. 768-sexies).

Non occorre, poi, sott olineare – perché anche questo traspare già dall’avver-bio “sostanzialmente” utilizzato nel prospett are la coincidenza – che nel caso in cui si eff ett uasse una donazione in quote indivise a tutt i coloro che sarebbero le-gitt imari ove in quel momento si aprisse la successione con contestuale cessione dei diritt i a titolo oneroso da parte di alcuni donatari a colui o a coloro che sono destinati a gestire l’azienda, vi sarebbe un doppio trasferimento (con i costi con-seguenti) che invece il ricorso al patt o di famiglia consente di evitare.

Era dunque già possibile (e naturalmente è possibile ancora) utilizzare lo schema donativo con l’intento specifi co di predefi nire il proprio assett o suc-cessorio, ma con le conseguenze e quindi con i limiti che si sono evidenziati e che trovano speculare riscontro, nell’ambito mortis causa, nella disciplina della

5 L’articolo in parola dispone: “Quanto ricevuto dai contraenti non è soggetto a collazione o a riduzione”

6 Delinea l’ipotesi Ieva, Il trasferimento dei beni produttivi in funzione successoria: patto di famiglia e patto di impresa. Profili generali di revisione del divieto dei patti successori, in Riv. not., 1997, I, p. 1373, con riferimento alla originaria proposta di riforma sulla succes-sione dei beni produttivi (che non contemplava la modifica all’art. 458 c.c.), per sottolineare l’affermazione secondo cui “la vera portata innovativa della norma non consiste in una deroga al divieto di patti successori, bensì in una disattivazione dei meccanismi di tutela che l’ordinamento ha predisposto a favore dei familiari e segnatamente la riduzione e la collazione”.

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divisione fatt a dal testatore (art. 734 c.c.) ed anche in quella della institutio ex re certa (art. 588, comma 2°, c.c.) e delle att ribuzioni a titolo particolare in sostitu-zione di legitt ima (art. 551 c.c.), ove le scelte del de cuius risultano analogamente esposte al rischio di una ridefi nizione in funzione del rispett o dei diritt i dei le-gitt imari 7. La tutela dei quali, nel complessivo disegno del codice del 1942, può regredire a favore dell’autonomia privata solo se la limitazione assuma caratt e-re meramente qualitativo; mai, invece, se essa pretenda di assumere caratt ere quantitativo. Né in vita, att raverso donazioni, né per il tempo successivo alla morte, att raverso disposizioni mortis causa, è infatt i consentito – secondo l’origi-nario impianto codicistico – derogare al principio di intangibilità quantitativa della quota dei legitt imari.

Sulla base del sistema conseguente all’introduzione del patt o di famiglia, è invece possibile soddisfare in via defi nitiva le ragioni dei legitt imari att uali dell’imprenditore prima della sua morte e, con riguardo ad eventuali suoi legit-timari ulteriori sopravvenienti, predefi nire stabilmente le loro ragioni, irrilevan-te rimanendo che una valutazione ex post rispett o al momento del compimento dell’att o (quella che – secondo le regole comuni 8 – andrebbe svolta alla morte dell’imprenditore) possa far emergere un valore discordante rispett o a quello fi ssato nel patt o ed un conseguente pregiudizio di ordine quantitativo per gli stessi. Ogni ri-valutazione al momento di apertura della successione è infatt i esclusa per legge con riferimento all’oggett o del patt o: in funzione della tutela dell’unità produtt iva, la salvaguardia esistente a favore dei legitt imari, per sua natura azionabile solo nel momento in cui si apre la successione dell’imprendi-tore, è, cioè, preclusa a chi abbia partecipato al patt o o comunque sia dalla legge destinato a risentirne gli eff ett i (legitt imari sopravvenuti). Sicché non c’è dubbio

7 All’ampia libertà di cui il testatore gode dal punto di vista qualitativo nella scelta dei beni da attribuire anche ai legittimari si contrappone, infatti, il limite quantitativo consistente nel dover comunque rispettare l’entità della parte ad essi riservata per legge per evitare che agiscano in riduzione: esplicitamente in tal senso dispone l’art. 735, c.c., comma 2°, che si considera un’applicazione speciale della generale azione di riduzione disciplinata dall’art. 554 c.c. e che integra la sanzione di nullità della divisione fatta dal testatore per preterizione sancita invece dal 1° comma dello stesso articolo (sanzione che, peraltro, autorevole dot-trina - sostenuta dalla giurisprudenza della Cassazione - giudica fondata “soltanto se ed in quanto il legittimario pretermesso reclami la sua quota di eredità riservata”. Così Mengoni, Successioni per causa di morte, Parte speciale, Successione necessaria, in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da Cicu e Messineo e continuato da Mengoni, vol. XLIII, t. 2, Milano, 1992, p. 75; Cass., 6 ottobre 1972, n. 2780, in Giust. civ., 1973, I, p. 78 e Giur. it., 1974, I, 1, p. 826). Espressamente preserva la possibilità di chiedere l’intera legittima, sia pure rinunziando al legato, anche l’art. 551, comma 1° c.c. E, sebbene non disposta attraver-so una specifica previsione, ma agevolmente desumibile dal sistema nel suo complesso, è la possibilità di esercitare l’azione di riduzione anche nell’ipotesi di una definizione del quadro successorio realizzata mediante il meccanismo della institutio ex re certa, se risultino lesi i di-ritti dei legittimari. Consente di rimediare ad una eventuale lesione quantitativa della legittima (oltre che qualitativa, essendo finalizzata ad assicurarne altresì la piena proprietà, ex art. 549 c.c.) anche il congegno della cautela sociniana previsto nell’art. 550 c.c., che attribuisce al legittimario il potere di scongiurare l’eventuale lesione esercitando la scelta di abbandonare la nuda proprietà (comma 1°) o l’usufrutto (comma 2°) della porzione disponibile.

8 Cfr. art. 556 c.c.

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che il nuovo istituto incida in modo signifi cativo sulla tutela precedentemente accordata ai legitt imari.

2. I PROBLEMI.

Non sempre i fi gli sono alter ego dell’imprenditore – come autorevolmente è stato sott olineato 9 – e tutt avia fra essi ve ne può essere uno più idoneo degli altri a continuare l’att ività da lui creata o proseguita, al quale passare le consegne quando è ancora att ivo e in grado di “saggiare” sul campo le sue capacità 10. Que-sti, dunque, in estrema sintesi, gli obiett ivi e, ad un tempo, i motivi della legge: evitare la crisi dell’impresa alla morte dell’imprenditore, salvaguardando l’unità aziendale att raverso la possibilità accordata allo stesso di predisporre anticipata-mente e stabilmente la successione nella guida della sua impresa.

Ma, come si sa, “… quanto più di parole talvolta si adopera in distendere una legge, a fi ne appunto di bene spiegare l’intenzione di chi la forma, tanto più scu-ra e capace di diversi sensi essa può divenire …” 11.

Naturalmente, non è ancora possibile formulare un giudizio sulla concreta ca-pacità della fi gura ideata a quel fi ne di rappresentare lo strumento che si intende-va creare per risolvere i problemi legati al passaggio generazionale dell’impresa, ma le diverse e contrapposte interpretazioni prospett abili (emerse, peraltro, sin dai primi commenti alla nuova legge) ed il conseguente insorgere di incertez-ze su molti aspett i essenziali del patt o, lasciano facilmente presagire una giu-stifi cabile diffi denza rispett o ad una forma giuridica dalla identità non ancora adeguatamente defi nita, che potrà att enuarsi solo se la ricostruzione dott rinale dell’istituto darà risposte idonee a dissipare quei dubbi.

9 Schlesinger, Interessi dell'impresa e interessi familiari nella vicenda successoria, cit., p. 135

10 Descrive efficacemente questa esigenza Rescigno, nella Presentazione al volume di Palaz-zo, Autonomia contrattuale e successioni anomale, Napoli, 1983, p. XV: “[…] si giustifica che il soggetto voglia riservarsi un giudizio sulla meritevolezza delle persone, sulla finale destinazione dei beni, sulla idoneità del mezzo prescelto, sulla congruenza e sull’utilità e persistente attualità di strumenti e obiettivi.” Allo stesso Autore (Rescigno, Attualità e destino del divieto di patti successori, in Aa. Vv., La trasmissione familiare della ricchezza. Limiti e prospettive di riforma del sistema successorio, Padova, 1995, p. 14) si devono anche le seguenti considerazioni in ordine al modo attraverso cui realizzare quell’esigenza: “Alla ga-ranzia della libertà di testare e di revoca si connette la preclusione a creare aspettative di ter-zi durante la vita del testatore: mediante il contratto si crea invece una situazione di vincolo per colui che dispone e di aspettativa tutelata nel destinatario dell’impegno. Sul piano della valutazione politica un ragionevole contemperamento potrebbe trovarsi in una regola che, sia pure per cause tipicamente individuate o per fatti inquadrabili in una generale nozione di giusta causa, conceda al disponente l’eccezionale potere di recesso.” Il suggerimento, sia pure con una formulazione che induce una serie di dubbi interpretativi, è stato recepito dalla disciplina del patto di famiglia, che prevede il diritto di recesso come possibile modalità di scioglimento del contratto nell’art. 768-septies.

11 C. L. Muratori, Dei difetti della giurisprudenza, 1742-1743, Cap. III, Dei difetti intrinseci della giurisprudenza.

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Signifi cativamente, a questo riguardo, si è sott olineato 12 come il patt o sia stato qualifi cato “nuovo tipo contratt uale”, ovvero “donazione modale”, ovvero an-cora “contratt o a favore del terzo”; come alcuni suppongano richiesta ad sub-stantiam la partecipazione di tutt i i legitt imari att uali, altri – invece – considerino tale partecipazione non necessaria; come, pure fra coloro che condividono que-sta seconda soluzione, non vi sia poi accordo in ordine alle conseguenze della mancata partecipazione al patt o del legitt imario att uale, parlandosi da alcuni di inopponibilità del patt o, da altri di un suo possibile annullamento discrezionale ex art. 768-sexies, da altri ancora di inopponibilità della sola stima contenuta nel patt o, da altri, infi ne, di assoluta ininfl uenza sull’opponibilità del patt o, che sarà comunque vincolante anche per chi non vi abbia partecipato. Come, anche relati-vamente alla liquidazione spett ante ai non assegnatari, sia discusso se essa debba necessariamente provenire dal patrimonio dell’assegnatario o possa, invece, pro-venire anche dal patrimonio del disponente; ed inoltre, se si possa immaginare solo una rinuncia a titolo gratuito o anche a titolo corrispett ivo; ed ancora, se la rinuncia consenta di chiedere l’intera legitt ima in sede di apertura della succes-sione o precluda invece ogni ulteriore diritt o di legitt ima in quella sede.

A questo già troppo lungo elenco di problemi, possono ancora aggiungersi i dubbi in ordine alla identifi cazione soggett iva del disponente (se debba avere la qualifi ca att uale di “imprenditore”; se la “titolarità di partecipazioni societarie” debba essere riferita solo alle partecipazioni sociali di maggioranza che risultino rilevanti ai fi ni della gestione, o possa essere riferita anche a partecipazioni non signifi cative o rappresentanti un mero investimento); quelli concernenti la “sin-golarità” del rimedio dell’annullabilità previsto per il caso di inadempimento degli obblighi di pagamento a favore dei legitt imari sopravvenuti; quelli riguar-danti gli aspett i relativi allo scioglimento ed alle modifi che del patt o di famiglia dipendenti da scelte consensuali dei soggett i interessati; quelli conseguenti alla possibile previsione nel contratt o del diritt o di recedere unilateralmente; quelli, solo in apparenza più banali, legati all’ipotesi di nuove nozze del disponente in epoca successiva al patt o, con conseguente emersione di un coniuge/legitt ima-rio – per così dire – di troppo. Ed ancora, per tornare al novero dei problemi più complessi: il dubbio se il patt o di famiglia costituisca un att o (un negozio, per chi preferisca questa espressione) inter vivos, come ritengono i più, certi della produzione di un eff ett o traslativo immediato, ovvero mortis causa – come pure qualcuno ritiene – benché decisamente in controtendenza e, tutt avia, forte della innegabile circostanza che è la stessa legge a prevedere il patt o come deroga ec-cezionalmente ammessa al divieto dei patt i successori istitutivi (art. 458, primo

12 Inventaria le principali opinioni sinora sostenute in ordine alla natura del patto, alla necessità della partecipazione di tutti i legittimari attuali, alla provenienza della liquidazione prevista per i non assegnatari dell’azienda o delle quote, agli effetti della rinuncia alla liquidazione, Amadio, Divieto dei patti successori e attualità degli interessi tutelati, in AA.VV., Patti di famiglia per l'impresa, Quaderno della Fondazione Italiana per il Notariato, Milano, 2006, p. 83, nota 2, attingendole dalla letteratura di matrice notarile in tema di patto di famiglia.

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periodo), che hanno natura mortis causa ed ai quali, pertanto, dovrebbe inevita-bilmente poter essere assimilato quanto a species.

Fornire una risposta soddisfacente ad ognuna delle questioni prospett ate è compito particolarmente complesso e certamente esulante dalle pretese di que-ste brevi note, che att endono invece alla molto più circoscritt a fi nalità di rico-struire l’ambiente, il contesto all’interno del quale è maturata l’idea del patt o di famiglia, nella certa convinzione che ripercorrere l’origine di quell’idea e le tappe che ne hanno segnato il cammino costituisca l’unico modo possibile per accostar-si ad una interpretazione plausibile del dett ato normativo, la sola possibile trama unitaria intorno alla quale ricostruire la strutt ura del nuovo istituto.

Per contro è già evidente e si può sin d’ora osservare che non è stato certo un buon esordio per un istituto la cui pretesa sarebbe stata proprio quella di consen-tire il superamento delle molte questioni che già minavano l’utilità del vecchio armamentario negoziale a scongiurare eff ett i traumatici per l’impresa nella deli-cata fase del passaggio da una generazione all’altra 13.

Si può, inoltre, ipotizzare una iniziale più forte resistenza nei confronti del-le tesi interpretative più dirompenti rispett o all’assett o tradizionale, ad esempio quelle che propugnano la possibilità, sulla base della nuova normativa, di im-porre la sostituzione della tutela obbligatoria a quella reale anche per i legitt i-mari già esistenti al momento della stipulazione del patt o, ovvero quelle che maggiormente estendono gli eff ett i del patt o dal punto di vista oggett ivo.

Ma sarebbe, d’altro canto, semplicistico pensare di poter ricondurre le nu-merose questioni interpretative che si profi lano, ed anzi, ad essere più esatt i, già compiutamente si agitano in questa materia, ad una banale contrapposizione fra sostenitori del vecchio e fautori del nuovo 14 e schierarsi con gli uni o con gli altri; è invece indispensabile, procedere, secondo le regole comuni, all’individuazione del tenore precett ivo di quella disciplina sulla base – da un lato – delle fi nalità che l’hanno originata e – dall’altro – dei profi li teorico-sistematici coinvolti 15, così

13 Sull’esigenza di superare il testamento quale forma negoziale necessitata per disporre di una situazione patrimoniale post mortem e sui possibili strumenti convenzionali adatti a realizza-re una valida alternativa ad esso, v. Palazzo, Autonomia contrattuale e successioni anomale, Napoli, 1983, passim; Id., Negozi di trasmissione della ricchezza familiare e universalità del diritto civile,, in (a cura di) V. Scalisi, Scienza e insegnamento del diritto civile in Italia, Milano, 2004, p. 611 ss. Al tema è, inoltre, dedicato il volume collettaneo La trasmissione familiare della ricchezza. Limiti e prospettive di riforma del sistema successorio, cit.

14 Contrapposizione nella quale, peraltro, sottolinea Amadio, Divieto dei patti successori e attualità degli interessi tutelati, cit., p. 83, nota 1, appare singolare che “l’approccio erme-neutico più audace (ed estensivo)” sia “quello praticato dal ceto notarile, a dispetto della sua naturale e tradizionale vocazione alla prudenza stipulatoria, al quale si contrappongono gli inviti alla cautela provenienti dalla dottrina di estrazione accademica, cui viceversa quell’ap-proccio dovrebbe risultare familiare”.

15 Sicché potrebbe prevalere la tesi di un più limitato spazio operativo del nuovo istituto rispet-to a quello che la considerazione del solo argomento teleologico dell’efficienza dell’impresa porterebbe ad attribuirgli: non si tratterà, come pure criticamente si è rilevato, di considerare tabù “ogni rinnovamento del quiescente sistema ereditario” (Caccavale, Divieto dei patti successori ed attualità degli interessi tutelati. Appunti per uno studio sul Patto di famiglia:

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che la scelta ermeneutica possa risultare adeguatamente giustifi cata e svincolata da ogni pre-giudizio.

3. LO STATO DELL’ARTE PRIMA DELLA NOVELLA DEL CODICE CIVILE: LA PRO-SPETTIVA STORICA COME UTILE/NECESSARIA CHIAVE INTERPRETATIVA DEL NUOVO ISTITUTO.

In un’epoca in cui la ricchezza si diff onde nelle mani di molti, il rilievo della questione dei modi att raverso i quali renderne possibile la conservazione nell’am-bito della propria famiglia secondo schemi modifi cati rispett o a quelli prefi ssati nel codice mediante la disciplina della successione testamentaria, automatica-mente si amplifi ca e tende ad assumere un ruolo centrale nel dibatt ito giuridico: si giustifi ca così l’att enzione scientifi ca degli ultimi decenni verso le questioni concernenti la destinazione dei beni oltre la vita della persona e segnatamente il marcato interesse per l’ambito in qualche modo a latere della successione testa-mentaria come forma di regolamento della vicenda ereditaria.

Basandosi sulla preliminare, essenziale distinzione tra att o att ributivo a causa di morte (ambito esclusivo del testamento per la presenza nel nostro ordinamen-to del divieto di patt i successori: art. 458 c.c.) e att ribuzione post mortem, in cui la morte non assurge, come nel primo caso, ad elemento causale dell’att ribuzione, ma funge da semplice modalità dell’att o (che riguarda il modo di operare degli eff ett i o i motivi per i quali l’att o è stato compiuto) 16, a partire dai primi anni ot-tanta del secolo ormai trascorso la dott rina 17 inizia ad indagare accuratamente su quali tipi contratt uali possano essere utilizzati per realizzare una valida alterna-tiva al testamento, in particolare ricercando gli strumenti più idonei a consentire al disponente il benefi cio di conservare un largo margine di movimento della sua autonomia negoziale.

Due le esigenze tenute presenti nello svolgimento di tale ricerca: da un lato, appunto, “garantire l’organizzazione, il consolidarsi e la trasmissione dell’im-presa (individuale o più spesso collett iva, nella forma della società personale,

profili strutturali e funzionali della fattispecie, in AA.VV., Patti di famiglia per l'impresa, Quaderno della Fondazione Italiana per il Notariato, cit., p. 41), ma di leggere la nuova nor-mativa tenendo conto di tutti gli obiettivi da essa perseguiti ed in sintonia con quei principi del sistema che non risultano da essa derogati.

16 Sulla distinzione v. Nicolò, Attribuzioni patrimoniali post mortem e mortis causa, in Vita not., 1987, p. CIX ss. (originariamente pubblicato nella stessa rivista, 1971, p. 147 ss.); Giampiccolo, Il contenuto atipico del testamento. Contributo ad una teoria dell'atto di ulti-ma volontà, Milano, 1954, p. 40 ss..

17 Il riferimento è, in particolare, a Palazzo, Autonomia contrattuale e successioni anomale, cit., passim, volume che tuttora rappresenta riferimento fondamentale nell’individuazione degli strumenti negoziali preordinati a realizzare una valida alternativa alla successione te-stamentaria per essere la espressa previsione nel contratto dell’evento morte influente sem-plicemente sullo svolgimento effettuale di un rapporto già costituito in vita dal de cuius e non causa dell’attribuzione patrimoniale.

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ma anche mediante il trasferimento di azioni o di quote di società di capitali)”; dall’altro, “assicurare il mantenimento e la formazione, educativa spirituale pro-fessionale, di determinate persone” 18.

L’approfondimento dovuto a quella indagine porta a defi nire con chiarezza che la realizzazione delle indicate fi nalità dipende in ogni caso dal concorrere di particolari condizioni 19:

che l’att ribuzione • post mortem, att uata dall’autonomia contratt uale con forme alternative al testamento si svolga in modo che il bene esca dal patrimonio del benefi ciante prima della morte;che al benefi ciario si trasferisca defi nitivamente dopo la morte del disponente, • salva una possibile e parziale anticipazione degli eff ett i (di tipo successorio);che il congegno negoziale possa essere reso inoperante dal soggett o benefi -• ciante, con una decisione da assumere prima della morte.Merito di quella ricerca non è solo di aver identifi cato i criteri che un con-

tratt o avrebbe dovuto soddisfare per corrispondere all’esigenza di rappresentare un’utile strumento alternativo al testamento per disporre della propria succes-sione, ma anche di aver svolto una verifi ca rigorosa in ordine alla compatibilità di alcune specifi che fi gure contratt uali rispett o alla realizzazione di quelle fi nalità.

Proprio l’analisi giurisprudenziale condott a in quell’ambito, che appunto te-stimoniava il ricorrere di situazioni rispett o alle quali la soddisfazione degli in-teressi in gioco, non realizzabile att raverso il sistema successorio mortis causa, era stata affi data a strumenti contratt uali adatt ati a funzionare quale alternativa al testamento, evidenziava tutt avia l’inatt itudine in concreto di molti dei mecca-nismi escogitati ad assicurare esatt amente quella soddisfazione perché incapaci di prestarsi al funzionamento dello ius poenitendi delle parti e/o a quello di una dirett a e costante verifi ca della qualità della persona del benefi ciario da parte del benefi ciante.

Si dimostrava, così, come fossero insuffi cienti a costituire un’utile alternativa al testamento per realizzare la trasmissione familiare della ricchezza sia la sti-pula di una donazione modale, sia il ricorso ad una donazione si premoriar, sia il contratt o a favore del terzo da eseguirsi dopo la morte dello stipulante, sia il ri-corso allo strumento della fondazione, sia l’utilizzazione delle clausole societarie di predisposizione successoria, delineandosi in defi nitiva una situazione nella quale sembrava che solo il trust potesse adeguatamente prestarsi a svolgere quel-

18 Così descrive quelle finalità Rescigno, nella Presentazione al volume di Palazzo, Autonomia contrattuale e successioni anomale, cit., p. XIII.

19 “Il contratto costituito in vita deve determinare il trasferimento del bene e prevedere la morte solo quale condizione degli effetti negoziali che possono in parte essere anticipati senza che ciò pregiudichi la possibilità di bloccarne per una giusta causa lo svolgimento, mentre il soggetto contrattuale, di cui la morte costituisce l’evento dedotto in condizione, deve rima-nere titolare di uno jus poenitendi circa la costituzione del contratto che tuttavia può farsi dipendere da un fatto che la giustifichi”. Così individua “i caratteri certi per la definizione di negozio valido per un’utile alternativa al testamento” Palazzo, Autonomia contrattuale e successioni anomale, cit., p. 57.

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la funzione 20. Ma il noto dibatt ito accesosi sulla ammissibilità della fi gura nel nostro ordinamento fi nirà per ostacolarne l’utilizzazione anche in questo ambito e per contribuire ad indirizzare verso la scelta di una soluzione diversa: quella di una riforma normativa.

La necessità di una legge si spiega, peraltro, per il coinvolgimento di principi come quello di unità della successione e quello del partage égal, che, diversamen-te, non avrebbero potuto essere scalfi ti: perché anche il preservare un’att ribuzio-ne liberale fatt a in vita dal donante dalla altrimenti necessaria sua riconsidera-zione alla morte dello stesso, integrando una disciplina successoria speciale in ragione della particolare natura dei beni rispett o alle comuni regole successorie, comporta una deroga a quei principi. Per il coinvolgimento, altresì, del generale divieto dei patt i successori, posto, come noto, a tutela della assoluta libertà te-stamentaria (modifi cabilità delle disposizioni mortis causa da parte del testatore in ogni momento fi no all’ultimo istante della sua vita: usque ad vitae supremum exitum) e della indisponibilità dei diritt i successori prima dell’apertura della suc-cessione (artt . 458 e 557, comma 2°, c.c.). E, sott o questo profi lo, deve essere sott o-lineato che la legge non realizza – come pure avrebbe potuto fare in ragione della particolare natura dei beni produtt ivi – una imperativa tutela dell’impresa nella fase del passaggio generazionale, disponendo una successione anomala legale 21, ma opta per lo strumento contratt uale: si limita a prevedere che siano i soggett i potenzialmente coinvolti a scegliere, att raverso la stipulazione del contratt o, il diverso bilanciamento fra la tutela dei potenziali legitt imari e la tutela della so-pravvivenza dell’impresa che la disciplina del patt o di famiglia predispone.

La spinta decisiva verso la soluzione di una riforma normativa verrà, però, negli anni novanta dall’Unione Europea 22 e questo consente di spiegare perché delle due esigenze inizialmente prese in considerazione dalla dott rina nel tenta-tivo di enucleazione di spazi per una disposizione contratt uale c.d. post mortem piutt osto che mortis causa, solo quella concernente il passaggio generazionale delle imprese abbia trovato soddisfazione 23.

20 “è […] il trust a costituire, più di ogni altro, un valido ed efficace strumento di trasmissione della ricchezza familiare e di scelta dei beneficiari, soddisfacendo in materia successoria, quelle esigenze che il testamento lascia irrealizzate”: così Palazzo, Negozi di trasmissione della ricchezza familiare e universalità del diritto civile, in (a cura di) V. Scalisi, Scienza e insegnamento del diritto civile in Italia, Milano, 2004, p. 621. In argomento si vedano anche Hayton, Parte prima: il trust come strumento di gestione dell'azienda di famiglia nel passaggio generazionale, in Contratto e impresa, 2004, p. 247 ss., e, per una specifica va-lutazione comparativa fra trust e fondazione come possibili strumenti di pianificazione del trasferimento della ricchezza familiare da una generazione all’altra, Matthews, Trust, trust di scopo o fondazioni?, ivi, p. 275 ss.; Manes, Fondazione fiduciaria e patrimoni allo scopo, Padova, 2005, p. 319 ss.

21 Nelle forme in cui ordinariamente essa avviene: in fase distributiva, disponendo un’assegna-zione preferenziale come regola speciale della divisione; ovvero, in fase attributiva, dispo-nendo una devoluzione preferenziale a titolo di vocazione speciale.

22 In argomento v. nota 3.

23 Mentre l’attenzione verso la prima esigenza porterà a concepire il patto di famiglia, la secon-

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La elaborazione di una proposta di riforma del codice civile, destinata ad in-trodurre all’interno del nostro sistema un particolare regime normativo volto ad evitare che il passaggio generazionale nella titolarità dell’impresa comporti pro-blemi gestionali in grado di rifl ett ersi negativamente sulla produtt ività dell’im-presa stessa e fi nanche sulla sua sopravvivenza, si concretizza in tempi relativa-mente brevi 24; e l’esito di quel lavoro risulterà fondamentale in quanto, nono-stante le numerose ed incisive modifi che subite già nell’ambito della originaria proposta legislativa che ad esso si ispirava 25, esso sarà tutt avia sostanzialmente recepito dall’att uale testo normativo.

Ciò che in particolare rimarrà inalterato sarà lo schema convenzionale di base, ossia il congegno –nuova espressione dell’autonomia privata – ideato per permett ere la realizzazione dell’interesse dell’imprenditore a predisporre in vita la trasmissione dei beni produtt ivi.

Come si è visto, la ricca esperienza maturata negli anni precedenti nella ricer-ca di forme convenzionali alternative al testamento per disporre della propria successione aveva consentito di far emergere con precisione quali criteri un tale contratt o dovesse soddisfare per realizzare adeguatamente l’obiett ivo di “garan-tire l’organizzazione, il consolidarsi e la trasmissione dell’impresa (individuale o più spesso collett iva, nella forma della società personale, ma anche mediante il trasferimento di azioni o di quote di società di capitali)” 26: si tratt ava, perciò, di predisporre il nuovo congegno sulla base di quei criteri, rimediando att raverso l’intervento legislativo alle insuffi cienze precedentemente riscontrate nel mezzo contratt uale.

Ebbene, il meccanismo predisposto con la legge 14 febbraio 2006, n. 55 sembra

da esigenza, resterà, invece, riferimento costante nella richiesta di una riforma complessiva del nostro sistema successorio. In argomento v. Liserre, Evoluzione storica e rilievo costi-tuzionale del diritto ereditario, in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, V, Torino, 1997, pp. 29-30; Palazzo, Le norme sulle successioni dei legittimari: problemi e prospettive, in Sesta, Cuffaro (a cura di), Persona, famiglia e successioni nella giurisprudenza costituzio-nale. Cinquanta anni della Corte Costituzionale Italiana, Napoli, 2006, p. 759 ss.

24 Il progetto di riforma – elaborato nell’arco di un anno (dal giugno 1996 al luglio 1997) dal Gruppo di lavoro sulla successione nell’impresa di famiglia coordinato dai professori Masi e Rescigno, nell’ambito di una ricerca promossa dal CNR sulla successione nei beni produttivi – venne discusso in versione preliminare in una giornata di studio su “Successione nell’im-presa e società a base familiare” svoltasi a Macerata il 24 marzo 1997 in collaborazione con la Consulta delle forze giovanili del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e con il Consiglio Nazionale del Notariato. Per una sintetica presentazione della proposta di riforma a cura del Gruppo di lavoro sulla successione nell’impresa di famiglia v. La successione ereditaria, in Riv. dir. civ., 1998, p. 353 ss.

25 Disegno di legge 2 ottobre 1997, n. 2799 presentato al Senato nel corso della XIII legislatura, d’iniziativa dei senatori Pastore ed altri, recante “Nuove norme in materia di patti successori relativi all’impresa”.

26 Sembra qui particolarmente significativo utilizzare di nuovo le parole di Rescigno, nella Presentazione al volume di Palazzo, Autonomia contrattuale e successioni anomale, cit., p. XIII, per testimoniare la continuità fra quel filone di ricerca ed il successivo lavoro di elabo-razione di un progetto di riforma del quale Rescigno ha condiviso il coordinamento.

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essersi perfett amente conformato a quei criteri, poiché è in grado di realizzare:la produzione di• eff ett i immediatamente traslativi;l’anticipazione di eff ett i di tipo successorio;• la possibilità di un ritorno indietro att raverso l’inserimento della facoltà di • recesso a favore del disponente (con conseguente defi nitività dell’att ribuzione – in questo caso – solo al momento della sua morte).Sarebbe, perciò, incongruo nell’interpretazione delle nuove norme, disatt en-

dere questi criteri che, come più volte si è ripetuto, rappresentano la ragione stessa della novella.

L’aver ripercorso le vicende att raverso le quali si è giunti al patt o di famiglia non è stato, quindi, un esercizio inutile: perché, sebbene tale ricostruzione non risolva ex professo le tante questioni dibatt ute ed alle quali si è fatt o riferimento, essa tutt avia consente di defi nire e tracciare i limiti del sentiero interpretativo da percorrere, precludendo l’accesso a soluzioni che, pur quando astratt amente compatibili con il dett ato normativo, non siano in linea con quegli aspett i che si sono evidenziati.

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SOMMARIO: 1. La novella introduttiva del capo “V bis” del Titolo IV del Libro II del codice. - 2. I partecipanti al patto di famiglia. - 3. L’apporzionamento e la tacitazione dei legittimari in pectore. - 4. La provenienza e l’onere economico degli apporzionamenti previsti nel patto. - 5. L’esclusione da col-lazione e riduzione degli apporzionamenti previsti nel patto. - 6. La persistenza dello status di legitti-mario in capo al partecipante al patto di famiglia. - 7. La patologia del patto: l’annullamento per vizio del consenso. - 8. L’inedita annullabilità del patto per inadempimento di cui all’art. 768 sexies.

1. LA NOVELLA INTRODUTTIVA DEL CAPO “V BIS” DEL TITOLO IV DEL LIBRO II DEL CODICE.

Con la tecnica della novellazione è stato introdott o in fi ne del Titolo IV del Libro II del codice, dedicato alla divisione, un nuovo capo “V bis” intitolato “Del patt o di famiglia”.

Esso riecheggia, sott o il profi lo storico, la divisione d’ascendente di ott ocentesca memoria, così giustifi candosi forse la collocazione sistematica dell’intervento sul codice (ma non già la numerazione che avrebbe potuto proseguire con un capo VI, tratt andosi di capo conclusivo): numerosi tutt avia sono i tratt i distintivi tra le due fi gure, che sembrano consentire esclusivamente un parallelo descritt ivo1.

L’art. 768 bis, dett ando la nozione del patt o di famiglia, chiarisce anzitutt o che si tratt a di un contratt o, formale (art. 768 ter), plurilaterale (art. 768 quater), ad effi cacia reale (si usa il verbo “trasferire” ed al presente). Si tratt a poi di contratt o per il quale il disponente deve necessariamente rivestire la qualità di imprendi-tore e che ha un oggett o tipico: l’azienda, o rami della medesima (“in tutt o o in parte”, dice la norma).

Dalla necessaria qualità di imprenditore, presupposta dall’art. 768 bis, mi pare

Saggio destinato agli Scritti in onore del Prof. Giorgio Cian. L’AIAF ringrazia l’Autore per l’autorizzazione alla pubblicazione del saggio nel presente Quaderno.

1 Tra cui la necessaria presenza e partecipazione al patto di famiglia del coniuge, non prevista per la divisione d'ascendente per atto tra vivi che, per il richiamo che l'art. 1045 del codice civile 1865 faceva alla disciplina delle donazioni, richiedeva la partecipazione di tutti i figli e discendenti, ma non del coniuge.

STRUTTURA E PATOLOGIA DEL “PATTO DI FAMIGLIA”_FRANCESCO DELFINI_ORDINARIO DI DIRITTO PRIVATO PRESSO L’UNIVERSITÀ DI BRESCIA

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possa aff ermarsi che il patt o di famiglia potrà avere ad oggett o partecipazioni so-ciali2 che siano rappresentative del pacchett o di riferimento o di controllo, perché solo in tal caso si potrebbe ritenere che mediatamente si sia disposto dell’azien-da, oggett o che consente di applicare la nuova disciplina, che deroga al principio di intangibilità anche qualitativa della legitt ima, compendiato nell’art. 549 cod. civ.: ciò che porrà il problema del caratt ere eventualmente elusivo della vestizio-ne societaria di beni immobili (non produtt ivi e non avvinti in azienda) al fi ne di assegnare con patt o di famiglia le partecipazioni sociali ad essi corrispondenti.

La nuova disciplina introdott a nel codice, pur con apprezzabile intento eco-nomico, non pare connotata da raffi nato tecnicismo, e impone all’interprete la soluzione di numerosi dubbi: tratt erò qui in particolare di taluni aspett i, da un lato di strutt ura e dall’altro di patologia del nuovo schema contratt uale.

2. I PARTECIPANTI AL PATTO DI FAMIGLIA.

Iniziando dal tema della strutt ura del patt o di famiglia, aspett o centrale e pro-blematico è quello dell’ambito soggett ivo del contratt o.

Il primo comma dell’art. 768 quater in commento prevede infatt i la necessaria partecipazione al contratt o del coniuge e di coloro che sarebbero legitt imari in caso di apertura immediata della successione. Esso dunque appare in potenziale contrasto con il primo comma del successivo art. 768/sexies che - col prevedere una disciplina3 per l’ipotesi in cui il coniuge o altri legitt imari non abbiano par-tecipato al contratt o - potrebbe interpretarsi nel senso che la partecipazione di tutt i i potenziali legitt imari alla data del contratt o non sia requisito strutt urale dell’att o.

Codesta apparente antinomia può essere ricomposta distinguendo le due fat-tispecie considerate dall’art. 768 quater, da un lato, e dall’art. 768 sexies, dall’altro: interpretando il riferimento, contenuto in quest’ultima norma, ai legitt imari che non abbiano partecipato al contratt o, come riferito al coniuge ed ai legitt imari che non abbiano potuto partecipare al patt o, perché non esistenti o non investiti in allora di quella qualifi ca.

In altre parole, ritengo che la fatt ispecie disciplinata dall’art. 768 quinquies debba essere identifi cata con quella della “sopravvenienza” di coniuge o di altri legitt imari.

La partecipazione al patto di tutti i legittimari e coniuge esistenti (e noti) al momento della stipulazione deve dunque ritenersi requisito strutturale del patto di famiglia.

Le conseguenze della mancata partecipazione non saranno tutt avia necessa-riamente nel senso della nullità del contratt o ex art. 1418 cod. civ., ma devono

2 In senso lato, malgrado la norma parli di proprie quote, così escludendo alla lettera le azioni: ma in senso contrario l'art. 768 quater parla di "partecipazioni societarie" e non più di quote.

3 Incentrata su un obbligo di indennizzo successivo e presidiata dal rinvio all’art. 768 quinquies.

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apprezzarsi piutt osto nel senso della impossibilità di invocare la disciplina spe-ciale prevista nel nuovo capo V bis. E così eventuali rinunzie alla quota di le-gitt ima, non potendosi ritenere consentite ex art. 768 quater, 2° co., resteranno nulle per violazione degli artt . 458 e 557, 2° co. Ed ancora, il patt o di famiglia senza la partecipazione di tutt i i legitt imari potrà riqualifi carsi come donazione (eventualmente con dispensa da collazione nei limiti della disponibile); l’obbligo dell’assegnatario di azienda di liquidazione di altri legitt imari sarà qualifi cabile come modo o onere di una donazione soggett a alle normali regole successorie; la valutazione dell’azienda4 non sarà cristallizzabile al momento del patt o, ma sarà soggett a alle regole ordinarie in tema di collazione.

Naturalmente quanto appena esposto non esclude la possibilità di concludere un patt o di famiglia inter absentes: le disposizioni in esame non prendono infatt i espressamente posizione sulla possibilità che il patt o di famiglia venga concluso anche mediante la sequenza proposta – accett azioni, prevista in parte generale dall’art. 1326 cod. civ. Ed al quesito sulla possibilità di stipulare in tal modo il patt o mi pare si possa dare risposta aff ermativa, sul rilievo che la nuova disci-plina non postula la necessaria contestualità delle dichiarazioni di volontà e la compresenza dei partecipanti necessari al patt o5.

Infi ne, secondo quanto espressamente indicato nella proposta di legge pre-sentata l’8 aprile 2003, “possono partecipare inoltre al contratt o coloro che po-trebbero divenire i legitt imari a seguito di modifi cazioni dello stato familiare dell’imprenditore (ad esempio, gli ascendenti in caso di scomparsa o rinunzia all’eredità da parte di tutt i discendenti, ovvero i discendenti di secondo grado in caso di premorienza o incapacità a succedere o rinunzia dei fi gli), con il risultato di rendere il contratt o opponibile anche a costoro e di escludere il diritt o di cui al sesto comma” (ndr. rinunziando al diritt o all’indennizzo previsto nel testo defi nitivo all’art. 768 sexies).

3. L’APPORZIONAMENTO E LA TACITAZIONE DEI LEGITTIMARI IN PECTORE.

Altro aspett o delicato, che l’interprete è chiamato ad aff rontare, è quello della natura defi nitiva o non degli apporzionamento previsti nel contratt o per i legit-timari in pectore.

Una prima lett ura del secondo comma dell’art. 768 quater - laddove preve-

4 Il riferimento, fatto per sinteticità, alla assegnazione di azienda è esteso anche all’assegna-zione di partecipazioni sociali (che siano tuttavia rappresentative del pacchetto di riferimen-to o di controllo, perché solo in tal caso si potrebbe ritenere che mediatamente si sia disposto dell'azienda, oggetto che consente di applicare la nuova disciplina, che deroga al principio di intangibilità anche qualitativa della legittima, compendiato nell'art. 549 cod. civ.).

5 Nel caso di stipulazione progressiva del patto di famiglia, esso non sarà perfetto e dunque efficace fino all'accettazione formulata da parte di tutti i soggetti indicati nel primo comma dell'art. 768 quater in commento.

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de che i benefi ciari del trasferimento di azienda (dirett o o per il tramite di una partecipazione sociale di riferimento) compensino gli altri potenziali legitt ima-ri, che non vi abbiano rinunziato, con una somma6 “corrispondente al valore delle quote previste dagli artt . 536 e seguenti” – porterebbe a qualifi care le att ribuzioni di denaro o beni ricevuti dagli “altri partecipanti al contratt o” come tacitazione in via provvisoria delle rispett ive quote di legitt ima. In questo senso deporrebbe il richiamo fatt o agli “articoli 536 e seguenti” – e dunque, alla lett era, alle norme dell’intero capo relativo ai legitt imari (tra cui l’art. 556 cod. civ.) – e il richiamo al “valore” di tali quote: il che, in assenza di una norma nella novella che deroghi al criterio, previsto nell’art. 556 cit., di computo della quota di riserva quale quota mobile, renderebbe impossibile calcolare in via defi nitiva, ora per allora, il valore monetario delle quote di legitt ima medesima.

Codesta ricostruzione della norma ridimensionerebbe assai l’utilità pratica del nuovo istituto, che si limiterebbe – ma non sarebbe comunque cosa di poco conto - alla possibilità di congelare, alla data del patt o, il valore7 dei cespiti distri-buiti ai discendenti con il patt o medesimo, sott raendoli8 alle regole di valorizza-zione alla data dell’apertura della successione, disposte dalle norme in tema di collazione (segnatamente gli artt . 747 – 750, richiamati dall’art. 556 per il compu-to della legitt ima).

Se così dovesse essere intesa la norma è facile prevedere che la clausola di rinunzia quantomeno parziale alla quota di legitt ima da parte degli “altri parteci-panti al contratt o” diverrebbe la regola nella stipulazione dei futuri patt i di fami-glia, perché solo con codesto espediente negoziale sarebbe possibile ott enere una stabilizzazione dell’assett o patrimoniale recato dal patt o.

Si tratt erebbe tutt avia di una ricostruzione dell’istituto destinata a non ren-derlo particolarmente innovativo ed ampliativo dell’autonomia privata, contro le stesse ragioni di politica legislativa che ne hanno suggerito l’introduzione. Infat-ti, qualora non si assegnasse funzione sistematoria defi nitiva al patt o di famiglia esso sovente si rivelerebbe non preferibile, quantomeno da parte del discendente assegnatario, rispett o ad una att ribuzione dell’azienda veicolata da una normale donazione con dispensa da collazione.

Anzi, dal punto di vista del discendente, ricevere per donazione l’azienda e doverla poi, alla morte dell’ascendente, conferire in collazione, potrebbe rivelarsi

6 Ovvero in natura.

7 La norma parla di "valore attribuito in contratto": la determinazione del valore dell'azienda potrà avvenire recependo la valutazione effettuata previamente da un terzo ovvero potrà prevedersi una clausola di arbitraggio che, ex art. 1349 cod. civ., demandi ad un terzo la determinazione di tale elemento. Potrebbe allora porsi il quesito della ricomprensione nel tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 768 octies, delle eventuali contro-versie in ordine alla determinazione di valore rimessa all’arbitratore: ritengo che la specialità del procedimento di impugnazione previsto nell’art. 1349 cod. civ. prevalga tuttavia sull’art. 768 octies cit.

8 Così riduttivamente si intenderebbe la esclusione dal collazione e riduzione prevista nell’ul-timo comma dell’art. 768 quater.

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preferibile rispett o a divenirne assegnatario con patt o di famiglia: in primo luogo perché con il patt o di famiglia il discendente dovrebbe farsi immediatamente carico di compensare gli altri legitt imari; in secondo luogo perché non è neces-sariamente preferibile una cristallizzazione del valore dell’azienda al momento dell’assegnazione, come previsto da disciplina del patt o di famiglia, rispett o ad una valutazione dell’azienda medesima al momento dell’apertura della succes-sione, come previsto dalle regole generali in tema di collazione. La valutazione immediata dell’azienda, infatt i, fa carico al discendente assegnatario del rischio delle future fortune dell’impresa, mentre la valutazione alla morte del dante cau-sa, conseguente all’adozione dello schema della ordinaria donazione, potrebbe consentire al discendente donatario di non sopportare il rischio di una propria catt iva gestione del bene ovvero di una mutata situazione del mercato: potreb-be così godere immediatamente dell’azienda donata, ma rinviare al momento della morte del donante la valutazione dell’azienda medesima, speculando sulle eventuali (o procurate) diminuzioni di valore ed essendo tenuto solo allora ad un computo collatizio di quanto ricevuto (nemmeno dovuto, se avrà cura di ri-nunziare all’eredità, ma salva l’azione di riduzione).

Se a ciò si dovesse dunque aggiungere la provvisorietà della liquidazione de-gli altri partecipanti al patt o di famiglia, il nuovo istituto sarebbe probabilmente destinato ad avere una scarsa capacità att ratt iva.

È possibile tutt avia un’alternativa interpretazione della nuova norma, con una lett ura che ritengo preferibile perché volta ad assecondare maggiormente le fi na-lità di politica legislativa esplicitate dai lavori preparatori e implicitamente an-che dallo stesso intervento europeo da cui in parte ha preso le mosse la novella.

Si tratt a cioè di leggere il richiamo - presente nel secondo comma dell’art. 768 quater qui in commento - “agli articoli 536 e seguenti” - come svincolato dalla ricostruzione del valore della quota di legitt ima come “quota mobile” (eff ett o del computo indicato dall’art. 556 cod. civ.), ma come riferito esclusivamente alle frazioni aritmetiche previste non già dagli “articoli 536 e seguenti”, ma dai soli artt . 537 e 542 (gli unici che dett ano porzioni frazionarie relative a discendenti e coniuge).

In altre parole, l’azienda, con valore stimato consensualmente alla data del patt o, verrebbe att ribuita ad uno o più discendenti assegnatari, mentre agli altri legitt imari (ulteriori discendenti e coniuge) spett erebbe la quota frazionaria (1/2, 1/3, 1/4 e così via) indicata o nell’art. 537 o nell’art. 542 del valore dell’azienda me-desima. Il riferimento contenuto nella norma non sarebbe dunque alla legitt ima in senso tecnico e il richiamo degli “artt . 536 ss.” costituirebbe semplice relatio alle frazioni numeriche ivi indicate dai predett i artt . 537 e 542.

La ricostruzione della nuova disciplina che mi pare preferibile è dunque nel senso che l’azienda (o le quote di partecipazioni societarie rappresentative di es-sa9) oggett o del patt o di famiglia non entri nella futura successione mortis causa,

9 Poiché il dato che giustifica la speciale disciplina introdotta con la novella, che in parte

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ma sia considerata come una sorta di patrimonio separato att ribuito, in modo perequato, ai discendenti esistenti alla data del patt o, al di fuori e prescindendo (nei limiti anzidett i) dalle regole ordinarie in tema di successioni.

Nel senso della defi nitività della tacitazione dei partecipanti al patt o, in ordi-ne all’azienda che ne è oggett o, militano poi ulteriori argomenti.

La tesi della provvisorietà della tacitazione risultante dal patt o – e dunque del-la ricomprensione nella riunione fi tt izia di cui all’art. 556 cod. civ. anche dell’og-gett o del patt o di famiglia - avrebbe dalla sua essenzialmente l’inciso, contenuto nel terzo comma dell’articolo 768 quater, secondo cui i beni assegnati con il patt o “sono imputati” alle quote di legitt ima. Ma si tratt erebbe, a mio parere, di lett ura equivoca del termine.

Anzitutt o, perché pare verosimile che l’impiego di tale termine sia stato fatt o dal legislatore piutt osto con fi nalità descritt ive che tecniche e dunque tale locu-zione può intendersi nel senso che le assegnazioni di beni compongono ora per allora le quote di legitt ima che spett erebbero ai legitt imari sull’azienda oggett o del patt o, in parziale deroga al principio generale per cui la quota di legitt ima deve comporre porzioni omogenee di ciascuno dei cespiti facenti parte del patri-monio del de cuius.

In secondo luogo, perché a conferma della defi nitività della tacitazione di le-gitt ima potrebbe invocarsi l’ultimo comma dell’articolo 564 cod. civ., che esenta da imputazione in senso tecnico ciò che per legge10 è esente da collazione: e pro-prio l’ultimo comma dell’articolo 768 quater chiarisce, appunto, che quanto rice-vuto dei contraenti non è soggett o a collazione.

In terzo luogo, perché anche a ritenere che il termine “imputazione” sia utiliz-zato dal legislatore con consapevolezza ed esatt a proprietà di linguaggio, il suo impiego può agevolmente giustifi carsi con la circostanza che ivi si fa riferimento a beni che, secondo l’ipotesi base di patt o di famiglia, sono assegnati, in tacita-zione, da parte dell’assegnatario d’azienda: con tale inciso il legislatore avrebbe potuto pertanto semplicemente chiarire che tali assegnazioni, da chiunque pro-venienti e dunque ancorché provenienti dal discendente benefi ciario dell’azienda, sono

sacrifica la ordinaria tutela della posizione nei legittimari, è dato dall'interesse meta indi-viduale alla conservazione dell'impresa in senso oggettivo e dunque dell'azienda, riten-go che la latitudine del possibile oggetto del patto, quanto alle partecipazioni societarie, vada così intesa: non tanto rileva la qualifica formale e soggettiva di imprenditore in capo all'ascendente, che potrebbe avere la disponibilità di un'azienda senza rivestire la qualità di imprenditore (avendola ad esempio ricevuta a propria volta per successione ed avendola data in affitto a terzi), quanto la rappresentatività delle quote, quali beni di secondo grado, di un'azienda come estrinsecazione dell’impresa in senso oggettivo. Se si conviene con ciò, si deve ritenere che sicuramente rientrino nell'oggetto del patto i pacchetti di maggioranza o di controllo di società di capitali, ma altresì che vi possano rientrare quote o partecipazioni societarie che attribuiscano significativi diritti corporativi e gestori e non esclusivamente diritti patrimoniali.

10 Ancorché ivi il richiamo sia al capo del codice dedicato originariamente alla collazione, ma il rinvio mi pare debba essere esteso anche alle nuove norme che incidono sulla collazione, tra cui il comma 4 dell’art. 768 quater in esame.

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eff ett uate a comporre una quota di legitt ima che può qualifi carsi tale solo nei confronti del rapporto successorio con l’ascendente dante causa.

Da ultimo, ribadisco che qualora si dovesse accedere, come non ritengo cor-rett o, alla tesi della provvisorietà della tacitazione risultante dal patt o di fami-glia, quest’ultimo sarebbe destinato a sicuro insuccesso. Si è dett o sopra, infatt i, che già con le regole ordinarie successorie il discendente avrebbe la possibilità di vedersi att ribuita l’azienda con donazione e dispensa da collazione, senza al-cun onere di tacitazione degli altri legitt imari e con un’alea, riferita al momento di computo del valore dell’azienda medesima, che probabilmente, nella mag-gior parte dei casi, sarebbe preferibile rispett o alla determinazione del valore dell’azienda al momento del patt o. Se dunque si vuole dare autonomo spazio al nuovo istituto, l’onerosità del medesimo a carico dell’assegnatario di azienda (ed il rischio sulle fortune imprenditoriali di cui si fa carico) devono essere contro bilanciati dalla certezza e defi nitività dell’assett o distributivo dato dal patt o e dunque dalla inapplicabilità, quanto all’azienda medesima, dell’art. 556 cod. civ.

Naturalmente, anche così ricostruito, il patt o di famiglia non potrà consentire la successione generazionale nell’azienda in tutt i i casi. Sopratt utt o qualora non sia possibile ott enere la partecipazione al patt o di tutt i i legitt imari - partecipa-zione che deve ritenersi esenziale, secondo quanto si è esposto sopra ed in specie per l’insuperabile utilizzo della locuzione “devono partecipare” con cui si apre l’articolo 768 quater in commento - potrà pensarsi ad altri alternativi strumenti, tra cui quello del c.d. family buy out, laddove il candidato futuro capitano di im-presa potrà dar vita ad una newco (eventualmente unipersonale) che acquisti a ti-tolo oneroso l’azienda medesima, ott enendo provvista con l’indebitamento della newco garantito dal cash fl ow aziendale: acquisto a titolo oneroso che assicurerà la massima stabilità possibile alla successione nell’azienda medesima.

La lett era del secondo comma qui in esame prevede inoltre che sia il discen-dente assegnatario a liquidare gli altri partecipanti al contratt o con denaro, ov-vero in natura.

Appare immediatamente evidente il problema del reperimento della provvi-sta, da parte del discendente assegnatario: tratt andosi di assegnazione di bene produtt ivo, i mezzi per la liquidazione dei non assegnatari possono in larga mi-sura giungere dai proventi imprenditoriali connessi all’azienda, in modo econo-micamente analogo al fenomeno del cosiddett o levereged by out. Anzi, interpre-tando estensivamente la previsione contenuta nell’ultima parte del terzo comma, che consente un’assegnazione di beni anche con successivo contratt o collegato al patt o di famiglia, potrebbe ritenersi possibile che il discendente assegnatario, concluso il patt o di famiglia e concordato il valore dell’azienda assegnata e dun-que dell’indennizzo da pagarsi agli altri legitt imari, ott enga da un terzo a mutuo le somme necessarie per liquidare i legitt imari con successivo att o di adempi-mento dell’obbligo contenuto nel patt o di famiglia medesimo.

Secondo quanto previsto nell’ultima parte del secondo comma, la liquidazio-ne può poi avvenire, in tutt o o in parte, in natura, se vi è accordo tra i contraenti.

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Si pone il problema della necessità che il consenso alla liquidazione in natura sia reso da tutt i i contraenti ovvero esclusivamente dai due dirett i interessati, vale a dire l’assegnatario e il legitt imario da tacitare in natura. Ritengo possibile che tale accordo sia limitato a codesti due soggett i: anzitutt o perché non pare ipotizzabile un interesse contrario e meritevole di tutela da parte degli altri soggett i, conside-rato che nell’ipotesi qui in esame la tacitazione avverrebbe con beni del discen-dente assegnatario (o comunque non dell’ascendente disponente); inoltre perché la tesi contraria non precluderebbe che, stabilita una liquidazione in denaro, il discendente assegnatario e il legitt imario interessato ad una att ribuzione in na-tura si accordino per una datio in solutum, come consentito dall’art. 1197 cod. civ.

4. LA PROVENIENZA E L’ONERE ECONOMICO DEGLI APPORZIONAMENTI PREVISTI NEL PATTO.

La fatt ispecie base del patt o di famiglia è dunque quella dell’assegnazione, da parte dell’ascendente, dell’azienda al discendente, il quale a proprio carico deve liquidare le quote di legitt ima degli altri legitt imari: in termini economici, per una parte l’azienda perviene al discendente a titolo gratuito (si tratt a della por-zione relativa alla sua quota di legitt ima ed a quella disponibile), per la restante parte a titolo oneroso, pari all’indennizzo pagato dal discendente medesimo agli altri legitt imari.

Tutt avia codesta fatt ispecie base, descritt a dal secondo comma della norma, non pare escludere l’ammissibilità di sistemazioni del patrimonio familiare in vita con caratt ere più ampio, che permett ano, nell’ambito delle medesime, una perequazione dei diritt i dei legitt imari e del coniuge non necessariamente per il tramite del discendente assegnatario11.

Le motivazioni che possono indurre ad estendere il novero dei beni ricompre-

11 Talvolta la stessa situazione patrimoniale dell'ascendente imprenditore potrà consentire un apporzionamento di tutti i legittimari in pectore da parte dell'ascendente medesimo pur se-guendo la lettera dell'articolo 768 bis. Si pensi al caso in cui l'ascendente, con due figli di cui uno solo abbia vocazioni imprenditoriali, sia titolare di un'azienda composta anche da una parte di immobili in proprietà. Il padre potrebbe allora scorporare e segregare la parte immobiliare dell'azienda, conferendola in una newco quale ha ramo di azienda immobilia-re destinato a produrre reddito locatizio con opportuni contratti di locazione o affitto (i cui canoni potranno anche essere strumento per perequare eventuali discordanze di valori nei due rami di azienda) stipulati a favore di altra società in capo alla quale resterebbe il ramo di azienda relativo alla produzione industriale. In questo caso il comune ascendente sarebbe titolare di partecipazioni societarie sia nella società produttiva, sia nella newco immobilia-re: entrambe le partecipazioni societarie rappresenterebbero la titolarità di rami di azienda (produttiva la prima, immobiliare la seconda) e potrebbero, nel pieno rispetto dell'art. 768 bis cit., costituire oggetto di patto di famiglia con la attribuzione rispettivamente al figlio con vocazioni imprenditoriali ed a quello che ne sia privo. Inoltre, se si ipotizza la avvenuta premorienza del coniuge ovvero la rinunzia di questi alla propria porzione, come consentito dall'articolo 768 quater secondo comma, sarebbe possibile, facendo piana applicazione del-la fattispecie base di patto di famiglia, soddisfare entrambi i figli senza far gravare su alcuno di essi la tacitazione dell'altro.

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si nel patt o di famiglia possono essere le più varie: dalla diffi coltà per l’assegna-tario di azienda di ott enere la provvista per la liquidazione degli altri legitt imari, alla volontà dell’ascendente di assecondare non solo la vocazione di impresa di uno dei discendenti, ma magari altresì le vocazioni non imprenditoriali degli altri legitt imari, al condizionamento da parte del coniuge del proprio consenso al patt o di famiglia ad una att ribuzione in natura di altri beni dell’ascendente disponente.

Si può dunque pensare alle ipotesi in cui l’ascendente intenda da un lato asse-gnare l’azienda ad uno dei propri discendenti e, dall’altro, disporre in modo pe-requato, e sempre in via defi nitiva, a favore degli altri discendenti (e del coniuge) di altri beni propri diversi dall’azienda.

Codesta possibilità mi pare trovi fondamento implicito nel terzo e quarto comma dell’articolo 768 quater.

Il terzo comma parla infatt i di assegnazione di beni agli altri partecipanti non assegnatari dell’azienda, prevedendo che anche per essi il principio della stima del valore concordata al momento della stipulazione del patt o. La norma può disciplinare il caso in cui l’assegnazione di beni venga fatt a da parte del discendente assegnatario di azienda; ma non disciplina esclusivamente tale ipo-tesi. Vi rientra infatt i anche quella, qui ipotizzata, che sia lo stesso ascendente ad assegnare tali beni non costituenti l’azienda agli altri legitt imari: infatt i solo rispett o a codesta ipotesi assume signifi cato pregnante quanto previsto nell’ul-timo comma dell’articolo. Col disporre che quanto ricevuto dei contraenti non è soggett o a collazione o riduzione si vuole proprio considerare l’ipotesi in cui vi siano state a favore di tutt i i contraenti assegnazioni di beni da parte del medesi-mo ascendente disponente: non avrebbe infatt i senso parlare di una soggezione a collazione o a riduzione rispett o ad assegnazioni di beni fatt e dal discenden-te assegnatario di azienda (della cui successione evidentemente non si tratt a). Inoltre si consideri che il secondo comma, che nella prima parte impone all’as-segnatario d’azienda di liquidare gli altri partecipanti al contratt o, mostra una nett a cesura nell’ultimo periodo, separato dal precedente testo da un punto e virgola, ove non si parla più di assegnatario di azienda bensì più genericamente di “contraenti”, quanto alla possibilità di una liquidazione in natura dei non as-segnatari di azienda.

Siamo dunque di fronte ad una variante, lasciata l’autonomia privata, dello schema base di patt o di famiglia descritt o dal secondo comma dell’articolo 768 quater.

L’ascendente, assecondando magari le diff erenti vocazioni dei fi gli o nipoti, potrà con il medesimo patt o assegnare a uno o più di essi l’azienda ed agli altri (ed al coniuge, salvo che presti rinunzia come consentito dal secondo comma) ulteriori propri beni diversi dall’azienda. Tutt i i beni oggett o del patt o di famiglia dovranno essere valutati consensualmente e tutt i insieme costituiranno quel pa-trimonio separato, sott ratt o alla futura successione, del quale calcolare le frazioni aritmetiche previste nell’art. 537 o nell’art. 542, in modo che ciascuno dei parte-

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cipanti ott enga, con la assegnazione dei beni a sé destinati, la frazione aritmetica ivi prevista.

Malgrado l’argomento dei lavori preparatori non sia mai decisivo, segnalo infi ne che la possibilità da ultimo qui rappresentata, di assegnazioni diverse dall’azienda da parte del medesimo ascendente, è stata espressamente consi-derata proprio dal relatore della proposta di legge, on. Buemi: nella seduta in commissione del 23 sett embre 2003 si precisava che con le norme proposte era disciplinata “l’ipotesi che l’imprenditore, mediante il patt o di famiglia o con successivo contratt o ad esso collegato, assegni beni agli altri fi gli non assegnatari dell’azienda; in tal caso il valore di dett i beni dovrà essere imputato alle loro quote di legitt ima”; il medesimo rilievo era poi ribadito nella seduta del 21 luglio 2005.

La tesi, qui prospett ata, della possibilità di assegnazioni in natura diverse dall’azienda da parte dell’ascendente ai partecipanti al patt o non assegnatari dell’azienda medesima consente di att ribuire un più pregnante signifi cato alla previsione, di cui al terzo comma della piccolo 768 quater, di contratt i collegati att uativi dell’originario patt o di famiglia. Sarà dunque possibile riferire la pre-visione non solo all’ipotesi in cui l’assegnatario di azienda abbia necessità di re-perire presso terzi la provvista per l’adempimento dell’obbligo di indennizzo monetario su di sé gravante nello schema base di patt o di famiglia12, ma altresì all’ipotesi in cui l’ascendente eff ett ui per contratt o successive att ribuzioni reali di beni ai discendenti (o al coniuge) non assegnatari di azienda, in collegamento con l’originario patt o di famiglia.

In tale ipotesi il collegamento negoziale non assolverebbe esclusivamente alla tradizionale funzione di comunicazione al contratt o collegato dei vizi e delle vicende relative al contratt o principale, ma altresì alla più importante funzione di consentire il cumulo del valore dei beni oggett o del contratt o col-legato e dell’azienda oggett o del patt o di famiglia, perché sui medesimi ven-gano computati i valori delle quote frazionarie di cui agli articoli 536 ss. (con le precisazioni di cui sopra). In difett o della previsione legislativa di codesto valore del collegamento negoziale, il successivo contratt o att ributivo di beni diversi dall’azienda andrebbe qualifi cato come semplice donazione, soggett a a collazione (salvo eventuale dispensa valevole nei limiti della disponibile) con valutazione del bene al momento dell’apertura della successione e sopratt utt o soggett a alla aleatorietà della possibile lesione di legitt ima, dovendosi appli-care il principio della quota mobile emergente dall’articolo 556 cod. civ.: ciò che naturalmente vanifi cherebbe l’eff ett o di stabile pianifi cazione patrimoniale ricercata dal disponente.

Due ulteriori argomenti depongono nel senso della piena ammissibilità di una

12 In realtà in tale ipotesi il contratto collegato sarebbe piuttosto un atto di adempimento di un precedente debito, anche se non è possibile escludere per esempio la stipulazione di veri e propri contratti a favore di terzo: si pensi ad un mutuo (di scopo) contratto dall'assegnatario di azienda con un terzo mutuante con erogazione diretta a favore di altri partecipanti al patto di famiglia non assegnatari di azienda.

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variante convenzionale del patt o volta a ricomprendervi assegnazioni, ai legitt i-mari non destinatari dell’azienda, di beni (o denaro) anche da parte dell’ascen-dente stesso.

In primo luogo in tal senso milita l’esigenza di consentire all’autonomia priva-ta di disporre di incentivi per ott enere quella partecipazione al patt o da parte di tutt i i legitt imari che, come sopra si è concluso, è imprescindibile secondo quanto disposto dal primo comma dell’articolo 768 quater. Ed invero, malgrado il secon-do comma della norma preveda una tacitazione dei legitt imari con l’equivalente della quota di legitt ima - così delineando una ipotesi base nella quale della quota disponibile dell’azienda profi tt erebbe esclusivamente l’assegnatario della stessa - tale indicazione deve ritenersi esclusivamente un limite minimo delle att ribu-zioni dei non assegnatari d’azienda. In altre parole, sia per esigenze di equità che l’ascendente potrebbe sentire come cogenti, sia per incentivare comunque la partecipazione di tutt i i legitt imari al patt o e dunque la sua stessa conclusione, l’ascendente dante causa potrebbe ritenere opportuno tacitare gli altri i legitt i-mari cui non è destinata l’azienda con propri beni o denaro corrispondenti al valore dell’azienda trasmessa o comunque superiori al mero valore delle quote di legitt ima calcolate sull’azienda.

Per evitare dunque il verosimile insuccesso pratico del tentativo di conclu-sione di un patt o di famiglia, è giocoforza pensare ad un intervento perequativo dello stesso disponente a favore di tutt i i legitt imari, intervento da ritenersi am-missibile perché non impedito esplicitamente da alcuna norma.

Né si dica che esclusivamente la att ribuzione dell’azienda sarebbe soggett a alle regole del patt o, mentre la tacitazione degli altri legitt imari da parte dello stesso ascendente dovrebbe qualifi carsi come un fascio di donazioni ordinarie che non possono giovarsi delle regole speciali introdott e dalla novella (tra cui, ad esempio, quella della determinazione in allora del valore del bene assegnato). Si tratt erebbe infatt i di conclusione immotivata: perché non vi è alcuna norma che ciò prevede; inoltre perché artifi ciosamente porterebbe a considerare in modo atomistico le singole att ribuzioni contenute nel patt o e dunque ad obliterare la stessa causa del medesimo; infi ne perché comunque l’enfasi posta dal terzo com-ma dell’articolo 768 quater in ordine alla possibilità di collegamenti negoziali anche con att i successivi deve a fortiori consentire di avvincere nel patt o anche tutt e le att ribuzioni che vengono fatt e contestualmente allo stesso.

Da ultimo, argomento a favore della possibilità di tacitazione dei legitt imari non destinatari dell’azienda da parte dello stesso ascendente può trarsi a contra-rio ed implicitamente dalla menzione, nell’articolo 768 septies, della possibilità di patt uire una facoltà di recesso convenzionale dal patt o. Infatt i, per ipotizzare una piana operatività di tale recesso a favore dell’ascendente, come pure deve essere ammissibile, si deve probabilmente supporre che questi sia l’autore delle att ribuzioni a favore di tutt i i legitt imari partecipanti al patt o. Infatt i un recesso con effi cacia retroatt iva e dunque recuperatoria ben si giustifi ca se tutt e le asse-gnazioni ai legitt imari, siano esse l’azienda, siano esse gli altri beni assegnati agli

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altri partecipanti, provengono dall’ascendente. In tal caso il recesso costituireb-be uno strumento che consente di porre nel nulla, per volontà dell’unico dante causa, l’intero fascio di att ribuzioni da questi disposte; sott o il profi lo funzio-nale, codesto congegno negoziale darebbe ingresso ad interessi in larga misu-ra già valutati positivamente dall’ordinamento con strumenti più tradizionali, talvolta quantitativamente meno ablativi dell’att ribuzione gratuita e comunque sicuramente applicabili, quantomeno per analogia (per i congegni previsti in parte speciale in tema di donazione), anche al trasferimento di azienda da parte dell’ascendente previsto nel patt o di famiglia: si pensi alla riserva di usufrutt o sull’azienda, alla riserva di disporre di alcuni cespiti dell’azienda (art. 790 cod. civ.), alla condizione di reversibilità (art. 791 cod. civ.).

Qualora invece si volesse ipotizzare una facoltà di recesso applicata all’ipotesi base di patt o di famiglia, quella descritt a nell’articolo in esame ove la tacitazione degli altri legitt imari avviene con denaro da parte dell’ assegnatario di azienda, ci troveremmo di fronte a gravi problemi di disciplina e contemperamento degli interessi dell’ascendente e del discendente destinatario d’azienda. Ed invero con-sentire all’ascendente di recedere dal patt o nel quale abbia esclusivamente att ri-buito l’azienda ad un discendente ma non abbia poi provveduto a tacitare anche gli altri legitt imari signifi cherebbe - anche a prescindere dai problemi dogmatici posti dalla ricostruzione del raggio di operatività di un recesso nell’ambito di un contratt o plurilaterale come quello qui in esame - esporre il discendente assegna-tario di azienda da un lato alla perdita dell’azienda medesima e, dall’altro, alla possibilità di non vedersi restituito, dagli altri legitt imari, quanto loro versato in denaro, per incapienza del patrimonio di costoro.

5. L’ESCLUSIONE DA COLLAZIONE E RIDUZIONE DEGLI APPORZIONAMENTI PREVISTI NEL PATTO.

L’ultimo comma dell’art. 769 quater, col prevedere che quanto ricevuto dei contraenti non è soggett o a collazione o riduzione, va inteso, come anticipato sopra, quale indicazione della sott razione di quanto disposto con il patt o di fa-miglia (e con i contratt i collegati) alle regole successorie comuni e dunque in particolare all’art. 556 cod. civ., consentendo appunto di parlare di patrimonio separato destinato ad una att ribuzione a stralcio con perequazione dei vari suc-cessibili in quota fi ssa, quella frazionaria emergente dagli artt . 537 e 542 cod. civ. In questo senso possono leggersi i lavori preparatori allorché sia nella relazione all’originaria proposta di legge in data 8 aprile 2003 sia nelle successive sedute in commissione (in particolare 21 luglio 2005 alla camera) si precisava che tale comma “chiude il sistema, prevedendo che quanto patt uito nel contratt o non possa es-sere rimesso in discussione dopo l’apertura della successione, inibendo l’esperimento di due diritt i tipicamente att ribuiti al legitt imario per far valere le proprie ragioni, cioè la collazione e la riduzione”.

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6. LA PERSISTENZA DELLO STATUS DI LEGITTIMARIO IN CAPO AL PARTECI-PANTE AL PATTO DI FAMIGLIA.

Il legislatore della novella sembra muovere dal presupposto che i partecipanti al patt o di famiglia siano coloro che saranno (e non solo sarebbero) legitt imari dell’imprenditore al momento della sua morte, al più integrati dai legitt imari sopravvenuti di cui all’art. 768 sexies. Si apre dunque il quesito della permanenza della att ribuzione qualora al momento dell’apertura della successione la qualità di legitt imario più non sussista.

Due mi paiono le macroipotesi che potranno essere più ricorrenti.

La prima è quella in cui il benefi ciario tacitato nel patt o che non sia più tale all’apertura della successione sia stato un fi glio del disponente: sia perché morto nel fratt empo (e dunque premorto rispett o al disponente), sia perché rinunzi alla delazione ereditaria.

In questo caso il legitt imario al momento della successione sarà un discenden-te (verosimilmente il fi glio) dell’originario partecipante al patt o, ed avrà acquisi-to lo status di legitt imario per rappresentazione (art. 536, u.c., 467 ss. cod. civ.).

Mi pare allora che, argomentando dal disposto dell’art. 564, 3° co., cod. civ., possa sostenersi la inesistenza di un diritt o del legitt imario per rappresentazione ad essere indennizzato nuovamente, se il proprio ascendente che egli rappresen-ta ha già ricevuto in allora la propria liquidazione ex art. 768 quater cod. civ.13

La seconda ipotesi è quella in cui il benefi ciario tacitato nel patt o che non sia più tale all’apertura della successione sia stato il (diverso) coniuge del disponen-te, nuovamente sposatosi, dopo la stipulazione del patt o, per premorienza del precedente coniuge o per intervenuto divorzio.

In questo caso, la considerazione che il coniuge è legitt imario necessariamen-te unico, nella famiglia considerata del codice, porterebbe a concludere nel senso che una sola indennità sostitutiva della porzione lui riservata debba essere messa in conto da parte dell’assegnatario di azienda, con la conseguenza che in caso di “avvicendamento” di coniugi, la indennità ricevuta dall’”originario” coniuge cessi di avere giustifi cazione ove questi abbia perduto il proprio status all’aper-tura della successione. Tra l’interesse dell’ex coniuge a tratt enere l’indennizzo e quello dell’assegnatario di azienda a non pagare due volte (anche al nuovo co-niuge) l’indennizzo, mi pare che quest’ultimo debba prevalere, considerato che la novella tende a consentire una sistemazione defi nitiva (e dunque anche con costi defi niti) della successione nell’azienda.

Tutt avia qui, in mancanza di chiari indici normativi, la questione mi pare re-

13 Più problematica l’ipotesi in cui l’ascendente che egli rappresenta non abbia ricevuto in al-lora la propria liquidazione ex art. 768 quater cod. civ., perché vi abbia rinunziato, perché più difficilmente argomenti potrebbero trarsi dall’art. 564, 3° co., cit. ed esigenze di equità parrebbero suggerire la persistenza di un diritto di credito in capo al rappresentante (cfr. commento all’art. 768sexies, § 4).

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sti aperta e proprio per ciò, qualora all’apertura della successione l’originario coniuge tale più non sia (perché premorto o divorziato), ma non vi sia un nuovo coniuge, ritengo che l’interprete possa sentirsi più libero (non essendovi un con-tro-interesse dell’assegnatario di azienda a non pagare due volte l’indennizzo) di concludere per la stabilità, a favore dell’originario coniuge, della liquidazione ricevuta.

7. LA PATOLOGIA DEL PATTO: L’ANNULLAMENTO PER VIZIO DEL CONSENSO.

L’art. 768 quinquies primo comma reca una disciplina in larga misura ple-onastica, col confermare che il patt o di famiglia, al pari di ogni altro contratt o, può essere impugnato dai partecipanti per vizio del consenso secondo le regole generali di cui agli artt . 1427 ss. cod. civ.

Per assegnare un valore precett ivo autonomo a tale norma si può anzitut-to rilevare che essa ha l’eff ett o di escludere implicitamente l’applicazione della disciplina speciale in tema di vizi della divisione, contratt o col quale il patt o di famiglia può essere accostato sott o il profi lo dell’intento empirico del disponen-te14, come del resto era fatt o dal legislatore del 1865, allorché, tratt ando della divisione d’ascendente, prevedeva, all’art. 1048, ult. parte, che “Se la divisione è fatt a per att o tra vivi, può altresì essere impugnata per lesione oltre il quarto a norma dell’articolo 1038”.

Così inteso il richiamo all’articolo 1427, esso vale dunque ad escludere l’appli-cabilità dell’art. 761 che prevede l’annullamento della divisione esclusivamente per violenza o dolo: a contrario, il richiamo degli artt . 1427 ss. vale allora a confer-mare la impugnabilità del patt o di famiglia per errore.

Inoltre, il primo comma dell’articolo 768 quinquies come sopra ricostruito vale ad escludere l’applicabilità dell’art. 763 cod. civ. e dunque la rescindibilità del patt o di famiglia per lesione oltre il quarto, così confermandosi la insindacabilità dal punto di vista oggett ivo, a prescindere dalla ricorrenza di vizi del consenso, dei valori att ribuiti convenzionalmente ai beni oggett o del contratt o.

Da ultimo, quanto agli eff ett i dell’eventuale annullamento, sarà assai raro che la pronuncia costitutiva non travolga l’intero patt o di famiglia, in applica-zione della regola generale, qui non derogata, dell’art. 1446 cod. civ. sul con-tratt o plurilaterale.

Ulteriore quid novi è dato dal secondo comma, che prevede un termine di prescrizione breve, di un anno, rispett o a quello quinquennale ordinario. Non è chiarito quale sia il dies a quo per tale computo. Propenderei per l’applicazione della regola generale di cui all’art. 1442 cod. civ., considerato da un lato che un ef-

14 Consapevoli tuttavia che, dal punto di vista giuridico, il patto di famiglia mira a prevenire una situazione di comunione ereditaria, che la divisione, dal punto di vista giuridico, in-tende invece sciogliere. La funzione lato sensu divisoria del patto emerge comunque dalla collocazione sistematica, al termine della disciplina della divisione, del nuovo capo V bis.

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fett o di stabilizzazione del patt o è già ott enuto con la riduzione da cinque anni ad un anno del termine di prescrizione dell’azione e, dall’altro, che il primo comma richiama gli articoli 1427 e seguenti e dunque mostra di fare riferimento all’intera disciplina ordinaria dei vizi del consenso ove non espressamente derogato. Si tratt a di interpretazione che trova un elemento di conforto nei lavori preparatori: nel testo discusso in commissione Camera il 21 giugno 2005 l’articolo 768 sexies faceva riferimento all’impugnabilità del patt o secondo gli articoli 624 e seguenti cod. civ. - che tratt ano della impugnazione delle disposizioni testamentarie - pre-cisando che “l’azione si prescrive nel termine di un anno dalla conoscenza del mo-tivo di impugnabilità”. Malgrado poi il testo defi nitivo abbia fatt o riferimento agli articoli 1427 e seguenti, con maggiore coerenza rispett o alla strutt ura contratt ua-le del patt o di famiglia piutt osto che alla sua relazione con gli istituti successori, resta la indicazione della decorrenza del termine per l’ impugnazione dalla cono-scenza del vizio del consenso.

Vi è poi il problema posto dall’art. 2941 n. 1 cod. civ., che prevede in via ge-nerale la sospensione della prescrizione tra i coniugi. Ritengo tutt avia che tale norma dett i la regola generale per le ipotesi in cui, in rapporti anche contratt uali ordinari, i coniugi si trovino, per avventura, ad essere controparti.Qualora invece ci si trovi di fronte a contratt i con necessaria partecipazione del coniuge, al quale è data azione (speciale) di annullamento del contratt o medesimo, deve valere il principio emergente dall’art. 184, 2° co., cod. civ., che non prevede alcuna sospen-sione del termine di prescrizione15, proprio in considerazione del ricorrere, come pure nel caso del patt o di famiglia avviene, di un contratt o ove è imprescindibile e non occasionale la partecipazione del coniuge.

L’articolo in commento nulla dice poi delle ordinarie azioni di risoluzione del patt o di famiglia, che diffi cilmente potrebbero dirsi assorbite da quella – pur speciale nel termine - di annullamento.

8. L’INEDITA ANNULLABILITÀ DEL PATTO PER INADEMPIMENTO DI CUI ALL’ART. 768 SEXIES.

Il secondo comma dell’art. 768 sexies reca una infelice formulazione, dispo-nendo che “l’inosservanza delle disposizioni del primo comma costituisce mo-tivo di impugnazione ai sensi dell’articolo 768 quinquies”. Esso prevede un’ine-

15 In questo senso, Cass., 22 luglio 1987, n. 6369, in Rep. Foro It., 1988, voce Famiglia (regi-me patrimoniale), n. 55: “Proposta, da uno dei coniugi - in via riconvenzionale - domanda di annullamento di un negozio traslativo relativo a bene immobile (in regime di comunione legale) posto in essere dall’altro (conferimento, in società, d’un appartamento), l’eccezione, formulata con il ricorso per cassazione, di sospensione del termine annuale previsto per l’esperibilità di tale azione, sotto il profilo che la prescrizione rimane sospesa, tra coniugi, è, oltreché inammissibile - perché fatta valere, per la prima volta, in sede di legittimità - infon-data, atteso che rispetto al principio generale contenuto nell’art. 2941 n. 1 c.c., la norma di cui all’art. 184, 2º comma, stesso codice, si pone come speciale e derogativa.”

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dita ipotesi di annullamento del contratt o per inadempimento: infatt i la lett era della norma consente l’applicazione della disciplina dell’annullamento alla inos-servanza di disposizioni, quelle del primo comma, che recano per implicito un obbligo di pagamento in denaro della quota di legitt ima a favore di coloro che non hanno partecipato al patt o.

La norma introduce evidenti disarmonie nel sistema dei rimedi negoziali: estende ad un terzo la legitt imazione all’annullamento del contratt o; consente il rimedio dell’annullamento per la inosservanza di un obbligo e non già per un vizio del consenso; nulla dice poi dell’azione di adempimento dell’obbligo di pagamento in denaro della quota di legitt ima, previsto nel primo comma dell’art. 768 sexies, che si deve ritenere persistente.

Volendo assegnare un valore precett ivo alla ipotesi di annullamento “per ina-dempimento”, emergente dal combinato disposto degli artt . 768 quinquies e se-xies, si può in primo luogo pensare che con codesta disciplina il legislatore abbia voluto consentire una legitt imazione all’impugnazione estesa a tutt i partecipanti al patt o e non esclusivamente - come sarebbe stato in applicazione delle norme sulla risoluzione per inadempimento - a coloro che siano rimasti insoddisfatt i nelle proprie pretese di liquidazione pecuniaria della quota di legitt ima; in se-condo luogo, si può pensare che la scelta del legislatore sia stata quella di dare rilievo all’inadempimento ex se, come fatt o oggett ivo, a prescindere dallo stato soggett ivo dell’inadempiente (che, secondo la comune interpretazione degli artt . 1453 ss. cod. civ. è necessaria per la risoluzione del contratt o) ed a prescindere dalla gravità del medesimo (considerata invece dall’art. 1455 cod. civ.).

Aggiungo da ultimo che se si dovesse prestar fede ad una consapevole vo-lontà del legislatore, nell’apprestare codesta disciplina, di potenziare la tutela dei legitt imari non assegnatari di azienda, sarebbe probabilmente possibile fare applicazione della stessa disciplina anche nelle ipotesi di inadempimento alla liquidazione dei legitt imari non assegnatari di azienda che abbiano partecipato sin dall’origine al patt o.

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LEGISLAZIONE

LEGGE 14 FEBBRAIO 2006, N. 55.

MODIFICHE AL CODICE CIVILE IN MATERIA DI PATTO DI FAMIGLIA(PUBBL. SULLA GAZZETTA UFFICIALE DEL 1.3.2006, N.50 - SERIE GENERALE)

Art. 1.1. Al primo periodo dell’articolo 458 del codice civile sono premesse le seguenti parole: «Fatt o salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti,».

Art. 2.1. Al libro II, titolo IV, del codice civile, dopo l’articolo 768 è aggiunto il seguente capo:

«Capo V-bis. Del patt o di famiglia

Articolo 768-bis (Nozione). - È patt o di famiglia il contratt o con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispett o delle diff erenti tipo-logie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutt o o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutt o o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.

Articolo 768-ter (Forma). - A pena di nullità il contratt o deve essere concluso per att o pubblico.

Articolo 768-quater (Partecipazione). - Al contratt o devono partecipare anche il coniuge e tutt i coloro che sarebbero legitt imari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore.Gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie devono liquidare gli altri partecipanti al contratt o, ove questi non vi rinunzino in tutt o o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti; i contraenti possono convenire che la liquidazione, in tutt o o in parte, avvenga in natura.I beni assegnati con lo stesso contratt o agli altri partecipanti non assegnatari dell’azienda, secondo il valore att ribuito in contratt o, sono imputati alle quote di legitt ima loro spet-tanti; l’assegnazione può essere disposta anche con successivo contratt o che sia espres-samente dichiarato collegato al primo e purché vi intervengano i medesimi soggett i che hanno partecipato al primo contratt o o coloro che li abbiano sostituiti. Quanto ricevuto dai contraenti non è soggett o a collazione o a riduzione.

Articolo 768-quinquies (Vizi del consenso). - Il patt o può essere impugnato dai parteci-

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panti ai sensi degli articoli 1427 e seguenti. L’azione si prescrive nel termine di un anno.

Articolo 768-sexies (Rapporti con i terzi). - All’apertura della successione dell’impren-ditore, il coniuge e gli altri legitt imari che non abbiano partecipato al contratt o possono chiedere ai benefi ciari del contratt o stesso il pagamento della somma prevista dal secon-do comma dell’articolo 768-quater, aumentata degli interessi legali. L’inosservanza delle disposizioni del primo comma costituisce motivo di impugnazione ai sensi dell’articolo 768-quinquies.

Articolo 768-septies (Scioglimento). - Il contratt o può essere sciolto o modifi cato dalle medesime persone che hanno concluso il patt o di famiglia nei modi seguenti:1) mediante diverso contratt o, con le medesime caratt eristiche e i medesimi presupposti di cui al presente capo;2) mediante recesso, se espressamente previsto nel contratt o stesso e, necessariamente, att raverso dichiarazione agli altri contraenti certifi cata da un notaio.

Articolo 768-octies (Controversie). - Le controversie derivanti dalle disposizioni di cui al presente capo sono devolute preliminarmente a uno degli organismi di conciliazione previsti dall’articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5».

Sotto il profilo fiscale, si deve tenere presente che ai sensi dell’art. 78 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e ss. del codice civile a favore dei discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni, non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al Decreto Legislativo 31 ottobre 1990 n. 346 e successive modificazioni.

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LEGGE 27 DICEMBRE 2006, N. 296

LEGGE FINANZIARIA 2007

- omissis –Art. 78

Al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ott obre 1990, n. 346, e successive modifi cazioni, sono appor-tate le seguenti modifi cazioni:a) all’articolo 3, è aggiunto, in fi ne, il seguente comma:“4-ter. I trasferimenti, eff ett uati anche tramite i patt i di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggett i all’imposta. In caso di quote sociali e azioni di sog-gett i di cui all’articolo 73, comma 1, lett era a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il benefi cio spett a limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il con-trollo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile. Il benefi cio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’att ività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferi-mento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’att o di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispett o della con-dizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal benefi cio, il pagamento dell’imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall’ articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata”;b) all’articolo 8, dopo il comma 1, è inserito il seguente:“l-bis. Resta comunque ferma l’esclusione dell’avviamento nella determinazione della base imponibile delle aziende, delle azioni, delle quote sociali”;c) all’articolo 31, comma 1, le parole: “sei mesi” sono sostituite dalle seguenti: “dodici mesi”.

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2. GLI ATTI DI DESTINAZIONE

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GLI ATTI DI DESTINAZIONE EX ART. 2645 TER C.C. E ATTUALI ORIENTAMENTI_MILENA PINI, _AVVOCATO, FORO DI MILANO

L’art. 39-novies della l. 23 febbraio 2006, n. 51, di conversione con modifi che del d.l. 30 dicembre 2005, n. 273, ha introdott o nel codice civile l’art. 2645 ter1.

«Art. 2645-ter (Trascrizione di att i di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fi siche).

Gli att i in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritt i in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fi sica benefi ciaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fi siche ai sensi dell’articolo 1322, se-condo comma, possono essere trascritt i al fi ne di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutt i possono essere impiegati solo per la realizzazio-ne del fi ne di destinazione e possono costituire oggett o di esecuzione, salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratt i per tale scopo.”

1 Sull'art. 2645-ter c.c., v. Bartoli, Prime riflessioni sull'art. 2645 ter c.c. e sul rapporto fra negozio di destinazione di diritto interno e trust, in Corr. merito, 206, 697 ss.; Fanticini, L'articolo 2645-ter del codice civile: "Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazio-ne di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche", in Aa. Vv., La tutela dei patrimoni, a cura di Montefameglio, Santarcangelo di Romagna, 2006, 327 ss.; Franco, Il nuovo art. 2645-ter cod. civ., in Notariato, 2006, 315 ss.; Lupoi, Gli "atti di destinazione" nel nuovo art. 2645-ter c.c. quale frammento di trust, in Trusts e attività fiduciarie, 2006, 169 ss.; Oberto, Atti di destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust: analogie e differenze, in Contratto e impresa/Europa, 2007; Oberto, Famiglia di fatto e convivenze: tutela dei soggetti interessati e rego-lamentazione dei rapporti patrimoniali in vista della successione, Famiglia e diritto, 2006, 661 ss. (in particolare par.7 ss., sui rapporti tra vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e famiglia di fatto).

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La nuova norma consente di destinare alla realizzazione di interessi merite-voli di tutela a favore di un benefi ciario, privato o pubblico, per un periodo di tempo limitato a novanta anni e comunque non eccedente la vita del destinata-rio, mediante un att o avente forma pubblica che sia regolarmente trascritt o ai fi ni dell’opponibilità ai terzi, un proprio bene immobile o mobile registrato, con la conseguenza che i beni conferiti ed i loro frutt i possono essere esecutati, salvo quanto previsto dall’art. 2915, primo comma c.c., per i soli debiti contratt i per tale scopo.

L’eff ett o è quello di produrre un ampliamento dell’ambito dei c.d. patrimoni separati o segregati, in quanto il conferente, mediante un att o unilaterale di vo-lontà, può sott rarre un proprio bene immobile o mobile registrato al regime della garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c..

Infatt i dal combinato disposto degli artt . 2645 ter e 2915 primo comma c.c. (“Att i che limitano la disponibilità dei beni pignorati”, ai sensi del quale “Non hanno eff ett o in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione, gli att i che importano vincoli di indisponibilità, se non sono stati tra-scritt i prima del pignoramento, quando hanno per oggett o beni immobili o di beni mobili iscritt i in pubblici registri, e, negli altri casi, se non hanno data certa anteriore al pigno-ramento.”) si evince che il vincolo di destinazione potrà essere opposto ai terzi, creditori personali o aventi causa del conferente, quando, rispett ivamente, il pi-gnoramento dovesse essere successivo alla trascrizione dell’att o di destinazione o l’acquisto dovesse essere trascritt o successivamente alla trascrizione dell’att o di destinazione stesso.

La norma ha suscitato in dott rina numerosi interrogativi.

Sui concett i di “destinazione per un determinato periodo” e di “vincolo”, con-tenuti nella norma, non si può che condividere la posizione di chi sostiene che sono ben distinti da quello di “trasferimento di un diritt o”, e pertanto “un bene può essere vincolato ad uno scopo senza essere trasferito ad un soggett o diverso dal suo titolare, come avviene, ad esempio, nel fondo patrimoniale su beni dei coniugi o nel trust autodichiarato, nel quale è lo stesso costituente a porsi quale trustee. Vincolo di desti-nazione signifi ca che il bene può essere amministrato solo in vista della realizzazione di quello scopo e che tale bene è aggredibile dai soli creditori i cui diritt i si fondano su att i di gestione compiuti in vista della realizzazione dello scopo medesimo. Ma tutt o ciò, con il trasferimento del bene dal costituente ad un terzo, e con l’eventuale successivo ritrasferi-mento ad un benefi ciario fi nale, nulla ha a che vedere.” 2.

La Circolare n. 5 del 7 agosto 2006 della Direzione dell’Agenzia del Territorio, precisa in merito a tale questione che “con gli att i di cui tratt asi è possibile costituire un vincolo di destinazione su di una massa patrimoniale che, pur restando nella titola-

2 Oberto, Vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e rapporti patrimoniali tra coniugi, in Famiglia e diritto, 2/2007, 202.

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rità giuridica del “conferente”, assume, per la durata stabilita, la connotazione di massa patrimoniale “distinta” (separata) rispett o alla restante parte del suo patrimonio, proprio in virtù del vincolo di destinazione impresso e reso opponibile nei confronti dei terzi con l’esecuzione della formalità di trascrizione. … Dett i att i di destinazione producono sol-tanto eff ett i di tipo “vincolativo” … infatt i, i beni oggett o degli att i di destinazione, pur venendo “segregati” rispett o alla restante parte del patrimonio del “conferente” - al fi ne di garantire la realizzazione degli interessi meritevoli di tutela cui è preordinato il vincolo - restano comunque nella titolarità giuridica del “conferente” medesimo”.

Quanto alla meritevolezza dell’interesse, l’art. 2645-ter c.c. si limita a a richia-mare l’art. 1322, secondo comma, c.c. (che in tema di autonomia contratt uale ri-conosce alle parti la possibilità di “concludere contratt i che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano dirett i a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.”), la cui interpretazione prevalente è nel senso che la meritevolezza di tutela viene meno solo laddove siano valicati i li-miti della liceità, dell’ordine pubblico e del buon costume3.

Una previsione legislativa così ampia induce la preoccupazione di un even-tuale uso strumentale o fraudolento della norma, non potendosi escludere la pos-sibilità che un soggett o si serva del vincolo di destinazione come strumento di protezione patrimoniale personale, costituendo all’interno della massa dei beni di sua proprietà uno o più patrimoni separati, per mett erli al riparo da eventuali azioni esecutive dei creditori, e ciò nonostante gli strumenti di tutela riconosciuti a costoro, quali l’azione di simulazione e l’azione revocatoria4.

Peraltro, se da un lato sarebbe auspicabile un controllo sull’eff ett iva “merite-volezza” dell’interesse che si intende realizzare sott oponendo i beni al vincolo di destinazione, dall’altro una tale soluzione potrebbe comportare il pericolo di valutazioni personali del giudicante, condizionate da sue personali convinzioni sociali, religiose o politiche.

Sulla possibilità di applicazione dell’art. 2645-ter c.c. nell’ambito dei rapporti tra coniugi o partners, o tra genitori e fi gli, la giurisprudenza5 ha già iniziato a

3 Cass. civ. Sez. III 06.02.2004 n. 2288, in Guida al Diritto, 2004, 19, 54 “Possono dirsi diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico, ex articolo 1322, comma 2, del codice civile, tutti i contratti atipici non contrari alla legge, all'ordine pubblico e al buon costume”; da ultimo, Trib. Trieste 23/9/2005, in Guida al Diritto, 2005, n. 41, 57

4 Cass. civ. Sez. I 07.03.2005 n. 4933, in Mass. Giur. It., 2005, “Il negozio costitutivo del fondo patrimoniale, anche quando proviene da entrambi i coniugi, è atto a titolo gratuito, che può essere dichiarato inefficace nei confronti dei creditori a mezzo di azione revoca-toria ordinaria, in quanto rende i beni conferiti aggredibili solo a determinate condizioni (art. 170 c.c.), così riducendo la garanzia generale spettante ai creditori sul patrimonio dei costituenti.”

5 Trib. Reggio Emilia 23.3.2007 (decr.) in il Corriere del Merito, 2007, 6, 699, secondo cui “E' valido, in quanto avente causa lecita, l'accordo tra coniugi, raggiunto in sede di ver-bale di separazione consensuale, con il quale l'uno trasferisce all'altro, in adempimento

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manifestare aperture in tal senso, riconoscendo la liceità di un accordo inter-venuto tra i coniugi per il mantenimento dei fi gli sino al raggiungimento della loro autosuffi cienza economica, che prevedeva il trasferimento della quota di proprietà di alcuni immobili da parte del padre a favore della madre collocataria, con l’obbligo a carico di questa ai sensi e per gli eff ett i di cui all’art. 2645-ter c.c. ad impiegare i frutt i degli immobili per il mantenimento della prole stessa6.

È indubbio che in tale ipotesi il vincolo di destinazione off ra ai minori una signifi cativa tutela, sia con riguardo ai frutt i dei beni da destinare al loro mante-nimento, che all’inalienabilità del bene e all’opponibilità ai terzi.

Inoltre, poiché per la realizzazione degli interessi ai quali è preposto il vincolo può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato (e, quindi, anche il Pubblico Ministero o un tutore o un curatore speciale), l’intestatario dei beni non potrà essere completamente libero di godere e disporre dei cespiti dovendo salvaguar-dare l’esigenza di mantenimento della prole.

Vi è anche chi sostiene che l’art. 2645-ter c.c. possa “costituire una sorta di succedaneo del fondo patrimoniale”, “a benefi cio della famiglia, cioè a dire di quella determinata famiglia costituita dai coniugi e dai fi gli nati e/o nascituri”, essendo pos-sibile per la meritevolezza dell’interesse e per ragioni solidaristiche “collocare la famiglia nel suo complesso tra uno di quegli “altri enti” cui fa richiamo la norma citata, magari valorizzando quell’indirizzo che ormai unanimemente considera tanto la famiglia legitt ima come quella di fatt o quali “formazioni sociali” riconosciute dall’art. 2 Cost.”7.

dell'obbligo di mantenimento dei figli minori, talune porzioni immobiliari, con l'impegno di quest'ultimo di non alienarli prima della maggiore età dei beneficiari e di destinarne i frutti in loro favore, e detto accordo, ove trascritto ai sensi dell'art. 2645 ter c.c., è opponibile erga omnes”.

6 Il decreto 23.3.07 del Trib. di Reggio Emilia richiama in motivazione Cass., 17/6/2004, n. 11342, in Giust. civ., 2005, I, pag. 415, laddove si afferma che ““l’accordo di separazione che contenga l’impegno di uno dei coniugi, al fine di concorrere al mantenimento del figlio minore, di trasferire, in suo favore, la piena proprietà di un bene immobile, trattandosi di pattuizione che dà vita ad un contratto atipico, distinto dalle convenzioni matrimoniali e dalle donazioni, [è] volto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ai sensi dell’art. 1322 cod. civ.”.

7 Oberto, Vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e rapporti patrimoniali tra coniugi, cit., secondo il quale “è noto che la tesi ormai prevalente afferma il carattere atipico delle con-venzioni e dei relativi regimi patrimoniali: se dunque all'autonomia negoziale è concesso di liberamente dar vita a convenzioni matrimoniali disegnanti regimi diversi da quelli previsti dagli artt. 159 ss. c.c., a maggior ragione sarà consentito ai coniugi di avvalersi di strumenti negoziali tipici (ancorché non previsti da norme tipicamente giusfamiliari) per conseguire il risultato di ottenere un regime divergente da quelli legislativamente nominati come tali.”. Né, secondo l’Autore, significative obiezioni possono insorgere “avuto riguardo al carattere essenzialmente unilaterale dell'atto costitutivo del vincolo”; a maggior ragione “potrà rico-noscersi nella creazione del vincolo ex art. 2645-ter c.c., alle condizioni predette, la natura di convenzione matrimoniale, allorquando il negozio costitutivo nell'interesse della famiglia assuma una struttura bilaterale o plurilaterale (si pensi alla costituzione di un vincolo su beni di entrambi i coniugi e/o di terzi, sulla base di un accordo tra tutti i soggetti coinvolti) e pertanto possa qualificarsi come "convenzione", cioè accordo di due o più soggetti.”

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Altra questione, molto discussa in dott rina, riguarda l’identità o meno tra il vincolo di destinazione e il trust.

Dopo un primo orientamento, che aveva interpretato l’art. 2645-ter c.c. come una sorta di trust interno8, sembra ora prevalere la posizione di chi diff erenzia i due istituti.

In eff ett i, mentre l’att o istitutivo del vincolo di destinazione è un att o unilate-rale, il trust, nello schema tradizionale, è incentrato sulla partecipazione di due soggett i: il disponente (sett lor) ed il trustee. Tutt avia, è altrett anto vero che esiste la possibilità per il sett lor di dichiararsi trustee dei beni che vengano fatt i con-fl uire nel trust (cosiddett o trust autodichiarato) così come non si può escludere che all’origine del vincolo di destinazione contemplato dall’articolo 2645-ter del Codice civile vi sia un att o bi- o pluri-laterale9.

Si deve anche tenere presente che mentre i soli beni immobili o mobili regi-strati possono essere oggett o del vincolo di destinazione di cui all’articolo 2645-ter c.c., possono essere inseriti nel trust anche beni diversi, quali partecipazioni societarie, titoli di credito, etc..

Inoltre, l’att o istitutivo di un vincolo di destinazione prevede la forma pubbli-ca, mentre nel caso del trust le regole sulla forma sono varie, e possono dipende-re dalla natura dei beni che formano oggett o dell’att o istitutivo del trust.

Nel testo dell’art. 2645-ter c.c. manca infi ne ogni riferimento all’obbligazione fi duciaria, elemento essenziale del trust.

Quanto al regime fi scale, va ricordato che con decreto legge n. 262 del 2006, successivamente modifi cato dalla legge di conversione 24 novembre 2006, n. 286, è stata ripristinata l’imposta sulle successioni e donazioni, come discipli-nata dal Testo Unico 31 ott obre 1990, n. 346, nel testo vigente al 25 ott obre 2001. Contestualmente, ha disposto l’applicazione di tale imposta “…alla costituzio-ne dei vincoli di destinazione…” (decreto legge n. 262 del 3 ott obre 2006, con-vertito con modifi cazioni dalla legge n. 286 del 24/11/2007, articolo 2, commi dal 47 al 49).

La fi nanziaria 2007 ha poi integrato la disciplina di tale imposta, introdu-cendo, tra l’altro, determinate franchigie in favore dei parenti in linea collate-rale e dei portatori di handicap, nonché esenzioni per il trasferimento a favore dei discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali o di azioni (articolo 1, commi da 77 a 79).

Att ualmente, pertanto, la costituzione dei vincoli di destinazione è soggett a

8 L. F. Risso, D. Muritano, Il Trust. Diritto interno e Convenzione de L'Aja. Ruolo Responsabi-lità del notaio, Studio approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato il 10 febbraio 2006, sostengono l’orientamento, secondo il quale “a seguito del nuovo articolo 2645 ter il nostro Stato non può più essere annoverato tra quelli che non prevedono l'istituto del trust e con-seguentemente l'articolo 13 della Convenzione de L'Aja non potrebbe più essere invocato per negare il riconoscimento ad un trust interno.”

9 Ad esempio nell’ipotesi di costituzione del vincolo di destinazione su beni trasferiti nell’am-bito di un giudizio di separazione o divorzio; in giurisprudenza v. Trib. Reggio Emilia 23.3.2007 (decr.), cit.

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all’imposta sulle successioni e donazioni secondo le disposizioni stabilite all’art. 2, commi da 47 a 49, del decreto legge n. 262 del 2006.

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LEGISLAZIONE

LEGGE 23 FEBBRAIO 2006, N. 51.

CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 30 DICEMBRE 2005, N. 273, RECANTE DEFINIZIONE E PROROGA DI TERMINI, NONCHÉ CONSEGUENTI DISPOSIZIONI URGENTI. PROROGA DI TERMINI RELATIVI ALL’ESERCIZIO DI DELEGHE LEGISLATIVE(PUBBL. SULLA GAZZETTA UFFICIALE DEL 28.2.2006, N.49 - SERIE GENERALE)

Art. 39-novies.

Termine di effi cacia e trascrivibilità degli att i di destinazione per fi ni meritevoli di tutela.

1. Dopo l’articolo 2645-bis del codice civile è inserito il seguente:

«Art. 2645-ter (Trascrizione di att i di destinazione per la realizzazione di interessi me-ritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fi siche).Gli att i in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritt i in pubblici registri sono de-stinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fi sica benefi ciaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fi siche ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritt i al fi ne di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutt i possono essere impiegati solo per la rea-lizzazione del fi ne di destinazione e possono costituire oggett o di esecuzione, salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratt i per tale scopo.»

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AGENZIA DEL TERRITORIO. CIRCOLARE 7 AGOSTO 2006, N. 5.

ART. 2645-TER DEL CODICE CIVILE - TRASCRIVIBILITÀ DEGLI ATTI DI DESTINAZIONE PER FINI MERITEVOLI DI TUTELA - MODALITÀ DI ATTUAZIONE DELLA PUBBLICITÀ IMMOBILIARE

PREMESSA

L’art. 39-novies (Termine di effi cacia e trascrivibilità degli att i di destinazione per fi ni meritevoli di tutela) del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, aggiunto dalla legge di conver-sione 23 febbraio 2006, n. 51, ha inserito, dopo l’art. 2645-bis del codice civile, l’art. 2645-ter, avente ad oggett o la trascrizione di att i di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche ammini-strazioni, o ad altri enti o persone fi siche.La portata innovativa della citata disposizione - entrata in vigore il 1° marzo 2006 - ha subito innescato un vivace ed articolato dibatt ito a livello dott rinario, che ha già fatt o emergere posizioni non del tutt o allineate in ordine alla corrett a individuazione della na-tura giuridica della peculiare fatt ispecie negoziale correlata all’art. 2645-ter c.c., nonché dei suoi possibili profi li applicativi.Poiché, peraltro, alcuni Uffi ci provinciali hanno già segnalato l’avvenuta presentazione di alcune richieste di trascrizione di att i ai sensi dell’art. 2645-ter c.c., con la presente Cir-colare si ritiene opportuno fornire le prime indicazioni, anche di caratt ere operativo, in ordine alle relative modalità di att uazione della pubblicità immobiliare, al fi ne di garan-tire uniformità e omogeneità di comportamenti in tutt o il territorio nazionale.

CARATTERI GENERALI DEGLI ATTI DI DESTINAZIONE DI CUI ALL’ART. 2645-TER C.C.

L’art. 2645-ter c.c. dispone che “Gli att i in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritt i in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fi sica benefi ciaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fi siche ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritt i al fi ne di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutt i pos-sono essere impiegati solo per la realizzazione del fi ne di destinazione e possono costituire oggett o di esecuzione, salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratt i per tale scopo”.La disposizione in parola, in sostanza, prevede espressamente la possibilità di trascrivere gli att i in forma pubblica con cui un soggett o (di seguito qualifi cato come “conferente”) costituisce, su beni immobili o mobili iscritt i in pubblici registri, un vincolo di destina-zione fi nalizzato, per un periodo di tempo determinato (non superiore a novanta anni) o per la durata della persona fi sica benefi ciaria, a realizzare interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322, secondo comma, c.c., riferibili ai soggett i individuati, peraltro con ampia formulazione, dalla stessa disposizione (cc.dd. “benefi ciari”).

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In estrema sintesi, con gli att i di cui tratt asi è possibile costituire un vincolo di destinazio-ne su di una massa patrimoniale che, pur restando nella titolarità giuridica del “confe-rente”, assume, per la durata stabilita, la connotazione di massa patrimoniale “distinta” (separata) rispett o alla restante parte del suo patrimonio, proprio in virtù del vincolo di destinazione impresso e reso opponibile nei confronti dei terzi con l’esecuzione della formalità di trascrizione.La fatt ispecie negoziale correlata alla disposizione in parola, se pure assimilabile, quanto agli eff ett i prodott i (di tipo vincolativo), ad istituti giuridici già presenti nel nostro ordi-namento – ad esempio, nell’ambito del diritt o di famiglia, il fondo patrimoniale (art. 167 e seguenti c.c.), oppure, nell’ambito del diritt o societario, i patrimoni destinati a specifi ci aff ari (art. 2447-bis c.c.) – sembra caratt erizzata da una connotazione del tutt o atipica e peculiare; infatt i, la norma che prevede la trascrivibilità della fatt ispecie negoziale stessa (art. 2645-ter c.c.) – unica disposizione di riferimento per la fatt ispecie - in realtà non pre-vede né una tipizzazione delle possibili fi nalità cui è preordinato il vincolo di destinazio-ne costituito con gli att i in parola, né specifi che regole preordinate all’amministrazione o alla gestione dei beni oggett o di vincolo.In eff ett i, la disposizione in esame contiene un generico riferimento alla compatibilità degli interessi sott esi alla costituzione dei vincoli in parola con l’art. 1322 c.c., che, come è noto, ammett e la stipulazione di contratt i atipici, purché “…dirett i a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”.Il generico riferimento al parametro costituito dagli “…interessi meritevoli di tutela…ai sensi dell’art. 1322, secondo comma…” - ad avviso di autorevole dott rina - potrebbe, quindi, rappresentare il vero punctum dolens della nuova disposizione, sopratt utt o in relazione alla ineludibile esigenza di conciliare il parametro della meritevolezza degli interessi cui è preordinata la costituzione del vincolo di destinazione con l’interesse dei creditori del “conferente” all’integrità della garanzia patrimoniale (secondo il principio generale contenuto nell’art. 2740 del codice civile).La seconda parte della disposizione in esame prevede che i beni conferiti - cioè sott oposti al vincolo di destinazione costituito con gli att i in parola - e i loro frutt i possono essere impiegati solo per la realizzazione del fi ne di destinazione e possono costituire oggett o di esecuzione soltanto per debiti contratt i per tale scopo, purché, in conformità al disposto di cui all’art. 2915, comma primo, codice civile, l’att o di disposizione sia stato trascritt o anteriormente al pignoramento.

LE MODALITÀ DI ATTUAZIONE DELLA PUBBLICITÀ IMMOBILIARE

A) PROFILI GENERALI

Delineati i connotati essenziali degli att i di destinazione di cui all’art. 2645-ter c.c., oc-corre ora fornire alcune indicazioni fi nalizzate a garantire la corrett a att uazione della pubblicità immobiliare degli att i medesimi.La possibilità di trascrivere gli att i di destinazione in parola è espressamente prevista dall’art. 2645-ter c.c. e limitata agli att i di destinazione redatt i in forma pubblica (“Gli att i in forma pubblica…possono essere trascritt i al fi ne di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione…”).La richiamata disposizione, in sostanza, ha introdott o, per gli att i di cui tratt asi, un re-gime di facoltatività della trascrizione, ancorato al requisito minimo di forma norma-tivamente stabilito (nella specie l’ “att o in forma pubblica”). In relazione a tale ultimo aspett o, quindi, dett a previsione normativa porterebbe ad escludere, in deroga a quanto

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previsto dall’art. 2657 c.c., la trascrivibilità di att i di destinazione redatt i con la forma della scritt ura privata autenticata o accertata giudizialmente.Quanto ai profi li di merito, sembra opportuno ribadire preliminarmente la circostanza che dett i att i di destinazione producono soltanto eff ett i di tipo “vincolativo”. Come già in parte accennato, infatt i, i beni oggett o degli att i di destinazione, pur venendo “segre-gati” rispett o alla restante parte del patrimonio del “conferente” - al fi ne di garantire la realizzazione degli interessi meritevoli di tutela cui è preordinato il vincolo – restano comunque nella titolarità giuridica del “conferente” medesimo.Nell’ambito del particolare meccanismo negoziale delineato dall’art. 2645-ter c.c., quindi, i “benefi ciari”, ricoprendo il ruolo di soggett i di riferimento degli interessi (meritevoli) che il vincolo di destinazione è preordinato a realizzare, non sono destinatari di eff ett i traslativi o costitutivi di diritt i reali.

B) PROFILI APPLICATIVI

Dal punto di vista prett amente operativo, almeno nella fase di prima applicazione dell’art. 2645-ter c.c., si ritiene che la peculiare situazione giuridica generata dagli att i di destinazione in parola possa essere adeguatamente rappresentata, sul piano della pub-blicità immobiliare, con l’esecuzione di una formalità di trascrizione redatt a sulla base dei seguenti criteri:• Quadro A: in att esa di un eventuale adeguamento delle codifi che att ualmente dispo-nibili, nel campo “Dati relativi alla convenzione”, va indicato il codice generico “100”, utilizzando la seguente descrizione: “Att o di destinazione per fi ni meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 2645-ter c.c.”;• Quadro C - Soggett i: va utilizzata la sola parte “contro”, con l’indicazione degli estremi anagrafi ci o dei dati identifi cativi del “conferente”, nonché della quota del diritt o reale oggett o dell’att o di destinazione;• Quadro D: in questo quadro, oltre agli aspett i contenutistici essenziali dell’att o di de-stinazione (a mero titolo esemplifi cativo: durata del vincolo, eventuali regole inerenti all’amministrazione e gestione dei beni oggett o di vincolo, cause e modalità di sciogli-mento del vincolo medesimo), vanno indicati, analiticamente, i benefi ciari degli att i me-desimi con i relativi estremi anagrafi ci, o con tutt i i dati identifi cativi (se tratt asi di sog-gett i impersonali o di enti specifi camente determinati), ovvero con i criteri di individua-zione (se tratt asi di soggett i solo determinabili, riguardando una categoria di persone).Va, peraltro, chiarito, che l’art. 2645-ter c.c., pur prevedendo espressamente la trascrivi-bilità nei pubblici registri immobiliari del vincolo in parola, non fornisce alcuna indica-zione in ordine alle modalità da seguire per garantire un’adeguata pubblicità anche alle vicende modifi cative-estintive del vincolo medesimo.A tale riguardo, peraltro, va evidenziato che il decorso del periodo vincolativo – con riferimento ad entrambe le ipotesi normativamente disciplinate (decorso del periodo di tempo determinato dal “conferente”, non superiore a novanta anni, o durata della vita della persona fi sica benefi ciaria) - comporta ex se la cessazione degli eff ett i giuridici del vincolo.Ciononostante, al fi ne di realizzare una esaustiva informazione della vicenda estintiva dei vincoli in esame sui registri immobiliari, appare opportuno ipotizzare l’eseguibilità di una formalità di annotazione a margine della trascrizione dell’att o di destinazione costitutivo del vincolo medesimo, da qualifi care come annotazione di “ineffi cacia”.La predett a annotazione, che determina l’ineffi cacia della formalità principale (nel caso di specie trascrizione dell’att o di destinazione), sembra infatt i preferibile rispett o alla formalità di annotazione di cancellazione che comporterebbe, invece, l’estinzione giuri-dica della formalità principale. Da ciò consegue che nei certifi cati ipotecari dovrà essere

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ricompresa non soltanto la formalità di annotazione di ineffi cacia, ma anche la formalità principale (trascrizione dell’att o di destinazione); e tale circostanza, considerata la pecu-liarità dei vincoli in questione, assume senza dubbio positivo rilievo, consentendo, sul piano pratico, la possibilità di garantire la conoscibilità permanente delle fasi evolutive del periodo vincolativo.In considerazione della delicatezza della materia, nonché della sua portata innovativa e rilevanza generale si è ritenuto opportuno acquisire sull’argomento l’autorevole parere del Ministero della Giustizia che, con nota DAG Prot. n. 79177 del 24/7/2006, nel concor-dare con le indicazioni fornite con la presente Circolare - sia sott o il profi lo generale che più strett amente operativo - ha ravvisato la necessità di apportare alcune integrazioni e modifi che, peraltro totalmente recepite dal presente testo.Le Direzioni Regionali sono invitate a vigilare sul puntuale adempimento e sulla corrett a applicazione della presente Circolare.

Firmato: Mario Picardi

L’imposta sulle successioni e donazioni, sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, si applica a partire dall’entrata in vigore della legge n. 286 del 2006, che ha introdotto l’imposta, cioè a decor-rere dal 29 novembre 2006, salvo le modificazioni introdotte dai commi 77 e 78 della finanziaria 2007 che si applicano dal 1° gennaio 2007.

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LEGGE 24 NOVEMBRE 2006, N. 286.

CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 3 OTTOBRE 2006, N. 262, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA TRIBUTARIA E FINANZIARIA.(PUBBL. NELLA GAZZETTA UFFICIALE N. 277 DEL 28 NOVEMBRE 2006 - SUPPLEMENTO ORDINARIO N. 223)

LEGGE DI CONVERSIONE

Art. 1.1. Il decreto-legge 3 ott obre 2006, n. 262, recante disposizioni urgenti in materia tributaria e fi nanziaria, è convertito in legge con le modifi cazioni riportate in allegato alla presente legge.2. Sono fatt i salvi gli eff ett i prodott i dall’articolo 6 del decreto-legge 3 ott obre 2006, n. 262, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.3. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzett a Uffi ciale.

TESTO DEL DECRETO-LEGGE 262/06 COORDINATO CON LA LEGGE DI CONVERSIONE

(*) Le modifi che apportate dalla legge di conversione sono stampate con caratt eri corsivi

-omissis-Art. 2.

-omissis-47. È istituita l’imposta sulle successioni e donazioni, sui trasferimenti di beni e diritt i per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ott obre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ott obre 2001, fatt o salvo quan-to previsto dai commi da 48 a 54.48. I trasferimenti di beni e diritt i per causa di morte sono soggett i all’imposta di cui al comma 47 con le seguenti aliquote sul valore complessivo nett o dei beni:a) devoluti a favore del coniuge e dei parenti in linea rett a sul valore complessivo nett o ecce-dente, per ciascun benefi ciario, 1.000.000 di euro: 4 per cento;b) devoluti a favore degli altri parenti fi no al quarto grado e degli affi ni in linea rett a, nonché degli affi ni in linea collaterale fi no al terzo grado: 6 per cento;c) devoluti a favore di altri soggett i: 8 per cento.49. Per le donazioni e gli att i di trasferimento a titolo gratuito di beni e diritt i e la costituzione di vincoli di destinazione di beni l’imposta è determinata dall’applicazione delle seguenti aliquote al valore globale dei beni e dei diritt i al nett o degli oneri da cui è gra-vato il benefi ciario diversi da quelli indicati dall’articolo 58, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 31 ott obre 1990, n. 346, ovvero, se la donazione è fatt a congiunta-

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mente a favore di più soggett i o se in uno stesso att o sono compresi più att i di disposizione a favore di soggett i diversi, al valore delle quote dei beni o diritt i att ribuiti:a) a favore del coniuge e dei parenti in linea rett a sul valore complessivo nett o eccedente, per ciascun benefi ciario, 1.000.000 di euro: 4 per cento;b) a favore degli altri parenti fi no al quarto grado e degli affi ni in linea rett a, nonché degli affi ni in linea collaterale fi no al terzo grado: 6 per cento;c) a favore di altri soggett i: 8 per cento.50. Per quanto non disposto dai commi da 47 a 49 e da 51 a 54 si applicano, in quanto com-patibili, le disposizioni previste dal citato testo unico di cui al decreto legislativo 31 ott obre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ott obre 2001.51. Con cadenza quadriennale, con decreto del Ministro dell’economia e delle fi nanze si pro-cede all’aggiornamento degli importi esenti dall’imposta tenendo conto dell’indice del costo della vita.52. Sono abrogate le seguenti disposizioni:a) articolo 7, commi da 1 a 2-quater, del testo unico di cui al decreto legislativo 31 ott obre 1990, n.346, e successive modifi cazioni;b) articolo 12, commi 1-bis e 1-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 31 ott obre 1990, n. 346;c) articolo 56, commi da 1 a 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 31 ott obre 1990, n. 346, e successive modifi cazioni;d) articolo 13 della legge 18 ott obre 2001, n. 383.53. Le disposizioni dei commi da 47 a 52 hanno eff ett o per gli att i pubblici formati, per gli att i a titolo gratuito fatt i, per le scritt ure private autenticate e per le scritt ure private non autenticate presentate per la registrazione dalla data di entrata in vigore della legge di con-versione del presente decreto, nonché per le successioni apertesi dal 3 ott obre 2006. Le stesse decorrenze valgono per le imposte ipotecaria e catastale concernenti gli att i e le dichiarazioni relativi alle successioni di cui al periodo precedente.

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LEGGE 27 DICEMBRE 2006, N. 296

LEGGE FINANZIARIA 2007

- omissis –

Art. 77All’articolo 2 del decreto-legge 3 ott obre 2006, n. 262, convertito, con modifi cazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, sono apportate le seguenti modifi cazioni:a) nel comma 48, dopo la lett era a), e’ inserita la seguente:“a-bis) devoluti a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo nett o eccedente, per ciascun benefi ciario, 100.000 euro: 6 per cento”;b) nel comma 49, dopo la lett era a), e’ inserita la seguente:“a-bis) a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo nett o eccedente, per cia-scun benefi ciario, 100.000 euro: 6 per cento”;c) dopo il comma 49 e’ inserito il seguente:“49-bis. Se il benefi ciario dei trasferimenti di cui ai commi 48 e 49 e’ una persona porta-trice di handicap riconosciuto grave ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, l’imposta si applica esclusivamente sulla parte del valore della quota o del legato che supera l’am-montare di 1.500.000 curo”.

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DECRETO LEGISLATIVO 31 OTTOBRE 1990, N. 346.

TESTO UNICO DELLE DISPOSIZIONI CONCERNENTI L’IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI E DONAZIONI, E SUCC.MODIF.

Titolo IDISPOSIZIONI GENERALI

Art.1. OGGETTO DELL’IMPOSTA1. L’imposta sulle successioni e donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritt i per successione a causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritt i per donazione o altra liberalità tra vivi.2. Si considerano trasferimenti anche la costituzione di diritt i reali di godimento, la ri-nunzia a diritt i reali o di credito e la costituzione di rendite o pensioni.3. L’imposta si applica anche nei casi di immissione nel possesso temporaneo dei beni dell’assente e di dichiarazione di morte presunta, nonché nei casi di donazione presunta di cui all’art.26 del testo unico sull’imposta di registro approvato con decreto del Presi-dente della Repubblica 26-4-1986, n.131.4. L’imposta non si applica nei casi di donazione o liberalità di cui agli artt . 742 e 783 del codice civile.4.bis Ferma restando l’applicazione dell’imposta anche alle liberalità indirett e risultanti da att i soggett i a registrazione, l’imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad att i concernenti il trasferimento o la costituzione di diritt i immo-biliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’att o sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto

Art.2. TERRITORIALITÀ DELL’IMPOSTA1. L’imposta è dovuta in relazione a tutt i i beni e diritt i trasferiti, ancorché esistenti all’estero.2. Se alla data dell’apertura della successione o a quella della donazione il defunto o il donante non era residente nello Stato, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritt i ivi esistenti.3. Agli eff ett i del comma 2 si considerano in ogni caso esistenti nello Stato:a) i beni e i diritt i iscritt i in pubblici registri dello Stato e i diritt i reali di godimento ad essi relativi;b) le azioni o quote di società, nonché le quote di partecipazione in enti diversi dalle società, che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggett o principale;c) le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni, emessi dallo Stato o da società ed enti di cui alla lett era b);d) i crediti, le cambiali, i vaglia cambiari e gli assegni di ogni specie, se il debitore, il trat-tario o l’emitt ente è residente nello Stato;e) i titoli rappresentativi di merci esistenti nello Stato;f) i crediti garantiti su beni esistenti nello Stato fi no a concorrenza del valore dei beni medesimi, indipendentemente dalla residenza del debitore;g) i beni viaggianti in territorio estero con destinazione nello Stato o vincolati al regime doganale della temporanea esportazione.4. Non si considerano esistenti nel territorio dello Stato i beni viaggianti con destinazione

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all’estero o vincolati al regime doganale della temporanea importazione.Art.3. TRASFERIMENTI NON SOGGETTI ALL’IMPOSTA

1. Non sono soggett i all’imposta i trasferimenti a favore dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, né quelli a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l’assistenza, lo studio, la ricerca scientifi ca, l’educazione, l’istruzione o altre fi nalità di pubblica utilità.2. I trasferimenti a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente rico-nosciute, diversi da quelli indicati nel comma 1, non sono soggett i all’imposta se sono stati disposti per le fi nalità di cui allo stesso comma.3. Nei casi di cui al comma 2 il benefi ciario deve dimostrare, entro cinque anni dall’accet-tazione dell’eredità o della donazione o dall’acquisto del legato, di avere impiegato i beni o diritt i ricevuti o la somma ricavata dalla loro alienazione per il conseguimento delle fi nalità indicate dal testatore o dal donante. In mancanza di tale dimostrazione esso è tenuto al pagamento dell’imposta con gli interessi legali dalla data in cui avrebbe dovuto essere pagata.4. Le disposizioni del presente articolo si applicano a condizione di reciprocità per gli enti pubblici esteri e per le fondazioni e associazioni costituite all’estero.4 bis. Non sono soggett i all’imposta i trasferimenti a favore di movimenti e partiti poli-tici.4 ter. I trasferimenti, eff ett uati anche tramite i patt i di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali e azioni non sono soggett i all’imposta.In caso di quote sociali o azioni di soggett i di cui all’articolo 73, comma 1, lett era a), del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917, il benefi cio spett a limitatamente alle partecipazioni median-te le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’art. 2359, primo comma, numero 1) del codice civile. Il benefi cio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’att ività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’att o di donazione, apposita dichiarazione in tal senso. Il mancato rispett o della condizione di cui al periodo prece-dente comporta la decadenza dal benefi cio, il pagamento dell’imposta in misura ordi-naria, della sanzione amministrativa prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata.

Art.4. ALIQUOTE(abrogato)

Art.5. SOGGETTI PASSIVI1. L’imposta è dovuta dagli eredi e dai legatari per le successioni, dai donatari per le donazioni e dai benefi ciari per le altre liberalità tra vivi.2. Ai fi ni dell’imposta sono considerati parenti in linea rett a anche i genitori e i fi gli natu-rali, i rispett ivi ascendenti e discendenti in linea rett a, gli adott anti e gli adott ati, gli affi -lianti e gli affi liati. La parentela naturale, se il fi glio non è stato legitt imato o riconosciuto o non è riconoscibile, deve risultare da sentenza civile o penale, anche indirett amente, ovvero la dichiarazione scritt a del genitore verifi cata, se il valore imponibile dei beni o diritt i trasferiti al parente naturale è superiore a lire quarantamilioni, secondo le dispo-sizioni degli artt . 2 e 3 della legge 19-1-1942, n.23 (inerente l’adeguamento dell’imposta successoria alle quote ereditarie spett anti ai fi gli naturali).

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Art.6. UFFICIO COMPETENTE1. Competente per l’applicazione dell’imposta alle successioni è l’uffi cio del registro nella cui circoscrizione era l’ultima residenza del defunto o, se questa era all’estero o non è nota, l’uffi cio del registro di Roma.2. La competenza per l’applicazione dell’imposta alle donazioni è determinata secondo le disposizioni relative all’imposta di registro.

Titolo IIAPPLICAZIONE DELL’IMPOSTA ALLE SUCCESSIONI

Capo IDETERMINAZIONE DELL’IMPOSTA

Art.7. DETERMINAZIONE DELL’IMPOSTA1. I trasferimenti di beni e diritt i per causa di morte sono soggett i all’imposta con le se-guenti aliquote sul valore complessivo nett o dei beni:a) devoluti a favore del coniuge e dei parenti in linea rett a sul valore complessivo nett o eccedente, per ciascun benefi ciario, 1.000.000 di euro: 4%;b) devoluti a favore degli altri parenti fi no al quarto grado e degli affi ni in linea rett a, nonché degli affi ni in linea collaterale fi no al terzo grado: 6%;c) devoluti a favore degli altri soggett i: 8%.3. Sull’imposta determinata a norma dei commi 1 (e 2) si applicano, quando ne ricorrono i presupposti, le riduzioni e le detrazioni stabilite negli articoli 25 e 26.4. Fino a quando l’eredità non è stata accett ata, o non è stata accett ata da tutt i i chiamati, l’imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunziato.

Art.8. BASE IMPONIBILE1. Il valore globale nett o dell’asse ereditario è costituito dalla diff erenza tra il valore com-plessivo, alla data dell’apertura della successione, dei beni e dei diritt i che compongo-no l’att ivo ereditario, determinato secondo le disposizioni degli artt . da 14 a 19, e l’am-montare complessivo delle passività deducibili e degli oneri diversi da quelli indicati nell’art.46, comma 3.1 bis. Resta comunque ferma l’esclusione dell’avviamento nella determinazione della base imponibile delle aziende, delle azioni, delle quote sociali.2. In caso di fallimento del defunto si tiene conto delle sole att ività che pervengono agli eredi e ai legatari a seguito della chiusura del fallimento.3. Il valore dell’eredità o delle quote ereditarie è determinato al nett o dei legati e degli altri oneri che le gravano, quello dei legati al nett o degli oneri da cui sono gravati.4. Il valore globale nett o dell’asse ereditario è maggiorato, ai soli fi ni della determinazio-ne delle aliquote applicabili a norma dell’art.7, di un importo pari al valore att uale com-plessivo di tutt e le donazioni fatt e dal defunto agli eredi e ai legatari, comprese quelle presunte di cui all’art.1, comma 3, ed escluse quelle indicate all’art.1, comma 4, e quelle registrate gratuitamente o con pagamento dell’imposta in misura fi ssa a norma degli artt . 55 e 59; il valore delle singole quote ereditarie o dei singoli legati è maggiorato, agli stessi fi ni, di un importo pari al valore att uale delle donazioni fatt e a ciascun erede o legatario. Per valore att uale delle donazioni anteriori si intende il valore dei beni e dei diritt i donati alla data dell’apertura della successione, riferito alla piena proprietà anche per i beni donati con riserva di usufrutt o o altro diritt o reale di godimento.

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Capo IIBASE IMPONIBILE

Sezione I ATTIVO EREDITARIO

Art.9. ATTIVO EREDITARIO1. L’att ivo ereditario è costituito da tutt i i beni e i diritt i che formano oggett o della succes-sione, ad esclusione di quelli non soggett i all’imposta a norma degli artt . 2, 3, 12 e 13.2. Si considerano compresi nell’att ivo ereditario denaro, gioielli e mobilia per un impor-to pari al dieci per cento del valore globale nett o imponibile dell’asse ereditario anche se non dichiarati o dichiarati per un importo minore, salvo che da inventario analitico redatt o a norma degli artt . 769 e seguenti del codice di procedura civile non ne risulti l’esistenza per un importo diverso.3. Si considera mobilia l’insieme dei beni mobili destinati all’uso o all’ornamento delle abitazioni, compresi i beni culturali non sott oposti al vincolo di cui all’art.13.

Art.10. BENI ALIENATI NEGLI ULTIMI SEI MESI(abrogato)

Art.11. PRESUNZIONE DI APPARTENENZA ALL’ATTIVO EREDITARIO1. Si considerano compresi nell’att ivo ereditario:a) i titoli di qualsiasi specie il cui reddito è stato indicato nell’ultima dichiarazione dei redditi presentata dal defunto, salvo quanto disposto nell’art.12, comma 1, lett era b);b) i beni mobili e i titoli al portatore di qualsiasi specie posseduti dal defunto o depositati presso altri a suo nome.2. Per i beni e i titoli di cui al comma 1, lett era b), depositati a nome del defunto e di altre persone, compresi quelli contenuti in cassett e di sicurezza o altri contenitori di cui all’art.48, commi 6 e 7, per la azioni e altri titoli cointestati e per i crediti di pertinenza del defunto e di altre persone, compresi quelli derivanti da depositi bancari e da conti correnti bancari e postali cointestati, le quote di ciascuno si considerano uguali se non ri-sultano diversamente determinate. Se i cointestatari sono eredi o legatari i beni e i diritt i, salvo prova contraria, si considerano appartenenti esclusivamente al defunto; questa di-sposizione non si applica per i beni e i diritt i cointestati al coniuge che formavano oggett o della comunione di cui agli artt . 177 e seguenti del codice civile.3. Le partecipazioni in società di ogni tipo si considerano comprese nell’att ivo ereditario anche se per clausola del contratt o di società o dell’att o costitutivo o per patt o parasociale ne sia previsto a favore di altri soci il diritt o di accrescimento o il diritt o di acquisto ad un prezzo inferiore al valore di cui all’art.16, comma 1. In tal caso, se i benefi ciari del diritt o di accrescimento o di acquisto sono eredi o legatari, il valore della partecipazione si ag-giunge a quello della quota o del legato; se non sono eredi o legatari la partecipazione è considerata come oggett o di un legato a loro favore.

Art.12. BENI NON COMPRESI NELL’ATTIVO EREDITARIO1. Non concorrono a formare l’att ivo ereditario:a) i beni e i diritt i iscritt i a nome del defunto nei pubblici registri, quando è provato, mediante provvedimento giurisdizionale, att o pubblico, scritt ura privata autenticata o altra scritt ura avente data certa, che egli ne aveva perduto la titolarità, salvo il disposto dell’art.10;b) le azioni e i titoli nominativi intestati al defunto, alienati anteriormente all’apertura della successione con att o autentico o girata autenticata, salvo il disposto dell’art.10;c) le indennità di cui agli artt . 1751, ultimo comma, e 2122 del codice civile e le indennità

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spett anti per diritt o proprio agli eredi in forza di assicurazioni previdenziali obbligatorie o stipulate dal defunto;d) i crediti verso lo Stato, gli enti pubblici territoriali e gli enti pubblici che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale, compresi quelli per rimborso di imposte o di contributi, fi no a quando non siano riconosciuti con provvedimento dell’amministrazione debitrice;e) i crediti contestati giudizialmente alla data di apertura della successione, fi no a quan-do la loro sussistenza non sia riconosciuta con provvedimento giurisdizionale o con tran-sazione;f) i crediti ceduti allo Stato entro la data di presentazione della dichiarazione della suc-cessione;g) i beni culturali di cui all’art.13, alle condizioni ivi stabilite;h) i titoli del debito pubblico, fra i quali si intendono compresi i buoni ordinari del tesoro e i certifi cati di credito del tesoro;i) gli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati, nonché ogni altro bene o diritt o, dichiarati esenti dall’imposta da norme di legge;l) i veicoli iscritt i nel pubblico registro automobilistico.

Art.13. BENI CULTURALI1. I beni culturali di cui agli artt . 1, 2 e 5 della legge 1-6-1939, n.1089, e all’art.36 del decre-to del Presidente della Repubblica 30-9-1963, n.1409, sono esclusi dall’att ivo ereditario se sono stati sott oposti al vincolo ivi previsto anteriormente all’apertura della successione e sono stati assolti i conseguenti obblighi di conservazione e protezione.2. L’erede o legatario deve presentare l’inventario dei beni di cui al comma 1 che ritiene non debbano essere compresi nell’att ivo ereditario, con la descrizione particolareggiata degli stessi e con ogni notizia idonea alla loro identifi cazione, al competente organo peri-ferico del Ministero per i beni culturali e ambientali, il quale att esta per ogni singolo bene l’esistenza del vincolo e l’assolvimento degli obblighi di conservazione e protezione. L’at-testazione deve essere presentata all’uffi cio del registro in allegato alla dichiarazione del-la successione o, se non vi sono altri beni ereditari, nel termine stabilito per questa.3. Contro il rifi uto dell’att estazione è ammesso ricorso gerarchico al Ministro, il quale decide sentito il Consiglio nazionale per i beni culturali ed ambientali; la decisione di accoglimento del ricorso deve essere presentata in copia, entro trenta giorni dalla sua comunicazione, all’uffi cio del registro competente, che provvede al rimborso dell’even-tuale maggiore imposta pagata.4. L’alienazione in tutt o o in parte dei beni di cui al comma 1 prima che sia decorso un quinquennio dall’apertura della successione, la loro tentata esportazione non autoriz-zata, il mutamento di destinazione degli immobili non autorizzato e il mancato assolvi-mento degli obblighi prescritt i per consentirel’esercizio del diritt o di prelazione dello Stato determinano l’inclusione dei beni nell’att i-vo ereditario. L’amministrazione dei beni culturali e ambientali ne dà immediata comu-nicazione all’uffi cio del registro competente; dalla data di ricevimento della comunica-zione inizia a decorrere il termine di cui all’art.27, comma 3 o comma 4.5. Per i territori della regione siciliana e delle province autonome di Trento e di Bolzano agli adempimenti di cui al presente articolo provvedono gli organi rispett ivamente com-petenti.

Sezione II VALORE DEI BENI E DEI DIRITTI

Art.14. BENI IMMOBILI E DIRITTI REALI IMMOBILIARI1. La base imponibile, relativamente ai beni immobili compresi nell’att ivo ereditario, è

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determinata assumendo:a) per la piena proprietà, il valore venale in comune commercio alla data di apertura della successione;b) per la proprietà gravata da diritt i reali di godimento, la diff erenza tra il valore della piena proprietà e quello del diritt o di cui è gravata;c) per i diritt i di usufrutt o, uso e abitazione, il valore determinato a norma dell’art.17 sulla base di annualità pari all’importo ott enuto moltiplicando il valore della piena proprietà per il saggio legale di interesse;d) per il diritt o dell’enfi teuta, il centuplo del canone annuo ovvero, se maggiore, la dif-ferenza tra il valore della piena proprietà e la somma dovuta per l’aff rancazione; per il diritt o del concedente la somma dovuta per l’aff rancazione.

Art. 15. AZIENDE, NAVI E AEROMOBILI1. La base imponibile, relativamente alle aziende comprese nell’att ivo ereditario, è deter-minata assumendo il valore complessivo, alla data di apertura della successione, dei beni e dei diritt i che le compongono, esclusi i beni indicati nell’art. 12, al nett o delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a 23. Se il defunto era obbligato alla redazione dell’inventario di cui all’art. 2217 del codice civile, si ha riguardo alle att ività e alle passi-vità indicate nell’ultimo inventario regolarmente redatt o e vidimato, tenendo conto dei mutamenti successivamente intervenuti.2. Il valore delle navi o imbarcazioni e degli aeromobili che non fanno parte di aziende, è desunto dai prezzi mediamente praticati sul mercato per beni della stessa specie di nuova costruzione, tenendo conto del tempo trascorso dall’acquisto e dello stato di con-servazione.3. In caso di usufrutt o o di uso dei beni indicati nei commi 1 e 2 si applicano le disposi-zioni dell’art.14, comma 1, lett ere b) e c).

Art.16. AZIONI E OBBLIGAZIONI, ALTRI TITOLI, QUOTE SOCIALI1. La base imponibile, relativamente alle azioni, obbligazioni, altri titoli e quote sociali compresi nell’att ivo ereditario, è determinata assumendo:a) per i titoli quotati in borsa o negoziati al mercato ristrett o, la media dei prezzi di compenso o dei prezzi fatt i nell’ultimo trimestre anteriore all’apertura della successione, maggiorata dei dietimi o degli interessi successivamente maturati, e in mancanza il valo-re di cui alle lett ere successive;b) per le azioni e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle socie-tà, non quotate in borsa, né negoziati al mercato ristrett o, nonché per le quote di società non azionarie, comprese le società semplici e le società di fatt o, il valore proporzional-mente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio nett o dell’ente o della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo in-ventario regolarmente redatt o e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritt i appartenenti all’ente o alla società al nett o delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a 23, escludendo i beni indicati alle lett ere h) e i) dell’art.12;c) per i titoli o quote di partecipazione a fondi comuni d’investimento, il valore risultante da pubblicazioni fatt e o prospett i redatt i a norma di legge o regolamento;d) per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli indicati alle lett ere a), b) e c) il valore comparato a quello dei titoli aventi analoghe caratt eristiche quotati in borsa o negoziati al mercato ristrett o o in mancanza desunto da altri elementi certi.2. In caso di usufrutt o si applicano le disposizioni dell’art.14, comma 1, lett ere b) e c).

Art. 17. RENDITE E PENSIONI1. La base imponibile, relativamente alle rendite e pensioni comprese nell’att ivo eredita-

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rio, è determinata assumendoa) il ventuplo dell’annualità, se si tratt a di rendita perpetua o a tempo indeterminato;b) il valore att uale dell’annualità, calcolato al saggio legale di interesse e non superiore al ventuplo della stessa, se si tratt a di rendita o pensione a tempo determinato, se è pre-vista la cessazione per eff ett o della morte del benefi ciario o di persona diversa, il valore non può superare quello determinato a norma della lett era c) con riferimento alla durata massima;c) il valore che si ott iene moltiplicando l’annualità per il coeffi ciente applicabile, secondo il prospett o allegato al Testo unico sull’imposta di registro, approvato con decreto del presidente della repubblica 26 aprile 1986, n. 131, in relazione all’età della persona alla cui morte essa deve cessare, se si tratt a di rendita o pensione vitalizia; in caso di rendita o pensione costituita congiuntamente a favore di più persone si tiene conto dell’età del meno giovane dei benefi ciari se è prevista la cessazione con la morte di uno qualsiasi di essi, dell’età del più giovane se vi è diritt o di accrescimento fra loro; se è prevista la cessazione per eff ett o della morte di persona diversa dai benefi ciari si tiene conto dell’età di questa.

Art.18. CREDITI1. La base imponibile, relativamente ai crediti compresi nell’att ivo ereditario, è determi-nata assumendo:a) per i crediti frutt iferi, il loro importo con gli interessi maturati;b) per i crediti infrutt iferi con scadenza dopo almeno un anno dalla data dell’apertura della successione, il loro valore att uale calcolato al saggio legale di interesse;c) per i crediti in natura il valore dei beni che ne sono oggett o;d) per il diritt o alla liquidazione delle quote di società semplici, in nome collett ivo e in accomandita semplice e di quelle a esse equiparate ai fi ni delle imposte sui redditi, di cui all’art. 2289 del codice civile, il valore delle quote determinato a norma dell’art.16.

Art.19. ALTRI BENI1. La base imponibile, relativamente ai beni e ai diritt i compresi nell’att ivo ereditario diversi da quelli contemplati nell’art.9, secondo comma, e negli artt . da 14 a 18, è de-terminata assumendo il valore venale in comune commercio alla data di apertura della successione.2. In caso di usufrutt o o di uso si applicano le disposizioni dell’art.14, primo comma, lett ere b) e c).

Sezione III PASSIVITÀ DEDUCIBILI

Art.20. PASSIVITÀ DEDUCIBILI1. Le passività deducibili sono costituite dai debiti del defunto esistenti alla data di aper-tura della successione e dalle spese mediche e funerarie indicate nell’art.24.2. La deduzione è ammessa alle condizioni e nei limiti di cui agli artt . da 21 a 24.

Art.21. CONDIZIONI DI DEDUCIBILITÀ DEI DEBITI

1. I debiti del defunto devono risultare da att o scritt o di data certa anteriore all’apertura della successione o da provvedimento giurisdizionale defi nitivo.2. I debiti inerenti all’esercizio di imprese sono ammessi in deduzione anche se risultano dalle scritt ure contabili obbligatorie del defunto regolarmente tenute a norma di legge.3. Se il defunto non era obbligato alla tenuta di scritt ure contabili, i debiti cambiari e i debiti verso istituti di credito o aziende, compresi i saldi passivi dei conti correnti, sono ammessi in deduzione anche se risultano dalle scritt ure contabili obbligatorie, regolar-

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mente tenute a norma di legge, del tratt ario o del prenditore o dell’azienda o istituto di credito.4. I debiti derivanti da rapporti di lavoro subordinato, compresi quelli relativi al tratt a-mento di fi ne rapporto e ai tratt amenti previdenziali integrativi, sono deducibili nell’am-montare maturato alla data di apertura della successione, anche se il rapporto continua con gli eredi o i legatari.5. I debiti verso lo Stato, gli enti pubblici territoriali e gli enti pubblici che gestiscono for-me obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale, esistenti alla data di apertura della successione, nonché i debiti tributari, il cui presupposto si è verifi cato anteriormente alla stessa data, sono deducibili anche se accertati in data posteriore.6. Per debito del defunto si intende anche quello di somme dovute al coniuge divorziato, a seguito di sentenza di scioglimento di matrimonio o di cessazione di eff ett i civili dello stesso.

Art.22. LIMITI ALLA DEDUCIBILITÀ DEI DEBITI1. Non sono deducibili i debiti contratt i per l’acquisto di beni o di diritt i non compresi nell’att ivo ereditario; se i beni o i diritt i acquistati vi sono compresi solo in parte la dedu-zione è ammessa proporzionalmente al valore di tale parte.2. I debiti contratt i dal defunto negli ultimi sei mesi sono deducibili nei limiti in cui il relativo importo è stato impiegato nei modi indicati nell’art.10, terzo comma, lett ere d), e) ed f); negli stessi limiti sono computati, per la determinazione del saldo dei conti correnti bancari, gli addebitamenti dipendenti da assegni emessi e da operazioni fatt e negli ulti-mi sei mesi. Le disposizioni del presente comma non si applicano per i debiti contratt i, le operazioni fatt e e gli assegni emessi nell’esercizio di imprese o di arti e professioni.3. Nella determinazione del saldo dei conti correnti bancari non si tiene conto degli ad-debitamenti dipendenti da assegni non presentati al pagamento almeno quatt ro giorni prima dell’apertura della successione.4. I debiti di pertinenza del defunto e di altre persone, compresi i saldi passivi dei conti correnti bancari cointestati, sono deducibili nei limiti della quota del defunto; le quote dei condebitori si considerano uguali se non risultano diversamente determinate.

Art.23. DIMOSTRAZIONE DEI DEBITI1. La deduzione dei debiti è subordinata alla produzione, in originale o in copia autenti-ca, del titolo o provvedimento di cui all’art.21, primo comma, ovvero:a) di estratt o notarile delle scritt ure contabili obbligatorie del defunto, per i debiti ineren-ti all’esercizio di imprese;b) di estratt o notarile delle scritt ure contabili obbligatorie del tratt ario o del prenditore, per i debiti cambiari;c) di att estazione rilasciata dall’amministrazione creditrice, o di copia autentica della quietanza del pagamento avvenuto dopo l’apertura della successione, per i debiti verso pubbliche amministrazioni;d) di att estazione rilasciata dall’ispett orato provinciale del lavoro, per i debiti verso i lavoratori dipendenti.2. La deduzione dei debiti verso istituti di credito o aziende, anche se risultanti nei modi indicati nel primo comma, è subordinata alla produzione di un certifi cato, rilasciato dall’ente creditore entro trenta giorni dalla richiesta scritt a di uno dei soggett i obbligati alla dichiarazione della successione e controfi rmato dal capo del servizio o dal contabile addett o al servizio. Il certifi cato deve att estare l’esistenza totale o parziale di ciascun de-bito con la specifi cazione di tutt i gli altri rapporti debitori o creditori, compresi i riporti e le garanzie anche di terzi, esistenti con il defunto alla data di apertura della successione presso tutt e le sedi, agenzie, fi liali o altre ripartizioni territoriali dell’azienda o istituto di credito; per i saldi passivi dei conti correnti dal certifi cato deve risultare l’integrale

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svolgimento del conto dal dodicesimo mese anteriore all’apertura della successione o, se precedente, dall’ultimo saldo att ivo.3. La sussistenza dei debiti alla data di apertura della successione, se non risulta da uno dei documenti di cui ai commi primo e secondo, deve risultare da att estazione conforme al modello approvato con decreto del Ministro delle fi nanze, sott oscritt a da uno dei sog-gett i obbligati alla dichiarazione della successione nonché, tranne che per i debiti verso i dipendenti, dai creditori del defunto ovvero, per le passività indicate nell’art.16, primo comma, lett era b), dal legale rappresentante della società o dell’ente. Le fi rme devono essere autenticate.4. L’esistenza di debiti deducibili, ancorché non indicati nella dichiarazione della succes-sione, può essere dimostrata, nei modi stabiliti nei commi primo, secondo e terzo, entro il termine di tre anni dalla data di apertura della successione, prorogato, per i debiti ri-sultanti da provvedimenti giurisdizionali e per i debiti verso pubbliche amministrazioni, fi no a sei mesi dalla data in cui il relativo provvedimento amministrativo o giurisdizio-nale è divenuto defi nitivo.

Art.24. SPESE MEDICHE E SPESE FUNERARIE1. Le spese mediche e chirurgiche relative al defunto negli ultimi sei mesi di vita soste-nute dagli eredi, comprese quelle per ricoveri, medicinali e protesi, sono deducibili a condizione che risultino da regolari quietanze, anche se di data anteriore all’apertura della successione.2. Le spese funerarie risultanti da regolari quietanze sono deducibili in misura non supe-riore a lire due milioni.

Capo IIIRIDUZIONI E DETRAZIONI

Art.25. RIDUZIONI DELL’IMPOSTA1. Se la successione è aperta entro cinque anni da altra successione o da una donazione avente per oggett o gli stessi beni e diritt i, l’imposta è ridott a di un importo inversamente proporzionale al tempo trascorso, in ragione di un decimo per ogni anno o frazione di anno; se nella successione non sono compresi tutt i i beni e diritt i oggett o della prece-dente successione o donazione o sono compresi anche altri beni o diritt i, la riduzione si applica sulla quota di imposta proporzionale al valore dei beni e dei diritt i compresi in entrambe.2. Se nell’att ivo ereditario sono compresi beni immobili culturali di cui all’art.13, non sott oposti anteriormente all’apertura della successione al vincolo previsto dall’art.2 della legge 1° giugno 1939 n.1089, l’imposta dovuta dall’erede o legatario al quale sono de-voluti è ridott a dell’importo proporzionalmente corrispondente al 50% del loro valore. L’erede o legatario deve presentare l’inventario dei beni per i quali ritiene spett ante la riduzione, con la descrizione particolareggiata degli stessi e con ogni notizia idonea alla loro identifi cazione, al competente organo periferico del ministero per i beni e le att ività culturali, il quale att esta per ogni singolo bene l’esistenza delle caratt eristiche di cui alla legge 1° giugno 1939, n.1089; l’att estazione deve essere allegata alla dichiarazione della successione. L’accertamento positivo delle caratt eristiche di cui alla predett a legge com-porta la sott oposizione dell’immobile al vincolo ivi previsto. Si applicano le disposizioni dell’art.13, commi 3, 4 e 5.3. Se nell’att ivo ereditario sono compresi fondi rustici, incluse le costruzioni rurali, an-che se non insistenti sul fondo, di cui all’art. 39 del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del presidente della repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, devoluti al coniuge, a parenti in linea rett a o a fratelli o sorelle del defunto, l’imposta dovuta dall’erede o legatario al quale sono devoluti è ridott a dell’importo proporzionalmente

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corrispondente al 40% della parte del loro valore complessivo non superiore a lire 200 milioni. La riduzione compete a condizione che l’erede o legatario sia coltivatore dirett o, che la devoluzione avvenga nell’ambito di una famiglia dirett o-coltivatrice e che l’esi-stenza di questi requisiti risulti da att estazione dell’uffi cio regionale competente alle-gata alla dichiarazione della successione. E’ dirett o-coltivatrice la famiglia che si dedica dirett amente e abitualmente alla coltivazione dei fondi e all’allevamento e governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia infe-riore al terzo di quella occorrente per le normali necessità della coltivazione del fondo e dell’allevamento e del governo del bestiame; ai fi ni del calcolo della forza lavorativa il lavoro della donna è equiparato a quello dell’uomo.4. Se nell’att ivo ereditario sono compresi immobili o parti di immobili adibiti all’esercizio dell’impresa, devoluti al coniuge o a parenti in linea rett a entro il terzo grado del defunto nell’ambito di un’impresa artigiana familiare, come defi nita dalla legge 8 agosto 1985, n. 443, e dall’art. 230-bis del codice civile, l’imposta dovuta dall’erede o legatario al qua-le sono devoluti è ridott a dell’importo proporzionalmente corrispondente al 40% della parte del loro valore complessivo non superiore a lire 200 milioni, a condizione che l’esi-stenza dell’impresa familiare artigiana risulti dall’att o pubblico o dalla scritt ura privata autenticata di cui all’art.5, comma 4, lett era a), del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del presidente della repubblica 22 dicembre 1986, n.917,4-bis. Se nell’att ivo ereditario sono compresi, purché ubicati in comuni montani con meno di 5 mila abitanti o nelle frazioni con meno di mille abitanti anche se situate in comuni montani di maggiori dimensioni, aziende, quote di società di persone o beni strumentali di cui all’art.40 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del presi-dente della repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, trasferiti al coniuge o al parente entro il terzo grado del defunto, l’imposta dovuta dal benefi ciario è ridott a dell’importo propor-zionale corrispondente al 40% della parte del loro valore complessivo, a condizione che gli aventi causa proseguano eff ett ivamente l’att ività imprenditoriale per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento. Il benefi ciario deve dimostrare dett a condizione entro 60 giorni dalla scadenza del suindicato termine mediante dichiarazione da presentare presso l’uffi cio competente ove sono registrate la denuncia o l’att o; in man-canza di tale dimostrazione il benefi ciario stesso è tenuto al pagamento dell’imposta in misura ordinaria con gli interessi di mora, decorrenti dalla data in cui l’imposta medesi-ma avrebbe dovuto essere pagata, Per il pagamento dell’imposta di successione relativa all’ipotesi di cui al presente comma si applicano le disposizioni previste dall’art.38.4-ter. Le agevolazioni di cui al comma 4-bis riapplicano anche in caso di donazioni.

Art.26. DETRAZIONE DI ALTRE IMPOSTE1. Dall’imposta determinata a norma degli articoli precedenti si detraggono:(…)b) le imposte pagate ad uno Stato estero, in dipendenza della stessa successione ed in relazione a beni esistenti in tale Stato, fi no a concorrenza della parte dell’imposta di suc-cessione proporzionale al valore dei beni stessi, salva l’applicazione di tratt ati o accordi internazionali.

Capo IVACCERTAMENTO E LIQUIDAZIONE DELL’IMPOSTA

Art.27. PROCEDIMENTO E TERMINI1. La successione deve essere dichiarata all’uffi cio del registro, a norma degli artt . da 28 a 30, nel termine stabilito dall’art.31.2. L’imposta è liquidata dall’uffi cio in base alla dichiarazione della successione, a norma dell’art.33, ed è nuovamente liquidata, a norma dello stesso articolo, in caso di successi-

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va presentazione di dichiarazione sostitutiva o integrativa di cui all’art.28, comma 6. La liquidazione deve essere notifi cata, mediante avviso, entro il termine di decadenza di tre anni dalla data di presentazione della dichiarazione della successione o della dichiara-zione sostitutiva o integrativa.3. Successivamente l’uffi cio, se ritiene che la dichiarazione, o la dichiarazione sostituti-va o integrativa, sia incompleta o infedele ai sensi dell’art.32, commi 2 e 3, procede alla rett ifi ca e alla liquidazione della maggiore imposta a norma dell’art.34. La rett ifi ca deve essere notifi cata, mediante avviso, entro il termine di decadenza di due anni dalla data in cui è stata notifi cata la liquidazione di cui al comma 2.4. Se la dichiarazione della successione è stata omessa, l’imposta è accertata e liquidata d’uffi cio a norma dell’art.35. Se è stata omessa la dichiarazione sostitutiva o la dichia-razione integrativa di cui all’art.28, comma 6, si procede d’uffi cio, rispett ivamente, alla riliquidazione dell’imposta o alla liquidazione della maggiore imposta. L’avviso deve essere notifi cato entro il termine di decadenza di cinque anni dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione omessa.5. Se nelle liquidazioni di cui ai commi 2, 3 e 4 vi sono stati errori od omissioni, l’uffi cio può provvedere alla correzione e liquidare la maggiore imposta che ne risulta dovuta. Il relativo avviso deve essere notifi cato entro il termine di decadenza stabilito per la liqui-dazione alla quali si riferisce la correzione.6. L’imposta è dovuta anche se la dichiarazione è presentata oltre il termine di decadenza stabilito nel comma 4; in questo caso le disposizioni dei commi 2, 3 e 5 si applicano con riferimento a tale dichiarazione.7. E’ principale l’imposta liquidata in base alle dichiarazioni presentate, complementare l’imposta o maggiore imposta, liquidata in sede di accertamento d’uffi cio o di rett ifi ca, suppletiva quella liquidata per correggere errori od omissioni di una precedente liqui-dazione.

Art.28. DICHIARAZIONE DELLA SUCCESSIONE1. La dichiarazione della successione deve essere presentata all’uffi cio del registro com-petente, che ne rilascia ricevuta; può essere spedita per raccomandata e si considera pre-sentata, in tal caso, nel giorno in cui è consegnata all’uffi cio postale, che appone su di essa o sul relativo involucro il timbro a calendario.2. Sono obbligati a presentare la dichiarazione: i chiamati all’eredità e i legatari, anche nel caso di apertura della successione per dichiarazione di morte presunta, ovvero i loro rappresentanti legali; gli immessi nel possesso temporaneo dei beni dell’assente; gli am-ministratori dell’eredità e i curatori delle eredità giacenti; gli esecutori testamentari.3. La dichiarazione della successione deve, a pena di nullità, essere redatt a su stampato fornito dall’uffi cio del registro, conforme al modello approvato con decreto del Ministro delle fi nanze pubblicato nella Gazzett a Uffi ciale, e deve essere sott oscritt a da almeno uno degli obbligati o da un suo rappresentante negoziale.4. Se più soggett i sono obbligati alla stessa dichiarazione questa non si considera omessa se presentata da uno solo.5. I chiamati all’eredità e i legatari sono esonerati dall’obbligo della dichiarazione se, anteriormente alla scadenza del termine stabilito nell’art.31, hanno rinunziato all’eredità o al legato o, non essendo nel possesso di beni ereditari, hanno chiesto la nomina di un curatore dell’eredità a norma dell’art.528, primo comma, del codice civile, e ne hanno informato per raccomandata l’uffi cio del registro, allegando copia autentica della dichia-razione di rinuncia all’eredità o copia dell’istanza di nomina autenticata dal cancelliere della pretura.6. Se dopo la presentazione della dichiarazione della successione sopravviene un evento, diverso da quelli indicati all’art.13, comma 4, che dà luogo a mutamento della devolu-zione dell’eredità o del legato ovvero ad applicazione dell’imposta in misura superiore,

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i soggett i obbligati, anche se per eff ett o di tale evento, devono presentare dichiarazione sostitutiva o integrativa. Si applicano le disposizioni dei commi 1, 3 e 8.7. Non vi è obbligo di dichiarazione se l’eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea rett a del defunto e l’att ivo ereditario ha un valore non superiore a lire cinquantamilioni e non comprende beni immobili o diritt i reali immobiliari, salvo che per eff ett o di soprav-venienze ereditarie queste condizioni vengano a mancare.8. La dichiarazione nulla si considera omessa.

Art.29. CONTENUTO DELLA DICHIARAZIONE1. Dalla dichiarazione della successione devono risultare:a) le generalità, l’ultima residenza e il codice fi scale del defunto;b) le generalità, la residenza e il codice fi scale dei chiamati all’eredità e dei legatari, il loro grado di parentela o affi nità col defunto e le eventuali accett azioni o rinunzie;c) la descrizione analitica dei beni e dei diritt i compresi nell’att ivo ereditario con l’indi-cazione dei rispett ivi valori;d) gli estremi degli att i di alienazione a titolo oneroso di cui all’art.10, con l’indicazione dei relativi corrispett ivi;e) i modi di impiego delle somme riscosse dal defunto a seguito di alienazioni di beni e assunzioni di debiti negli ultimi sei mesi, con l’indicazione dei documenti di prova;f) gli estremi delle donazioni fatt e dal defunto agli eredi o legatari, comprese quelle pre-sunte di cui all’art.1, comma 3, con l’indicazione dei relativi valori alla data di apertura della successione;g) i crediti contestati giudizialmente, con l’indicazione degli estremi dell’iscrizione a ruo-lo della causa e delle generalità e residenza dei debitori;h) i crediti verso lo Stato e gli enti pubblici di cui all’art.12, comma 1, lett era e);i) le passività e gli oneri deducibili, con l’indicazione dei documenti di prova;l) il domicilio elett o nello Stato italiano dagli eredi o legatari residenti all’estero;m) il valore globale nett o dell’asse ereditario;n) le riduzioni e detrazioni di cui agli artt . 25 e 26, con l’indicazione dei documenti di prova.2. Se il dichiarante è un legatario, dalla dichiarazione devono risultare solo gli elementi di cui al comma 1, lett ere a e b), nonché quelli di cui alle lett ere c), i) e n) limitatamente all’oggett o del legato, alla lett era f) limitatamente alle donazioni a suo favore e alla lett era l) limitatamente al suo domicilio.3. Le somme e i valori devono essere indicati con arrotondamento dei relativi importi alle mille lire, per difett o se la frazione non è superiore a cinquecento lire, per eccesso se è superiore.

Art.30. ALLEGATI ALLA DICHIARAZIONE1. Alla dichiarazione devono essere allegati:a) il certifi cato di morte o la copia autentica della sentenza dichiarativa dell’assenza o della morte presunta;b) il certifi cato di stato di famiglia del defunto e quelli degli eredi e legatari che sono in rapporto di parentela o affi nità con lui, nonché i documenti di prova della parentela naturale;c) la copia autentica degli att i di ultima volontà dai quali è regolata la successione;d) la copia autentica dell’att o pubblico o della scritt ura privata autenticata dai quali risul-ta l’eventuale accordo delle parti per l’integrazione dei diritt i di legitt ima lesi;e) gli estratt i catastali relativi agli immobili;f) un certifi cato dei pubblici registri recante l’indicazione degli elementi di individuazio-ne delle navi e degli aeromobili;g) la copia autentica dell’ultimo bilancio o inventario di cui all’art.15, comma 1, e all’art.16,

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comma 1, lett era b), nonché delle pubblicazioni e prospett i di cui alla lett era c) dello stes-so articolo e comma;h) la copia autentica degli altri inventari formati in ott emperanza a disposizioni di legge;i) i documenti di prova delle passività e degli oneri deducibili nonché delle riduzioni e detrazioni di cui agli artt . 25 e 26.2. Se il dichiarante è un legatario, alla dichiarazione devono essere allegati soltanto i documenti di cui al comma 1, lett era a), b) e c), nonché quelli di cui alle lett ere successive limitatamente all’oggett o del legato.3. I certifi cati di morte e di stato di famiglia possono essere sostituiti dalle dichiarazioni di cui all’art.2 della legge 4-1-1968, n.15.4. Per gli allegati redatt i in lingua straniera si applica l’art.11, commi 5 e6, del testo unico sull’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26-4-1986, n.131.5. L’uffi cio competente, se la dimostrazione delle passività e degli oneri o delle riduzioni e detrazioni richieste risulta insuffi ciente, ne dà avviso al dichiarante, invitandolo ad in-tegrarla e, nel caso previsto nel secondo periodo dell’art.23, comma 2, ad esibire in copia autentica gli assegni indicati nel certifi cato. I nuovi documenti devono essere prodott i entro sei mesi dalla notifi cazione dell’avviso.6. Per i documenti provenienti da pubbliche amministrazioni che non siano stati rilasciati entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione, compresi l’att estazione di cui all’art.13, comma 2, e le att estazioni o altri documenti relativi alle riduzioni e alle detrazioni di cui agli artt . 25 e 26, si applica, purché alla dichiarazione sia allegata copia della domanda di rilascio, la disposizione dell’art.23, comma 4.

Art.31. TERMINE PER LA PRESENTAZIONE DELLA DICHIARAZIONE1. La dichiarazione deve essere presentata entro dodici mesi dalla data di apertura della successione.2. Il termine decorre:a) per i rappresentanti legali degli eredi o legatari, per i curatori di eredità giacenti e per gli esecutori testamentari dalla data, successiva a quella di apertura della successione, in cui hanno avuto notizia legale della loro nomina;b) nel caso di fallimento del defunto in corso alla data dell’apertura della successione o dichiarato entro sei mesi dalla data stessa, dalla data di chiusura del fallimento;c) nel caso di dichiarazione di assenza o di morte presunta, dalla data di immissione nel possesso dei beni ovvero, se non vi è stata anteriore immissione nel possesso dei beni, dalla data in cui è divenuta eseguibile la sentenza dichiarativa della morte presunta;d) dalla scadenza del termine per la formazione dell’inventario, se l’eredità è accett ata con benefi cio d’inventario entro il termine di cui al comma 1;e) dalla data della rinunzia o dell’evento di cui all’art.28, commi 5 e 6, o dalla diversa data in cui l’obbligato dimostri di averne avuto notizia;f) dalla data delle sopravvenienze di cui all’art.28, comma 7;g) per gli enti che non possono accett are l’eredità o il legato senza la preventiva auto-rizzazione, purché la relativa domanda sia stata presentata entro sei mesi dall’apertura della successione, dalla data in cui hanno avuto notizia legale dell’autorizzazione;h) per gli enti non ancora riconosciuti, purché sia stata presentata domanda di ricono-scimento e di autorizzazione all’accett azione entro un anno dalla data di apertura della successione, dalla data in cui hanno avuto notizia legale del riconoscimento e dell’auto-rizzazione.3. Fino alla scadenza del termine la dichiarazione della successione può essere modifi ca-ta con l’osservanza delle disposizioni degli artt . 28, 29 e 30.4. La presentazione ad uffi cio del registro diverso da quello competente si considera av-venuta nel giorno in cui la dichiarazione è pervenuta all’uffi cio competente.

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Art.32. IRREGOLARITÀ, INCOMPLETEZZA E INFEDELTÀ DELLA DICHIARAZIONE

1. La dichiarazione è irregolare se manca delle indicazioni di cui all’art.29, comma 1, lett ere a), b) e c), o non è corredata dai documenti indicati nell’art.30, comma 1, lett ere a) e b), e da quelli indicati nelle successive lett ere da c) ad h) di cui ricorrono i presupposti. In tal caso l’uffi cio notifi ca al dichiarante, mediante avviso, l’invito a provvedere alla regolarizzazione entro sessanta giorni; la dichiarazione non regolarizzata nel termine si considera omessa.2. La dichiarazione è incompleta se non vi sono indicati tutt i i beni e i diritt i compresi nell’att ivo ereditario, inclusi quelli alienati negli ultimi mesi di cui all’art.10.3. La dichiarazione è infedele: se i beni e diritt i compresi nell’att ivo ereditario vi sono indicati per valori inferiori a quelli determinati secondo le disposizioni degli artt . da 14 a 19 e dell’art.10; se vi sono indicati, sulla base di att estazioni o altri documenti di cui agli artt . 23 e 24 non conformi a verità, oneri e passività del tutt o o in parte inesistenti; se non vi sono indicate donazioni anteriori o vi sono indicate per valore inferiore a quello determinato secondo le disposizioni dell’art.8, comma 4.

Art.33. LIQUIDAZIONE DELL’IMPOSTA IN BASE ALLA DICHIARAZIONE1. L’uffi cio del registro liquida l’imposta in base alla dichiarazione della successione, an-che se presentata dopo la scadenza del relativo termine ma prima che sia stato notifi cato l’accertamento d’uffi cio, tenendo conto delle dichiarazioni modifi cative o integrative già presentate a norma dell’art.28, sesto comma, e dell’art.31, terzo comma» (così modifi cato dall’art.9, comma 1, L.413/94).1-bis. Se nella dichiarazione di successione e nella dichiarazione sostitutiva o integrativa, sono indicati beni immobili e diritt i reali sugli stessi, gli eredi e i legatari devono prov-vedere nei termini indicati nell’art.31, alla liquidazione e al versamento delle imposte ipotecaria e catastale, di bollo, delle tasse ipotecarie e dell’imposta sostitutiva di quella comunale sull’incremento di valore degli immobili, il suddett o versamento deve essere eff ett uato, fi no alla data di entrata in vigore del decreto legislativo previsto dall’art. 3, comma 138, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, concernente la modifi ca della disciplina dei servizi autonomi di cassa degli uffi ci fi nanziari, mediante delega ad azienda di cre-dito autorizzata o tramite il concessionario del servizio per la riscossione competente in base all’ultima residenza del defunto o, se questa era all’estero o non nota, al concessio-nario del servizio per la riscossione di Roma.2. In sede di liquidazione l’uffi cio provvede a correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dal dichiarante nella determinazione della base imponibile e ad escludere» (così modifi cato dall’art.9, comma 1, L.413/94.).a) le passività esposte nella dichiarazione per le quali non ricorrono le condizioni di de-ducibilità di cui agli artt . 21 e 24 eccedenti i limiti di deducibilità di cui agli artt . 22 e 24, nonché gli oneri non deducibili a norma dell’art.8, primo comma;b) le passività e gli oneri esposti nella dichiarazione che non risultano dai documenti prodott i in allegato alla dichiarazione o su richiesta dell’uffi cio;c) le riduzioni e le detrazioni indicate nella dichiarazione non previste negli artt . 25 e 26 o non risultanti dai documenti prodott i in allegato alla dichiarazione o su richiesta dell’uffi cio.3. Le correzioni e le esclusioni di cui al secondo comma devono risultare nell’avviso di liquidazione dell’imposta.4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche per la riliquidazione dell’im-posta in base a dichiarazione sostitutiva e per la liquidazione della maggiore imposta in base a dichiarazione integrativa.

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Art.34. RETTIFICA E LIQUIDAZIONE DELLA MAGGIORE IMPOSTA1. L’uffi cio del registro, se ritiene che la dichiarazione della successione, o la dichiara-zione sostitutiva o integrativa, sia incompleta o infedele, provvede con lo stesso att o alla rett ifi ca e alla liquidazione della maggiore imposta, con gli interessi «dalla data di notifi -cazione della liquidazione dell’imposta principale» (così modifi cato dall’art.9, comma 1, L.413/94) nella misura del 4,50 per cento per ogni semestre compiuto.2. L’avviso di rett ifi ca e di liquidazione della maggiore imposta deve contenere:la descrizione dei beni o diritt i non dichiarati, compresi quelli alienati dal defunto negli ultimi sei mesi, con l’indicazione del valore att ribuito a ciascuno di essi o del maggior valore att ribuito a ciascuno dei beni o diritt i dichiarati;l’indicazione delle donazioni anteriori non dichiarate e del relativo valore, o del maggior valore att ribuito a quelle dichiarate;l’indicazione di criteri seguiti nella determinazione dei valori a norma degli artt . da 14 a 19, 8, quarto comma, e 10;l’indicazione delle passività e degli oneri ritenuti in tutt o o in parte inesistenti, con la specifi cazione degli elementi di prova contraria alle att estazioni e agli altri documenti prodott i dal dichiarante;l’indicazione delle aliquote applicate e del calcolo della maggiore imposta. Per i beni e i diritt i di cui ai commi terzo e quarto devono essere indicati anche gli elementi in base ai quali, secondo le disposizioni ivi contenute, ne è stato determinato il valore o il maggior valore.3. Il valore dei beni immobili e dei diritt i reali immobiliari è determinato dall’uffi cio, avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo ed alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data di apertura della successione, che hanno avuto per oggett o gli stessi immobili o altri di analoghe caratt eristiche e condizioni, ovvero al reddito nett o di cui gli immobili sono suscett ibili, capitalizzato al tasso mediamente ap-plicato alla dett a data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonché ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni fornite dai comuni.4. Per la determinazione del valore delle aziende, dei diritt i reali su di esse e delle azioni o quote di cui all’art.16, lett era b), l’uffi cio può tenere conto anche degli accertamenti relativi ad altre imposte e può procedere ad accessi, ispezioni e verifi che secondo le di-sposizioni relative all’imposta sul valore aggiunto.5. Non sono sott oposti a rett ifi ca il valore degli immobili iscritt i in catasto con att ribu-zione di rendita dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a sett antacinque volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a cento volte il reddito risul-tante in catasto, aggiornati con i coeffi cienti stabiliti per le imposte sui redditi, né i valori della nuda proprietà e dei diritt i reali di godimento sugli stessi immobili dichiarati in misura non inferiore a quella determinata su tale base a norma dell’art.14. La disposizio-ne del presente comma non si applica per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edifi catoria.6. Per i fabbricati dichiarati per l’iscrizione nel catasto edilizio ma non ancora iscritt i alla data di presentazione della dichiarazione della successione la disposizione del quinto comma si applica a condizione:a) che la volontà di avvalersene sia espressamente manifestata nella dichiarazione del-la successione;b) che in allegato alla domanda di voltura catastale, la quale in tal caso non può essere in-viata per posta, sia presentata specifi ca istanza di att ribuzione della rendita, recante l’indi-cazione degli elementi di individuazione del fabbricato e degli estremi della dichiarazione di successione, di cui l’uffi cio tecnico erariale rilascia ricevuta in duplice esemplare;c) che la ricevuta, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla presentazione della dichiarazione di successione, sia prodott a all’uffi cio del registro, il quale ne restituisce un

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esemplare con l’att estazione dell’avvenuta produzione.6-bis. L’uffi cio tecnico erariale, entro dieci mesi dalla presentazione dell’istanza di at-tribuzione della rendita, invia all’uffi cio del registro un certifi cato att estante l’avvenuta iscrizione in catasto del fabbricato e la rendita att ribuita; se l’imposta era già stata liqui-data in base al valore indicato nella dichiarazione della successione e tale valore risulta inferiore a cento volte la rendita così att ribuita e debitamente aggiornata, o al corrispon-dente valore della nuda proprietà o del diritt o reale di godimento, l’uffi cio del registro, nel termine di decadenza di cui al terzo comma dell’art.27, liquida la maggiore imposta corrispondente alla diff erenza, con gli interessi di cui al primo comma dalla data di noti-fi cazione della precedente liquidazione e senza applicazione di sanzioni.7. Ai fi ni dei commi quinto e sesto le modifi che dei coeffi cienti stabiliti per le imposte sui redditi hanno eff ett o per le successioni aperte dal decimo quinto giorno successivo a quello di pubblicazione dei relativi decreti ministeriali. Le modifi che dei moltiplicatori di sett antacinque e cento volte, previste nell’art.52, quinto comma, del testo unico dell’im-posta di registro approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26-4-1986, n.131, operano anche ai fi ni dei commi predett i e hanno eff ett o per le successioni aperte dal decimo quinto giorno successivo a quello di pubblicazione del decreto con il quale sono disposte.8. Ai fi ni della rett ifi ca e della liquidazione della maggiore imposta non si tiene conto delle diff erenze di valore relative ai beni indicati nell’art.16, primo comma, lett ere b) e d), e nell’art.19, dei quali sia evidente la scarsa rilevanza.

Art.35. ACCERTAMENTO E LIQUIDAZIONE D’UFFICIO1. In caso di omissione della dichiarazione della successione l’uffi cio del registro provve-de all’accertamento dell’att ivo ereditario e alla liquidazione dell’imposta avvalendosi dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, compresi quelli desunti da dichiarazioni considerate omesse a norma degli artt . 28, ott avo comma, e 32, primo comma. In aggiunta all’imposta sono liquidati, nella misura di cui all’art.34, primo com-ma, gli interessi dalla data di scadenza del termine entro il quale la dichiarazione omessa avrebbe dovuto essere presentata.2. L’avviso di accertamento e liquidazione deve contenere: l’indicazione delle generalità dei chiamati all’eredità; la descrizione dei beni e dei diritt i compresi nell’att ivo ereditario, con l’indicazione dei valori a ciascuno di essi att ribuiti e dei criteri seguiti per determi-narli a norma degli artt . da 14 a 19, 34, commi terzo e quarto, e 10; l’indicazione del va-lore e degli estremi delle donazioni anteriori di cui all’art.8, quarto comma; l’indicazione delle aliquote applicate e del calcolo dell’imposta.2-bis. La motivazione dell’att o deve indicare i presupposti di fatt o e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Se la motivazione fa riferimento a un altro att o non riconosciu-to né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’att o che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. L’accertamento è nullo se non sono osservate le disposizioni di cui al presente comma.3. L’esistenza di passività deducibili e la spett anza di riduzioni e di detrazioni possono essere dimostrate, nei modi indicati negli artt . 23, commi primo, secondo e terzo, 25 e 26, entro il termine di sei mesi dalla data di notifi cazione dell’avviso.4. Le disposizioni del presente articolo si applicano, salvo il diverso contenuto dell’av-viso, anche per la riliquidazione dell’imposta in caso di omissione della dichiarazione sostitutiva e per la liquidazione della maggiore imposta in caso di omissione della di-chiarazione integrativa.

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Capo VRISCOSSIONE DELL’IMPOSTA

Art.36. SOGGETTI OBBLIGATI AL PAGAMENTO DELL’IMPOSTA1. Gli eredi sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta nell’ammontare com-plessivamente dovuto da loro e dai legatari.2. Il coerede che ha accett ato l’eredità col benefi cio d’inventario è obbligato solidalmente al pagamento, a norma del primo comma, nel limite del valore della propria quota ere-ditaria.3. Fino a quando l’eredità non sia stata accett ata, o non sia stata accett ata da tutt i i chia-mati, i chiamati all’eredità, o quelli che non hanno ancora accett ato, e gli altri soggett i obbligati alla dichiarazione della successione, esclusi i legatari, rispondono solidalmente dell’imposta nel limite del valore dei beni ereditari rispett ivamente posseduti. Si applica l’art.58 del testo unico sull’imposta di registro approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26-4-1986, n.131.4. L’uffi cio del registro può chiedere la fi ssazione di un termine per l’accett azione dell’ere-dità a norma dell’art.481 del codice civile o la nomina di un curatore dell’eredità giacente a norma dell’art.528 dello stesso codice.5. I legatari sono obbligati al pagamento dell’imposta relativa ai rispett ivi legati.

Art.37. PAGAMENTO DELL’IMPOSTA1. Il pagamento dell’imposta principale, dell’imposta complementare con gli interessi di cui agli artt . 34 e 35 e dell’imposta suppletiva deve essere eseguito entro novanta giorni da quello in cui è stato notifi cato l’avviso di liquidazione.2. Dalla data di scadenza del termine di cui al primo comma decorrono gli interessi di mora nella misura del 4,50 per cento per ogni semestre compiuto.3. Non devono essere pagate le somme di importo, comprensivo di interessi e sopratt as-se, non superiore a lire ventimila.4. Il contribuente, oltre che in contanti, può pagare con cedole di titoli del debito pubblico scadute, e nei casi previsti dalla legge anche non scadute, computate per il loro importo nett o, nonché con titoli di credito bancari e postali a copertura garantita.

Art.38. DILAZIONE DEL PAGAMENTO1. Al contribuente può essere concesso di eseguire il pagamento nella misura non infe-riore al 20 per cento delle imposte, delle sopratt asse e pene pecuniarie e degli interessi di mora nei termini di cui all’art.37, primo comma, e per il rimanente importo in rate annua-li posticipate. La dilazione, che va richiesta contestualmente ai pagamenti predett i, non può estendersi oltre il quinto anno successivo a quello dell’apertura della successione e viene accordata entro novanta giorni dalla data della richiesta stessa.2. Sugli importi dilazionati sono dovuti, con decorrenza dalla data di concessione della dilazione, gli interessi a scalare nella misura del nove per cento annuo.3. La dilazione è concessa a condizione che sia prestata idonea garanzia mediante ipo-teca o cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato al valore di borsa, o fi deiussione rilasciata da istituto o azienda di credito o polizza fi deiussoria rilasciata da impresa di assicurazioni autorizzata. Gli att i e le formalità relativi alla costituzione e alla estinzione di queste garanzie sono soggett i all’imposta di registro e ipotecaria in misura fi ssa.4. Il contribuente ha in ogni caso diritt o di ott enere la dilazione se off re di iscrivere ipo-teca su beni o diritt i compresi nell’att ivo ereditario di valore complessivo superiore di almeno un terzo all’importo da dilazionare, maggiorato dell’ammontare dei crediti ga-rantiti da eventuali ipoteche di grado anteriore iscritt e sugli stessi beni e diritt i.5. Il contribuente, salva l’applicazione delle sanzioni stabilite per il ritardo nel pagamen-to, decade dal benefi cio della dilazione se non provvede al pagamento delle rate scadute

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entro sessanta giorni dalla notifi cazione di apposito avviso. E’ tutt avia in facoltà dell’uf-fi cio competente di concedere una nuova dilazione.

Art.39. PAGAMENTO DELL’IMPOSTA MEDIANTE CESSIONE DI BENI CULTURALI

1. Gli eredi e i legatari possono proporre la cessione allo Stato, in pagamento totale o parziale dell’imposta sulla successione, delle relative imposte ipotecaria e catastale, degli interessi, delle sopratt asse e delle pene pecuniarie, di beni culturali vincolati o non vinco-lati, di cui all’art.13, e di opere di autori viventi o eseguite da non più di cinquanta anni.2. La proposta di cessione, contenente la descrizione dett agliata dei beni off erti con l’in-dicazione dei relativi valori e corredata da idonea documentazione, deve essere sott o-scritt a a pena di nullità da tutt i gli eredi o dal legatario e presentata al Ministero per i beni culturali e ambientali ed all’uffi cio del registro competente, «nel termine previsto dall’art.37» (così modifi cato dall’art.9, comma 1, L.413/94) per il pagamento dell’imposta. La presentazione della proposta interrompe il termine.3. L’amministrazione dei beni culturali e ambientali att esta per ogni singolo bene l’esi-stenza delle caratt eristiche previste dalle norme indicate nell’art.13, primo comma, e di-chiara l’interesse dello Stato ad acquisirlo. L’interesse dello Stato alla acquisizione di opere di autori viventi o eseguite da non più di cinquanta anni è dichiarato dal compe-tente comitato di sett ore del Consiglio nazionale per i beni culturali e ambientali.4. Le condizioni e il valore della cessione sono stabiliti con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, sentita un’apposita commissione nominata con decreto del Mini-stro per i beni culturali e ambientali, presieduta da lui o da un suo delegato e composta da due rappresentanti del Ministero per i beni culturali e ambientali, da due rappre-sentanti del Ministero delle fi nanze e da un rappresentante del Ministero del tesoro. Il proponente può chiedere di essere sentito dalla commissione personalmente o a mezzo di un suo delegato.[5…]6. Il decreto di cui al quarto comma è emanato entro sei mesi dalla data di presentazione della proposta di cessione ed è notifi cato al richiedente. Entro due mesi dalla data di notifi cazione del decreto il proponente notifi ca al Ministero per i beni culturali e ambien-tali, a pena di decadenza, la propria accett azione con fi rma autenticata. Il decreto di cui al quarto comma e la dichiarazione di accett azione costituiscono titolo per la trascrizione del trasferimento nei registri immobiliari. I beni mobili devono essere consegnati entro i trenta giorni successivi alla notifi cazione dell’accett azione.7. Gli eredi o i legatari, ai fi ni dell’estinzione del debito tributario, devono produrre all’uffi cio del registro competente, entro sessanta giorni dalla dichiarazione di accett a-zione, le copie autentiche della stessa e del decreto recante l’indicazione del valore dei beni ceduti.8. Il cedente, se il valore dei beni ceduti è inferiore all’importo dell’imposta e degli acces-sori è obbligato a pagare la diff erenza; se il valore è superiore, non ha diritt o al rimborso. «L’eventuale diff erenza deve essere corrisposta entro sessanta giorni dalla produzione all’uffi cio dei documenti di cui al sett imo comma» (aggiunto dall’art.23, L.413/91).9. Il Ministro per i beni culturali e ambientali di concerto con il Ministro delle fi nanze, se l’amministrazione dello Stato non intende acquisire il bene off erto in cessione, dichiara con decreto di cui al quarto comma di non accett are la proposta. Della mancata cessione il Ministero per i beni culturali e ambientali dà immediata comunicazione all’uffi cio del registro e al proponente; «dalla data di ricevimento della comunicazione decorre il ter-mine di sessanta giorni per il pagamento delle somme di cui al primo comma con appli-cazione degli interessi nella misura legale decorrenti dalla scadenza del termine previsto dall’art.31, primo comma» (così modifi cato dall’art.23, L.413/91).

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Art.40. RISCOSSIONE IN PENDENZA DI GIUDIZIO1. Il ricorso del contribuente non sospende la riscossione dell’imposta principale. La somma che risulta pagata in più in base alla decisione della controversia deve essere rimborsata d’uffi cio al contribuente entro novanta giorni da quello in cui la decisione è divenuta defi nitiva.2. L’imposta complementare, se il contribuente propone ricorso, deve essere pagata per un terzo entro il termine di cui all’art.37, per due terzi dopo la decisione della commissio-ne tributaria di primo grado e per il resto dopo la decisione della commissione tributaria di secondo grado, in ogni caso al nett o delle somme già pagate; l’intendente di fi nanza, se ricorrono gravi motivi, può sospendere la riscossione fi no alla decisione della commis-sione tributaria di primo grado.3. Le somme dovute per eff ett o delle decisioni di cui al secondo comma devono essere pagate, in base ad apposito avviso, a norma dell’art.37; se l’imposta liquidata per eff ett o della decisione della commissione tributaria è inferiore a quella giàpagata, la diff erenza deve essere rimborsata d’uffi cio al contribuente entro novanta gior-ni dalla notifi cazione della decisione.4. L’imposta suppletiva deve essere pagata, in base ad apposito avviso, per intero dopo la decisione della Commissione tributaria centrale o della Corte d’appello o dell’ultima decisione non impugnata.

Art.41. RISCOSSIONE COATTIVA E PRESCRIZIONE1. Per la riscossione coatt iva dell’imposta, delle sopratt asse e delle pene pecuniarie si applicano le disposizioni del titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 28-1-1988, n.43. Lo Stato ha privilegio secondo le norme stabilite dal codice civile. Il privilegio si estingue con il decorso di cinque anni dalla data di apertura della successione o, in caso di dilazione del pagamento, dal giorno di scadenza dell’ultima rata ovvero dal gior-no in cui si è verifi cata la decadenza prevista dall’art.27.2. Il credito dell’amministrazione fi nanziaria per l’imposta defi nitivamente accertata si prescrive in dieci anni.

Art.42. RIMBORSO DELL’IMPOSTA1. Deve essere rimborsata, unitamente agli interessi, alle sopratt asse e pene pecuniarie eventualmente pagati, l’imposta:a) pagata indebitamente o risultante pagata in più a norma dell’art.40, commi da 1 a 3;b) relativa a beni e diritt i riconosciuti appartenenti a terzi, con sentenza passata in giu-dicato, per causa anteriore all’apertura della successione a seguito di evizione o rivendi-cazione ovvero di nullità, annullamento, risoluzione, rescissione o revocazione dell’att o di acquisto;c) pagata in conseguenza di dichiarazione giudiziale di assenza o di morte presunta, quando lo scomparso fa ritorno o ne è accertata l’esistenza;d) risultante pagata o pagata in più a seguito di sopravvenuto mutamento della devolu-zione ereditaria;e) pagata da enti ai quali è stata negata l’autorizzazione ad accertare l’eredità o il legato, ovvero da eredi e legatari se l’ente ott iene tardivamente il riconoscimento legale;f) risultante pagata in più a seguito di accertamento, successivamente alla liquidazione, dell’esistenza di passività o della spett anza di riduzioni e detrazioni;g) risultante pagata in più a seguito di accertamento della parentela naturale successiva-mente alla liquidazione;h)risultante pagata in più a seguito della chiusura del fallimento del defunto dichiarato dopo la presentazione della dichiarazione di successione.2.Il rimborso, salvo il disposto dell’art.40, commi 1 e 3, deve essere richiesto a pena di decadenza entro tre anni dal giorno del pagamento o, se posteriore, da quello in cui è sor-

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to il diritt o alla restituzione. La domanda deve essere presentata all’uffi cio competente, che deve rilasciarne ricevuta, ovvero essere spedita mediante plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento.3. Dalla data di presentazione della domanda di rimborso decorrono gli interessi di mora di cui all’art. 37, comma 2.4. Non si fa luogo al rimborso per gli importi, comprensivi di interessi e sopratt asse, non superiori a lire 20 mila; gli importi superiori sono rimborsati per l’intero ammontare.

Capo VINORME PARTICOLARI PER LE SUCCESSIONI TESTAMENTARIE

Art. 43 DISPOSIZIONI TESTAMENTARIE IMPUGNATE O MODIFICATE1.Nelle successioni testamentarie l’imposta si applica in base alle disposizioni contenute nel testamento, anche se impugnate giudizialmente, nonché agli eventuali accordi dirett i a reintegrare i diritt i legitt imari, risultanti da att o pubblico o da scritt ura privata autenti-cata, salvo il disposto, in caso di accoglimento dell’impugnazione o di accordi sopravve-nuti, dell’art. 28, comma 6, o dell’art.42, comma 2, lett era e).

Art.44 DISPOSIZIONI TESTAMENTARIE CONDIZIONALI1. L’imposta, se l’istituzione di erede è sott oposta a condizione risolutiva, si applica con le aliquote proprie dell’erede istituito e, nel caso di avveramento della condizione, con le aliquote proprie dell’erede subentrante.2. L’imposta, se l’istituzione di erede è sott oposta a condizione sospensiva, si applica con le aliquote proprie di quello degli eventuali successibili, compreso l’erede istituito ed esclusi lo stato e gli enti di cui all’art.3, che è soggett o all’imposta minore, salva l’appli-cazione della maggiore imposta se l’eredità viene devoluta a persona diversa per eff ett o dell’avveramento della condizione.3. L’imposta, nei casi di legato sott oposto a condizione sospensiva, si applica come se il legato non fosse stato disposto e, nel caso di avveramento della condizione, si applica nei confronti del legatario e, nel caso di avveramento della condizione, si applica nei confronti dell’erede.4. Le disposizioni testamentarie a favore di nascituri si considerano sott oposte a condi-zione sospensiva.

Art. 45 SOSTITUZIONE FEDECOMMISSARIA1. L’imposta, nel caos previsto dell’art.692 del codice civile, si applica nei confronti dell’istituto su un valore pari a quello dell’usufrutt o sui beni che formano oggett o della sostituzione fedecommissaria.2.L’imposta, alla morte dell’istituito, si applica nei confronti del sostituito in base al valo-re dei beni alla data di apertura della successione, ferma restando l’imposta gia applicata a norma del comma 1.3. L’imposta, quando la sostituzione non ha luogo, si applica nei confronti dell’istituito in base al valore della piena proprietà dei beni alla data di apertura della successione, detraendo l’imposta precedentemente pagata.

Art.46 PRESUNZIONE DI LEGATO1. Il riconoscimento, contenuto nel testamento, che determinati beni intestati al defunto o da lui posseduti o che si presumono compresi nell’att ivo ereditario appartengono a un terzo è considerato legato a favore di questo, se non è dimostrato che alla data dell’aper-tura della successione i beni già gli appartenevano.2. Il riconoscimento di debito contenuto nel testamento è considerato legato, se l’esisten-za del debito non è dimostrata nei modi indicati nell’art.23.3. L’onere a carico dell’erede o del legatario, che ha per oggett o prestazioni a soggett i terzi

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determinati individualmente, è considerato legato a favore del benefi ciario.Capo VII

DISPOSIZIONI VARIE

Art.47 POTERI DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA1. L’uffi cio competente, ai fi ni dell’accertamento e della riscossione, oltre ad avvalersi delle altre facoltà previste nel presente Testo unico, può:a) invitare i soggett i obbligati alla presentazione della dichiarazione della successione, indicandone il motivo, a produrre documenti, o a comparire di persona o per rappresen-tanza per fornire dati e notizie rilevanti ai fi ni dell’accertamento;b) Inviare agli stessi soggett i questionari relativi a dati e notizie di caratt ere specifi co, con invito a restituirli compilati e fi rmati;c) richiedere informazioni ai pubblici uffi ciali e agli enti ed uffi ci pubblici, che sono ob-bligati a comunicare dati e notizie di cui siano in possesso;d) dimostrare, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, la simula-zione di att i di trasferimento a titolo oneroso anteriori di oltre sei mesi all’apertura della successione, di att i costitutivi di passività deducibili e di ogni altro att o rilevante ai fi ni della determinazione della base imponibile o dell’imposta;d-bis) dimostrare, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, la sus-sistenza, l’insussistenza, la simulazione e la dissimulazione di fatt i o att i rilevanti ai fi ni della determinazione della base imponibile o dell’imposta.2. Il servizio di vigilanza sulle aziende di credito, su richiesta del ministro delle fi nanze, controlla l’esatt ezza delle certifi cazioni di cui all’art. 23, comma 2.

Art.48 DIVIETI E OBBLIGHI A CARICO DI TERZI1. Gli uffi ciali dello stato civile devono trasmett ere all’uffi cio del registro competente, nei primi 15 giorni di ogni trimestre, l’elenco delle persone residenti nel comune della cui morte hanno avuto notizia nel trimestre precedente, con l’indicazione dell’indirizzo e con lo stato di famiglia di ciascuna.2. Gli impiegati dello stato e degli enti pubblici territoriali e i pubblici uffi ciali, con esclu-sione dei giudici e degli arbitri, non possono compiere att i relativi a trasferimenti per causa di morte, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all’art.27, comma 4, della dichiarazione della successione o dell’in-tervenuto accertamento d’uffi cio, e non è stato dichiarato per iscritt o dall’interessato che non vi era obbligo di presentare la dichiarazione. I giudici e gli arbitri devono comunica-re all’uffi cio del registro competente, entro quindici giorni, le notizie relative a trasferi-menti per causa di morte apprese in base agli att i del processo.3. I debitori del defunto e i detentori di beni che gli appartenevano no possono pagare le somme dovute o consegnare i beni detenuti agli eredi, ai legatari e ai loro aventi cau-sa, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all’art.27, comma 4, della dichiarazione della successione o integrativa con l’indicazione dei crediti e dei beni suddett i, o dell’intervenuto accertamento in rett ifi ca o d’uffi cio, e non è stato dichiarato per iscritt o dall’interessato che non vi era obbligo di presentare la dichiarazione. I debitori del defunto devono comunicare per lett era racco-mandata all’uffi cio del registro competente, entro dieci giorni, l’avvenuto pagamento dei crediti di cui all’art.12, lett ere d) ed e).4. Le aziende e gli istituti di credito, le società e gli enti che emett ono azioni, obbligazioni, cartelle, certifi cati e altri titoli di qualsiasi specie, acne provvisori, non possono prov-vedere ad alcuna annotazione nelle loro scritt ure né ad alcuna operazione concernente i titoli trasferiti per causa di morte, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all’art.27, comma 4, della dichiarazione della

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successione o integrativa con l’indicazione dei suddett i titoli, o dell’intervenuto accerta-mento in rett ifi ca o d’uffi cio, e non è stato dichiarato per iscritt o dall’interessato che non vi era obbligo di presentare la dichiarazione.5. Le dichiarazioni di inesistenza dell’obbligo di presentare la dichiarazione della suc-cessione ricevute dai soggett i, di sui ai commi 2, 3 e 4, devono essere trasmesse entro quindici giorni all’uffi cio del registro competente.6. Le cassett e di sicurezza non possono essere aperte dai concessionari, prima che gli stessi abbiano apposto la loro fi rma, con l’indicazione della data e dell’ora di apertura, su apposito registro tenuto dai concedenti in forma cronologica e senza fogli o spazi bianchi e abbiano dichiarato per iscritt o sul registro stesso che le eventuali altre persone aventi facoltà di aprirle sono tutt ora in vita. Le cassett e di scurezza, dopo la morte del concessionario o di uno dei concessionari, possono essere aperte solo alla presenza di u funzionario dell’amministrazione fi nanziaria o di un notaio, che redige l’inventario del contenuto, previa comunicazione da parte del concedente all’uffi cio di registro, nella cui circoscrizione deve essere redatt o l’inventario, del giorno e dell’ora dell’apertura.7. Le disposizioni del comma 6 si applicano anche al caso di armadi, casseforti, borse, valigie, plichi e pacchi chiusi depositati presso banche o altri soggett i che esercitano tale servizio.

Art.49. NOTIFICAZIONI1. Gli avvisi previsti nel presente testo unico sono notifi cati, nei modi stabiliti in materia di imposte sui redditi, dagli uffi ciali giudiziari, da messi speciali autorizzati a norma di legge dagli uffi ci del registro o da messi comunali o di conciliazione.

Capo VIIISANZIONI

Art.50. OMISSIONE O TARDIVITÀ DELLA DICHIARAZIONE1. Chi omett e di presentare la dichiarazione della successione, quella sostitutiva o la di-chiarazione integrativa è punito con la sanzione amministrativa dal 120 al 240% dell’im-posta liquidata o riliquidata d’uffi cio. Se non è dovuta l’imposta si applica la sanzione amministrativa da lire 500 mila a lire 2 milioni.

Art.51. INFEDELTÀ NELLA DICHIARAZIONE1. Chi omett e l’indicazione di dati o elementi rilevanti per la liquidazione o riliquida-zione dell’imposta o li indica in maniera infedele, ovvero espone passività in tutt o o in parte inesistenti, è punito con sanzione amministrativa dal cento al 200% della diff erenza d’imposta. La stessa sanzione si applica, con riferimento all’imposta corrispondente, a chi rilascia o sott oscrive att estazioni o altri documenti rilevanti per la determinazione delle passività deducibili contenenti dati o elementi non rispondenti al vero.2. La sanzione di cui al comma 1 non si applica relativamente all’imposta corrispondente al maggior valore defi nitivamente accertato dei beni e diritt i diversi da quelli indicati nell’art.34, comma 5, se il valore accertato non supera di un quarto quello dichiarato.3. Se l’omissione o l’infedeltà att engono a dati o elementi non incidenti sulla determina-zione del tributo, si applica la sanzione da lire 500 mila a lire 2 milioni. La stessa sanzione si applica per la mancata allegazione alle dichiarazioni dei documenti prescritt i o dei prospett i rilevanti ai fi ni della liquidazione delle imposte ipotecaria e catastale, di bollo, delle tasse ipotecarie e dell’imposta sostitutiva di quella comunale sull’incremento di valore degli immobili, ovvero nel caso di inesatt ezza o di irregolarità dei prospett i mede-simi. La sanzione è ridott a alla metà se si provvede alla regolarizzazione nel termine di 60 giorni dalla richiesta dell’uffi cio.

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Art.52. OMISSIONE E TARDIVITÀ DEL PAGAMENTO(abrogato).

Art.53. ALTRE VIOLAZIONI1. L’erede o il legatario al quale sono stati devoluti beni culturali è punito, nei casi previsti nell’art.13, quarto comma, con la sanzione amministrativa dal cento al 200% dell’imposta o della maggiore imposta dovuta ai sensi dell’ art.32 o dell’art.35, in dipendenza della inclusione dei beni nell’att ivo ereditario o della esclusione della riduzione d’imposta di cui all’art.25, secondo comma.2. Chi viola i divieti stabiliti nell’art.48, commi da 2 a 4, o non adempie l’obbligo di cui al quinto comma dello stesso articolo, è punito con la sanzione amministrativa dl cento al 200% dell’ l’imposta o della maggiore imposta in relazione ai beni e diritt i ereditari ai quali si riferisce la violazione.3. In caso di violazione delle disposizioni del sesto comma dell’art.48, i soggett i indicati nel comma stesso e nel successivo sett imo comma, nonché i concedenti o depositari, sono puniti con sanzione amministrativa da lire 500 mila a 4 milioni applicabile a chi:a) non ott empera alle richieste dell’uffi cio o comunica dati incompleti o infedeli;b) dichiara di non possedere, rifi uta di esibire o sott rae all’ispezione documenti e scritt u-re, ancorché non obbligatori, dei quali risulti con certezza l’esistenza;c) rifi uta di sott oscrivere l’att estazione di cui all’art. 23 comma 3, di consegnare agli ob-bligati alla dichiarazione i titoli delle passività o non permett endo che ne sia fatt a copia autentica; di consegnare o di rilasciare agli stessi gli estratt i e le copie autentiche di cui all’art.23 e all’art. 30, comma 14. La sanzione indicata nei commi 2 e 3 è raddoppiata per la violazione di obblighi o di divieti posti a carico di pubblici uffi ciali o di pubblici impiegati, ovvero di banche, società di credito o di intermediazione o dell’Ente poste italiane. Fino a prova contraria, si presu-me che autori della violazione siano i legali rappresentanti delle banche, società o enti.

Art.54. DETERMINAZIONE DELLA SANZIONE PECUNIARIA1. Nella determinazione della sanzione commisurata all’imposta o alla maggiore impo-sta, questa è assunta al nett o delle riduzioni e delle detrazioni di cui agli art. 25 e 26.

Titolo IIIAPPLICAZIONE DELL’IMPOSTA ALLE DONAZIONI

Art.55. REGISTRAZIONE DEGLI ATTI DI DONAZIONE1. Gli att i di donazione sono soggett i a registrazione secondo le disposizioni del testo unico sull’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26-4-1986, n.131, concernenti gli att i da registrare in termine fi sso.1-bis. Sono soggett i a registrazione in termine fi sso anche gli att i aventi a oggett o dona-zioni, dirett e o indirett e, formati all’estero nei confronti di benefi ciari residenti nello sta-to. Dall’imposta sulle donazioni determinata a norma del presente titolo si detraggono le imposte pagate all’estero in dipendenza della stessa donazione e in relazione ai beni ivi esistenti, salva l’applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni.2. Gli att i che hanno per oggett o trasferimenti di cui all’art.3 sono registrati gratuitamen-te, salvo il disposto del terzo comma dello stesso articolo.

Art.56. DETERMINAZIONE DELL’IMPOSTA1. Per le donazioni e gli att i di trasferimento a titolo gratuito di beni e diritt i e la costi-tuzione di vincoli di destinazione di beni l’imposta è determinata dall’applicazione

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delle seguenti aliquote al valore globale dei beni e dei diritt i al nett o degli oneri da cui è gravato il benefi ciario diversi da quelli indicati dall’art. 58, comma 1, del citato Testo unico di cui al decreto legislativo 31 ott obre 1990, n.346, ovvero, se la donazione è fatt a congiuntamente a favore di più soggett i o se in uno stesso att o sono compresi più att i di disposizione a favore di soggett i diversi, al valore delle quote dei beni o diritt i att ribuiti:a)a favore del coniuge e dei parenti in linea rett a sul valore complessivo nett o ecceden-te, per ciascun benefi ciario, 1.000.000 di euro: 4%;b) a favore degli altri parenti fi no al quarto grado e degli affi ni in linea rett a, nonché degli affi ni in linea collaterale fi no al terzo grado: 6%;c) a favore di altri soggett i: 8%.2. Con cadenza quadriennale, con decreto del ministro dell’economia e delle fi nanze si procede all’aggiornamento degli importi esenti dall’imposta tenendo conto dell’in-dice del costo della vita.4. Il valore dei beni e dei diritt i donati è determinato a norma degli articoli da 14 a19 e dell’art. 34, commi 3,4 e 5.5. Si applicano le riduzioni previste nell’art. 25, salvo quanto stabilito nell’art.13, commi 3, 4 e 5 e nell’art. 51, comma 2, e di detrae l’imposta comunale sull’incremento di valo-re delgi immobili liquidata a seguito di donazione, per ciascun immobile donato, fi no a concorrenza della parte dell’imposta proporzionale al valore dell’immobile stesso. E’ inoltre detratt a, se alla richiesta di registrazione dell’att o di donazione è allegata la fatt u-ra, l’imposta sul valore aggiunto aff erente la cessione.

Art. 56 –bis ACCERTAMENTO DELLE LIBERALITÀ INDIRETTE1. Ferma l’esclusione delle donazioni o liberalità di cui agli articoli 742 e 783 del codice ci-vile, l’accertamento delle liberalità diverse dalle donazioni e da quelle risultanti da att i di donazione eff ett uati all’estero a favore di residenti può essere eff ett uato esclusivamente in presenza di entrambe le seguenti condizioni:a) quando l’esistenza delle stesse risulti da dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti dirett i all’accertamento di tributi;b) quando le liberalità abbiano determinato, da sole o unitamente a quelle gia eff ett uate nei confronti del medesimo benefi ciario, un incremento patrimoniale superiore all’im-porto di 350 milioni di lire2. Alle liberalità di cui al comma 1 si applica l’aliquota del 7% dal calcolare sulla parte dell’incremento patrimoniale che supera l’importo di 350 milioni di lire.3. Le liberalità di cui al comma 1 possono essere registrate volontariamente, ai sensi dell’art.8 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del presidente della repubblica 26 aprile 1986, n. 131. In tale caso si applica l’imposta con le aliquote indicate all’art.56 mentre qualora la registrazione volontaria sia eff ett uata entro il 31 dicembre 2001 (prorogato al 30 giugno 2002), si applica l’aliquota dle 3%.

Art.57. DONAZIONI ANTERIORI1. Il valore globale nett o dei beni e dei diritt i oggett o della donazione è maggiorato, ai soli fi ni della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell’art.56, di un importo pari al valore complessivo di tutt e le donazioni, anteriormente fatt e dal donante al dona-tario, comprese quelle presunte di cui all’art.1, terzo comma, ed escluse quelle indicate nell’art.1, quarto comma, e quelle registrate gratuitamente o con pagamento dell’imposta in misura fi ssa a norma degli artt . 55 e 59. Agli stessi fi ni, nelle ipotesi di cui all’art.56, secondo comma, il valore globale nett o di tutt i i beni e diritt i complessivamente donati è maggiorato di un importo pari al valore complessivo di tutt e le donazioni anteriormente fatt e ai donatari e il valore delle quote spett anti o dei beni e diritt i att ribuiti a ciascuno di

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essi è maggiorato di un importo pari al valore delle donazioni a lui anteriormente fatt e dal donante. Per valore delle donazioni anteriori si intende il valore att uale dei beni e dei diritt i donati; si considerano anteriori alla donazione, se dai relativi att i non risulta diversamente, anche le altre donazioni di pari data.2. Negli att i di donazione e negli att i di cui all’art.26 del testo unico sull’imposta di re-gistro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26-4-1986, n.131, devono essere indicati gli estremi delle donazioni anteriormente fatt e dal donante al donatario o ad alcuno dei donatari e i relativi valori alla data degli att i stessi. Per l’omissione, l’incom-pletezza o l’inesatt ezza di tale indicazione si applica, a carico solidalmente dei donanti e dei donatari, la pena pecuniaria da una a due volte la maggiore imposta dovuta.

Art.58. DISPOSIZIONI VARIE1. Gli oneri da cui è gravata la donazione, che hanno per oggett o prestazioni a soggett i terzi determinati individualmente, si considerano donazioni a favore dei benefi ciari.2. Per le donazioni sott oposte a condizione si applicano le disposizioni relative all’impo-sta di registro. Le donazioni a favore di nascituri e quelle a favore di enti di cui all’art.31, secondo comma, lett ere g) e h), si considerano sott oposte a condizione sospensiva.3. Se nell’att o di donazione è prevista la sostituzione di cui all’art.692 del codice civile si applicano le disposizioni dell’art.45.4. Il rimborso dell’imposta pagata spett a anche nei casi di cui all’art.42, primo comma, lett ere b), d) e g).5. Le disposizioni di questo titolo si applicano, in quanto compatibili, anche per gli att i di liberalità tra vivi diversi dalla donazione.

Art.59. APPLICAZIONE DELL’IMPOSTA IN MISURA FISSA1, L’imposta si applica nella misura fi ssa prevista per l’imposta di registro:a) per le donazioni di beni culturali vincolati di cui all’art.12 lett era g), a condizione che sia presentata all’uffi cio del registro l’att estazione prevista dall’art.13, comma 2, salvo quanto stabilito nei commi 3, 4 e 5 dello stesso articolo;b) per le donazioni di ogni altro bene o diritt o dichiarato esente dall’imposta a norma di legge a eccezione dei titoli di cui alle lett ere h) e i) dell’art.12.(…)3. Se i beni di cui al presente articolo sono compresi insieme con altri beni o diritt i in uno stesso att o di donazione, del loro valore non si tiene conto nella determinazione dell’im-posta a norma dell’art.57.

Art.59-bis ESENZIONE PER I VEICOLI ISCRITTI AL PUBBLICO REGISTRO AUTOMOBILISTICO

1.Non sono soggett e ad imposta, anche nella ipotesi di cui all’articolo 59, comma 3, le donazioni di veicoli di cui all’articolo 12, comma 1, lett era l).

Art.60. RINVIO1. Per le modalità e i termini della liquidazione dell’imposta o maggiore imposta de-terminata a norma degli artt . 56 e 57, per la rett ifi ca del valore dei beni e dei diritt i, per l’applicazione dell’imposta in caso di omissione della richiesta di registrazione, per la riscossione e il rimborso dell’imposta, per i divieti e gli obblighi a carico di terzi e per le sanzioni si applicano, in quanto non diversamente disposto in questo titolo e nell’art.34, commi quarto e ott avo, le disposizioni del testo unico sull’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26-4-1986, n.131.

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Titolo IVDISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Art.61. CONSOLIDAZIONE DELL’USUFRUTTO1. L’imposta relativa alla riunione dell’usufrutt o alla nuda proprietà trasferita a titolo gratuito o per causa di morte si applica solo se la consolidazione dell’usufrutt o si è veri-fi cata anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repub-blica 26-10-1972, n.637. Non si fa luogo a rimborso delle imposte già pagate.

Art.62. AGEVOLAZIONI1. Restano ferme le agevolazioni previste da altre disposizioni di legge.

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GIURISPRUDENZA

TRIBUNALE REGGIO EMILIA, SEZ. I CIV., DECRETO 23.3.2007

in Trusts e attività fi duciarie, 3/2007, p. 419

In sede di modifica delle condizioni di separazione consensuale, il Tribunale riunito in Camera di Consiglio accoglie l’istanza congiunta delle parti, ritenuta conforme all’interesse della prole, che prevede l’imposizione del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter Codice Civile sui beni immobili trasferiti dal genitore obbligato al mantenimento dei figli al genitore affidatario.In tal modo il ricevente non può disporre liberamente di tali beni, in quanto gli immobili non possono essere ceduti fino al raggiungimento dell’indipendenza da parte dei figli; i frutti prodotti costituiscono una sicura fonte di reddito per la prole beneficiaria; viene inoltre a realizzarsi una piena ed efficace garanzia sui beni vincolati rispetto ad atti esecutivi di terzi.

IL TRIBUNALE DI REGGIO EMILIASEZIONE PRIMA CIVILE

riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei seguenti Magistrati:- Dr. Roberto Piscopo PRESIDENTE- Dr. Stefano Scati GIUDICE- Dr. Giovanni Fanticini GIUDICE RELATOREnel procedimento n. … Reg. N.C. ex art. 710 cod. proc. civ., promosso da XXX e YYY

− esaminata la documentazione e i verbali del 30/11/2006 e del 22/3/2007,udita la relazione svolta dal Giudice Relatore Dr. Giovanni Fanticini,osserva quanto segue

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del … i coniugi hanno adito il Tribunale per la modifi ca delle condizioni di separazione: chiedevano, in particolare, la sostituzione della condizione sub E) del verbale di separazione consensuale del … (omologato in data …) – la quale prescriveva a YYY l’obbligo di contribuire al mantenimento dei fi gli minori versando alla XXX un assegno mensile di Euro 400,00 (comprensivo di spese straordinarie; somma rivalutabile secondo indici Istat dall’1/10/2006) – con il trasferimento alla XXX, “in adempimento all’obbligo di mantenimento dei fi gli minori”, di immobili (terreni agricoli e fabbricati), ubicati in … in titolarità del YYY per l’intero o in quota del 50%.Interveniva, in data …, il Pubblico MinisteroCon provvedimento del …, sentite le parti, il Tribunale osservava che la concorde richie-sta di modifi ca non appariva rispondente all’interesse della prole: difatt i, l’obbligo di

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mantenimento dei fi gli minori, precedentemente assunto dal padre con il pagamento di una somma mensile, veniva – nella domanda – sostituito con il trasferimento alla madre (affi dataria della prole) del compendio immobiliare, ma senza alcuna garanzia sulla de-stinazione dei cespiti e dei loro frutt i (naturali e civili) al mantenimento della prole.Il Collegio suggeriva alle parti l’apposizione sugli immobili trasferendi di un vincolo di destinazione (art. 2645-ter cod. civ.) che consentisse di sott rarre i beni alla libera disponi-bilità della madre e impegnasse gli stessi al preminente interesse dei fi gli (peraltro, att e-nuando il rischio di espropriazione da parte di eventuali creditori); conseguentemente, rimett eva i coniugi innanzi al Giudice Relatore.All’udienza del … YYY e XXX modifi cavano l’originaria domanda e, previa produzione di un aggiornato certifi cato di destinazione urbanistica relativo ai terreni (in att i), così concludevano:“insistono per la modifi ca consensuale delle condizioni della separazione richiesta con ri-corso congiunto ex art. 710 c.p.c. e dichiarano di concordare la modifi ca della condizione E) del verbale di separazione coniugi sostituendola con quelle qui di seguito indicate:1) Il Sig. YYY trasferisce la quota pari al 50% dell’immobile indicato ai punti a), b) e c) e il 100% dell’immobile indicato al punto d) del presente att o, con questo verbale, alla mo-glie XXX, la quale accett a, in adempimento all’obbligo di mantenimento dei fi gli minori, i seguenti beni immobili:a) casa di civile abitazione posta in Comune di …, località X, con circostante area cortiliva di pertinenza in proprietà esclusiva, composta da: al piano terra cucina, pranzo, camera da lett o, bagno, locale caldaia e studio; al primo piano soggiorno, tre camere da lett o, ripostiglio, bagno e terrazzo;al secondo piano un sott otett o. Il tutt o con scala interna di collegamenti confi na con via … Agli eff ett i dell’art. 40, 2 comma della Legge 28/2/1985 n. 47 e sue modifi cazioni, la parte cedente dichiara che il fabbricato è stato edifi cato in base a licenza edilizia n. 80/1970 rilasciata dal Comune di … il … e successiva licenza per ristrutt urazione n. … con certifi cazione di abitabilità del …, prot....;b) al piano terra, quali accessori della casa di cui alla lett era a) un’autorimessa, una can-tina ed un ripostiglio, al primo piano un vano ad uso ripostiglio, confi nanti nell’insieme con cortile, con ragioni ---. Dett o immobile(compreso quello sub a) risulta censito nel Catasto Fabbricati del Comune di …;c) appezzamento di terreno esteso circa are novantuno e centiare diciannove,avente la destinazione urbanistica di cui all’allegato certifi cato, confi nante con ragioni --- Dett o terreno risulta censito nel Catasto terreni del Comune di …;d) Terreno agricolo senza fabbricati della superfi cie catastale complessiva di HA 1.17.46 (ett ari uno are diciassett e e centiare quarantasei), censito nel C.C.T. di dett o Comune;2) che i presenti trasferimenti vengono fatt i ed accett ati a corpo con tutt i i diritt i, ragioni, azioni, accessioni, dipendenze e pertinenze, usi, servitù inerenti a quanto costituito, nello stato di fatt o e di diritt o in cui si trovano e così come è stato pacifi camente posseduto dal sig. YYY, ad esso pervenuto per gli immobili di cui ai punti a,b e c. per att o a ministero Dott . …;3) che il Sig. YYY per quanto occorrer possa, garantisce la piena proprietà di quanto oggi assegnato e la sua libertà alla data odierna da pesi, vincoli, privilegi, anche di natura fi -scale, sequestri, pignoramenti e/o da oneri comunque pregiudizievoli, ad eccezione della ipoteca iscritt a dal GruppoBancario … a carico degli immobili indicati alla condizione n. 1 punti a) b) e c) a garanzia del mutuo ipotecario stipulato da entrambi i coniugi che rimane a carico esclusivo della Sig.ra XXX già dalla sott oscrizione del presente att o sino all’estinzione dello stesso, in data 12/11/1999, con formalità eseguita presso la conservatoria dei Registri Immobiliari di Reggio Emilia in data …, R.G. …, R.P. …;4) Il predett o mutuo gravante sull’immobile sopra descritt o viene immediatamente as-

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sunto da XXX che fi n d’ora libera il coniuge da ogni inerente e conseguente obbligazione dando att o di rimanere la solo obbligata all’estinzione del mutuo e alla conseguente can-cellazione di ipoteca ed impegnandosi a notifi care il presente accollo all’istituto mutuan-te cui seguirà la notifi ca del presente verbale che recepirà l’intervenuto accollo;- che il Sig. YYY, per quanto occorrer possa, presta le più ampie garanzie di legge per il caso di evizione e/o di molestie;- Il Sig. YYY dichiara, per quanto occorrer possa, ai sensi e per gli eff ett i di cui all’art. 2834 c.c., di rinunciare alla ipoteca legale di cui all’art. 2817 comma 1 n. 1 c.c.;5) che gli eff ett i utili ed onerosi del presente trasferimento decorreranno dalla data del presente verbale;6) che le parti chiedono che agli eff ett i fi scali i predett i trasferimenti di quota di proprietà dei predett i immobili vengano dichiarati esenti da ogni imposta e tassa ai sensi dell’art. 19 L. 898/70 e succ. modif. (Corte Cost. N. 154/99);7) ai sensi e per gli eff ett i di cui all’art. 2645-ter c.c. la sig.ra XXX si obbliga ad impiegare i frutt i degli immobili indicati alla condizione n.1 punti a), b), c) e d) per il pagamento del mutuo ipotecario iscritt o dal Gruppo Bancario … a carico degli immobili indicati alla condizione n.1 punti a), b), c) e, una volta estinto dett o mutuo, ad impiegare i frutt i degli immobili per il mantenimento della prole sino al raggiungimento dell’autosuffi cienza economica del più giovane dei fi gli;8) ai sensi e per gli eff ett i di cui all’art. 2645-ter c.c. la sig.ra XXX si impegna, altresì, a non alienare gli immobili indicati alla condizione n.1 punti a), b), c) e d) sino al raggiungi-mento dell’autosuffi cienza economica del più giovane dei fi gli;9) La Sig.ra XXX dà att o che YYY ha versato con assegno bancario ricevuto in data … la somma di euro 1.400,00, di cui euro 400,00 relativa al mantenimento dei fi gli minori per il mese di Luglio 2006, ed euro 1.000,00 a saldo di tutt i i crediti vantati dalla Sig.ra XXX nei confronti del Sig. YYY;10) I canoni di locazione percepiti per l’immobile indicato al punto n. a) b) e c) spett eran-no per intero alla Sig.ra XXX;11) Le parti dichiarano reciprocamente di nulla più pretendere per qualunque titolo o ragione,fatt a eccezione degli adempimenti indicati nelle premesse del presente att o;12) Le spese del presente procedimento sono compensante tra le parti;13) restano ferme e confermate le condizioni di cui ai punti A), B), C), D), F), G), H), L), M) e N) del verbale di separazione del ...”.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Al negozio traslativo degli immobili (sostitutivo della condizione E del verbale di sepa-razione omologato) i coniugi hanno aggiunto le seguenti patt uizioni:“… ai sensi e per gli eff ett i di cui all’art.− 2645-ter c.c. la sig.ra XXX si obbliga ad impiega-re i frutt i degli immobili indicati alla condizione n. 1 punti a), b), c) e d) per il pagamento del mutuo ipotecario iscritt o dal Gruppo Bancario … a carico degli immobili indicati alla condizione n.1 punti a), b), c) e, una volta estinto dett o mutuo, ad impiegare i frutt i degli immobili per il mantenimento della prole sino al raggiungimento dell’autosuffi cienza economica del più giovane dei fi gli”;“… ai sensi e per gli eff ett i di cui all’art. 2645-ter c.c. la sig.ra XXX si impegna, altresì, a non alienare gli immobili indicati alla condizione n. 1 punti a), b), c) e d) sino al raggiun-gimento dell’autosuffi cienza economica del più giovane dei fi gli”.Spett a ora al Collegio valutare se l’interesse della prole è stato suffi cientemente salva-guardato att raverso le patt uizioni suddett e e, per fare ciò, occorre esaminare l’applicabi-lità dell’art. 2645-ter cod. civ. e gli eff ett i del vincolo impresso.La menzionata disposizione fa riferimento agli “att i in forma pubblica”.

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Poiché è impensabile che il legislatore abbia voluto “esautorare” il contratt o (apparente-mente escluso dalla norma che riguarda esplicitamente i soli “att i”) e, cioè, lo strumen-to principe att raverso il quale si esprime l’autonomia negoziale, il riferimento lett erale (“att i”) dell’art. 2645-ter cod. civ. deve intendersi limitato al requisito formale richiesto per la trascrizione, la quale deve essere eff ett uata sulla scorta di un “att o pubblico” ai sensi dell’art. 2699 cod. civ. Proprio per la centralità riconosciuta all’autonomia negoziale privata, la locuzione impiegata all’inizio dell’articolo 2645-ter cod. civ. deve, perciò, esse-re riferita al genus dei negozi (att i e contratt i) volti ad imprimere vincoli di destinazione ai beni, purché stipulati in forma solenne; del resto, il successivo richiamo all’art. 1322, comma 2°, cod. civ. dimostra che la norma concerne certamente anche i contratt i.Nel caso di specie, il verbale dell’udienza del … costituisce att o pubblico ai sensi e per gli eff ett i dell’art. 2699 cod. civ. e (previa omologazione dell’accordo) è titolo idoneo alla trascrizione nei Registri Immobiliari, a norma dell’art. 2657 cod. civ., del negozio di tra-sferimento di diritt i reali immobiliari ivi contenuto (come espressamente riconosciuto da Cass., 15/5/1997, n. 4306; analogamente, Cass., 30/8/1999, n. 9117).È soddisfatt o, pertanto, il requisito formale.È evidente, inoltre, che il negozio ha ad oggett o il trasferimento e la destinazione di beni immobili, come prevede la disposizione (che limita il suo ambito di applicazione agli immobili e ai beni mobili registrati).L’art. 2645-ter cod. civ. si riferisce a negozi atipici (ma – si deve ritenere – anche a contratt i con causa normativamente disciplinata) che destinano i beni alla realizzazione di interes-si meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322, comma 2° cod. civ.: occorre perciò esaminare la natura dell’accordo raggiunto dai coniugi YYY e XXX sott o i profi li della causa e della validità di questa in relazione alla meritevolezza degli interessi perseguiti.In giurisprudenza, l’accordo col quale si prevede la corresponsione del contributo al mantenimento dei fi gli con un trasferimento immobiliare una tantum anziché con un assegno periodico è stato considerato, dopo qualche esitazione giurisprudenziale (Trib. Catania, 1/12/1990, in Dir. Fam. Pers., 1991, pag. 1010: “Poiché la legge sul divorzio non prevede la corresponsione in unica soluzione del contributo per il mantenimento della prole e poiché del diritt o della prole minorenne al mantenimento da parte dei genitori, questi ultimi non possono disporre a loro piacimento, non è ammissibile l’assolvimento dell’obbligo di mantenimento, da parte del genitore non affi datario, mediante donazione di un cespite immobiliare; legitt imamente pertanto il giudice può determinare, in virtù dei poteri d’uffi cio che gli competono, la misura del contributo (periodico) dallo stesso genitore dovuto in favore della prole”), pienamente lecito e ammissibile (Corte App. Milano, 6/5 1994, in Fam. Dir., 1994, pag. 667; Trib. Vercelli, 24/10/1989, in Dir. Fam. Pers., 1991, pag. 1259; Trib. Siracusa, 14/12/2001, in Arch. Civ., 2002, pag. 728).Il Tribunale osserva che, per quanto att iene alle modalità di adempimento dell’obbligo di contribuire al mantenimento, all’istruzione e all’educazione dei fi gli minorenni, prima della riforma dell’art. 155 cod. civ. disposta dalla Legge 8/2/2006, n. 54, era consueta l’im-posizione al genitore non affi datario dell’obbligo di corrispondere all’altro una somma periodica di denaro; la dott rina, invero, si era interrogata sulla possibilità per il Giudice di prevedere modalità divergenti da questa, spingendosi ad ammett ere, per esempio, la “destinazione dei frutt i di beni e capitali al mantenimento del minore”.Oggi, il comma 4° dell’art. 155 cod. civ. non sembra lasciare adito a dubbi sul fatt o che la sola modalità di fonte giudiziale per la determinazione del contributo di uno dei genitori al mantenimento della prole sia costituita dalla previsione, “ove necessario”, della “corre-sponsione di un assegno periodico al fi ne di realizzare il principio di proporzionalità”.Aff att o diverso è il discorso, però, per quanto att iene alle intese delle parti, in relazione alle quali il Giudice deve limitarsi ad una mera “presa d’att o” qualora le medesime non appaiano in contrasto con l’inderogabile principio dell’interesse del minore.

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Si deve perciò concludere sul punto ritenendo che non vi siano, in linea di principio, ostacoli ad un accordo che preveda la corresponsione del contributo al mantenimento della prole in un’unica soluzione anziché con assegni periodici. Restano i dubbi (espressi in dott rina e in giurisprudenza, ma non strett amente att inenti al presente procedimento) sulla riconducibilità di eff ett i preclusivi alla prestazione una tantum, in relazione all’in-derogabile principio di proporzionalità espresso nell’art. 148 cod. civ.: solo incidental-mente, si osserva che nessuna rinunzia, espressa o tacita, potrebbe escludere la facoltà, per il genitore affi datario/convivente o per lo stesso fi glio maggiorenne ma non ancora autosuffi ciente, di far valere le eventuali sopravvenienze per eff ett o delle quali la presta-zione eff ett uata non dovesse più rispondere ai canoni ex art. 148 cod. civ.Riguardo alla causa, si rileva che le predett e pronunce riguardavano il trasferimento, o la promessa di trasferimento (qualifi cata come contratt o a favore di terzo), dirett amen-te dal coniuge separando/divorziando ai fi gli, mentre nel caso de quo il trasferimento avviene tra i coniugi, seppure con vincolo di destinazione a favore della prole e a titolo di mantenimento di questa: deve comunque essere riconosciuta la meritevolezza degli interessi perseguiti.Si tende a ravvisare la causa dei trasferimenti in favore della prole nella funzione solu-toria dell’obbligo di mantenimento, sebbene i prevalenti riferimenti giurisprudenziali richiamino la causa atipica (ex art. 1322 cod. civ.).Scartata la tesi della causa solutionis (per difett o di una preventiva predeterminazione quantitativa dell’obbligazione che il trasferimento andrebbe, in tutt o o in parte, ad estin-guere), nonché della causa transactionis (per la mancanza di un aliquid datum contrap-posto ad un aliquid retentum ed inoltre per l’indisponibilità dei diritt i in gioco, att inenti alle prestazioni ex artt . 30 Cost., 147 e 148 cod. civ.), si può riconoscere nel negozio sti-pulato dai coniugi YYY e XXX un contratt o con causa atipica, tesi richiamata pure dalla Suprema Corte proprio con riguardo ai negozi relativi alla prole (Cass., 21/12/1987, n. 9500, in Giust. Civ., 1988, I, pag. 1237; Cass., 17/6/2004, n. 11342, in Giust. civ., 2005, I, pag. 415; Cass., 8/11/2006, n. 23801).La stessa Corte ha poi statuito che “la confi gurabilità di negozi traslativi atipici, purché sorrett i da causa lecita, trova fondamento nello stesso principio dell’autonomia contrat-tuale posto dall’art. 1322 comma 2° cod. civ.” (Cass. civ., 9 ott obre 1991, n. 10612, in Riv. Not., 1991, fasc. 6, pag. 1413).La causa del trasferimento immobiliare de quo – se inteso come contratt o atipico – deve essere esaminata sott o l’aspett o della meritevolezza degli interessi sott esi.In proposito, il Tribunale osserva che l’ “immeritevolezza” degli interessi perseguiti è quasi divenuta “ipotesi di scuola” (tra gli ultimi esempi: Cass., 5/1/1994, n. 75, in Giust. Civ., 1994, I, pag. 1230 e Cass., 20/9/1995, n. 9975, in Giust. Civ., 1996, I, pag. 73) e che, al contrario, la “meritevolezza” è stata ampiamente riconosciuta perché “il fondamentale principio dell’autonomia contratt uale consente alle parti di stipulare, nei limiti imposti dalla legge, tutt e quelle intese negoziali, riconosciute dall’ordinamento giuridico, che vengano ritenute idonee alla tutela dei rapporti in continua evoluzione” (così Cass., Sez. Un., 1/10/1987, n. 7341, pluriedita); peraltro, “nella più modesta cornice che, dopo l’ado-zione della Costituzione, le compete … una volta abbandonato quel criterio dell’ «utilità sociale» che, nella relazione al codice civile, aveva giustifi cato la pur contestata adozione della norma, il giudizio di meritevolezza degli interessi perseguiti col negozio atipico si riduce, in realtà, ad una valutazione di non illiceità, in cui l’interprete deve limitarsi all’esame della non contrarietà del negozio alle norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon costume” (recentemente, Trib. Trieste 23/9/2005, in Guida Dir., 2005, n. 41, pag. 57). Anche alla luce di quanto ora esposto, non può quindi dubitarsi della liceità della causa (il mantenimento della prole) che sorregge il trasferimento immobiliare dal YYY alla XXX (inoltre, la già menzionata pronuncia di Cass., 17/6/2004, n. 11342 ha espressa-

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mente statuito che “l’accordo di separazione che contenga l’impegno di uno dei coniugi, al fi ne di concorrere al mantenimento del fi glio minore, di trasferire, in suo favore, la pie-na proprietà di un bene immobile, tratt andosi di patt uizione che dà vita ad un contratt o atipico, distinto dalle convenzioni matrimoniali e dalle donazioni, [è] volto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ai sensi dell’art. 1322 cod. civ.”).Non manca, poi, dott rina che rinviene nei negozi traslativi in sede di separazione/divor-zio una causa tipica: se si tiene conto del caratt ere di “negoziazione globale” che la cop-pia in crisi att ribuisce al momento della “liquidazione” del rapporto coniugale, di fronte alla necessità di valutare gli infi niti e complessi rapporti di dare-avere che la convivenza protratt a per anni genera, si può riconoscere un vero e proprio “contratt o di defi nizione della crisi coniugale” (o, più esatt amente, dei suoi aspett i patrimoniali), un negozio tale da abbracciare ogni forma di costituzione e di trasferimento di diritt i patrimoniali com-piuti, con o senza controprestazione, in occasione della crisi coniugale.La ricostruzione dott rinale sembra avvalorata dalla terminologia impiegata dal legisla-tore, laddove esso si riferisce alle “condizioni della separazione consensuale” (art. 711 cod. proc. civ.) e alle “condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici” in sede di scioglimento o di cessazione degli eff ett i civili del matrimonio (art. 4, comma 16°, Legge Divorzio): la lett ura coordinata delle predett e disposizioni – alla luce della giuri-sprudenza secondo cui ciascun coniuge ha il diritt o di condizionare il proprio assenso alla separazione a un soddisfacente assett o dei rapporti patrimoniali (Cass., 24/2/1993, n. 2270, in Dir. Fam. Pers., 1994, pag. 563; Cass., 22/1/1994, n. 657, in Dir. Fam. Pers., pag. 868) – consente di att ribuire a quel complemento di specifi cazione (“della separazione”) un valore non più soltanto soggett ivo ma anche oggett ivo. In altri termini, “condizioni della separazione” non sono soltanto quelle “regole di condott a” destinate a scandire il ritmo delle reciproche relazioni per il periodo successivo alla separazione o al divorzio, bensì anche tutt e quelle patt uizioni alla cui conclusione i coniugi intendono comunque ancorare la loro disponibilità per una defi nizione consensuale della crisi coniugale. Sott o il profi lo causale, dunque, i contratt i della crisi coniugale (e, segnatamente, i negozi tra-slativi di diritt i tra coniugi in crisi) si caratt erizzano per la presenza della causa tipica di defi nizione della crisi stessa.La tesi è stata recentemente accolta dalla Suprema Corte: “Gli accordi di separazione personale fra i coniugi, contenenti att ribuzioni patrimoniali da parte dell’uno nei con-fronti dell’altro e concernenti beni mobili o immobili, non risultano collegati necessaria-mente alla presenza di uno specifi co corrispett ivo o di uno specifi co riferimento ai tratt i propri della “donazione”, e … rispondono, di norma, ad un più specifi co e più proprio originario spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell’evento di “separazio-ne consensuale” … il quale, sfuggendo – in quanto tale – da un lato alle connotazioni classiche dell’att o di “donazione” vero e proprio (tipicamente estraneo, di per sé, ad un contesto – quello della separazione personale – caratt erizzato proprio dalla dissoluzione delle ragioni dell’aff ett ività), e dall’altro a quello di un att o di vendita (att esa oltretutt o l’assenza di un prezzo corrisposto), svela, di norma, una sua “tipicità” propria la quale poi, volta a volta, può … colorarsi dei tratt i dell’obiett iva onerosità piutt osto che di quelli della “gratuità”, in ragione dell’eventuale ricorrenza – o meno – nel concreto, dei con-notati di una sistemazione “solutorio-compensativa” più ampia e complessiva, di tutt a quell’ampia serie di possibili rapporti (anche del tutt o frammentari) aventi signifi cati (o eventualmente solo rifl essi) patrimoniali maturati nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale” (Cass., 14/3/2006, n. 5473; analogamente, Cass., 23/3/2004, n. 5741, in Arch. Civ., 2004, pag. 1026).A maggior ragione, perciò, riconoscendo al negozio traslativo in esame una causa tipica non può dubitarsi della sua liceità.

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Resta da analizzare la questione (essenziale nel procedimento de quo) relativa alla salva-guardia dell’interesse della prole: difatt i, come nel procedimento di separazione consen-suale seguita da omologazione (sostanzialmente assimilabile alla presente richiesta di modifi ca, avanzata congiuntamente dai coniugi), il controllo giudiziale si traduce in una verifi ca della legitt imità/opportunità delle condizioni patt uite dai coniugi sopratt utt o ri-spett o all’interesse dei fi gli, che funge da parametro di valutazione anche per le clausole relative a rapporti patrimoniali.In linea generale, si rileva che, con la trascrizione nei Registri Immobiliari ex art. 2645-ter cod. civ. (sulle modalità con cui eseguire la formalità si richiama la Circolare dell’Agen-zia del Territorio n. 5 del 7/8/2006), il vincolo di destinazione risulta opponibile erga omnes, off rendo così ai minori una signifi cativa tutela, sia con riguardo ai frutt i dei beni (da destinare al mantenimento), sia con riguardo all’inalienabilità.Inoltre, poiché per la realizzazione degli interessi ai quali è preposto il vincolo può agire, oltre al conferente (il YYY), qualsiasi interessato (e, quindi, anche il Pubblico Ministero o un tutore o un curatore speciale), l’intestatario dei beni (la XXX) non potrà essere com-pletamente libero di godere e disporre dei cespiti dovendo salvaguardare l’esigenza di mantenimento della prole.Infi ne, è prevista una piena ed effi cace garanzia sui beni rispett o agli att i di esecuzione, addiritt ura superiore alla previsione di impignorabilità dei beni costituiti in fondo pa-trimoniale: infatt i mentre l’impignorabilità per debiti contratt i per scopi estranei o dif-ferenti rispett o a quelli individuati nell’att o di destinazione dei beni (e dei relativi frutt i) conferiti ai sensi del nuovo art. 2645-ter cod. civ. appare assoluta, l’art. 170 cod. civ. as-soggett a ad esecuzione i beni del fondo patrimoniale anche per debiti contratt i per scopi estranei ai bisogni della famiglia, a condizione che il creditore non sia a conoscenza di tale ultima circostanza.Più specifi camente, si osserva che il primo vincolo impresso sui beni trasferiti alla XXX riguarda i loro frutt i (che, a norma dell’art. 2645-ter cod. civ., “possono essere impiegati solo per la realizzazione del fi ne di destinazione”) e prevede che gli stessi siano destinati – dopo l’estinzione del mutuo che grava sugli immobili – al mantenimento della prole sino al raggiungimento dell’autosuffi cienza economica.Si tratt a, con ogni evidenza, di una patt uizione favorevole per la prole: dopo la libera-zione del bene dai gravami relativi al mutuo stipulato dai coniugi acquirenti (e proprio a questo fi ne devono in primis essere destinati i frutt i), è assicurata ai fi gli – sino al rag-giungimento della loro autosuffi cienza economica – una fonte sicura di reddito (peraltro non aggredibile da eventuali creditori della XXX).Il secondo vincolo è strett amente connesso al primo (l’impiego dei frutt i è garantito anche dalla conservazione della titolarità dei cespiti, la quale consente di goderne e disporne) e prevede l’inalienabilità del bene sino al raggiungimento dell’autosuffi cienza economica della prole: a riguardo, si osserva che l’articolo 2645-ter cod. civ. (norma successiva e speciale), nel prevedere l’opponibilità ai terzi della predett a inalienabilità (ove trascritt a nei RR.II.), scardina il disposto dell’art. 1379 cod. civ. (“Divieto di alienazione”), il quale sancisce (rectius, sanciva) che “il divieto di alienare stabilito per contratt o ha eff ett o solo tra le parti”.Concludendo, la domanda di modifi ca congiuntamente avanzata dai coniugi YYY e XXX può essere accolta, risultando legitt imo il trasferimento e rispondendo all’interesse della prole l’imposizione del vincolo ex art. 2645-ter cod. civ.

P.Q.M.

Il Tribunaleaccoglie l’istanza e modifi ca la condizione sub E) del verbale di separazione consensuale

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del … (omologato in data …) conformemente alla domanda avanzata dei coniugi nel verbale dell’udienza del …

Così deciso il 23/3/2007 nella camera di consiglio della Sezione I del Tribunale di Reggio Emilia.

Il PresidenteDott . Roberto PiscopoIl Giudice EstensoreDott . Giovanni Fanticini

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TRIBUNALE REGGIO EMILIA, DECRETO 4.12.2006

in Trusts e att ività fi duciarie, “Separazione coniugale e vincolo di destinazione”, 3/2007, p. 419 ss.

Trattasi del caso già oggetto del decreto emesso dal Tribunale di Reggio Emilia in data 26.03.07.Nel decreto che sotto si riporta, il Tribunale respinge la domanda di omologa del verbale di separa-zione consensuale sottoscritto dalle parti in quanto ritenuto non rispondente all’interesse della prole, e sollecita l’ apposizione del vincolo di destinazione ai beni immobili trasferiti da un coniuge all’altro, ex art. 2645 ter c.c..

Il Tribunale di Reggio Emilia Sezione Prima Civileriunito in Camera di Consiglio nelle persone dei seguenti Magistrati:- Dr. Roberto Piscopo- Dr. Massimiliano Cenni- Dr. Giovanni Fanticininel proc. N. ... Reg. N.C. ex art. 710 c.p.c., promosso da V S. e B. M.- ritenuto che l’accordo raggiunto dalle parti all’udienza del 3011112006 non possa essere, nella sua att uale formulazione, omologato in quanto non rispondente all’interesse della prole: difatt i, l’obbligo di mantenimento dei fi gli minori, precedentemente assunto dal pa-dre con il pagamento di una somma mensile (come previsto dalla condizione E del verbale omologato), è stato sostituito con il trasferimento alla madre (affi dataria della prole) di un compendio immobiliare, ma senza alcuna garanzia sulla destinazione dei cespiti e dei loro frutt i (naturali e civili) al mantenimento della prole;- ritenuto che, interpretando la volontà ultima dei coniugi (che, però, non è stata esplicitata nel verbale), l’accordo possa essere recepito a condizione che sia apposto con un att o tipico o atipico in grado di imprimere un vincolo di destinazione ai beni trasferiti dal B. alla \I, (art. 2645-ter c.c.): infatt i, ove venisse impresso ai beni un vincolo di destinazione (ad esem-pio, obbligo di impiegare i frutt i per il mantenimento della prole sino al raggiungimento dell’autosuffi cienza economica del più giovane dei fi gli, obbligo di adibire i beni a casa fa-miliare sino al raggiungimento dell’autosuffi cienza economica, divieto di alienazione sino al raggiungimento dell’autosuffi cienza economica, ecc.) lo stesso consentirebbe di sott rarre i beni alla libera disponibilità della madre, potrebbe ritenersi conforme al preminente in-teresse dei fi gli ed att enuerebbe il rischio di espropriazione da parte di eventuali creditori; peraltro, il disposto dell’art. 2645-ter c.c. consentirebbe al B. e a qualunque altro interessato (ad esempio, il Pubblico Ministero) di vigilare sul rispett o del vincolo imposto alla V;- ritenuto opportuno riconvocare le parti per vagliarne le intenzioni;fi ssa l’udienza del 21/2/2007 alle ore 12.30 innanzi al Giudice delegato Dr. Giovanni Fanticini.Si comunichi alle parti e al PM. via fax.

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TRIBUNALE TRIESTE, UFFICIO DEL GIUDICE TAVOLARE DECRETO 7.4.06

in Trusts e att ività fi duciarie, “Impossibilità di accertare la causa e rigett o della domanda di intavolazione”, Luglio 2006, p. 417 e ss.

Il giudice tavolare, lett a la domanda proposta dal Notaio dott .... di... per conto di ... s.s.,quale trustee del trust “TRUST.............................”, visti gli att i ed esaminata la documen-tazione, osserva quanto segue.A sostegno della domanda di intavolazione del diritt o di proprietà di beni immobili a nome del trustee lo stesso produce un att o pubblico di dotazione del trust, nel quale le parti stipulanti premett ono di avere costituito un trust, di avere nominato trustee la ricorrente..............., di volere dotare il.........., il trust di un bene immobile di sua proprietà al fi ne di perseguire gli scopi del trust stesso, scopi enunciati in una scritt ura privata registrata non prodott a. Nessun’altra patt uizione caratt eristica, che consentirebbe di qua-lifi care l’att o di trasferimento alla luce dei tipi ordinari, è contenuta nell’att o stesso, con il che si deve ritenere che la natura dell’att o sia proprio e solo quella voluta dalle parti stipulanti, ovvero un att o di dotazione di bene a vantaggio di un trust.Ciò premesso, non può che dichiararsi la nullità dell’att o per difett o di causa tipica o atipica meritevole di tutela.L’att o, per la mancanza di corrispett ivo o di spirito di liberalità, non è qualifi cabile come vendita o donazione, della quale pure avrebbe la forma. È dichiaratamente defi nito att o di dotazione a trust, ma non dissimilmente da quanto già deciso dalla giurisprudenza di merito in sede di giudizio tavolare, si tratt a di att o causalmente astratt o che impedisce di apprezzare la funzione, la meritevolezza di interessi, nel senso di cui si dirà, e la perti-nenza dell’operazione rispett o al fi ne di trust.Al giudice tavolare, nel doveroso controllo di legitt imità formale e sostanziale che ca-ratt erizza il suo giudizio, e che gli impone l’accesso dirett o e pregnante alla causa del programma negoziale (accesso di fatt o impedito in quest’occasione, così come avvenuto nel precedente culminato nel rigett o del ricorso tavolare, da parte del giudice tavolare di Cortina d’Ampezzo, e nel conseguente reclamo al tribunale di Belluno) ai sensi dell’ar-ticolo 26 della legge generale sui libri fondiari, nel testo allegato al rd n. 499/1929, viene off erto un punto di osservazione privilegiato, e per certi versi più ampio di quello del giudizio ordinario, in quanto sganciato dalla contenziosità e immerso in un’analisi uffi -ciosa del programma negoziale.Per quanto sia precisa convinzione del giudice che l’articolo 12 della Convenzione de L’Aia del 1º luglio 1985 operi dirett amente nel tessuto normativo interno, consentendo la trascrizione dell’att o di trasferimento della proprietà immobiliare a un trustee, tutt avia questo risultato deve essere verifi cato in concreto, per saggiare il rispett o dei principi dell’ordinamento giuridico italiano: ciò sia con riguardo alla dimensione di tipicità del diritt o di proprietà in capo al trustee sia quanto alla trascrivibilità dell’acquisto. Ma per passare all’analisi delle questioni di fatt o, occorrerebbe potere apprezzare il programma negoziale, anche al fi ne di esprimere il proprio giudizio di apprezzamento causale e di meritevolezza.Già altrove si è sostenuto (decreto del giudice tavolare del tribunale di Trieste dd. 23 sett embre 2005, sub g. n. 10804/05) che, quanto all’individuazione dei parametri per l’ap-prezzamento del programma negoziale, il giudizio di meritevolezza andrebbe confi nato nel mero esame della non contrarietà del negozio alle norme imperative, all’ordine pub-blico e al buon costume. È questa una delle più condivisibili chiavi di lett ura per spiegare la mancanza di consapevoli apporti giurisprudenziali all’analisi della norma, una volta

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abbandonato quel criterio dell’”utilità sociale” che, nella relazione al codice civile, aveva giustifi cato la pur contestata adozione della norma. Il perseguimento dei valori costitu-zionali è compito riservato allo stato, e non ai privati, e i principi sovraordinati fungono, riguardo all’autonomia contratt uale, quali limitazioni inderogabili, più che come fi nalità che i contraenti debbano prefi ggersi. Se quindi il trust, come tanti altri negozi di importa-zione extranazionale, non è di per sé e in termini assoluti uno strumento idoneo a deter-minare squilibri ´macro-economici’, rimanendo sostanzialmente irrilevante in un’ott ica di utilità sociale, allora coerenza vuole che il sindacato dell’autorità giudiziaria debba concentrarsi, abbandonando i ´massimi sistemi’, sulla liceità in concreto dello strumento prescelto, per vedere se con la sua adozione ci si sia proposti di derogare a norme impe-rative e a principi generali.Ma per fare ciò, grazie alle prerogative riconosciute al giudice tavolare e di cui sopra si è dett o, non ci si può limitare a un apprezzamento in negativo, ma si dovranno altresì “ricostruire sistematicamente gli eff ett i” del negozio, per verifi care se essi siano rappor-tabili a quelli previsti dall’ordinamento giuridico, e se si perseguano ulteriori obiett ivi non altrimenti raggiungibili con gli strumenti ordinari, altrimenti rimanendosi all’inter-no del fenomeno del negozio misto, del collegamento negoziale, della frantumazione e ricomposizione negoziale. Che si tratt i di una valutazione simile se non uguale a quella imposta dall’articolo 1323 Codice Civile sulla liceità della causa, o se ne diverga qualitati-vamente o quantitativamente, è una questione per la cui soluzione si può fare rinvio alla dott rina che anche recentemente ne ha off erto un’att enta analisi.Questa indagine e questo esame sono in questa circostanza preclusi al giudice, a causa della mancata produzione dell’att o istitutivo di trust, rimanendo impossibile saggiare come l’eff ett o patrimoniale segregativo, il quale immancabilmente caratt erizza il trust, sia stato caratt erizzato nella fatt ispecie negoziale creata dai contraenti, e come il trust sia regolato dalla legge applicabile, di cui si ignora fi nanche l’identità. Il giudice non può quindi analizzare se la legge prescelta dalle parti per la regolamentazione del trust sia contraria all’ordinamento giuridico italiano, o sia utilizzata dalle parti per att uare una frode alla legge nazionale; né può verifi care se l’iniziativa economica sia in concreto legitt ima, ovvero se sussistano “elementi indicativi di un abuso... nel singolo caso con-creto”, senza arrestarsi a “una valutazione generale e astratt a” (queste espressioni sono utilizzate da organi giudiziari comunitari).La specifi ca qualifi cazione dell’att o, voluta dalle parti, impedisce anche di esaminare la possibilità di qualifi care lo stesso alla luce della recente normativa introdott a dal decreto legge 30 dicembre 2005, n. 273, ossia dell’articolo 2645-ter Codice Civile. Ma si ritiene che, quand’anche la qualifi cazione fortemente espressa dalle parti (che lascia invece in-dividuare senza dubbio nell’att o una dotazione di trust) fosse ambigua, e consentisse al giudice, nel suo potere-dovere di qualifi care la domanda stessa, non sarebbe possibile fare uso alcuno di questa anomala disposizione normativa.La norma, sulla cui interpretazione non è possibile qui soff ermarsi, viene a introdurre nell’ordinamento solo un particolare tipo di eff ett o negoziale, quello di destinazione (che per i beni immobili e mobili registrati postula il veicolo formale dell’att o pubblico), ac-cessorio rispett o agli altri eff ett i di un negozio tipico o atipico cui può accompagnarsi, e che nel caso di specie manca, come scritt o. Con essa, si opina, non si è voluto introdurre nell’ordinamento un nuovo tipo di att o a eff ett i reali, un att o innominato, che diventereb-be il varco per l’ingresso del tanto discusso negozio traslativo atipico; non costituisce la giustifi cazione legislativa di un nuovo negozio la cui causa è quella fi nalistica della desti-nazione del bene alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela. Non c’è infatt i alcun indizio da cui desumere che sia stata coniata una nuova fi gura negoziale, di cui non si sa neanche se sia unilaterale o bilaterale, a titolo oneroso o gratuito, a eff ett i traslativi od obbligatori.

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Essa rappresenta poi una chiara anomalia nel sistema, se è vero che mentre la costitu-zione di un trust interno merita un giudizio positivo di liceità mercé il semplice rispett o della Convenzione e del disposto dell’articolo 16 della legge 218 del 1995 (limite dell’or-dine pubblico), invece il citt adino italiano che volesse raggiungere lo scopo di vincolare determinati beni per un certo fi ne ai sensi dell’articolo 2645-ter Codice Civile dovrebbe sperare nell’esito positivo del vago giudizio di meritevolezza dell’interesse.Anche il regime dell’opponibilità del vincolo di destinazione, e in particolare la funzione della trascrizione o della iscrizione tavolare, appare del tutt o ambiguo nel caso di specie: essa sarebbe, secondo la lett era della norma, quella di “rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione”, ma, stante la collocazione della norma, non è a essa applicabile il disposto dell’art. 2644 cod. civ., il quale solo con riferimento agli att i enunciati nel pre-cedente articolo 2643 Codice Civile stabilisce che gli stessi non hanno eff ett o riguardo ai terzi che, a qualunque titolo, abbiano acquistato diritt i sugli immobili in base a un att o trascritt o o iscritt o anteriormente alla trascrizione degli att i medesimi.Si rammenta inoltre che, laddove il legislatore ha voluto prevedere una nuova fi gura di trascrizione, per collegare a essa gli eff ett i e superare il problema dell’originaria estra-neità a un sistema ormai chiuso (come quello codicistico) l’ha fatt o espressamente, come è accaduto, oltre che nel disciplinare il fondo patrimoniale, anche nell’articolo 2645-bis, il cui secondo comma stabilisce testualmente quale sia la valenza della trascrizione del contratt o preliminare, nei riguardi delle altre trascrizioni eseguite contro il promett ente alienante. Se fosse corrett a l’interpretazione, che qui si nega, secondo cui la norma costi-tuirebbe previsione di un modello di negozio, allora l’operatore dovrebbe subito notare come il piano di effi cacia sostanziale di questo vincolo rimanga tutt o da ricostruire.Per tutt e queste ragioni, in difett o di un’apprezzabilità del programma negoziale, in co-stanza dell’apparente astrazione causale assoluta dell’att o dal quale si intende far proma-nare un eff ett o reale tipico, e nell’impossibilità di qualsiasi interpretazione conservativa, anche con riguardo alla norma di cui all’articolo 2645-ter Codice Civile, si deve negare pubblicità sott o forma di iscrizione tavolare all’att o o al diritt o trasferito.

Trieste, 7 aprile 2006.

Il giudice tavolare (Dott . Arturo Picciott o)

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IL TRUST

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L’APPLICAZIONE DEL TRUST NELL’AMBITO DEL DIRITTO DI FAMIGLIA_MILENA PINI_AVVOCATO, FORO DI MILANO

Il trust è istituto che trova ormai nel nostro Paese ampia applicazione nell’am-bito del diritt o di famiglia, per la regolamentazione di rapporti patrimoniali nella famiglia legitt ima, come in quella di fatt o, sia nel corso della convivenza che nella fase di separazione e divorzio, o per l’assistenza materiale di minori o di persone incapaci, o per dare att uazione a particolari disposizioni testamentarie.

Peraltro, l’applicazione del trust, in generale e nello specifi co ambito del diritt o di famiglia, è stata, e continua ad essere, oggett o di un vivace dibatt ito in dott rina e in giurisprudenza, stanti le numerose e complesse questioni che comporta.

In questi brevi cenni introdutt ivi alla raccolta della legislazione e della giuri-sprudenza di maggiore interesse sul tema, di seguito pubblicata, vengono rias-sunte le nozioni principali e le questioni più controverse, senza alcuna pretesa esaustiva dell’argomento, per il cui approfondimento si rimanda alla bibliografi a citata.

Il trust è un istituto creato dai tribunali di equità dei paesi della common law, regolamentato dalla Convenzione adott ata a L’Aja il 1° luglio 1985, con la quale sono stabilite disposizioni comuni relative alla legge applicabile al trust, al fi ne di risolvere i problemi relativi al suo riconoscimento. Di fatt o, ne att ua il ricono-scimento negli ordinamenti di civil law privi di una disciplina interna.

L’Italia ha ratifi cato e reso esecutiva la Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, con legge 16 ott obre 1989, n. 364, in vigore dal 1° gennaio 1992. Il trust non ha una disciplina civilistica interna al nostro ordinamento, ma trova tut-tavia legitt imazione a seguito di dett a legge di ratifi ca. In base all’art. 21 del-la Convenzione, l’Italia è tenuta a riconoscere, con gli eff ett i giuridici minimi previsti dall’articolo 11 della stessa Convenzione, i trust costituiti in paesi che li regolano nelle rispett ive legislazioni, salve restando solo le proprie compe-tenze in tema di ordine pubblico ed in materia fi scale, in forza degli articoli 18 e 19 della Convenzione.

Recentemente, l’articolo 1, commi da 74 a 76 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge fi nanziaria 2007), ha introdott o per la prima volta nell’ordinamento

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tributario nazionale disposizioni in materia di trust, includendo i trust tra i sog-gett i passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES).

In tal modo è stata riconosciuta al trust un’autonoma soggettività tribu-taria rilevante ai fini dell’imposta tipica delle società, degli enti commerciali e non commerciali.

Ai sensi dell’art. 2 della Convenzione, per trust si intendono “i rapporti giuri-dici istituiti da una persona, il costituente - con att o tra vivi o mortis causa - qualora dei beni siano stati posti sott o il controllo di un trustee nell’interesse di un benefi ciario o per un fi ne specifi co.

Il trust presenta le seguenti caratt eristiche:i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patri-a) monio del trustee;i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona per b) conto del trustee;il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere c) conto, di amministrare, gestire o disporre beni secondo i termini del trust e le norme particolari impostegli dalla legge.”

Secondo quanto previsto dallo stesso art. 2, “il fatt o che il costituente conservi alcune prerogative o che il trustee stesso possieda alcuni diritt i in qualità di benefi ciario non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust.”.

Nel caso in cui sia lo stesso disponente ad essere designato quale trustee, si dà luogo ad un trust autodichiarato; in tal caso il vincolo di destinazione sui beni si forma all’interno dello stesso patrimonio del disponente.

L’art. 3 aff erma che la Convenzione è applicabile “solo ai trusts costituiti volon-tariamente e comprovati per iscritt o”, mentre l’art. 6 precisa che “il trust è regolato dalla legge scelta dal costituente. La scelta deve essere espressa, oppure risultare dalle disposizioni dell’att o che costituisce il trust o portandone la prova, interpretata, se neces-sario, avvalendosi delle circostanze del caso.”

Non essendo previsto da una legge nazionale, il trust, nel nostro Paese, è re-golamentato da una legge straniera, scelta dal costituente.

Quanto al riconoscimento del trust, l’art. 11 prescrive che:“Un trust costituito in conformità alla legge specifi cata al precedente capitolo dovrà

essere riconosciuto come trust. Tale riconoscimento implica quanto meno che i beni del trust siano separati dal patrimonio personale del trustee, che il trustee abbia le capacità di agire in giudizio ed essere citato in giudizio, o di comparire in qualità di trustee davanti a un notaio o altra persona che rappresenti un’autorità pubblica.

Qualora la legge applicabile al trust lo richieda, o lo preveda, tale riconoscimento implicherà, in particolare:

che i creditori personali del trustee non possano sequestrare i beni del trust;a) che i beni del trust siano separati dal patrimonio del trustee in caso di insol-b)

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venza di quest’ultimo o di sua bancarott a;che i beni del trust non facciano parte del regime matrimoniale o della succes-c) sione dei beni del trustee;che la rivendicazione dei beni del trust sia permessa qualora il trustee, in d) violazione degli obblighi derivanti dal trust, abbia confuso i beni del trust con i suoi e gli obblighi di un terzo possessore dei beni del trust rimangono soggett i alla legge fi ssata dalle regole di confl itt o del foro.”

Al fi ne di favorirne il riconoscimento, l’art. 15 dett a delle regole di salvaguar-dia delle disposizioni di legge nazionale, in particolare nelle seguenti materie:

la protezione di minori e di incapaci;a) gli eff ett i personali e patrimoniali del matrimonio;b) i testamenti e la devoluzione dei beni successori, in particolare la legitt ima;c) il trasferimento di proprietà e le garanzie reali;d) la protezione di creditori in casi di insolvibilità;e) la protezione, per altri motivi, dei terzi che agiscono in buona fede.f) Qualora le disposizioni del precedente paragrafo siano di ostacolo al ricono-

scimento del trust, il giudice cercherà di realizzare gli obiett ivi del trust con altri mezzi giuridici.

Ne consegue che il trust non può ledere la quota di legitt ima e più in generale tutt e le norme in materia di successione necessaria, non può violare i diritt i dei minori e degli incapaci, non può modifi care gli eff ett i personali e patrimoniali del matrimonio, e sono salvaguardate le azioni revocatorie nonché le altre azioni di diritt o nazionale previste a tutela di specifi ci diritt i (ad esempio l’azione di riduzione a favore dei legitt imari1).

Il trust si sostanzia dunque in un rapporto giuridico fondato sul rapporto di fi ducia tra disponente (sett lor) e trustee.

Il disponente (sett lor) trasferisce, con att o unilaterale, taluni beni o diritt i (anche di credito) a favore del trustee, il quale li amministra con i diritt i e i poteri di un vero e proprio proprietario, nell’interesse del benefi ciario o per uno scopo prestabilito.

Anche nel caso in cui il disponente abbia individuato alcuni benefi ciari ai quali i beni andranno trasferiti in proprietà al termine del trust, costoro ne di-verranno giuridicamente titolari in quel dato momento, non potendo, durante la vita del trust, esserne considerati proprietari.

A sua volta, il trustee ha la titolarità del diritt o di proprietà in modo pieno ed esclusivo, ma l’esercizio di tale diritt o è limitato alla gestione e amministrazione

1 Trib. Lucca, 23 settembre 1997, in Foro it., 1998, I, 2007 (nota Brunetti) e 3391 (nota Lu-poi), Giur. it., 1999, 69; confermata da App. Firenze, 9 agosto 2001, in T&AF, 2002, 244. Dinanzi a un trust testamentario chiaramente lesivo dei diritti dell'unica figlia del testatore, il Tribunale di Lucca ha respinto la domanda di nullità del trust e ha indicato all'attrice la via dell'azione di riduzione.

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dei beni in trust, per il solo perseguimento dello scopo indicato dal disponente nell’att o istitutivo.

L’eff ett o principale dell’istituzione di un trust è la segregazione patrimoniale in virtù della quale i beni conferiti in trust costituiscono un patrimonio separato rispett o al patrimonio del trustee, con l’eff ett o che non possono essere escussi dai creditori del trustee, del disponente o del benefi ciario.

Il trust ha una durata massima che dipende dalla legislazione che lo regolamenta.

L’istituto del trust è indubbiamente lontano dai principi tradizionali del no-stro ordinamento civile, realizzando di fatt o una situazione in cui la titolarità del diritt o di proprietà è piena, mentre l’esercizio di tale diritt o è limitato al persegui-mento degli scopi indicati nell’att o istitutivo.

Dott rina2 e giurisprudenza si sono a lungo interrogate sulla legitt imità di ap-plicare una legge straniera ad un rapporto giuridico interno, quale in eff ett i è il trust nel quale, tutt i gli elementi che lo costituiscono sono nazionali (il disponen-te, i beni in trust, i benefi ciari, etc.).

La questione sembra ora superata, anche in considerazione di un orientamen-to giurisprudenziale3 che si può ritenere prevalente, se non ormai pacifi co, che motiva e sostiene il riconoscimento e la trascrivibilità del cd. trust interno.

La più recente giurisprudenza, in tema di compatibilità astratt a del trust con l’ordinamento civile, ed in particolare con quello tavolare - dando ormai per su-perata la questione relativa al riconoscimento del cd. trust interno – precisa che il Giudice Tavolare deve sopratt utt o valutare lo specifi co att o istitutivo del trust oggett o del procedimento, e dunque:

a. qualifi care la tipologia di trust concretamente adott ata, al fi ne di apprezzarne il programma negoziale secondo il combinato disposto degli artt . 11 e 13 della Convenzio-

2 Lupoi, I trust nel diritto civile, nel Trattato di diritto civile, diretto da Sacco, Torino, 2004; S. M Carbone, Trust interno e legge straniera, in M. Dogliotti - A. Braun (curr.), Il trust nel diritto delle persone e della famiglia, Milano, 2003.

3 Sul riconoscimento e la trascrizione del trust, v. Trib. Bologna, 8 aprile 2000, che ha or-dinato al Conservatore dei Pubblici Registri Immobiliari, a fronte del diniego dallo stesso espresso, la trascrizione del trasferimento di proprietà immobiliare dal disponente al trustee del trustee istituito; Trib. Pisa, 22 dicembre 2001; Trib. Milano, 29 ottobre 2002; Trib. Ve-rona, 8 gennaio 2003; Trib. Bologna, 13 giugno 2003, che ha ordinato al Conservatore del Registro delle Imprese, a fronte del diniego dallo stesso espresso, l’ iscrizione sul registro di quote societarie a nome del trustee del trust istituito; Trib. Bologna, 1 ottobre 2003, che nel giudizio avente ad oggetto la domanda di nullità di un trust cd. interno per contrarietà alle norme imperative del nostro ordinamento, ha respinto la domanda e affermato l’assoluta compatibilità dei trusts interni con l’ordinamento giuridico italiano; Trib. Parma,21 ottobre 2003; Trib.Trento, Sezione distaccata di Cavalese, 20 luglio 2004, il decreto è particolar-mente importante perché esplicitamente ribadisce che il trust “ha acquisito un diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento”, e ordina l’annotazione della costituzione in trust e dell’atto istitutivo di trust (il quale contiene la disciplina dalla quale deriva l’effetto segrega-tivo) secondo la legge tavolare.

I provvedimenti sono pubblicati sulla rivista Trusts ed attività fiduciarie.

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ne de L’Aja del 1.7.1985, che consente al giudice di vagliare la compatibilità del trust e degli att i collegati (nonché della legge straniera prescelta dalle parti) con l’ordinamento giuridico italiano;

b. eff ett uare il giudizio di meritevolezza, nei suoi ristrett i confi ni e nel rispett o dell’au-tonomia contratt uale, approcciando al negozio presumendone la legitt imità fi no a prova contraria, essendo lo stesso espressione di libertà di iniziativa economica;

c. verifi care se l’att o istitutivo del trust o quelli ad esso geneticamente o funzional-mente collegati contengano patt uizioni che violino norme inderogabili specifi che o prin-cipi precett ivi dell’ordinamento italiano o di quello estero prescelto dalle parti.4

Avendo riguardo alla sua strutt ura, il trust può considerarsi come:trust “di scopo”, se funzionale al perseguimento di un determinato fi ne (es. il • trust di garanzia)trust “con benefi ciario”, quando i beni in trust vengono gestiti nell’interesse di • un determinato soggett o.Il benefi ciario può essere “benefi ciario di reddito” e godere delle utilità dei

beni in trust (ad esempio, percepire periodicamente delle somme) oppure “bene-fi ciario fi nale” dei beni che gli verranno devoluti al termine del trust.

I benefi ciari possono essere individuati nell’att o istitutivo o in un secondo momento, dirett amente dal disponente o da un terzo designato (protector); inol-tre, possono essere designati nominativamente o quali appartenenti ad una de-terminata categoria5.

Essi hanno azione verso il trustee per rivendicare i loro diritt i.

Nel nostro Paese il trust ha trovato una prima applicazione nella regolamen-tazione dei rapporti economici e patrimoniali tra coniugi nella separazione consensuale, mentre ad oggi non si registrano precedenti giurisprudenziali nell’ambito di procedimenti di separazione o divorzio contenziosi.

Coloro che sostengono la particolare effi cacia del trust, a tutela di diritt i di na-tura economica dei coniugi nella separazione e nel divorzio, sott olineano l’eff ett o segregativo proprio del trust, che consente di opporre il vincolo ai creditori del disponente, così garantendo il pagamento delle prestazioni periodiche in favore del coniuge e/o alla prole anche di contro a possibili azioni esecutive di terzi, salve eventuali domande revocatorie.

4 Trib. Trieste, Ufficio del Giudice tavolare, decreto 19.9.2007, sul riconoscimento di un trust per soddisfare le esigenze attuali e future di una coppia non legata da vincolo matrimoniale, e dei figli, comuni e non; Trib. Trieste, Ufficio del Giudice tavolare, decreto 23.9.2005, di cui si pubblica il testo nel presente Quaderno.

5 Secondo la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 48/2007, per "beneficiario individuato" deve intendersi il beneficiario di "reddito individuato", vale a dire il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito, una capacità contributiva attuale. Secondo l'interpretazione fornita con la circolare, è necessario, quindi, che "il beneficiario non solo sia puntualmente indi-viduato, ma che risulti titolare del diritto di pretendere dal trustee l'assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza".

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Il trust costituito nell’ambito della separazione consensuale o del divorzio su domanda congiunta diviene così lo strumento att raverso il quale determinare le modalità di adempimento degli obblighi ex artt . 155 e 156 c.c., e art. 5 e 6 l. div., e nel contempo il mezzo per garantire l’esecuzione degli obblighi di mantenimento6.

Dalla casistica si rileva peraltro che spesso si tratt a di trust autodichiarato, dove uno dei coniugi è stato designato quale trustee. Tale soluzione suscita non poche perplessità, se si tiene conto della particolare situazione, anche personale e psicologica, dei coniugi nella fase della crisi del rapporto e della separazione, e delle possibili fi nalità strumentali alla sott razione di beni all’altro coniuge7

Non si può d’altra parte dimenticare che l’istituto del fondo patrimoniale, previsto nel nostro ordinamento, trova ormai scarsa applicazione a causa della rigidità della sua strutt ura e dei suoi limiti, non potendo ad esempio soddisfare i bisogni della famiglia di fatt o, o dei fi gli naturali, o le esigenze di una persona non coniugata che voglia provvedere ai bisogni presenti e futuri della propria famiglia d’origine8.

Sempre più frequente è anche la costituzione di trust per assicurare assisten-

6 F. Patti, I trusts: utilizzo nei rapporti di famiglia, in Vita notar., 2003, XIV; Dogliotti e Pic-caluga, I trust nella crisi della famiglia, in Aa. Vv., Il trust nel diritto delle persone e della famiglia. Atti del convegno. Genova, 15 febbraio 2003, a cura di Dogliotti e Braun, Milano, 2003.

G. Oberto manifesta invece una posizione critica sull’utilizzo del trust per la regolamen-tazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi, sostenenedo che “se non vi è dubbio che il trust - sempre, ovviamente, a condizione che lo si ritenga ammissibile nella versione "in-terna" e salvo l'eventuale esperimento dei rimedi revocatori - consente il vantaggio di una separazione patrimoniale, in grado di tutelare adeguatamente i creditori delle prestazioni postmatrimoniali nei confronti dei possibili creditori dell'obbligato, altrettanto condivisibile non appare l'affermazione secondo la quale l'ordinamento civilistico italiano non offrirebbe alternative all'istituto di matrice anglosassone per il raggiungimento di siffatta finalità di garanzia del coniuge separato e della relativa prole.”

Per un approfondimento della posizione di Oberto, v. dell’Autore: Trust e autonomia ne-goziale nella famiglia, in Famiglia e diritto, 2004, 201 ss., 310 ss.; Il trust familiare, testo disponibile sul sito:

http://utenti.lycos.it/giacomo305604/milano11giugno2005trust/relazionemilano.htm

7 In dottrina, Viglione, Vincoli di destinazione nell'interesse familiare, Milano, 2005, 128, secondo il quale appare assai discutibile che i beni del trust siano amministrati dallo stesso obbligato in favore dell'altra parte; è ben evidente, infatti, che la patologia della relazione coniugale coincide generalmente con l'instaurarsi di difficili situazioni di conflittualità, tali da sconsigliare il totale affidamento al coniuge obbligato dei poteri di gestione dei beni; favorevole invece a tale ipotesi è F. Patti, I trusts: utilizzo nei rapporti di famiglia, in Vita notar., 2003, XIV, secondo il quale "la istituzione del trust potrebbe trovare una più faci-le realizzazione con riguardo alla circostanza che potrà essere nominato trustee lo stesso coniuge proprietario dei beni e obbligato alla prestazione, giacché la natura del trust e la trascrizione del provvedimento giudiziale non consentiranno atti di disposizione in danno degli interessi tutelati”

In giurisprudenza, Trib. Bologna, 1 ottobre 2003, in Trusts ed attività fiduciarie, 2004, 67, e pubblicata per esteso in questo Quaderno, sul caso di trust costituito da un solo coniuge su beni in comunione legale

8 M. Pini, Autonomia negoziale dei coniugi e patrimonio separato destinato ai bisogni della famiglia, in Il Merito, Il Sole 24 Ore, 2003, n° 1, novembre, p. 2

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za materiale a persone incapaci9. In dott rina si è rilevato “come il trust si presti ad assicurare i mezzi necessari al sostentamento, nonché all’assistenza e alle cure indispensabili, a favore di chi versi in condizioni di disagio o di debolezza per una pluralità di ragioni, anche dopo la scomparsa dei genitori, del coniuge o dei parenti più strett i. Att raverso il ricorso al trust, i genitori di un disabile potranno att ribuire ad esempio - già con att o tra vivi - al trustee parte del proprio patrimonio (compren-dente anche la nuda proprietà di un immobile: in modo da conservare, vita natural durante, l’amministrazione ed il godimento del cespite destinato a soddisfare post mortem i bisogni abitativi del disabile superstite). In ossequio alla volontà espressa dai disponesti, il trustee disporrà del bene (o del beni) così trasferitogli per il man-tenimento, l’assistenza, la cura del congiunto disabile.

Il trustee, in base sempre alle istruzioni contenute nell’att o istituivo, potrà es-sere tenuto anche ad occuparsi personalmente dell’assistenza materiale del disabile, ovvero a farsi coadiuvare per tale scopo da personale specialistico. In altri termini, in ragione della necessità di provvedere alla cura sia degli aspett i economici che di quelli personali, l’att o istitutivo del trust potrà contenere specifi che indicazioni, oltre che in ordine alla gestione economica del trust fund, anche relativamente alla cura personale dell’interessato - per garantire allo stesso condizioni di vita decorose, un’assistenza qualifi cata, il soddisfacimento dei bisogni quotidiani e delle inclinazioni naturali”10.

In materia fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha recentemente stabilito che il trust costituito a favore di un soggetto disabile, allo scopo di garantirne l’as-sistenza, è da considerarsi un trust senza beneficiari “individuati”, e pertanto la tassazione del reddito avviene direttamente in capo al trust (risoluzione n. 278/E del 4.10.07).

La raccolta di legislazione e di giurisprudenza che segue, consente di appro-fondire gli argomenti qui accennati, ed in particolare di esaminare gli aspett i positivi e problematici del trust applicato nell’ambito del diritt o di famiglia.

9 Trib. Genova, G.T., decreto 14 marzo 2006, con nota di A. Venchiarutti, pubblicato anche sul sito www.personaedanno.it; altri provvedimenti di Giudici Tutelari che autorizzano l’am-ministratore di sostegno a costituire trust a beneficio di persone incapaci, sono pubblicati su questo Quaderno.

In dottrina, v. B. Valignani, Amministrazione di sostegno e trust, in G. Ferrando (cur.), L’am-ministrazione di sostegno, Milano, 2005, 195 ss; G. Garrone, Soggetti deboli in famiglia e trust quale tutela etica, in Trusts ed attività fiduciarie, 2004, 310 ss; A. Palazzo, Autonomia privata e trust protettivi, in Trusts ed attività fiduciarie, 2003, 192 ss; S. Bartoli, Trust con beneficiari incapaci e rispetto delle nostre norme imperative in materia, in Trusts ed attività fiduciarie, 2003, 560 ss; P. Amenta, Trust a protezione di disabile, in Trusts ed attività fidu-ciarie, 2000, 616 ss.

10 A. Venchiarutti, La protezione dei soggetti deboli. Trust e amministrazione di sostegno, pub-blicato sul sito www.il-trust-in-italia.it

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CONVENZIONE ADOTTATA A L’AJA IL 1° LUGLIO 1985,RELATIVA ALLA LEGGE SUI “TRUSTS” ED AL LORO RICONOSCIMENTO.

Gli Stati fi rmatari della presente Convenzione,considerando che il trust è un istituto peculiare creato dai tribunali di equità dei paesi della Common Law, adott ata da altri paesi con alcune modifi che, hanno convenuto di stabilire disposizioni comuni relative alla legge applicabile al trust e di risolvere i proble-mi più importanti relativi al suo riconoscimento;

hanno deciso di stipulare a tal fine una Convenzione e di adottare le seguenti disposizioni:

Capitolo ICampo di applicazione

Articolo 1La presente Convenzione stabilisce la legge applicabile al trust e regola il suo riconosci-mento.

Articolo 2Ai fi ni della presente Convenzione, per trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il costituente - con att o tra vivi o mortis causa - qualora dei beni siano stati posti sott o il controllo di un trustee nell’interesse di un benefi ciario o per un fi ne specifi co.Il trust presenta le seguenti caratt eristiche:a) i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee;b) i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona per conto del trustee;c) il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre beni secondo i termini del trust e le norme particolari impostegli dalla legge.Il fatt o che il costituente conservi alcune prerogative o che il trustee stesso possieda al-cuni diritt i in qualità di benefi ciario non è necessariamente incompatibile con l’esistenza di un trust.

Articolo 3La Convenzione si applica solo ai trust costituiti volontariamente e comprovati per iscritt o.

LEGISLAZIONE

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Articolo 4La Convenzione non si applica a questioni preliminari relative alla validità dei testamen-ti o di altri att i giuridici, in virtù dei quali determinati beni sono trasferiti al trustee.

Articolo 5La Convenzione non si applica qualora la legge specifi cata al capitolo II non preveda l’istituto del trust o la categoria di trust in questione.

Capitolo IILegge applicabile

Articolo 6Il trust è regolato dalla legge scelta dal costituente. La scelta deve essere espressa, oppure risultare dalle disposizioni dell’att o che costituisce il trust o portandone la prova, inter-pretata, se necessario, avvalendosi delle circostanze del caso.Qualora la legge scelta in applicazione del precedente paragrafo non preveda l’istitu-zione del trust o la categoria del trust in questione, tale scelta non avrà valore e verrà applicata la legge di cui all’articolo 7.

Articolo 7Qualora non sia stata scelta alcuna legge, il trust sarà regolato dalla legge con la quale ha più strett i legami.Per determinare la legge con la quale un trust ha più strett i legami, si tiene conto in par-ticolare:a) del luogo di amministrazione del trust designato dal costituente;b) della situazione dei beni del trust;c) della residenza o sede degli aff ari del trustee;d) degli obiett ivi del trust e dei luoghi dove dovranno essere realizzati.

Articolo 8La legge specifi cata agli articoli 6 o 7 regola la validità del trust, la sua interpretazione, i suoi eff ett i e l’amministrazione del trust.In particolare, la legge dovrà regolamentare:a) la nomina, le dimissioni e la revoca del trustee, la capacità particolare di esercitare le mansioni di trustee e la trasmissione delle funzioni di trustee;b) i diritt i e gli obblighi dei trustees tra di loro;c) il diritt o del trustee di delegare, in tutt o o in parte, l’esecuzione dei suoi obblighi o l’esercizio dei suoi poteri;d) i poteri del trustee di amministrare o disporre dei beni del trust, di darli in garanzia e di acquisire nuovi beni;e) i poteri del trustee di eff ett uare investimenti;f) le restrizioni relative alla durata del trust ed ai poteri di accantonare gli introiti del trust;g) i rapporti tra il trustee ed i benefi ciari, ivi compresa la responsabilità personale del trustee verso i benefi ciari;h) la modifi ca o la cessazione del trust;i) la ripartizione dei beni del trust;j) l’obbligo del trustee di render conto della sua gestione.

Articolo 9Nell’applicazione del presente capitolo aspett i del trust che possono essere tratt ati a parte, in parti-colare le questioni amministrative, potranno essere regolati da una legge diversa.

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Articolo 10La legge applicabile alla validità del trust stabilisce la possibilità di sostituire dett a legge, o la legge applicabile ad un elemento del trust che può essere tratt ato a parte, con un’altra legge.

Capitolo IIIRiconoscimento

Articolo 11Un trust costituito in conformità alla legge specifi cata al precedente capitolo dovrà essere ricono-sciuto come trust. Tale riconoscimento implica quanto meno che i beni del trust siano separati dal patrimonio personale del trustee, che il trustee abbia le capacità di agire in giudizio ed essere citato in giudizio, o di comparire in qualità di trustee davanti a un notaio o altra persona che rappresenti un’autorità pubblica.Qualora la legge applicabile al trust lo richieda, o lo preveda, tale riconoscimento impli-cherà, in particolare:a) che i creditori personali del trustee non possano sequestrare i beni del trust;b) che i beni del trust siano separati dal patrimonio del trustee in caso di insolvenza di quest’ultimo o di sua bancarott a;c) che i beni del trust non facciano parte del regime matrimoniale o della successione dei beni del trustee;d) che la rivendicazione dei beni del trust sia permessa qualora il trustee, in violazione degli obblighi derivanti dal trust, abbia confuso i beni del trust con i suoi e gli obblighi di un terzo possessore dei beni del trust rimangono soggett i alla legge fi ssata dalle regole di confl itt o del foro.

Articolo 12Il trustee che desidera registrare i beni mobili e immobili, o i documenti att inenti, avrà facoltà di ri-chiedere la iscrizione nella sua qualità di trustee o in qualsiasi altro modo che riveli l’esistenza del trust, a meno che ciò non sia vietato o sia incompatibile a norma della legislazione dello Stato nel quale la registrazione deve aver luogo.

Articolo 13Nessuno Stato è tenuto a riconoscere un trust i cui elementi importanti, ad eccezione del-la scelta della legge da applicare, del luogo di amministrazione e della residenza abituale del trustee, sono più strett amente connessi a Stati che non prevedono l’istituto del trust o la categoria del trust in questione.

Articolo 14La Convenzione non ostacolerà l’applicazione di norme di legge più favorevoli al rico-noscimento di un trust.

Capitolo IVDisposizioni generali

Articolo 15La Convenzione non ostacolerà l’applicazione delle disposizioni di legge previste dalle regole di confl itt o del foro, allorché non si possa derogare a dett e disposizioni mediante una manifestazione della volontà, in particolare nelle seguenti materie:a) la protezione di minori e di incapaci;b) gli eff ett i personali e patrimoniali del matrimonio;c) i testamenti e la devoluzione dei beni successori, in particolare la legitt ima;d) il trasferimento di proprietà e le garanzie reali;

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e) la protezione di creditori in casi di insolvibilità;f) la protezione, per altri motivi, dei terzi che agiscono in buona fede.Qualora le disposizioni del precedente paragrafo siano di ostacolo al riconoscimento del trust, il giudice cercherà di realizzare gli obiett ivi del trust con altri mezzi giuridici.

Articolo 16La Convenzione non pregiudica le disposizioni legislative del foro che devono essere applicate anche per situazioni internazionali indipendentemente dalla legge designata dalle regole di confl itt o di leggi.In casi eccezionali, si può altresì dare eff ett o alle norme della stessa natura di un altro Stato che abbia con l’oggett o della contoversia un rapporto suffi cientemente strett o.Ciascuno Stato contraente potrà, mediante una riserva, dichiarare che non applicherà la disposizione del secondo paragrafo del presente articolo.

Articolo 17Ai sensi della Convenzione il termine “legge” indica le norme di legge in vigore in uno Stato, ad eccezione delle regole di confl itt o di legge.

Articolo 18Le disposizioni della Convenzione potranno essere non osservate qualora la loro appli-cazione sia manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico.

Articolo 19La Convenzione non pregiudicherà la competenza degli Stati in materia fi scale.

Articolo 20Ogni Stato contraente potrà, in qualsiasi momento, dichiarare che le disposizioni della Convenzione saranno estese ai trusts costituiti in base ad una decisione giudiziaria.Tale dichiarazione sarà notifi cata al Ministero degli Aff ari Esteri del Regno dei Paesi Bas-si ed entrerà in vigore dal giorno di ricevimento della notifi ca.L’articolo 31 è applicabile, per analogia, al ritiro di dett a dichiarazione.

Articolo 21Ciascuno Stato contraente potrà riservarsi il diritt o di applicare le disposizioni del capi-tolo III solo ai trusts la cui validità è regolata dalla legge di uno Stato contraente.

Articolo 22La Convenzione è applicabile ai trusts a prescindere dalla data della loro costituzione.Tutt avia, uno Stato contraente potrà riservarsi il diritt o di non applicare la Convenzione ad un trust costituito prima dell’entrata in vigore della Convenzione per dett o Stato.

Articolo 23Ai fi ni di identifi care la legge applicabile ai sensi della Convenzione, qualora uno Stato comprenda varie unità territoriali, ciascuna con le proprie norme di legge per quanto riguarda il trust, ogni rife-rimento alla legge di dett o Stato sarà considerato come relativo alla legge in vigore nell’unità terri-toriale in questione.

Articolo 24Uno Stato all’interno del quale varie unità territoriali hanno le proprie norme di legge in materia di trust non è tenuto ad applicare la Convenzione ai confl itt i di legge che interes-sano unicamente queste unità territoriali.

Articolo 25La Convenzione non deroga ad alcun altro strumento internazionale di cui uno Stato

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contraente è o sarà parte e che contengono disposizioni sulle materie regolamentate dalla presente Convenzione.

Capitolo VClausole fi nali

Articolo 26Ciascuno Stato, al momento della fi rma, della ratifi ca, dell’accett azione, dell’approva-zione o del-l’adesione, o, al momento di una dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 29, potrà esprimere le riserve previste agli articoli 16, 21 e 22.Nessun’altra riserva sarà consentita.Ciascuno Stato contraente potrà, in ogni momento, ritirare una riserva da esso espres-sa; tale riserva cesserà di avere eff ett o il primo giorno del terzo mese dopo la notifi ca del ritiro.

Articolo 27La Convenzione sarà aperta alla fi rma degli Stati che erano membri della Conferenza de l’Aja di diritt o internazionale privato al momento della sua quindicesima sessione.Sarà ratifi cata, accett ata o approvata e gli strumenti di ratifi ca, accett azione o approvazio-ne saranno depositati presso il Ministero degli Aff ari Esteri del Regno dei Paesi Bassi.

Articolo 28Ogni altro Stato potrà aderire alla Convenzione dopo la sua entrata in vigore in virtù dell’articolo 30, par. 1.Lo strumento di adesione sarà depositato esso il Ministero degli Aff ari Esteri del Reo dei Paesi Bassi.L’adesione avrà eff ett o solo per quanto riguarda i rapporti tra lo Stato aderente e gli Stati contraenti che non avranno mosso obiezioni alla succitata adesione entro dodici mesi dal ricevimento della notifi ca di cui all’articolo 32.Ogni Stato membro potrà altresì muovere tali obiezioni al momento della ratifi ca, accet-tazione o approvazione della Convenzione, successiva all’adesione. Tali obiezioni saran-no notifi cate al Ministero degli Aff ari Esteri del Regno dei Paesi Bassi.

Articolo 29Uno Stato che comprenda due o più unità territoriali nelle quali vengono applicati si-stemi giuridici diversi, potrà, al momento della fi rma, della ratifi ca, dell’accett azione, dell’approvazione o dell’ade-sione, dichiarare che la presente Convenzione sarà applica-ta a tutt e le sue unità territoriali, o so-lamente a una o più di esse, e potra, in qualunque momento, modifi care dett a dichiarazione, for-mulando una nuova dichiarazione. Tali dichiarazioni saranno notifi cate al Ministero degli Aff ari Esteri del Regno dei Paesi Bassi, e indicheranno espressamente le unità territoriali alle quali si applica la Convenzione.Se uno Stato non eff ett uerà dichiarazioni in base al presente articolo, la Convenzione sarà applicata a tutt e le unità territoriali di dett o Stato.

Articolo 30La Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del terzo mese dopo il deposito del terzo strumento di ratifi ca, accett azione o approvazione previsto dall’art. 27.Successivamente la Convenzione entrerà in vigore:a) per ogni Stato che la ratifi chi, l’accett i, o l’approvi successivamente, il primo giorno del terzo mese dopo il deposito del suo strumento di ratifi ca, di accett azione o di ap-provazione;b) per ogni Stato aderente, il primo giorno del terzo mese dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 28;

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c) per le unità territoriali alle quali la Convenzione è stata estesa in conformità all’articolo 29, il primo giorno del terzo mese dopo la notifi ca di cui a dett o articolo.

Articolo 31Ogni Stato contraente potrà denunciare la presente Convenzione mediante notifi ca for-male per iscritt o, indirizzata al Ministero degli Aff ari Esteri del Regno dei Paesi Bassi, depositario della Convenzione.La denuncia entrerà in vigore dal primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data di ricevimento della notifi ca da parte del depositario, o ad ogni altra data successiva, specifi cata nella notifi ca.

Articolo 32Il Ministero degli Aff ari Esteri del Regno dei Paesi Bassi notifi cherà agli Stati membri del-la Confe-renza, nonché agli Stati che vi avranno aderito, in conformità alle disposizioni dell’articolo 28:a) le fi rme e le ratifi che, le accett azioni e le approvazioni di cui all’articolo 27;b) la data alla quale la Convenzione entrerà in vigore in conformità alle disposizioni dell’articolo 30;c) le adesioni e le obiezioni alle adesioni di cui all’articolo 28;d) le estensioni di cui all’articolo 29;e) le dichiarazioni di cui all’articolo 20;f) le riserve o i diritt i di riserva di cui all’articolo 26;g) le denunce di cui all’articolo 31.In fede di che, i sott oscritt i, debitamente autorizzati, hanno fi rmato la presente Conven-zione.Fatt o a l’Aja, il 1° luglio 1985, in francese ed inglese, i due testi facenti ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli archivi del Governo del Regno dei Paesi Bassi, e di cui una copia autenticata sarà consegnata, per le vie diplomatiche, a ciascuno Stato membro della Conferenza de l’Aja di diritt o internazionale privato al momento della sua quindicesima sessione.

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LEGGE 16 OTTOBRE 1989, N. 364.

RATIFICA ED ESECUZIONE DELLA CONVENZIONE SULLA LEGGE APPLICABILE AI TRUSTS E SUL LORO RICONOSCIMENTO, ADOTTATA A L’AJA IL 1° LUGLIO 1985

Art. 11. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratifi care la convenzione sulla legge ap-plicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adott ata a L’Aja il 1° luglio 1985.

Art.21. Piena ed intera esecuzione è data alla convenzione di cui all’articolo 1 a decorrere dalla sua en-trata in vigore in conformità a quanto disposto dall’articolo 30 della convenzione stessa.

Art.31. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzett a Uffi ciale.

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REGOLAMENTO (CE) N. 44/2001 DEL CONSIGLIO, DEL 22 DICEMBRE 2000, CONCERNENTE LA COMPETENZA GIURISDIZIONALE, IL RICONOSCIMENTO E L’ESECUZIONE DELLE DECISIONI IN MATERIA CIVILE E COMMERCIALE GAZZETTA UFFICIALE N. L 012 DEL 16/01/2001 PAG. 0001 – 0023

(Omissis)Articolo 5

La persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro:6) nella sua qualità di fondatore, trustee o benefi ciario di un trust costituito in applica-zione di una legge o per iscritt o o con clausola orale confermata per iscritt o, davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio il trust ha domicilio;

(Omissis)Articolo 23

1. Qualora le parti, di cui almeno una domiciliata nel territorio di uno Stato membro, abbiano att ribuito la competenza di un giudice o dei giudici di uno Stato membro a co-noscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza esclusiva spett a a questo giudice o ai giudici di questo Stato membro. Dett a competenza è esclusiva salvo diverso accordo tra le parti. La clausola att ributiva di competenza deve essere conclusa:a) per iscritt o o oralmente con conferma scritt a, ob) in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro, oc) nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti cono-scevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale campo, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispett ato dalle parti di contratt i dello stesso tipo nel ramo commerciale considerato.2. La forma scritt a comprende qualsiasi comunicazione con mezzi elett ronici che permet-ta una registrazione durevole della clausola att ributiva di competenza.3. Quando nessuna delle parti che stipulano tale clausola è domiciliata nel territorio di uno Stato membro, i giudici degli altri Stati membri non possono conoscere della contro-versia fi ntantoché il giudice o i giudici la cui competenza è stata convenuta non abbiano declinato la competenza.4. Il giudice o i giudici di uno Stato membro ai quali l’att o costitutivo di un trust ha att ribuito competenza a giudicare, hanno competenza esclusiva per le azioni contro un fondatore, un trustee o un benefi ciario di un trust, ove si tratt i di relazioni tra tali persone o di loro diritt i od obblighi nell’ambito del trust.5. Le clausole att ributive di competenza e le clausole simili di att i costitutivi di trust non sono valide se in contrasto con le disposizioni degli articoli 13, 17 o 21 o se derogano alle norme sulla competenza esclusiva att ribuita ai giudici ai sensi dell’articolo 22.

(Omissis)

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PATTO DI FAMIGLIA - ATTI DI DESTINAZIONE - TRUST

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Articolo 601. Ai fi ni dell’applicazione del presente regolamento una società o altra persona giuridica è domiciliata nel luogo in cui si trova:a) la sua sede statutaria, ob) la sua amministrazione centrale, oppurec) il suo centro d’att ività principale.2. Per quanto riguarda il Regno Unito e l’Irlanda, per “sede statutaria” si intende il “regi-stered offi ce” o, se non esiste alcun “registered offi ce”, il “place of incorporation” (luogo di acquisizione della personalità giuridica), ovvero, se nemmeno siff att o luogo esiste, il luogo in conformità della cui legge è avvenuta la “formation” (costituzione).3. Per defi nire se un trust ha domicilio nel territorio di uno Stato membro i cui giudici siano stati aditi, il giudice applica le norme del proprio diritt o internazionale privato.

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AGENZIA ENTRATE, DIREZIONE CENTRALE NORMATIVA E CONTENZIOSO. CIRCOLARE N. 48/E, 6 AGOSTO 2007

TRUST. DISCIPLINA FISCALE RILEVANTE AI FINI DELLE IMPOSTE SUI REDDITI E DELLE IMPOSTE INDIRETTE

INDICE

PREMESSA1. BREVI CENNI SULLA NATURA DEI TRUST2. PRECEDENTI INDICAZIONI DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA IN MATERIA DI

TRUST3. DISCIPLINA DEL TRUST AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE

3.1 La residenza del trust3.2 Adempimenti del trust3.3 Il trasferimento dei beni nel trust3.4 Cessione dei beni in trust

4. DISCIPLINA DEI REDDITI DEL BENEFICIARIO DEL TRUST4.1 Natura dei redditi attribuiti ai beneficiari

5. DISCIPLINA DEL TRUST AI FINI DELLE IMPOSTE INDIRETTE5.1 Atto istitutivo del trust (imposta di registro)5.2 Atto dispositivo (imposta sulle successioni e donazioni sulla costituzione di vincoli di

destinazione)5.3 Atto dispositivo (imposte ipotecarie e catastali)5.4 Operazioni effettuate durante il trust5.5 Trasferimento dei beni ai beneficiari

PREMESSA

L’articolo 1, commi da 74 a 76 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge fi nanziaria 2007, di seguito “fi nanziaria 2007”), pubblicata sulla Gazzett a Uffi ciale n. 299 del 27 dicembre 2006, ha introdott o per la prima volta nell’ordinamento tributario nazionale disposizioni in materia di trust.Il comma 74 dell’articolo 1 della fi nanziaria 2007, modifi cando l’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato dal decreto del Presidente della Repubblica 22 di-cembre 1986, n. 917 (di seguito, “TUIR”), include i trust tra i soggett i passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES).In tal modo è stata riconosciuta al trust un’autonoma soggett ività tributaria rilevante ai fi ni dell’imposta tipica delle società, degli enti commerciali e non commerciali.Avendo presente la fl essibilità dell’istituto, il legislatore ha individuato, ai fi ni della im-posizione dei redditi, due principali tipologie di trust:• trust con benefi ciari individuati, i cui redditi vengono imputati per trasparenza ai be-nefi ciari stessi,• trust senza benefi ciari individuati, i cui redditi vengono tassati dirett amente in capo al trust.

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I redditi imputati al benefi ciario sono stati qualifi cati come redditi di capitale, con l’inse-rimento della lett era g-sexies) al comma 1 dell’articolo 44 del TUIR.Specifi che disposizioni antielusive sono state, inoltre, introdott e al fi ne di determinare la residenza fi scale di trust istituiti in paesi che non consentono lo scambio di informa-zioni.Con opportune modifi cazioni apportate all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 29 sett embre 1973, n. 600, i trust che esercitano att ività commerciali sono stati inclusi tra i soggett i obbligati alla tenuta di scritt ure contabili.Infi ne, in materia di imposizione indirett a, puntuali disposizioni sono state introdott e• dapprima con l’art. 6 del decreto-legge 3 ott obre 2006, n. 262 che ha previsto l’appli-cazione dell’imposta di registro sulla costituzione dei vincoli di destinazione sui beni e diritt i• poi con la con legge di conversione 24 novembre 2006 n. 286 che, senza convertire la disposizione dell’art. 6 del decreto, ha invece assoggett ato la costituzione dei vincoli di destinazione sui beni e diritt i all’imposta sulle successioni e donazioni• e in ultimo con la fi nanziaria 2007 che ha introdott o alcune franchigie ed esenzioni.

1. BREVI CENNI SULLA NATURA DEI TRUST

Il trust è istituto tipico della common law che, per versatilità e fl essibilità, si presta alle fi nalità più ampie. E’ opportuno considerare che non esiste una specifi ca tipologia di trust e che, ai fi ni dell’analisi dei profi li civilistici e fi scali, dopo aver individuato i tratt i comuni ed essenziali della relativa disciplina occorre cogliere volta per volta, nei casi concreti, le peculiarità dei singoli trust.

Il trust si sostanzia in un rapporto giuridico fondato sul rapporto di fi ducia tra disponen-te (sett lor o grantor) e trustee. Il disponente, di norma, trasferisce, per att o inter vivos o mortis causa, taluni beni o diritt i a favore del trustee il quale li amministra, con i diritt i e i poteri di un vero e proprio proprietario, nell’interesse del benefi ciario o per uno scopo prestabilito.

Spesso i trustee sono trust company, vale a dire società che hanno quale oggett o sociale l’assistenza ai clienti nella istituzione dei trust e nella successiva gestione dei patrimoni.

L’eff ett o principale dell’istituzione di un trust è la segregazione patrimoniale in virtù della quale i beni conferiti in trust costituiscono un patrimonio separato rispett o al patri-monio del trustee, con l’eff ett o che non possono essere escussi dai creditori del trustee, del disponente o del benefi ciario.

Caratt erizzato da una dual ownership, vale a dire da una doppia proprietà, l’una ai fi ni dell’amministrazione -in capo al trustee- e l’altra, ai fi ni del godimento - in capo al bene-fi ciario -, il trust esprime un concett o di proprietà non proprio allineato a quello cono-sciuto nei paesi di civil law. E’ evidente come, in base ai canoni tradizionali del nostro ordinamento, non sia agevole comprendere un simile sdoppiamento di proprietà, né la compressione del diritt o di godimento dei beni affi dati al trustee che ne è il proprietario. In sostanza, mentre la titolarità del diritt o di proprietà è piena, l’esercizio di tale diritt o è invece limitato al perseguimento degli scopi indicati nell’att o istitutivo.

Il trust viene istituito con un negozio unilaterale, cui si affiancano uno o più atti dispositivi.

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Se è lo stesso disponente ad essere designato quale trustee, si dà luogo a un trust auto-dichiarato; in tal caso il vincolo di destinazione sui beni si forma all’interno dello stesso patrimonio del disponente.

Qualora il trustee sia soggett o diverso dal disponente, il trasferimento al trust dei beni, così come la “perdita di controllo” da parte del disponente sui medesimi beni, sono re-quisiti qualifi canti del trust. Il disponente può conservare alcuni poteri (come quello di sostituire il trustee o nominare altri benefi ciari) salvaguardando in ogni caso l’eff ett ività dell’att ribuzione e l’esercizio dei poteri di amministrazione da parte del trustee.

Il trust può presentarsi come:• trust liberale, con il quale si dispone di assett i familiari e non;• trust commerciale, utilizzabile, ad esempio, per disporre la segregazione di att ività dell’impresa, spesso a titolo di garanzia.• trust revocabile (grantor trust), quando il disponente si riserva la facoltà di revocare l’att ribuzione dei diritt i ceduti al trustee o vincolati nel trust (nel caso in cui il disponente sia anche trustee), diritt i che, con l’esercizio della revoca, rientrano nella sua sfera patri-moniale.E’ evidente come in tal caso non si abbia un trasferimento irreversibile deidiritt i e, sopratt utt o, come il disponente non subisca una permanente diminuzione patri-moniale. Questo tipo di trust, pure ammesso in alcuni ordinamenti, ai fi ni delle imposte sui redditi non dà luogo ad un autonomo soggett o passivo d’imposta cosicché i suoi redditi sono tassati in capo al disponente; ai fi ni delle imposte indirett e, come si dirà, non si diff erenzia dagli altri trust.

Avendo riguardo alla sua strutt ura, il trust può considerarsi come:• trust “di scopo”, se funzionale al perseguimento di un determinato fi ne (es. il trust di garanzia)• trust “con benefi ciario”, quando i beni in trust vengono gestiti nell’interesse di un de-terminato soggett o.

Il benefi ciario può essere “benefi ciario di reddito” e godere delle utilità dei beni in trust (ad esempio, percepire periodicamente delle somme) oppure “benefi ciario fi nale” dei beni che gli verranno devoluti al termine del trust.

I benefi ciari possono essere individuati nell’att o istitutivo o in un secondo momento, dirett amente dal disponente o da un terzo designato (protector); inoltre, possono essere designati nominativamente o quali appartenenti ad una determinata categoria. Essi han-no azione verso il trustee per rivendicare i loro diritt i.

Nel fi xed trust il disponente individua i benefi ciari con l’att o istitutivo e predetermina la ripartizione tra gli stessi del patrimonio e del reddito del trust.

Nel trust discrezionale, invece, il disponente si riserva la facoltà di nominare in un mo-mento successivo i benefi ciari ovvero rimett e al trustee o ad un protector (guardiano) l’individuazione degli stessi, delle loro rispett ive posizioni, delle modalità e dei tempi di att ribuzione dei benefi ci.

L’att o istitutivo del trust può indicare un protector con il compito di vigilare sull’operato del trustee.Il trust non ha una disciplina civilistica interna ma trova tutt avia legitt imazione a seguito

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dell’adesione dell’Italia alla Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, resa esecutiva con legge 16 ott obre 1989, n. 364 e in vigore dal 1° gennaio 1992.La Convenzione si pone l’obiett ivo di armonizzare le regole del diritt o internazionale privato in materia di trust e, di fatt o, ne att ua il riconoscimento negli ordinamenti di civil law privi di una disciplina interna.Essa individua gli elementi essenziali del trust rilevanti ai fi ni del riconoscimento da parte degli Stati fi rmatari.

L’art. 2 prevede i seguenti elementi essenziali del trust:• i beni vincolati nel trust sono una massa distinta e non sono parte del patrimonio del trustee• i beni vincolati nel trust sono intestati al trustee o ad altro soggett o per conto del trustee• il trustee è tenuto ad amministrare, gestire e disporre dei beni in trust secondo le in-dicazioni dett ate nell’att o istitutivo del trust e nel rispett o della legge. Il trustee deve rendere conto della gestione.

L’Italia riconosce i trust che abbiano gli elementi essenziali indicati dall’art. 2. Per eff ett o del riconoscimento, i beni in trust restano distinti dal patrimonio personale del trustee che, a sua volta, acquista la capacità di agire ed essere convenuto in giudizio, di compari-re in qualità di trustee davanti a notai o altri rappresentanti di pubbliche istituzioni.Ai sensi dell’articolo 3, la convenzione si applica solo ai trust la cui istituzione sia provata per iscritt o.Si ricorda, infi ne, che la convenzione non dispone sul tratt amento fi scale dei trust, il qua-le rientra nelle competenze dei singoli Stati (art. 19).

2. PRECEDENTI INDICAZIONI DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA IN MA-TERIA DI TRUST

Prima dell’intervento att uato con la fi nanziaria 2007 l’Amministrazione fi nanziaria ave-va fornito alcune sommarie indicazioni in merito al tratt amento fi scale dei trust. Si cita al riguardo la relazione degli ispett ori tributari del Secit in materia di “Circolazione dei trust esteri in Italia”, approvata con delibera n. 37/98 dell’11 maggio 1998, che – nel con-validare la tesi largamente maggioritaria in dott rina- aveva precisato che “il trust rientra fra gli enti considerati dall’articolo 87 (att uale 73 ndr) del TUIR, quali soggett i autonomi d’imposta IRPEG. In particolare, qualora il trust abbia la sede legale o amministrativa o l’oggett o principale dell’att ività in Italia e svolga, in via esclusiva o principale, un’att ivi-tà commerciale, si renderebbero applicabili le disposizioni recate dall’art. 95 (att uale 81 ndr) del TUIR, mentre nel caso di ente non residente o non esercente att ività commercia-le, si renderebbero applicabili le disposizioni previste dagli artt . 108 (att uale 143 ndr) e seguenti del medesimo testo unico”.Anche la prassi amministrativa successiva a tale delibera del Secit (circ del 30/12/2005 n. 55, ris. 17 gennaio 2003 n. 8) si era orientata a qualifi care il trust come ente non commer-ciale ovvero quale ente commerciale nel caso di esercizio di att ività d’impresa.In particolare, era stato aff ermato che il trust fosse confi gurabile come un autonomo soggett o d’imposta IRES, esercente o meno att ività commerciale, ai sensi dell’articolo 73, comma 2, del TUIR, ossia come una delle organizzazioni non appartenenti ad altri soggett i passivi nei confronti dei quali il presupposto dell’imposta si verifi ca in modo unitario ed autonomo.In ogni caso, l’autonoma soggett ività tributaria era stata riconosciuta esclusivamente

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a quei trust che possedessero le caratt eristiche di cui all’articolo 2 della Convenzione dell’Aja, tra cui, come abbiamo visto, l’eff ett ivo potere di gestione ed amministrazione dei beni in capo al trustee (cfr. risoluzione n. 8/E del 17 gennaio 2003).In linea con tale indirizzo interpretativo è anche il provvedimento del Dirett ore dell’Agen-zia delle entrate dell’8 luglio 2005 riguardante l’applicazione della Dirett iva 2003/48/CE del Consiglio del 3 giugno 2003, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sott o forma di pagamenti di interessi. Tale provvedimento, infatt i, ha indicato fra i soggett i che rientrano nell’ambito applicativo della Dirett iva stessa i trust (denominati “entità residuali”) in qualità di enti, diversi dalle persone fi siche e dalle società, non esercenti att ività commerciali. Diversamente, non sono riconducibili nell’ambito applicativo del-la Dirett iva i trust che esercitano att ività commerciali e i cui redditi sono determinati secondo le regole generali del reddito d’impresa.

3. DISCIPLINA DEL TRUST AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE

Il comma 74 dell’articolo unico della fi nanziaria 2007, modifi cando a tal fi ne l’articolo 73 del TUIR, ha defi nitivamente sancito l’appartenenza del trust ai soggett i passivi dell’im-posta sul reddito delle società.

In particolare, sono soggett i all’imposta sul reddito delle società:• i trust residenti nel territorio dello Stato che hanno per oggett o esclusivo o principale l’esercizio di att ività commerciali (enti commerciali);• i trust residenti nel territorio dello Stato che non hanno per oggett o esclusivo o princi-pale l’esercizio di att ività commerciali (enti non commerciali);• i trust non residenti, per i redditi prodott i nel territorio dello Stato (enti non residenti).

Come già accennato, l’art. 73 individua, ai fi ni della tassazione, due principali tipologie di trust:• trust con benefi ciari di reddito individuati, i cui redditi vengono imputati per traspa-renza ai benefi ciari (trust trasparenti)• trust senza benefi ciari di reddito individuati, i cui redditi vengono dirett amente att ri-buiti al trust medesimo (trust opachi).

E’ tutt avia possibile che un trust sia al contempo opaco e trasparente. Ciò avviene, ad esempio, quando l’att o istitutivo preveda che parte del reddito di un trust sia accantonata a capitale e parte sia invece att ribuita ai benefi ciari. In questo caso, il reddito accantonato sarà tassato in capo al trust mentre il reddito att ribuito ai benefi ciari, qualora ne ricorra-no i presupposti, vale a dire quando i benefi ciari abbiano diritt o di percepire il reddito, sarà imputato a questi ultimi.Dopo aver determinato il reddito del trust, il trustee indicherà la parte di esso att ribuito al trust - sulla quale il trust stesso assolverà l’IRES - nonché la parte imputata per traspa-renza ai benefi ciari - su cui questi ultimi assolveranno le imposte sul reddito -.

In alternativa all’imposizione in capo al trust o ai benefi ciari, taluni redditi di natura fi nanziaria sono soggett i a ritenuta a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva. Un trust che non esercita att ività commerciale, compreso, quindi, tra i soggett i di cui all’articolo 73, comma 1, lett era c), e che possiede, ad esempio, titoli soggett i alle disposizioni del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239 vede gli interessi, premi ed altri frutt i relativi a dett i titoli sott oposti ad imposizione sostitutiva, ai sensi dell’articolo 2 del decreto sopra richiamato.

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Sono altresì assoggett ati a ritenuta d’imposta i redditi delle obbligazioni e titoli similari indicati nell’articolo 26, comma 1, del DPR n. 600 del 1973 percepiti da trust non eser-centi att ività d’impresa commerciale. Inoltre, taluni redditi diversi di natura fi nanziaria indicati nell’articolo 67, comma 1, lett ere da c-bis) a c-quinquies) del TUIR, se percepiti da trust non commerciali residenti, sono assoggett ati ad imposizione sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 12,50 per cento.

3.1 LA RESIDENZA DEL TRUST

La residenza del trust è individuata, con taluni adatt amenti che tengono conto della na-tura dell’istituto, secondo i criteri generali utilizzati per fi ssare la residenza dei soggett i di cui all’articolo 73 del TUIR.Ai sensi del comma 3 di tale articolo, un soggett o IRES si considera residente nel territo-rio dello Stato al verifi carsi di almeno una delle condizioni sott o indicate per la maggior parte del periodo di imposta:• sede legale nel territorio dello Stato;• sede dell’amministrazione nel territorio dello Stato;• oggett o principale dell’att ività svolta nel territorio dello Stato.

Considerando le caratt eristiche del trust, di norma i criteri di collegamento al territorio dello Stato sono la sede dell’amministrazione e l’oggett o principale.Il primo di essi (la sede dell’amministrazione) risulterà utile per i trust che si avvalgono, nel perseguire il loro scopo, di un’apposita strutt ura organizzativa (dipendenti, locali, ecc.). In mancanza, la sede dell’amministrazione tenderà a coincidere con il domicilio fi scale del trustee.Il secondo criterio (l’oggett o principale) è strett amente legato alla tipologia di trust. Se l’oggett o del trust (beni vincolati nel trust) è dato da un patrimonio immobiliare situato interamente in Italia, l’individuazione della residenza è agevole; se invece i beni immo-bili sono situati in Stati diversi occorre fare riferimento al criterio della prevalenza. Nel caso di patrimoni mobiliari o misti l’oggett o dovrà essere identifi cato con l’eff ett iva e concreta att ività esercitata.Per individuare la residenza di un trust si potrà fare utile riferimento alle convenzioni per evitare le doppie imposizioni.Come è noto, le convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni si applicano alle persone residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti che, in qualità di soggett i pas-sivi d’imposta, subiscono una doppia imposizione internazionale.E’ possibile che i trust diano luogo a problematiche di tassazione transfrontaliera con eventuali fenomeni di doppia imposizione o, all’opposto, di elusione fi scale.Un trust, infatt i, può realizzare il presupposto impositivo in più Stati, quando, ad esem-pio, il trust fund sia situato in uno Stato diverso da quello di residenza del trustee e da quello di residenza del disponente e dei benefi ciari.

Annoverato, a seguito della modifi ca dell’art. 73 del TUIR, tra i soggett i passivi d’impo-sta, ai fi ni convenzionali il trust deve essere considerato come “persona” (“una persona diversa da una persona fi sica” di cui all’articolo 4, comma 3, modello OCSE di conven-zione per evitare le doppie imposizioni) anche se non espressamente menzionato nelle singole convenzioni.L’unica convenzione che espressamente comprende i trust tra le persone cui si applica la convenzione è quella sott oscritt a dall’Italia con gli Stati Uniti d’America. La nuova disci-plina fi scale contiene, altresì, disposizioni che mirano a contrastare possibili fenomeni di fi tt izia localizzazione dei trust all’estero, con fi nalità elusive.

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Al riguardo, il comma 3 dell’articolo 73 del TUIR, introduce due casi di att razione della residenza del trust in Italia:

1. Si considerano residenti nel territorio dello Stato, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Paesi che non consentono lo scambio di in-formazioni (paesi non inclusi nella cosiddett a “white list” approvata con decreto del Mi-nistro delle Finanze 4 sett embre 1996 e successive modifi cazioni) quando almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei benefi ciari siano fi scalmente residenti nel territorio dello Stato. La norma menziona gli “istituti aventi analogo contenuto” a quello di un trust. Si è voluto in questo modo tenere conto della possibilità che ordinamenti stranieri disciplinino istituti analoghi al trust ma assegnino loro un “nomen iuris” diverso. Per individuare quali siano gli istituti aventi contenuto analogo si deve fare riferimento agli elementi essenziali e caratt erizzanti dell’istituto del trust. E’ rilevante, inoltre, stabilire in quale momento la residenza fi scale di un disponente e di un benefi ciario att rae in Italia la residenza fi scale del trust. In primo luogo, non sembra necessario che la residenza italia-na del disponente e del benefi ciario sia verifi cata nello stesso periodo d’imposta. Infatt i la residenza del disponente, in considerazione della natura istantanea dell’att o di dispo-sizione, rileva nel periodo d’imposta in cui questi ha eff ett uato l’att o di disposizione a favore del trust. Eventuali cambiamenti di residenza del disponente in periodi d’imposta diversi sono irrilevanti. Per la parte riguardante il benefi ciario, la norma è applicabile ai trust con benefi ciari individuati. La residenza fi scale del benefi ciario att rae in Italia la re-sidenza fi scale del trust anche se questa si verifi ca in un periodo d’imposta successivo a quello in cui il disponente ha posto in essere il suo att o di disposizione a favore del trust. Ai fi ni dell’att razione della residenza in Italia è, infi ne, irrilevante l’avvenuta erogazione del reddito a favore del benefi ciario nel periodo d’imposta.

2. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato che non consente lo scambio di informazioni quando, successivamente alla costituzione, un soggett o residente trasferisca a favore del trust la proprietà di un bene immobile o di diritt i reali immobiliari ovvero costituisca a favore del trust dei vincoli di destinazione sugli stessi beni e diritt i. In tal caso, è proprio l’ubicazione degli immobili che crea il collegamento territoriale e giustifi ca la residenza in Italia. Nelle due ipotesi considerate dalla norma, la residenza è att ratt a in Italia nel presupposto che il trust sia “istituito” in un Paese con il quale non è att uabile lo scambio di informazioni.La norma vuole evidentemente colpire disegni elusivi perseguiti att raverso la collocazio-ne fi tt izia di trust “interni” (trust con disponente, benefi ciario e beni in trust nel territorio dello Stato) in paesi che non consentano lo scambio di informazioni. In buona sostanza, ai fi ni dell’att razione della residenza, rileva il fatt o che un trust, caratt erizzato da elemen-ti collegati con il territorio italiano (un disponente e un benefi ciario residente o immobili siti in Italia e conferiti da un soggett o italiano) sia “istituito” ossia abbia formalmente fi ssato la residenza in un paese non incluso nella white list.Come conseguenza della presunzione di residenza fi scale nel territorio dello Stato, tutt i i redditi del trust, ovunque prodott i, sono imponibili in Italia secondo il principio del world wide income. Al contrario, per i trust non residenti, l’imponibilità in Italia riguar-da solo i redditi prodott i nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 23 del TUIR. Si ricorda che sono compresi nella vigente white list i seguenti Paesi: Albania; Algeria; Argentina; Australia; Austria; Azerbajan; Bangladesh; Belgio; Bielorussia; Brasile; Bulgaria; Canada; Cina; Corea del Sud; Costa d’Avorio; Croazia; Danimarca; Ecuador; Egitt o; Emirati Arabi Uniti; Estonia; Federazione Russa; Filippine; Finlandia; Francia; Germania; Giappone; Grecia; India; Indonesia; Irlanda; Israele; Jugoslavia; Kazakistan; Kuwait; Lituania; Lus-semburgo; Macedonia; Malta; Marocco; Mauritius; Messico; Norvegia; Nuova Zelanda;

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Paesi Bassi; Pakistan; Polonia; Portogallo; Regno Unito; Repubblica Ceca; Repubblica Slovacca; Romania; Singapore; Slovenia; Spagna; Sri Lanka; Stati Uniti; Sud Africa; Sve-zia; Tanzania; Thailandia; Trinidad e Tobago; Tunisia; Turchia; Ucraina; Ungheria; Vene-zuela; Vietnam; Zambia.In entrambi i casi di att razione in Italia di trust non residenti, la norma opera una presun-zione relativa di residenza; rimane quindi la possibilità per il contribuente di dimostrare l’eff ett iva residenza fi scale del trust all’estero. Ove compatibili, anche le disposizioni in materia di estero-vestizione delle società previste dall’articolo 73 del TUIR, commi 5-bis e 5-ter, sono applicabili ai trust ed in particolare a quelli istituiti o comunque residenti in Paesi compresi nella white list, per i quali non trova applicazione la specifi ca presun-zione di residenza di cui all’articolo 73, comma 3 del TUIR nella versione emendata dalla fi nanziaria 2007.

3.2 ADEMPIMENTI DEL TRUST

Quale soggett o passivo d’imposta, sia esso “trasparente” o “opaco”, il trust è tenuto ad adempiere gli specifi ci obblighi previsti per i soggett i IRES, ad iniziare dall’obbligo di presentare annualmente la dichiarazione dei redditi.Inoltre il trust residente dovrà necessariamente dotarsi di un proprio codice fi scale e, qualora eserciti att ività commerciale, di una propria partita IVA. Tutt i gli adempimenti tributari del trust sono assolti dal trustee.Il comma 76 dell’articolo unico della fi nanziaria 2007, nel modifi care l’articolo 13 del d.P.R. n. 600 del 1973, ha incluso fra i soggett i obbligati a tenere le scritt ure contabili:• i trust che hanno per oggett o esclusivo o principale l’esercizio di att ività commerciale (primo comma, lett era b)• i trust che non hanno per oggett o esclusivo o principale l’esercizio di att ività commer-ciale (secondo comma, lett era g).I trust che hanno per oggett o esclusivo l’esercizio di att ività commerciali sono pertanto obbligati alla tenuta delle scritt ure contabili previste dall’articolo 14 del decreto citato.Analogamente, i trust che esercitano att ività commerciale in forma non esclusiva sono obbligati alla tenuta delle scritt ure contabili secondo le disposizioni di cui all’articolo 20 del decreto.Come già accennato, il trust è tenuto a presentare le dichiarazioni dei redditi nei modi e nei tempi stabiliti per i soggett i IRES.Nei casi in cui il periodo di imposta di un trust trasparente non coincida con l’anno solare, il reddito da questo conseguito è imputato ai benefi ciari individuati alla data di chiusura del periodo di gestione del trust stesso. Si ipotizzi, ad esempio, un trust con benefi ciari individuati il cui periodo di gestione, in base a quanto stabilito dall’att o isti-tutivo, sia compreso tra il 1° aprile e il 31 marzo. In tale caso, il trust presenta la propria dichiarazione entro il 31 ott obre (ultimo giorno del sett imo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta, art. 2, comma 2, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322) e i be-nefi ciari a loro volta dovranno inserire tale reddito nella dichiarazione relativa al periodo di imposta in cui è terminato il periodo di gestione del trust.Naturalmente se trustee è una trust company che amministra più trust, dovrà presentare una dichiarazione per ciascun trust.Il trust è tenuto altresì ad adempiere gli obblighi formali e sostanziali relativi all’IRAP previsti dal d.lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, in quanto soggett o passivo rientrante, a se-conda dell’att ività svolta, nelle fatt ispecie di cui all’articolo 3, comma 1, lett ere a) ed e) del medesimo decreto.

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3.3 IL TRASFERIMENTO DEI BENI NEL TRUST

Il trasferimento di beni in un trust ai fi ni delle imposte sui redditi sconta un tratt amento diff erenziato che varia in funzione del soggett o che l’eff ett ua (imprenditore o non im-prenditore) e della tipologia di bene trasferito.Qualora il trasferimento riguardi beni relativi all’impresa (beni merce, beni strumentali, beni patrimoniali), questi fuoriescono dalla disponibilità dell’imprenditore in quanto de-stinati a fi nalità estranee all’impresa.Ciò comporta per il disponente imprenditore il conseguimento di componenti positivi di reddito da assoggett are a tassazione secondo le disposizioni del TUIR, nonché l’assog-gett amento ad IVA ai sensi dell’art. 2, comma 2 n. 5 del d.P.R. n. 633/1972. In particolare, il trasferimento di beni merce comporterà il conseguimento di un ricavo d’esercizio ai sensi dell’art. 85, comma 2 del TUIR da quantifi care sulla base del valore normale ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del TUIR.Il trasferimento di beni diversi da quelli che generano ricavi (beni strumentali, beni patri-moniali dell’impresa), invece, genererà plusvalenze o minusvalenze rilevanti ai fi ni della determinazione del reddito d’impresa ai sensi degli articoli 58, 86 e 87 del TUIR. Anche in tali fatt ispecie il valore da prendere a riferimento per il calcolo della plusvalenza è il valore normale di cui al citato articolo 9, comma 3.Ove il trasferimento in trust abbia ad oggett o un’azienda, il relativo profi lo fi scale deve essere esaminato alla luce del disposto dell’articolo 58, comma 1, del TUIR che esclude il realizzo di plusvalenze in caso di trasferimento d’azienda per causa di morte o per att o gratuito; in tal caso l’azienda è assunta ai medesimi valori fi scalmente riconosciuti nei confronti del dante causa. La ratio della norma consente di ritenere che, nel caso di tra-sferimento dell’azienda in trust, si conservi la neutralità fi scale a condizione che il trustee assuma l’azienda agli stessi valori fi scalmente riconosciuti in capo al disponente.Nel caso di beni diversi da quelli relativi all’impresa, il trasferimento al trust, in assenza di corrispett ivo, non genera materia imponibile ai fi ni della imposizione sui redditi, né in capo al disponente non imprenditore né in capo al trust o al trustee.Per quest’ultimo, infatt i, anche se imprenditore, non si avranno sopravvenienze att ive ex art. 88, comma 3, lett . b), del TUIR, in quanto i beni trasferiti in trust non si confondono con il patrimonio dell’imprenditore (trustee) ma, come visto in precedenza, costituiscono un patrimonio separato.Qualora il trasferimento dei beni in trust abbia ad oggett o titoli partecipativi il trustee acquisisce l’ultimo costo fi scalmente riconosciuto della partecipazione. Tale regime di neutralità non può, tutt avia, essere garantito nel caso in cui i titoli oggett o del trasferi-mento siano detenuti nell’ambito di un rapporto amministrato di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461; nella specie, infatt i, il trasferimento dei titoli dal conto del sett lor a quello del trust, poiché indirizzato verso un conto intestato a un soggett o diverso da quello di provenienza, ricade nell’ipotesi dell’articolo 6, comma 6, del citato d. lgs. n. 461 del 1997 che assimila tali trasferimenti a cessioni a titolo oneroso.In tal caso, l’intermediario abilitato applica le relative imposte.

3.4 CESSIONE DEI BENI IN TRUST

Il tratt amento fi scale della cessione dei beni durante la vita del trust non presenta par-ticolari problemi operativi, in quanto desumibile dalle ordinarie disposizioni che ai fi ni delle imposte sui redditi disciplinano dett a operazione.In particolare, quando le cessioni siano poste in essere nell’esercizio dell’impresa, la rela-tiva disciplina fi scale varia in funzione della categoria di appartenenza del bene ceduto.Nel caso di cessioni non eff ett uate nell’esercizio dell’impresa potranno realizzarsi, ricor-

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rendone i presupposti, le fatt ispecie reddituali previste dall’articolo 67 del TUIR.Per la determinazione delle plusvalenze dovrà farsi riferimento ai valori fi scalmente rico-nosciuti in capo al disponente, fermo restando che il trasferimento dei beni dal disponen-te al trustee non interrompe il decorso del quinquennio di cui all’articolo 67, mentre nel caso di cessioni di beni acquistati dal trust si farà riferimento al prezzo pagato.

4. DISCIPLINA DEI REDDITI DEL BENEFICIARIO DEL TRUST

Il comma 74, lett era b), dell’articolo unico della fi nanziaria 2007 aggiunge al comma 2 dell’articolo 73 del TUIR il seguente periodo: “Nei casi in cui i benefi ciari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai benefi ciari in pro-porzione alla quota di partecipazioni individuata nell’att o di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero in mancanza in parti uguali”.Premesso che il presupposto di applicazione dell’imposta è il possesso di redditi, per “benefi ciario individuato” è da intendersi il benefi ciario di “reddito individuato”, vale a dire il soggett o che esprime, rispett o a quel reddito, una capacità contributiva att uale.E’ necessario, quindi, che il benefi ciario non solo sia puntualmente individuato, ma che risulti titolare del diritt o di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddi-to che gli viene imputata per trasparenza.Infatt i, a diff erenza dei soci delle società trasparenti, che possono autonomamente stabi-lire i criteri di distribuzione degli utili societari, i benefi ciari di un trust non hanno alcun potere in ordine all’imputazione del reddito del trust, cui provvede unicamente il trustee sulla base dei criteri stabiliti dal disponente.L’art. 73 dispone che i redditi siano imputati “in ogni caso” ai benefi ciari, cioè indipen-dentemente dall’eff ett iva percezione, secondo un criterio di competenza. Tale precisazio-ne si è resa necessaria per coordinare la tassazione per trasparenza del trust con la natura del reddito att ribuito al benefi ciario, che è considerato reddito di capitale.Contrariamente, infatt i, al principio di cassa che in via ordinaria informa la determina-zione del reddito di capitale, nella tassazione per trasparenza il medesimo reddito viene imputato al benefi ciario indipendentemente dall’eff ett iva percezione, secondo il princi-pio della competenza economica.Il reddito imputato per trasparenza verrà tassato secondo le aliquote personali del bene-fi ciario. Naturalmente, l’eff ett iva percezione dei redditi da parte dei benefi ciari rimane una mera movimentazione fi nanziaria, ininfl uente ai fi ni della determinazione del red-dito.Ove abbia scontato una tassazione a titolo d’imposta o di imposta sostitutiva in capo al trust che lo ha realizzato, il reddito non concorre alla formazione della base imponibile, né in capo al trust opaco né, in caso di imputazione per trasparenza, in capo ai benefi -ciari.Ad una doppia imposizione ostano i principi generali dell’ordinamento interno che im-pediscono l’imposizione in capo a più soggett i passivi di redditi prodott i o realizzati in dipendenza di uno stesso presupposto (articolo 163 del TUIR).Sulla base dei medesimi principi, i redditi conseguiti e corrett amente tassati in capo al trust prima della individuazione dei benefi ciari (quando il trust era “opaco”), non pos-sono scontare una nuova imposizione in capo a questi ultimi a seguito della loro distri-buzione.Il credito d’imposta per le imposte pagate all’estero in via defi nitiva, disciplinato dall’ar-ticolo 165 del TUIR, spett a al trust nel caso di trust “opaco”.Qualora, invece, il trust sia “trasparente” ed il reddito sia imputato ai benefi ciari, il cre-dito d’imposta spett a ai singoli benefi ciari in proporzione al reddito imputato, analoga-

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mente a quando disposto dall’articolo 165, comma 9, per le società che hanno optato per il regime della trasparenza. Infi ne, nel caso in cui il trust att ribuisca solo parte del reddito ai benefi ciari e sia, quindi, in parte opaco e in parte trasparente, la detrazione spett a al trust e ai benefi ciari in proporzione al reddito imputato.

4.1 NATURA DEI REDDITI ATTRIBUITI AI BENEFICIARI

Il comma 75 dell’articolo unico della fi nanziaria 2007 inserisce all’articolo 44 del TUIR, dopo la lett era g-quinquies), la lett era g-sexies), secondo cui sono redditi di capitale “i redditi imputati al benefi ciario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti;”.

Il trust residente imputa per trasparenza i propri redditi:• ai benefi ciari residenti;• ai benefi ciari non residenti.In tale ultimo caso, il reddito att ribuito al benefi ciario non residente, viene tassato in Ita-lia: tratt andosi di reddito di capitale corrisposto da soggett o residente, infatt i, lo stesso si considera prodott o in Italia ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett . b) del TUIR.

Il trust non residente, che è soggett o passivo IRES per i soli redditi prodott i in Italia, im-puta per trasparenza tali redditi ai:• soli benefi ciari residenti, quali titolari di redditi di capitale.

5. DISCIPLINA DEL TRUST AI FINI DELLE IMPOSTE INDIRETTE

La strutt ura giuridica del trust pone in evidenza i seguenti elementi o presupposti impo-sitivi rilevanti agli eff ett i delle imposte indirett e:1. l’att o istitutivo;2. l’att o dispositivo;3. eventuali operazioni compiute durante il trust;4. il trasferimento dei beni ai benefi ciari.

5.1 ATTO ISTITUTIVO DEL TRUST (IMPOSTA DI REGISTRO)

L’att o istitutivo con il quale il disponente esprime la volontà di costituire il trust, che non contempli anche il trasferimento di beni nel trust (disposto in un momento successivo), se redatt o con att o pubblico o con scritt ura privata autenticata, sarà assoggett ato all’im-posta di registro in misura fi ssa ai sensi dell’articolo 11 della Tariff a, parte prima, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale att o privo di contenuto patrimoniale.

5.2 ATTO DISPOSITIVO (IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI E DONAZIONI SULLA CO-STITUZIONE DI VINCOLI DI DESTINAZIONE)

L’att o dispositivo con il quale il sett lor vincola i beni in trust è un negozio a titolo gratuito.L’articolo 6 del decreto legge 3 ott obre 2006, n. 262, rubricato “Disposizioni urgenti in materia tributaria e fi nanziaria” ha dett ato una specifi ca disciplina per la “…costituzione di vincoli di destinazione…”, prevedendone l’assoggett amento all’imposta di registro. E’ questo il primo approccio della normativa nazionale al tratt amento del trust ai fi ni delle

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imposte indirett e, posto che il trust, per le caratt eristiche essenziali che lo contraddistin-guono, è riconducibile nella categoria dei vincoli di destinazione.Il regime fi scale introdott o dal decreto legge n. 262 del 2006 è stato successivamente modifi cato dalla legge di conversione 24 novembre 2006, n. 286. Quest’ultima legge, che non ha convertito il predett o articolo 6 del decreto, ha invece ripristinato l’imposta sulle successioni e donazioni, siccome disciplinata dal Testo Unico 31 ott obre 1990, n. 346, nel testo vigente al 25 ott obre 2001. Contestualmente, ha disposto l’applicazione di tale imposta “…alla costituzione dei vincoli di destinazione…” (decreto legge n. 262 del 3 ott obre 2006, convertito con modifi cazioni dalla legge n. 286 del 24/11/2007, articolo 2, commi dal 47 al 49).Da ultimo, la fi nanziaria 2007 ha integrato la disciplina dell’imposta in esame, introdu-cendo, tra l’altro, determinate franchigie in favore dei parenti in linea collaterale e dei portatori di handicap, nonché esenzioni per il trasferimento a favore dei discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali o di azioni (articolo 1, commi da 77 a 79).Att ualmente, pertanto, la costituzione dei vincoli di destinazione è soggett a all’imposta sulle successioni e donazioni secondo le disposizioni stabilite all’art. 2, commi da 47 a 49, del decreto legge n. 262 del 2006.Come accennato, il trust comporta la segregazione dei beni del sett lor in un patrimo-nio separato gestito dal trustee (che nel trust autodichiarato - anch’esso rilevante ai fi ni dell’imposta in esame - coincide con il sett lor).Il conferimento di beni nel trust (o il costituito vincolo di destinazione che ne è l’eff ett o) va assoggett ato, pertanto, all’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzio-nale, sia esso disposto mediante testamento o per att o inter vivos.Il trust si sostanzia in un rapporto giuridico complesso che ha un’unica causa fi duciaria. Tutt e le vicende del trust (istituzione, dotazione patrimoniale, gestione, realizzazione dell’interesse del benefi ciario, il raggiungimento dello scopo) sono collegate dalla me-desima causa.Ciò induce a ritenere che la costituzione del vincolo di destinazione avvenga sin dall’ori-gine a favore del benefi ciario (naturalmente nei trust con benefi ciario) e sia espressione dell’unico disegno volto a consentire la realizzazione dell’att ribuzione liberale.Conseguentemente, ai fi ni della determinazione delle aliquote, che si diff erenziano in dipendenza del rapporto di parentela e affi nità (all’art. 2, commi da 47 a 49, del decreto legge n. 262 del 2006), occorre guardare al rapporto intercorrente tra il disponente e il benefi ciario (e non a quello tra disponente e trustee).Ai fi ni dell’applicazione sia delle aliquote ridott e sia delle franchigie, il benefi ciario deve poter essere identifi cato, in relazione al grado di parentela con il disponente, al momento della costituzione del vincolo. Ad esempio, per poter applicare l’aliquota del 4% prevista tra parenti in linea rett a, è suffi ciente sapere che il benefi ciario di un trust familiare sarà il primo nipote al conseguimento della maggiore età.Nel trust di scopo, gestito per realizzare un determinato fi ne, senza indicazione di bene-fi ciario fi nale, l’imposta sarà dovuta con l’aliquota dell’8% prevista per i vincoli di desti-nazione a favore di “altri soggett i” (d.l. n. 262/2006 art. 2, comma 48, lett . c).In applicazione del comma 4-ter dell’art. 3 del d. lgs. 31 ott obre 1990, n. 346 introdott o dal comma 78 dell’art. 1 della fi nanziaria 2007, la costituzione del vincolo di destinazione in un trust disposto a favore dei discendenti del sett lor non è soggett o all’imposta qualora abbia ad oggett o aziende o rami di esse, quote sociali e azioni.

5.3 ATTO DISPOSITIVO (IMPOSTE IPOTECARIE E CATASTALI)

Le modalità di applicazione delle imposte ipotecaria e catastale alla costituzione di vin-coli di destinazione, in mancanza di specifi che disposizioni, sono stabilite dal Testo Uni-

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co delle imposte ipotecaria e catastale, approvato con d.lgs. 31 ott obre 1990, n. 347.Tali imposte sono dovute, rispett ivamente, per la formalità della trascrizione di att i aven-ti ad oggett o beni immobili o diritt i reali immobiliari e per la voltura catastale dei me-desimi att i. Le stesse imposte sono dovute in misura proporzionale relativamente alla trascrizione di att i che conferiscono nel trust, con eff ett i traslativi, i menzionati beni e diritt i.Pertanto, sia l’att ribuzione con eff ett i traslativi di beni immobili o diritt i reali immobiliari al momento della costituzione del vincolo, sia il successivo trasferimento dei beni medesimi allo scioglimento del vincolo, nonché i trasferimenti eventualmente eff ett uati durante il vincolo, sono soggett i alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale.

5.4 OPERAZIONI EFFETTUATE DURANTE IL TRUST

Durante la vita del trust, il trustee può compiere operazioni di gestione del patrimonio. Eventuali att i di acquisto o di vendita di beni sono soggett i ad autonoma imposizione, secondo la natura e gli eff ett i giuridici che li caratt erizzano, da esaminare volta per volta con riferimento al caso concreto.

5.5 TRASFERIMENTO DEI BENI AI BENEFICIARI

La devoluzione ai benefi ciari dei beni vincolati in trust non realizza, ai fi ni dell’imposta sulle donazioni, un presupposto impositivo ulteriore; i beni, infatt i, hanno già scontato l’imposta sulla costituzione del vincolo di destinazione al momento della segregazione in trust. Inoltre, poiché la tassazione, che ha come presupposto il trasferimento di ricchezza ai benefi ciari fi nali, avviene al momento della costituzione del vincolo, l’eventuale incre-mento del patrimonio del trust non sconterà l’imposta sulle successioni e donazioni al momento della devoluzione.

6. DECORRENZA

Le disposizioni sui trust introdott e dalla fi nanziaria 2007 si applicano a partire dal 1° gennaio 2007, data di entrata in vigore della legge.Con riguardo all’imposizione dirett a, hanno caratt ere innovativo le norme in materia di tassazione per trasparenza dei trust, posto che già prima delle disposizioni in esame i trust erano considerati soggett i IRPEG (e poi IRES) quali enti, commerciali o non com-merciali, ai sensi dell’art. 73, comma 2, del TUIR.

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AGENZIA ENTRATE RISOLUZIONE N. 278 E DEL 4 OTTOBRE 2007

IMPOSTE SUI REDDITI - IRES - TRUST

OGGETTO: Istanza di interpello -art. 11, legge 27 luglio 2000, n.212. TRUST GAMMA – art. 73 Tuir - Soggett ività passiva del trust all’imposta sul reddito delle società(Trust di scopo istituito a vantaggio di soggett o disabile per assicurare la necessaria assistenza: confi gurabile in trust senza benefi ciari con att ribuzione dirett amente dei redditi)

Con interpello presentato ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, la sig.ra Beta Alfa, quale rappresentante legale e disponente del TRUST GAMMA ha posto il seguenteQUESITOSe il TRUST GAMMA possa essere qualifi cato come soggett o passivo IRES ai sensi dell’art. 73, comma 1, lett . d) del Tuir, come modifi cato dall’art. unico, comma 74, della legge 27 dicembre 2006, n. 297 (legge fi nanziaria per il 2007).

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DALL’ISTANTEL’istante ritiene che il TRUST GAMMA sia soggett o passivo IRES ex art. 73, comma 1, lett . d) del Tuir.In particolare, l’istante è del parere che a decorrere dal 1º gennaio 2007, il reddito con-seguito dal trust sia corrett amente imputato alla Sig.ra Alfa Gamma, quale benefi ciario individuato del trust, per mezzo del proprio tutore, ai sensi dell’art. 73, comma 2, del Tuir, secondo cui “Nei casi in cui i benefi ciari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai benefi ciari…”

PARERE DELL’AGENZIA DELL’ENTRATECome è noto, il comma 74 dell’articolo unico della legge 27 dicembre 2006, n. 297 (legge fi nanziaria per il 2007), modifi cando l’articolo 73 del Tuir, include i trust tra i soggett i passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES).Ai fi ni della imposizione dei redditi, il legislatore, data la versatilità e fl essibilità dell’isti-tuto che si presta alle fi nalità più ampie, ha individuato due principali tipologie di trust: trust con benefi ciari individuati, i cui redditi vengono imputati per trasparenza ai bene-fi ciari stessi; trust senza benefi ciari individuati, i cui redditi vengono tassati dirett amente in capo al trust.Pertanto, per individuare il soggett o cui imputare il reddito conseguito dal trust, occorre esaminare l’att eggiarsi del singolo trust nel caso concreto.Ciò premesso, si evidenzia che il trust in esame è un trust irrevocabile cosiddett o “di scopo”, costituito a favore di un soggett o disabile incapace di intendere e di volere, per assicurarne “l’assistenza necessaria vita natural durante”, in modo che “in nessun caso dovrà trascorrere la propria vita in Istituti di Assistenza per invalidi”, come previsto dall’art. 3 dell’att o istitutivo.Ai sensi del medesimo art. 3 dell’att o istitutivo, inoltre, ques’ultimo è nominato dal di-sponente “ benefi ciario dei beni del trust”. A tale proposito si osserva, tutt avia, che il sog-gett o disabile non può corrett amente qualifi carsi in senso giuridico come “benefi ciario dei beni del trust” in questione, quanto piutt osto dell’assistenza in cui risiede lo scopo della costituzione del trust. Di conseguenza, a diff erenza di quanto aff ermato dall’istan-

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te, nella fatt ispecie in esame il trust non si confi gura come un trust con “benefi ciario” individuato, ma come un trust senza benefi ciari individuati. Il citato art. 3 dell’att o istitu-tivo, infatt i, prevede che “Quando il trust avrà esaurito il suo scopo, il sett lor, se vivente, darà disposizioni al trustee per l’assegnazione dei beni residui; nel caso che il sett lor sia deceduto ovvero, se vivente, sia nell’impossibilità di darle...il trustee dovrà disporre dei beni residui in favore dei parenti del sett lor e del di lui coniuge”.Pertanto, si è del parere che a decorrere dal 1º gennaio 2007, il reddito conseguito dal trust sia corrett amente imputato al trust stesso.La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con istanza d’interpello presentata alla Direzione regionale è resa dalla scrivente ai sensi dell’art. 4, comma 1, ultimo periodo, del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.

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DECRETO LEGISLATIVO 21 NOVEMBRE 2007, N. 231

ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2005/60/CE CONCERNENTE LA PREVENZIONE DELL’UTILIZZO DEL SISTEMA FINANZIARIO A SCOPO DI RICICLAGGIO DEI PROVENTI DI ATTIVITÀ CRIMINOSE E DI FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO NONCHE’ DELLA DIRETTIVA 2006/70/CE CHE NE RECA MISURE DI ESECUZIONEPUBBL. NELLA GAZZETTA UFFICIALE N. 290 DEL 14 DICEMBRE 2007- SUPPL. ORDINARIO N. 268/L

-omissis-Art. 12. Professionisti

1. Ai fi ni del presente decreto per professionisti si intendono:a) i soggett i iscritt i nell’albo dei ragionieri e periti commerciali, nell’albo dei dott ori com-mercialisti e nell’albo dei consulenti del lavoro;b) ogni altro soggett o che rende i servizi forniti da periti, consulenti e altri soggett i che svolgono in maniera professionale att ività in materia di contabilità e tributi;c) i notai e gli avvocati quando, in nome o per conto dei propri clienti, compiono qual-siasi operazione di natura fi nanziaria o immobiliare e quando assistono i propri clien-ti nella predisposizione o nella realizzazione di operazioni riguardanti:1) il trasferimento a qualsiasi titolo di diritt i reali su beni immobili o att ività economi-che;2) la gestione di denaro, strumenti fi nanziari o altri beni;3) l’apertura o la gestione di conti bancari, librett i di deposito e conti di titoli;4) l’organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all’ammini-strazione di società;5) la costituzione, la gestione o l’amministrazione di società, enti, trust o soggett i giu-ridici analoghi;d) i prestatori di servizi relativi a società e trust ad esclusione dei soggett i indicati dalle lett ere a), b) e c).2. L’obbligo di segnalazione di operazioni sospett e di cui all’articolo 41 non si applica ai soggett i indicati nelle lett ere a), b) e c) del comma 1 per le informazioni che essi ricevono da un loro cliente o ott engono riguardo allo stesso, nel corso dell’esame della posizione giuridica del loro cliente o dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza del medesimo in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, com-presa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento, ove tali in-formazioni siano ricevute o ott enute prima, durante o dopo il procedimento stesso.3. Gli obblighi di cui al Titolo II, Capo I e II, non si osservano in relazione allo svolgi-mento della mera att ività di redazione e/o di trasmissione della dichiarazione dei redditi e degli adempimenti in materia di amministrazione del personale di cui all’articolo 2, primo comma, della legge 11 gennaio 1979, n. 12.

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PROPOSTA DI LEGGE PRESENTATA AL SENATO IN DATA 28 DICEMBRE 2006, E ASSEGNATA ALLA 2° COMMISSIONE PERMANENTE (GIUSTIZIA) IN SEDE REFERENTE IL 18 GENNAIO 2007

ISTITUZIONE DEL TRUST DI DIRITTO ITALIANO - DDL1234

SENATO DELLA REPUBBLICA

--- XV LEGISLATURA ---

N. 1234

DISEGNO DI LEGGEd’iniziativa del senatore BENVENUTO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 28 DICEMBRE 2006

-----Istituzione del trust di diritt o italiano, in applicazione dell’articolo 6 della Conven-zione adott ata a L’Aja il 1º luglio 1985, ratifi cata ai sensi della legge 16 ott obre 1989, n. 364

-----Onorevoli Senatori. – L’Italia è stato uno dei primi paesi a ratifi care, ai sensi della legge 16 ott obre 1989, n. 364, la Convenzione adott ata a L’Aja il 1º luglio 1985 sulla legge ap-plicabile ai trusts e sul loro riconoscimento. Gli altri Stati che a tutt ’oggi hanno aderito alla Convenzione, con le modalità previste dai rispett ivi ordinamenti, sono i seguenti: Australia, Canada, Cina, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica di San Marino.Si ricorda che, ai sensi della Convenzione, per trust si intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente (sett lor), con att o tra vivi o mortis causa, qualora determinati beni siano stati posti sott o il controllo di un trustee nell’interesse di un bene-fi ciario o per un fi ne specifi co. Inoltre, in base all’articolo 21 della Convenzione, l’Italia è tenuta a riconoscere, con gli eff ett i giuridici minimi previsti dall’articolo 11 della mede-sima Convenzione, i trust costituiti in paesi che li regolano nelle rispett ive legislazioni, salve restando solo le proprie competenze in tema di ordine pubblico (a cominciare, ovviamente, dall’antiriciclaggio) ed in materia fi scale, in forza degli articoli 18 e 19 della Convenzione.A quest’ultimo proposito, si rileva che il tratt amento tributario dei trust di qualsiasi na-tura è stato di recente introdott o nell’ordinamento italiano dai commi 74, 75 e 76 dell’ar-ticolo 1 della legge fi nanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296).Quanto sopra dett o rende tanto più indispensabile ed urgente l’introduzione dirett a dell’istituto del trust nella nostra legislazione, così da poter adeguatamente rispondere alle sfi de della concorrenza fra ordinamenti, in un’economia ormai totalmente aperta e globalizzata, nei confronti in primo luogo dei potenziali disponenti italiani dei trust.Positivo eff ett o collaterale, ma certo non secondario, sarà quello di rendere applicabile ai trust di diritt o estero che hanno titolo ad essere riconosciuti in forza della Convenzione, purché presentino determinati elementi costitutivi collegati al nostro paese, disposizioni in materia di riciclaggio allineate con quelle che per implicito sono destinate a valere per i nuovi trust di diritt o italiano, così da evitare indebiti ed inammissibili disallineamenti competitivi da elusione. In tal modo si renderà anche fi nalmente possibile impedire fon-datamente l’att ività nel nostro territorio di più o meno sedicenti trust che si fondano su

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assett i normativi e su prassi operative estranei all’area di applicazione della Convenzione e che nei fatt i si rivelano non di rado quali strumenti di aggiramento del quadro giuridi-co e fi nanziario interno, che non devono pertanto trovare più oltre ospitalità nel nostro spazio economico.Si evidenzia che l’impostazione del presente disegno di legge recepisce per parti signifi -cative gli spunti di rifl essione e di approfondimento off erti dalla nutrita serie di audizio-ni che la Commissione fi nanze della Camera dei deputati ha svolto nella XIII legislatura, in via propedeutica all’esame della proposta di legge n. 6457, d’iniziativa dei deputati Rabbito, Benvenuto ed altri. Ne è emersa la comune convinzione che la società fi duciaria, istituto tipico ed ormai consolidato da svariati decenni di esperienza dell’ordinamento italiano, rappresenta il trustee di elezione.Le disposizioni di coordinamento contenute nell’articolo 6 integrano in primo luogo la legge 30 aprile 1999, n. 130, sulla cartolarizzazione dei crediti, inserendo fra i veicoli uti-lizzabili i trust di diritt o italiano, costituiti al fi ne esclusivo di partecipare a singole ope-razioni di cartolarizzazione, secondo prassi operative da tempo aff ermate e consolidate nei paesi la cui legislazione già prevede i trust.In secondo luogo, assoggett ano a tassa fi ssa gli att i di intestazione e di reintestazione fi duciaria, anche a titolo di trust, dei beni immobili e dei beni mobili registrati, con ciò rimuovendo una diseconomia tributaria che renderebbe di fatt o inapplicabile l’istituto stesso del trust di diritt o italiano.Il provvedimento non necessita di copertura fi nanziaria, essendo anzi produtt ivo del gett ito aggiuntivo generato dal comma 2 dell’articolo 6.Onorevoli senatori, tali sono la fi nalità e la sostanza del provvedimento del quale si sol-lecita la vostra approvazione, nella consapevolezza che l’istituzione del trust di diritt o italiano varrà ad integrare la gamma degli strumenti di natura fi duciaria disponibili sul nostro mercato.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1. (Finalità)

1. La presente legge istituisce e disciplina il trust di diritt o italiano, ai sensi e per gli eff ett i dell’articolo 6 della Convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimen-to, adott ata a L’Aja il 1º luglio 1985, ratifi cata ai sensi della legge 16 ott obre 1989, n. 364, di seguito denominata «Convenzione».2. In conformità all’articolo 19 della Convenzione, resta fermo il tratt amento tributario dei trust, come disciplinato dall’articolo 1, commi 74, 75 e 76, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Art. 2.(Trust di diritt o italiano)

1. La costituzione del trust di diritt o italiano avviene, a pena di nullità, per att o scritt o tra vivi, anche unilaterale, o mortis causa.2. L’att o costitutivo di cui al comma 1 contiene, a pena di nullità, l’indicazione del trustee, come defi nito ai sensi dell’articolo 2 della Convenzione, da individuare tra le società fi duciarie di amministrazione autorizzate ai sensi della legge 23 novembre 1939, n. 1966, che rispondano ai requisiti di forma e di capitale sociali stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico. Il relativo elenco è pubblicato ed aggiornato a cura del Mini-stero dello sviluppo economico.3. L’att o costitutivo regola altresì, a pena di nullità:a) la durata del trust e il regime previsto per gli utili e i proventi;

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b) i rapporti tra il trustee e i benefi ciari;c) la modifi ca e la cessazione del trust e la conseguente destinazione dei beni;d) le dimissioni e la revoca del trustee e le conseguenti disposizioni;e) i destinatari, le modalità e la periodicità della rendicontazione.

Art. 3.(Separazione patrimoniale)

1. I beni del trust costituiscono patrimonio distinto a tutt i gli eff ett i da quello del trustee e, fi no alla loro eventuale att ribuzione, dal patrimonio dei benefi ciari. Su tale patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori del trustee o degli eventuali depositari. Le azioni dei creditori dei benefi ciari sono ammesse nei limiti dei diritt i a questi spett anti al mo-mento nel quale l’azione è intrapresa.2. Il trustee è legitt imato a richiedere iscrizioni, trascrizioni e intestazioni di beni immo-bili, di beni mobili registrati e di strumenti fi nanziari del trust o dati a garanzia del trust. Da tali att i deve risultare, mediante riferimento alle disposizioni della presente legge, la qualità di trustee.

Art. 4.(Trustee)

1. Nello svolgimento del proprio incarico, il trustee:a) può delegare l’esecuzione di specifi ci compiti e l’esercizio di specifi ci poteri ad altri sog-gett i, i quali rispondono nei confronti dei benefi ciari in solido con il trustee delegante;b) può agire esclusivamente nei limiti ed alle condizioni defi niti nell’att o istitutivo del trust;c) può amministrare i beni del trust disponendone nei limiti indicati nell’att o istitutivo del trust. In assenza di disposizioni espresse, i beni non possono essere dati in garanzia né possono essere acquistati nuovi beni immobili;d) può eff ett uare gli investimenti necessari per l’amministrazione del trust, conferendo incarichi a soggett i abilitati;e) rende conto della propria att ività ai soggett i indicati nell’att o istitutivo del trust, con la periodicità indicata nell’att o stesso ed in ogni caso almeno annualmente.2. I benefi ciari di un trust e tutt i coloro che comunque abbiano diritt o di agire contro il trustee in tale sua qualità possono:a) sostituirsi al trustee per esercitare i diritt i e le azioni che spett ano al trustee contro i terzi;b) domandare l’annullamento di qualsiasi negozio traslativo compiuto dal trustee in vio-lazione delle disposizioni dell’att o istitutivo del trust o della presente legge.3. Al numero 1) del primo comma dell’articolo 2659 del codice civile sono aggiunte, in fi ne, le seguenti parole: «; ove una parte abbia agito nella qualità di trustee, la denomi-nazione del trust e la data della sua istituzione, nonché il numero di codice fi scale e le generalità del trustee».4. Al numero 1) del secondo comma dell’articolo 2660 del codice civile sono aggiunte, in fi ne, le seguenti parole: «; ove il bene sia istituito in trust, le generalità del defunto e la denominazione e la data di istituzione del trust, nonché il numero di codice fi scale e le generalità del trustee».

Art. 5.(Vigilanza. Disposizioni penali)

1. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sono defi nite le misure idonee alla separazione organizzativa e contabile delle att ività di trustee, cui devono att enersi i soggett i di cui all’articolo 2, comma 2.2. Il Ministro dello sviluppo economico dispone la sospensione del trustee che sia assog-

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gett ato a liquidazione coatt a amministrativa o ad altra procedura concorsuale o per il quale siano venuti meno i requisiti di cui all’articolo 2, comma 2, e adott a le conseguenti disposizioni per l’amministrazione dei beni conferiti in trust da parte di un commissario, nel rispett o delle disposizioni dell’att o costitutivo del trust. Ove, decorsi non oltre novan-ta giorni dalla nomina del commissario, occorra sostituire defi nitivamente il trustee e non siano applicabili le disposizioni dell’att o costituivo del trust, il Ministro dello sviluppo economico richiede al presidente del tribunale del luogo in cui il trustee aveva sede la nomina di un altro trustee. Il presidente del tribunale, sentito il disponente del trust, provvede entro i successivi dieci giorni.3. Il commissario ed il nuovo trustee di cui al comma 2 possono compiere gli att i di cui all’articolo 4, comma 2.4. Ove un trust istituito in conformità alla legge di un altro Stato sia riconosciuto ai sensi del capitolo III della Convenzione, al trustee si applicano le disposizioni degli articoli 2, 3, 3-bis e 5 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modifi cazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, e successive modifi cazioni, in materia di prevenzione dell’uti-lizzazione del sistema fi nanziario a scopo di riciclaggio, purché sia realizzata almeno una delle seguenti condizioni:a) l’Italia costituisce il luogo di amministrazione del trust, ovvero della residenza o del domicilio di almeno uno dei disponenti o dei benefi ciari;b) almeno uno dei beni del trust è situato in Italia.5. Agli eff ett i dell’articolo 18 della Convenzione, è vietata nel territorio dello Stato l’at-tività di trustee diversi da quelli di cui all’articolo 2, comma 2, della presente legge o da quelli riconosciuti ai sensi del capitolo III della Convenzione. La violazione del divieto è punita con la reclusione da sei mesi a quatt ro anni e con la multa da un quarto alla metà del valore dei beni istituiti in trust.

Art. 6.(Norme di coordinamento)

1. All’articolo 7, comma 1, della legge 30 aprile 1999, n. 130, è aggiunta in fi ne la seguente lett era:«b-bis) alle cessioni a trust di diritt o italiano costituiti al fi ne esclusivo di partecipare a singole operazioni di cartolarizzazione».2. L’intestazione di beni immobili e di beni mobili registrati ad una società fi duciaria autorizzata ai sensi della legge 23 novembre 1939, n. 1966, e la loro reintestazione al fi du-ciante sono soggett e a tasse di registro, ipotecaria e catastale in misura fi ssa. I redditi, le plusvalenze e gli altri proventi derivanti dai beni intestati si considerano conseguiti dal fi duciante.L’intestazione alla società fi duciaria è trascritt a indicando la natura fi duciaria dell’att o.

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TRIBUNALE MILANO, VERBALE DI SEPARAZIONE CONSENSUALE E RELATIVO DECRETO DI OMO-LOGA DEL 7.6.06

in Trusts e att ività fi duciarie, “Separazione consensuale dei coniugi, trust e vincolo del trust sui beni costituiti in fondo patrimoniale”, Ott obre 2006, p. 575 e ss.

TRIBUNALE DI MILANOVERBALE AI SENSI DELL’ART. 711 COD. PROC. CIV.Oggi 6 aprile 2006 in Milano. Innanzi al Presidente Dott . Ezio Sini scalchi.A seguito di decreto di convocazione sono comparsi i Signori:PE nata a... il... residente in Mila no, Via... Professione casalingaTitolo di studio licenza media superiore Codice fi scale...eC.M. nato a... il... residente in Mi lano, Viale... Professione dott ore commercialista Titolo di studio laurea Codice fi scale...Coniugi sposati a … il... in se parazione di beni; con due fi gli: B. nata in data... e A. nato in data...Il Presidente sente i coniugi e ne ten ta la conciliazione, ma questa non riesce. I coniugi dichiarano di volersi separare consensualmente alle seguenti condizioni:CONDIZIONI1. i coniugi vivranno separati nel mu tuo reciproco rispett o;2. il fi glio minore A. è affi dato con giuntamente ai genitori e vivrà nell’allog gio di Milano via... con la madre e la so rella B.;3. i genitori eserciteranno congiunta mente la potestà sul fi glio minore A. e as sumeranno insieme le decisioni di mag gior importanza per la sua educazione, istruzione e crescita;4. il padre potrà incontrare e tenere con sé A. quando lo desideri compatibil mente con gli impegni scolastici e non del fi glio stesso e tenendo conto dell’organiz zazione di vita della madre; in ogni caso, il padre potrà tenere con sé A. a week end alternati; per 15 giorni consecutivi duran te le vacanze estive e per metà delle va canze natalizie, ad anni alterni durante le vacanze pasquali; per ogni altro ulteriore periodo di vacanza i genitori assumeranno di volta in volta gli accordi;5. il padre per contribuire al manteni mento del fi glio minore si obbliga a corri spondere alla madre in via anticipata en tro il giorno 5 di ogni mese, fi no al raggiungimento dell’au-

A) APPLICAZIONE DEL TRUST NELL’AMBITO DELLA SEPARAZIONE E DEL DIVORZIO

GIURISPRUDENZA

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tonomia economica dello stesso, l’importo complessivo di € 1.200,00 (milleduecento) omnicompren sivo di tutt e le spese ordinarie; assegno soggett o a rivalutazione annuale istat a decorrere dal 1 aprile 2007; per le spese straordinarie i genitori assumeranno di volta in volta accordi per la ripartizione dell’onere;6. il padre si fa carico di provvedere dirett amente al mantenimento della fi glia B., maggiorenne;7. il Signor C.M. si obbliga inoltre a farsi dirett amente carico delle spese con dominiali ordinarie e straordinarie, di ogni onere fi scale (ICI, TARSU, etc.) re lativo sia all’unità immobiliare destinata ad abitazione principale dei fi gli A. e B., conviventi con la madre, sia dell’unità immobiliare destinata a casa di vacanza della famiglia;8. il Signor C.M. per concorrere al mantenimento della moglie si obbliga a corrisponderle un assegno mensile di E 2.500,00 (duemilacinquecento), in via anticipata entro il giorno 5 di ogni me se, da rivalutarsi annualmente secondo gli indici istat a decorrere dal 1 aprile 2007; l’assegno si deve intendere al nett o delle imposte che saranno a carico del marito;9. inoltre i coniugi sul presupposto che:hanno costituito fra gli stessi un fon do patrimoniale con att o in data... n... Rep. Dott ... Notaio in Milano, ivi regi strato il... al n..., trascritt o nei pubbli ci registri ed annotato a margine dell’att o di matrimonio, destinando a far fronte ai bisogni della famiglia beni immobili e un bene mobile loro appartenenti;desiderano perpetuare i benefi ci connessi al fondo patrimoniale anche per il caso in cui il fondo stesso dovesse cessa re (scioglimento del vincolo coniugale per morte o divorzio e raggiungimento della maggior età del fi glio att ualmente minore);desiderano assicurare ai fi gli B. e A. lo stesso tenore di vita goduto in costanza di convi-venza dei genitori sino a che non avranno completato il ciclo di studi e avranno raggiun-to l’autonomia economi ca;nel contempo desiderano ulterior mente segregare i beni conferiti nel fondo patrimoniale per sott rarli alle proprie vi cende personali e successorie e, in genera le, per poter trarre da essi utilità, sia dirett amente sia indirett amente, da destinare ai bisogni della famiglia, considerato inol tre che:il rapporto giuridico che consente di realizzare tale fi nalità è il TRUST,al riconoscimento dei trust istituiti in Italia e sott oposti a una legge straniera si appli-cano le disposizioni della Conven zione de L’Aja del 1/7/1985, ratifi cata in forza della legge 16.10.1989 n. 364 ed en trata in vigore il 1/1/1992, e si tratt a di realizzare una esi-genza meritevole di tutela secondo l’ordinamen to giuridico italiano, per cui non trova ap plicazione la riserva prevista dall’art. 13 della citata Convenzione,ai sensi dell’art. 6 della citata Convenzione il soggett o che istituisce un tru st può sce-gliere la legge dalla quale il tru st sarà disciplinato,il diritt o inglese ammett e la possibi lità di vincolare beni in trust mediante di chiarazione unilaterale del Disponente, senza che ciò sia seguito da trasferimento dei beni a un ter-zo, cosicché il Disponen te assuma egli stesso la qualifi ca di Tru stee.Tanto premesso e considerato, i Signo ri PE e C.M., d’ora in poi “Disponenti”, dichiarano di istituire, e con il presente att o irrevocabilmente istituiscono, il Tru s t denominatoT R U S T B & A(d’ora in poi “Trust”) regolato dalle seguenti disposizioni:Art. 1 Finalità del TrustA. La fi nalità del Trust è perpetuare i benefi ci connessi al fondo patrimoniale anche per i casi in cui il fondo stesso do vesse cessare mantenendo il vincolo di destinazione impres-so ai beni del fondo per soddisfare i bisogni della famiglia assi curando ai fi gli B. e A., alla madre e, ove necessario, al padre, lo stesso tenore di vi ta goduto in costanza di con-vivenza dei genitori, sino a che i fi gli non avranno completato il ciclo di studi e avranno rag giunto l’autonomia economica.

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Art. 2 Benefi ciari del TrustA. Il termine “Benefi ciari” indica gli att uali componenti il nucleo familiare dei Disponenti.Art. 3 Il Fondo in trust: i Beni in trust A. I Disponenti, in virtù della facoltà prevista nell’att o di costituzione del Fon do patrimo-niale, unanimemente vincola no nel Fondo in trust i seguenti beni:1) immobili di spett anza del Signor C.M. per l’usufrutt o generale vitalizio e di spett anza della Signora PE per la nuda proprietà:a) in Comune di Milano, alla Via..., unità immobiliare ad uso abitazione al piano ter-zo, composta di sei locali e ser vizi, con annessi e pertinenti vano di cantina e spazio di solaio al piano sott o tett o; censita all’Agenzia del Territorio di Milano - Catasto dei Fabbricati del predett o Comune, al foglio... - particel la... - via...- P / S1 - Z.C. 2 - CAT. A/ - Cl - vani 9 - Rendita € ; confi ni in senso orario dell’u nità immobiliare ad uso abitazione: sta bile di Via..., particella già... e vano scala comune; appartamento al sub...; vano scala e cortile comuni: muro di confi ne con la casa di Via..., particella già...; Via... Confi ni del vano cantina: a nord-est: cantina sub. 4; a sud-est mu ro perimetrale verso il cortile: a sud-ove st: cantina al sub 6; a nord-ovest: corri doio comune: confi ni dello spazio di so laio: a nord-est: area di solaio “g”; a sud, est: corridoio comune; a sud-ovest: area di solaio “i”; a nord-ovest: muro perime trale verso la Via...b) in Comune di ….(Ge), alla via … a parte del condominio denomina to “...”, in... - uni-tà immobiliare ad uso abitazione al primo piano, numero inter no 29 e catastalmente numero interno 3, composta da tre locali e servizi; censita al l’Agenzia del Territorio di Genova - Ca tasto dei Fabbricati del Comune di … al foglio..., particella..., sub...,... - cat. A/3, cl. 4. vani 3,5 - Rendita cata stale € … Confi ni: a tre lati muri pe rimetrali su distac-chi e dal quarto lato ap partamento n. …Con la rispett iva quota di compro prietà a ciascuno dei beni spett anti sugli enti, spazi e servizi comuni degli stabili di cui ciascuno fa parte.2) mobili di proprietà di entrambi i coniugi in ragione di 12 carati ciascuno: imbarca-zione da diporto a motore iscritt a all’uffi cio Circondariale Maritt i mo di Savona nomi-nativo internazionale nome... - sigla e numero iscrizione modello … - ditt a costrutt rice … lunghezza f. t. 11,02 metri - lar ghezza f. t. 3,96 metri - stazza lorda 14,95 tonnellate. Apparato motore: numero motori 2 - AB Volvo … - matrico la... e...; ditt a costrutt rice Volvo Penta - modello … anno di fabbrica zione 2004; tipo entrobordo Diesel - en trambi a quatt ro tempi, cilindrata 5475 ciascuno, della potenza massima di 234 CV cavalli fi scali 39 (ciascuno);3) mobili di proprietà della moglie PE:la quota di nominali € 9.690,00 (€ novemilaseicentonovanta) pari al 95% (novantaci nque-percento) del capitale della società... costituita in Italia e con se de in Milano, Viale..., capitale sociale di € 10.210,00 (€ diecimiladuecentodieci), iscritt a al Registro Imprese di Milano al numero..., C.F_B. Sono “Beni in trust” i suddett i be ni immobili e mobili, ogni altro bene o di ritt o che i Disponenti vincolino in trust, ogni reddito scaturente da tali beni e di ritt i, ogni loro tra-sformazione, permuta zione, sostituzione, incremento, surroga zione.C. È in facoltà dei Disponenti di pro cedere ad ulteriori apporti di beni mobili o immobili.D. I Beni in Trust sono separati dal patrimonio proprio di un Trustee e del Trustee, costi-tuiscono una massa distinta, non sono in alcun caso aggredibili dai lo ro creditori né dai creditori dei Disponen ti in forza della legge applicabile e secon do il disposto dell’art. 11 della Conven zione de LAja del 1 luglio 1985, ratifi cata con Legge 36411989.Art. 4 Legge regolatrice del TrustA. Il Trust è regolato dalla legge ingle se. Essa è la legge applicabile al Trust, alla sua vali-

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dità, alla sua amministrazione e al l’interpretazione di queste disposizioni.B. Peraltro, le obbligazioni e la re sponsabilità del Trustee sono disciplinate cumulativa-mente dalla legge inglese e. dalla legge italiana.C. Per l’applicazione della legge ita liana il Trustee è considerato quale gesto re di beni che, sebbene di sua proprietà, sono destinati a soddisfare esclusivamente interessi di terzi e a essere loro trasferiti al termine del trust.D. La validità, l’effi cacia e l’opponibi lità degli att i del Trustee posti in essere in Italia o riguardanti beni immobili siti in Italia sono regolati dalla legge italiana.Art. 5 Durata del TrustA. Per Durata del Trust si intende il periodo:1. il cui termine iniziale è la data del la omologazione delle condizioni della se parazione consensuale alle quali la pre sente istituzione di trust accede2. il cui termine fi nale è il decorso di 10 (dieci) anni dal termine iniziale.Art. 6 Il Trustee e la successione nel l’uffi cioA. Trustee del Trust sono i Disponenti. B. 11 termine “Trustee” individua chi riveste l’uf-fi cio di trustee; in caso di più persone indica ciascuna di esse.C. In caso di morte, dimissioni o so pravvenuta incapacitàl. di uno degli att uali Trustee, la fun zione è esercitata dal superstite;2. di entrambi gli att uali Trustee, la funzione è assunta dal Dr. C.R, Commer cialista di Milano, domiciliato via...3. in mancanza, il Trustee è nominato dal Presidente del Collegio notarile di Milano.D. Un trustee che cessi dall’uffi cio perde ogni diritt o sui Beni in Trust in fa vore di colui o coloro che gli succedono nell’uffi cio.E. Chi cessa dall’uffi cio:1. pone in essere senza indugio ogni comportamento necessario per consentire al Trustee di esercitare i diritt i spett anti al trustee sui Beni in trust;2. consegna al Trustee i Beni in trust e ogni documento riguardante il Trust che sia in suo possesso, gli fornisce ogni rag guaglio i1 trustee gli richieda e in genere lo pone in grado, per quanto in suo pote re, di prendere possesso dei beni in trust e di assolvere le obbligazioni inerenti l’uffi cio;3. pub fare e tratt enere copie dei do cumenti che consegna, ma unicamente per avvalerse-ne in caso di azioni proposte contro di lui.F. In caso di morte di un trustee i sud dett i diritt i e obbligazioni fanno capo ai suoi eredi.Art. 7 Spett anza dei beni in trustA. Sopraggiunto il termine fi nale del la Durata del Trust, i Beni in trust sono trasferiti di diritt o:1. ai Disponenti, se viventi, att ri buendo a ciascuno di essi i Beni in trust secondo la rispet-tiva provenienza;2. in mancanza, agli eredi di ciascun Disponente per la quota allo stesso spett ante ai quali soltanto da quel momento appartengono.B. II Trustee cura qualunque trasferi mento e adempimento necessario per ren dere tale appartenenza giuridicamente op ponibile ai terzi.Art. 8 Poteri del Trustee A. I1 Trustee:1. ha, rispett o ai Beni in trust, ogni potere e diritt o del proprietario e quindianche capacità processuale att iva e passi va;2. può comparire nella sua qualità di trustee dinanzi a Notari e pubbliche auto rità;3. può rivolgersi all’Autorità Giudi ziaria per ott enerne dirett ive.B. Il Trustee svolge le proprie funzioni personalmente.Art. 9. Amministrazione del TrustA. Fintanto che duri il vincolo na scente dal Fondo patrimoniale

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1. gli att i di amministrazione non ri chiedono il concorso del Trustee;2. gli att i di disposizione- non richiedono il concorso del Tru stee qualora siano preordinati al reimpie go nel Fon-do patrimoniale,- richiedono il previo consenso del Trustee in caso diverso;3. gli att i che gravano o vincolano o sott opongono a garanzia beni inclusi nel Fondo pa-trimoniale richiedono il previo consenso del Trustee.B. Successivamente, nel corso della Durata del Trust il Trustee può:1. impiegare reddito del Trust:a. per manutenzioni, riparazioni e mi gliorie dei beni inclusi nel Fondo in trust; b. pagare imposte e altre spese che sa rebbero altrimenti da soddisfare tramite il Fondo in trust, purché contesti le pretese ragionevolmente contestabili;2. destinare i Beni in trust a soddisfa re le esigenze abitative e di vacanza dei Benefi ciari;3. impiegare qualsiasi altro Bene in trust a benefi cio della famiglia sino a che i fi gli non saranno autonomi ed economi camente indipendenti.Art. 10 SecretazioneA. Il Trustee tiene i Beni in trust se parati sia dai propri che da qualunque al tro bene del quale sia trustee o fi duciario e distintamente identifi cabile. Inoltre:1. quando si tratt i di beni iscritt i in re gistri, pubblici o privati, il Trustee ne ri chiede l’iscri-zione al proprio nome in qua lità di trustee o in altro modo che palesi l’esistenza del Trust;2. ogni conto bancario e ogni contratt o stipulato dal Trustee sono al nome del Trustee nella sua qualità di trustee o in al tro modo che palesi l’esistenza del Trust e ogni somma è depositata nei conti così denominati.B. I Benefi ciari possono chiedere che il giudice accerti che determinati beni o diritt i sono inclusi fra i Beni in trust.Art. 11. Giurisdizione e competenzaA. Ogni controversia sulla validità o gli eff ett i del Trust o sui diritt i o obbliga zioni di qualunque soggett o menzionato in questo Strumento è sott oposta esclusi vamente alla magistratura italiana, foro di Milano.B. Ogni procedimento perché siano date dirett ive al Trustee è proposto esclu sivamente dinanzi alla magistratura italia na, foro di Milano; qualora essa declini di provvedere, alla magistratura inglese.Art. 12 Forma degli att i: Modifi cazioni A. Ogni comunicazione, nomina e consenso per i quali né la legge applicabi le né questo Strumento prescrivano alcu na forma deve essere fatt o per iscritt o e accompagnato dalla prova della sua rice zione.B. Il Trustee con il consenso unanime dei Benefi ciari può, per att o autentico, modifi care qualsiasi disposizione di questo Strumento qualora ritenga che la modifi cazione sia op-portuna per meglio att uare le fi nalità del Trust.* * *10. I coniugi dichiarano che le conse guenze patrimoniali della separazione so no regola-mentate nel presente verbale e con l’istituzione del “TRUST B. & A”; si danno pertanto reciprocamente att o di aver defi nito ogni questione patrimoniale e di non aver nulla a che pretendere l’uno dall’altro, salvo quanto qui previsto e patt uito.(PF) (C.M.)IL PRESIDENTEAutorizza i coniugi a vivere separati alle condizioni sopra trascritt e ed ordina la rimes-sione degli att i al PM. per il suo parere sulla omologazione.I1 Presidente* * *

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IL TRIBUNALE DI MILANOSezione IX CivileRiunito in Camera di Consiglio nelle persone dei SignoriDr. E. Siniscalchi Presidente Dr. MT Bruno Giudice Dr. M. Frediani GiudiceHa emesso il seguente decreto di omologazione della separazione personale consensuale fra i coniugi indicati nel ver bale che precede.Udita la relazione del Presidente; rile vato che nel verbale del 06/04/2006 i co niugi PE e C.M. hanno dichiarato di se pararsi consensualmente alle condizioni ivi indicate; considerato che tali condi zioni non trovano ostacolo nella legge e che le formalità prescritt e sono state tutt e osservate; visto l’art. 711 cp.c.OMOLOGAper ogni eff ett o di legge il verbale del la separazione personale dei coniugi. Or dina l’an-notazione sull’att o di matrimo nio.

TRIBUNALE PORDENONE, VERBALE DI SEPARAZIONE CONSENSUALE E RELATIVO DECRETO DI OMO-LOGA DEL 20.12.2005

in Trusts e att ività fi duciarie, “Omologazione di accordo di separazione consensuale e trust”, Marzo 2006, p. 247 e ss.

TRIBUNALE DI PORDENONEVERBALE DI TENTATIVO DI CONCILIAZIONEnella procedura per separazione consen suale promossa da:A., nato a... iI... B., nata a... il...Coniugi per matrimonio contratt o il ~~~ Oggi 21/11/2005,avanti al Presidente ff . del Tribunale dott .ssa Manica Vellett i, sono pre-senti i coniugi di cui al ricorso.Il Presidente (sente, prima disgiun tamente e successivamente congiuntam ente, i coniugi per il tentativo di conci liazione.A., dichiara: confermo Ia domanda. Percepisco mensilmente curo... circa co me produt-tore televisivo.B., dichiara: confermo la domanda. Gestisco un bar-ristorante.II Giudice dà att o che il tentativo di conciliazione ha dato esito negativo. Ricompaiono i coniugi entrambi assi stiti dall’avv. A. Liberti e dall’avv. Oreste Giambellini, i quali de-positano att o da al legare al presente verbale e contenente parte integrale dello stesso nel quale ven gono riprodott e le condizioni della sepa razione dando att o della avvenuta costitu zione del Trust con contestuale trasferi mento degli immobili siti in...II Presidente ff . autorizza i coniugi a vivere separati e dispone altresì che ab biano at-tuazione tutt e le clausole concor date nel foglio allegato al presente verba le e contenente parte integrante dello stesso di cui si riserva l’omologa.Dispone ammett ersi gli att i al P.M. per il parereII Giudice (Dott .ssa Monica Vellett i)CONDIZIONII) I coniugi vivranno separati nel reciproco rispett o.

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2)Il sig. B. proseguirà ad abitare nell ’appartamento, già casa coniugale, sito in... Via..., stante che la Sigra B., già a far data dal..., si è trasferita nel Comune di ~~~3) A scioglimento della comunione legale dei beni esistente tra i Sigg.ri A. e B. sugli immobili dagli stessi acquistati durante il matrimonio nei Comuni di..., i medesimi si impegnano:a) per quanto riguarda tutt e le unità immobiliari site nel Comune di... ed ac quistate con att o... n... di rep. Notaio.., nonché can att o... n... di rep. No taio..., il Sig. A. si impegna, en-tro 30 giorni dalla data di omologa della separa zione, a trasferire alla Sig.ra B. la propria quota pari al 50% di piena proprietà di dett e unità immobiliari;b) per quanto riguarda il diritt o di usufrutt o sull’appartamento sito in... Via.., acquistato con att o... n... di rep. Notaio..., la Sig.ra B. si impegna, entro 30 giorni dalla data di omo-loga della separazione, a rinunciare alla propria quota di usufrutt o con conseguente con-testuale accrescimento in capo al Sig. A. del diritt o di usufrutt o sull’intera unità abitativa; da parte sua, il sig. B., entro il ter mine sopra indicato, si impegna a trasferi re, a favore dei fi gli sigg.ri C. e D., il pre dett o diritt o di usufrutt o con riserva a proprio favore del diritt o di abitazione sua vita natural durante;c) per quanto riguarda tutt e le unità immobiliari site nel Comune di... ed acquistate con att o... n... di rep. Notaio nonché con att o... n. di rep. stesso Notaio, i Sigg.ri A. e B. dichia-rano di aver provveduto in data... con att o n... di rep. Notaio Luigi Francesco Risso a conferire, in esecuzione a quanto previsto al punto c) del ricorso per separazione, ciascu-no per La rispett iva quota, il diritt o di piena proprietà dei predett i immobili in un trust irrevocabile che ha quali be nefi ciari la propria discendenza comune, ossia i Sigg.ri C. e D. nonché quale Tru stee persona di fi ducia di entrambe le parti ed il cui strumento e stato formalizzato con att o in pari data n... di rep. stesso Notaio.4) I coniugi dichiarano di rinunciare, l’uno nei confronti dell’altro, all’assegno alimentare e/o di mantenimento, essendo allo stato i medesimi del tutt o autosuffi cienti da un punto di vista economico.5) I coniugi si danno sin d’ora reci proco consenso ed assenso al rilascio e/o rinnovo dei rispett ivi passaporti e docu menti validi per l’espatrio.

TRIBUNALE ORDINARIO DI PORDENONEIl giorno... riunito in Camera di con siglio nelle persone diDott . Antonio Lazzaro presidenteDott . Liana Zoso giudiceDott . Monica Vellett i giudice Ha pronunciato il seguente DECRETOritenuto che i coniugiA. Nato il... a... B. Nata il... a...Matrimonio celebrato il... a...si sono separati consensualmente avanti il Presidente di questo Tribunale in data...;che le condizioni della separazione appaiono conformi alla legge;V. o il parere favorevole del P M.; V.o l’art. 711 c.p.c.;ordina che il presente decreto sia tra smesso a cura della cancelleria in copia autentica per

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l’annotazione ai sensi del l’art. 69 1ett . D d.p.r 3-11-2000 n 396 or dinamento dello stato civile all’uffi ciale dello stato civile del comune di...(Att o n° 732 P I... serie... anno 1980)OMOLOGALa separazione consensuale dei pre dett i coniugi alle condizioni di cui al ri corso e confer-mate con il verbale dell’u dienza citata e ciò a tutt i gli eff ett i di leg ge;ORDINAche il presente decreto sia trasmesso a cura della cancelleria in copia autentica all’uffi cia-le dello stato civile del comune di...

TRIBUNALE MILANO, VERBALE DI SEPARAZIONE CONSENSUALE E RELATIVO DECRETO DI OMO-LOGA DEL 23.2.2005

in Rivista del notariato, 2005, 4, 851

E’ omologabile il verbale della separazione personale consensuale fra coniugi tra le cui condizioni sia contemplato anche che uno dei coniugi istituisca in trust (che preveda come trustee lo stesso disponente) un immobile di sua proprietà con la fi nalità di adibirlo ad abitazione della fi glia e dell’altro coniuge, con previsione dell’obbligo di trasferimento dello stesso immobile alla fi glia al compimento dei trent’anni di quest’ultima.

TRIBUNALE MILANO, SENTENZA 20.10.02

in Trusts e att ività fi duciarie, “Il Tribunale di Milano revoca i trustee e ne nomina di nuovi”, Aprile 2003 p. 265 e ss.

Svolgimento del processoCon att o di citazione notifi cato in data 8.3.2000 l’att ore conveniva in giu dizio avanti al Tribunale di Milano la ex moglie [convenuta] per ivi sentirla dichia rare decaduta per confl itt o di interessi “con le benefi ciarie dal diritt o di ammini strare il... Trust con con-seguente nomina di altro amministratore nonché che la convenuta” non ha il diritt o a pretendere dal patrimonio del Trust il pagamento di un appartamento di mq. 200 in via Gesù a Milano...”.Chiedeva, inoltre, che la [convenuta] fosse “tenuta a rendere puntualmente conto al co-amministratore di come vorrà spendere i redditi del Trust “qualora nelle more del giudi-zio avesse rilasciato l’immo bile di via del Gesù”.Esponeva parte att rice: a) che in data 29.12.95 veniva pronunciata sentenza di divorzio n.7021 dalla Corte Suprema di Giustizia in Londra; b) che fra le condi zioni del divorzio era stato previsto la costituzione di un Trust per amministrare nell’interesse delle fi glie minori l’abita zione familiare che aveva acquistato sul territorio inglese e che era rimasta nella disponibilità dell’affi dataria; c) che nel 1998 l’ex moglie decideva di rientrare in Italia con le bambine, avendo trovato lavoro a Roma; d) che in data 18.12.98 venivano modifi cati i patt i dell’att o costitutivo del Trust (Sett lement dei 23.9.97) con la previsione

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di una locazio ne a terzi dell’ex casa coniugale ed utiliz zo del ricavato anche per sostenere i canoni dell’abitazione romana utilizzata dalla ex moglie e dalle fi glie; d) che nel 1999 la [convenuta] si trasferiva con le bambine a Milano fi ssando la propria residenza in un immobile prestigioso di via Gesù; e) che la convenuta aveva vio lato le regole di corret-tezza verso il coam ministratore e verso il patrimonio omett endo di documentare le spese che pre tendeva essere rimborsate dal capitale depositato presso la Barclays Bank quale liquidità del Trust.Si costituiva parte convenuta ecce pendo preliminarmente il difett o di giuri sdizione e, nel merito, chiedendo il rigett o delle domande.In via riconvenzionale, formulava poi una contrapposta istanza di decadenza dell’ex ma-rito “dalla carica di trustee per breach of trust” con nomina di un sostitu to nonché di or-dine” di cessare immedia tamente ogni azione volta alla modifi ca di quanto stabilito nella sentenza di divorzio e nell’att o costitutivo del trust... e di sott oscrivere immediatamente i documenti necessari al trasferimento dei fondi del Trust...”.Precisava la [convenuta] che l’immo bile interessato al Trust era sito a Londra e che l’ex marito era sempre stato infor mato delle spese da lei sostenute; b) che [l’att ore] non aveva collaborato alla gestione del Trust “omett endo anche di compiere att i necessari alla ge-stione stes sa”.Con att o depositato in data 16.2.2001 parte convenuta si costituiva con un nuovo difenso-re che, richiamandosi alle tesi difensive già dedott e anche in via preliminare, sott olineava che i proventi del Trust erano stati bloccati da contro parte.Con ricorso depositato in data 3.4.2001 parte att rice proponeva ricorso ex art. 700 c.p.c. chiedendo l’autorizzazio ne a compiere diverse operazioni nell’in teresse del Trust lamen-tando una diffi coltà di gestione.Instaurato il contradditt orio, il ricorso veniva discusso all’udienza ex art. 183 c.p.c. e rigett ato con provvedimento riservato depositato in, data 31.3.2001.Con analogo provvedimento deposi tato in data 17.12.2001 veniva rigett ato l’ulteriore ricorso ex art. 700 c.p.c. pre sentato sempre da parte att rice e nomina to un ausiliario ai sensi dell’art. 68 c.p.c. e 14 legge n. 218/95.Avverso tale provvedimento, nella parte relativa alla reiezione della richiesta cautelare, veniva proposto reclamo e con ordinanza collegiale in data 1.2.2001 la richiesta veniva disatt esa.Concessi i termini ex art. 184 c.p.c., depositata la relazione da parte dell’ausi liario, costi-tuitasi parte convenuta con un nuovo difensore, operati diff erimenti del l’udienza onde acconsentire alle parti di approfondire soluzioni transatt ive emerse nel corso delle com-parizioni parti, la causa veniva tratt enuta a decisione.Motivi della decisioneAi Trust costituiti volontariamente o comprovati per iscritt o trova applicazio ne la Con-venzione dell’Aja fi rmata in data 1.7.85 (resa esecutiva in Italia con legge 16.10.1989 n. 364 in vigore dal 1.1.1992) ed i rapporti giuridici oggett o della presente causa ben posso-no anno verarsi fra quelli indicati nell’art. 2 della predett a Convenzione, ove si evidenzia che con il termine Trust ci si riferisce ai “rapporti giuridici istituiti da una perso na, il costituente - con att o tra vivi o mortis causa qualora dei beni - siano stati posti sott o il controllo di un trustee nel l’interesse di un benefi ciano o per un fi ne specifi co”.Con un Consent Order emesso dal Giudice Kirkwood in data 18.7.96, nel l’ambito della causa di divorzio n. 7021/95 intentata dalle att uali parti avan ti all’Alta Corte di Giustizia - Divisione della Famiglia -, su accordo era stato pre visto che [l’att ore] dovesse trasferire la proprietà dell’immobile (appartamento del terzo e quarto pia-no) ubicato in Harrington Gardens Londra SW7 (regi stro e HM del Catasto Immo-biliare al titolo NLG552318 e compreso e determi nato da un lease datato 10.4.1986 tra Aylmer Square Investements Lùnited e Woodsends Investiments Limited per la

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rimanenza del periodo di 99 anni a parti re dal 25.12.1984 nonché di 2269 azioni nella Harrington Gardens Management Company Limited) intestandola congiun tamente alla ex moglie [convenuta] e facendosi carico delle spese inerenti alla costituzione dell’amministrazione fi ducia ria (Trust), di cui gli ex coniugi assumeva no la veste di amministratori nell’interes se delle due fi glie minori... e...Secondo le indicazioni previste dal citato Consent Order, l’att o istitutivo del Trust veniva stipulato in data 23.9.97 con richiamo alle disposizioni del Trust of Land and Appointment of Trustee Act del 1996 e con espressa previsione, quan to alle modalità di amministrazione: a) di un’occupazione dell’immobile da parte dell’ex moglie “vita natural durante e purché lei, una o entrambe le fi glie, lo staff domestico o ospiti sola-mente tempo ranei occupino e usino l’immobile nel rispett o delle successive clausole 4 e 5”; b) il godimento a titolo gratuito e con onere della benefi ciaria di sopportare solo le spese condominiali ed il canone per il godimento del suolo si cui l’immo bile de quo insisteva - Ground Rent - (art. 3.1.1.); e) amministrazione con giunta dei geni-tori nominati trustees in favore delle fi glie (art. 3.2) e che il patri monio del Trust “sarà detenuto fi ducia riamente a favore e della ricorrente e del resistente in modo assoluto” (art. 3.4.); d) il potere di nominare un nuovo tru stee, in sostituzione di uno dei coniugi, richiedeva l’approvazione scritt a dell’al tro, approvazione che non poteva essere ragione-volmente rifi utata (art. 11.1.); e) con successivi att i i trustees potevano modifi care i poteri loro conferiti dall’att o costitutivo.Con successivo att o, sott oscritt o in data 18.12.1998, gli ex coniugi avevano previsto ac-cordi supplementari secondo cui: a) l’immobile di Londra veniva con cesso in locazione a terzi per un periodo di due anni mentre la convenuta - che per motivi di lavoro si era trasferita con le fi glie a Roma - occupava l’appartamento in affi tt o all’uopo reperito; b) il canone ricavato dalla locazione dell’immobile di Londra veniva considerato quale quota capitale ed, al nett o delle imposte, dove va essere impiegato per la copertura di spese elencate in ordine di priorità nel l’art. 1; c) per la gestione del ricavato e delle spese veni-vano costituiti uno o più conti correnti; d) allo scadere di un bien nio gli accordi supple-mentari cessavano di avere vigore (art. 6).Ciò premesso l’eccezione pregiudiziale di difett o di giurisdizione dispiegato da parte convenuta nelle conclusioni del primo att o difensivo è infondata e, per tanto, deve essere disatt esa.L’art. 3 della legge 31.5.1995 n. 218 prevedendo che la giurisdizione del Giudice Italiano sussista “quando il con venuto è domiciliato o residente in Italia o via ha un rappresen-tante che sia auto. rizzato a stare in giudizio a norma dell’art. 77 c.p.c.” ha abbandonato la divisione tra citt adini italiani e citt adini stranieri, che aveva caratt erizzato le precedenti disposi zioni, ed ha introdott o il principio inno vatore (per qualsiasi controversia salve le azioni reali su immobili all’estero) del col legamento fra il soggett o che è convenuto in giudizio e lo Stato di residenza o domi cilio.Accanto a tale criterio generale vi sono poi una serie di ipotesi nelle quali l’art. 3 stabilisce comunque la sussistenza della giurisdizione italiana e, per quello che ci interessa, al II comma contempla un espresso richiamo ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo 11 della Convenzione di Bruxelles in data 27.9.1968 circa la competenza giurisdizio nale ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e ciò limita tamente alle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione quale risultante dal suo art 1.Parimenti l’art. 2 della Convenzione di Bruxelles per le controversie con ele menti di estra-neità aveva individuato nel domicilio delle persone convenute nel territorio dello Stato contraente il criterio generale e solo, in via alternativa (art. 5 e per quello che ci interessa punto 6), erano stati previsti fori speciali avanti ai quali il convenuto a prescindere dal domicilio “può essere citato”.

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Nella fatt ispecie per cui è causa non è contestato che all’att o dell’introduzione del pre-sente giudizio (art. 5 C.P.C.) la con venuta fosse già residente o, comunque, domiciliata sul territorio italiano e, più precisamente, in Milano ove att ualmente ancora dimora con le fi glie minori.Aff ermata la giurisdizione di questo Giudice, occorre accertare la legge sostan ziale appli-cabile alla fatt ispecie oggett o di causa e che presenta elementi di estra neità.Per una corrett a soluzione della que stione occorre muovere l’analisi dalla già citata Con-venzione dellAja, che all’art. 6 evidenzia nella volontà del costituente (di sott oporre il Trust ad un determinato ordinamento) un criterio di collegamento e solo laddove tale scelta di legge sia ineffi cace o manchi si dovrà avere riguardo ai criteri oggett ivi posti dal successivo art. 7 (contenete l’elenco di una serie di ele menti che l’interprete deve considerare al fi ne di determinare il diritt o applicabile): criteri posti in un implicito ordi-ne di importanza che, tutt avia, non vincolano il Giudice quanto alla sequenza rigorosa dell’ordine stesso.Dai lavori preparatori della Convenzione dell’Aja si evince che i criteri elencati, la cui ri-levanza deve essere valutata dall’interprete con riferi mento a quelli esistenti al momento della costituzione del Trust, evidenzia no: a) che il luogo di amministrazione rileva solo in quanto sia stato espressa mente designato dal costituente; b) che la collocazione dei beni ha un’importan za determinante per i Trust aventi ad oggett o beni immobili.Nell’att o costitutivo del... Trust non emerge alcuna scelta da parte del costi tuente in or-dine al diritt o applicabile ed al momento della sott oscrizione della dichiarazione i criteri (immobile oggett o del Trust sito in Londra, residenza dei trustees e amministrazione del Trust in Londra) deponevano inequivocabilmen te per un rinvio all’ordinamento inglese, che deve intendersi applicabile nel suo complesso senza poter limitare il richia mo ad una singola norma interpretata separatamente dal sistema in cui si iscri ve (principio dell’in-tegralità del richia mo secondo il diritt o internazionale pri vato).Ritenuta l’applicabilità del diritt o inglese occorre quindi individuare la materia del con-tendere, il cui ambito è stato nel corso del giudizio modifi cato e con la precisazione delle conclusioni - rassegnate all’udienza del 21.2.2002 - circoscritt o alle contrapposte richie-ste di rimozione dei coniugi dalla carica di amministratore (parte att rice ha formu lato domanda di rimozione dell’ex moglie e parte convenuta di decadenza con conseguente rimozione dell’ex mari to).Superfl ue appaiono le. considerazioni dedott e da parte convenuta nella memo ria di re-plica ex art. 190 c.p.c. circa la domanda att orea, formulata in via princi pale, att eso che a prescindere dal diverso tenore lett erale delle conclusioni rasse gnate nell’arto introdutt i-vo è incontro verso che la volontà dell’att ore sia sempre stata quella di estromett ere la ex moglie dall’amministrazione fi duciaria, che in base al negozio costitutivo doveva essere esercitata congiuntamente.La mancata reiterazione, in sede di conclusioni defi nitive, delle altre domande formu-late da parte att rice di accertamento dell’assenza di un diritt o in capo alla convenuta al rimborso del canone della casa di Milano (sita in via del Gesù) e dell’obbligo di rendi-conto della trustee [convenuta] nonché quelle dedott e da parte convenuta, in via ricon-venzionale, ai punti a e b della comparsa di costituzione del primo difensore esi mono il Tribunale da ogni valutazione nel merito.Nell’ordinamento inglese l’art. 41 del Trustee Act del 1925 prevede un espresso potere del Giudice di rimuovere i trustees per giusta causa, su loro richiesta o su istanza dei benefi -ciari, “qualora sia opportuno o se sia inopportuno diffi col toso o non agevole provvedere (alla revo ca) senza l’assistenza della Corte di emanare un provvedimento di nomina di un nuovo trustee in sostituzione o in aggiun ta di uno o più trustee esistenti” (affi davit di Clara Trounson dello Studio Radcliff elsLeBrasseur e membro della Society of Trusts and Estate Planning Pratictioners e dell’ACTAPS - doc. 4Ìa e 5 pag. 8 allegati alla rela-

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zione dell’ausi liario del Giudice); potere subordinato alla mancata previsione di un att o volon tario di nomina previsto dal negozio costitutivo del Trust, ed all’accertamento di una violazione del Trust o comunque degli obblighi che caratt erizzano l’uffi cio privato dei trustees.Quanto a tale ultimo profi lo, l’art. 2 della Convenzione dell’Aia sott olinea che il trustee è “investito del potere ed onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare gestire o disporre dei beni secondo i termini del Trust e le norme particolari impostategli dalla legge”, ed in base ai principi di common law esplicando i relativi compiti con l’uso di un elevato grado di diligenza nell’att e nersi all’att o istitutivo, con obbligo di imparziali-tà (obbligo di mantenersi equi distante fra gli interessi dei singoli benefi ciari), con obbligo di custodire i beni in modo da conservarne l’integrità materiale e giuridica nonché con obbligo di tenere una corrett a contabilità.Inoltre ai sensi della legge codifi cata (art. 6 TLAT 1996) i trustees hanno, quanto alla gestione degli immobili con feriti in Trust, tutt i i poteri del pieno pro prietario e nel loro esercizio sono soggett i al “duty of care” previsto dal TA 2000 che impone azioni nel mi-glior interesse dei benefi ciari.Nella fatt ispecie per cui è causa, ritie ne questo Giudice che entrambi i genito ri si siano sott ratt i al dovere di lealtà e corrett ezza (particolarmente elevato tratt andosi di un’ammi-nistrazione fi duciaria) che l’uffi cio di trustee imponeva, att uan do una serie di comporta-menti contrari al concett o inglese di “good faith” (agire onestamente e ragionevolmen-te) e sicura mente inidonei a raggiungere lo scopo del Trust con inevitabile pregiudizio quanto meno delle posizioni soggett ive delle minori.Sulla scorta dei fatt i dedott i in giudi zio risultano violati: a) l’obbligo di con servazione dell’immobile; b) l’obbligo di tenere un’adeguata contabilità; c) l’obbli go di imparzialità.Si osserva, infatt i, che l’immobile di Londra non solo è da tempo privo di un’a deguata manutenzione fi nalizzata alla conservazione del valore della proprietà (omissione im-putabile ad entrambi i tru stees) ma per il veto espresso dall’ex moglie, la quale aveva accarezzato l’idea di trasferirsi con le minori nuovamente in Inghilterra, non è stato reso produtt ivo di reddito con la concessione a terzi di una nuova locazione.Quanto all’obbligo di urta corrett a contabilità (violazione imputabile ad entrambi i tru-stees) dalla relazione dell’au siliario si evince che l’immobile di Harrington Gardens è soggett o al paga mento delle tasse sui redditi all’Ammini strazione Finanziaria (Inland Revenue) per ogni anno fi scale (nel Regno Unito la sca denza per ogni anno fi scale è fi s-sata il 5 aprile e con possibilità di pagamento posti cipato - entro il 31 gennaio dell’anno suc cessivo - con la previsione di una sanzione pecuniaria).Per l’anno fi scale con scadenza 5.4.99 l’onere è stato adempiuto in ritar do (doc. 17 e ss. di parte att rice) e per i due anni fi scali successivi omessa la dichiarazione (cfr. Ammen-da commina ta dalla Inland Revenue in data 28.2.2001 per l’omessa dichiarazione anno fi scale con scadenza 5.4.2000 sussi stendo l’obbligo anche in ipotesi di improdutt ività di redditi dell’immobile come indicato nell’affi davit).Sempre con riferimento alla violazio ne dell’obbligo indicato sub b), occorre anche evi-denziare che gli ex coniugi non hanno provveduto a saldare le spese con cernenti l’att ività professionale svolta dallo studio JF Chown proprio con riferi mento agli adempimenti fi scali e le infor mazioni da dare all’Amministrazione inglese sulla scorta di un accordo fra i tru stees mai raggiunto (cfr. doc. 17 e ss. di parte att rice).Il trustee [att ore] relativamente all’obbligo di imparzialità non ha poi tenuto in debito conto che la posizione della ex moglie, quale benefi ciaria del Trust in quanto condutt rice vitalizia dell’immobile, gli impediva di entrare in confl itt o di interessi con la stessa e gli imponeva di tenere conto con equi distanza dei diritt i di tutt i i benefi ciari (art. 6 del TALT 1996): ciò appare tanto più vero se si considera che il... Trust non prevedeva una deroga all’ob bligo di amministrazione congiunta dei trustees.

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In defi nitiva gli ex coniugi con i rispett ivi comportamenti, dett ati dal esasperata con-fl itt ualità che ancora li lega hanno contribuito entrambi a pregiudicare un’appropriata gestione del Trust sulla base del semplice criterio di ragionevolezza ben avrebbero po-tuto delegare terzi, come per altro più volte nelle more del giudizio suggerito da questo Giudice, i propri poteri di trustees in modo da uscire da quella situazione stallo che la loro incapacità di determinarsi serenamente aveva comportato delega volontaria è stata espressamente regolata nel Trust Act del 1925 per singoli att i e ciò indipendentemente che l’att ività comporti esercizio di un potere discrezionale).A fronte di un siff att o pregiudizio delle posizione delle benefi ciarie ed in difett o di att i volontari, il Tribunale deve rimuovere gli att uali trustees nominarne nuovi in sostituzio-ne, così esercitando quel potere integrativo (inherent jurisdiction cfr. affi davit pag. 8 e ss.) previsto nell’ordinamento inglese.Le considerazioni sino ad ora svolte rendono superfl ue l’espletamento dell’att ività istrut-toria richiesta anche in sede precisazione delle conclusioni.Richiamato l’affi davit, quanto al numero dei trustees in ipotesi di Trust immobiliare, ri-tiene il Tribunale nominare quale nuovo amministratore 1’Honorary Legal Advisor del Consola Britannico di Milano, Avv. Corabi Lu (già ausiliario del Giudice in questo pro-cedimento), il quale - per la conoscenza professionale e l’equilibrio mostrati nell’espleta-mento dell’incarico - assicura un’adeguata capacità di adempiere agli obblighi derivanti all’amministrato dall’att o costitutivo; att ività che dovrà svolgere con l’altro trustee no-minato Avv. Giovanna Ghielmett i del Foro Milano ed appartenente al medesimo studio legale.I nuovi trustees dovranno agire congiuntamente per raggiungere lo scopo del Trust nell’interesse delle benefi ciarie con particolare riferimento alla posizione delle minori così esercitando tutt i i poteri desumibili dal negozio costitutivo (e su. censivo att o) non-ché dai principi normativi e di common law che disciplinano materia.Appare superfl uo prescrivere alle parti in causa, non solo nella loro qualità di trustees rimossi ma sopratt utt o di geni tori esercenti la potestà sulle benefi ciarie minori, di col-laborare con i nuovi ammi nistratori in modo da consentire loro una profi cua e celere amministrazione fi ducia ria.I trustees nominati in sostituzione, pur non essendo professionali (lay) hanno giusta pre-visione di questo Giudice diritt o ad un compenso per l’att ività che andran no a svolgere, in base alle tariff e forensi previste per l’att ività stragiudiziale, oltre al rimborso delle spe-se debitamente docu mentate (properly e quindi non originate da comportamenti dolosi o colposi); rim borso che potrà essere prelevato dirett a mente dal capitale del Trust il cui patri monio comprende non solo l’immobile di Londra ma anche gli investimenti e la liquidità che di volta in volta ne formano parte. Al riguardo si osserva che con la relazio-ne dell’ausiliario è stato indicato un saldo al dicembre 2001 del conto cor rente presso la Barclays Bank intestato al Trust pari a E 71118,72.La regola tradizionale dell’onerosità per l’att ività svolta dal trustee solo in ipotesi speci-fi che (e il trustee rientra in particolari categorie - quali pubblic tru stee, Judical trustee e trust companies -, se il trust fund si trova in uno stato este ro in cui è previsto l’incarico oneroso, se ciò è previsto dall’att o costitutivo, se sono stati stipulati accordi in tal senso tra gli amministratori ed i benefi ciari ed, infi ne, se lo prevede l’autorità giudizia ria) non è stata superata dal Trustee Act del 2000 (entrato in vigore il 1.2.2001) le cui sections 28-33 hanno modifi cato solo il regime relativo ai professional trustee, cui compete sempre un compenso salva contraria disposizione del negozio costi tutivo.L’esito della causa esonera questo Giudice dal valutare la richiesta ex art. 96 c.p.c. avan-zata dalla convenuta e la reci proca soccombenza consente di dichiara re integralmente compensate fra le parti le spese di lite, ivi comprese quelle liqui date nel corso del giudi-zio per l’elaborato dell’ausiliario ai sensi dell’art. 52 disp. att . C.P.C.

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P.Q.M.Il Tribunale di Milano defi nitivamen te pronunciando ogni diversa domanda, eccezione e deduzione disatt esa così prov vede;a) rimuove [l’att ore] e [la convenuta] dall’incarico di trustees del... Trust e nomina in loro sostituzione l’Avv. Luca Corabi e l’Avv. Giovanna Ghielmett i con studio in Milano via San Senatore -611;b) dichiara cessata la materia del con tendere relativamente all’ulteriore domanda formu-lata di parte att rice con l’att o introdutt ivo;c) rigett a le ulteriori domande formu late dalle parti;d) manda alla cancelleria di comuni care copia della presente sentenza ai nuovi trustees nominati Avv. Luca Corabi e Avv. Giovanna Ghielmett i con studio in Milano via San Senatore 611;e) dichiara le spese di lite integral mente compensate fra le parti;f) pone defi nitivamente a carico delle parti, nella misura del 50%, le spese liqui date all’ausiliario nel corso del giudizio.

Tali conclusioni ex art. 92 c.p.c. appaiono tanto più vere se si considera la peculiarità della materia oggett o di contro versia, che nel nostro ordinamento non risulta ancora avere avuto un’adeguata ela borazione giurisprudenziale, e la circostan za che relativamente al reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. il Tribunale aveva già prov veduto alla liquidazione delle relative spese di lite.

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B) APPLICAZIONE DEL TRUST A TUTELA DELLA PERSONA INCAPACE E DEL MINORE

TRIBUNALE GENOVA, GIUDICE TUTELARE, DECRETO 14.3.06

in Trusts e att ività fi duciarie, “Concessione all’amministratore di sostegno dell’auto-rizzazione all’istituzione di un trust in favore di disabile”, Luglio 2006, p. 415 e ss.; La nuova giurisprudenza civile commentata, 2006, 12; Giurisprudenza di merito, 2006, 12, 2644

IL GIUDICE TUTELAREa scioglimento della riserva di cui al verbale che precede ha pronunciato il seguente provvedimento;vista l’istanza di nomina di amministratore di sostegno a favore di FM., nato a... l’..., residente in..., Via... n..., proposta dalla moglie, signora P.R.;sentiti, all’udienza del 7.3.2006, la ricorrente, lo stesso benefi ciario, nonché il fi glio, signor FE., aff ett o da “sindrome dissociativa di innesto in soggett o cerebropatico”, ed invalido civile al 100%;dato att o che la ricorrente ha confermato la sua disponibilità ad essere nominata am-ministratore di sostegno del marito, soluzione condivisa anche dal fi glio E., mentre il benefi ciario della procedura, pur nei limiti connessi alla sua patologia, si è espresso favo-revolmente nei riguardi della moglie;vista la documentazione medica in att i da cui risulta che il signor FM. è aff ett o da “ma-latt ia di Alzheimer”, e che egli non risulta in grado di compiere gli att i quotidiani della vita;ritenuto che, stante la situazione sopra precisata ricorrono in pieno i presupposti per l’applicazione del nuovo istituto dell’amministrazione di sostegno;ritenuto, del resto, che l’istituto dell’interdizione è divenuto ormai residuale, att eso che il nuovo art. 414 c.c. dispone che possono essere interdett e le persone che versano “in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi”, ma solo quando ciò “è necessario per assicurare loro adeguata protezione”;ritenuto che, trovandosi il signor EM., convenientemente accudito dalla moglie presso la sua abitazione, non sussistono quelle esigenze di protezione che, in astratt o, potrebbero rendere legitt imo il ricorso all’istituto dell’interdizione;ritenuto, ancora, che la legge n. 6/2004 si caratt erizza proprio per avere aff rontato “il tema dell’agire giuridico” introducendo opportunamente una “concezione relazionale della prossimità con (...) soggett i vicini”, in modo da favorire la creazione di una migliore relazione con il mondo esterno, con la precisazione che la ricorrente nella sua veste di amministratore, stante il suo strett o rapporto di parentela con il benefi ciario, agirà certa-mente nel pieno rispett o dei suoi bisogni, e delle sue aspirazioni, rivolgendosi al giudice tutelare ove ciò sia necessario ai sensi della vigente normativa;ritenuto che le facoltà dell’amministratore di sostegno saranno meglio specifi cate nel prosieguo del provvedimento, con la precisazione che la signora P.R., nella sua qualità, deve intendersi fi n d’ora autorizzata a istituire il trust denominato “E.” (allegato al ricor-so), dotando il trust anche del bene immobile indicato in ricorso (appartamento sito in...,

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Via... n...) per la quota di proprietà del coniuge benefi ciario della presente procedura;ritenuto, d’altra parte, che il contenuto del trust è opportunamente volto a tutelare non solo il benefi ciario (garantendogli il miglior regime di vita possibile unitamente alle cure e all’assistenza necessarie), ma anche il fi glio unico E., le cui problematiche sono sta-te sopra illustrate (obiett ivo che certamente rispondeva alle aspett ative del signor FM., quando le sue migliori condizioni di salute gli consentivano una più lucida visione delle sue esigenze e di quelle del fi glio);ritenuto, in argomento, che ormai da tempo la migliore dott rina e la giurisprudenza assolutamente prevalente hanno riconosciuto la compatibilità tra il trust e il nostro ordinamento giuridico (corre l’obbligo di ricordare che la Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, relativa alla legge applicabile al trust, è entrata in vigore in Italia il 1° gennaio 1992), e che, proprio grazie all’avvenuto riconoscimento del c.d. trust interno, questo istituto ha trovato interessanti applicazioni proprio nella materia della tutela dei soggett i deboli;ritenuto, da ultimo, che lo stesso legislatore, con l’art. 39 novies della recentissima leg-ge 23 febbraio 2006, n. 51 (che converte il D.L. 30 dicembre 2005, n. 303) ha introdott o nel codice civile l’art. 2645 ter, in tema di trascrizione di att i di destinazione per la rea-lizzazione di interessi meritevoli di tutela riguardanti anche “persone con disabilità”, che fa espresso riferimento al conferimento, mediante att i in forma pubblica, di beni (immobili o mobili iscritt i in pubblici registri) destinati “per la durata della vita della persona fi sica benefi ciarla alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela”, riferibili appunto a soggett i disabili;ritenuto che tale innovazione normativa confi gura un istituto frutt o dell’autonomia pri-vata, conformemente alla previsione di cui all’articolo 1322, secondo comma, c.c., la cui riferibilità al trust (pur non nominato) è di tutt a evidenza con la conseguenza di legitt i-mare anche per via legislativa il citato pensiero di dott rina e giurisprudenza prevalenti riguardo la compatibilità del trust con il nostro ordinamento se dirett o a perseguire inte-ressi meritevoli di tutela.

P.Q.M.Visti gli artt . 404 e segg. C.p.C.; nomina la signora P.R., nata a...,1’..., res. in..., Via... n.., amministratore di sostegno, a tempo indeterminato, di EM., nato a... 1’..., residente in...,Via... n.determina come segue l’oggett o dell’incarico: 1) assistenza personale anche per il trami-te di terze persone; 2) riscossione, accredito e gestione (per quanto riguarda l’ordinaria amministrazione) della pensione e dell’indennità di accompagnamento di spett anza del benefi ciario, con facoltà di compiere in nome e per conto dello stesso tutt e le pratiche, amministrative e non, volte a migliorare la sua situazione previdenziale e dunque patri-moniale; 3) sott oscrizione di qualunque documento o dichiarazione in nome e per conto del benefi ciario ove questi non sia in grado di sott oscriverlo; 4) stipula, in nome e per conto del benefi ciario, di qualunque negozio e/o contratt o che comporti l’assunzione di obbligazioni a carico del predett o, ivi compreso l’istituzione del trust denominato “E.” allegato al presente ricorso, e di tutt i gli att i da esso discendenti, parte dei quali richiama-ti nella parte motiva del presente decreto; 5) gestione dei risparmi del benefi ciario tenuto conto delle sue esigenze e di quelle relative al bene immobile di cui egli è comproprieta-rio; 6) apertura e/o chiusura di qualunque conto corrente, con delega all’amministratore di sostegno che potrà operarvi liberamente, movimentando altresì eventuali risparmi e/o titoli, nell’ambito di una gestione ordinaria, sott o la sua responsabilità e con obbligo di rendiconto;att i che l’amministratore può compiere in nome e per conto della benefi ciaria: tutt i quelli necessari per far fronte all’oggett o dell’incarico come sopra precisato, con la precisazione

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che per gli att i di straordinaria amministrazione l’amministratore di sostegno dovrà es-sere autorizzato dal giudice tutelare;limiti delle spese sostenibili con le risorse del benefi ciario: importo della pensione e dell’eventuale indennità di accompagnamento, nonché di eventuali risparmi;att i che il benefi ciario dell’amministrazione di sostegno può compiere da solo: att i della vita quotidiana nei limiti delle sue att uali condizioni fi siche;rendiconto annuale: a far data dal marzo 2007.Disponela trasmissione del presente provvedimento all’Uffi ciale di Stato civile, e la sua annota-zione a cura della Cancelleria nel Registro delle Amministrazioni di sostegno.Fissaper il giuramento dell’amministratore di sostegno nominato il giorno... alle ore 9.20, da-vanti a sé.Effi cacia immediata.

TRIBUNALE MODENA, GIUDICE TUTELARE, DECRETO 11.8.05

in Trusts e att ività fi duciarie, “Nomina dell’amministratore di sostegno e autorizzazio-ne all’istituzione di un trust”, Ott obre 2006, pag. 581 e ss.

(omissis)Premesso(a) Con ricorso depositato in data 15/6/05, Mario, Dorina, Alcide, Leonar do, Gianna, Ebe, Rolando, Liliano..., Franca..., e Bruna... hanno chiesto la nomina di amministratore di so-stegno a Colombo— precisando di esaurirne il no vero dei parenti entro il quarto grado, al tri non essendovene in vita.(b) A supporto della richiesta sono state addott e, e documentate, infermità psichiche con-sistenti in una oligofrenia medio grave tale da rendere la persona non autonoma e pro-prio per questo stabil mente residente, da anni, presso la “Co munità...” di via...(c) Secondo parte istante queste disa bilità determinerebbero, per il Signor Co lombo... l’impossibilità totale e stabile di provvedere ai propri interessi con conse guente neces-sità di sostegno per sostituir lo nel compimento dei seguenti att i: (1) riscossione delle due pensioni mensili e dell’indennità di accompagnamento, per complessivi euro... circa, (2) utilizzo di queste rendite per le esigenze ordinarie della persona e l’ordinaria amministrazio ne dei suoi beni, (Colombo... che non possiede immobili, è titolare di un conto corrente presso la Cassa di Risparmio di... su cui vengono versate le rendite men-sili, è intestatario, presso lo stesso Istituto, di un deposito titoli - att ualmente coin testato a Mario... e ad Alcide... - con provvista att uale di circa euro..., è coin testatario, ancora e sempre con Mario... ed Alcide... di un secondo conto corrente presso Unicredit di..., Filia-le di... su cui vengono versati i frutt i dei titoli), (3) presentazioni di istanze per richieste di as sistenza, (4) presentazione delle dichiara zione dei redditi e sott oscrizioni di att i di natura fi scale.(d) In sede di ricorso “i nominandi Amministratori” propostisi nelle persone di Mario... e Franca..., hanno chiesto poi l’autorizzazione a costituire un “trust”, in favore del bene-fi ciario e secondo lo schema negoziale prodott o avente ad og gett o i valori mobiliari tutt i pervenutigli dalla intervenuta sua nomina di erede universale della madre Maria...

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Osservato e deliberato(a) In sede di esame del benefi ciario, eff ett uato da questo Giudice in data 4/8/05, è emerso che lo stesso, solo mode ratamente orientato nel tempo e nello spazio, si trova, a causa delle sovraricorda te, e constatate, patologie di aff ezione, in uno stato di concreta ed eff et-tiva impossi bilità di compiere in modo autonomo gli att i di cui in premessa.(b) Vanno perciò ravvisati, nella fatt ispecie, allo stato e con riserva di ogni di versa e fu-tura regolamentazione rapporta ta alle eventuali variazioni della situazio ne di disabilità oggi appurata, i presuppo sti di legge che, pur nell’att enta ablazione minima della capa-cità d’agire dell’interes sato, giustifi cano che gli si nomini un am ministratore di sostegno con potere di compiere in Suo nome e per conto gli att i di cui alla parte dispositiva.(c) In vista delle fi nalità che lo quali fi cano, l’incarico va att ribuito, rebus sic stantibus, a tempo indeterminato. Considerato e ritenuto(a) Sempre in data 4/8/05 sono stati sentiti i ricorrenti Mario... e la di lui mo glie Franca... nonché Alcide... che han no ribadito le proposte istanze; quest’ulti mo ha confermato l’as-senso, già espresso in att o introdutt ivo al pari di quello degli altri parenti fi rmatari a che la nomina dell’amministratore sia fatt a nelle persone di Mario... e Franca... dichiaratisi, per parte loro e come già dett o, disponibili.(b) Il benefi ciario ha espresso adesio ne convinta e apparentemente cosciente alla att iva-zione dell’istituto nonché sulla designazione delle persone degli ammini stratori.(c) Non sono emerse esigenze di cura e protezione della persona tali da legitt i mare il ricorso ai residuali, ed ormai ecce zionali, istituti dell’interdizione o dell’i nabilitazione dopo l’avvenuta introduzio ne nell’ordinamento di quello generale costituito dall’ammi-nistrazione di soste gno.(d) Mentre non si è evidenziata, per un verso, controindicazione alcuna alla designazio-ne di Mario... e Franca... qua li amministratori di sostegno, la designa zione viene valuta-ta, per l’altro e da parte di questo Giudice, come la più idonea, nello specifi co contesto fatt uale, per sop perire alle esigenze di vita ed economiche del benefi ciario e per porre in essere ogni iniziativa utile per la cura della sua perso na; la duplice nomina comporta poteri di sgiunti per ogni att o di ordinaria ammini strazione e poteri obbligatoriamente con giunti per tutt i quelli di straordinaria am ministrazione.Per l’eff ett o, notiziato il Pubblico Mi nistero, peraltro non intervenuto all’u dienza.Nominail Sig. Mario..., nato a... e la sig.ra Franca..., nata a... entrambi residenti in... amministra-tori di sostegno con poteri disgiunti quanto agli att i e/o negozi di or dinaria amministra-zione ed obbligatoria mente congiunti quanto a quelli di straor dinaria amministrazione del Sig. Colombo... nato a... e dom., a... c/o Alloggio... con le seguenti prescrizioni:1) L’incarico è a tempo indeterminato. 2) Gli amministratori di sostegno avranno il potere di compiere, in nome e per conto del benefi ciario, le seguenti operazioni:- riscossione delle pensioni mensili, dell’indennità di accompagnamento e di ogni altro emolumento di spett anza del benefi ciario rilasciando quietanza;- utilizzo delle suddett e rendite nei limiti degli oneri mensili necessari per le esigenze ordinarie della persona assistita e l’ordinaria amministrazione dei suoi be ni;- pagamento di ogni spesa ordinaria, nonché delle rett e della Comunità...;- compimento di quanto si renderà necessario per le esigenze di protezione e per i biso-gni e le richieste del benefi ciario;- presentazione di istanze ad Uffi ci ed Enti Pubblici per la richiesta di assistenza econo-mica c/o sanitaria;- presentazione della dichiarazione dei redditi e sott oscrizione di altri att i di natura fi scale.3) Lett o lo schema negoziale prodott o in allegato al ricorso, il Giudice Tutelare (a) auto-

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rizza gli amministratori di soste gno, ad istituire, in forza delle facoltà loro concesse dalla convenzione de L’Aja 1 giugno 1985 ratifi cata con l. 16 ott obre 1989, n. 364 e secondo lo schema nego ziale stesso, un «trust” a benefi cio di Co lombo... avente ad oggett o i valori mo biliari tutt i pervenutigli a seguito dell’in tervenuta nomina di erede universale del la ma-dre Maria...; (b) dispone che gli amministratori provvedano a devolvere in “trust” (allo scopo di accantonare quo te di risparmi per fronteggiare eventuali spese future straordi-narie del benefi ciario) le somme residue degli emolumenti tutt i di quest’ultimo una volta pagati oneri ge stionali ordinari a carico del medesimo e rett e della comunità alloggio.4) Gli amministratori di sostegno do vranno riferire per iscritt o entro la fi ne di febbraio di ogni anno solare al Giudice Tutelare circa l’att ività svolta nel corso dell’annata preceden-te e le condizioni di vita personale e sociale del benefi ciario; nello stesso termine saranno tenuti al de posito di rendiconto.5) Gli amministratori di sostegno do vranno chiedere l’autorizzazione al Giudi ce Tutelare per gli att i indicati negli artt . 374, 375 e 376 del codice civile e sono soggett i all’obbligo di informare tempesti vamente il benefi ciario circa gli att i da compiere, nonché il Giudice Tutelare in caso di dissenso con esso.6) Il benefi ciario conserva la facoltà di compiere senza l’amministratore di so stegno gli att i necessari a soddisfare le esi genze della vita quotidiana; a sua indi spensabile tutela ne viene disposta abla zione di capacità di compiere att i di straordinaria amministrazione senza auto rizzazione di questo Giudice Tutelare per il tramite degli amministratori di soste gno.Decreto esecutivo per legge.

TRIBUNALE FIRENZE, GIUDICE TUTELARE, DECRETO 8.4.04

in Trusts e att ività fi duciarie, “Il Giudice tutelare autorizza l’istituzione di trust con beni di un minore disabile”, Ott obre 2004, p. 567 e ss.

TRIBUNALE Dl FIRENZEUFFICIO DEL GIUDICE TUTELARERICORSO EX ART. 320 TERZO COMMA CC

Il Dott ..., nato a... il... e la Dott .ssa..., nata a... il..., nella loro qualità di genitori esercenti la potestà sul minore Sig..., nato a... il... e residente a... (...), via... n..., rappresentati e di-fesi dall’Avv. Saverio Bartoli, elett ivamente domiciliati presso il suo studio in Firenze, via Antonio Giacomini n. 30, come da procura a margine del presente att o, PREMESSO CHE1) Dal matrimonio dei ricorrenti coniugi... sono nati due fi gli:... in data... (e quindi or-mai maggiorenne) ed... in data...2)..., a causa di lesioni irreversibili subite durante il parto, risulta aff ett o da una assai grave forma di tetraparesi spastica con distonia e disartria, che è per lui fonte di diffi -coltà di apprendimento e di relazione, tanto che è stato riconosciuto invalido civile al 100% e gli è stata riconosciuta un’indennità di accompagnamento (cfr documentazione medica; all. 1).

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3) Poiché le lesioni irreversibili di cui al punto 2) sono state causate da condott a negli-gente del medico che operò al momento del parto e della strutt ura sanitaria di cui egli faceva parte,... ha a suo tempo ricevuto un’ingente somma a titolo di risarcimento del danno, la quale, con l’autorizzazione del Giudice Tutelare, è stata per gran parte inve-stita in vario modo e per una piccola parte giace su un c/c.4) Più precisamente, le att uali disponibilità fi nanziarie di... ammontano ad curo 486.400,68, dei quali curo 126.717,36 sono investiti in BTP, curo 194.471,76 in obbliga-zioni (dei quali curo 18.714,55 nelle tristemente note obbligazioni “...”), curo 25.806,04 in fondi ed curo 41.948,36 costituiscono il saldo att ivo del suo c/c (cfr resoconto Cassa di Risparmio di... e relativo estratt o conto; all. 2).5) In considerazione della modestia degli att uali rendimenti dei titoli di stato, del ri-schio cui è att ualmente esposta una parte consistente del portafoglio di... e, più in gene-rale, della non confortante situazione dei mercati fi nanziari, sarebbe intendimento dei genitori di... quello di assicurargli un futuro caratt erizzato dalla maggiore tranquillità e sicurezza economica rappresentate dall’investimento di buona parte delle sue dispo-nibilità in immobili di pregio e di sicura redditt ività.6) A tale scopo, pertanto, in data 21/11/2003 il Dott ... padre di..., ha stipulato in proprio con la società... s.r.l. i due contratt i preliminari che seguono:a) Un contratt o preliminare (all. 3) di acquisto, per sé o personale o società da nomi-nare, di un quartiere ad uso uffi cio posto in... al piano terreno rispett o a Corso... ed al piano seminterrato rispett o a..., con accesso dirett o dal civico n... della prima via e dal civico n..._ della seconda via (cfr altresì perizia giurata del Geom..., all. 4).Il prezzo patt uito dalle parti è pari ad curo 150.000 oltre Ivo, il Dott ... ha già versato la prevista caparra di curo 40.000 (cfr all. 3, clausola 6) e la stipula del rogito è prevista entro il 30/4/2004 (cfr all. 3, clausola 10).b) Un contratt o preliminare (all. 5) di acquisto, per sé o personale o società da nominare, di un quartiere ad uso abitazione posto in..., al piano terreno rialzato, con accesso dal... n... (cfr altresì perizia giurata del Geom..., all. 4).Il prezzo patt uito dalle parti è pari ad curo 605.000 oltre Ivo (cfr. all. 5, clausola 6), il Dott ... ha già versato la prevista caparra di euro 160.000 (cfr all 3, clausola 6) e la stipula del rogito è prevista entro il 30/4/2004 (cfr all. 3, clausola 10).7) Nel contratt o di cui al punto 6 lett era a), alla clausola 10, la società promitt ente la ven-dita ha preventivamente consentito che l’acquisto della piena proprietà dell’immobile ad uso uffi cio sia eventualmente eff ett uato dal minore Sig..., legalmente rappresentato dai genitori e munito dell’autorizzazione del giudice tutelare.8) Nel contratt o di cui al punto 6 lett era b), alla clausola 10, la società promitt ente la vendita ha preventivamente consentito che l’acquisto dell’usufrutt o di dett o immobile sia eventualmente eff ett uato dal trustee di un trust istituito (previo conferimento in esso della somma necessaria a dett o acquisto) dal minore Sig..., legalmente rappresentato dai genitori e munito dell’autorizzazione del giudice tutelare, avente quale unico benefi cia-rio di reddito, vita natural durante, lo stesso minore.9) Si evidenzia fi n d’ora quanto segue: a) I ricorrenti, allo scopo di ulteriormente avvan-taggiare il fi glio, intendono partecipare assieme a lui, anch’essi in qualità di disponenti, all’istituzione del trust di cui al punto 8 lett era b), mediante conferimento nel medesimo della somma necessaria all’acquisto della nuda proprietà dell’immobile.b) Appare opportuno che trustee del trust di cui al punto 8 lett era b), sia la Sig.ra..., sorel-la del minore..., sia perché essa è legata al fratello da un profondo rapporto aff ett ivo, sia perché essa prenderà la residenza nell’immobile in oggett o (ciò che è invece impossibile per il minore..., sia per le sue condizioni di salute sia perché nel Comune di..., luogo di sua residenza, egli gode di tutt a una serie di consolidati servizi pubblici e relazioni uma-ne), in tal modo consentendo il conseguimento delle agevolazioni prima casa in occasio-

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ne dell’acquisto dell’immobile che essa eff ett uerà come trustee.c) Per eff ett o dell’istituzione del trust in oggett o, insomma:cl - Il minore verserà alla sorella e trustee Sig.ra... la somma necessaria affi nché quest’ul-tima acquisti, appunto come trustee, l’usufrutt o dell’immobile de quo;c2 - 1 ricorrenti, genitori del minore, titolari dell’ulteriore somma necessaria all’acquisto della nuda proprietà dell’immobile de quo, la verseranno alla sorella e trustee Sig.ra... affi nché quest’ultima acquisti, appunto come trustee, la nuda proprietà dell’immobile de quo;c3 - 11 trust in oggett o, come si è dett o, avrà quale unico benefi ciario di reddito, vita na-tural durante, il minore;c4 - La Sig.ra... risulterà quindi intestataria - come trustee del trust - tanto della nuda pro-prietà quanto dell’usufrutt o di tale bene, nel quale sarà residente: il prezzo della piena proprietà di quest’ultimo, pertanto, sarà complessivamente di curo 605.000 oltre Iva al 4% invece che al 10% (stante, come dett o, la spett anza dell’agevolazione prima casa), cioè pari ad curo 629.200.10) Si evidenzia altresì fi n d’ora che l’acquisto dell’usufrutt o da parte del trust istituendo (come da successivo punto 12, lett ere c) e seguenti) avverrà per un prezzo, comprensivo di Iva al 4%, corrispondente al valore di dett o diritt o risultante dalla perizia giurata in att i (all. 4), cioè per curo 483.393,75 (corrispondenti ad curo 464.801,68 oltre Iva al 4% per curo 18.592,07), ma comporterà per il trust (e dunque per il minore) un esborso di soli curo 323.393,75, dovendosi da tale prezzo detrarre la caparra di curo 160.000 già versata dal Dott ... come da precedente punto 6 lett era b).11) Con la stipula dei due contratt i preliminari di cui ai punti 6, 7 e 8, pertanto, il Dott ... ha posto le premesse affi nché il fi glio minore... realizzi quel profi tt evole investimento immobiliare di cui si è dett o al punto 5.12) Più precisamente, vi è a questo punto l’opportunità di compiere, nell’interesse del minore, l’operazione che segue:a) Disinvestimento delle disponibilità del minore nella misura di curo 140.000. b) Impie-go della somma di cui sub a) per l’acquisto della piena proprietà dell’immobile ad uso uffi cio di cui al punto 6 lett era a).Tale è, infatt i, il residuo prezzo da corrispondere, al nett o della caparra di curo 40.000 già versata dal Dott ..., in relazione a dett o immobile (il prezzo patt uito è infatt i di curo 150.000 oltre Iva - che per l’immobile ad uso uffi cio è del 20% - cioè curo 180.000; cfr ali. 3, clausola 6).c) Ulteriore disinvestimento delle disponibilità del minore nella misura di curo 323.393,75 (tale è la residua somma necessaria, come si è dett o al punto 10, per l’acquisto dell’usu-frutt o dell’immobile ad uso abitazione di cui al punto 6 lett era b).d) Istituzione, da parte del minore e dei suoi genitori ricorrenti, di un trust di contenuto conforme a quello della bozza in att i (all. 6), cioè nel quale (come si è anticipato al punto 9):dl - l’uffi cio di trustee è ricoperto (gratuitamente) dalla Sig.ra...;d2 - il minore conferisce la somma di cui si è appena dett o sub c) - cioè curo 323.393,75 - somma che il trustee dovrà impiegare nell’acquisto, dalla società... s.r.l. dell’usufrutt o dell’immobile ad uso abitazione cui al punto 6 lett era b);d3 - i genitori del minore ricorrenti conferiscono nel trust la residua somma necessaria al pagamento del prezzo per l’acquisto, dalla società... s.r.l., del medesimo immobile ad uso abitazione cui al punto 6 lett era b) (considerato che il prezzo dell’immobile, come si è visto al punto 9 lett era c, è pari ad curo 629.200, e che da tale prezzo deve detrarsi sia quanto il Dott ... ha già versato a titolo di caparra, cioè curo 160.000 come si è visto al pun-to 6 lett era b, sia quanto il minore conferisce nel trust, cioè curo 323.393,75, ne discende che i genitori del minore ricorrenti conferiranno nel trust l’importo di curo 145.806,25);

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d4 - l’uffi cio di Guardiano è ricoperto (gratuitamente) dai genitori del minore; d5 - il trust termina (cfr sua clausola 8) alla morte del minore;d6 - il minore è benefi ciario del reddito vita natural durante e titolare dell’ulteriore dirit-to patrimoniale indicato nella clausola 42 del trust.13) Un acquisto dell’immobile ad uso uffi cio di cui al punto 12 lett ere a) e h), comportante per il minore un esborso di curo 140.000, risulta manifestamente utile per il minore, sia perché l’immobile de quo ha un valore di mercato pari al ben maggiore importo di curo 281.100 (cfr perizia giurata; ali. 4 alla pag. 8), sia perché dett o immobile, ubicato in un quartiere prestigioso del centro della citt à, potrà agevolmente ed in modo profi tt evole essere locato a terzi.14) L’istituzione del trust di cui ai punti 8 lett era b), 9 e 12 lett ere c) e d), comportante un conferimento nel medesimo, da parte del minore disponente, di curo 323.393,75 a fronte dell’acquisto, da parte di costui, della qualifi ca di benefi ciario vita natural durante dei redditi prodott i dall’immobile ad uso abitazione di cui al punto 6 lett era b) (nonché dell’ulteriore diritt o patrimoniale indicato nella clausola 42 del trust), risulta manifesta-mente utile per il minore in quanto:a) Come risulta dalla perizia giurata in att i (ali. 4 pag. 8), il valore dell’usufrutt o vitalizio dell’immobile ad uso abitazione in oggett o è pari ad curo 483.393,75, cioè ad un impor-to ben maggiore di quello (pari - ripetersi - ad curo 323.393,75) conferito nel trust dal minore.Il Dott ..., padre del minore, ha infatt i già versato (come si è dett o al punto 6) una caparra di curo 160.000.b) Per le ragioni già esposte al punto 9, l’acquisto potrà godere dell’agevolazione prima casa.c) Per eff ett o dell’istituzione del trust, come risulta dagli artt . 2 e 11 della Convenzione de I2Aja sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento, ratifi cata dallo stato italiano con legge 364/1989 ed entrata in vigore in data 1/1/1992, il bene conferito in trust (cioè l’immobile ad uso abitazione di cui al punto 6 lett era b) costituirà oggett o di un patrimonio separato e come tale, in particolare, esso sarà inaggredibile non solo dai creditori del trustee, ma anche da quelli del benefi ciario minore... (che però godrà delle utilità economiche di dett o bene) per tutt a la durata della vita di quest’ultimo.15) Per incides, all’esito delle operazioni di disinvestimento di cui al punto 12 il minore non solo avrà realizzato profi tt evoli investimenti immobiliari, ma resterà titolare altresì di talune disponibilità fi nanziarie.Dalle originarie disponibilità di curo 486.400,68 (all. 2), risulteranno infatt i impiegati curo 140.000 per l’acquisto dell’immobile ad uso uffi cio ed curo 323.393,75 per l’istituzione del trust concernente l’immobile ad uso abitazione, per così complessivi curo 463.393,75, così residuando complessivi curo 23.006,93 (cui si devono aggiungere gli importi delle cedole maturati medio tempore).A tale ultimo riguardo, i ricorrenti evidenziano che 1’emitt endo provvedimento autoriz-zativo dovrà tener conto:- dell’impossibilità (per le ragioni che sono ormai di pubblico dominio) di un disinvesti-mento dello obbligazioni “...” (il cui controvalore att uale ammonta ad curo 18.714,55);- dell’opportunità che il dossier titoli relativo alle obbligazioni “...” dei minore venga trasferito dalla Cassa di Risparmio di... (dove trovasi att ualmente) alla Banca... (agenzia di piazza...), istituto presso il quale il Dott ..., padre del minore, già ha aperto un dossier titoli personale contenente proprie obbligazioni “...” (il passaggio del dossier dalla CR... alla Banca..., pertanto, consentirebbe di risparmiare sulle spese di tenuta dei titoli “...” del minore, accorpandoli in un unico dossier con quelli del padre);- del fatt o che l’operazione descritt a nel presente ricorso comporta per il minore non solo gli esborsi necessari al pagamento del prezzo dell’immobile uso uffi cio (curo 140.000) ed

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al conferimento in trust (curo 323.393,75), ma anche quelli relativi alle varie spese con-nesse (ad esempio, quelle notarili).In tale ott ica, pertanto, i ricorrenti chiedono che 1’emitt endo provvedimento autorizzi il disinvestimento dei titoli (con esclusione delle obbligazioni “...”, da trasferirsi presso la su indicata agenzia di Banca...) ed il prelievo di importi dalfi no a concorrenza almeno dell’importo di curo 470.000 16) Per incides, la partecipazione di minori ad att i istitutivi di trust è già stata ritenuta ammissibile ed autorizzata in giurisprudenza (cfr Trib. Perugia - Uffi cio del Giudice Tu-telare 16/4/2002; ali. 7). 17) Si segnala altresì l’urgenza nel provvedere, considerato che i termini per la stipula dei contratt i defi nitivi di vendita scadono il 30/4/2004 e che l’opera-zione autorizzanda è di una certa complessità.Da tale urgenza discende altresì l’opportunità di munire il provvedimento dell’imme-diata effi cacia.Tanto premesso, gli esponenti RICORRONO All’Ill.mo Sig. Giudice Tutelare ex art. 320 terzo comma cc, affi nché lo stesso si com-piaccia, con provvedimento immediatamente esecutivo vista l’urgenza, di autorizzare i ricorrenti, in nome e per conto del minore:1) al disinvesimento dei seguenti importi:A) di curo 140.000 per l’acquisto dell’immobile ad uso uffi cio di cui al preliminare ali. 3 al presente ricorso;B) di curo 323.393,75 per l’istituzione del trust concernente l’immobile ad uso abitazione di cui al preliminare ali. 5 al presente ricorso, in conformità alla bozza di att o istitutivo di cui all’allegato 7 al presente ricorso, a condizione che, contestualmente all’istituzione di dett o trust, i genitori del minore a propria volta conferiscano nel medesimo trust la somma residua necessaria al pagamento del prezzo di tale immobile (cioè una somma non inferiore ad curo 145.806,25);C) di una somma ulteriore rispett o a quelle sub A) e sub B), att a a coprire le spese connes-se a dett e operazioni (somma che i ricorrenti indicano in almeno curo 7.000);2) ad accett are la qualità di benefi ciario del trust in oggett o ed i connessi diritt i.3) a trasferire il dossier titoli relativo alle obbligazioni “...” dalla Cassa di Risparmio di... alla Banca..., agenzia di piazza... onde consentire al minore, per le ragioni esposte, un risparmio sulle spese di tenuta di dett o dossier.Con indicazione, quanto ai provvedimenti sub 1), delle modalità di disinvestimento.Si allegano: 1) documentazione medica; 2) resoconto CR...; 3) preliminare di vendita 21/11/2003 relativo all’immobile uso uffi cio; 4) perizia giurata di stima; 5) preliminare di vendita 21/11/2003 relativo all’immobile uso abitazione; 6) bozza dell’att o istitutivo del trust; 7) decisione del Trib. Perugia - Uffi cio del Giudice Tutelare 16/4/2002. Firenze, 7/4/2004 Avv. Saverio BartoliIL GIUDICE TUTELAREVisto, si autorizza. Effi cacia immediata.Firenze, 8 aprile 2004

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TRIBUNALE BOLOGNA, GIUDICE TUTELARE, DECRETO 3.12.03

in Trusts e att ività fi duciarie, “Istituzione di legato a favore di minorenne e trust”, Aprile 2004, p. 254 e ss.

IL GIUDICE TUTELARELett o il ricorso depositato in data 29/10/03 da B. C. A. e C. I. esercenti la potestà sul mino-re B. V. nato a Bologna il...; esaminati i documenti allegati;ritenuto conveniente per il minore accett are il legato,visto l’art. 320 C.C. AUTORIZZAGli istanti, nella predett a qualità, ad accett are in nome e per conto del minore suddett o il legato indicato nel ricorso, da intendersi qui integralmente trascritt o, come da disposi-zioni testamentarie del defunto B. F.Pone il tutt o sott o la personale esclusiva responsabilità dei ricorrenti; con esonero di ogni altro soggett o al riguardo.Quanto poi alla istanza dirett a alla costituzione di un trust a mezzo dell’esecutore testa-mentario nominato, osserva questo Giudice Tutelare che l’istituto di recente istituzione nel nostro ordinamento si confi gura come un benefi cio per il minore destinatario del legato. Deve evidenziarsi, infatt i, la c. d. segregazione dei beni (oggett o del legato) e la loro intestazione al trustee (nel caso di specie l’esecutore testamentario), elementi questi indispensabili perché si possa parlare dell’istituto in questione, rappresentano una ulte-riore garanzia per il minore affi nché i beni oggett o del legato gli vengano consegnati al raggiungimento della maggiore età. L’assenza poi di qualsiasi obbligo per il benefi ciario del lascito comporta la superfl uità di una specifi ca valutazione in ordine al vantaggio che consegue al minore, ad opera di questo Giudice. - Il minore, infatt i, vedrà i propri beni protett i, se pure gestiti dal trustee, il quale dovrà gestirli nel suo interesse, né stante la caratt eristica dell’istituto, vi è timore che vi possa essere confusione tra il patrimonio del trustee e i beni conferiti nel trust.Si rende, invece, necessario che la costituzione del trust sia espressamente autorizzata da questo Giudice Tutelare poiché i beni (oggett o del legato) andranno trasferiti al trust con un att o dispositivo ad opera non già del minore, che non ne ha la capacità giuridica, ma di coloro che esercitano la potestà genitoriale.I1 patrimonio segregato andrà gestito dal trustee, tramite il trust cui devono esser trasfe-riti i beni dei genitori esercenti la potestà sul minore.Non vi è, infatt i, la copia del testamento in att i e non può, in assenza di una specifi ca di-sposizione, che non viene menzionata nel ricorso, ritenersi che il de cuius, con la nomina dell’esecutore testamentario intendesse che lo stesso si adoperasse per la costituzione del trust, ma solamente che eseguisse le sue volontà espresse.I beni, pertanto, andranno dall’e secutore testamentario consegnati ai genitori che vengo-no autorizzati a disporne costituendo un trust limitato nel tempo sino al conseguimento della maggiore età del minore B. VP.Q.M.Autorizza i signori C. l. e B. C. A. alla costituzione di un trust, di cui diverrà trustee il dr. Antonello Montanari, esecutore testamentario del defunto prof. F. B., al fi ne di garantire la conservazione dei beni oggett o del legato in favore del loro fi glio minore V. B. nato a Bologna il... sino al raggiungimento della maggiore età dello stesso.Dispone l’immediata effi cacia del presente decreto ex art. 741 C. P. C.

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TRIBUNALE PERUGIA, GIUDICE TUTELARE, DECRETO 16.4.02

in Trusts e att ività fi duciarie, “Adesione di una minorenne al trust delle sorelle”, Ott o-bre 2002, p. 584 e ss

La signora..., nata a... il... e residente in..., in qualità di genitore esercente la potestà sul-la fi glia minore..., nata a..., e residente in...; rappresentata e difesa dall’Avv. Francesco Depretis e presso lo stesso elett ivamente domiciliata in Perugia, Via Baldeschi n. 2 in forza di procura speciale a margine del presente att o;premesso:- che l’istante è coniuge legalmente separata di..., nato a Perugia il... e residente a...;- che i coniugi hanno convenuto la separazione consensuale, omologata dal Tribunale di Perugia con decreto in data..., stabilendo l’affi damento delle fi glie..., ... (queste due oggi maggiorenni) ed... alla madre (cfr. ricorso per separazione personale, verbale di comparizione dei coniugi dinanzi al Presidente del Tribunale, decreto di omologazio-ne: doc. l);- che l’istante è Trustee del Trust... istituito con att o autenticato nelle sott oscrizioni dal Notaio Risso di Genova in data 27.11.2001 Rep.n.16.299, registrato a Genova, Agenzia delle Entrate Uffi cio di Genova 1, il 29.11.2001 al N.1766 (doc.2).Disponenti e benefi ciarie (sia delle rendite che della destinazione fi nale dei beni) sono... ed..., le quali nell’att o istitutivo hanno espresso l’auspicio che la sorella minore... si uni-sca a loro, quale disponente e benefi ciaria, con att o di adesione al Trust.Scopo del Trust è quello di costituire un patrimonio nel comune interesse, gestito in maniera unitaria, così da prevenire confl itt i familiari e al termine assicurare a ciascun benefi ciario una unità immobiliare in piena ed esclusiva proprietà;- che il Trust... è proprietario e intestatario di titoli per un valore di €... (cfr. estratt i CREDEM: doc.3-4); inoltre è proprietario e intestatario di n. 39.600 quote da L. 1.000 ciascuna, pari complessivamente al 99% del capitale sociale della società..., avente sede nel Comune di..., proprietaria di un complesso immobiliare residenziale nel Comune di..., costituito da villa con terreno annesso, e di un appartamento con garage in... (cfr. certifi cato catastale: doc.6);- che è aspirazione della minore..., ormai sedicenne, aderire al Trust..., unendosi alle sorelle per la realizzazione dello scopo del Trust;- che per la realizzazione di dett o scopo è necessario dotare il Trust di un patrimonio e di mezzi adeguati, accrescendo quelli di cui è già titolare;- che le sorelle..., sono compro prietarie per quote uguali di una porzione di fabbricato con garage e fondo in..., distinta al Catasto Fabbricati al Foglio...Le medesime sono inoltre compro prietarie, sempre per quote uguali, di un apparta-mento di civile abitazione sito in..., distinto al NCEU al foglio...;- che è intendimento di... ed... ed aspirazione di... vendere gli immobili di... ed ott enere che siano inclusi nei beni in Trust il ricavato della vendita e la proprietà dell’apparta-mento di...;- che appare inoltre conveniente per la minore... vendere la propria quota di 1/3 della proprietà dell’appartamento di... al Trustee affi nché venga inclusa tra i beni in Trust;- che il Trustee condivide questo programma, in quanto necessario alla realizzazione dello scopo del Trust, che si estenderebbe alla minore... per eff ett o della sua adesione al Trust;- che l’istante, quale genitore esercente la potestà, ritiene all’evidenza utile l’adesione della fi glia minore... al Trust ed il trasferimento allo stesso della quota di prezzo della

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vendita degli immobili di... e della quota di comproprietà dell’appartamento di...Ed infatt i, per tale via la minore diverrebbe benefi ciaria, delle rendite, del godimento e della destinazione fi nale dei beni già in Trust ed inoltre dei beni che il Trust acquisterà, conseguendo una condizione patrimoniale nett amente superiore a quella att uale (costi-tuita dalla quota di 1/3 dei due appartamenti di... e dalla quota di 1/3 dell’appartamen-to di...); per altro verso la mancata partecipazione al Trust penalizzerebbe fortemente la minore... rispett o alle sorelle, considerata l’entità del patrimo nio del Trust;- che per quanto concerne i beni che i1 Trust acquisterà l’istante ha in corso tratt ative, att ualmente in fase avanzata di defi nizione, per l’acquisto di un grande fabbricato in Perugia, che comprende più unità abitative delle quali una sarà destinata al godimento della minore mediante costituzione di usufrutt o a favore della stessa per tutt a 1a du-rata della sua vita.L’usufrutt o sarà costituito sul seguente immobile:porzione di fabbricato da cielo a terra in..., con corte adiacente, distinto al catasto fabbricati al foglio...; il cui giusto valore è stimato, quanto alla piena proprietà, in € 413.165,22 (cfr. perizia giurata Geom. Cesarett i: doc.9/bis);- che il giusto valore degli immobili di... di cui la minore è comproprietaria per 1/3 risulta dalla perizia giurata redatt a dal Geom. Romolo Cesarett i di Petri gnano di Assisi in data 14 marzo 2002 (doc.10).La perizia determina il valore degli immobili, con riferimento alla quota intera, in com-plessivi € 88.400,00 all’att ualità;- che il giusto valore della quota di comproprietà pari ad 1/3 dell’appar tamento di... di cui è titolare la minore può essere stimato, con riferimento alla rendita catastale, in € 25.000,00;- che il Trustee impiegherà la quota di prezzo che sarà ricavato dalla vendita degli im-mobili di Ponte San Giovanni e della quota di comproprietà dell’appar tamento di..., di spett anza della minore, per la realizzazione del programma edilizio sopra indicato e per l’acquisto del diritt o di usufrutt o in capo alla minore sull’immobile sopra indicato, mentre regolerà l’uso dell’appartamento di... tra le tre fi glie; il tutt o rendendo conto al Giudice Tutelare relativamente alla quota della fi glia minore... e fi no al raggiungimento della maggiore età da parte della stessa;- che per l’acquisto dell’usufrutt o esiste confl itt o di interessi per l’istante e si chiede che sia nominata quale curatore speciale...;- tanto premesso, l’istante RICORREall’Ill.mo sig. Giudice Tutelare presso il Tribunale di Perugia echiedeche voglia con decreto avente effi cacia immediata:a) autorizzare l’istante a stipulare, in nome e per conto della fi glia minore..., l’att o di ade-sione al Trust... nella qualità di disponente e benefi ciaria delle rendite, del godimento e della destinazione fi nale dei beni in Trust;b) autorizzare l’istante a stipulare, in nome e per conto della fi glia minore..., l’att o o gli att i di vendita degli immobili di..., per prezzi non inferiori al valore risultante dalla perizia giurata di stima, e l’att o di vendita della quota di 1/3 di comproprietà dell’appartamento di..., di cui è titolare la minore, per un prezzo non inferiore ad € 25.000,00, con facoltà di riscuotere e quietanzare la relativa quota di prezzo o dei prezzi spett ante alla minore e di trasferire al Trustee la suddett a quota di prezzo o dei prezzi di vendita affi nché venga inclusa tra i beni in Trust;c) autorizzare il nominando curatore speciale a stipulare, in nome e per conto della mi-nore..., l’att o di acquisto del diritt o di usufrutt o per tutt a la durata della vita della minore stessa sul fabbricato sito in... meglio descritt o nelle premesse, e con impiego, per il pa-

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vato dalla vendita o dalle vendite, per la quota spett ante alla minore, e dell’uso dell’ap-partamento di..., fi no al raggiungimento della maggiore età da parte della minore.Con osservanza.Si allegano i documenti indicati nell’att o.Perugia, 10.04.2002 M. C. C.

IL GIUDICE TUTELARE,lett a l’istanza ed esaminata la documentazione acquisita ed esibita, rilevata l’utilità evi-dente dell’operazione prospett ata nel suo complesso, autorizza quanto sopra richiesto ai punti a) b) e c) con effi cacia immediata alle seguenti condizioni e precisazioni:1) in merito alla vendita di cui alla lett era b) il tutt o dovrà avvenire per un prezzo (relati-vamente alla quota parte della minore) non inferiore a quello di perizia;2) in merito all’acquisto dell’usufrutt o di cui alla lett era c) per un prezzo non superiore a quello di perizia, valore massimo sul quale dovrà essere calcolato il relativo coeffi ciente di usufrutt o;3) sempre in merito al punto c), rilevato il confl itt o di interessi indicato in ricorso, per il compimento degli att i richiesti e conseguenti si nomina curatore speciale della minore la signora... nata a... il... che viene espressamente autorizzata ad intervenire e sott oscrivere i relativi att i notarili;4) per tutt e le somme di denaro che dovessero residuare e che verranno pertanto immes-se nel trust, pone obbligo alla sig.ra M. C. C. di rendicontare costantemente questo Giu-dice con la precisazione che qualora il trustee intendesse utilizzare dett e somme dovrà richiederne a questo Giudice espressa autorizzazione in tal senso.Il presente decreto è immediatamente effi cace con esonero dei Conservatori Immobiliari competenti da ogni re sponsabilità al riguardo.

TRIBUNALE BOLOGNA, DECRETO 8.4.2000

in Trust ed att ività fi duciarie, n. 3/2000.

La disposizione con cui il testatore dichiara di lasciare in eredità al fi duciario, in pro-prietà assoluta, ogni suo avere, ma a benefi cio della fi glia, va interpretata non come una sostituzione fedecommissaria, ma come disposizione istitutiva di trust; la lesione delle aspett ative del legitt imario non determina la nullità del trust, ma la possibilità riapplica-re le disposizioni di diritt o interno strumentali alla reintegrazione della quota riservata ai legitt imari.

gamento del prezzo, dei mezzi del Trust, per il prezzo da determinarsi sulla base della perizia di stima;d) con obbligo per l’istante di rendere conto al Giudice Tutelare degli impieghi del rica-

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C) RICONOSCIMENTO ED EFFETTI DEL TRUST.

TRIBUNALE TRIESTE, UFFICIO DEL GIUDICE TAVOLARE, DECRETO 19.9.2007

Riconoscimento di trust per soddisfare le esigenze att uali e future di una coppia non legata da vincolo matrimoniale, e dei fi gli, comuni e non.

Il giudice tavolare, lett a la domanda proposta dagli Avvocati … per conto di …, quale trustee del …, visti gli att i ed esaminata la documentazione, osserva quanto segue.

Doveroso appare il rinvio al proprio provvedimento dd. 23.9.2005, sub g.n. 10804/05, quanto alla indicazione delle linee generali di orientamento dell’Uffi cio in tema di compa-tibilità astratt a del trust con l’ordinamento civile, ed in particolare con quello tavolare.Muovendo quindi nel solco di quel provvedimento, e dando per risolti tutt a una serie di problemi che, a giudizio dello scrivente, sono stati ampiamente superati dal diritt o vivente, occorrerà:a. qualifi care la tipologia di trust concretamente adott ata, al fi ne di apprezzarne il pro-gramma negoziale secondo il combinato disposto degli artt . 11 e 13 della Convenzione de L’Aja del 1.7.1985, che consente al giudice di vagliare la compatibilità del trust e degli att i collegati (nonché della legge straniera prescelta dalle parti) con l’ordinamento giuridico italiano;b. eff ett uare il giudizio di meritevolezza, nei suoi ristrett i confi ni e nel rispett o dell’auto-nomia contratt uale, approcciando al negozio presumendone la legitt imità fi no a prova contraria, essendo lo stesso espressione di libertà di iniziativa economica;c. verifi care se l’att o istitutivo del trust o quelli ad esso geneticamente o funzionalmente collegati contengano patt uizioni che violino norme inderogabili specifi che o principi pre-cett ivi dell’ordinamento italiano o di quello estero prescelto dalle parti.Oltre a queste linee di indagine occorrerà infi ne, a seguito dell’innovazione normativa di cui all’art. 2645 ter cod. civ., confrontarsi con la nuova – presunta - fi gura degli att i di destinazione, per verifi care se ed in che modo operi una relazione tra i due istituti.Ciò posto, si premett e come, nel dichiarato intento di superare alcune riconosciute omis-sioni, ed in quello verosimile di colmare le lacune presenti negli att i già predisposti e conservati presso l’uffi cio tavolare dopo il rigett o sub g.n. 3996/06, alla domanda tavolare è stata di fatt o assegnata una funzione di auspicata eterointegrazione dei negozi stes-si, avendo i ricorrenti operato una descrizione delle fi nalità del programma negoziale prescelto; ciò ovviamente non è ammissibile, dovendo gli att i essere da sé soli idonei al raggiungimento degli scopi: non di meno il ricorso tavolare può fungere da utile riferi-mento ermeneutico.

Si procede quindi nell’ordine elencato.

Qualifi cazione della tipologia di trust concretamente adott ata.

Fino a quando del trust non verrà data disciplina sott o il profi lo civilistico, ma si con-tinuerà solo a presupporre la sua esistenza con norme di sett ore o ambito limitato (ad esempio, tributarie), il trust stesso rimarrà un negozio atipico. Le considerazioni sulla

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natura delle norme della convenzione de L’Aja del 1.7.1985, la tipizzazione eff ett uata da altri ordinamenti, nonché il rinvio a tali realtà da parte di quello italiano, lungi dal conferire tipicità al trust rappresentano, nondimeno, tappe del percorso logico giuridico che deve compiere l’interprete per dare sistemazione e copertura a vicende economiche che, nel rispett o del principio di completezza dell’ordinamento giuridico, devono trovare comunque regolamentazione.Per apprezzare allora il programma negoziale e vagliare la compatibilità del trust e degli att i collegati (nonché della legge straniera prescelta dalle parti) con l’ordinamento giuri-dico italiano, occorre guardare con att enzione all’assett o di interessi delle parti stipulanti: l’accesso alla causa è del resto tipico del giudizio tavolare, come altrove si è sostenuto e come è pacifi co in dott rina. Ovviamente, tratt andosi di fatt ispecie atipica, l’accezione di causa non può essere quella statica e tradizionale della cd. teoria oggett iva, formalmente accolta dal codice del 1942, svincolata dagli scopi delle parti, quella cioè di “funzione economico-sociale del negozio riconosciuta rilevante dall’ordinamento ai fi ni di giustifi -care la tutela dell’autonomia privata” (così nella relazione del guardasigilli al re).Essa può e deve essere oggi particolarmente apprezzata, ed al riguardo soccorrono le esemplari considerazioni della recente giurisprudenza della Suprema Corte di Cassa-zione (Sent. n. 10490 del 2006), che l’elemento negoziale ha defi nito quale “sintesi degli interessi reali che il contratt o stesso è dirett o a realizzare (al di là del modello, anche tipi-co, adoperato). Sintesi (e dunque ragione concreta) della dinamica contratt uale, si badi, e non anche della volontà delle parti. Causa, dunque, ancora iscritt a nell’orbita della dimensione funzionale dell’att o, ma, questa volta, funzione individuale del singolo, spe-cifi co contratt o posto in essere, a prescindere dal relativo stereotipo astratt o, seguendo un iter evolutivo del concett o di funzione economico-sociale del negozio che, muovendo dalla cristallizzazione normativa dei vari tipi contratt uali, si volga alfi ne a cogliere l’uso che di ciascuno di essi hanno inteso compiere i contraenti adott ando quella determinata, specifi ca (a suo modo unica) convenzione negoziale”.

L’indagine sulla causa del trust rischierebbe però di essere compromessa in partenza, se si rimanesse inviluppati tra il tentativo inutile di individuare una causa tipica, e quello illegitt imo di sostituire con i motivi la funzione del negozio. In altri termini: non esiste la causa di trust dirett amente ed immediatamente rilevante per l’ordinamento giuridico italiano, e non esisterà fi n quando essa non sarà normativamente prevista, ma esistono solo l’eff ett o di segregazione e gli altri elementi che caratt erizzano usualmente o necessa-riamente il trust in altri ordinamenti.Tali elementi immancabili sono, secondo la miglior dott rina, il trasferimento del diritt o al trustee o la dichiarazione unilaterale di trust; la segregazione, appunto; l’affi damento; l’esistenza di benefi ciari o di uno scopo, con conseguente funzionalizzazione del diritt o trasferito al trustee; l’esistenza di un rapporto fi duciario in virtù del quale risolvere pro-fi li di confl itt o di interesse.Partendo da qui, e rammentando che l’atipicità del negozio non impone sempre un af-fanno qualifi catorio, si conferma la precedente opinione di questo giudice secondo cui l’interprete potrà fermarsi alla mera individuazione, all’interno del negozio atipico, dei suoi parametri generali (id est: indagare la sua effi cacia obbligatoria o traslativa, la na-tura corrispett iva o unilaterale o gratuita, l’aleatorietà o commutatività, e così oltre), per poi verifi care il suo funzionamento in base alle regole normative di riferimento, anche se straniere, o adatt are al caso di specie le regole generali dell’ordinamento interno, ovvero quelle che, essendo comuni alle fi gure negoziali maggiormente similari a quella atipica, vengono a rappresentarne impronte caratt erizzanti. Non occorrerà quindi una perfett a sincronia strutt urale o eff ett uale con i negozi tipici, ma sarà suffi ciente la mera possibilità di condurre il negozio atipico a categorie – anche solo eff ett uali - apprezzate dall’ordina-

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mento. Si rammenterà, del resto, che la Suprema Corte di Cassazione abbia ammesso la confi gurabilità di negozi traslativi atipici, purché sorrett i da causa lecita, fondandola sul principio dell’autonomia contratt uale di cui all’art. 1322 comma 2 cod. civ. (Cass., sez. 3, sent. 9.10.1991 n. 10612).

b. Il giudizio di meritevolezza.

Il discorso sulla ricerca della causa viene a questo punto a fondersi con l’apprezzamento degli interessi perseguiti. È già stata espressa in altra sede la convinzione della dott ri-na assolutamente dominante sul tema della meritevolezza di interessi, e molto è stato scritt o su questo dimenticato, frainteso e spesso travisato concett o: ciò anche di recente, a commento dell’art. 2645 ter cod. civ.. È qui solo il caso di rammentare come l’art. 1322, co. 2, cod. civ., una volta scomparso il regime e l’ideologia che lo avevano fortemente voluto nel codice sostanziale, non costituisca più una pseudo-clausola generale, che «si presterebbe a meraviglia a mett ere i contraenti a discrezione del giudice, il quale potreb-be togliere valore ad ogni contratt o valido, col pretesto che il suo fi ne non è socialmente apprezzabile»: si rinvia al provvedimento già citato per le considerazioni di supporto.Invece il concett o al quale si rimane fedeli, e che viene ad integrare le considerazioni di cui al punto a. sulla causa, è quello di meritevolezza come giudizio di verifi ca del programma negoziale, volto ad analizzare se i suoi eff ett i siano rapportabili a quelli previsti a livello categoriale dall’ordinamento giuridico, oppure se si perseguano ul-teriori obiett ivi non altrimenti raggiungibili con gli strumenti ordinari: in questo caso si avrà un negozio atipico, meritevole di tutela sempre che la sua causa non sia illecita; altrimenti si rimarrà all’interno del fenomeno del negozio misto, del collegamento nego-ziale, della frantumazione e ricomposizione negoziale, dove il giudizio di meritevolezza è già stato in astratt o compiuto dal legislatore.

Poste queste due premesse, si muove all’analisi della fatt ispecie concreta, e quindi in primo luogo dell’att o istitutivo del trust.

Non essendo possibile riportare i 44 articoli, e le sott ovoci, che compongono il comples-so att o, si considerano qui di seguito quelli maggiormente caratt erizzanti, al fi ne della qualifi cazione dell’operazione negoziale: la sensazione è che si tratt i tutt avia di opera di diffi cile att uazione, in considerazione della scarsa linearità del programma negoziale.

Questi quindi i principali punti:al punto 5 della premessa i disponenti esprimono la loro volontà di creare un patrimo-nio separato, in analogia con il fondo patrimoniale, per soddisfare le esigenze att uali e future di entrambi; il riferimento ai fi gli – comuni e non - della coppia, non legata da vincolo matrimoniale, viene alla luce solo al punto 4, in sede di individuazione dei benefi ciari del trust, in relazione sia al reddito che alla destinazione fi nale dei beni;- al punto 11, nella parte III dell’att o su “i benefi ciari” si prevede che le disposizioni in favore dei benefi ciari sono oggett o di “Protective Trust” secondo la legge regolatrice del Trust (Trustee Act, 1925, sect. 33), ed i relativi diritt i sono indisponibili e vengono meno sia in caso di disposizione, qualora il titolare sia dichiarato fallito o se su di esso si com-piano att i conservativi o di esecuzione;al punto 19 si dispone che il trustee – sulla cui fi gura si tornerà – abbia tutt i i poteri in ordine ai beni in trust ad eccezione di quelli di disporre di beni immobili o partecipazioni societarie, di costituire garanzie reali, di stipulare contratt i che att ribuiscano il godimen-to di beni in trust (salvo che a favore dei benefi ciari);al punto 27.3. si prevederebbe che il trustee sia revocabile solo in forza d’att o congiunto

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tra il guardiano ed i disponenti: ma si tratt a di disposizione da leggere congiunta-mente con il negozio collegato costitutivo della società semplice che funge da trustee: essa è di totale e paritaria partecipazione dei due disponenti, e vi è preposto un socio d’opera, revocabile in qualsiasi momento (art. 7.3. del contratt o costitutivo di società semplice, “il socio d’opera può essere escluso su richiesta anche di un solo socio di ca-pitale”): escludere il socio d’opera determinerebbe che la società semplice rimarrebbe trustee, ma i disponenti ed i benefi ciari del trust sarebbero al tempo stesso i suoi unici soci e rappresentanti, e quindi coloro che formano anche formalmente la volontà del trustee;al punto 35.1. si statuisce che il reddito del trust, assolto ogni costo, è “a discrezione del trustee, sentito il guardiano, accumulato nel trust o distribuito ai benefi ciari o parte accumulato e parte distribuito: in caso di distribuzione spett a al trustee decidere discre-zionalmente a vantaggio di quale benefi ciario”. In relazione di subordinazione logica sta la successiva previsione di cui all’art. 36.1. in base alla quale, “ove il trustee accerti” (ma rimane ovviamente libero discrezionalmente di farlo in base al disposto che precede) “che qualcuno fra i benefi ciari abbia necessità di somministrazione di mezzi fi nan-ziari per ragioni di studio, malatt ia o di sopravvenute diffi coltà nella vita ordinaria, egli è tenuto ad impiegare il reddito del trust, corrente o previamente accumulato, per devolvergli o impiegare dirett amente le somme di denaro necessarie”;ai punti 38.1. e 38.2. si disciplina il godimento di beni immobili da parte dei benefi ciari e il possibile riassett o di eventuali sperequazioni fra gli stessi benefi ciari in relazione a tale godimento;- ai punti 39. e seguenti si legge della disciplina per la destinazione fi nale dei beni in trust, nella quale, tutt avia, si dà per scontato che i beni debbano essere frazionati in quote, nel mentre alla cessazione della destinazione è ovvio e naturale che i beni tornino ai dispo-nenti, a meno che non si sia verifi cato un fenomeno successorio;al punto 44.1. si stabilisce che qualora una o più clausole dell’att o siano invalide esse devono esse sostituite con altre valide, conformi alla legge applicabile e non in contrasto con il riconoscimento da parte della legge italiana, che ott engano gli eff ett i il più possibile simili a quelli delle clausole invalide, evitando di travolgere la validità dell’att o stesso;al punto 44.2., come extrema ratio, si rinviene che, qualora non fosse ritenuto legitt imo il trust, esso dovrà essere riconosciuto come società semplice di fatt o tra trustee e guar-diano, ambedue soci d’opera (con le particolarità sopra viste), ed i beni in trust saranno beni della società.Da questo sommario esame possono essere tratt e le prime conseguenze.

Malgrado l’espressa defi nizione operata dalle parti, quello in questione non è un Pro-tective Trust, e la clausola sub 11 è illegitt ima, in quanto viola il principio di ordine pubblico, proprio del diritt o inglese regolatore dell’att o, che vieta che il benefi ciario sia la stessa persona del disponente: nell’att o si prevede che i disponenti siano i primi benefi ciari del reddito e, salvo in caso di morte, gli esclusivi benefi ciari dei beni. Ma in via logicamente prioritaria osta al riconoscimento di un Protective Trust la circostanza che sussiste piena ed incontrollabile discrezionalità del trustee nella distribuzione dei redditi derivanti dal trust, sia quanto all’an che al quomodo, come desumibile dalla let-tura del punto 35.1. dell’att o istitutivo.In considerazione del fatt o che le parti disponenti hanno voluto istituire come trustee una società semplice, di cui loro stessi sono esclusivi e paritari soci di capitale ed un terzo soggett o è socio d’opera, e poiché lo schermo della società semplice sembra molto fragile, conviene quindi, in un’ott ica conservativa del negozio non estranea alla volontà dei disponenti, eliminare la clausola e verifi care cosa resta di questo trust.Visto nella nuova dimensione, e nella generica connotazione voluta dalle parti ed ul-

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teriormente illustrata nel ricorso tavolare, sembrerebbe potersi invocare la fi gura dei Family Trusts, ma anche - per lo meno quanto alla distribuzione del reddito - quella dei Discretionary Trusts, att esa la piena discrezionalità del trustee sul se ed a chi distribuire reddito; invece, quanto alla ripartizione fi nale, sembra che di discrezionalità non ve ne sia in concreto, att eso che l’unico bene al momento affi dato al trustee (oltre alla dotazione di € 100,00) è l’immobile di cui si dirà, e che esso andrà ai disponenti (o al disponente che l’ha conferito, non essendo chiara la clausola). Per altro verso, la previsione di cui al punto 38.2. sulla possibilità di concessione in godimento di beni immobili a vantaggio dei benefi ciari, sembra evocare quelle particolari categorie di trusts in cui si att ribuiscono diritt i diversi da rendite o beni capitali. Una considerazione che pure si potrebbe trarre in base ad un’analisi complessiva delle clausole dell’att o istitutivo, tenendo in debito conto la qualità di tutt i i soggett i coinvolti nella vicenda, è che in realtà si potrebbe essere al cospett o di un trust di protezione patrimoniale, connotato ad colorandum da fi nalità di protezione familiare: uno di quei trust, insomma, in cui il disponente crea una si-tuazione in cui “having the cake and eating too”, ove sostanzialmente difett a qualsiasi affi damento del diritt o al trustee.Ferma però la convinzione che fi no a prova contraria il trust deve stimarsi lecito, e ri-servata ad altra ed eventuale indagine di diverso giudice la questione di una possibile simulazione o illegitt imità di causa, o quella di una violazione dei diritt i dei creditori a cagione di un att o di dotazione in frode agli stessi, non rimane che qualifi care l’operazio-ne compiuta, nei limiti sopra esposti.Il fi ne dichiarato dai disponenti è quello di “soddisfare le esigenze att uali e future di entrambi”, con eventuale distribuzione dei redditi ai benefi ciari, con futura ripartizione dei beni alla cessazione del trust, e con obbligo del trustee di somministrare “mezzi fi -nanziari per ragioni di studio, malatt ia o di sopravvenute diffi coltà nella vita ordinaria” ai benefi ciari che ne abbiano necessità.

Potrebbe quindi ritenersi legitt ima una qualifi cazione del negozio come Family Trust, ancorché manchi qualsiasi considerazione in ordine all’intento delle parti disponenti di mantenere una unitarietà dei beni all’interno della famiglia nucleare; sono poi dett ate di-sposizioni contrastanti e poco comprensibili in merito al riparto fi nale dei beni, stante la diff ormità dei punti 4.2. e ss. e di quelli 39. e ss.; non è chiaro come debbano essere ripar-titi i beni apportati da un singolo disponente (come nel caso dell’immobile qui conferito), né appaiono nitide le regole di distribuzione, la cui unica linea ispiratrice appare l’asso-luta discrezionalità del trustee; inoltre manca qualsiasi apporto in ordine all’individua-zione della disciplina dell’amministrazione dei beni, dichiaratamente destinati al soddi-sfacimento di interessi anche di minorenni: il ruolo del guardiano non potrà che essere di secondo piano, in quanto istituzionalmente dovranno essere fatt e salve le prerogative del giudice tutelare. Infi ne nessun indice ermeneutico a vantaggio della qualifi cazione di questo come di un Family Trust può trarsi dalla scelta del trustee, non tratt andosi di un soggett o dotato di particolari att itudini che lascino intendere, ad esempio, una selezione da parte dei disponenti att uata sulla base delle capacità professionali o morali di ammi-nistrare beni o interessi per il raggiungimento dei fi ni preposti.

Quello adott ato – quindi - si avvicina molto ad uno schema individuato dalla dott ri-na nell’analisi pratica degli Asset Protection Trust che abbiano ad oggett o immobili, come tali non trasferibili off -shore: anche nel caso in esame – come in quelli usual-mente commentati con sfavore dalla dott rina ed oggett o di esame giudiziario - è stata seguita la traccia della costituzione di una società alla quale conferire i beni di cui i disponenti si sono intesi spogliare, con nomina del fi duciario quale amministratore unico, ma con possesso completo del capitale o delle quote da parte del disponente,

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così da esercitare un controllo completo sul bene pur non fi gurandone dirett amen-te trustee. Ciò è quanto successo, se si analizza il contratt o costitutivo della società semplice, alla quale è espressamente inibito lo svolgimento di att ività d’impresa, ed il cui oggett o sociale appare essere il possesso e la gestione di beni mobili, immobili e partecipazioni o quote o di altri strumenti fi nanziari, sia in proprio che quale trustee. Soci di capitale sono i soli disponenti, nel mentre un terzo viene indicato come socio d’opera e come gestore e rappresentante della società nei confronti dei terzi: egli può essere escluso su richiesta anche di uno solo dei soci di capitale. In caso di aggressione del capitale sociale da parte dei creditori, viene mantenuto il potere di voto in capo al socio, diventato socio d’opera; sono poi previste ipotesi di accrescimento per casi come la morte del socio o lo scioglimento del rapporto sociale. I patt i sociali possono essere modifi cati a maggioranza dei soci di capitali (disposizione inatt uabile). Con espressa patt uizione si prevede che la società semplice non potrà mai essere considerata comu-nione di godimento, ma al più società in nome collett ivo irregolare.

La società semplice trustee, indubbiamente dotata di soggett ività giuridica, è in comple-to controllo dei suoi soci di capitale, i quali formalmente hanno concesso un potere di rappresentanza pieno ed indiscutibile: di fatt o però sono titolari anche in via disgiunta del potere di revocarlo. Si potrebbe in concreto intuire una dipendenza della società tru-stee da quei soggett i che fi sicamente sono al tempo stesso i disponenti del bene in trust, i suoi primi benefi ciari di rendite e dei beni stessi, nonché i soli soci di capitale della società in questione.Ma i limiti dell’indagine non potrebbero consentire, in difett o dell’interesse di un con-trointeressato, di spingersi oltre nell’analisi; e ciò anche sulla base di un ulteriore argo-mento, di caratt ere forse più suggestivo che ermeneutico: i disponenti avrebbero potuto infatt i seguire la strada, più dirett a ma al tempo stesso meno accatt ivante, del trust auto-dichiarato, senza dare adito a tanti dubbi sulla loro reale volontà.Gli stessi ristrett i limiti di analisi consentono di censurare come meramente irrilevante la clausola fl ee (o anche conosciuta come fl ight) di cui all’art. 8.2. che consentirebbe una migrazione del trust verso leggi straniere regolatrici che, in prosieguo, si mostrassero più consone all’utilità dei benefi ciari: più propriamente il fenomeno riguarda lo spostamento materiale del trust ma, tratt andosi di trust fondamentalmente destinato a ricevere in do-tazione beni immobili, lo stesso eff ett o speravano di ott enere gli stipulanti prevedendo un disinvolto cambio in corsa delle leggi regolatrici.Sul presupposto, quindi, che si possa tratt are di un trust discrezionale, di ispirazione familiare, occorre verifi care se, al di là delle mere defi nizioni, sussistano elementi per ritenere meritevole di tutela la scelta negoziale.

Volontà dei disponenti è quella di creare un patrimonio separato in analogia con il fondo patrimoniale, obiett ivo questo non realizzabile dirett amente per non essere i disponenti sposati.È noto come ai conviventi more uxorio non vengano riconosciuti diritt i connaturati all’esistenza di un rapporto duraturo e stabile, ma che – non di meno - la tutela della pro-le e degli assett i patrimoniali nell’interesse degli stessi costituiscano importanti chiavi di interpretazione ai fi ni che ne occupano.Si ritiene che l’assenza di un vincolo parentale e di una situazione di certezza di rapporti giuridici, in nome della quale spesso i giudici di legitt imità e lo stesso giudice delle leg-gi hanno dichiarato manifestamente infondate o rigett ato questioni di incostituzionalità dell’assett o normativo, non impediscano nel caso di specie di ritenere meritevole lo stru-mento in questione al fi ne di concedere una tutela, altrimenti inesistente, ai genitori ed ai fi gli, nati prima o in costanza di questo rapporto di fatt o.

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Si intende cioè dire che la segregazione di un patrimonio nel dichiarato intento di ap-prestare una tutela economica e di assistenza ad una famiglia di fatt o, che non sarebbe altrimenti assicurabile in forme neanche lontanamente simili a quelle del fondo patrimo-niale, rappresenta quel quid che consente di ritenere apprezzabile lo strumento innomi-nato, e dare così ingresso al trust in questione, nei limiti di indagine di questo giudice. Proprio questo valore perseguito, e cioè la tutela della prole familiare, costituisce quel rilevante elemento che aveva indott o la giurisprudenza costituzionale a dichiarare l’inco-stituzionalità dell’art. 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui non prevedeva la successione nel contratt o di locazione al condutt ore che avesse cessato la convivenza quando vi fosse prole naturale; non a caso lo stesso presupposto – questa volta in nega-tivo - della ricorrenza di fi gli ha recentemente indott o la stessa corte a negare il diritt o alla prosecuzione nel rapporto locatizio al convivente more uxorio in assenza di prole (C. Cost., ord. n. 204 del 2003, rel. CONTRI).

E nel nome della tutela della prole è possibile anche superare la problematica dei rappor-ti del trust con la disposizione di cui all’art. 2645 ter cod. civ..Molto si è dett o e scritt o al riguardo, e sia l’ambito di questo provvedimento che la cir-costanza di avere altrove espresso le proprie convinzioni sulla operatività della norma impediscono una analisi approfondita della stessa. Basti quindi evidenziare come a pro-prio giudizio “la norma sia valsa a legitt imare l’esistenza nell’ordinamento giuridico di un particolare tipo di eff ett o negoziale, quello di destinazione, che per i beni immobili e mobili registrati postula il veicolo formale dell’att o pubblico”; “…siamo al cospett o di un ulteriore eff ett o negoziale, che può essere partecipe delle fatt ispecie causali traslative tipiche (e forse anche di quelle ad eff ett i obbligatori e di quelle atipiche)” e quindi non “…ci troviamo davanti ad un nuovo negozio la cui causa è quella fi nalistica della desti-nazione del bene alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela”.In un primo momento la norma era stata giudicata - da chi scrive - sostanzialmente inu-tile, se non dannosa, in ragione degli ormai acquisiti equilibri interpretativi raggiunti sul tema della meritevolezza di interessi. L’opinione potrebbe però essere parzialmente rimeditata alla luce del contributo off erto, recentemente, da autorevole dott rina, la quale ha proposto una lett ura costituzionalmente orientata della norma in questione, ricono-scendole “il signifi cato di estendere la sfera operativa dell’autonomia privata”. Mentre in precedenza i casi di separazione tra legal e equitable ownership erano tipizzati nor-mativamente, ora la “giustifi cazione idonea” potrebbe essere rinvenuta proprio in quegli interessi meritevoli di tutela cui fa riferimento la norma.Nell’individuazione di questi criteri, però, per non abbandonarsi alla discrezionalità dei giudici, occorre individuare il concett o di meritevolezza in questione: e ciò sopratt ut-to perché, a volere intenderlo nel modo fi n qui condiviso dalla assoluta maggioranza della dott rina e – nei fatt i concreti – dalla giurisprudenza, si fi nirebbe per determinare una illegitt imità costituzionale della norma. Invero non sarebbe giustifi cabile una poten-zialità astratt a e sempre valida alla separazione di assett i proprietari, laddove lo stesso legislatore l’ha voluta e disciplinata, in precedenza, solo per talune e specifi che ipotesi. Propone quindi l’Autore, così dando nuovo impulso alla tesi di altra dott rina, di leggere la norma quale “strumento di selezione di valori”. Vi sarà meritevolezza rilevante ai fi ni della separazione qualora l’interesse perseguito sia prevalente rispett o a quello dei creditori e degli aventi causa. Del resto non qualsiasi interesse individuale poteva legit-timare tale separazione, neanche mercè lo strumento normativo, in quanto – sott olinea ancora la condivisibile dott rina – l’art. 43, co. 2, Cost. tollera le limitazioni del diritt o di proprietà solo qualora in tal modo sia assicurata la sua funzione sociale. La propo-sta esegetica è quindi quella di rifarsi al sistema costituzionale per l’individuazione dei valori in nome dei quali operare la separazione: beni ed interessi non necessariamente

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collett ivi, purché non meramente patrimoniali; corrispondenti, cioè, a valori della perso-na costituzionalmente garantiti, sulla falsariga di quelli selezionati dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione come meritevoli di ristoro ai sensi dell’art. 2059 cod. civ.. In conclusione, dubitando della apprezzabilità della norma quale clausola generale dell’ordinamento, l’Autore ne postula una limitazione anche soggett iva, nel senso della necessaria “estraneità dell’interesse perseguito alla persona del proprietario gravato”, pur limitando le conseguenze negative al caso in cui tale interesse sia “esclusivamente” proprio di tale soggett o.

Queste considerazioni, largamente riportate, sono in buona parte compatibili con il pro-prio convincimento che, in termini generali, l’interesse meritevole di tutela di cui all’art. 1322, co. 2, cod. civ. sia e resti altro; e che la meritevolezza del trust vada individuata secondo i cennati parametri di idoneità al raggiungimento di uno scopo altrimenti non raggiungibile dalle parti nell’espletamento della loro autonomia negoziale.Ne rimane anche confermata la diff erenza tra trust ed att i di destinazione: il primo quale negozio causalmente ben defi nito, ancorché tipizzato solo per rinvio agli ordinamenti che lo disciplinano; e i secondi quali entità paranegoziali che, con una parafrasi “biogiu-ridica”, potremmo defi nire “opportuniste” in quanto, in difett o di strutt ura vitale pro-pria, devono aderire ad altre fatt ispecie negoziali per potere dispiegare, sfrutt ando la loro strutt ura, gli eff ett i riconosciuti dall’art. 2645 ter cod. civ..

Ritiene oggi questo il giudice di cogliere l’invito avanzato da larga parte della dott rina di non relegare nell’oblio la norma, di rinvenire comunque in essa un signifi cato, a dispett o della contorta formulazione. Se quindi si deve dare all’istituto lo spazio che merita, si deve opinare che la norma venga ad operare su un piano per così dire esterno: la sua pre-senza nel sistema giuridico potrebbe avere come conseguenza quella di rappresentare un limite all’incondizionato ingresso nell’ordinamento italiano al trust: oltre ai precedenti parametri, l’interprete si deve porre la domanda se debba essere rispett ato anche quello nuovo imposto dall’art. 2645 ter cod. civ..Il disposto recentemente introdott o, in altri termini, potrebbe venire ad operare in modo complementare, ma non perciò meno rilevante, rispett o al trust. L’esistenza di una norma che consenta la separazione patrimoniale purché si perseguano interessi meritevoli di tu-tela, così come identifi cati in base alla interpretazione che sopra è stata riportata, farebbe si che oggi – al di fuori delle ipotesi di scissione tipizzate legalmente – potrebbe non esse-re più legitt imo att uare a nessun titolo, e quindi neanche a titolo di trust, una separazione con fi nalità esclusivamente egoistiche e patrimoniali, motivata cioè da interessi non solo esclusivamente economici ma anche assolutamente individuali.Pur cosciente del fatt o che la lett ura dei valori costituzionali, o di supposta rilevanza costituzionale, può essere in buona misura soggett iva, e che si corra il rischio di ripropor-re- come avvenuto intorno agli anni ‘70 dello scorso secolo - sott o nuove spoglie quel pe-ricoloso vaglio discrezionale da parte dei giudici, scollegato dai limiti legali posti all’au-tonomia negoziale, stima comunque il giudice che in presenza di un valore di rilevanza primaria o costituzionale tutelato mediante la separazione stessa, ovvero di un interesse patrimoniale non individuale ed egoistico, sarà certamente diffi cile negare ammissibilità al trust. Non è dunque un caso che la stessa dott rina sopra ampiamente riportata giun-ga alla nostra medesima fi nale considerazione della ammissibilità di una separazione patrimoniale a tutela della famiglia di fatt o, peraltro seguendo la strada originale sopra esposta.Ma non sarà automaticamente e sempre vera la deduzione contraria, e cioè che in assen-za di tali valori dichiarati, o in presenza di interessi esclusivamente egoistici e patrimo-niali, si debba dare risposta negativa in termini generali ed astratt i all’ammissibilità di un

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trust. È in altri termini vero che in nome di beni/interessi superindividuali sarà possibile sacrifi care quello, altrett anto generale, della tutela dei creditori, altrimenti pregiudicato dalla separazione stessa; nondimeno, anche un trust att uato per la semplice ragione di protezione del proprio patrimonio, per fi ni non dichiaratamente illeciti, potrebbe merita-re l’apprezzamento in forza della più volte ribadita presunzione di legitt imità delle pat-tuizioni negoziali: ciò sempre che lo strumento negoziale consenta di perseguire ulteriori obiett ivi non altrimenti raggiungibili con gli strumenti ordinari. Queste considerazioni sono – si pensa - in linea con i limiti di apprezzamento tipici del giudizio tavolare che, in presenza di una causa lecita e di un programma negoziale meritevole di tutela (nel senso si spera ormai chiaramente delimitato) non può negare alle vicende di rilevanza immobiliare la pubblicità richiesta: altrove si giocherà la partita del concreto vaglio del programma negoziale; altrove si potrà e dovrà, ad esempio, controllare che la dotazione iniziale o sopravvenuta del trust non sia manifestamente sovrabbondante rispett o alle fi nalità perseguite, dissimulandosi in tal modo un reale intento di segregazione patri-moniale dietro la cortina di un interesse di rango più elevato, ma meramente apparente.

Tornando all’analisi della documentazione dimessa, un ultimo dato negoziale sul qua-le rifl ett ere è la mancanza di espressione di consenso da parte del trustee nell’ambito dell’att o di dotazione, att o al quale ha – singolarmente – partecipato, fi rmandolo, ma sen-za manifestare volontà alcuna. Dalla lett ura accurata dell’att o stesso non traspare alcuna clausola negoziale di accett azione della dotazione elargita da uno dei due disponenti, proprietario esclusivo del bene.L’att o in questione non sembrerebbe poter essere qualifi cato in via immediata come uni-laterale, come invece accade in caso di trust autodichiarato: occorre quindi, al fi ne di verifi care la validità del negozio giuridico e di stabilire la regolamentazione dei rapporti economici tra le parti, stabilire se l’intento delle parti sia stato quello di arricchire una sola di esse, oppure quello di dare att uazione ad un programma negoziale di cui l’att o costituisce parte non autonoma (si veda, per una diversa fatt ispecie che pure consente di rinvenire la medesima ratio decidendi, Cass., sez. 2, sent. n. 5397 del 2.6.1999). Nel primo caso, in difett o di accett azione espressa nell’att o pubblico, anche qualora si potesse rin-venire nei rimanenti att i una qualsivoglia espressione di consenso negoziale da parte del trustee, ciò comunque non impedirebbe di ravvisare nello stesso una donazione ineffi ca-ce o imperfett a in assenza di accett azione: solo la volontà del donante avrebbe i necessari requisiti di forma, ma non quella del donatario.Se invece, come si ritiene, la dotazione del trust non costituisce att o di liberalità, ma schema di trasferimento causalmente e necessariamente informato al programma negoziale di cui fa parte, allora sarebbe suffi ciente una accett azione non riversata nel-la forma dell’att o pubblico. È evidente che questa seconda sia la lett ura che si impone, difett ando nell’att o di disposizione - e da parte del conferente - qualsiasi intendimen-to di arricchire il trustee, soggett o che di quel bene non potrà liberamente godere, ma che dovrà amministrarlo con precisi obblighi e responsabilità, in cambio di un minimo corrispett ivo.Se così è, e se si rammenta che il procedimento in aff ari tavolari è procedimento giuri-sdizionale di volontaria giurisdizione, sembra di potersi richiamare l’insegnamento per il quale anche “con riferimento ai contratt i per i quali è prevista la forma scritt a “ad sub-stantiam”, il contraente che non abbia sott oscritt o l’att o può perfezionare il negozio con la produzione in giudizio del documento al fi ne di farne valere gli eff ett i contro l’altro contraente sott oscritt ore, o manifestando a questi con un proprio att o scritt o la volontà di avvalersi del contratt o” (da ultimo, Cass., sez. 2, sent. n. 22223 del 17.10.2006). Il ricorso tavolare, presentato dai procuratori difensori del ricorrente come da mandato a margine, contro il proprietario del bene rappresenta quindi il requisito formale minimo che con-

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sente di individuare una accett azione della dotazione immobiliare del trust: è chiaro il riferimento al disposto dell’art. 1333 cod. civ..Si prende comunque att o della tesi dott rinaria alla quale più volte si è fatt o rinvio, la qua-le evidenzia come, in caso di contratt o gratuito ma non liberale, in considerazione della presenza di un preciso interesse dell’alienante, “il vincolo si costituisca per eff ett o della sola dichiarazione del proprietario gravato, una volta resa conoscibile dal benefi ciario, se non segua entro congruo termine il rifi uto”.

c. Verifi ca della contrarietà ai principi inderogabili dell’ordinamento giuridico.

Non sussiste nell’att o istitutivo del trust o in quelli ad esso geneticamente o funzional-mente collegati alcuna patt uizione che, in modo rilevante ai fi ni del presente giudizio tavolare, violi norme inderogabili specifi che o principi precett ivi dell’ordinamento ita-liano o di quello estero prescelto dalle parti. L’eliminazione delle clausole illecite so-pra individuate non determina la compromissione dell’intero att o, né una sostanziale modifi cazione.

In conclusione si ritiene che, pur in presenza di tutt e le controverse questioni e le non modeste lacune degli att i, la domanda meriti accoglimento.

Quanto alle disposizioni di caratt ere tavolare, deve essere precisato che la disposizione dell’art. 11 della Convenzione esonera dall’indagine sullo status e sul regime patrimo-niale familiare del trustee. Si rende poi evidente come l’elemento negoziale accidentale e tipizzato, quale è il termine fi nale di cui all’art. 7, vada annotato insieme all’att o che lo contiene, ai sensi dell’art. 20 h) della legge generale sui libri fondiari, nel testo allegato al R.D. 499/1929.Giova inoltre confermare che, in regime tavolare, la nota problematica sulla natura ob-bligatoria o reale dei vincoli imposti al trustee assume valenza piutt osto teorica. Infatt i al giudice tavolare spett a il potere-dovere di concedere l’iscrizione tavolare solo se, ai sensi dell’art. 94, co. 1 n. 2, della legge generale sui libri fondiari, nel testo allegato al R.D. 499/1929, “non sussiste alcun giustifi cato dubbio sulla capacità personale delle parti di disporre dell’oggett o a cui l’iscrizione si riferisce o sulla legitt imazione dell’istante”. Qualora, quindi, il trustee decidesse di alienare il bene costituito in trust, o creare altri di-ritt i reali di godimento o garanzia senza rispett are i limiti posti a suo carico, ad esempio cedendolo a terzi diversi dal benefi ciario, il giudice tavolare dovrebbe negare l’iscrizione tavolare a favore dell’alienatario, senza porsi tanto il problema della natura reale o perso-nale dei vincoli violati, aff erendo comunque essi alla capacità di disporre del bene: non si dimentichi che il regime tavolare sconosce l’istituto della vendita a non domino.

Tutt o ciò premesso, il giudice tavolare, in accoglimento del ricorsoORDINAIn c.c. di Aurisina presso la P.T. 1966Intavolare il diritt o di proprietà dal nome di: YYY (nato a _____) a nome di XXX s.s., in per-sona dell’amministratore pro tempore, quale trustee del “TRUST YYY e SEMPRONIA”,2) Annotare il termine di cui all’art. 7 dell’att o istitutivo del trust.

IL GIUDICE TAVOLARE(Dott . Arturo Picciott o)

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TRIBUNALE REGGIO EMILIA, UFFICIO ESECUZIONI IMMOBILIARI, ORDINANZA 14.5.07

Sospensione dell’esecuzione sui beni del trustee (nel caso di specie, coincidente con il disponente) oggett o di pignoramento

Nella procedura esecutiva immobiliare n. … R.G. Esecuzionipromossa da … S.P.A. contro YYYIL GIUDICE DELL’ESECUZIONEsciogliendo la riserva formulata all’udienza dell’8/5/2007,viste le difese delle parti, esaminata la documentazione in att i,ha pronunciato la seguenteORDINANZAPreliminarmente giova rilevare che al Giudice dell’Esecuzione spett a, in questa fase, soltanto una verifi ca del fumus delle ragioni addott e dall’opponente, mediante un esa-me sommario degli elementi acquisiti, al fi ne di adott are una decisione sull’istanza di sospensione; dett a premessa è doverosa a fronte delle estese doglianze della creditrice opposta sulla validità del trust costituito sui beni aggrediti col pignoramento, doglianze che – proprio per la natura della presente decisione – non possono essere qui compiu-tamente aff rontate e che (come si dirà anche nel prosieguo) dovranno trovare adeguata tratt azione nel giudizio di merito relativo all’opposizione.

La ALFA, intendendo soddisfare coatt ivamente il proprio credito nei confronti di YYY (derivante da decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso nei confronti della società BETA S.a.s., di cui il YYY è socio accomandatario), ha pignorato beni immobili intestati a YYY.YYY – “in qualità di trustee” (pag. 1 del ricorso in opposizione) – ha contestato il di-ritt o di procedere ad esecuzione forzata perché i beni, già trasferiti in trust (e, quindi, in un patrimonio separato da quello del disponente e da quello personale dello stesso trustee) con att o trascritt o nei RR.II. anteriormente al pignoramento, non potevano essere assoggett ati ad azione esecutiva; in particolare, l’opponente osservava che era stato istituito un trust “interno” (il quale presenta “elementi soggett ivi e obiett ivi legati a un ordinamento che non qualifi ca lo specifi co rapporto come trust, nel senso accolto dalla Convenzione, mentre esso è regolato da una legge straniera che gli att ribuisce la qualifi cazione”) e “autodichiarato” (in cui, cioè, coincidono le fi gure del disponente e del trustee) in garanzia dei creditori della BETA; contestualmente all’opposizione ha avanzato istanza di sospensione del processo esecutivo ex art. 624 comma 1° c.p.c.La citata disposizione prevede il potere del Giudice dell’Esecuzione di sospendere il pro-cesso esecutivo, sia nel caso di opposizione all’esecuzione proposta dal debitore sia in caso di opposizione di terzo. In questa fase, appare superfl uo, perciò, qualifi care l’azione proposta dal YYY come opposizione ex art. 615 comma 2° c.p.c. o come opposizione ex art. 619 c.p.c.:nella prima ipotesi l’opposizione corrisponderebbe al nomen iuris att ribuito dall’oppo-nente, ma si osserva che, nel caso de quo, il YYY (il quale ha mutato il titolo in base al quale è proprietario dei beni: prima proprietario in senso strett amente civilistico e poi proprietario quale trustee) agisce espressamente come trustee a tutela del trust-fund, aggredito da parte di un creditore personale del disponente, non considerato dall’att o di pignoramento quale trustee (appare, quindi, prima facie preferibile la tesi dell’opposizio-ne di terzo). La suddett a questione potrà semmai assumere rilievo nel processo di cogni-zione dato che, secondo le prime lett ure conseguenti alle modifi che del 2006, il richiamo

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dell’art. 619 c.p.c. all’art. 616 c.p.c. riguarda solo i provvedimenti per l’instaurazione del giudizio di merito e non anche l’inciso “La causa è decisa con sentenza non impugnabi-le” (con conseguente proponibilità dell’appello nelle opposizioni di terzo).

Rispett o ai concett i di proprietà e di garanzia patrimoniale tradizionalmente conosciuti nel nostro ordinamento, la caratt eristica più rilevante del trust (si fa qui riferimento alla generica categoria del trust shapeless, delineata dall’art. 2 della Convenzione de L’Aja) è che i beni o diritt i oggett o del trust (dett i trust property o trust estate o trust fund) costituiscono un patrimonio separato da quello del trustee e inatt accabile dai suoi creditori; a maggior ragione i beni non possono essere aggrediti dai creditori del di-sponente, dato che i cespiti sono “usciti” dalla sua sfera di appartenenza a seguito del trasferimento al trustee o, come in questo caso, del mutamento del titolo.

La cosiddett a “segregazione patrimoniale” (sopra descritt a) è tratt o saliente ed essen-ziale del trust e, secondo l’art. 11 della “Convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento” adott ata a L’Aja l’1/7/1985 (ratifi cata dall’Italia – senza riserve – con la Legge 9/10/1989 n. 364) ed entrata in vigore l’1/1/1992, costituisce l’eff ett o mi-nimo del riconoscimento di un trust costituito in conformità alla sua legge regolatrice (così statuisce il menzionato art. 11: “A trust created in accordance with the law specifi ed by the preceding Chapter shall be recognized as a trust. Such recognition shall imply, as a minimum, that the trust property constitutes a separate fund …” ovvero “Un trust istitu-ito in conformità alla legge determinata in base al capitolo precedente sarà riconosciuto come trust. Tale riconoscimento implica, quanto meno, che i beni in trust rimangano distinti dal patrimonio personale del trustee”).

Nel caso di specie, il YYY è sia disponente sia trustee del trust (...), istituito secondo la Trusts (Jersey) Law del 1984 (successivamente emendata dalla Trusts (Amendment) (Jer-sey) Law del 1989, dalla Trusts (Amendment No. 2) (Jersey) Law del 1991, dalla Trusts (Amendment No. 3) (Jersey) Law del 1996 e, recentemente, dalla Trusts (Amendment No. 4) (Jersey) Law del 2006) con att o pubblico dell’11/3/2005, con cui sono anche stati trasferiti al trustee i cespiti, mobili e immobili, del disponente (uno actu, quindi, è stato istituito il trust e posto in essere il negozio di dotazione patrimoniale al trustee); il pre-dett o att o pubblico è stato trascritt o nei RR.II. il 24/3/2005, ben prima del pignoramento immobiliare notifi cato il 31/10/2006–6/11/2006 e trascritt o nei RR.II. il 14/11/2006.

Come è stato osservato in dott rina, la nozione di trust contenuta nel primo paragrafo dell’art. 2 della Convenzione de L’Aja è assai ampia, dato che la norma aff erma l’esisten-za di un trust allorché il trustee abbia il “controllo” sui beni, senza cioè esigere che vi sia un “trasferimento” di beni a costui: non è richiesta, dunque, per aversi un trust ai sensi della menzionata Convenzione, una distinzione soggett iva tra il disponente e il tru-stee essendo suffi ciente che i beni siano posti “sott o il controllo” di quest’ultimo. Tra l’altro, lo stesso art. 2, all’ultimo comma (la Convenzione consente al sett lor di riservarsi “rights and powers”, locuzione mal tradott a nella versione ministeriale con “prerogati-ve”) non esclude in linea di principio una coincidenza tra due soggett i del trust, purché ciò sia consentito dalla legge regolatrice prescelta dal disponente (nel caso, è pacifi co che la Trusts (Jersey) Law permett a la costituzione di trust autodichiarati).Dal riconoscimento del trust, istituito in conformità alla legge regolatrice (e su questo si tornerà in seguito), deriva (automaticamente) l’eff ett o segregativo nel patrimonio del trustee e la conseguente impossibilità per i creditori di quest’ultimo di att accare i beni trasferiti; inoltre, per eff ett o del trasferimento al trustee, nessun diritt o sui beni in trust spett a più al disponente.

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Perciò sia considerando il YYY come disponente, sia reputandolo trustee del trust (...), deve escludersi il diritt o della ALFA di assoggett are ad esecuzione forzata i beni im-mobili costituiti in trust.

La conclusione a cui si è pervenuti non è nuova neanche per la giurisprudenza italiana, dato che già il Tribunale di Brescia, con la sentenza del 12/10/2004 (in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2005, pag. 83), ha stabilito che il creditore del disponente non può aggredi-re, con azione esecutiva di espropriazione, i beni che il debitore ha trasferito al trustee con att o avente data certa anteriore al pignoramento: il Giudice, superate le questioni riguardanti l’ammissibilità dell’istituto nell’ordinamento interno, ha respinto le istanze del creditore pignorante aff ermando che i beni trasferiti in proprietà al trustee del trust “sono segregati, non appartengono né al sett lor né al trustee e pertanto sott ratt i e inatt ac-cabili dai rispett ivi creditori”.Analogamente, in un procedimento cautelare per sequestro, il Tribunale di Siena, con ordinanza del 16/1/2007 (in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2007, pag. 266), ha statuito che “i creditori personali del trustee non possono aggredire i beni del trust e dunque questi beni non sono neppure sequestrabili o pignorabili alla stessa stregua dei beni costituiti in fondo patrimoniale, fi no a che sia vigente ed operativo il vincolo del trust o fi no a che il vincolo non venga caducato per eff ett o di annullamento o revocazione del negozio costitutivo”.Simili considerazioni si rinvengono anche nella pronuncia del Tribunale (penale) di Ve-nezia del 4/1/2005 (in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2005, pag. 245), ove si legge che “la peculiarità della situazione porta ad aff ermare che il trustee è titolare di un diritt o reale senza … esserne proprietario … Il trustee è titolare di un diritt o reale non nell’interesse proprio, ma nell’interesse altrui … Non vi è la nascita di un nuovo diritt o reale, né uno sdoppiamento del diritt o di proprietà, ma il semplice trasferimento di un diritt o reale da un soggett o ad un altro che accett a dett o trasferimento come collegato – e questo è essen-ziale – ad un obbligo di amministrazione e di gestione”.

Apprezzabilmente la difesa della creditrice opposta non contesta in maniera sterile l’am-missibilità (tout court) del trust “interno” nell’ordinamento italiano: su tale questione si è invece arenata la prima giurisprudenza, ma il problema è da intendersi ormai su-perato dalle numerose pronunce (ex multis, la sentenza del Tribunale Bologna n. 4545 dell’1/10/2003, in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2004, pag. 67) che hanno riconosciuto all’istituto del trust un “diritt o di citt adinanza nel nostro ordinamento” (così Tribu-nale di Trento – Sezione distaccata di Cavalese, decreto 20/7/2004, in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2004, pag. 574) e dalla ratio legis sott esa all’approvazione dell’art. 2645-ter c.c., che ha tolto quasi tutt e le frecce dalla faretra dei detratt ori del trust interno (anche se, in dott rina, un autore è rimasto assolutamente impermeabile alla novità e ha continuato a far congett ure sulla “ben nota e spregiudicata lobby del trust interno, assecondata da giudici non rigorosi”).Nel proprio scritt o difensivo la ALFA aff ronta in concreto lo specifi co att o istitutivo del trust (...), contestando (o, quantomeno, mett endo in dubbio) la possibilità di procedere al suo riconoscimento (ai sensi dell’art. 13 della Convenzione de L’Aja), la sua conformità alla legge regolatrice e la validità del limite così introdott o all’applicazione di disposizio-ni interne ritenute inderogabili (art. 15 del testo convenzionale).Ai fi ni di valutare il fumus dell’opposizione, è necessario, perciò, esaminare “un po’ più da vicino” il trust in questione: il programma negoziale che si prefi gge, la sua aderenza alla Trusts (Jersey) Law e la compatibilità con i principi inderogabili del diritt o italiano.Ai sensi dell’art. 13 della Convenzione de L’Aja è possibile negare il riconoscimento di un trust “interno” (il cui “centro di gravità”, cioè, non presenta elementi di estraneità

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rispett o all’ordinamento italiano, sebbene la disciplina sia costituita da una legge rego-latrice straniera) nel caso in cui il ricorso all’istituto e alla disciplina straniera appaia fraudolento, tale per cui il riconoscimento appaia ripugnante all’ordinamento: “Rien-tra anche nei poteri del giudice, dunque, fare applicazione dell’art. 13; tutt avia, l’utilizzo di dett a norma, lungi dall’essere obbligatorio o – al contrario – «capriccioso», potrà avve-nire soltanto in maniera conforme alla ratio del legislatore della ratifi ca e, quindi, anche in ossequio al principio di salvaguardia dell’autonomia privata, al solo fi ne di evitare il riconoscimento di trust «interni» che siano disciplinati da legge straniera con intenti abu-sivi e/o fraudolenti … non sarà suffi ciente rilevare la presenza di un trust i cui elementi signifi cativi siano più intensamente collegati con lo Stato italiano per disapplicare la leg-ge scelta per la sua disciplina e per la sua costituzione evitando di riconoscerne gli eff ett i, ma sarà, invece, necessario desumere un intento in frode alla legge, volto, cioè, a creare situazioni in contrasto con l’ordinamento in cui il negozio deve operare” (così Tribunale Bologna, sentenza 1/10/2003 n. 4545, in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2004, pag. 67).

Si deve dunque valutare se l’att o istitutivo del trust è (o non è) portatore di interessi che sono meritevoli di tutela per l’ordinamento giuridico senza limitarsi alla semplice defi nizione dello “scopo”, ma estendendo l’analisi al “programma” che si è prefi ssato il disponente nel momento in cui ha deciso di dar vita al trust (così anche Tribunale di Trieste – 23 sett embre 2005, in Guida al Diritt o, 2005, n. 41, pag. 57).

In altri termini, occorre esaminare la meritevolezza della causa “concreta” del trust (quella “astratt a”, del trust “amorfo” delineato nella generica formulazione dell’art. 2 della Convenzione, è già stata defi nita e riconosciuta dal legislatore della Legge 364/1989, di ratifi ca della Convenzione de L’Aja): come sostiene la dott rina, “la causa del negozio istitutivo di trust è il programma della segregazione di una o più posizioni soggett ive o di un complesso di posizioni soggett ive unitariamente considerato (beni in trust) af-fi date al trustee per la tutela di interessi che l’ordinamento ritiene meritevoli di tutela (scopo del trust)”.È ovvio che l’esame sommario condott o in questa fase non può compiutamente aff ron-tare ed esaurire ogni possibile profi lo (att ività doverosa nel giudizio di merito), ma sin d’ora può aff ermarsi – proprio nell’ambito del giudizio sulla sussistenza del fumus dell’opposizione – che non sembra che il riconoscimento del trust de quo sia ripugnante all’ordinamento italiano.La più autorevole dott rina sulla materia ha sostenuto che il trust è, rispett o al nostro ordinamento, uno strumento residuale, al quale ricorrere quando gli ordinari strumenti civilistici non consentono di conseguire il medesimo obiett ivo, che, però, deve rappre-sentare interessi meritevoli di tutela e non ripugnanti per il sistema.Nell’att o istitutivo dell’11/3/2005 non si fa mistero del programma negoziale perseguito: il YYY, amministratore e socio accomandatario della BETA S.a.s. (posta in liquidazione), ha inteso, col trust, “favorire la liquidazione armonica della società, prevenendo azioni giudiziarie e procedure concorsuali” e, per raggiungere tale fi nalità, ha segregato i pro-pri beni personali nominandosi trustee nell’interesse dei creditori della BETA, che hanno così assunto la qualità di benefi ciari del trust.Schematizzando: i beni del socio accomandatario sono posti sott o il controllo del trustee, il quale li conserva (non può cederli se non espressamente autorizzato dall’Autorità Giu-diziaria), gestisce e amministra nell’interesse dei creditori della BETA e – nel caso in cui la società non sia in grado di soddisfare interamente le ragioni creditorie al momento della data di liquidazione – deve anche venderli per pagare il debito residuo.-omissis-

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Il breve excursus sugli accordi di ristrutt urazione (certamente non esaustivo) serve per dimostrare che l’istituzione del trust de quo appare fi nalizzata ad un interesse meritevo-le di tutela: quello di proteggere il patrimonio per evitare che creditori free-riders, rima-sti estranei all’accordo di ristrutt urazione, che vantano crediti contestati (è incontroversa la pendenza di opposizione avverso il decreto ingiuntivo azionato dalla ALFA), possano costituire diritt i di prelazione (ipoteche) o agire in executivis sui cespiti, facendo naufra-gare il negozio concluso con la maggioranza, nonostante l’assicurazione di un loro “re-golare pagamento” (secondo autorevole dott rina, la locuzione impiegata dall’art. 182-bis L.F. deve intendersi come “pagamento integrale”, non potendo signifi care “pagamento alla scadenza”, formula inapplicabile ai crediti scaduti che sono, in situazione di crisi, la maggior parte) e l’omologazione da parte del Tribunale (in assenza di qualsivoglia opposizione).Il programma negoziale del trust (...) appare mirato ad introdurre un temporaneo blocco delle azioni esecutive e cautelari individuali, eff ett o garantito dalla legislazione nazio-nale per il solo concordato preventivo, e, lungi dal voler essere strumento per frodare i creditori o per eludere la par condicio (tanto che sembra arduo ipotizzare l’esito favore-vole di un’azione revocatoria), individua proprio questi ultimi quali benefi ciari; peraltro, il conferimento in trust fornisce una suppletiva garanzia di non dispersione dei beni ed att ribuisce ai creditori benefi ciari un controllo sull’operato del trustee che difett a, inve-ce, nell’accordo di ristrutt urazione (laddove i creditori sono esposti anche ad operazioni di sott razione/occultamento della garanzia patrimoniale che possono trovare rimedio, a volte, solo con l’esperimento di una lunga e costosa azione revocatoria).Anche nei lavori preparatori della riforma del diritt o fallimentare era stata esaminata la possibilità di confi gurare (oltre all’obbligatorietà per tutt i i creditori dell’accordo omolo-gato) una “protezione del patrimonio da iniziative cautelari ed azioni esecutive di terzi estranei all’accordo” con un eff ett o di blocco fi no alla conclusione del procedimento di omologazione. Se è vero che la proposta non è stata trasfusa nel testo legislativo poi en-trato in vigore, de iure condendo è già stata predisposta la bozza di un decreto legislativo che prevede la temporanea “copertura” del patrimonio del debitore che voglia accedere agli accordi di ristrutt urazione (di ciò danno notizia i quotidiani specializzati: Il Sole 24 Ore, 18/4/2007, pag. 31; Italia Oggi, 19/4/2007, pag. 32).Non può escludersi, perciò, l’astratt a meritevolezza degli interessi sott esi al trust in que-stione, che mira ad assicurare eff ett i che l’ordinamento già riconnett e ad istituti similari e che già sono allo studio del legislatore anche per gli accordi di ristrutt urazione.Tra l’altro, la fi nalità di proteggere il patrimonio nell’ambito di una concordata solu-zione della crisi dell’impresa (e, cioè, la segregazione dei beni al fi ne di assicurare la loro destinazione alla massa dei creditori) è già stata apprezzata dal Tribunale di Par-ma che, con la sentenza del 3/3/2005 (in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2005, pag. 409), ha omologato un concordato preventivo misto con cui i beni di terzi (garanti dell’adem-pimento del concordato e soggett i diversi dal debitore assoggett ato alla procedura) erano stati trasferiti al commissario giudiziale, nominato trustee (così eliminando il rischio, per i creditori del concordato, di eventi – ad esempio, azioni esecutive per debiti del garante, iscrizioni ipotecarie, cessione degli stessi beni, concessioni in ulteriori ga-ranzie – potenzialmente idonei a ridurre o eliminare la garanzia off erta: i creditori del disponente, infatt i, non possono soddisfarsi su un bene che non è più nella disponibilità di questo, i creditori del trustee subiscono l’eff ett o segregativo del negozio, i credito-ri benefi ciari ricevono quanto statuito dal sett lor durante la pendenza del trust e, allo scioglimento di questo, partecipano alla ripartizione fi nale secondo quanto disposto con l’att o istitutivo).Per quanto sinora esposto, non pare prima facie che il programma negoziale di questo specifi co trust possa essere considerato ripugnante per il sistema italiano, sebbene

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questo non preveda ordinari strumenti civilistici che consentano di conseguire il me-desimo obiett ivo (e proprio in questo sta la residualità del trust rispett o agli istituti off erti dall’ordinamento interno).

L’analisi non può fermarsi qui: può accadere, infatt i, che lo scopo di un trust apparen-temente lecito e meritevole di tutela nasconda in realtà un obiett ivo ripugnante per l’ordinamento. Questa ipotesi è destinata ad infi ciare l’att o istitutivo tout court, quan-do lo scopo ripugnante (ad esempio, l’intento di frodare i creditori) sia il solo eff ett ivo scopo del trust e il trustee si disinteressi completamente dello scopo apparente: in tal caso, l’att o di trust non sarà altro che una pura simulazione (sham secondo il diritt o inglese).

Il trust è sham (fasullo, simulato e, per il diritt o anglosassone, nullo e ineffi cace) quan-do il trustee agisce solo al fi ne di soddisfare lo scopo reale (ad esempio, limitandosi a tenere occultato il patrimonio del disponente ai suoi creditori e disinteressandosi dei benefi ciari ai quali dovrebbe invece corrispondere un mantenimento; in proposito, High Court of Justice of England and Wales – Chancery Division, sentenza 10/6/1994, Midland Bank Plc v. Wyatt , in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2003, pag. 299. Altro esempio di sham trust si rinviene nella pronuncia della High Court of Justice of England and Wa-les – Family Division, sentenza 3/12/2004, Minwalla v. Minwalla, in Trusts e Att ività Fi-duciarie, 2006, pag. 273, nella quale il Giudice ha statuito che “affi nché un trust sia sham non è necessaria un’intesa fra disponente e trustee, ma è suffi ciente che il disponente non avesse la minima intenzione di seguire le norme sui trust e che, nel corso del rapporto, il trustee sia stato acquiescente nei suoi confronti”).

Anche la simulazione rientra tra le difese della ALFA (che, nelle conclusioni della me-moria difensiva qualifi ca “senza mezzi termini” il trust (...) come “att o simulato ovvero compiuto in pregiudizio delle ragioni creditorie”).Vari sono gli indizi che potrebbero suff ragare l’ipotesi di uno sham trust: la coinciden-za tra disponente e trustee e la contemporanea assenza di un guardiano, la riserva al di-sponente del diritt o di abitazione (gratuito) sui beni immobili conferiti e, non essendo stato depositato il “libro degli eventi del trust” né il rendiconto del trustee, l’assoluta incertezza sull’eff ett iva att ività svolta dal trustee, con particolare riferimento al dovere di informare i benefi ciari delle vicende del trust (in proposito, come osserva autorevole dott rina, “è ineludibile il diritt o dei benefi ciari di essere messi a conoscenza dell’esistenza del trust in loro favore … la conoscenza dell’att o di trust consente ai benefi ciari di eser-citare tutt i i diritt i che discendono da tale loro posizione e quindi verifi care in qualsiasi momento che il trustee rispett i lo scopo del trust e le volontà espresse dal disponente … un trust con benefi ciari, non resi edott i circa l’esistenza del trust, confi gura uno di quegli indizi che potrebbero concorrere a far ritenere il trust una mera simulazione”).I soli “indizi” di uno scopo che potrebbe essere ripugnante (“to set up a screen to shield his resources from other claims” per dirla con il Giudice Singer J. della High Court of Ju-stice of England and Wales – Family Division, sentenza 3/12/2004, Minwalla v. Minwalla, in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2006, pag. 273), tutt avia, non sono suffi cienti a considerare tamquam non esset l’att o di trust (trascritt o) il cui scopo apparente (salvo quanto sopra dett o) sembra meritevole di tutela; necessariamente il loro esame deve essere rinviato al giudizio di merito e alle risultanze dell’istrutt oria che lì sarà svolta.

Rispett o all’art. 13 della Convenzione de L’Aja, le contestazioni che richiamano gli artt . 15, 16 e 18 del testo convenzionale si muovono su un piano diverso: le predett e disposi-zioni non riguardano il problema del riconoscimento (che, peraltro, concerne solo i trust

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cc.dd. interni) e considerano i trust riconosciuti (anche quelli interni) che producano ef-fett i contrastanti con norme inderogabili o di applicazione necessaria della lex fori o con principi di ordine pubblico: in tali casi l’applicazione della legge straniera dovrà “cedere il passo” a quella della legge interna.

La ALFA individua, quale principio generale inderogabile, l’unitarietà della garanzia pa-trimoniale sancita dall’art. 2740 c.c.Non sembra necessario ripetere le numerose ragioni che hanno indott o la giurispruden-za a ritenere che l’art. 2740 c.c. non costituisca più, da anni, un principio supremo ed inderogabile del nostro ordinamento (così Tribunale Bologna, sentenza 1/10/2003 n. 4545, in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2004, pag. 67: “l’unitarietà della garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. non può valere come un «dogma sacro ed intangibile» del nostro ordinamento”): l’espressa previsione dell’art. 11 della Convenzione de L’Aja (la quale, in-troducendo quale eff ett o minimo la distinzione del patrimonio in trust, assume su questo punto la natura di norma di diritt o materiale uniforme), la limitazione della responsabili-tà stabilita dalla Legge n. 364 del 1989 (conformemente alla riserva di legge dell’art. 2740 cod. civ.), le numerose deroghe legislative (che sono persino giunte a confi gurare – con gli artt . 2447-bis e seguenti c.c. – ulteriori limitazioni della responsabilità per soggett i che già godono di una responsabilità limitata).

A queste si aggiunge la recente entrata in vigore dell’art. 2645-ter c.c.: le condizioni per addivenire alla trascrizione e all’opponibilità di att i (melius, contratt i), anche atipici, con cui beni immobili o mobili registrati sono destinati alla realizzazione dei più variegati interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 comma 2° c.c. (norma che non costitu-isce alcun argine perché – stando ai precedenti giurisprudenziali – consente di formu-lare soltanto un giudizio di non illiceità degli scopi prefi ssati), inducono a ritenere che sia stata defi nitivamente “aperta la porta” dell’ordinamento ai più disparati vincoli di destinazione impressi dall’autonomia privata, senza pretendere che gli interessi sott esi siano già selezionati come meritevoli di riconoscimento da una norma positiva. In altri termini, sembra proprio che la riserva di legge prevista dal comma 2° dell’art. 2740 c.c. (già derogata da innumerevoli normative speciali) sia stata defi nitivamente svuotata di signifi cato dall’articolo 2645-ter c.c.Inoltre, la menzionata disposizione, successiva e speciale rispett o all’art. 1379 c.c. (pure richiamato dalla difesa dell’opposta con riguardo al regolamento del trust (...)), nel pre-vedere l’opponibilità ai terzi del vincolo di destinazione trascritt o, scardina il disposto del “Divieto di alienazione”, il quale sancisce (o, forse, sarebbe meglio dire: “sanciva”) che “il divieto di alienare stabilito per contratt o ha eff ett o solo tra le parti”.Ad un primo e sommario esame, dunque, non emerge il denunciato contrasto con norme inderogabili della lex fori.In ogni caso, deve escludersi che il potere di negare il riconoscimento del trust (ai sen-si dell’art. 13 della Convenzione de L’Aja) e/o di dichiararne la nullità perché sham e/o di privare di eff ett i l’applicazione della Convenzione per contrasto con norme inde-rogabili del diritt o interno o con l’ordine pubblico (ai sensi degli artt . 15, 16 e 18 della Convenzione de L’Aja) possa essere esercitato dal Giudice dell’Esecuzione nell’ambi-to della decisione (adott ata con ordinanza emessa a seguito di una cognizione somma-ria) sull’istanza di sospensione ex art. 624 comma 1° c.p.c.La creditrice opposta ha sostenuto, nella propria memoria difensiva, che l’eff ett o segre-gativo previsto dall’art. 11 della Convenzione de L’Aja non si sarebbe prodott o nel caso di specie perché il trust non è stato “istituito in conformità alla legge determinata” dal disponente a norma dell’art. 6 del testo convenzionale: in particolare, si è aff ermata l’in-validità – ai sensi degli artt . 10A e 10B (in realtà, dopo le recenti modifi che normative, il

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riferimento deve essere rivolto all’art. 12) della Trust (Jersey) Law – del “trust di scopo, non caritatevole, privo di un guardiano (enforcer)”.La difesa è interessante (la diff ormità della legge regolatrice impedirebbe di considerare come segregati i cespiti aggrediti col pignoramento) ma muove da un presupposto appa-rentemente errato: la qualifi cazione del trust (...) come “trust di scopo”.È “di scopo” quella categoria di trust “che non sono destinati ad avvantaggiare una o più persone identifi cate o identifi cabili, più precisamente quei trusts rispett o ai quali, per come il trust è confi gurato, non può esistere alcun soggett o legitt imato ad agire contro il trustee per tutelare un interesse proprio”.Nel modello anglosassone i trust di scopo possono perseguire soltanto fi ni caritatevoli (a vantaggio della collett ività o di una categoria di persone non determinate); perciò, un trust di scopo rett o dalla legge inglese istituito per fi ni non caritatevoli (non–charitable purposes) è da ritenersi inesorabilmente nullo. Diversa è la disciplina che regola il trust (...): infatt i, la Trust (Jersey) Law ammett e l’istituzione di trust di scopo che perseguono fi ni individuali e non caritatevoli, ma richiede – a pena di nullità – la presenza costante e ininterrott a di un guardiano (enforcer), che possa agire nei confronti del trustee inadem-piente (per evitare che il trust sia lasciato “in balia della mera volontà incontrollata ed incontrollabile del trustee”; in giurisprudenza, Tribunale di Trieste – 23 sett embre 2005, in Guida al Diritt o, 2005, n. 41, pag. 57). Con esempi tratt i dalla dott rina inglese, sono “di scopo” i trust istituiti “per preservare la pace tra le nazioni” o “per l’abolizione della vivisezione”, dove nessun soggett o ha un suffi ciente interesse per far rispett are il trust (“where no individual clearly has suffi cient interest to enforce the trust”).Si ricava dall’art. 1 della Trust (Jersey) Law la defi nizione di benefi ciario: “«benefi ciary» means a person entitled to benefi t under a trust or in whose favour a discretion to di-stribute property held on trust may be exercised” (in italiano: “«benefi ciario» signifi ca un soggett o avente diritt o ad ott enere dei vantaggi in forza di un trust oppure nel cui interesse possa essere esercitato il potere discrezionale di una att ribuzione di beni in trust”). La massima dott rina sulla Legge di Jersey aff erma: “sono benefi ciari di un trust tutt i coloro i quali abbiano potenziali benefi ci dal trust”; un altro giurista precisa: “chiun-que abbia diritt i da un trust può essere defi nito come un benefi ciario”. Peraltro, ai sensi dell’art. 10 della vigente Trust (Jersey) Law (da leggersi in combinato disposto con l’art. 1) “il benefi ciario deve essere identifi cabile … per riferimento a una categoria”.Perciò, se il trust, ancorché istituito per una fi nalità, è costituito a vantaggio dirett o o indirett o di una o più persone (identifi cabili anche con riferimento alla categoria di ap-partenenza), deve intendersi rispett ato il benefi ciary principle (consacrato sin dalla pro-nuncia di Sir William Grant MR in Morice v. Bishop of Durham del 1804: “there must be somebody, in whose favour the court can decree performance”, ossia “dev’esserci un soggett o a cui favore possa essere ordinato l’adempimento”), che risulta violato non già dalla presenza di uno scopo, ma solo dall’assenza di un soggett o legitt imato a richiedere l’adempimento delle obbligazioni al trustee.Il trust (...) manca di un enforcer, ma – ad avviso di questo Giudice dell’Esecuzione – deve essere considerato un trust con benefi ciari: infatt i, l’att o istitutivo (all’art. 3) indivi-dua soggett i (appartenenti alla categoria dei creditori della BETA) dotati di poteri e pre-rogative, le quali, pur non concretandosi in pretese dirett e sui beni in trust (ma, semmai, sul ricavato dalla loro vendita), sono altrett anto importanti per la vita del trust (come il diritt o di informazione, il diritt o di rendiconto verso il trustee ed eventualmente, nei li-miti in cui ciò è consentito, il diritt o di accesso ai documenti del trust) e idonee a formare il sostrato “proprietario” della posizione dei benefi ciari (inteso come trust property sulla quale hanno l’equitable interest).Anche sott o questo profi lo, comunque, spett erà al giudizio di merito fornire una defi ni-tiva qualifi cazione del negozio.

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Riguardo alla trascrizione del trust de quo, la creditrice intervenuta GAMMA S.p.A. ha rilevato che la stessa è avvenuta in epoca anteriore all’entrata in vigore dell’art. 2645-ter c.c. (introdott o dall’articolo 39-novies della Legge 23/2/2006 n. 51, di conversione del Decreto-Legge 30/12/2005 n. 273, pubblicata sulla Gazzett a Uffi ciale del 28/2/2006, n. 49), sott intendendo l’invalidità/ineffi cacia della formalità pubblicitaria.La doglianza (seppur implicita) è infondata.In primis, si osserva che l’art. 2645-ter c.c. non menziona espressamente il trust e non costituisce la norma che ne legitt ima la trascrizione: al più, può costituire una mera conferma delle molteplici pronunce giurisprudenziali che già avevano ammesso la trascrizione dei trust (anche di quelli di scopo o autodichiarati che, invece, secondo le prime lett ure dott rinali, sembrano esclusi dall’ambito di applicazione della citata disposizione).In secondo luogo, l’art. 12 della Convenzione de L’Aja (e, quindi, della Legge 364/1989) statuisce: “Il trustee che desidera registrare beni mobili o immobili o i titoli relativi a tali beni, sarà abilitato a richiedere l’iscrizione nella sua qualità di trustee o in qualsiasi altro modo che riveli l’esistenza del trust, a meno che ciò sia vietato dalla legge dello Stato nella quale la registrazione deve aver luogo ovvero incompatibile con essa”; è evidente che nel nostro ordinamento il sistema pubblicitario della trascrizione nei pubblici registri costituisce lo strumento att raverso il quale rendere manifesto ed opponibile il vincolo costituito.Inoltre (e sopratt utt o), poiché “il trustee è l’unico titolare dei beni e dei conseguenti po-teri di gestione e disposizione propri del diritt o di proprietà, sia pure qualifi cata”, anche al di là del disposto dell’art. 12 della Convenzione, non può che discendere dal riconosci-mento ex lege dell’istituto l’obbligo di consentire la trascrizione dell’acquisto a favore del trustee: in assenza di trascrizione, infatt i, l’eff ett o segregativo (che è essenziale nel trust) risulterebbe inopponibile ai terzi (così il Tribunale di Bologna nel decreto del 28/4/2000, in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2000, pag. 372). In altri termini, se il vincolo che consente di costituire un patrimonio separato rispett o a quello del trustee non godesse di pubbli-cità e non potesse quindi essere opposto, quale signifi cato potrebbe darsi alla ratifi ca di una Convenzione internazionale che prevede al suo art. 11, quale eff ett o minimo ed auto-matico del riconoscimento, proprio la distinzione dei beni in trust da quelli del trustee?

La giurisprudenza degli ultimi anni ha confermato la trascrivibilità nei RR.II.: oltre al citato decreto del 28/4/2000 del Tribunale di Bologna, si annoverano i provvedimenti del Tribunale di Chieti – decreto 10/3/2000 (in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2000, pag. 372), del Tribunale di Pisa – decreto 22/12/2001 (in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2002, pag. 241), del Tribunale di Milano – decreto 29/10/2002 (in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2003, pag. 270), del Tribunale di Verona – decreto 8/1/2003 (in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2003, pag. 409), del Tribunale di Parma – decreto 21/10/2003 (in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2004, pag. 73). Anche nel regime tavolare è stata generalmente ammessa la pubblicità dei trust: Tribunale di Trento – Sezione distaccata di Cavalese – decreto 20/7/2004 (in Trusts e Att i-vità Fiduciarie, 2004, pag. 574), Tribunale di Trento – Sezione distaccata di Cles – 7 aprile 2005 (in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2005, pag. 406), Tribunale di Trieste – 23 sett embre 2005 (in Guida al Diritt o, 2005, n. 41, pag. 57; quest’ultima pronuncia è particolarmente signifi cativa perché supera le obiezioni mosse dal Tribunale di Belluno col decreto del 25/9/2002, in Trusts e Att ività Fiduciarie, 2003, pag. 255).

Si tratt a di provvedimenti con pregevoli motivazioni (alle quali si rimanda, non essendo necessario – in questa sede – ripercorrere le argomentazioni logico-giuridiche da ciascu-no addott e) che ammett ono la trascrizione dei trust “interni” e dei trust autodichiarati (ove la trascrivibilità è generalmente riconosciuta richiamando l’affi nità dell’istituto al

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fondo patrimoniale, pacifi camente trascrivibile ai sensi dell’art. 2647 c.c.)

Concludendo, l’opposizione non appare prima facie (ed impregiudicata una diversa va-lutazione all’esito del giudizio di opposizione, anche alla luce delle eventuali doman-de riconvenzionali dell’opposta) sfornita di fumus, dovendosi fortemente dubitare del diritt o della ALFA di procedere all’espropriazione dei beni pignorati, precedentemente costituiti in trust.P.Q.M.visti gli artt . 624 e 616 c.p.c.,SOSPENDEla procedura esecutiva immobiliare n. 200/2006 R.G. Esecuzioni promossa da ALFA S.p.A. contro YYYFISSAtermine perentorio al 30/9/2007 per l’introduzione del giudizio di merito, secondo le mo-dalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo della causa, a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’articolo 163-bis c.p.c. (o altri se previsti) ridott i della metàMANDA la Cancelleria per la comunicazione alle parti.Reggio Emilia, 14 maggio 2007Il Giudice dell’EsecuzioneDott . Giovanni Fanticini

TRIBUNALE BOLOGNA,SENTENZA 20.3.06

in Trusts e att ività fi duciarie, “Responsabilità del trust per le obbligazioni contratt e da un terzo”, Ott obre 2006, p. 579 e ss.

(omissis)nella causa civile iscritt a al n... del Ruolo Generale dell’anno 2004, promossa da:… s.r l. elett ivamente domiciliata in Bologna, via Monte Grappa 3, presso e nello studio dell’avv. Gabriella Luca che la rappresen ta e difende- ricorrentecontro…s.r.l. non in proprio ma in qua lità di trustee del trust “Figli di...” elett ivamente domiciliata in Bologna, Via …, presso e nello studio dell’avv. Antonella Vannacci che la rappresenta e difende- resistenteIn punto a: PAGAMENTO CANONE DI LOCAZIONE

CONCLUSIONI

Il Procuratore della ricorrente chiede e conclude:“Ogni contraria istanza ed eccezione respinta e previa ogni opportuna declara toria,accertato che la sig.ra T. A. ved. C. ha rilasciato anticipatamente e senza al cun preavviso e consenso della proprietà i locali siti in Bologna via... di proprietà della ditt a …;accertato che il Trust Figli di... in persona del legale rappresentante pro- tempore gestisce

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il patrimonio dei C. e pertanto è tenuto a rispondere dei debiti contratt i dalla sig.ra T. A.;dichiarare lo stesso Trust Figli... in persona del legale rappresentante re sponsabile del grave inadempimento;condannare di conseguenza il con venuto a versare alla ditt a ricorrente i ca noni di loca-zione a partire dal mese di aprile 2002 fi no al mese di sett embre 2002 compreso per un importo totale di € 11.163,18 oltre interessi convenzionali pari al tasso uffi ciale di sconto maggiorato di tre punti oltre spese condominiali di € 824,89 oltre al risarcimento dei dan-ni pari ad € 7.456,06 pari alle spese sostenu te per la riparazione della porta basculan te del garage ed al ripristino dell’apparta mento rilasciato e così in totale per € 19.547,09 detratt o il deposito cauziona le di € 5.577,73 per un totale di € 13.969,36 oltre interessi legali o di quella diversa somma che dovesse risultare di giustizia, con rivalutazione monetaria ed interessi;condannare il Trust Figli di... al rimborso delle spese, diritt i ed onorari del presente giu-dizio con sentenza esecutiva per legge”.Il Procuratore della resistente chiede e conclude:“In ipotesi: dichiarare la nullità dell’att o introdutt ivo, per incertezza sulla parte convenuta;In ipotesi gradata: dichiarare la irregolare notifi ca dello stesso;In tesi: voglia dichiarare l’assoluta ca renza di legitt imazione passiva della TRUST srl nel procedimento n.../04 promosso dinanzi a codesto Giudice.Con vitt oria di spese, diritt i ed onora ri di causa”.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato il 18.2.2004 la ditt a ... S.r.l., in qualità di proprieta ria e locatrice di un immobile ad uso abi tativo sito in Bologna via..., chiedeva, previo accertamento dell’unilaterale e non autorizzato rilascio del bene da parte della condutt rice T. A. e pre-vio altresì accertamento dell’obbligo del Trust Figli di... di rispondere dei debiti contratt i dalla medesima, condannare il Trust stesso al pagamento dei canoni di locazione dal mese di aprile 2002 sino al mese di sett embre 2002, con gli interessi legali, non ché al ri-sarcimento dei danni corrispon denti alle spese sostenute per il ripristino dell’immobile, con consequenziale con danna alle spese processuali.Assumeva parte ricorrente che la con dutt rice aveva rilasciato l’immobile previo invio di disdett a in data 5.7.2002 contrav venendo alla clausola che prevedeva la na turale sca-denza del contratt o al 30.9.2005 e rimanendo morosa nel pagamento dei canoni dal mese di aprile 2002; che la pro prietà aveva reperito un nuovo condutt ore solo nel mese di set-tembre 2002; che la condutt rice T. aveva procurato danni all’immobile; che il patrimonio della sig. T. veniva gestito dal Trust convenuto.Si costituiva la Trust s.r.l. non in pro prio ma quale trustee del Trust “Figli di...” eccepen-do la mancanza di legitt ima zione passiva di quest’ultimo in quanto privo di personalità giuridica e nel merito chiedendo il rigett o delle domande att oree att esa l’estraneità del patrimonio co stituente la dotazione del Trust Figli di... rispett o alle obbligazioni patrimo-niali fa centi capo dirett amente alla sig. T., madre dei soggett i benefi ciari del Trust.La causa veniva decisa all’udienza del 17.11.2005 con la lett ura immediata del dispositivo in udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONEEsaminata preliminarmente, deve disatt endersi la preliminare eccezione di di fett o di legitt imazione passiva: difatt i, benché impropriamente sott o il profi lo lessicale, l’indivi-duazione in ricorso della controparte nel “Trust Figli di... in per sona del Legale rappre-sentante pro-tempore” realizza esatt amente la vocatio in jus della parte convenuta secon-

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do la volontà della parte ricorrente la quale, difatt i, ri teneva di poter far valere le proprie ragio ni sul patrimonio costituente la dotazione del Trust medesimo.La circostanza che tale patrimonio non costituisca un soggett o autonomo di imputazione giuridica e non abbia, quin di, giuridicamente un legale rappresen tante ma rappresenti solo un patrimonio separato rispett o a quello personale del trustee, cioè del soggett o (persona fi sica o giuridica) cui è demandata l’amministra zione di esso resta priva di ef-fett i e rile vanza qualora, come nel caso di specie, ci sia stata in giudizio la costituzione del tru stee ed il pieno esercizio da parte di questi dei poteri difensivi.Nel merito, le domande del ricorren te sono infondate.Dall’att o istitutivo del Trust “Figli di...” si evince chiaramente che il fi ne del Trust è l’am-ministrazione dei beni costi tuenti la dotazione di esso nell’interesse dei soli benefi ciari A. ed A. C. S., fi gli ap punto di M. C. e della di lui vedova T. A.Pertanto, per le obbligazioni contratt e dirett amente dalla sig. T. quest’ultima è l’unica a doverne rispondere patrimonialmente, essendo invece del tutt o irrilevan te che nei con-tatt i stragiudiziali il prece dente trustee del Trust convenuto abbia operato in maniera tale da far ingenerare nella parte ricorrente il convincimento erroneo che quelle obbligazioni sarebbero state onorate ricorrendo alle disponibilità economiche del Trust.L’assoggett amento del patrimonio co stituente la dotazione del Trust al soddi sfacimento di obbligazioni non contratt e nell’interesse dei benefi ciari è, infatt i, as solutamente estra-neo alle facoltà ed ai po teri riconosciuti al trustee dall’att o istitu tivo del trust.Conclusivamente, l’adempimento del debito - se ed in quanto esistente - della sig. T. in ordine al pagamento dei canoni dovuti per la locazione dell’immobile di proprietà della parte ricorrente ed al risar cimento dei danni arrecati all’immobile medesimo doveva es-sere chiesto alla stes sa sig. T. e non già al Trust “Figli di...”.Le spese seguono la soccombenza e so no liquidate, d’uffi cio, come in dispositivo. P.Q.M.Il Tribunale di Bologna, defi nitiva mente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disatt esa, così provvede:1) Rigett a la domanda di cui al ricorso; 2) Dichiara tenuta e condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore della parte convenuta che liqui da d’uffi cio in complessivi € 1.100,00 di cui € 700,00 per onorari, € 400,00 per di ritt i, oltre spese generali, cpa ed iva come per legge.

TRIBUNALE TRIESTE, UFFICIO DEL GIUDICE TAVOLARE, DECRETO 23.9.05

Il notariato, 2006, 1, 10; Trusts e att ività fi duciarie, 2006, 1, 83

Il giudice tavolare, lett a la domanda proposta dal Notaio dott . Xxx per conto di yyy, quale trustee del trust “www”, visti gli att i ed esaminata la documentazione, osserva quanto segue.Benché l’istituto del trust, inteso in termini necessariamente generali ed astratt i, sia stato recepito dall’ordinamento giuridico italiano fi n dal 1° gennaio del 1992, dopo l’adesione di Regno Unito, Italia ed Australia alla Convenzione de L’Aja del 1.7.1985, rimane tutt ora aperto il dibatt ito – che qui non si ritiene necessario aff rontare – sulla natura delle norme così introdott e: se cioè si tratt i di prescrizioni di diritt o uniforme sostanziale, ovvero di regole di diritt o internazionale privato, caratt erizzate peraltro da alcune peculiarità di-

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rett amente connesse all’originalità dell’istituto al quale si riferiscono.Le numerose pronunzie giudiziarie di merito, quasi tutt e favorevoli all’applicazione del trust, rendono in parte obsoleta sia questa problematica, che, più in generale, la stessa contrapposizione dott rinaria sull’astratt a compatibilità dell’istituto con la tradizione giu-ridica italiana: la diatriba, dopo un rapido sviluppo caratt erizzato da toni di confronto poco consoni ad un dibatt ito scientifi co, si è piegata su se stessa, senza produrre risultati di sintesi, acuendo progressivamente le divergenze sino a creare due vere e proprie cor-renti in irriducibile contrasto.In ogni caso, il superamento della tesi sulla presunta irriconoscibilità di un trust in-terno, conseguente alla qualifi ca della Convenzione (o meglio, della legge di ratifi ca) come norma di diritt o internazionale privato, sembra ormai adeguatamente giustifi -cato dalla giurisprudenza di merito (per tutt e, Tribunale di Bologna, sent. 1.10.2003, Landini/Trombett i e Sofi r S.r.l., pluriedita).Numerose ed inequivoche sono peraltro le tracce della penetrazione dell’istituto a li-vello di prassi applicativa, forense e non: il riferimento al “diritt o vivente”, così disde-gnato da una nota dott rina, fermamente critica nei confronti del trust, richiede oggi un nuovo grado di apprezzamento, in questo come in altri sett ori del diritt o. Non ha man-cato di sott olinearlo la Suprema Corte di Cassazione (Cass., Sez. un., sent. 11096/2002) che, premiando proprio un “orientamento giurisprudenziale - già diritt o vivente - che inquadrava l’assegnazione della casa familiare tra i diritt i personali di godimento”, ha evidenziato la volontà del legislatore di creare “una nuova tipologia di att i trascrivibili” proprio al fi ne di rendere opponibili tali diritt i.Gli sforzi e le linee di tensione, che si possono individuare nei provvedimenti resi dalla giurisprudenza di merito nei sett ori più disparati (dal diritt o di famiglia a quello fallimentare, dal diritt o successorio a quello societario), testimoniano della scelta de-gli operatori pratici di aff rancarsi da posizioni preconcett e e di principio per verifi care in concreto l’utilità dello strumento, la liceità e la meritevolezza di tutela dell’istituto, indubbiamente estraneo al nostro ordinamento giuridico.Non viene più colta l’impellente necessità di individuare un concett o unitario di trust, o di forzare il suo inquadramento nelle fi gure negoziali tradizionali, con acrobatici colle-gamenti tra istituti o delicate operazioni di genetica giuridica, frantumando e ricompo-nendo molecole negoziali alla ricerca di una tipizzazione impossibile.Per quanti sforzi si possano fare, il trust - che pure alberga nell’ordinamento positivo ita-liano, per le ragioni sopra esposte - sfugge ad ogni qualifi cazione, è mutevole d’assett o, è teleologicamente versatile, dimostrandosi in grado di tutelare, in modo pieno e sod-disfacente, interessi ed obiett ivi che fi no a ieri potevano essere perseguiti in maniera parziale, meno dirett a o effi cace.Nel caso in esame, si è al cospett o di un att o istitutivo di un trust interno di scopo, il cui programma negoziale vale a costituire – al tempo stesso – il fi ne del trust e la giustifi ca-zione dell’att o di trasferimento immobiliare di cui si chiede pubblicità tavolare: diviene quindi operativo il combinato disposto degli artt . 11 e 13 della Convenzione de L’Aja del 1.7.1985, che consente al giudice di vagliare la compatibilità del trust e degli att i collegati (nonché della legge straniera prescelta dalle parti) con l’ordinamento giuridico italiano; inoltre, la richiesta di dare pubblicità tavolare al trasferimento immobiliare eff ett uato a favore del trustee determina la dirett a applicazione, nell’ordinamento giuridico italiano, dell’art. 12 della Convenzione.Al giudice tavolare, nel doveroso controllo di legitt imità formale e sostanziale che ca-ratt erizza il suo giudizio, e che gli impone l’accesso dirett o e pregnante alla causa del programma negoziale (accesso di fatt o impedito in occasione di un precedente culmina-to nel rigett o del ricorso tavolare, da parte del giudice tavolare di Cortina d’Ampezzo, e nel conseguente reclamo al Tribunale di Belluno, nel cui provvedimento - si ritiene

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sommessamente - possono leggersi alcuni spunti per una plausibile decisione favorevole al reclamante, qualora gli elementi portati all’esame dei giudici fossero stati diversi) ai sensi dell’art. 26 della legge generale sui libri fondiari, nel testo allegato al R.D. 499/1929, viene off erto un punto di osservazione privilegiato, e per certi versi più ampio di quello del giudizio ordinario, in quanto sganciato dalla contenziosità ed immerso in un’analisi uffi ciosa del programma negoziale.Questa occasione di approccio al trust consente, considerate anche le peculiarità del caso di specie, di muoversi lungo la strada che prima la giurisprudenza, sulla scorta della dott rina, e poi il legislatore hanno solcato con i loro provvedimenti, ponendo in essere un’inarrestabile disgregazione dei tradizionali assett i proprietari.Questo cammino non può essere qui ripercorso nelle sue singole fasi, che vanno dal ri-conoscimento alla successiva regolamentazione della multiproprietà, alla disciplina dei fondi pensionistici, a quella dei beni gestiti da società fi duciarie, alla cartolarizzazione dei crediti: conviene piutt osto rinviare alla dott rina, ed ai non pochi provvedimenti giu-diziari, che ne hanno individuato i connotati più importanti in termini di atipicità degli istituti, di legitt imità delle segregazioni dei patrimoni, di parcellizzazione del diritt o di proprietà, di ampliamento dell’ambito applicativo della trascrizione.A quest’ultimo riguardo si nota, e se ne farà applicazione concreta con questo provvedi-mento, che oggett o della pubblicità immobiliare non è di per sé l’att o, quanto il suo ef-fett o, nel senso che la trascrizione dell’att o è solo strumentale al fi ne dell’opponibilità ai terzi della vicenda circolatoria che all’att o si ricollega.La tassatività delle norme sulla trascrizione (in un parallelismo con il sistema pubblici-tario del libro fondiario che, più avanti, si avrà modo di verifi care come perfett amente lecito) va riguardata non già sott o il profi lo dell’att o, ma sott o quello degli eff ett i. L’art. 2645 cod.civ., nello stabilire che deve rendersi pubblico, agli eff ett i previsti dall’articolo precedente, “ogni altro att o o provvedimento che produce in relazione ai beni immobili o a diritt i immobiliari taluno degli eff ett i dei contratt i menzionati nell’art. 2643”, pone appunto un principio di tipicità di risultati e non di att i, nel senso che va trascritt o (ed in regime tavolare va iscritt o) qualsiasi att o che, pur non rientrando nello schema dei contratt i, degli att i o provvedimenti o delle sentenze indicati nell’art. 2643 cod.civ., tut-tavia produca uno o più degli eff ett i ad essi rapportabili. Ma quanto alla tipologia ef-fett uale, già quasi quarant’anni fa la Suprema Corte di Cassazione (Cass., Sez. 1, sent. n. 3664 del 11.11.1969) aveva esplicitato come gli eff ett i non dovessero essere del tutt o identici a quelli dei contratt i menzionati nell’art 2643 cod civ., potendo essere anche e solamente similari. In logica prosecuzione dell’insegnamento, Cass. Sez. 2, sent. n. 11250 del 14.11.1997 ha poi precisato che merita pubblicità “il negozio … fi nalizzato ad incidere sul regime dominicale della “res” e, in particolare, su diritt i considerati dall’ordinamento inerenti al bene immobile oggett o della convenzione negoziale e, pertanto, in assenza di contrario titolo, appartenenti al proprietario - o ai proprietari - dell’immobile medesimo” (nella fatt ispecie, si tratt ava della riserva, da parte del costrutt ore di uno stabile, del dirit-to di proprietà del lastrico di copertura e del relativo “ius inaedifi candi”). In altri termini, tutt o ciò che limita e comprime strutt uralmente il diritt o reale deve essere suscett ibile di pubblicità (in tal senso anche Cass., Sez. 2, sent. n. 213 del 10.1.1994 che, avviando a solu-zione un contrasto in seno alla Suprema Corte, ha invocato un’interpretazione estensiva dell’art. 2653 n. 1 cod. civ., al fi ne di assentire la trascrizione di una domanda giudiziale dirett a ad imporre il rispett o dei limiti legali della proprietà).Per quanto sia precisa convinzione del giudice che l’art. 12 della Convenzione ope-ri dirett amente nel tessuto normativo interno, consentendo la trascrizione dell’att o di trasferimento della proprietà immobiliare ad un trustee, tutt avia questo risultato deve essere verifi cato in concreto, per saggiare il rispett o dei principi dell’ordinamento giu-ridico italiano: ciò sia con riguardo alla dimensione di tipicità del diritt o di proprietà in

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capo al trustee, sia quanto alla trascrivibilità dell’acquisto. Ma prima di passare all’analisi delle questioni di fatt o, vanno ora esplicitati i parametri cui si farà riferimento per l’ap-prezzamento del programma negoziale e quali siano i confi ni dello stesso giudizio di meritevolezza.Si sostiene infatt i da parte di specifi ca dott rina, la quale ha esaminato l’istituto del trust interno con riferimento alle varie fi gure negoziali regolate dall’ordinamento italiano, che all’inquadramento del trust in un negozio atipico, dirett o a realizzare interessi meritevoli di tutela, ostino sia il principio del numerus clausus dei diritt i reali che l’impossibilità, per defi nizione, di integrare le possibili lacune negoziali facendo ricorso a fi gure tipizza-te di negozi. Sembra però questa l’occasione per prendere le distanze da quella “furia ti-pizzatrice” che suole ricondurre ogni negozio atipico allo schema tipico ad esso maggior-mente somigliante, applicandogli poi brandelli di quella disciplina: l’atipicità del negozio non impone sempre un aff anno qualifi catorio, un identikit di genetica giuridica, potendo bensì l’interprete fermarsi alla mera individuazione, all’interno del negozio atipico, dei suoi parametri generali (id est: effi cacia obbligatoria o traslativa, natura corrispett iva o unilaterale o gratuita, aleatorietà o commutatività, e così oltre), per poi adatt are al caso di specie le regole generali dell’ordinamento, o quelle che, essendo comuni alle fi gure negoziali maggiormente similari a quella atipica, vengono a rappresentarne impronte in-delebili. Non occorrerà quindi una perfett a sincronia strutt urale o eff ett uale con i negozi tipizzati, ma sarà suffi ciente la mera possibilità di condurre il negozio atipico a categorie apprezzate dall’ordinamento. Si rammenterà, del resto, che la Suprema Corte di Cas-sazione ha ammesso la confi gurabilità di negozi traslativi atipici, purché sorrett i da causa lecita, fondandola sul principio dell’autonomia contratt uale di cui all’art. 1322 comma 2 cod. civ. (Cass., Sez. 3, sent. 9.10.1991 n. 10612).Le considerazioni che seguono, in ordine alla tipicità del diritt o di proprietà del trustee, saranno esposte quando le esigenze di motivazione richiederanno di aff rontare i singoli momenti di emersione della problematica: oltre a quanto già scritt o sulla disgregazione dei tradizionali assett i proprietari, si rinvia alla parte più strett amente tavolare del pre-sente provvedimento.Ciò dett o quanto all’individuazione dei parametri per l’apprezzamento del programma negoziale (per la cui approfondita analisi si rinvia oltre), e venendo ai confi ni del giu-dizio di meritevolezza, giova rimarcare come la norma di cui all’art. 1322 cod. civ. vada collocata nella più modesta cornice che, dopo l’adozione della Costituzione, le compete secondo parte della dott rina, la quale giunge a parifi care questo giudizio a quello di licei-tà: l’interprete dovrebbe dunque limitarsi all’esame della non contrarietà del negozio alle norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon costume. È questa una delle più condivisibili chiavi di lett ura per spiegare la mancanza di consapevoli apporti giurispru-denziali all’analisi della norma, una volta abbandonato quel criterio dell’”utilità sociale” che, nella relazione al codice civile, aveva giustifi cato la pur contestata adozione della norma.L’analisi sommaria delle principali e più recenti sentenze della Suprema Corte di Cas-sazione in materia conferma che della norma viene operata una lett ura ambigua, tutt o sommato rapportabile ad altri e più ricorrenti istituti, che non a quello - pur ampiamente sbandierato - della “meritevolezza di interesse” (v. Cass., Sez. 1, sent. n. 75 del 5.1.1994 che riporta all’assenza di meritevolezza quella che, in realtà, sembra essere l’inidoneità in concreto della causa negoziale; Cass., Sez. 1, sent. n. 9975 del 20.9.1995 che sanziona, con la nullità per mancata realizzazione di interesse meritevole di tutela, un negozio che limitava le possibilità del socio di liberarsi delle proprie quote, ritenendolo però in con-creto contrasto con il principio dell’ordinamento che vieta l’assunzione di obbligazioni di durata indeterminata; Cass., Sez. 3, sent. n. 982 del 28.1.2002 che ha ritenuto la merite-volezza di una particolarissima patt uizione, in considerazione della “assimilabilità” del

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negozio atipico alla commissione gratuita).Se è vero, secondo il tradizionale insegnamento della Corte Costituzionale, che l’au-tonomia contratt uale è solo indirett amente tutelata dall’art. 41 Cost. e deve comunque cedere di fronte a motivi di ordine superiore (economico e sociale) considerati rilevan-ti dalla Costituzione, è però altrett anto incontroverso che il perseguimento dei valori costituzionali è compito riservato allo Stato, e non ai privati, e che i principi sovraordi-nati fungono, riguardo all’autonomia contratt uale, quali limitazioni inderogabili, più che come fi nalità che i contraenti debbano prefi ggersi.Se quindi il trust, come tanti altri negozi di importazione extranazionale, non è di per sé ed in termini assoluti uno strumento idoneo a determinare squilibri “macro-economi-ci”, rimanendo sostanzialmente irrilevante in un’ott ica di utilità sociale, allora coerenza vuole che il sindacato dell’autorità giudiziaria debba concentrarsi – abbandonando i “massimi sistemi” - sulla liceità in concreto dello strumento prescelto, per vedere se con la sua adozione ci si sia proposti di derogare a norme imperative ed a principi generali. Per fare ciò, grazie alle prerogative riconosciute al giudice tavolare e di cui so-pra si è dett o, non ci si potrà limitare ad un apprezzamento in negativo, ma si dovranno altresì “ricostruire sistematicamente gli eff ett i” del negozio, per verifi care se essi siano rapportabili a quelli previsti dall’ordinamento giuridico, e se si perseguano ulteriori obiett ivi non altrimenti raggiungibili con gli strumenti ordinari, altrimenti rimanen-dosi all’interno del fenomeno del negozio misto, del collegamento negoziale, della fran-tumazione e ricomposizione negoziale di cui si è scritt o.Che si tratt i di una valutazione simile se non uguale a quella imposta dall’art. 1323 cod. civ. sulla liceità della causa, o se ne diverga qualitativamente o quantitativamente, è una questione per la cui soluzione si può fare rinvio alla dott rina che anche recentemente ne ha off erto un’att enta analisi. Preme solo precisare che con riguardo al trust non appare sussistere il rischio di globalizzante dominio di una nuova lex mercatoria, in quanto a regolamentare il trust sono pur sempre i legislatori nazionali, i loro ordinamenti giuridici ed i relativi apparati giudiziari, e non “gli uffi ci legali delle grandi multinazionali”.Queste considerazioni sui limiti dell’indagine sulla meritevolezza dell’assett o di interessi risultano confortate dalla constatazione che l’eff ett o patrimoniale segregativo, il quale immancabilmente caratt erizza il trust, deriva non solo dalle singole fatt ispecie nego-ziali create dai contraenti, ma ancor prima (dirett amente ai sensi dell’art. 11 o, in via mediata, ai sensi dell’art. 2) dalle previsioni normative che la Convenzione de l’Aja impone - nei noti limiti - di riconoscere.Si tratt a però – in forza della previsione di cui all’art. 13 della Convenzione - anche di analizzare se la legge prescelta dalle parti per la regolamentazione del trust sia contra-ria all’ordinamento giuridico italiano, o sia utilizzata dalle parti per att uare una frode alla legge nazionale: ma tutt o ciò dovrà essere sindacato in una precisa prospett iva, da non abbandonare a priori. Si rammenterà infatt i che, essendo l’adozione di un trust un’espressione di iniziativa economica di citt adini o di enti (tali essendo i sett lors nell’at-to in esame) europei, l’esercizio di questa libertà fondamentale va considerato legitt imo fi no a che non si provino (o non vengano colti d’uffi cio, quando l’analisi sia compiuta in un procedimento inaudita altera parte, come quello tavolare) “elementi indicativi di un abuso … nel singolo caso concreto”, senza arrestarsi ad “una valutazione generale ed astratt a” (queste espressioni sono utilizzate da organi giudiziari comunitari).In sintesi: sia l’autonomia negoziale, espressione dirett a di libertà fondamentale ga-rantita dal Tratt ato sull’Unione Europea (tutelata a livello costituzionale solo indiret-tamente, in quanto l’art. 41, comma primo, Cost., protegge l’autonomia negoziale come mezzo di esplicazione della più ampia libertà di iniziativa economica, che si esercita normalmente in forma di impresa – sent. n. 268 del 22-30/06/1994, est. Mengoni), la quale si concreti nell’istituzione del trust, sia il riconoscimento della legge straniera concre-

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tamente regolatrice del rapporto di trust, devono formare oggett o di apprezzamen-to giudiziario: ma questo giudizio rimane caratt erizzato, per utilizzare l’espressione adott ata da prestigiosa dott rina, da un “favor validitatis del trust”, fondato – oltre che sulle considerazioni sopra svolte – anche sugli art. 6.2 (validità della scelta del tipo di trust, qualora disciplinato dalla legge di rinvio) e 14 (applicabilità extraconvenzionale di leggi più favorevoli al riconoscimento di trust) della Convenzione.Fatt a questa necessaria premessa, si osserva che quello in esame è un trust cd. interno (nazionali essendo i suoi protagonisti, i beni impiegati per la sua istituzione, il luogo nel quale di realizzerà concretamente l’obiett ivo che le parti si sono prefi sse), è un trust di scopo, non caritatevole, e senza benefi ciario (v. art. 10 del negozio sull’appartenenza fi nale dei beni in trust in cui si individuano, tassativamente e senza possibili alternative, nei disponenti stessi i soggett i destinatari fi nali del bene immobile trasformato e del de-naro eventualmente residuato, una volta raggiunto (o nell’impossibilità di raggiungere) lo scopo del trust.Le parti hanno scelto, come legge regolatrice di questo trust, la Trust Jersey law 1984 as amended 1996, sancendo comunque che le obbligazioni e le responsabilità del trustee siano disciplinate cumulativamente dalla legge italiana e da quella di Jersey, devolvendo alla giurisdizione italiana ed alla competenza del Foro di Trieste ogni controversia relati-va all’istituzione, alla validità o agli eff ett i del trust.

Quanto alla sua prima caratt eristica, ritiene questo giudice tavolare non più dubitabile la possibilità di adott are lo strumento del trust cd. interno (le argomentazioni dott rinarie e giurisprudenziali a sostegno sono talmente puntuali e diff use da poter essere sempli-cemente richiamate, condividendole, nella coscienza di non potere ad esse aggiungere nulla di originale), se non foss’altro per non discriminare, in modo incostituzionale, il citt adino italiano da quello straniero che decidesse di istituire un trust in tutt o e per tut-to “italiano” tranne che per la di lui citt adinanza e per la legge regolatrice. È questo un argomento suggestivo, forse meno profondo dogmaticamente degli altri comunemente spesi, e pur tutt avia capace di mostrare con evidenza la sterilità dei tentativi di negare legitt imità all’istituto del trust interno.

Con riguardo alla qualifi ca di trust di scopo, non charitable, si osserva che la tipologia negoziale è sanzionata con la nullità dal diritt o inglese, ma è stata oggett o di recenti e ripetuti interventi normativi da parte di altri legislatori di common law nell’ultimo ventennio, nella perpetua rincorsa delle nuove forme di contratt azione e delle prassi emergenti.La crisi del concett o di “charity”, per un verso, e la necessità di individuare (per opera-zioni di natura per lo più fi nanziaria) un “centro di controllo di un’operazione che non sia al tempo stesso un centro di profi tt o”, hanno determinato il sorgere ed il prolifi care di questo schema, all’interno del quale sono già stati colti alcuni elementi invariabili ed imprescindibili: si tratt a della presenza di uno scopo chiaro e lecito da perseguire; della necessità di un enforcer dotato di particolari poteri di controllo; dell’assenza di benefi cia-ri, cioè di soggett i dotati dei poteri e delle prerogative ad essi tradizionalmente spett anti: ciò in quanto di benefi ciari, o di destinatari, si potrà parlare al momento in cui – e solo se – l’operazione si sarà perfezionata e lo scopo sarà stato perseguito.Per adeguarsi ad altri Paesi (Bahamas, Cook Islands, Cipro, Belize, Cayman Islands, e tanti altri) ed alla tumultuosa normazione in tema di trust di scopo, Jersey ha emendato la propria già apprezzata legge fondamentale del 1984, inserendo tra gli altri l’art. 10 A (“trusts for non-charitable purposes”) al fi ne di rimuovere la sanzione di invalidità che, tradizionalmente, aff ett ava i casi di istituzione di un trust di scopo non caritate-vole: ciò ha fatt o imponendo - però - la nomina immancabile di un enforcer che, nel caso

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di specie, esiste ed è dotato di poteri. La legge in questione, nel suo complesso, e nel-le singole previsioni applicabili alla fatt ispecie, non contiene principi o regole contrarie all’ordine pubblico italiano.

Tornando, in modo analitico e non più solo sistematico, all’analisi del programma nego-ziale, si osserva che il Comune di YYY e la Fondazione xxx, con le rispett ive dotazioni immobiliare e mobiliare, intendono perseguire lo scopo di realizzare un’area desti-nata all’accoglienza dei bambini da 3 a 12 mesi, così da consentire alle famiglie di usufruire di un nuovo servizio pubblico. Con il pieno trasferimento a suo favore della proprietà del bene immobile da modifi care e degli importi di denaro da impiegare, il trustee viene investito di quanto gli serve per la realizzazione dello scopo, con precisi obblighi di rendicontazione, particolarmente puntuali a causa della natura pubblica del bene immobile e dell’entità dei fondi da impiegare. Le sue prerogative appaiono quelle tradizionalmente riconosciute in negozi del genere, con l’ovvio divieto – però - di alienare o diversamente gravare i beni in trust perché ciò determinerebbe l’irrealizzabi-lità del programma negoziale.Sembra del tutt o intuibile che questi fi ni particolari non risultano perseguibili in altro modo, sia da parte del Comune di YYYY che della Fondazione xxx, se non a mezzo dell’istituzione di un trust.Quanto all’ente territoriale, la presumibile carenza di fondi, il vincolo posto dagli stru-menti dell’evidenza pubblica, e tutt e le implicazioni connesse alla gestione di fondi pub-blici, determinerebbero un irrigidimento delle scelte progett uali ed esecutive, ed un ovvio allungamento dei tempi di realizzazione. Quanto alla Fondazione xxx, lo scopo in oggett o non poteva essere raggiunto neanche con la costituzione di una società stru-mentale, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. 153/1999 e della successiva normativa di sett ore, e ciò in quanto il bene oggett o dell’intervento non è di proprietà o in disponibilità esclusi-va della Fondazione stessa, bensì è bene pubblico.

Passando al momento di verifi ca della liceità delle singole previsioni negoziali, ritiene il giudice tavolare che non emerga alcuna violazione della legge di Jersey, e pertanto possa dichiararsi in concreto la validità ed effi cacia del trust, ai sensi dell’art. 3 della Trust Jersey law 1984.In particolare:il trust “esiste” in conformità a quanto previsto dall’art. 2 lett . b) della Trust Jersey law 1984;vi è un trasferimento eff ett ivo di beni (art. 8), nel rispett o della lex rei sitæ (come si dirà a proposito della peculiare natura del bene immobile), ed in misura suffi ciente per il perseguimento dello scopo [art. 50, 1), lett . a)];lo scopo del trust appare lecito e sopratt utt o ha natura sostanziale – in osservanza della Trust Jersey law 1984 as amended 1996, nella sua interpretazione generalmente accett ata, che esclude la legitt imità di un trust con scopo “interno” (nel senso che il trust dovreb-be venir meno a causa dell’errore del sett lor nel disporre del “benefi cial interest”) -, in quanto lo scopo è quello materiale dell’ingrandimento dell’edifi cio destinato ad ospitare l’asilo comunale;non sussiste l’invalidità di cui all’art. 10, anche perché si tratt a di fatt ispecie derogatoria, sussumibile nella previsione dell’art. 10 A;i doveri del guardiano, come quelli del trustee, sono dett agliatamente previsti nell’att o di trust: rimane una lacuna, integrabile ai sensi dell’art. 1374 cod. civ., nel senso che al difett o di espressa previsione dell’obbligo del trustee di consentire al guardiano di accedere alla documentazione contabile (tratt andosi di trust di scopo non caritatevole) supplisce l’imme-diata e necessitata applicazione della norma (apparentemente inderogabile) di cui all’art.

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25, lett . d), ultimo inciso, della Trust Jersey law 1984, come novellata (amendement n.3);la durata del trust è ampiamente inferiore al secolo;è prevista la remunerazione del trustee, peraltro in misura non nota;i rapporti con i terzi e le forme di pubblicità sono adeguatamente disciplinati;vi è disciplina dett agliata in ordine alla distribuzione dei beni al termine del trust o in caso di anticipazione o estinzione.L’att o istitutivo del trust non contiene poi patt uizioni che violino norme inderogabili specifi che o principi precett ivi dell’ordinamento italiano: sarebbe mera esercitazione ac-cademica quella di aff rontare la tematica del contrasto del trust con la norma dell’art. 2740 cod. civ., viste le peculiarità del programma e, sopratt utt o, della natura del bene immobile e dei soggett i disponenti.Quanto alla Fondazione xxx, l’att ività espletata rientra tra quelle statutarie, nel rispett o della normativa di sett ore, essendo perseguito uno scopo di chiara utilità sociale, e in osservanza dei principi di economicità di gestione.Quanto al Comune di Duino-Aurisina, la natura del bene immobile, appartenente al pa-trimonio indisponibile dell’ente territoriale, impone una rifl essione.Sembra ormai acquisito, in dott rina e giurisprudenza, che il bene patrimoniale indi-sponibile non sia una res di per sé insuscett ibile di appartenere ad altri all’infuori della Pubblica Amministrazione, come accade per il demanio; è piutt osto un bene la cui stru-mentalità caratt erizza e demarca i limiti della sua stessa commerciabilità, nel senso che di esso si può disporre l’att ribuzione in godimento al privato ma solo nel rispett o del pubblico interesse, e sott o forma di un diritt o condizionato (Cass., Sez. un., sent. n. 11491 del 22.11.1993 sull’utilizzo della concessione-contratt o). Orbene, il diritt o tavolare trasfe-rito in capo al trustee è caratt erizzato da indubbia impronta proprietaria, ma è partico-larmente conformato, è funzionalmente vincolato al perseguimento dello scopo, oltre ad essere temporalmente e condizionatamente delimitato. Infatt i la vicenda traslativa non trova altra giustifi cazione se non quella della sua totale ed assorbente tensione alla realiz-zazione fi nale del programma negoziale; il bene trasferito non può essere diversamente utilizzato, non può essere alienato o diminuito, ed il suo temporaneo e condizionato passaggio di proprietà non determina la diminuzione o la cessazione dell’att ività pub-blica, che viene disimpegnata nella parte di asilo non interessata dai lavori: l’alienazione non è quindi di ostacolo, ma è fi nalizzata alla migliore futura realizzazione dell’interesse pubblico. Si richiamano qui le precisazioni contenute nella delibera del Comune di YYY (allegato “B” all’att o istitutivo di trust), in cui si descrive l’obiett ivo della “realizzazione dell’ampliamento in tempi estremamente ridott i rispett o al normale iter procedurale” grazie all’istituzione del trust, e si att esta che “il trustee durante l’esecuzione dei lavori di ampliamento … mett erà a disposizione del Comune l’att uale sede dell’asilo nido in modo da non incidere sulla funzionalità del servizio”.Per queste ragioni, apprezzando le motivazioni che hanno spinto l’amministrazione pub-blica a deliberare la stipula del trust e del contestuale att o di trasferimento, si ritiene che non sussista violazione della norma di cui all’art. 828, comma 2, cod. civ., né la nullità del negozio ex art. 1418 cod. civ..Terminando, vanno analizzate le problematiche squisitamente tavolari del ricorso in oggett o.L’att o di trasferimento di proprietà dal sett lor al trustee, per un tempo massimo di due anni dalla data dell’att o costitutivo e salvo il verifi carsi di una serie di condizioni riso-lutive non meramente potestative, merita – ed anzi impone - la forma più completa di pubblicità tavolare, quella dell’intavolazione.La merita in quanto si è comunque al cospett o di una vicenda derivativo-costitutiva inter vivos che non sembra aff att o legitt imo limitare alla forma meno pregnante della pubblicità-notizia, sott o forma di annotazione, dovendo piutt osto culminare nell’inta-

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volazione del diritt o reale, in quanto il programma negoziale stesso lo postula per la realizzazione di fi ni leciti, e perché lo strumento prescelto lo consente. La previsione di cui all’art. 12, comma 2, del R.D. 499/1929 (sulla applicabilità delle norme che in regime ordinario stabiliscono la pubblicità immobiliare, “in quanto non vi osti la diversa natura delle iscrizioni”) non è di ostacolo alla pubblicità nel libro fondiario; infatt i, quand’anche si negasse l’immediata e dirett a operatività dell’art. 12 della Convenzione de L’Aja del 1.7.1985, l’eff ett o ostensivo discenderebbe dalla previsione dell’art. 20, lett . h), della legge generale sui libri fondiari, nel testo allegato al R.D. 499/1929, secondo cui deve formare oggett o di annotazione tavolare qualsiasi “att o o fatt o, riferentesi a beni immobili, per il quale le leggi estese, quelle anteriori mantenute in vigore o quelle successive richiedano o ammett ano la pubblicità - con la precisazione fondamentale e spesso trascurata - a meno che questa debba eseguirsi nelle forme dell’art. 9 della presente legge” (ossia sott o forma di iscrizione dei relativi diritt i reali). Poiché siamo al cospett o del trasferimento del diritt o di proprietà, ossia del diritt o reale per eccellenza e quindi di un diritt o tavo-lare, tale situazione giuridica soggett iva deve essere intavolata, e non semplicemente annotata insieme al suo titolo. Se invero ci si limitasse all’annotazione del titolo, ne de-riverebbe che il trustee non potrebbe disporre (nel caso, retrocedendolo) del diritt o reale immobiliare nel modo più ampio possibile – pur nei limiti dei poteri e del programma negoziale –, in quanto non sussisterebbe la “continuità tavolare” tra il soggett o tavolar-mente iscritt o e l’alienante trustee, essendo solo annotato l’att o traslativo; ed ancora, un creditore, il quale non potesse eff ett uare iscrizioni a peso della proprietà (mai intavolata o prenotata a nome) del trustee, sarebbe - questo sì! – un creditore ingiustamente pregiu-dicato. Legitt ima quindi è la richiesta di intavolazione dello specifi co e concreto diritt o di proprietà in capo al trustee.La pubblicità tavolare si impone anche per altra ragione e sott o diversa forma. Chiunque si trovi ad interferire giuridicamente con questo diritt o tavolare – chè tale è il diritt o di proprietà del trustee -, deve poter conoscere i suoi limiti e quelli della legitt imazione del suo titolare, ai sensi dell’art. 94, comma 1, n. 2, della legge generale sui libri fondiari, nel testo allegato al R.D. 499/1929. La pubblicità di tali limiti è una esigenza intimamente connessa al sistema tavolare, a garanzia dei traffi ci e dei crediti, proprio come lo è lo spe-culare dovere di rifi utare pubblicità di tutt o ciò che è ultroneo rispett o alla vicende reali o di rilevanza immobiliare. Nel caso di specie, e senza che ciò possa valere sempre ed in ogni fatt ispecie di trust, quelle patt uite non sono limitazioni di caratt ere personale, con-nesse agli specifi ci rapporti tra disponenti e trustee, ma veri e propri connotati strutt urali del diritt o reale, di cui è doverosa la pubblicità. In altri termini: solo una forma di diritt o di proprietà di queste fatt ezze è idonea a consentire la realizzazione del programma ne-goziale che i disponenti si sono prefi ssi, e tali sembianze devono essere pubblicizzate in via dirett a ed immediata.Rimane quindi da precisare se la qualità di trustee in capo all’alienatario debba essere solo annotata nel foglio “B” della proprietà, ovvero se debba essere dirett amente l’inta-volazione nel libro fondiario ad indicare la condizione di trustee dell’acquirente.Come sopra espresso, ritiene il giudice tavolare che nel caso di specie, in considerazione della speciale provenienza del bene, del programma vincolato, delle caratt eristiche del trust di scopo, e quindi per tutt e le ragioni sopra evidenziate, si sia al cospett o di una particolare forma di proprietà che imponga di esplicitare subito e dirett amente i limiti che la caratt erizzano: il diritt o tavolare, quale risultante dall’att o istitutivo di trust, deve essere quindi iscritt o in capo al trustee in tale qualità. In casi diversi, nei quali la vicenda traslativa costituisca - ad esempio - il momento più rilevante del programma negoziale, e non un mero strumento per il miglior raggiungimento del vero scopo del trust, queste conclusioni potrebbero non essere più valide, rimanendo i vincoli mere clausole obbliga-torie, non conformanti il diritt o reale.

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Giova solo precisare che, in regime tavolare, la nota problematica sulla natura obbli-gatoria o reale dei vincoli imposti al trustee assume valenza piutt osto teorica. Infatt i al giudice tavolare spett a il potere-dovere di concedere l’iscrizione tavolare solo se, ai sensi dell’art. 94, co. 1 n. 2, della legge generale sui libri fondiari, nel testo allegato al R.D. 499/1929, “non sussiste alcun giustifi cato dubbio sulla capacità personale delle parti di disporre dell’oggett o a cui l’iscrizione si riferisce o sulla legitt imazione dell’istante”. Qualora, quindi, il trustee decidesse di alienare il bene costituito in trust senza rispett are i limiti posti a suo carico, ad esempio cedendolo a terzi diversi dal benefi ciario, il giudice tavolare dovrebbe negare l’iscrizione tavolare a favore dell’alienatario, senza porsi tanto il problema della natura reale o personale dei vincoli violati, aff erendo comunque essi alla capacità di disporre del bene: non si dimentichi che il regime tavolare sconosce l’isti-tuto della vendita a non domino.Si precisa infi ne che la disposizione dell’art. 11 della Convenzione esonera dall’indagine sullo status e sul regime patrimoniale familiare del trustee.Gli elementi negoziali accidentali e tipizzati, quali il termine fi nale e le condizioni di cui agli artt . 5, 9 e 10 dell’att o di trust, vanno annotati insieme all’att o che li contiene, ai sensi dell’art. 20 h) della legge generale sui libri fondiari, nel testo allegato al R.D. 499/1929.Tutt o ciò premesso, il giudice tavolare, in accoglimento del ricorso, cosìDECRETAa) escorporare dal ct. 2° della xxx del Comune Censuario di xxx d’iscritt a ragione del xxx, la p.c. xxx pascolo e la p.c. xxx scuola e formare con le stesse il ct. 1° della nuova xxx del Comune xxx;b) intavolare il diritt o di proprietà del ct. 1° della PT. xxx del Comune xxx a nome di xxx (nato a xxx il xxx), quale trustee del trust “xxx”, con l’annotazione delle condizioni e dei termini di cui agli artt . 5, 9 e 10 dell’att o di trust.Trieste, 23 sett embre 2005Il conservatoreIl Giudice tavolare(Dott . Arturo Picciott o)

TRIBUNALE FIRENZE, SENTENZA DEL 2.7.05

in Trusts e att ività fi duciarie, “Ammissibilità del Trust interno nell’ordinamento italiano”(beni in comunione ereditaria), Gennaio 2006, p. 89 e ss.

(omissis)B) Nel merito:1. Ammissibilità del ricorso all’istitu to del trust nel nostro ordinamento, an che nella for-ma del trust interno.Ritiene il Giudice che debba essere esaminata in primo luogo l’eccezione di nullità in punto di ammissibilità del c.d. Trust interno, che assume caratt ere preli minare. Si osser-va in primo luogo che con il riconoscimento della convenzione adott ata a L’Aja in data 1.7.1985, avve nuta con legge n. 364 del 1989, il nostro stato ha inteso esplicitamente rico-noscere l’ammissibilità nel nostro ordinamento dell’istituto del trust - istituto giuridico proprio dei paesi di Common Law - indi viduando da un lato la legge applicabile (artt . 6-9), dall’altro la riconoscibilità nel nostro ordinamento (art. 11-14) nonché i requisiti

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minimi per il riconoscimento (artt . 3-5) e le caratt eristiche fondamen tali (art 2). In parti-colare all’art. 2 la Convenzione ha defi nito i trust come “rapporti giuridici istituiti da una persona, il costituente - con att o tra vivi o mortis causa - qualora dei beni siano stati posti sott o il controllo di un trustee nell’inte resse di un benefi ciario o per un fi ne spe cifi co” specifi cando che “Il trust presenta le seguenti caratt eristiche: a) i beni del trust costitui-scono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del tru stee; b) i beni del trust sono intestati a no me del trustee o di un’altra persona per conto del trustee; c) il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare ge stire o disporre dei beni secondo i termini del trust e le norme particolari impostegli dalla legge. Il fatt o che il costituente con servi alcune prerogative o che il trustee stesso possieda alcuni diritt i in qualità di benefi ciario non è necessariamente in compatibile con l’esistenza di un trust.”Dalle parole utilizzate emerge con evi denza l’ampiezza e la genericità della defi nizione del trust, accentuata dall’uso di una terminologia atecnica, tale da far ri tenere il trust, negli ampi confi ni delimi tati dalla convenzione, una categoria alla quale possono essere ricondott i molteplici istituti giuridici degli Stati contraenti, ciò che richiede un att ento esame degli att i istitutivi dei trust, per accertarne l’eff ett i va riconducibilità all’ampio (tan-to da es sere stato defi nito “amorfo”) schema di cui alla convenzione. Siff att o esame è pe-raltro necessario anche al fi ne di verifi ca re l’assenza di contrasto con norme inde rogabili di legge, o di applicazione neces saria o di ordine pubblico, in quanto in tal caso ai sensi degli artt . 15, 16 e 18 trova applicazione la legge interna, mentre non vi sono altri limiti che il trust incontri nel nostro ordinamento, non avendo lo stato italiano inteso formulare riserve in sede di ratifi ca.Sussiste contrasto tra le parti circa l’ammissibilità del c.d. “trust interno”, fi gura che ri-corre allorquando, come nel caso di specie, si sia in presenza di un tru st istituito da un citt adino italiano, su be ni siti nel territorio italiano a favore di benefi ciari italiani, residenti in Italia, e anche i trustees siano di nazionalità ita liana e residenti in Italia, e solo la legge scelta dal disponente sia straniera, nel ca so di specie essendo prevista l’applicazio ne della legge inglese.I1 contrasto tra le parti sul punto muo ve dai diversi argomenti, come ampia mente svi-luppati dalla dott rina nonché in alcune pronunce di merito.La tesi che escluderebbe l’ammissibi lità dei trust interni si fonda principal mente su ar-gomenti di natura internazio nal-privatistica. Si sostiene in primo luo go che poiché l’art. 6 della convenzione citata stabilisce il principio della libertà di scelta della legge appli-cabile al trust, la scelta presupporrebbe l’esistenza di una fatt ispecie caratt erizzata da elementi di internazionalità per giustifi care l’inter vento del diritt o internazionale pri-vato, che non opera laddove non vi sarebbe al cun confl itt o possibile di leggi, trovando applicazione la legge del foro. Si ricorda che l’art. 5 della convenzione, qualora la legge determinata dal disponente non preveda l’istituto del trust come defi nito dall’art. 2 non potrebbe darsi luogo al ri conoscimento come trust del rapporto giuridico, localizzato nell’ordinamento la cui legge è applicabile. Ma in proposito deve obiett arsi che qualora ci si trovi in nanzi ad una convenzione di diritt o uniforme relativa a norme di diritt o inter nazionale privato riferite ad obbligazioni contratt uali, la scelta della legge applica-bile è normalmente consentita, a prescin dere dalla c.d. internazionalità del rappor to, in quanto rientra di massima nell’au tonomia negoziale la facoltà di scelta del la disciplina applicabile al rapporto. Va piutt osto osservato che si sostiene ancora che la costruzione di un trust rett o dal di ritt o inglese, quando tutt i gli elementi so stanziali della fatt ispe-cie si riferiscono all’ordinamento italiano, potrebbe essere considerata una costruzione abusiva che non potrebbe condurre alla deroga di di sposizioni imperative del dirit-to italiano. In proposito rileva il Giudice che tale ar gomento non vale ad escludere l’ammissi bilità in astratt o del trust interno, ma im pone piutt osto un’analisi pregnante

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degli att i istitutivi del trust per verifi care l’e ventuale sussistenza, in concreto in dero ga a disposizioni imperative, ineludibili dall’autonomia privata. La quale però de ve essere rispett ata ogni qual volta, entro il limite predett o, e dunque legitt ima mente, cerchi di realizzare un particolare risultato negoziale, anche ricorrendo a tecniche, pure diverse e nuove, maggior mente consone al raggiungimento dello scopo negoziale, in particola-re, con riferi mento al trust, in relazione ad operazioni economiche non adeguatamente regola bili con il ricorso agli schemi classici del la fi ducia e del mandato. Occorrerà dun-que in concreto valutare l’assenza di con trasto con norme imperative del diritt o nazio-nale oltre che la meritevolezza dell’interesse perseguito.Va quindi ricordato che ai sensi dell’art. 11 della convenzione il riconosci mento del trust implica come contenuto minimo “che i beni dei trust siano separa ti dal patrimo-nio personale del trustee, che il trustee abbia la capacità di agire in giudizio ed essere citato in giudizio, o di comparire in qualità di trustee davanti ad un notaio o altra persona che rappresenti un’autorità pubblica”, in particolare im pedendo l’aggressio-ne dei beni del trust da parte dei creditori del trustee. Ciò in quanto la segregazione rispett o al patri monio del trustee è l’eff ett o naturale del trust, in quanto i beni in trust sono beni ai quali è impressa una specifi ca destina zione, che prevale rispett o a pretese con fl iggenti.Da tale norma ben può ricavarsi che il trust non dia in realtà luogo ad una scis sione del diritt o di proprietà, rigorosa mente individuato nel suo contenuto uni tario dall’art. 832 c.c., ma crea un rappor to dialett ico tra due coesistenti diritt i su uno stesso bene, il “legal estate” - ai fi ni dell’amministrazione - e l’“equitable esta te” - ai fi ni del godi-mento, secondo i tratt i tipici del trust nel diritt o inglese, il cui regime è il risultato della coesistenza nell’ordinamento inglese di due distinti ordi ni di regole: la common law e 1’equity. Ta li ordini interagiscono nell’istituto del trust - e nella delimitazione fra la compe tenza del diritt o comune e quella dell’e quity la determinazione del diritt o di pro prietà spett a al diritt o comune, mentre spett a all’equity stabilire quali siano i com-portamenti contrari alle norme di co scienza - e fanno sì che la questione circa chi sia il proprietario del trust sia in realtà mal posta, dovendosi att ribuire piutt osto rilievo al fatt o che l’att ribuzione patrimo niale programmata dal disponente abbia caratt ere di co-essenzialità rispett o ad uno scopo specifi camente perseguito, senza che vi sia in realtà una “doppia proprietà”, ma una sola proprietà, mentre i diritt i del benefi ciario di un trust (la sua equitable ownership), sarebbero posti a carico del trustee, e non ricavati dal suo diritt o, ciò che escluderebbe ogni possibile contrasto con l’art. 832 c.c.Si osserva ancora che il trust interno non potrebbe ammett ersi per contrasto con l’art. 2740 c.c., quale norma italiana inderogabile o di applicazione necessaria: ma in pro-posito deve ritenersi che l’eff ett o segregativo è previsto proprio dalla convenzione in deroga all’ordinamento e che l’art. 11 della L.364/89 deve ritenersi eccezione di fonte legislativa al principio della responsabilità limitata. Peraltro la possibilità di costituire patrimoni separati - quale è il trust - non è estranea al nostro ordinamento (si pensi, a titolo esemplifi cativo, agli artt . 1707, 167, 1881, 1923, 490, 2117 c.c., oltre che all’art. 3 della legge 23.3.1983 n. 77; all’art. 22 D.lgs. 24.2.1998 n. 58; oltre che all’art. 2447 bis sui “patrimoni destinati ad uno specifi co aff are”), ciò che smentisce la portata di principio generale di ordine pubblico att ribuita all’art. 2740 c.c. (Cfr. Tribunale Bologna 1.10.2003 n. 4545).Non vi sono dunque eff ett ivi ostacoli ordinamentali all’ammissibilità di trust interni, che si deve per contro aff ermare sulla base dell’art. 6 della Convenzione che stabilisce la libertà di scelta della leg ge applicabile al trust, e dell’art. 11 che prevede l’obbligo per gli stati di ricono scere gli eff ett i del trust nei rispett ivi or dinamenti una volta che il trust sia stato costituito in conformità a questa legge, senza che l’Italia abbia posto, come avreb be potuto, alcuna limitazione.

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L’ammissibilità in linea di principio del trust interno si ricava inoltre dall’art. 13, da interpretarsi quale norma di chiusura, che nonostante la regola generale di ammissibi-lità dett ata dalla convenzione, consente di non riconoscere un trust in terno - ossia un trust “i cui elementi im portanti, ad eccezione della scelta della legge da applicare, del luogo di ammini strazione e della residenza abituale del trustee sono più strett amente connessi a Stati che non prevedono l’istituto del tru st o la categoria del trust”. Ciò che è pos sibile accada allorché, nonostante le limi tazioni dell’art. 15 e nonostante gli ordinari rimedi del diritt o interno contro gli att i dispositivi in pregiudizio dei diritt i dei terzi, uno specifi co trust per un insieme di circostanze produca eff ett i inaccett abili per l’ordinamento.Deve dunque riconoscersi l’ammissi bilità in astratt o del ricorso a trust interno da parte di F.F., salvo valutare in concreto validità ed effi cacia dell’att o dispositivo.2. Eff ett i della sentenza di divisione e sussistenza della comproprietà al momen to dell’at-to istitutivo del trust.L’att ore ha eccepito in primo luogo la nullità dell’att o istitutivo del trust F. in quanto il disponente avrebbe sott oposto nel trust “gli immobili ed i mobili allo stesso att ribuiti con la citata sentenza del Tribunale di Firenze n. 2972/2000”, in quanto avrebbe in tal modo disposto, co me beni di sua esclusiva proprietà, di im mobili che, al contrario alla data del 31.1.2001 erano in proprietà comune con l’ing. C. F., addiritt ura per una quota mi noritaria (13/27) rispett o a quella maggio ritaria (14/27) in capo a quest’ultimo. Se condo l’assunto dell’att ore ciò sarebbe av venuto sulla base dell’erroneo e illegitt i mo presupposto per il cui il Tribunale con la predett a sentenza “sciogliendo la comu nione ereditaria nascente dalla successio ne del padre del disponente sig. C. F.... ha assegnato al disponente la piena proprietà di alcuni immobili oltre ad alcuni beni mobili” (premesse dell’att o 31.1.2001). Nell’att o si legge inoltre che “il disponen te desidera costituire e ricomprendere da subito nel trust come sopra istituito tutt i gli immobili a lui assegnati con la citata sentenza”.Poiché la sentenza di primo grado, impugnata, è priva di provvisoria esecuti vità, ad av-viso dell’att ore, permane allo stato la medesima e non mutata situazio ne comproprietaria su tutt i i beni immo bili costituiti in trust, con tutt i i connessi diritt i dell’att ore, compro-prietario di maggioranza, negati o emulativamente compressi dalle controparti, se non azze rati con l’att o impugnato.L’assunto dell’att ore circa l’assenza di provvisoria esecutività della sentenza di primo grado, con conseguente permanere allo stato della situazione di compro prietà, deve es-sere condiviso, considerato che, per giurisprudenza pacifi ca della S. C. “L’anticipazione dell’effi cacia della sentenza rispett o al suo passaggio in giudi cato ha riguardo soltanto al momento del la esecutività della pronuncia, con la con seguenza (att eso il nesso di corre-lazione necessaria tra condanna ed esecuzione forzata) che la disciplina dell’esecuzione provvisoria di cui all’art. 282 cod. proc. civ. trova legitt ima att uazione soltanto con rife-rimento alle sentenze di condan na, le uniche idonee, per loro natura, a costituire titolo esecutivo, postulando il concett o stesso di esecuzione un’esigenza di adeguamento della realtà al “decisum” che, evidentemente, manca sia nelle pro nunce di natura costitutiva che in quelle di accertamento (Cass. Sez. I, sent. n. 1037 del 06-02-1999).Va quindi osservato con riferimento alla pronuncia di divisione, a cui fanno rinvio le condizioni apposte all’att o istitu tivo del trust, che “Il principio della natu ra dichiarativa della sentenza di divisione opera esclusivamente in riferimento all’eff ett o distributivo, per cui ciascun con dividente è considerato titolare, sin dal momento dell’apertura della successione, dei soli beni concretamente assegnatigli e a condizione che si abbia una distribuzio ne dei beni comuni tra i condividenti e le porzioni a ciascuno att ribuite siano pro porzionali alle rispett ive quote; non opera invece, e la sentenza produce eff ett i costi-tutivi, quando ad un condividente sono assegnati beni in eccedenza rispett o alla sua quo-ta, in quanto rientranti nell’altrui quota” (Cass. Sez. II, sent. n. 9659 del 24 -07-2000) e che

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«In tema di divisione giu diziale, una volta passata in giudicato la sentenza con la quale è stato disposto lo scioglimento della comunione e siano sta ti determinati i lott i questi entrano da quel momento a far parte del patrimonio di ciascuno degli ex comunisti se pure, nel caso ne sia disposto il sorteggio, l’indivi duazione in concreto di costoro abbia luo go successivamente in concomitanza con tale adempimento di caratt ere puramente formale, onde qualsiasi evento si verifi chi nel fratt empo a vantaggio o in danno dei beni costituenti ciascun singolo lott o, si verifi ca a vantaggio od in danno dell’ex comunista cui lo stesso verrà assegnato in sede di sorteggio, senza che tali accadi menti possano più minimamente infl uire sulla determinazione della composizione dei lott i e dar luogo ad ulteriori aggiusta menti o conguagli” (Cass. Sez. II, sent. n. 7129 del 25-05-2001).3. L’istituzione di trust e la sott oposi zione nel trust degli immobili e dei mobi li att ribuiti a F.F. con la sentenza di scio glimento della comunione.Con att o del 31.1.2002 F.F. premesso che il tribunale di Firenze con sentenza n. 2972/2000 in data 20 giugno-15 novem bre 2000, sciogliendo la comunione eredi taria nascente dalla successione del padre del Disponente signor C. F. aveva assegnato al disponente la piena proprietà di alcuni immobili oltre ad alcuni beni mo bili; che la sentenza non era passata in giudicato e sarebbe stata presumibilmente appellata (come infatt i è avvenuto), di chiara di desiderare “che il complesso dei beni ricompresi nel lott o che sarà a lui de fi nitivamente assegnato con sentenza de fi nitiva sia mantenuto unito nel tempo per essere att ribuito ai fi gli delle sue fi glie quando essi raggiungeranno un’età da lui giudicata idonea per po-terne opportuna mente godere, affi dandone la gestione a persone degne di fi ducia per la loro mi gliore amministrazione e conservazione” e “a tale scopo il disponente istituisce il tru st contenuto nel documento che viene al legato a questo att o sott o la lett era A”. Il di-sponente dichiarava altresì di desidera re “costituire e ricomprendere da subito nel trust come sopra istituito tutt i gli im mobili a lui assegnati con la citata sen tenza o alternativa-mente quelli che do vessero essergli att ribuiti con la sentenza defi nitiva”. Precisava che in base alla leg ge inglese applicabile e alla convenzione: a) i beni del trust costituiscono una mas sa distinta, non fanno parte e sono sepa rati dal patrimonio del disponente e del trustee, non fanno parte del suo regime matrimoniale o della sua successione; b) i credi-tori personali del trustee, del dispo nente e dei benefi ciari non possono ag gredire i beni del trust”. Dava quindi att o (art. 2) che 2.2.a “gli immobili att ribuiti in piena proprietà al disponente con la ci tata sentenza sono costituiti in trust sott o la condizione risolutiva che tale sentenza non passi in giudicato e la sentenza defi nitiva modifi chi la composizione degli immobili att ribuiti al disponente; 2.2.b gli altri immobili oggett o della stessa comu-nione ereditaria sono costituiti in trust sott o la condizione sospensiva e limitata mente a quelli che siano ricompresi nel lott o att ribuito al disponente con senten za defi nitiva”. Ve-niva stabilito altresì che “in conseguenza di questo att o il patrimo nio sott oposto al trust costituisce un pa trimonio separato e su di esso il disponen te cessa di avere ed esercitare ogni re sponsabilità, potere e diritt o proprietario, responsabilità, diritt i e poteri che da questo momento saranno assunti ed esercita ti da trustee pro tempore non nell’interes se proprio ma nell’esclusivo interesse dei fi ni e dei benefi ciari del trust”.Venivano quindi specifi cati i beni ri cadenti nel trust sott o condizione risoluti va che la sentenza non fosse modifi cata, ricomprendendovi il fabbricato... il fab bricato di via... e i fondi ad uso negozi di via...Venivano specifi cati quali beni oggett o della comunione ereditaria, sott o la condizione sospensiva e limitatamente a quelli che siano ricompresi nel lott o defi nitivamente att ri-buito al disponente, il palazzo..., nella sentenza di primo grado att ribuito a C. F.Si osserva che nella premessa dell’al legato A), il cui tenore è parzialmente diff orme dal-la premessa dell’att o si dà att o che il Tribunale di Firenze con la me desima sentenza 15.11.2000 avrebbe rico nosciuto che al disponente compete la quota di 13/27 sui beni re-litt i, e al fi glio C. la quota di 14/27, e che “il disponente desidera che la sua quota di 13/27

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dei be ni inclusi nelle citate successioni sia man tenuta unita nel tempo allo scopo di per-venire ai fi gli delle sue fi glie, quando essi saranno in età di poterli opportunamente go-dere” aggiungendo che “il disponente trasferisce in questo momento al Trustee appresso nominato la somma di lire dieci milioni”. Sono quindi individuati come “beni in trust” la somma di cui in Premes sa; i beni immobili inclusi nella quota di 13/27 delle successioni di cui in Premessa. Si ribadisce che i beni in trust sono sepa rati dal patrimonio proprio del trustee e non sono in alcun caso aggredibili né dai suoi creditori né dai creditori del dispo nente, e che i diritt i e le obbligazioni del trustee sono disciplinate cumulativamen te dalla legge inglese e dalla legge italiana e che “per l’applicazione della legge italia na, il trustee è considerato quale gestore di beni che, sebbene di sua proprietà, so no destinati a soddisfare esclusivamente interessi altrui e ad essere trasferiti ai be nefi ciari”, trasferi-mento da att uare al ter mine del trust.Si dispone altresì che “il trustee di spone dei beni in trust senza alcuna limi tazione che non risulti in questo strumen to”, e che il reddito del trust, come tale intendendosi “ogni frutt o dividendo, in teresse o altra utilità prodott o dai Beni in trust o percepito dal tru-stee” è “a discre zione del trustee accumulato nel trust o distribuito ai benefi ciari del reddito o par te accumulato e parte distribuito; in caso di discrezione spett a al trustee decidere discrezionalmente a vantaggio di quale benefi ciario”.4. Tanto premesso in linea di princi pio in punto di eff ett i della sentenza di scioglimento della comunione - con la conseguenza che permane immutata allo stato, e fi no al passag-gio in giudicato del la sentenza di divisione, la comunione ereditaria sui beni che sono stati sott opo sti nel trust - e richiamati i tratt i salienti dell’att o istitutivo del trust F., rileva il Giudice che non può negarsi, in linea di principio, la possibilità per il comproprie tario di disporre della propria quota. Così come deve riconoscersi la possibilità di disporre an-che di singoli beni purché, in tal caso, sott o condizione sospensiva che al momento dello scioglimento della co munione i beni gli vengano assegnati, ogni qual volta la divisione abbia caratt e re dichiarativo, cosicché i beni si consi derano di proprietà divisa dei singoli ab origine, operando la divisione retroatt i vamente cioè ex tunc e non ex nunc. Si osserva che nel caso di specie dal tenore complessivo dell’att o e dalla menzione separata dei beni oggett o del trust si rica va che si versa in tale seconda ipotesi, os sia che si tratt a non già di disposizione della quota della comunione, bensì dei singoli beni in essa ricadenti, nella loro specifi ca individuazione, distinti gli uni dagli altri.Rileva quindi il Giudice che per con tro non possono ritenersi ammissibili att i di dispo-sizione di singoli beni sott o con dizione risolutiva, dei quali il singolo non può pacifi ca-mente disporre senza l’assen so del comproprietario - considerato che nella comunione pro indiviso il diritt o di ciascun partecipante investe l’intera co sa. Tanto meno ciò è pos-sibile allorché l’att o, nella confi gurazione del trust, ap ponga un vincolo di separazione patrimo niale a beni ricadenti nella comunione, in palese pregiudizio dei diritt i del com-proprietario, tanto più a fronte della fa coltà del trustee di disporre dei beni sen za alcun vincolo diverso da quelli deri vanti dal trust.Si tratt a in tal caso di un att o di di sposizione privo di qualsivoglia effi cacia, in quanto il trasferimento di un bene in comunione a terzi, è att o collett ivo, e il negozio dispositivo, non essendosi forma ta la volontà da parte di tutt i gli aventi di ritt o - oltre che volto ad at-tuare un trasfe rimento di bene in comunione senza il consenso di uno dei comproprietari ed in pregiudizio dei suoi diritt i - è radicalmen te nullo.Ritiene quindi il Giudice che la nul lità del negozio, in relazione ad uno degli oggett i alternativi contemplati, ed in par ticolare con riferimento ai beni att ribuiti dalla sentenza di primo grado, non ancora passata in giudicato, che al momento isti tutivo si indicava passibile di appello non già dal disponente ma dal comproprieta rio C. F., produca la nullità dell’intero att o istitutivo del trust.Deve infatt i ricordarsi che l’intento dichiarato dal disponente è nel senso “che il comples-

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so dei beni ricompresi nel lott o che sarà a lui defi nitivamente asse gnato con sentenza de-fi nitiva sia mante nuto unito nel tempo per essere att ribui to ai fi gli delle sue fi glie quando essi rag giungeranno un’età da lui giudicata ido nea per poterne opportunamente godere, affi dandone la gestione a persone degne di fi ducia per la loro migliore ammini strazione e conservazione”. Al contempo egli provvedeva alla costituzione e ri comprensione “da subito nel trust come sopra istituito tutt i gli immobili a lui as segnati con la citata senten-za o alternati vamente quelli che dovessero essergli att ribuiti con la sentenza defi nitiva”. Orbe ne tenuto conto dell’eff ett o di segrega zione perseguito, non solo rispett o al re stante patrimonio del trustee, ma anche del disponente e della volontà di dare in nanzitutt o att ualità ed effi cacia imme diata all’istituzione del trust, essendo in via principale pre-vista una condizione ri solutiva, per i beni già att ribuiti, lo scopo dell’att o istitutivo non possa essere effi cacemente realizzato sott o la condizione sospensiva in relazione a beni provviso riamente att ribuiti dalla sentenza all’al tro condividente e senza alcun manife-stato intento da parte del disponente di ott enere un mutamento dell’assegnazio ne dei beni in sede di divisione. In pro posito deve piutt osto rilevarsi una speci fi ca volontà di F. F. manifestata nel corso dei molteplici giudizi tra le parti di eser citare in via esclusiva l’azienda alber ghiera..., il cui fabbricato risulta a lui as segnato nella sentenza di divisione invo cata nell’att o istitutivo del trust, ed in particolare nella parte sott oposta a con dizione risolutiva, tanto da aver tenace mente sostenuto in giudizio di esserne proprietario esclu-sivo, ciò che è stato ra dicalmente escluso nel giudizio defi niti vo a seguito della pronun-cia della Cassa zione n. 10008/96.È poi di palmare evidenza che il tru st perderebbe in radice la sua ragion d’essere avuto riguardo allo scopo perse guito, ove fosse limitato alla somma di L.10.000.000.Per le ragioni predett e ad avviso del Giudice deve ritenersi che il trust non sa rebbe stato istituito senza quella sua parte colpita da nullità con conseguente propa gazione della nullità all’intero att o.La domanda principale di nullità pro posta da C. R. viene dunque accolta. Appare a questo punto opportuno ri levare che la declaratoria di nullità inve ste diret-tamente l’att o dispositivo con cui è stato istituito il trust, che a ben vedere prescinde dal fatt o che l’att o inerisse ad un trust, impregiudicata restando, perché assorbita dalla pronuncia di nullità, ogni ulteriore questione sollevata circa l’inten to abusivo in concreto perseguito tramite il ricorso al trust.All’accoglimento della domanda, tratt andosi di att o trascritt o, consegue ex art. 2655 c.c. l’ordine al Conservatore dei Registri Immobiliari di Firenze la trascri zione della presente sentenza.(omissis)

TRIBUNALE TRENTO,DECRETO TAVOLARE DEL 20.7.04, “ANNOTAZIONE DI UN TRUST INTERNO NEL REGISTRO TAVOLARE”

in Trusts e att ività fi duciarie, Ott obre 2004, p. 573 e ss.

DECRETO TAVOLARE

LETTA la domanda del dott . Marco Dolzani Notaio in Trento, per conto di... nato a... il... - residente a...

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VISTO l’att o contenente istituzione di trust e sott oposizione e vincolo nel trust di beni immobili dd. 16.12.2003 - con allegato Att o istitutivo del Trust... (rep. 18.980 - racc. 9.530 dott . Luigi Francesco Risso Notaio in Genova) - in corso di registrazione -VISTA la L. 16.10.1989 n. 364 “Ratifi ca ed esecuzione della convenzione sulla legge appli-cabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adott ata a L’Aja il 1° luglio 1985”

PREMESSO:L’istituto dei trust in seguito alla L. 364/89 (entrata in vigore il 1° gennaio 1992) con la quale veniva ratifi cata da parte dello Stato italiano la Convenzione dell’Aja del 1985, ha acquisito un diritt o di citt adinanza nel nostro ordinamento.I trust volontariamente istituiti sono l’unica categoria di trusts ammessa nel nostro ordinamento, nonostante l’esperienza dei Paesi di Common Law rechi anche altre ca-tegorie di trusts.La dott rina più tradizionale ha defi nito questo modello di trust convenzionale con l’ag-gett ivo di “amorfo” poiché in esso non sono contenute disposizioni sostanziali unifor-mi volte a dare una compiuta defi nizione dell’istituto.La Convenzione (art. 2) indica i requisiti minimi affi nché si possa aff ermare di essere in presenza di un trust e cioè: il rapporto giuridico in base al quale un soggett o, dispo-nente, si spoglia della proprietà di parte o di tutt i i suoi beni, con att o tra vivi o mortis causa e lo pone sott o il controllo di un trustee; l’obbligo di questi di amministrarli nell’interesse di una o più persone (benefi ciary-benefi ciari) o per un fi ne specifi co.L’eff ett o più importante prodott o dall’istituzione del trust è rappresentato dalla “se-gregazione patrimoniale”, per la quale i beni posti in trust costituiscono un patrimo-nio separato rispett o ai beni residui che compongono il patrimonio del disponente e del trustee. Ne deriva, quale principale conseguenza giuridica, che qualunque vicenda personale e patrimoniale che colpisca queste fi gure non travolge mai i beni in trust.La segregazione fa sì che i beni in trust non possano essere aggrediti dai creditori per-sonali del trustee, del disponente e dei benefi ciari; in altri termini, i beni in trust risul-tano quindi effi cacemente sott oposti ad un vincolo di destinazione (in sostanza sono destinati al raggiungimento dello scopo prefi ssato dal disponente nell’att o istitutivo) e ad un ulteriore vincolo di separazione (cioè sono giuridicamente separati sia dal patri-monio residuo del disponente sia da quello del trustee).Uno dei punti di più diffi cile comprensione è rappresentato dalla dicotomia fra legge applicabile e riconoscimento.Si può comprendere questo passaggio se si tiene presente che l’Italia non ha una norma di diritt o positivo che dia disciplina all’istituto del trust.Da tale fatt o consegue che la legge applicabile ad un att o di trust non possa mai essere quella italiana, mentre è senz’altro l’Italia lo Stato dove si chiederà il riconoscimento dell’att o.In pratica succede che un trust posto in essere secondo la Convenzione, regolato da una legge straniera rispett o all’ordinamento dove se ne chiede il riconoscimento, deve essere riconosciuto valido e produtt ivo di eff ett i nello Stato dove in concreto deve ope-rare. Ciò produce ovviamente la contemporanea sinergia della legge dello Stato estero richiamata, in qualità di legge applicabile, delle norme inderogabili e dei principi di ordine pubblico dello Stato dove il trust è riconosciuto.L’art. 11 della Convenzione prevede il riconoscimento per ogni trust costituito in con-formità ad una legge specifi ca; tale riconoscimento non è però obbligatorio, posto che il successivo art. 13 riconosce il potere, allo Stato che dovrebbe provvedere al ricono-scimento, di rifi utarlo se gli elementi costitutivi del trust, all’infuori della legge rego-latrice richiamata, rimandano ad un diverso ordinamento che non conosca l’istituto. Questa eventualità è prevista dalla Convenzione per salvaguardare la sovranità dello

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Stato chiamato al riconoscimento.Al contrario, infatt i, è da ritenersi possibile e lecito, proprio in base alla Convenzione, procedere al riconoscimento di un trust interno, intendendosi con ciò un trust i cui elementi costitutivi siano tutt i nazionali (trustee, disponente, benefi ciari e beni in trust italiani) con unico e necessario elemento di estraneità, per le ragioni suddett e, la legge applicabile, ad esempio quella inglese.Nell’ipotesi in cui un trust, oltre alla legge applicabile, abbia anche altri elementi di estraneità, quali beni esteri o benefi ciari o disponenti, non rientra fra i trust interni, ma è un trust che è sempre riconosciuto nel nostro ordinamento per eff ett o del Diritt o Internazionale Privato (D.I.P) e della Convenzione.Teoricamente lo Stato italiano potrebbe non riconoscere un trust interno, argomentan-do semplicemente in base alla facoltà riconosciuta dal citato art. 13.A parere, invece, della dott rina, ed anche di alcune decisioni giurisprudenziali, prima tra tutt e quella del Trib. di Bologna, I sez. vg. del 28.4.2000, ciò deve escludersi.Se infatt i fosse negata validità ai trust interni, regolati da legge straniera, si arriverebbe al paradosso per il quale sarebbe obbligatorio riconoscere in Italia trusts istituiti da stranieri, aventi ad oggett o beni siti in Italia e regolati da una legge estera, e, al contra-rio, negare riconoscimento al trust costituito da citt adino italiano, con evidenti profi li di incostituzionalità ex art. 3 della Costituzione.Al fi ne di favorirne il riconoscimento, la Convenzione dett a all’art. 15 una serie di clausole di salvaguardia, riconducibili alle norme di applicazione necessaria, relative alla legge applicabile, alle norme di ordine pubblico interno dello Stato che provve-derà al riconoscimento ed infi ne, alle cosiddett e norme di ordine pubblico internazio-nale (art. 15, comma 1, e 16, in combinato disposto con l’art. 17 della legge 31 maggio 1995 n. 281 recante “Riforma del sistema italiano di Diritt o Internazionale Privato” e l’art. 18 della Convenzione).La mancata modifi ca di alcune norme interne in materia di tipicità dei diritt i reali e di trascrizione ha comportato problemi interpretativi in materia di proprietà e di trascrizione.La tipicità del diritt o di proprietà e dei diritt i reali minori è da tempo oggett o di dibat-tito e discussione, ben prima dell’evento del trust. Al riguardo si rileva come istituti da poco vigenti nel nostro ordinamento, quali su tutt i la multiproprietà, hanno già effi cacemente iniziato un’opera di demolizione di tale principio.A questo logico passaggio se ne deve aggiungere un altro: il trust non da luogo in alcun modo ad uno sdoppiamento del diritt o di proprietà. I beni in trust sono solo e soltanto del trustee con un vero e proprio trasferimento avente natura reale.Allo stesso modo però il trustee subisce una compressione del suo diritt o di godi-mento dei beni in trust del tutt o legitt imato dall’art. 832 c.c. ai sensi del quale: “il proprietario ha diritt o di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo”. E difatt i il godimento sui beni in trust eff ett uato dal trustee - legitt imo titolare degli stessi - altro non è che un diverso modo di godere e disporre dei suoi beni, che la leg-ge gli consente, come diritt o soggett ivo assoluto, proprio del disposto dell’art. 832.In altri termini, mentre la titolarità del diritt o di proprietà è piena, l’esercizio di tale diritt o è invece limitato al perseguimento degli scopi indicati nell’att o istitutivo. Ma tale limitazione ha la sua fonte in un legitt imo att o di autonomia negoziale del tru-stee, che acconsente a divenire tale con att o frutt o della sua libera volontà dispositiva, meritevole di protezione nel nostro ordinamento ai sensi dell’art. 1322 c.c.L’art. 12 della Convenzione consente al trustee di richiedere la trascrizione dei beni in trust nella sua qualità di trustee, a meno che ciò non sia incompatibile con l’ordi-namento giuridico.La trascrizione deve essere eff ett uata perché una norma internazionale speciale con-

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cede alla parte il potere di richiederla e, altresì, perché il trust produce parte degli eff ett i tipici dei contratt i di cui all’art. 2643 e ss. c.c.

RITENUTO pertanto che l’art. 12 della Legge 364/89 ha introdott o nel nostro ordina-mento una nuova fatt ispecie pubblicizzabile, non essendoci disposizioni espresse né principi generali che confi gurino un divieto di trascrizione del trust.Relativamente alla distinzione, anche sul piano della pubblicità immobiliare, tra ef-fett i traslativi ed eff ett i vincolistici del trust, si può aff ermare che la pubblicità dell’ef-fett o traslativo trova la sua giustifi cazione negli art. 2643 e 2645 c.c., mentre per gli eff ett i vincolistici è ipotizzabile una applicazione analogica dell’art. 2647 dett ato in materia di fondo patrimoniale.Relativamente al trust di cui alla presente istanza, tratt arsi di trust interno o domesti-co, in quanto gli elementi signifi cativi (salvo la legge di disciplina) sono collegati ad uno stato “no trust” (localizzazione dei beni, residenza dei benefi ciari e del sett lor...); a tale proposito la Convenzione non indica quale presupposto per la sua applica-zione la presenza di elementi di estraneità ulteriori rispett o alla scelta della legge straniera.Posto che il trust interno sorge in conseguenza della scelta, libera e legitt ima ex art. 6 della Convenzione, da parte del sett lor di una legge regolatrice idonea, in forza degli art. 15, 16 e 18, qualora il trust produca eff ett i contrastanti con norme inderogabili o principi di ordine pubblico, l’applicazione della legge straniera sarà sostituita dalla legge interna.Dall’esame della documentazione prodott a, non vi sono evidenti motivi per censura-re la richiesta pubblicità del trust in oggett o.

ACCERTATO infi ne, con riferimento alla richiesta di pubblicità del trust, che: 1) tratt asi di trust ai sensi della Convenzione dell’Aja,2) l’att o presenta i requisiti formali previsti dalla legge,3) i vincoli di cui alla pubblicità richiesta nascono dalla Legge (art. 11 e 12 della Con-venzione), sono pertanto vincoli legali e presentano il caratt ere di realità in quanto ineri-scono dirett amente ai beni in trust con effi cacia erga omnes,4) la pubblicità del trust consente la conoscibilità ai terzi dell’eff ett o segregativo proprio dell’istituto,5) l’art. 20 h) Legge Tavolare consente alle norme giuridiche che non trovano un proprio corrispondente specifi co per la pubblicità nella Legge Tavolare di esplicare i loro eff ett i anche nel sistema tavolare, fermo restante il limite della “compatibilità”,6) nella L. 364/89 non si ravvisa alcuna incompatibilità con il sistema tavolare, tratt andosi di pubblicizzare il fatt o che l’acquisto o la destinazione di un determinato immobile è avvenuto non in nome proprio o per utilità propria, ma nella qualità di trustee, al fi ne di garantirne la segregazione,7) l’art. 12 della Convenzione non può non trovare applicazione anche nei territori a regime tavolare, per non creare una illogica disparità di tratt amento con i trustee di beni immobili soggett i a trascrizione presso le Conservatorie dei RR-II.RITENUTO infi ne, nel merito della tecnica tavolare di annotazione, che si debba an-notare la “costituzione” in trust, in quanto dall’ art. 11 della L. 364/89 si ricava che un trust “costituito” in conformità alla legge dovrà essere “riconosciuto” come trust. Tale riconoscimento implica che i beni in trust siano “separati” dal patrimonio personale del trustee. Scopo dell’annotazione è proprio quello di dare pubblicità all’eff ett o segregativo dell’istituto, con la conseguenza che eventuali future iscrizioni pregiudizievoli potranno essere accolte se richieste contro il trust... o contro il trustee..., rigett ate invece se richieste contro la persona fi sica...,

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VISTA la Legge Tavolare, ORDINAIn PT... - nel fogli B delle porzioni... della p. ed... - con collegata la comproprietà della pm...-:l’ANNOTAZIONE della costituzione in TRUST di questo corpo tavolare, ai sensi dell’art. 11 della L. 368/89 e dell’att o contenente istituzione di trust dd. 16.12.2003.

TRIBUNALE BOLOGNA, SEZ. I CIV., SENTENZA 1.10.2003, N. 4545

(Trust costituito da un coniuge, con beni in comunione legale, in pendenza del giudizio di separazione personale)

Svolgimento del processo

Con att o di citazione del …2000, xxx conveniva in giudizio T.G.e la Società Fiduciaria yyy; l’att rice aff ermava:1) che era pendente presso la Corte d’Appello di Bologna una causa di separazione giudiziale dal coniuge (la sentenza di I grado era stata pronunciata dal Tribunale di Bologna il 21/5/1999);2) che con att o del 29/9/1999, registrato in data 26/10/1999, il marito aveva istituito un trust conferendo al trustee Società Fiduciaria il potere di disporre, amministrare e ge-stire alcuni beni immobili che venivano contestualmente affi dati (e trasferiti) per tale scopo (in particolare, la porzione del fabbricato denominato “…”, in piena ed esclusiva proprietà di T.G.. …, ubicato in Bologna, la quota di ½, in comunione indivisa con la stessa, di porzioni del fabbricato sito in … con le relative pertinenze e, infi ne, la quota di ½, in comunione indivisa, di porzioni del fabbricato sito in …).Nell’att o introdutt ivo l’att rice sosteneva che i predett i beni formavano oggett o della co-munione legale tra i coniugi, la quale non poteva ritenersi cessata con la sentenza di separazione resa in I grado stante la pendenza del giudizio di appello, e che l’att o di disposizione realizzato era pertanto invalido. Specifi camente, l’att rice chiedeva: a) di di-chiarare la nullità del trust istituito in quanto inammissibile nell’ordinamento italiano sia per la scelta della legge inglese in carenza di elementi di internazionalità, sia per il con-trasto con la norma imperativa interna di cui all’art. 2740 c.c.; b) in subordine, di dichia-rare la nullità dell’att o di disposizione delle quote della comunione legale riguardanti gli immobili in … e … tratt andosi di beni indisponibili ex art. 1346 c.c. e, rappresentando la violazione dell’art. 184 c.c., di annullare il trasferimento al trustee dell’appartamento in … Bologna.Con comparsa depositata il …2000, si costituiva nel giudizio il T.G.., che si difendeva sostenendo chea) nonostante il diverso orientamento della giurisprudenza di legitt imità, la comunione legale doveva ritenersi cessata (come aff erma una parte della dott rina e dei giudici di merito) sin dal …1994, giorno in cui i coniugi erano comparsi all’udienza ex art. 708 c.p.c. (nel corso della quale il Presidente aveva autorizzato i coniugi a vivere separati);b) secondo la tesi esposta, l’immobile sito in Bologna, acquistato dal convenuto il …1994, non poteva essere assoggett ato al regime di comunione legale mentre erano pienamente legitt imi gli att i di disposizione di quote della comunione ordinaria sorta a seguito dello

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scioglimento della comunione legale; anche aderendo al diverso orientamento secondo cui il regime di comunione legale cessa col passaggio in giudicato della sentenza di se-parazione personale ma con eff ett o ex tunc dalla presentazione del ricorso, dovevano ritenersi pienamente validi gli att i compiuti dal T.G.;c) in subordine, l’appartamento in Bologna era stato acquistato con denaro proveniente dalla vendita di cespiti personali del convenuto (il quale, tra l’altro, si riservava di chie-derne conguaglio in altro giudizio);d) l’att o istitutivo di trust era da considerarsi pienamente valido e legitt imo, sia per-ché il predett o istituto, di origine anglosassone, è stato espressamente riconosciuto dalla legislazione italiana (Convenzione de L’Aja dell’1/7/1985, recepita con legge di ratifi ca del 16/10/1989 n. 364) come confermato anche dalla giurisprudenza (proprio sul trust in questione, Trib. Bologna 18/4/2000), sia perché, salva l’applicazione dell’art. 1419 comma 1° c.c., la pretesa invalidità riguarderebbe solo alcune delle disposizioni del sett lor. Il T. G. rassegnava le proprie conclusioni domandando il rigett o di tutt e le domande svolte dall’att rice.Con comparsa depositata il …/2000 si costituiva nel giudizio anche la Società Fiduciaria, che deduceva, in primis, la carenza di interesse ad agire in capo all’att rice relativamente alla domanda principale avanzata: difatt i, a parere della società convenuta, dato che il trust istituito dal T. G. riguardava un complesso di beni (ulteriori rispett o a quelli oggett o di causa) trasferiti con eff ett i reali alla Società Fiduciaria, divenuta titolare degli stessi in qualità di trustee, l’att rice non aveva alcun interesse né a rilevare la presunta nullità di un complesso negozio ben più ampio ed articolato rispett o alla pretesa att orea, né a contestare l’ammissibilità nell’ordinamento dell’eff ett o segregativo che non coinvolge la posizione del T. G. (sett lor), ma, semmai, quella della Società Fiduciaria (trustee).Riguardo alla validità del trust in questione, la Società Fiduciaria, contestando le conclu-sioni avverse, rilevava elementi di estraneità nella citt adinanza e residenza (Repubblica di San Marino) di uno dei benefi ciari e nella residenza (sempre in San Marino) del dispo-nente e illustrava con dovizia di particolari dott rina e giurisprudenza sull’argomento.Infi ne, la Società Fiduciaria, aderendo alle ulteriori deduzioni ed eccezioni del T. G., chiedeva di dichiarare inammissibili e/o infondate le domande dell’att rice relative alla validità del trust.-omissis-All’udienza dell’…/2003 le parti precisavano le proprie conclusioni (riportate in epigra-fe); il Giudice tratt eneva la causa in decisione assegnando i termini di rito per le compar-se conclusionali e le repliche.

Motivi della decisione1. Deve essere esaminata preliminarmente l’eccezione della convenuta Società Fiducia-ria che ha obiett ato la carenza di interesse dell’att rice in merito alla contestazione della validità del trust.L’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. va considerato con riguardo alla domanda proposta nel giudizio e nell’ambito dello stesso, ovvero con riferimento al vantaggio che l’istante si è ripromesso nel proporre la domanda (da ultimo, Cass. 24/5/2003 n. 8236).La verifi ca sulla sussistenza della menzionata condizione dell’azione, poi, non può che svolgersi in astratt o valutando l’intento fi nale o, con altra terminologia, il bene della vita a cui aspira il richiedente, indipendentemente dalla fondatezza delle allegazioni e delle argomentazioni addott e a sostegno della domanda giudiziale: in altre parole, l’interesse ad agire prescinde dalla validità delle tesi sostenute e deve essere ritenuto sussistente qualora dall’ipotetico accoglimento delle istanze possa conseguire un vantaggio giuridi-camente apprezzabile per l’istante.Nel caso de quo, l’att rice ha prospett ato la nullità del trust perché, secondo le argomen-

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tazioni att oree, lo stesso non sarebbe riconducibile alla disciplina dett ata dalla Conven-zione de L’Aja, non avrebbe elementi di estraneità tali da giustifi care la scelta della legge inglese come norma regolatrice del negozio (con conseguente inoperatività della succita-ta Convenzione) e, inoltre, i suoi eff ett i sarebbero in contrasto con l’art. 2740 c.c., che - si assume - è norma imperativa ed inderogabile dell’ordinamento italiano.La Società Fiduciaria lamenta che la questione di nullità con riferimento all’art. 2740 c.c. è richiamata a sproposito in quanto l’att rice non vanta alcun diritt o di credito verso il coniuge disponente, né ha rapporti di debito-credito con il trustee (il fenomeno segrega-tivo, difatt i, si limita ad impedire che i beni, eff ett ivamente ceduti dal sett lor, entrino nel patrimonio personale del trustee e quindi che gli stessi possano mai costituire oggett o di garanzia patrimoniale da parte di terzi creditori personali del trustee stesso); aggiunge che la questione sollevata riguarda l’intero negozio di trust e non si limita ai beni sui quali la L. M. accampa pretese.A parere di questo Giudice l’att rice ha un interesse tutt ’altro che astratt o a sostenere la nullità del trust, perché le sue critiche si dirigono nei confronti dell’istituto nel suo com-plesso e, recependo alcune indicazioni della dott rina (oramai minoritaria), sott olineano profi li di presunta incompatibilità del trust (e sopratt utt o del trust c.d. “interno”) con l’ordinamento nazionale; ciò vale anche con riferimento alla pretesa contrarietà all’art. 2740 c.c., la quale diviene rilevante ove si discuta dell’ “importazione” o, melius, del rico-noscimento del trust assoggett ato a legge straniera in relazione alle categorie giuridiche “tradizionali” di un Paese di civil law.Se le argomentazioni della … fossero accoglibili (e, come si vedrà, non è questo il caso; tutt avia, come già dett o, si deve prescindere dall’esame della fondatezza della domanda per compiere l’esame ex art. 100 c.p.c.), il negozio sarebbe aff ett o da radicale e totale nullità (si potrebbe addiritt ura parlare di una sua estraneità all’ordinamento), e, quindi, all’avvenuto trasferimento degli immobili al trustee non potrebbe riconoscersi alcuna ef-fi cacia e tutt i i beni (e, in particolare, quegli immobili sui quali l’att rice vanta diritt i ex artt . 177 ss. c.c.) “rientrerebbero” nel patrimonio del disponente come oggett o - sempre secon-do le tesi att oree - della comunione legale (in realtà, il termine “rientrerebbero” è usato in senso atecnico perché la sanzione di nullità priverebbe di eff ett i il trasferimento ab origine e quindi non potrebbe propriamente parlarsi di beni “usciti” dal patrimonio).E’ dunque innegabile che … abbia interesse a sollevare la questione di nullità del trust, impregiudicata, però, ogni considerazione (nel merito) sulla bontà delle tesi addott e a sostegno della domanda principale.

2. Venendo al merito, a più di dieci anni dall’entrata in vigore della Convenzione de L’Aja dell’1/7/1985 (resa esecutiva con la L. 364/1989 e vigente dall’1/1/1992), può ritenersi ampliamente superata la tesi che prospett a la contrarietà all’ordinamento italiano del trust (come osserva un’autorevole dott rina, sarebbe più opportuno parlare di trusts al plurale, ma - con larga approssimazione giuridica e in ossequio alle regole grammaticali del nostro Paese - è possibile proporre una nozione dell’istituto al singolare, astratt a ed onnicomprensiva, facendo riferimento al trust “shapeless” o “amorfo” descritt o nell’art. 2 del testo convenzionale) e la sua conseguente irriconoscibilità: ne danno conferma sia il vivace dibatt ito dott rinale (che, in alcuni casi, ha raggiunto toni polemici e persino rissosi tra i sostenitori e i detratt ori di una o dell’altra teoria), nel quale la stragrande maggioranza degli autori si è schierata su posizioni favorevoli all’istituto, sia le nume-rose pronunce giurisprudenziali, che, quasi unanimemente, hanno risolto in senso positivo la questione della compatibilità col nostro ordinamento (per un panorama delle decisioni che, anche incidentalmente, hanno aff rontato vicende att inenti all’istituto del trust: Trib. Milano 27/12/1996; Trib. Genova 24/3/1997; Trib. Lucca 23/9/1997; Corte App. Milano 6/2/1998; Pret. Roma 13/4/1999; Trib. Roma 8/7/1999; Trib. Chieti 10/3/2000;

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Trib. Bologna 18/4/2000; Trib. Perugia 26/6/2001; Corte App. Firenze 9/8/2001; Trib. Pisa 22/12/2001; Trib. Perugia 16/4/2002; Trib. Firenze 23/10/2002; Trib. Milano 29/10/2002; Trib. Verona 6/12/2002; Trib. Roma 4/4/2003; Trib. Bologna 28/5/2003,; Trib. Bologna 16/6/2003; in senso sfavorevole all’istituto, Trib. Santa Maria Capua Vetere 14/7/1999 e Trib. Belluno 25/9/2002).Conformemente ad altri precedenti giurisprudenziali (Trib. Lucca 23/9/1997; Corte App. Milano 6/2/1998; Trib. Bologna 18/4/2000, che ha ordinato al Conservatore dei RR.II. di trascrivere proprio l’att o di cui si discute in questa sede; Trib. Pisa 22/12/2001), questo Giudice ritiene che “defi nire illecito l’istituto del trust è, in diritt o, carente di signifi cato ove solamente si consideri essere il nostro Paese parte della Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985 sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento … Non è revocabile in dubbio, infatt i, che gli Stati fi rmatari della Convenzione, pur considerando il trust come un “istituto peculiare creato dai tribunali di equità dei paesi di common law”, hanno espressamente convenuto di stabilire “disposizioni comuni relative alla legge applicabile ai trust” e di risolvere in nuce “i problemi più importanti relativi al suo riconoscimento” … dimostrando quindi di considerare l’istituto, sia pure per il tramite delle disposizioni suddett e, non incompatibile con gli ordinamenti interni”.In altri termini, sostenere che il trust è inconciliabile col diritt o positivo italiano non ha signifi cato perché, per addivenire a tale conclusione, bisognerebbe aff ermare che tutt a la legge 16 ott obre 1989 n. 364 si ha per non scritt a.Queste prime considerazioni fanno giustizia anche di alcune delle obiezioni formulate dal Tribunale di Belluno (decreto del 25/9/2002) nel precedente giurisprudenziale citato dalla difesa dell’att rice: non è possibile, infatt i, sanzionare con la nullità l’att o di trasfe-rimento dei beni dal sett lor al trustee in quanto “negozio astratt o di trasferimento” (si legge nel menzionato decreto che “facendo riferimento ai tipi negoziali propri del nostro ordinamento non si vede a quale schema causale le parti abbiano voluto fare riferimento per operare la costituzione dei beni in trust [… mentre] il nostro ordinamento prevede la causa come requisito di validità del contratt o [… e] non ammett e in via di principio ne-gozi astratt i”), sia perché, anche secondo la più recente lett ura dott rinale degli artt . 1324 e 1322 c.c. (che sembra ammett ere la costituzione di att i unilaterali atipici), “la confi gu-rabilità di negozi traslativi atipici, purché sorrett i da causa lecita, trova fondamento nel-lo stesso principio dell’autonomia contratt uale posto dall’art. 1322 comma 2° c.c.” (così Cass. 9/10/1991 n. 10612), sia (e sopratt utt o) perché la causa del trasferimento, che è ben lungi dall’essere “astratt o”, si deve rinvenire nel collegato negozio istitutivo di trust (che si concretizza nei suoi scopi proprio att raverso il predett o trasferimento) per il quale la meritevolezza degli interessi realizzati è stata ex lege sancita dalla Convenzione de L’Aja del 1985 e dalla disciplina legislativa che ne ha dato esecuzione.L’art. 6 della Convenzione de L’Aja stabilisce: “Il trust è regolato dalla legge scelta dal disponente”.Nel caso de quo, che riguarderebbe un trust c.d. “interno” (e cioè - secondo la defi nizio-ne dott rinale - un trust che ha la localizzazione preponderante dei suoi beni, la sede, la sua amministrazione e la residenza dei benefi ciari e del sett lor in un ordinamen-to diverso da quello scelto dalle parti per disciplinarlo), l’att rice sostiene che la scelta eff ett uata dal disponente non può essere libera ed incondizionata, perché, essendo la Convenzione de L’Aja una convenzione di diritt o internazionale privato, essa contiene norme la cui operatività richiede, come presupposto necessario, la presenza nella fatt i-specie concreta di elementi oggett ivi di estraneità ulteriori rispett o alla mera volontà del disponente di scegliere la legge straniera (deve tratt arsi, quindi, di un trust “straniero”) e, inoltre, perché l’art. 13 della Convenzione costituisce un insormontabile ostacolo al riconoscimento di un trust i cui elementi signifi cativi siano strett amente collegati ad uno Stato non-trust.

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La premessa è corrett a: nel caso di specie gli unici elementi di estraneità al nostro ordi-namento (oltre alla legge inglese prescelta per la disciplina del negozio) sono dati dal domicilio del disponente e dalla residenza e citt adinanza di uno soltanto dei tre bene-fi ciari, mentre sono legati all’Italia il luogo di amministrazione del trust designato dal disponente (in Bologna), l’ubicazione dei beni trasferiti (in Bologna, … e …, limitando l’analisi agli immobili in controversia), il domicilio del trustee (in Bologna), il luogo dove deve essere realizzato lo scopo del trust (gestione degli stabili trasferiti, divisione degli stessi, esecuzione delle volontà testamentarie del sett lor relativamente a beni ubicati sul territorio italiano, ecc.). Questi ultimi criteri, indicati dall’art. 7 della Convenzione per de-terminare la legge con cui il trust ha il collegamento più strett o nel caso in cui questa non sia stata individuata dal disponente (e non è questo il caso), possono essere qui impiegati come parametri defi niti ex lege (L. 364/1989) per giungere alla conclusione che siamo in presenza di un c.d. trust “interno” o “domestico”.Sono tutt avia errate le conseguenze che l’att rice (nonché parte della dott rina e la men-zionata pronuncia Tribunale di Belluno 25/9/2002) trae dalla precedente considerazione: difatt i, da qui (e, cioè, dal caratt ere “interno” del negozio) a sostenere l’automatica im-possibilità di riconoscere gli eff ett i di un trust i cui elementi signifi cativi (salvo la legge di disciplina) non presentano caratt eri di estraneità rispett o all’ordinamento italiano, “il passo è troppo lungo”.Al contrario, è elemento sicuro, che emerge dalla Convenzione, l’assoluta libertà di scelta della legge regolatrice del trust da parte del sett lor (secondo autorevole dott rina “la liber-tà incondizionata del disponente … costituisce il pilastro della Convenzione de L’Aja”); infatt i:- non ha senso aff ermare che la Convenzione riguarda esclusivamente i trust “stranieri”La Convenzione non indica quale presupposto per la sua applicazione la presenza di ele-menti di estraneità ulteriori rispett o alla scelta della legge straniera applicabile, purché il diritt o applicabile ex art. 6 (o, eventualmente, ex art. 7) della Convenzione conosca il trust o la categoria di trust in questione, secondo l’espressa prescrizione dell’art. 5; proprio quest’ultima disposizione conferma che l’unico presupposto applicativo della disciplina convenzionale (e del consequenziale riconoscimento del trust istituito) è la specifi cazione di una legge secondo le disposizioni del Capitolo II.Ragionando sul signifi cato da att ribuire al concett o di trust “straniero”, da una parte, pare scontato che il riconoscimento del trust (artt . 11 ss. Convenzione) postula l’esistenza di un fenomeno giuridico estraneo al diritt o interno (quale è, pacifi camente, l’istituto del trust); dall’altra, poiché i lavori preparatori della Convenzione - sui quali di dirà in segui-to - hanno escluso qualsiasi limitazione legata al sito dei beni in trust o alla nazionalità/residenza del disponente o dei benefi ciari, il “riconoscimento” può prospett arsi anche quando il trust è soltanto regolato da una legge straniera e questo è l’unico elemento di estraneità, necessario e suffi ciente, per farsi applicazione della disciplina convenzionale e delle norme di confl itt o in essa contenute.In defi nitiva, “non esiste il trust che, rett o da una legge straniera, sia “non abbastanza straniero” per alcun eff ett o previsto dalla Convenzione”: questa trova il presupposto della propria applicazione tutt e le volte che un trust si trovi a spiegare eff ett i in un ordinamento diverso da quello dal quale è disciplinato. Del resto, la stessa previsione dell’art. 13, relativo alla facoltà concessa agli Stati di escludere il riconoscimento dei cc.dd. trust “interni”, sta proprio a signifi care che, almeno in linea di principio, dett i trust sono compresi nell’ambito di applicazione della disciplina di cui alla Conven-zione de L’Aja.Altro problema (sul quale si tornerà in seguito), diff erente e logicamente successivo ri-spett o a quello della determinazione della legge applicabile, riguarda gli esiti del ricono-

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scimento del trust e le preclusioni al riconoscimento o all’effi cacia previste dalla stessa Convenzione qualora la scelta del disponente sia “abusiva” e, cioè, quando i suoi eff ett i determinino, nel Paese con cui il trust presenta i collegamenti più strett i, l’elusione di norme imperative inderogabili con att o negoziale (art. 15) e/o di norme di applicazione necessaria (art. 16) oppure quando gli eff ett i appaiano in manifesto contrasto con l’ordi-ne pubblico (art. 18) o, infi ne, in tutt i i casi in cui il riconoscimento sia “ripugnante” per l’ordinamento (art. 13).- l’art. 6 della Convenzione (la cui operatività discende dall’estraneità della legge rego-latrice prescelta) non prevede alcun limite in relazione ai legami oggett ivi e soggett ivi intercorrenti tra gli elementi del rapporto fi duciario e la legge regolatriceSi è voluto leggere nel testo convenzionale una limitazione, come se l’art. 6 avesse parole che non ha: “Il trust è rett o dalla legge scelta dal disponente, purché egli appartenga a uno Stato che conosce il trust”.In realtà, dall’esame dei lavori preparatori si può ricavare l’esatt o contrario: il pro-blema di stabilire se la legge applicabile al trust potesse essere scelta dal disponente prescindendo da qualsiasi elemento di internazionalità fu espressamente aff rontato dai redatt ori del testo convenzionale. Furono respinte sia la proposta di imporre un legame tra la scelta della legge regolatrice e il disponente o l’oggett o del trust, sia quella di introdurre la possibilità per gli Stati di apporre una specifi ca riserva sui trust “interni” in sede di ratifi ca (secondo alcuni, tale soluzione è stata poi trasferita nell’art. 13), sia quella di richiedere un vincolo tra la disciplina elett a e specifi ci elementi della fatt ispecie (citt adinanza o domicilio o residenza del sett lor, luogo dove il trust deve essere amministrato o dove sono ubicati i beni o dove si realizza lo scopo principa-le), sia quella “minor” di limitare la libertà di scelta ai soli trust aventi caratt eri di “internazionalità” (intendendo così escludere l’operatività della scelta nel solo caso in cui l’unico elemento di estraneità fosse costituito dalla designazione della legge straniera).La voluntas politica dei redatt ori, obiett ivata nel testo convenzionale, è invece univo-camente percepibile nel senso di consentire la piena utilizzazione dell’istituto, allor-ché esso sia assoggett ato - anche ad opera della sola scelta del costituente - alla legge di uno Stato che la disciplina, e di precluderne, di contro, l’impiego abusivo ed elusivo.- la Convenzione prevede espressamente (artt . 6 comma 2° e 7) dei criteri di collega-mento “subordinati”, nel caso in cui non sia stata eff ett uata la scelta della legge rego-latrice o questa sia caduta su un ordinamento che non conosce il trust o quel tipo di trustSecondo il dett ato legislativo la scelta del sett lor può essere talmente discrezionale da riguardare persino un ordinamento non-trust: tutt avia, in tale caso (e solo in tale caso!) è possibile prescindere dalla volontà del disponente, privarla di eff ett i e ricorrere ai criteri di collegamento elencati nell’art. 7 comma 2°.La stessa Convenzione, dunque, ammett e che la scelta della disciplina regolatrice possa cadere su una qualsiasi normativa che conosce il trust e solo gradatamente, ed esclusivamente nelle ipotesi previste dagli artt . 6 comma 2° e 7 comma 1°, prevede che la legge sia quella con cui il negozio presenta collegamenti più strett i: ciò dimostra inequivocabilmente che la designazione operata dal sett lor è, in linea di principio, assolutamente libera e che solo in casi “patologici” (e al fi ne di “salvare” l’att o) la legge applicabile è vincolata a criteri di connessione diversi dalla mera voluntas del disponente (e, cioè, da: luogo di amministrazione del trust designato dal disponente, ubicazione dei beni in trust, domicilio/residenza del trustee, luogo dove deve essere realizzato lo scopo del trust).In defi nitiva, pare chiaro che se il testo della Convenzione avesse voluto vincolare la discrezionalità del sett lor sulla legge regolatrice ad elementi di collegamento con i sog-

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gett i o l’oggett o del trust, non avrebbe att ribuito a tali elementi una funzione meramente sussidiaria relegandoli al ruolo di “surrogati” della volontà inespressa o male espressa (proprio queste sono le ipotesi degli artt . 6 comma 2° e 7 comma 1°)- non può, nel contempo, negarsi validità a trust interni regolati da legge straniera e riconoscere in Italia gli eff ett i di trust che presentino altri elementi di estraneitàSarebbe paradossale che l’ordinamento italiano volesse pervenire al riconoscimento in Italia di trust istituiti da stranieri con legge straniera aventi ad oggett o beni siti in Italia e, al contrario, intendesse disconoscere trust aventi le medesime caratt eristiche costituiti dai propri citt adini.Se questa fosse la soluzione voluta dal legislatore, essa presterebbe il fi anco a rilievi di incostituzionalità sia per la propria intrinseca irragionevolezza, sia per l’ingiustifi cata disparità di tratt amento generata: spett a alla giurisprudenza, quindi, fornire un’interpre-tazione della normativa che sia in linea coi citati parametri costituzionali.A ciò si aggiunge che l’analisi compiuta sulle disposizioni non può prescindere dalla comprensione delle fi nalità che si è proposto il nostro Paese ratifi cando la Convenzione de L’Aja (sostiene giustamente uno dei redatt ori del testo convenzionale che “capire la ratio politica delle norme è il primo compito di ogni interpretazione che non sia asfi tt ica e deviante”): se l’Italia ha sott oscritt o (come primo Paese di civil law) la Convenzione sul trust è, nella sostanza, per accrescere la propria capacità di att rarre investimenti dall’este-ro; tale scopo sarebbe evidentemente frustrato se proprio i citt adini italiani, per potere godere dei benefi ci tipici dell’istituto (solo sommariamente indicati nell’art. 11), doves-sero istituire i propri trust in paesi stranieri (utilizzando, quale elemento di estraneità, la residenza del trustee) così trasferendo all’estero la gestione ed amministrazione di capitali e immobili.- la libertà di scelta della legge applicabile al rapporto negoziale, indipendentemen-te dalla presenza di elementi di più strett o collegamento con un certo ordinamento, è un principio non estraneo al sistema di diritt o internazionale privato (interno e convenzionale)L’art. 3 della Convenzione di Roma del 19/6/1980 (resa esecutiva con la L. 975/1984), in materia di legge applicabile alle obbligazioni contratt uali, prevede espressamente per le parti la “libertà di scelta” (secondo la locuzione impiegata nella rubrica della norma) della legge regolatrice del contratt o; inoltre, l’art. 57 della legge 31 maggio 1995 n. 218 compie un rinvio recett izio al suddett o testo convenzionale introducendo il suo contenu-to tra le norme di confl itt o interne.Qualche autore ha voluto scorgere nel combinato disposto degli artt . 57 L. 218/1995 e 3 Convenzione di Roma la disciplina che sancisce anche per il trust la libertà di scelta della legge regolatrice; la tesi non pare condivisibile perché l’istituto de quo non sembra agilmente riconducibile alla categoria dei contratt i tratt andosi pur sempre di un negozio unilaterale.Tutt avia, può trarsi dalle disposizioni menzionate una conferma di quanto sinora so-stenuto a proposito dell’assoluta libertà di scelta sancita dalla Convenzione de L’Aja: può tranquillamente ritenersi principio acquisito dall’ordinamento internazionale ed interno (in virtù del richiamo eff ett uato dalle vigenti norme di diritt o internazionale privato e della prevalente interpretazione data all’ormai abrogato art. 25 comma 1°, ultima parte, delle preleggi) quello che garantisce la libera volontà delle parti del ne-gozio in ordine alla normativa da applicare allo stesso.Non solo: il comma 3° della citata disposizione fa esplicitamente salva la possibilità di designare liberamente una disciplina legislativa anche quando “tutt i gli altri dati di fatt o si riferiscano a un unico Paese” (in tal caso, si potrebbe parlare di un contratt o “interno” o “domestico”), purché ciò non pregiudichi l’applicazione delle norme imperative (nel signifi cato spiegato dal testo convenzionale) del “Paese di più strett o collegamento”.

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L’art. 13 della Convenzione sul trust recita: “Nessuno Stato è tenuto a riconoscere un trust i cui elementi signifi cativi, ad eccezione della scelta della legge applicabile, del luo-go di amministrazione o della residenza abituale del trustee, siano collegati più strett a-mente alla legge di Stati che non riconoscono l’istituto del trust o la categoria del trust in questione”.Sostiene la difesa dell’att rice (con il Tribunale di Belluno e alcuni autori) che la menziona-ta disposizione precluda in maniera assoluta il riconoscimento dei trust “interni”.L’interpretazione radicale fornita dalla L. M. non è accoglibile: essa si porrebbe in con-trasto con le considerazioni sinora svolte sulla libertà di scelta della legge regolatrice evidenziando un’insanabile contraddizione tra l’art. 6 e l’art. 13, perché la presenza di elementi di strett o collegamento con l’ordinamento non-trust dovrebbe condurre inelut-tabilmente - secondo la tesi att orea - al mancato riconoscimento di un negozio la cui legge regolatrice, straniera, è stata corrett amente determinata dal costituente in base alla Con-venzione. Inoltre, e sopratt utt o, la spiegazione fornita contrasterebbe con il dato lett erale del testo convenzionale, il quale è formulato in chiave “permissiva” (come “possibilità” di non riconoscere) e non come “obbligo di disconoscimento” dei trust “domestici” (il testo originale della disposizione recita: “Aucun Etat n’est tenu de reconnaître…” e “No State shall be bound to recognize…”).Diverse interpretazioni sono state date all’art. 13.Secondo alcuni autori la disposizione è rivolta esclusivamente ai legislatori degli Sta-ti aderenti e costituisce una clausola di salvaguardia, normalmente inserita nelle con-venzioni internazionali, che consente a chi lo desideri di paralizzare, in sede di ratifi ca, alcuni eff ett i del testo che ci si appresta a rendere operativo nel proprio ordinamento. Difett ando nella legge di ratifi ca italiana (L. 364/1989) una specifi ca disposizione che pre-cluda, per volontà del legislatore, il riconoscimento dei trust “interni” ed essendo questi ultimi ricompresi nell’ambito di applicazione della Convenzione de L’Aja, la scelta della legge applicabile operata in tali casi dal sett lor potrà essere disatt esa esclusivamente per le ragioni espressamente previste dalla normativa uniforme (artt . 15, 16 e 18).Secondo un’altra opinione - che questo Giudice ritiene preferibile e da condividere - la disposizione, come ogni norma di diritt o internazionale privato, non può che riguardare lo Stato come soggett o internazionale, il quale, legitt imato dalla norma, potrà intervenire (o non farlo) o con un proprio strumento normativo o con le applicazioni concrete della disciplina da parte dei giudici e delle autorità amministrative.Rientra anche nei poteri del giudice, dunque, fare applicazione dell’art. 13; tutt avia, l’uti-lizzo di dett a norma, lungi dall’essere obbligatorio o - al contrario - “capriccioso”, potrà avvenire soltanto in maniera conforme alla ratio del legislatore della ratifi ca e, quin-di, anche in ossequio al principio di salvaguardia dell’autonomia privata, al solo fi ne di evitare il riconoscimento di trust “interni” che siano disciplinati da legge straniera con intenti abusivi e/o fraudolenti. In altri termini, non sarà suffi ciente rilevare la presenza di un trust i cui elementi signifi cativi siano più intensamente collegati con lo Stato italiano per disapplicare la legge scelta per la sua disciplina e per la sua costituzione evitando di riconoscerne gli eff ett i, ma sarà, invece, necessario desumere un intento in frode alla legge, volto, cioè, a creare situazioni in contrasto con l’ordinamento in cui il negozio deve operare.Proprio questa, in defi nitiva, pare essere l’interpretazione più corrett a da dare all’art. 13 della Convenzione: quella di “norma di chiusura” (sul punto, oltre al prevalente orienta-mento dott rinale, Tribunale di Bologna, decreto 16/6/2003).Difatt i, mentre il Capitolo IV della Convenzione de L’Aja introduce un meccanismo (pa-rallelo a quello previsto dall’art. 3 comma 3° della Convenzione di Roma del 1980) di salvaguardia delle norme inderogabili, di applicazione necessaria o di ordine pubblico della lex fori (artt . 15, 16 e 18) e si muove nel campo degli eff ett i conseguenti al riconosci-

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mento, l’art. 13 si pone sul diverso piano del riconoscimento stesso del trust (Capitolo II della Convenzione) quale fenomeno di applicazione di una legge straniera. In sostanza, mentre gli artt . 15, 16 e 18 non frappongono in linea di principio alcun ostacolo al ricono-scimento dei trust e si limitano ad escludere la produzione di certi specifi ci eff ett i contra-stanti con particolari norme interne, l’art. 13 non può essere considerato come strumento volto a garantire l’applicazione della lex fori perché a ciò provvedono già le succitate disposizioni.La disposizione in esame, piutt osto, concerne il riconoscimento stesso dell’istituto e, quindi, il principale fenomeno disciplinato dalla Convenzione; ciò vale sopratt utt o per i c.d. trust “interni”, la cui esistenza e validità dipendono dalla scelta della legge straniera e dal suo riconoscimento.Poiché il trust “interno” non può essere ritenuto invalido ex se per la carenza di ele-menti di estraneità (si rinvia alle considerazioni sopra svolte a proposito della libertà di scelta della legge regolatrice ex art. 6), né per il suo contrasto con norme inderogabi-li o di applicazione necessaria o di ordine pubblico (a garanzia delle quali presiedono gli artt . 15, 16, 18, che, però, incidono sugli eff ett i di un trust già riconosciuto), l’unica possibile e ragionevole soluzione ermeneutica (a meno di non voler dare all’art. 13 un’interpretatio abrogans degli artt . 6 e 11) è quella, appunto, di considerare la dispo-sizione come una “norma di chiusura della Convenzione” (paragonabile all’art. 1344 c.c.), che mira a cogliere le fatt ispecie che sfuggono alle norme di natura specifi ca: in altri termini, l’art. 13 costituisce l’estremo ed eccezionale rimedio apprestato per i casi in cui le modalità e gli scopi di un trust, i cui eff ett i sfuggono alle previsioni degli artt . 15, 16 e 18, siano comunque valutati dal giudice come ripugnanti ad un ordinamento che non conosca quella particolare fi gura di trust, ma nel quale tutt avia il negozio esplichi in concreto i suoi eff ett i.Il percorso logico da seguire è, dunque, il seguente: i trust “interni” sorgono in conse-guenza della scelta, da parte del sett lor, di una legge regolatrice idonea; la scelta è da ritenersi libera e legitt ima ex art. 6 della Convenzione; secondo la regola generale di cui all’art. 11, i trust istituiti in conformità alla legge determinata in base al Capitolo II (e, quindi, anche i trust “domestici”) devono essere riconosciuti come tali; in forza de-gli artt . 15, 16 e 18, qualora i trust riconosciuti producano eff ett i contrastanti con norme inderogabili o di applicazione necessaria della lex fori o con principi di ordine pub-blico del foro, l’applicazione della legge straniera dovrà cedere il passo a quella della legge interna; infi ne, ex art. 13, qualora un trust “interno”, regolato da legge straniera, produca eff ett i ripugnanti per l’ordinamento che non siano colpiti dagli artt . 15, 16 e 18, è possibile negare tout court il riconoscimento (il quale sarebbe, a tali condizioni, inesigibile).Dal momento che la questione sollevata dall’att rice non riguarda celati intenti frodatori del disponente (mai allegati né dimostrati), ma si limita a sostenere che il trust “interno” non può trovare riconoscimento nell’ordinamento italiano in forza dell’art. 13 della Con-venzione, per le considerazioni sopra svolte l’eccezione di invalidità deve essere, anche sott o questo profi lo, respinta.L’ulteriore argomentazione invocata dalla … per sostenere l’invalidità ed inoperatività del trust in questione concerne il presunto contrasto dell’istituto con l’art. 2740 c.c., assun-to come norma dell’ordinamento di applicazione necessaria o inderogabile per volontà negoziale o, addiritt ura, come principio di ordine pubblico economico (per il quale even-tuali limitazioni di responsabilità ed eff ett i segregativi dell’unitarietà patrimoniale del debitore sono ammessi soltanto in via eccezionale e nei soli casi previsti dalla legge).La tesi dell’att rice è infondata; infatt i:- l’eff ett o segregativo prodott o dal trust nel patrimonio del trustee trova una sua legit-timazione in virtù di specifi che disposizioni previste nella Convenzione de L’Aja ed

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introdott e nell’ordinamento italiano con la legge di esecuzioneL’eff ett o segregativo, tipico ed essenziale nella strutt ura del trust, non è conseguenza della mera volontà delle parti, bensì discende da specifi che disposizioni normative: l’art. 11 della Convenzione de L’Aja (come il suo omologo della legge 364/1989) aff er-ma inequivocabilmente che “Tale riconoscimento implica, quantomeno, che i beni in trust rimangano distinti dal patrimonio personale del trustee”.Secondo un’accreditata dott rina, l’art. 11 (come pure l’art. 12) si inserisce in una con-venzione di diritt o internazionale privato come norma di diritt o materiale uniforme: la disposizione in esame, a diff erenza di tutt e le altre del testo convenzionale (che sono nor-me uniformi di diritt o internazionale privato), è regola di diritt o sostanziale che non si limita a dett are le condizioni per il riconoscimento di un trust “straniero” (nel signifi cato sopra illustrato), ma disciplina, dirett amente ed immediatamente, gli eff ett i minimi che il riconoscimento deve produrre, in modo omogeneo, in ogni ordinamento degli Stati contraenti.Sulla scorta di questa osservazione non si può ritenere che le ipotesi, eccezionali ed eventuali, dett ate dagli artt . 15, 16 e 18 per sostituire con la lex fori alcuni eff ett i “aber-ranti” del trust riconosciuto, possano estendersi sino a paralizzare l’eff ett o segregati-vo, espressamente sancito come “eff ett o necessario minimo” dall’art. 11.A ciò si aggiunge che, secondo la gran parte degli autori, la stessa legge di ratifi ca ha introdott o nell’ordinamento una deroga all’art. 2740 c.c. (il quale - giova ricordarlo - con-sente limitazioni di responsabilità “nei casi stabiliti dalla legge”).L’art. 11 della L. 364/1989, successivo e speciale rispett o alla disposizione codicistica, ben può costituire, dunque, l’eccezione (di fonte legislativa) al principio della responsabilità illimitata (sul punto, Trib. Verona 8/1/2003).Infi ne, merita rilievo l’interpretazione logico-teleologica del testo convenzionale: dareb-be luogo ad un’assurda contraddizione pensare che lo Stato italiano (o qualsiasi altro Paese contraente) si sia obbligato, con la ratifi ca, a riconoscere l’eff ett o segregativo del trust (art. 11) e, nel contempo, abbia voluto paralizzarlo con norme di diritt o interno (come l’art. 2740 c.c.) astratt amente inquadrabili nelle fatt ispecie ostative al riconosci-mento degli eff ett i del trust nell’ordinamento interno (artt . 15, 16, 18); se questo fosse sta-to l’intento del legislatore, sarebbe stato più semplice per l’Italia non aderire per niente alla Convenzione de L’Aja.- la separazione dei beni in trust da quelli personali del trustee trova la sua fonte negli artt . 2 e 11 della Convenzione de L’Aja che hanno inserito nell’ordinamento una nuova forma di “proprietà”Con altra argomentazione (più complessa rispett o alle precedenti), un’autorevole dott ri-na spiega che l’eff ett o segregativo si verifi ca perché i beni conferiti in trust non entrano nel patrimonio del trustee se non per la realizzazione dello scopo indicato dal sett lor e col fi ne specifi co di restare separati dai suoi averi (pena la mancanza di causa del tra-sferimento). Pertanto, non può parlarsi di acquisizione al patrimonio del trustee di dett i beni (nemmeno come beni futuri): si tratt a, insomma, di una proprietà “qualifi cata” o “fi nalizzata”, introdott a dagli artt . 2 e 11 della Convenzione de L’Aja in aggiunta a quel-la conosciuta dal codice civile del 1942 (che, in realtà, già prevede fatt ispecie analoghe nell’art. 1707, nell’istituto del fondo patrimoniale inserito con la riforma del 1975, e, infi -ne, nel nuovo art. 2447-bis).La non applicabilità dell’art. 2740 c.c., dunque, emerge dirett amente dagli artt . 2 e 11 della Convenzione che identifi cano in modo esclusivo la fonte della segregazione nel-la “proprietà qualifi cata” del trustee e forniscono una nuova lett ura del concett o di “patrimonio”.- nel nostro ordinamento sono sempre più numerose le disposizioni legislative de-rogatorie all’art. 2740 c.c., il quale, quindi, non può assurgere al rango di supremo (e

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come tale inderogabile) principio di ordine pubblico economicoCome già dett o, l’eff ett o principale ed essenziale del trust è quello di segregare una po-sizione soggett iva e destinarla ad una specifi ca fi nalità, con l’eff ett o - tutt ’altro che secon-dario - di renderla intangibile ai creditori del trustee.La possibilità di costituire patrimoni autonomi (o separati) non costituisce aff att o un’as-soluta novità per il nostro ordinamento: l’art. 1707 c.c. prevede un meccanismo di sepa-razione per i beni mobili o i crediti acquistati in proprio dal mandatario per conto del mandante in forza di att o avente data certa anteriore al pignoramento; gli artt . 167 ss. c.c. vincolano alle esigenze della famiglia i beni costituiti in fondo patrimoniale, sui quali possono soddisfarsi solo i creditori indicati all’art. 170 c.c.; ex art. 1881 c.c. può divenire “patrimonio separato” (e non aggredibile) la rendita vitalizia costituita a titolo gratuito nei limiti del bisogno alimentare del benefi ciario; l’art. 1923 c.c. sott rae le somme do-vute dall’assicuratore (per assicurazione sulla vita) all’azione esecutiva dei creditori del contraente o del benefi ciario, frantumando l’unicità del patrimonio; signifi cativamente, l’art. 490 c.c. statuisce che “l’eff ett o del benefi cio d’inventario consiste nel tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell’erede”; l’art. 2117 c.c. (richiamato dal D.Lgs. 124/1993) consente la creazione di “patrimoni di destinazione” (così defi niti da Cass. 2824/1975) come fondi speciali per la previdenza e l’assistenza.Ancor più pregnanti sono gli esempi di “segregazione” off erti dalla legislazione speciale più recente (sul punto, Trib. Bologna, decreto 18/4/2000): l’art. 3 della legge 23/3/1983 n. 77 sui fondi comuni di investimento immobiliare (ora abrogato dal D.Lgs. 58/1998) prevedeva: “ciascun fondo comune costituisce patrimonio distinto a tutt i gli eff ett i dal patrimonio della società di gestione e da quelli dei partecipanti, nonché da ogni altro fondo gestito dalla medesima società di gestione. Sul fondo non sono ammesse azioni dei creditori della società gerente”; la norma suddett a è stata ripresa ed ampliata dal testo unico in materia di intermediazione fi nanziaria (D.Lgs. 24/2/1998 n. 58) il quale, all’art. 22 (rubricato “Separazione patrimoniale”), stabilisce che “nella prestazione dei servizi di investimento e accessori gli strumenti fi nanziari e le somme di denaro dei singoli clienti, a qualunque titolo detenuti dall’impresa di investimento, dalla società di gestione del risparmio o dagli intermediari fi nanziari iscritt i … nonché gli strumenti fi nanziari dei singoli clienti a qualsiasi titolo detenuti dalla banca, costituiscono patrimonio distinto a tutt i gli eff ett i da quello dell’intermediario e da quello degli altri clienti. Su tale patrimo-nio non sono ammesse azioni dei creditori dell’intermediario o nell’interesse degli stessi, né quelle dei creditori dell’eventuale depositario o sub-depositario o nell’interesse degli stessi”; l’art. 4 del già menzionato D.Lgs. 21/4/1993 n. 124, riformato dalla legge 335/1995, stabilisce che “fondi pensione possono essere costituiti … att raverso la formazione con apposita deliberazione di un patrimonio di destinazione, separato ed autonomo, nell’am-bito del patrimonio della medesima società od ente, con gli eff ett i di cui all’articolo 2117 del codice civile”; la disposizione dell’art. 3 della legge 130/1999 prevede che “i crediti relativi a ciascuna operazione [di cartolarizzazione di crediti] costituiscono patrimonio separato a tutt i gli eff ett i da quello della società e da quello relativo alle altre operazio-ni. Su ciascun patrimonio non sono ammesse azioni da parte di creditori diversi dai portatori dei titoli emessi per fi nanziare l’acquisto dei crediti stessi”; statuizioni analo-ghe a quella ora richiamata sono previste dalle leggi sulla cartolarizzazione dei crediti INPS (art. 13 L. 448/1998, come modifi cato dalla L. 402/1999) e sulla privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico (art. 2 L. 410/2001); da ultimo, la recente riforma del diritt o societario ha inserito nel codice civile l’art. 2447-bis sui “patrimoni destinati ad uno specifi co aff are” che, come sostiene un autore, consente alle società di realizzare un trust autodichiarato dato che l’art. 2447-quinquies c.c. esclude la possibilità per i creditori societari di far valere diritt i su quel fondo così costituito.

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Concludendo questa rassegna normativa, il Giudice rileva che il fenomeno della sepa-razione patrimoniale è ricorrente nella legislazione speciale e anche in quella “tradi-zionale” e tale circostanza sembra dunque smentire la portata di principio generale di ordine pubblico att ribuita all’art. 2740 c.c., il quale pone come eccezionali le ipotesi di limitazione della responsabilità patrimoniale (un autore aff erma che il rapporto è stato addiritt ura “capovolto”): proprio per l’univocità dei più recenti interventi del legislatore, la segregazione patrimoniale non può più essere considerata un “tabù” e, di contro, l’unitarietà della garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. non può valere come un “dogma sacro ed intangibile” del nostro ordinamento.

Per tutt e le considerazioni sin qui svolte, il trust “interno” costituito da T. G. (sett lor) che vede la convenuta Società Fiduciaria come trustee non può essere tacciato di invalidità: esso soddisfa i requisiti richiesti dalla Convenzione de L’Aja per il suo riconoscimento (con la conseguente realizzazione degli eff ett i propri del negozio secondo la legge scelta dal disponente oltre che della segregazione rispett o al patrimonio del trustee ex art. 11), non appare contrastante con norme imperative inderogabili o di applicazione necessaria o con principi di ordine pubblico e, anche in assenza di qualsivoglia allegazione dell’at-trice, non può dirsi costituito in frode all’ordinamento interno.La domanda principale di... deve essere, pertanto, rigett ata.

3. Fermo restando quanto dett o sulla validità ed effi cacia dell’att o istitutivo di trust, oc-corre ora esaminare la questione relativa al trasferimento dei beni dal sett lor al trustee, att o che nel citato negozio trova causa, ma che ne è separato logicamente (anche se non materialmente in questo caso).La validità del trasferimento deve essere sindacata in base alla normativa interna come prevede, tra l’altro, l’art. 4 della Convenzione de L’Aja: in particolare, l’att rice sostiene che la cessione al trustee sia contraria alle norme del codice civile sul regime di comu-nione legale tra coniugi, avendo il T. G. disposto illegitt imamente di beni rientranti nell’elencazione di cui all’art. 177 c.c.E’ indispensabile, prima di passare all’esame delle doglianze della …, stabilire se i beni sui quali l’att rice avanza pretese costituiscano oggett o di comunione legale oppure no: data per pacifi ca tra le parti la vigenza del regime patrimoniale di comunione in costan-za di matrimonio (peraltro, il matrimonio è stato celebrato il …1975 e non risulta che i coniugi abbiano optato, all’entrata in vigore della L. 151/1975, per il diverso regime di separazione dei beni) e rilevato il caratt ere inequivoco dell’art. 191 c.c. secondo cui “la comunione si scioglie … per la separazione personale”, si rilevano, nella causa, opposte interpretazioni sul momento in cui sia avvenuto il mutamento di status dei coniugi...L’att rice sostiene che la separazione personale si sia realizzata con il passaggio in giu-dicato della sentenza della Corte d’Appello di Bologna (emessa il 20/6/2001 e passata in giudicato nel novembre dello stesso anno), mentre il convenuto off re interpretazioni alternative facendo risalire la separazione giudiziale (o, quantomeno, i suoi eff ett i) e lo scioglimento della comunione legale alla comparizione dei coniugi nell’udienza ex art. 708 c.p.c. (in data …1994) o alla presentazione del ricorso per la separazione.L’accoglimento dell’una o dell’altra tesi non è questione di poco conto se si considerano le circostanze del caso concreto: il trasferimento al trustee di ½ degli immobili in … e … è visto come un’illecita cessione di quote della comunione legale dalla … e come una legit-tima disposizione di quote di comunione ordinaria (sorta in seguito alla separazione) dal T. G.; inoltre, l’att rice sostiene che lo stabile in … Bologna (acquistato dal T. G. con att o del …1994 registrato il …1994 e, quindi, nel corso del giudizio di I grado sulla separazione personale) sia oggett o di comunione legale perché comprato in vigenza di tale regime, mentre il convenuto aff erma l’esatt o contrario e così difende anche l’att o di conferimento

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nel trust (realizzato il …1999 e registrato il …/1999 e, quindi, in pendenza dell’appello proposto dall’odierna att rice).Riguardo al momento in cui si verifi ca la separazione personale tra i coniugi, questo Giudice ritiene di aderire all’orientamento “granitico” della giurisprudenza di legitt i-mità secondo il quale la separazione personale che produce lo scioglimento della co-munione è quella consensuale omologata o quella giudiziale consacrata nella relativa sentenza passata in giudicato, mentre nessuna effi cacia sullo status possono spiegare i provvedimenti presidenziali resi nell’udienza ex art. 708 c.p.c. (Cass. 7/5/1987 n. 4325; Cass. 29/11/1990 n. 560; Cass. 11/7/1992 n. 8463; Cass. 17/12/1993 n. 12523; Cass. 7/3/1995 n. 2652; Cass. 18/9/1998 n. 9325; Cass. 5/10/1999 n. 11036; Cass. 27/2/2001 n. 2844); pe-raltro, la predett a interpretazione giurisprudenziale trova conferma anche nell’insegna-mento della Corte Costituzionale (ordinanza del 22/6/1988-7/7/1988 n. 795) secondo cui “non solo la separazione di fatt o dei coniugi, ma nemmeno i provvedimenti temporanei ex art. 708 cod. proc. civ. non sono previsti dall’art. 191 come cause di scioglimento della comunione [mancando] in questi casi un accertamento formale defi nitivo della cessazio-ne dell’obbligo di convivenza e di reciproca collaborazione … Il caratt ere temporaneo del provvedimento presidenziale impedisce che la situazione dei coniugi provvisoriamente autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione possa essere equiparata a quella dei coniugi legalmente separati, e dunque esclude che il perdura-re per essi del regime di comunione dei beni possa costituire una violazione dell’art. 3 Cost.”Nel sistema normativo che regola il regime patrimoniale della famiglia, come l’att o di matrimonio vale a costituire la comunione legale fra i coniugi, così la sentenza di separa-zione produce l’eff ett o di scioglierla: se non appaiono idonee ad incidere su tale assett o patrimoniale la separazione consensuale e di fatt o, cui non faccia seguito il decreto di omologazione o una convenzione matrimoniale, così, egualmente, nessun eff ett o può de-rivare dal provvedimento emesso, ex art. 708 c.p.c., dal Presidente del Tribunale nel pro-cedimento di separazione, non solo per il caratt ere provvisorio di questo provvedimento (la cui esecutività, per il combinato disposto degli artt . 474 c.p.c. e 189 disp. att . c.p.c., dura fi nché non sia concluso il processo di separazione ovvero non intervenga una sua modifi ca), ma anche perché incapace, per il suo stesso contenuto, di incidere comunque nel regime della comunione legale, il cui scioglimento, anche a tutela dell’affi damento dei terzi, è collegato, nella previsione normativa (art. 191 c.c.) e secondo un’interpretazio-ne sistematica, all’unico att o idoneo ad accertare formalmente e defi nitivamente la cas-sazione dell’obbligo di convivenza e di reciproca collaborazione e, cioè, al passaggio in giudicato della relativa sentenza (da qualifi carsi - secondo la dott rina e la giurisprudenza citata - come sentenza costitutiva “i cui eff ett i non possono prodursi se non dal momento in cui questa passa in giudicato”).L’assunto della retroatt ività della separazione dall’epoca dell’adozione dei provvedi-menti di cui all’art. 708 comma 3° c.p.c. (nell’ipotesi dell’autorizzazione dei coniugi all’interruzione della convivenza), sia pure con limitato riguardo alla comunione le-gale, non è conciliabile con la natura temporanea di tali provvedimenti, revocabili e modifi cabili in corso di giudizio, connotazione che è “in radice” ostativa alla ricolle-gabilità ad essi dello scioglimento della comunione, tenendo conto che la comunione medesima non può cessare “allo stato”, salva successiva diversa determinazione, e che, comunque, un bene non può essere di proprietà di uno solo o di entrambi i coniu-gi sulla base di scelte provvisorie ed urgenti, a posteriori emendabili.Inoltre, dall’espressa previsione dell’art. 193 comma 4° c.c. (che fa retroagire al momento della domanda gli eff ett i della separazione giudiziale dei beni), è lecito desumere che tale norma si sia resa necessaria per derogare al principio secondo il quale le sentenze costitutive producono eff ett i solo al passaggio in giudicato (in pratica: ubi lex voluit,

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dixit): poiché l’art. 191 c.c. non contiene un’omologa norma derogatoria, il menzionato principio deve trovare piena applicazione.Infi ne, in ordine all’osservazione del convenuto sul venir meno, dopo i suddett i provve-dimenti ex art. 708 c.p.c., del sostrato logico della comunione, nonché sull’incongruenza della sua estensione a beni acquistati quando il rapporto coniugale è già entrato in crisi, va considerato che le relative circostanze potrebbero giustifi care scelte diverse del legi-slatore (e ne dà conto la difesa del T. G. producendo proposte legislative di riforma), ma non autorizzano il superamento dell’inequivoco tenore di norme, che fanno coincidere la durata della comunione con la durata del matrimonio (art. 177 c.c.), non quindi della convivenza, e contemplano poi, in via di deroga, solo il sopraggiungere della separazio-ne (art. 191 c.c.).Concludendo, per le considerazioni sin qui esposte e fatt e salve le precisazioni dei suc-cessivi capi di questo provvedimento, si deve ritenere che nella vigenza del regime di comunione legale tra i coniugi …:A) sia stato compiuto l’acquisto della porzione di … a Bologna;B) il T. G. abbia disposto del predett o fabbricato e delle quote di ½ sugli stabili di … e …, conferendoli nel trust con att o del …/1999 registrato in data …/1999.E’ corollario della conclusione ora tratt a il fatt o che i fabbricati in … formassero oggett o della comunione legale anche nel momento in cui il T. G. ne ha disposto.

Non altrett anto pacifi ca è la defi nizione dell’appartenenza alla comunione dell’appar-tamento in … a Bologna, perché il convenuto, nelle proprie difese, ha eccepito che l’im-mobile deve essere considerato bene personale ex art. 179 comma 1° lett . f) e comma 2° c.c.: si impone, pertanto, l’accertamento di tale aff ermazione, che, qualora verifi cata, ricondurrebbe l’att o di disposizione compiuto dal T. G. nella fatt ispecie disciplinata dagli artt . 185 e 217 c.c. ed eliminerebbe “in radice” il presupposto (artt . 177 lett . a) e 184 c.c.) su cui si fonda la pretesa dell’att rice.

4. La regula iuris dell’art. 179 lett f) c.c. stabilisce che “non costituiscono oggett o della comunione e sono beni personali del coniuge … i beni acquisiti con il prezzo del trasferi-mento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’att o dell’acquisto”; il comma 2° della medesima disposizione soggiunge: “L’acquisto di beni immobili … eff ett uato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunio-ne, ai sensi delle lett ere c), d), ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti dall’att o di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge”.T. G. sostiene di aver acquistato (in data …1994 e al prezzo di Lire 530.000.000) la por-zione di … in via … a Bologna utilizzando denaro proveniente dal prezzo di vendita della propria quota (2/3) di proprietà dello stabile di via …Bologna (avvenuta il …1994 per l’importo complessivo di Lire 300.000.000) e dal mutuo ipotecario stipulato in data …/1994 per la somma di Lire 200.000.000, successivamente estinto (il …/1997) grazie alla vendita dell’altro cespite immobiliare personale di via …- Bologna (avvenuta il …/1997 per l’importo complessivo di Lire 140.000.000).Esaminando l’att o del …/1994 (documento nr. 3 dell’att rice) si può agevolmente rileva-re che … all’epoca coniugata col T. G., per quanto illustrato al capo precedente) non ha partecipato alla compravendita, che nessuna aff ermazione è stata fatt a dall’odierno convenuto sulla provenienza del denaro impiegato per l’acquisto e, infi ne, che T. G. ha espressamente dichiarato “di essere coniugato, ma in corso di separazione giudiziale dalla propria coniuge”.Plurime ragioni, in diritt o e in fatt o, portano ad escludere che l’immobile de quo costitu-isca bene personale del convenuto ex art. 179 lett . f) c.c.:- l’odierna att rice non ha partecipato all’att o del …1994 rendendo la dichiarazione rico-

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gnitiva richiesta dall’art. 179 c.c.Dall’analisi della lett era dell’art. 179 c.c., si evince che, nel caso di acquisto di beni mobili con lo scambio di beni personali o col prezzo derivante dall’alienazione di beni personali, il coniuge acquirente ha l’onere di dichiarare la provenienza personale del denaro o del bene utilizzato (comma 1°), mentre, nel caso di beni immobili o di beni mobili registrati, in luogo della dichiarazione del coniuge acquirente, occorre la partecipazione del coniu-ge non acquirente all’att o e la sua dichiarazione di riconoscimento che il denaro o il bene utilizzato per l’acquisto appartiene personalmente all’altro coniuge (comma 2°, limitata-mente all’ipotesi di reinvestimento di denaro personale o scambio di bene personale).Sul signifi cato e sulla natura delle dichiarazioni previste dal 1° e dal 2° comma dell’art. 179 c.c. c’è vivace controversia in dott rina e giurisprudenza.Secondo un primo orientamento, che si fonda sia sulla lett era della legge sia sulla valo-rizzazione della comunione legale come regime generale dei rapporti patrimoniali tra coniugi, la dichiarazione della provenienza personale del denaro o del bene oggett o dello scambio è condizione necessaria (ma non suffi ciente: l’altra condizione è data dall’eff et-tiva ricorrenza dei presupposti della surrogazione) affi nché il bene venga sott ratt o alla comunione legale. Se il coniuge acquirente (nell’ipotesi del comma 1°) omett e di dichia-rare che il denaro o il bene utilizzato per l’acquisto è personale, il bene acquisito ricadrà inevitabilmente in comunione legale (in mancanza della dichiarazione, si deve ritenere che il coniuge acquirente abbia voluto att ribuire alla comunione legale il prodott o della surrogazione di beni personali; così, Tribunale Milano 21 dicembre 1981); il medesimo eff ett o deriverà dalla mancata partecipazione del coniuge non acquirente all’att o di ac-quisto per riconoscere la natura personale dell’acquirendo immobile o bene mobile regi-strato e la sua esclusione dalla comunione legale (comma 2°).L’orientamento opposto alla tesi ora delineata è seguito dalla Suprema Corte (Cass., Sez. II, 8 febbraio 1993 n. 1556, a proposito di beni immobili; Cass., Sez. I, 18 agosto 1994 n. 7437, riguardo a beni mobili non registrati), secondo cui la predett a partecipazione (per gli immobili e i beni mobili registrati) non è necessaria per non far ricadere il bene ac-quistato in comunione legale, quando sia obiett ivamente certo che l’acquisto realizzi il reinvestimento di denaro o beni personali (Cass. 1556/93, che ammett e a dimostrare che, pur non avendo il coniuge preso parte all’att o e reso la dichiarazione ricognitiva sulla natura personale dei denari versati o dei beni trasferiti per l’acquisto, la provenienza per-sonale eff ett ivamente sussisteva), mentre (per i beni mobili) la dichiarazione del coniuge acquirente ha lo scopo di rendere conoscibile ai terzi ed all’altro coniuge la provenienza del denaro o del bene utilizzato solo nel caso in cui possa essere obiett ivamente incerto se l’acquisto realizzi il reinvestimento di denaro avuto in donazione o in eredità o come frutt o dello scambio di beni ugualmente personali.La tesi del Supremo Collegio muove evidentemente da un presupposto ideologico: i beni acquistati per eff ett o del reinvestimento di beni personali risentono ontologicamente di tale provenienza ed assumono automaticamente anch’essi natura personale per una sor-ta di “caratt eristica genetica”, consistente appunto nella derivazione personale del de-naro o del bene utilizzato come prezzo dell’acquisto; così, se proprio il coniuge intende includere nella comunione legale il bene acquistato deve fare intervenire anche l’altro co-niuge all’att o dell’acquisto, in modo che entrambi si rendano cointestatari del bene (nella sentenza Cass. 7437/1994, si giunge infatt i a sostenere che per conseguire l’obiett ivo di far passare, al momento del reinvestimento, i beni personali in comproprietà dell’altro coniuge, il coniuge acquirente “non ha altro che da consentire la cointestazione del bene anche all’altro coniuge, mezzo questo molto più chiaro e consapevole rispett o a quello consistente semplicemente nell’omett ere la dichiarazione di cui alla lett era f) dell’art. 179 c.c., ben potendo tale omissione essere dovuta a pura dimenticanza o, comunque, a fat-tori estranei alla volontà di mett ere in comunione anche beni che, invece, si avrebbe il

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diritt o di conservare come personali”).Questo Giudice ritiene di non poter aderire all’orientamento della Suprema Corte espresso nella sentenza dell’11 febbraio 1993 n. 1556, perché esso non appare confor-me alla ratio della legge, alla sua lett era ed al coordinamento sistematico dei diversi istituti vigenti in materia di rapporti patrimoniali tra coniugi.La ratio della normativa sulla comunione legale consiste nel rendere entrambi i co-niugi vicendevolmente partecipi delle questioni patrimoniali, a diff erenza della sepa-razione dei beni, in cui, invece, ciascun coniuge (fermi gli obblighi di contribuzione nell’interesse della famiglia) mantiene un proprio patrimonio separato ed un’autono-mia dispositiva in relazione ad esso.L’art. 177 lett . a) c.c. contiene una norma di caratt ere generale che sancisce l’appartenenza alla comunione legale di tutt i gli acquisti compiuti dai coniugi anche separatamente. Rispett o a tale precett o normativo, l’art. 179 c.c. opera in senso meramente limitativo e, di conseguenza, la riduzione dell’ambito della norma non dovrebbe eff ett uarsi oltre il puntuale disposto della norma stessa, che sancisce un preciso onere formale al fi ne di consentire l’esclusione dell’acquisto dalla comunione legale.Nel regime di separazione dei beni, i coniugi sono ovviamente liberi di rendersi congiun-tamente acquirenti di un bene, stabilendo, così, una comunione ordinaria sul medesimo. La considerazione svolta dalla Suprema Corte - secondo la quale il coniuge può con-sentire l’inclusione in comunione legale del reinvestimento di beni personali mediante la cointestazione del bene - potrebbe essere interamente riproposta nella fatt ispecie di coniugi in regime di separazione, con la conseguenza che, nella prospett iva della Corte, i beni personali sembrerebbero non costituire tanto un limite oggett ivo alla comunione legale, ma piutt osto l’oggett o di un distinto regime di separazione, che opererebbe tra i coniugi contestualmente e parallelamente alla comunione legale. Così opinando, la pre-visione normativa secondo cui, in regime di comunione legale, gli acquisti compiuti dai coniugi separatamente ricadono in comunione (art. 117 lett . a) c.c.) si rivelerebbe un’af-fermazione di mero principio, posto che, a fronte di qualsivoglia acquisto, occorrerebbe, di volta in volta, accertare se esso sia stato compiuto nell’ambito dei beni o dei proventi oggett o della comunione oppure di quelli appartenenti personalmente ed esclusivamen-te al coniuge e facenti parte, pertanto, di un separato patrimonio personale.Sono evidenti, infi ne, le ripercussioni di una tale conclusione nei confronti della tutela dei terzi e, in particolare, dei creditori della comunione legale, ai quali potrebbero op-porsi le limitazioni ex art. 190 c.c. in assenza di qualsivoglia regime pubblicitario: difatt i, i creditori per le obbligazioni ex art. 186 c.c. non potrebbero mai fare affi damento su un immobile acquistato separatamente dal coniuge in regime di comunione legale, perché si potrebbe dimostrare, anche a posteriori ed in contrasto con le emergenze dell’att o tra-scritt o, che la mancata partecipazione dell’altro coniuge all’acquisto non esclude la natu-ra personale del bene e in tal caso l’immobile (personale) potrebbe rispondere dei debiti della comunione solo nei limiti dell’art. 190 c.c.La partecipazione del coniuge all’att o di acquisto e l’assenso all’esclusione del bene dalla comunione legale costituiscono, dunque, ex art. 179 comma 2° c.c., requisiti ne-cessari affi nché il bene acquistato separatamente possa essere considerato personale (come dett o, l’altro requisito è l’eff ett iva ricorrenza della surrogazione); ne dà confer-ma anche un recente precedente giurisprudenziale (Cass. Sez. I 27/2/2003 n. 2954) che così statuisce: “Perché il bene acquistato (mobile o immobile) sia escluso dalla comu-nione occorre che la causa di esclusione, oltre a sussistere eff ett ivamente, risulti anche dall’att o. E ciò per un’evidente ragione di tutela dell’affi damento da parte dei terzi”.Per quanto esposto, la mancata partecipazione di …, coniuge in comunione legale, all’at-to di acquisto compiuto il …1994 da T. G. e l’omissione della dichiarazione ricognitiva sull’origine personale del denaro impiegato impediscono di annoverare l’appartamento

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di via … a Bologna tra i beni personali del convenuto: anch’esso, come gli immobili in …e … costituisce (melius, costituiva all’epoca dell’att o dispositivo del 29/9/1999) oggett o della comunione legale tra i coniugi.- non ricorrono i presupposti della surrogazione (art. 179 c.c.) perché il bene non risulta acquisito con il prezzo del trasferimento di beni personaliLa tesi secondo cui il denaro ricevuto a mutuo dalla Carimonte nel 1994 per l’acquisto dell’appartamento in … (documento nr. 5 del convenuto) costituirebbe “bene personale” perché dett o mutuo è stato ripianato (nel 1997) col versamento di una somma percepita dalla vendita dello stabile di via …-Bologna (avvenuta, appunto, nel 1997) non ha fonda-mento: un bene è personale perché acquistato coi frutt i della cessione di un altro cespite personale e, per il tenore lett erale della disposizione (che - come dett o - richiede anche la partecipazione dell’altro coniuge e un’espressa dichiarazione al momento dell’acquisto), tale ultimo trasferimento deve essere necessariamente avvenuto in un tempo anteriore; in altri termini, un bene comprato da un coniuge in comunione non può divenire “per-sonale” a posteriori per eff ett o di un’operazione di cessione di beni personali realizzata dopo l’att o di acquisto (nel caso, dopo ben 3 anni) sol perché l’acquisto è stato reso intan-to possibile dall’ “intermediazione temporale” di un istituto di credito.Pur volendo aderire a tale ardita tesi (contraddett a anche dalla tassatività delle ipotesi di esclusione ex art. 179 c.c.: Cass. 2954/2003), la conclusione in fatt o non muta: ammett endo (in via meramente ipotetica) che l’introito per la cessione dei beni personali sia stato di complessive Lire 340.000.000 (come emerge dagli att i di vendita dei 2/3 dello stabile di via …-Bologna e dell’intero fabbricato in via …-Bologna), l’appartamento in … è stato acquistato per Lire 530.000.000, somma che rende manifesta l’insuffi cienza del denaro acquisito dai trasferimenti di beni propri per il compimento dell’acquisto del …/1994.Anche per tali ragioni, dunque, non può in alcun modo ritenersi sussistente il legame descritt o dall’art. 179 comma 1° lett . f) e comma 2° c.c. tra i beni parafernali del convenuto e l’immobile de quo, il quale, al contrario, è da annoverarsi tra i beni della comunione legale tra i coniugi.

5. Una volta stabilito che tutt i gli immobili per cui è causa formavano oggett o della co-munione legale (che, secondo Cass. Sez. II 2/2/1995 n. 1252, prescinde rigorosamente dal dato formale, ossia dall’intestazione formale dei beni nei pubblici registri) quando il T. G. ne ha disposto conferendoli nel trust, restano da esaminare le conseguenze di tale disposizione che è avvenuta senza l’autorizzazione della moglie (come risulta evidente dall’att o istitutivo di trust, documento nr. 2 dell’att rice).L’att rice sostiene la nullità assoluta della cessione delle quote della comunione legale sui fabbricati in …e …e l’annullabilità del trasferimento dello stabile in … a Bologna.Riguardo alla prima tesi (dell’annullabilità si parlerà nel capo successivo), si osserva che non rientra tra gli att i di disposizione, che possono essere compiuti dai coniugi in comu-nione legale, l’alienazione dell’intera “quota” spett ante a ciascun coniuge sul patrimonio complessivo: la comunione legale non può essere considerata una fatt ispecie di contito-larità di diritt i, sicché il complesso patrimoniale, costituito dall’insieme dei cespiti facenti parte delle categorie indicate nell’art. 177 c.c., non è oggett o di un sovraordinato diritt o di ciascun coniuge, che diff erisca dal diritt o avente ad oggett o ciascun bene. Anche in una prospett iva di “contitolarità”, d’altra parte, la Corte Costituzionale (sentenza n. 311/1988) ha sott olineato che i coniugi sono solidalmente titolari, in quanto tali, di un diritt o avente ad oggett o i beni della comunione e che la quota non rappresenta un elemento strutt u-rale dell’istituto. Conseguentemente, deve escludersi che il coniuge possa alienare ad un terzo la sua partecipazione nella comunione legale, determinando l’inconcepibile eff ett o giuridico di una comunione legale tra soggett i non coniugi.Costituisce autorevole avallo delle suesposte considerazioni la recente sentenza Cass. Sez.

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I 19/3/2003 n. 4033 (che riprende le argomentazioni già svolte in Cass. Sez. II 14/11/1997 n. 284): “La peculiarità della comunione legale dei beni tra coniugi … consiste nel fatt o che questa, a diff erenza della comunione ordinaria, come ha aff ermato la Corte Costituzio-nale con la sentenza 10/3/1988 n. 311 nel dichiarare infondata la questione di legitt imità dell’art. 184 cod. civ., non è una comunione per quote in cui ciascuno dei partecipanti può disporre del proprio diritt o nei limiti della quota, bensì una comunione senza quote nella quale i coniugi sono solidamente titolari di un diritt o avente per oggett o i beni di essa e non è ammessa la partecipazione di estranei, sicché la quota, caratt erizzata dalla indivisibilità e dalla indisponibilità, ha soltanto la funzione di stabilire la misura entro cui tali beni possono essere aggrediti dai creditori particolari (art. 189 c.c.), la misura della responsabilità sussidiaria di ciascuno dei coniugi con propri beni personali verso i creditori della comunione (art. 190 c.c.) e, infi ne, la proporzione in cui, sciolta la comu-nione, l’att ivo e il passivo saranno ripartiti tra i coniugi o i loro eredi (art. 194 c.c.), (Cass. 284/97).Ne consegue che, nei rapporti con i terzi, ciascun coniuge, mentre non ha diritt o di disporre della propria quota, perché ciò avrebbe l’inconcepibile eff ett o di far entrare nella comunione degli estranei, può tutt avia disporre, in forza di dett a titolarità soli-dale dell’intero bene comune (Cass. 284/97).Alla luce di tale principio va osservato che il codice civile stabilisce, nell’ambito della comunione familiare, una disciplina diff erenziata per gli att i relativi ai beni immobili ed ai mobili registrati rispett o a quelli relativi a tutt i gli altri beni ed in particolare a quelli mobili.Per i primi, l’art. 184 comma 1 c.c., prevede per il loro compimento il consenso dell’altro coniuge, conformemente al modulo dell’amministrazione congiuntiva adott ato dall’art. 180, comma 2, cod. civ. per gli att i di straordinaria amministrazione. Tale consenso si pone come negozio (unilaterale) autorizzativo, ma non nel senso di att o che att ribuisce un potere, bensì nel senso di att o che rimuove un limite all’esercizio di tale potere, con l’ulteriore conseguenza che esso rappresenta un requisito di regolarità del procedimento di formazione dell’att o di disposizione la cui mancanza, ove si tratt i di bene immobile o di bene mobile registrato, si traduce in un vizio del negozio da far valere, giusta il disposto del citato art. 184, entro l’anno dalla data di eff ett iva conoscenza dell’att o e, in ogni caso, dalla data della sua trascrizione oppure, ove l’att o non sia stato trascritt o (o non sia trascrivibile) e non se ne sia avuta conoscenza prima dello scioglimento della comunione, dalla data di tale scioglimento (Cass. 284/97). … Tale disposizione corri-sponde alla natura peculiare della comunione legale dinanzi evidenziata in virtù della quale ciascun coniuge dispone della piena titolarità di disposizione del bene comune per l’intero che, se per quanto concerne i beni immobili e quelli mobili registrati necessita del consenso dell’altro coniuge al fi ne di non rendere l’att o dispositivo annullabile, essendo tale att o equiparato ad un att o di straordinaria amministrazione ai sensi dell’art. 180 c.c. e come tale sott oposto a particolare vincolo cautelativo da parte del legislatore per impe-dire che uno dei coniugi possa unilateralmente depauperare il patrimonio familiare”.Nel caso de quo, tutt avia, non si verte nell’ipotesi di cessione dell’intera quota di co-munione legale (att o certamente nullo), bensì nella fatt ispecie di cessione di una quota su singoli beni facenti parte della comunione dei quali il T. G., proprio in forza delle suddett e osservazioni, avrebbe potuto disporre anche per l’intero.Rileva un’autorevole dott rina, che in tale ipotesi, non si confi gura uno scioglimento della comunione legale relativamente al bene oggett o dell’att o di alienazione, bensì un att o di alienazione, riguardante un bene della comunione, non già per l’intero ma nei limiti di una quota: sarebbe illogico ritenere che - mentre l’alienazione di un intero bene, da parte di uno solo dei coniugi, è valida ed effi cace (salve, in ipotesi, le conseguenze dell’art. 184 c.c.) - l’alienazione di una quota di quello stesso bene sia, al contrario, assolutamente

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ineffi cace; peraltro, nulla impedisce ai coniugi di essere comproprietari di beni insieme a terzi, salva l’applicazione del regime di comunione legale relativamente alla quota pos-seduta. Difatt i, se i coniugi possono ab origine detenere in comunione legale quote di un bene, allo stesso modo è ammissibile che un bene, in precedenza oggett o di comunione legale per l’intero, divenga, poi, oggett o di comproprietà con terzi. Nel caso in cui l’alie-nazione della quota sia compiuta da uno dei coniugi separatamente, valgono le conse-guenze stabilite dall’art. 184 c.c. per le alienazioni solitarie (coi limiti temporali previsti per l’impugnazione): i rapporti giuridici tra i coniugi ed il terzo comproprietario saranno regolati, a loro volta, dalle norme sulla comunione ordinaria, restando operante, invece, il regime di comunione legale quanto alla quota ancora appartenente ai coniugi.Con altre parole, poiché il coniuge è “proprietario solidale” del bene in comunione (Corte Cost. 311/1988), lo stesso è legitt imato a disporne a favore di un terzo per l’inte-ro o anche in parte (nella misura di 1/2, ma anche di 1/3 o di 1/4); ove l’att o dispositivo sia stato compiuto in carenza dell’autorizzazione ex art. 184 c.c., l’altro coniuge potrà, entro un anno, ott enerne l’annullamento; in mancanza di impugnazione, tutt avia la cessione si consoliderà col duplice eff ett o di “restringere” l’oggett o della comunione legale alla quota residua e di costituire una comunione ordinaria tra il terzo da un lato e i due coniugi dall’altro (come si esprime la dott rina,infatt i, “nessuno può concepire una comunione legale tra soggett i che non siano coniugi, ma nessuno può impedire, parimenti, che i coniugi possiedano, in comunione legale, una quota di comproprietà di beni intestati, per le restanti quote, a terzi; conseguentemente, non si può escludere che una situazione di comproprietà ordinaria tra i coniugi ed un terzo, salva l’applicazione dell’art. 184 c.c., possa essere il frutt o di un att o di alienazione compiuto da uno dei co-niugi senza il consenso dell’altro”).Non può, dunque, ritenersi nullo il trasferimento, realizzato dal T. G., delle quote di ½ sugli immobili di …: tale att o è, piutt osto, annullabile (alle condizioni previste dall’art. 184 c.c.) e - come si vedrà - nel caso specifi co la diversa qualifi cazione data alla causa di invalidità non infl uisce in maniera sostanziale sulla decisione fi nale.Invero, la … ha chiesto l’annullamento del trasferimento delle quote sui citati edifi ci ad-ducendo a fondamento della domanda pretese ragioni di nullità e non di annullabilità; tutt avia, conformemente al costante orientamento giurisprudenziale (da ultimo Cass. Sez. Lav. 16/7/2002 n. 10316), si ritiene che, qualora non si pongano a fondamento della pronuncia fatt i giuridici costitutivi diversi da quelli dedott i dall’att ore e dibatt uti nel giu-dizio (così integrando o sostituendo in tutt o o in parte gli elementi della causa petendi), l’accoglimento della domanda sulla base di una categoria d’invalidità diversa da quella prospett ata dalla parte non costituisca violazione dell’art. 112 c.p.c., ma, piutt osto, con-creto esercizio del potere/dovere di riqualifi cazione della domanda att ribuito al giudice in base al principio iura novit curia (art. 113 c.p.c.).

6. Tutt i gli immobili sui quali verte la causa sono assoggett ati al medesimo regime pa-trimoniale di comunione legale e, parimenti, al sistema previsto ex lege per la loro am-ministrazione: ex art. 180 comma 2° c.c. il compimento degli att i eccedenti l’ordinaria amministrazione è att ribuito ai coniugi congiuntamente.Seguendo il fi lone giurisprudenziale che ha individuato come att i di straordinaria am-ministrazione non soltanto quelli di alienazione di beni, ma anche, più in generale, quelli che possano comunque incidere dirett amente o indirett amente sul patrimonio (la pro-messa di vendita di bene immobile, secondo Cass. 21/12/2001 n. 16177; la riscossione dell’indennità di espropriazione di un fondo comune, per Corte App. Napoli 19/6/1993; il conferimento di un immobile in società, in base a Cass. 22/7/1987 n. 6369), questo Giudice ritiene che il trasferimento dei suddett i stabili nel trust, che - come già dett o - comporta l’uscita del bene dal patrimonio del sett lor, debba essere considerato att o eccedente

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l’ordinaria amministrazione, anche in ragione del rilevante valore economico dei beni affi dati al trustee.Emerge chiaramente dagli att i (e, anzi, è proprio questo il presupposto dell’azione dell’att rice) che l’att o istitutivo di trust, col quale T. G. ha pure trasferito al trustee gli immobili per cui è causa, è stato compiuto in assenza di autorizzazione del coniuge (nell’att o notarile si legge, tra l’altro, che il sett lor “.dichiara di essere coniugato, ma giudizialmente separato dalla propria coniuge”; documento nr. 2 dell’att rice).Il disposto dell’art. 184 c.c. è inequivocabile: “Gli att i compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili … L’azione può essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza dell’att o e in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione”.Poiché l’att rice ha agito nel termine previsto dalla norma (il trust è stato istituito il 29/9/1999, mentre l’azione giudiziale è stata intrapresa con att o di citazione notifi cato il 3/7/2000), il conferimento in trust degli immobili che formavano oggett o della comu-nione (l’appartamento di Bologna e le quote, ciascuna di ½, sui fabbricati in … e in …) deve essere annullato, ferma restando la validità delle altre disposizioni del sett lor (non contestate in questa sede).

7. Per la novità e la complessità delle questioni che sono state sollevate da tutt e le parti e aff rontate nel corso del giudizio, pare opportuno, ex art. 92 comma 2° c.p.c., compensare integralmente le spese di lite.P.Q.M.IL TRIBUNALE DI BOLOGNA - SEZIONE PRIMA CIVILEdefi nitivamente pronunciando sulla causa nr. …/2000 R.G. promossa da … nei confronti di T. G. e di Società Fiduciaria, con sentenza provvisoriamente esecutiva per legge, ogni altra e diversa domanda, istanza, eccezione e difesa disatt esa e respinta, così provvede:· rigett a la domanda principale avanzata dall’att rice e dichiara la validità ed effi cacia dell’att o istitutivo di trust compiuto il …/1999 e registrato in data …1999;· annulla il trasferimento, realizzato da T. G. al trustee Società Fiduciaria (con att o del …1999 a ministero del Notaio Dr. … registrato al 3° Uffi cio delle Entrate di Bologna il …/1999 al nr. … - serie 1A), limitatamente alla porzione del fabbricato denominato “…”, ubicato in Bologna, alla quota di ½ delle porzioni del fabbricato sito in …di Bologna con le relative pertinenze e alla quota di ½ delle porzioni del fabbricato sito in …;compensa, per intero, le spese del giudizio tra tutt e le parti.Bologna, lì 30 sett embre 2003Il Giudice Dr.ssa Anna Maria DrudiSentenza redatt a con la collaborazione del Dott . Giovanni Fanticini, uditore giudiziario

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TRIBUNALE VERONA, DECRETO DELL’8.1.03, “TRUST AUTO-DICHIARATO: ART. 2740 C.C. E TRA-SCRIZIONE”

Trusts e att ività fi duciarie, Luglio 2003, p. 409 e ss.

Il Tribunale,sciogliendo la riserva, osserva quanto segue:1. La prima questione da esaminare è l’eccezione di improcedibilità sollevata dall’Agen-zia del Territorio.(omissis)L’eccezione di improcedibilità deve essere, pertanto, disatt esa.2. Nel merito, oggett o della presente decisione è la questione della trascrivibi lità nei Re-gistri Immobiliari di un att o descritt o, nella nota di trascrizione, come “costituzione in trust di beni immobili” e qualifi cato come trust agli eff ett i della Convenzione dell’Aia del 1° luglio 1985, ratifi cata con legge del 16 ott obre 1989, n. 364. Nell’ambito del pre-sente procedimento non vengono in rilievo questioni att inenti alla validità dell’att o, ma, assunta la appartenenza tipologica del dett o att o al genus trust di cui alla citata Convenzione, unicamente quella della sua trascrivibilità nei Registri Immobiliari.Il Conservatore ha ravvisato una situazione di giuridica incertezza sul rilie vo che l’att o “non pare [...] sia att o sog gett o a trascrizione ex artt . 2643 e segg. C.C.”.Eff ett ivamente, adott ando questa ott ica, non sembra seriamente contestabi le che la co-stituzione in trust di un bene immobile non rientra in alcuna delle pre visioni contenute negli artt . 2643 e segg. cod. civ. Ma ciò non signifi ca che l’att o non sia trascrivibile. Tratt andosi di norme di legge ordinaria, in linea di principio nulla impedisce che la tra-scrizione di altri att i, diversi da quelli previsti dalle citate norme del codice civile, possa essere pre vista o consentita in base a leggi speciali. Nel caso del trust, anzi, si deve par-tire dalla premessa che, tratt andosi di un isti tuto estraneo al nostro ordinamento (che non lo disciplina) e utilizzabile in ambito nazionale solo grazie al suo “riconosci mento” per eff ett o della ratifi ca di una Convenzione internazionale, la trascrizio ne di un att o di tal genere è per defi nizio ne al di fuori delle regole generali che disciplinano la tra-scrizione, che ovvia mente fanno riferimento a contratt i, att i o provvedimenti previsti e disciplinati dalla legge nazionale. La Repubblica Italiana ha riconosciuto il trust, ma non lo ha disciplinato con proprie norme interne, per cui l’att o così denominato è per defi nizione disciplinato dalla legge di un altro paese.Dett o questo, le prospett ive che si aprono per la soluzione della questione sono sostan-zialmente due: o si rinviene nella stessa Convenzione dell’Aia una norma che prevede o, comunque, consen te la trascrizione; o, nell’eventuale silen zio della Convenzione, ri-sultando impos sibile una decisione in base ad una preci sa disposizione di legge (inter-na o no), resta aperto il ricorso all’analogia. A que st’ultimo proposito si deve dire che, se pure il trust è per defi nizione un istituto di diritt o straniero, il suo riconoscimento comporta, comunque, per necessità, pro blemi di inserimento o adatt amento alla realtà giuridica nazionale nel senso, quan to meno, di una inevitabile interazione con istituti del diritt o nazionale (tra cui la trascrizione). Per cui la questione della trascrivibilità dell’att o non potrebbe mai essere risolta in negativo sulla base della mera osservazione che né la legge stranie ra applicabile (nella specie, la legge ingle se) né alcuna specifi ca disposizione di legge italiana prevedono la trascrizione dell’att o istitutivo di un trust. Una tale risposta, in difett o di una previa indagine in ordine alla natura intrinseca del trust che ne escludesse, in ipotesi, gli eff ett i reali, equivarrebbe, infatt i, a negare di fatt o ogni eff ett o al riconoscimento dell’i stituto e, quindi, a considerare tamquam non esset

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la legge di ratifi ca della relativa Convenzione internazionale (ciò che comunque non sfuggirebbe ad un sospett o di illegitt imità costituzionale).Seguendo l’indicata linea di indagine, si osserva, da un lato, che è la stessa Conven-zione dell’Aja a indicare la via “virtuosa” per il superamento del proble ma laddove, all’art. 12, prevede la possibi lità di “richiedere l’iscrizione [...] che rive li l’esistenza del trust, a meno che ciò non sia vietato o sia incompatibile con la legi slazione dello Stato nel quale la registra zione deve aver luogo”; e, dall’altro, che la nostra legge sicuramente (e ovviamente) non pone alcun divieto alla trascrizione di un att o qualifi cato come isti-tutivo di trust. Nella nostra legge si potrebbe, se mai, rinvenire nell’art. 2740 cod. civ. un divieto alla stessa stipulazione di un att o del genere. La caratt eristica precipua del trust, infatt i, non è tanto il trasferimento della proprietà del bene dal disponente al trustee (mancante nella concreta fatt ispe cie, in cui la stessa persona è ad un tempo disponente e trustee), quanto la separa zione (o “segregazione”) dei beni costitui ti in trust dal restante patrimonio del pro prietario. Per cui, se il trust non fosse stato - con la ratifi ca della Con-venzione dell’Aia - riconosciuto nel nostro Stato, non sarebbe dubbio che un tale att o incontrerebbe, nel nostro ordinamento, il divieto posto dall’art. 2740 cod. civ.. Ma, una volta superato tale divieto, non se ne incontra alcun altro che riguardi specifi camente la trascrizione dell’att o. La quale non è neppure incompatibile con qualche norma di legge interna. L’idea che l’intera disciplina della trascrizione poggi su un principio (peraltro, solo implicito) di tas satività degli att i trascrivibili è stata da tempo abbandonata, per cui il solo fatt o che nessuna norma di legge preveda (ovviamente) la trascrizione dell’att o isti tutivo di trust non implica né un divieto di tale trascrizione né la sua incompatibi lità con il sistema. Già in forza di queste considerazioni, il solo riferimento all’art. 12 della Convenzione dell’Aia appare suffi ciente a giustifi care l’accoglimento del reclamo. Ad abundantiam, si possono pro pone due ulteriori considerazioni: 1) il previsto assoggett a-mento a trascrizione dell’att o istitutivo del fondo patrimoniale (art. 2647 cod. civ.), che è la fi gura più vicina al trust che il nostro ordinamento positivo conosca, dimostra in positivo che la ammissione alla formalità della trascri zione dell’att o istitutivo del trust non solo non è incompatibile con alcuna norma di legge, ma è anzi coerente e conforme al sistema; 2) se neppure questo fosse ritenu to suffi ciente a far ricavare la soluzione del problema dirett amente dall’art. 12 della Convenzione dell’Aia, si sarebbe in presenza di una lacuna del sistema ed allo ra, non restando che il ricorso all’analo gia, non si potrebbe non vedere proprio nell’art. 2647 cod. civ. la norma applica bile “anche” al trust ai sensi dell’art. 12, II comma delle preleggi.Il reclamo va, pertanto, accolto e, per l’eff ett o, la riserva con cui è stata eseguita la forma-lità deve aversi come non apposta. P.Q.M.Accoglie il reclamo e conseguente mente dichiara senza eff ett o la riserva apposta alla trascrizione dell’att o datato 3 luglio 2002 n. 218419/29424 rep. Not. Lebano Pasquale, for-malità eseguita presso l’Agenzia del Territorio di Verona il 12 agosto 2002 n. 34420 R. G. e 23786 R. P.

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TRIBUNALE PISA,DECRETO DEL 22.12.01, “TRASCRIZIONE DI TRUST DICHIARATO UNILATE-RALMENTE”

in Trusts e att ività fi duciarie, Aprile 2002, p. 241 e ss.

(Omissis)In fatt oIl notaio … ott enuta la trascrizione con riserva di un att o di istituzione di un trust da lui ricevuto, chiede che la riserva venga eliminata, sostenendo la piena trascrivibilità dell’att o stesso in Italia ai sensi della Convenzione de L’Aja dell’1/7/1985, ratifi cata con L. 16110/1989 n. 364, ormai in vigore da molti anni.Il ricorso risulta depositato nel termine di cui all’art. 113-ter DA. L’Agenzia del Territorio resiste prospett ando ragioni ostative att inenti sia all’istituto del trust che alla normativa sulla pubblicità immobiliare.L’att o in discussione, prodott o in copia, risulta posto in essere da una citt adina italiana residente in Italia, che ha incaricato e impegnato se stessa a gestire in Italia un trust aven-te ad oggett o un bene immobile sito in Italia, conservato nella proprietà di lei medesima, ma destinato al soddisfacimento delle esigenze del fratello di lei, a sua volta citt adino italiano residente in Italia. Per dichiarazione espressa della disponente (punto 8 dell’att o: “Legge regolatrice del trust”), “II trust è regolato dalla legge inglese”.

In diritt oLa particolarità del caso è rappresentata dalle circostanze sopra elencate, che rendono l’att o in discussione italiano sott o tutt i gli aspett i, escluso soltanto quello della legge re-golatrice, e palesemente non in linea con i principi tradizionali e sanciti in tema di re-sponsabilità patrimoniale, primo fra tutt i quello dell’art. 2740 C.C. È questo infatt i uno dei principali argomenti utilizzati dalla resistente, ed è forse questa la ragione per la quale le parti precisano che non vi sono precedenti in termini, in eff ett i non rinvenuti dal Tribunale, mentre è pacifi co che sono stati presentati per la trascrizione e sono stati anche trascritt i in Italia att i istitutivi di trust comportanti trasferimento dei beni assoggett ati al vincolo.In eff ett i, sono palesi le diffi coltà di coordinamento e di armonizzazione con parecchie norme di legge italiane, se si considera che, secondo lo schema più diff uso nei Paesi che regolano l’istituto, modellato sulla elaborazione anglosassone nella specie esplicitamente richiamata, con la imposizione del vincolo di trust i beni divengono, con riferimento alla persona del loro titolare: insequestrabili, sott ratt i a pignoramento e fallimento, insensibili al regime matrimoniale e successorio (art. 11 Conv.). Ma queste diffi coltà si riproducono in relazione a qualsiasi trust e così l’argomento che se ne vuol trarre, anziché dimostrare l’inammissibilità di una fatt ispecie singolare, fi nisce con l’annullare se stesso ponendosi in totale confl itt o con la norma di legge e regola l’asserita singolarità nell’ambito di una mera suggestione. La separazione o, come si dice più spesso e anche nell’att o in esame, la “segregazione” dei beni nel patrimonio del loro titolare è dato caratt eristico e qualifi -cante di ogni trust, sicché l’art. 2740 e le altre norme invocate precluderebbero l’esistenza giuridica per il nostro ordinamento di qualsiasi trust, mentre c’è la legge di ratifi ca che sancisce il contrario, facendo eccezione soltanto in relazione all’ordine pubblico (nel senso ristrett o dell’art. 18 Conv.) e a determinate categorie di esigenze, specifi camente elencate nella stessa Convenzione ratifi cata (art. 15). Ne consegue che, pur foriero di problemi giuridici e pratici tutt ’altro che trascurabili, il trust “internazionale” va ri-conosciuto dal nostro ordinamento in generale, senza distinguere se i beni siano del

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disponente o meno e se vi sia contestuale trasferimento dal primo al secondo, il che non è imprescindibile neppure se i due soggett i sono distinti. Sembra più agevole una simile conclusione quando vengono in gioco persone o beni stranieri, ma alla luce della normativa specifi ca non possono farsi tali distinzioni, e non si saprebbe neppure quali considerare discriminanti, fra le tante variabili possibili.E’ ugualmente suggestiva la trasposizione delle diffi coltà sul piano della normativa pubblicitaria, ed anzi in pratica su questo piano vi saranno ben poche occasioni in cui emergeranno problemi in sede di trascrizione, perché verrà trascritt o l’att o di trasfe-rimento ed esso costituirà il vincolo per introdurre nei registri anche menzione del regolamento del trust, risultato del quale ci si accontenterà e che è indubbiamente già auspicabile sia nell’interesse del trust stesso, sia dei terzi. Ma il problema della trascri-vibilità in sé (dell’att o costitutivo) del vincolo di trust rimane, non ontologicamente diverso anche in quei casi comuni, perché si tratt a della pubblicità (dell’att o costitutivo) del vincolo non nei confronti dell’eventuale autore di un trasferimento o costituzione di diritt i reali, bensì nei confronti di colui che risulterà titolare del bene o diritt o, non importa se per eff ett o del trasferimento o per conservazione della titolarità pregressa.È di immediata percezione e pacifi co, quindi da accennare soltanto, che l’att o qui in esame delinea per iscritt o un trust volontario con gli elementi caratt erizzanti indicati dalla Convenzione (artt . 2 e 3), e dunque la fatt ispecie è di massima compresa nel re-golamento convenzionale (art. 1). Il trust, senza eccezione per questo tipo di trust, è previsto dall’ordinamento inglese esplicitamente invocato (artt . 5 e 6; vi è anzi chiara traccia di un principio di “favor” negli artt . 6, 7, 14); non si identifi cano (ammesso che rilevino in sede di trascrizione e non occorrano appositi giudizi) motivi di invalidità dell’att o costitutivo in sé considerato, posto che anch’esso è soggett o non alle rego-le italiane ma a quelle inglesi (art. 8) e non risulta confl iggente con esigenze ostative (art. 15). Dunque, questo specifi co trust deve considerarsi “riconosciuto” in Italia, in virtù di quell’unico ma espansivo elemento di estraneità all’ordinamento italiano che è rappresentato dal richiamo alla legge inglese. Riconoscimento signifi ca nel mondo giuridico att ribuzione di eff ett i, in ordine ai quali Convenzione e Legge di ratifi ca non pongono limiti al di là di quelli già accennati.La Convenzione, oltre al riconoscimento dei trust cosiddett i “internazionali”, non in-troduce e non obbliga gli Stati contraenti ad introdurre negli ordinamenti interni la previsione ed il regolamento nazionale dell’istituto del trust; all’art. 12, con norma che, si ricorda, è anch’essa legge dello Stato italiano, att ribuisce però (si segue la traduzione uffi ciale) al “trustee che desidera registrare i beni mobili o immobili, o i documenti att inenti,... facoltà di richiedere la iscrizione nella sua qualità di trustee o in qualsiasi altro modo che riveli l’esistenza del trust, a meno che ciò non sia vietato o sia incompatibile a norma della legislazio-ne dello Stato nel quale la registrazione deve aver luogo”. Dove le parole “registrazione” e “iscrizione” indicano qualunque tipo previsto di pubblicità, secondo un’interpretazio-ne pressoché unanime basata sulla provenienza di uno dei termini dal francese, che in relazione a quell’ordinamento non distingue la trascrizione; ne è conferma l’uso fungi-bile dei due termini, il riferimento fungibile ai beni mobili e immobili e ai documenti, l’indeterminatezza esplicita delle modalità.Non sembra contestabile che la “facoltà” sostanzi un diritt o potestativo, al quale deve corrispondere un obbligo dei soggett i deputati alla pubblicità. È invece discusso che la norma valga ad istituire un regime di trascrizione (facoltativa, per defi nizione) del trust in Italia. Dal punto di vista della Convenzione, si tratt a di un problema che può att eggiarsi diff erentemente ma senza diff erenze logiche riguardo a ciascuno Stato fi r-matario. L’apertura a tutt i i possibili oggett i e modi, espressa nell’art. 12, mostra chiara-mente che la Convenzione, e di conseguenza la legge di esecutività, intende utilizzare, adatt andosi, tutt i i possibili sistemi di pubblicità, non istituire un sistema comune, nep-

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pure minimo, del quale oltretutt o dovrebbe fornire qualche lineamento, invece assente. Dovrebbe disegnare una disciplina minima, proprio perché i diversi ordinamenti non coincidono quanto ad estensione, oggett o e modalità della pubblicità, tanto è vero che proprio in Italia essa ha un’estensione modestissima al di fuori della materia immobi-liare ed off re quindi al trust e contro di esso un presidio decisamente insuffi ciente.Ma, pur seguendo l’interpretazione ridutt iva che att ribuisce alla norma dell’art. 12 la funzione di abilitare il trustee ad accedere alle sole forme di pubblicità esistenti nei singoli Paesi, appare forzato negare che essa integri almeno la semplice previsione di una nuova fatt ispecie ammessa alla registrazione nei limiti degli istituti presenti negli ordinamenti interni, così aprendo la via per insediare anche il trust nel mondo chiuso della pubblicità come esistente in Italia. Questa osservazione risulta di importanza de-cisiva per chi intenda il sistema pubblicitario italiano governato da criteri di rigorosa tassatività; è a maggior ragione effi cace, se tale rigore si neghi, o se ne riconosca il superamento.È vero che il legislatore, via via che crea o prende in considerazione nuovi istituti, usa disporre con norme espresse la relativa eventuale estensione della pubblicità (e que-sto sembra aver fatt o rendendo applicabile in Italia l’art. 12); ma la linea di tendenza segnata da tante innovazioni del genere è quella di un progressivo superamento delle categorie delimitanti l’ambito della pubblicità, se tassatività vi sia stata originariamen-te. Si supera il corollario della personalità giuridica e persino di una qualunque sogget-tività (fallimento, fondo patrimoniale), si supera il corollario dei diritt i reali (locazioni ultranovennali, assegnazione dell’abitazione nella separazione e nel divorzio, fondo patrimoniale) e di qualunque vero diritt o (vincoli sulla proprietà: v. art. 18 sett imo comma L. n. 47/85). Opporre la tassatività al trust risulta quanto meno anacronistico, in presenza di una disposizione come l’art. 12.Quanto ai limiti interni alla norma, è evidente che non c’è disposizione espressa né principio dal quale dedurre un divieto di trascrizione del trust, dato che, una volta rico-nosciuto l’istituto, la pubblicità - qualunque ne sia l’eff ett o - realizza prima di tutt o un interesse dei terzi, generale e convergente con l’interesse pubblico. Altrett anto arduo è individuare ragioni di incompatibilità, specialmente considerando quanto affi ne sia e in quante affi ni maniere possa manifestarsi l’istituto del fondo patrimoniale, la cui fonte negoziale è soggett a in ogni caso, ove si tratt i di immobili, a trascrizione per espressa norma dell’art. 2647 C.C. La fatt ispecie sostanziale del fondo patrimoniale, con la segre-gazione di alcuni beni e la successiva possibilità di aggiungerne altri in un vincolo di destinazione, senza necessità di trasferimenti, è estremamente affi ne a quella del trust; la sua disciplina pubblicitaria, sebbene meglio espressa senza le genericità di uno strumen-to multinazionale, è sostanzialmente corrispondente a quella dell’art. 12 Conv.: prevede soltanto la trascrizione indiscriminata, senza curarsi di precisarne le modalità.Non sembra che problemi di natura semplicemente organizzativa ed att uativa possano paralizzare l’applicazione di una legge. In ogni caso, non possono essere addott i addirit-tura come ragioni di incompatibilità di quella legge con l’ordinamento dello Stato. Tali ragioni, anche senza una riserva esplicita, avrebbero dovuto creare altrett ante resistenze alla trascrizione del fondo patrimoniale (o più precisamente del suo att o costitutivo), dalla quale invece si trae la migliore conferma della compatibilità della trascrizione del trust ed anche una estensibile indicazione circa le modalità della medesima.Deve pertanto accogliersi il reclamo. P. T. M.Il Tribunale, accogliendo il ricorso, dispone che a cura del Conservatore dei Registri Im-mobiliari di Pisa sia eliminata la riserva apposta alla trascrizione dell’att o.(omissis)

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Finito di stampare nel mese di febbraio 2008presso la Tipolitografia Quatrini Archimede e figli snc - Viterbo