Deformazione e comicità: iconografia e teatro in Alfred Jarry · piano»5. Uniti dal desiderio di...

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Deformazione e comicità: iconografia e teatro in Alfred Jarry Anna Vegetti «J’appelle monstre toute originale inépuisable beauté» A. Jarry, L’Ymagier, n. 2, janvier 1895. Jarry e il periodo simbolista in Francia Il 10 dicembre 1896, la sala del Théâtre de l’Œuvre di Parigi è gremita in occasione della prima di Ubu roi, farsa grottesca scritta dal giovane drammaturgo Alfred Jar- ry (1873-1907): «La sera di questa prima», ricorda Laurent Tailhade, «le gallerie erano in trepidazione, il pubblico era agitato come nei più bei tempi del Romantici- smo. Vi erano tutte le personalità del mondo della politica o delle lettere: Rochefort e Willy, Arthur Meyer e Catulle Mendès» 1 . Questa celebre première rappresenta una rivoluzione tecnica e letteraria di vasta portata: l’estetica simbolista giunge a inserirsi all’interno della drammaturgia e del teatro, riuscendo a intaccare perfino la forma recitativa e la rappresentazione scenografica. «È l’inizio della fine» 2 , af- ferma il Sarcey, riflettendo sulla creazione di Jarry, la cui breve esistenza coincide con lo sviluppo del Simbolismo (1885-1895), periodo in cui va considerata e letta la sua opera. 1 «Le soir de cette première, les couloirs trépidaient, l’assistance était houleuse comme aux plus beaux jours du Romantisme. Il y avait toutes les notoriétés du monde politique ou des gens de lettres: Rochefort et Willy, Arthur Meyer et Catulle Mendès» (L. Tailhade, citato in G. Michaud, Message poétique du Symbolisme, Nizet, Paris 1947, p. 474, tr. it. nostra). 2 «C’est le commencement de la fin» (M.F. Sarcey, citato in M. Mazzocchi Doglio, Il teatro simbolista in Francia (1890-1896), Edizioni Abete, Roma 1978, p. 156, tr. it. nostra). Copyright c 2004 ITINERA (http://www.filosofia.unimi.it/itinera) Il contenuto di queste pagine è protetto dalle leggi sul copyright e dalle disposizioni dei trattati internazionali. Il titolo e i copyright relativi alle pagine sono di proprietà di ITINERA. Le pagine possono essere riprodotte e utilizzate liberamente dagli studenti, dagli istituti di ricerca, scolastici e universitari afferenti ai Ministeri della Pubblica Istruzione e dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica per scopi istituzionali, non a fine di lucro. Ogni altro utilizzo o riproduzione (ivi incluse, ma non limitatamente a, le riproduzioni a mezzo stampa, su supporti magnetici o su reti di calcolatori) in toto o in parte è vietato, se non esplicitamente autorizzato per iscritto, a priori, da parte di ITINERA. In ogni caso questa nota di copyright non deve essere rimossa e deve essere riportata anche in utilizzi parziali.

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  • Deformazione e comicità:iconografia e teatro in Alfred Jarry

    Anna Vegetti

    «J’appelle monstre toute originale inépuisable beauté»

    A. Jarry, L’Ymagier, n. 2, janvier 1895.

    Jarry e il periodo simbolista in Francia

    Il 10 dicembre 1896, la sala del Théâtre de l’Œuvre di Parigi è gremita in occasionedella prima di Ubu roi, farsa grottesca scritta dal giovane drammaturgo Alfred Jar-ry (1873-1907): «La sera di questa prima», ricorda Laurent Tailhade, «le gallerieerano in trepidazione, il pubblico era agitato come nei più bei tempi del Romantici-smo. Vi erano tutte le personalità del mondo della politica o delle lettere: Rocheforte Willy, Arthur Meyer e Catulle Mendès»1. Questa celebre première rappresentauna rivoluzione tecnica e letteraria di vasta portata: l’estetica simbolista giunge ainserirsi all’interno della drammaturgia e del teatro, riuscendo a intaccare perfinola forma recitativa e la rappresentazione scenografica. «È l’inizio della fine»2, af-ferma il Sarcey, riflettendo sulla creazione di Jarry, la cui breve esistenza coincidecon lo sviluppo del Simbolismo (1885-1895), periodo in cui va considerata e lettala sua opera.

    1 «Le soir de cette première, les couloirs trépidaient, l’assistance était houleuse comme aux plusbeaux jours du Romantisme. Il y avait toutes les notoriétés du monde politique ou des gens de lettres:Rochefort et Willy, Arthur Meyer et Catulle Mendès» (L. Tailhade, citato in G. Michaud, Messagepoétique du Symbolisme, Nizet, Paris 1947, p. 474, tr. it. nostra).

    2 «C’est le commencement de la fin» (M.F. Sarcey, citato in M. Mazzocchi Doglio, Il teatrosimbolista in Francia (1890-1896), Edizioni Abete, Roma 1978, p. 156, tr. it. nostra).

    Copyright c© 2004 ITINERA (http://www.filosofia.unimi.it/itinera)Il contenuto di queste pagine è protetto dalle leggi sul copyright e dalle disposizioni dei trattati internazionali.Il titolo e i copyright relativi alle pagine sono di proprietà di ITINERA. Le pagine possono essere riprodotte eutilizzate liberamente dagli studenti, dagli istituti di ricerca, scolastici e universitari afferenti ai Ministeri dellaPubblica Istruzione e dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica per scopi istituzionali, non a finedi lucro. Ogni altro utilizzo o riproduzione (ivi incluse, ma non limitatamente a, le riproduzioni a mezzo stampa,su supporti magnetici o su reti di calcolatori) in toto o in parte è vietato, se non esplicitamente autorizzato periscritto, a priori, da parte di ITINERA. In ogni caso questa nota di copyright non deve essere rimossa e deveessere riportata anche in utilizzi parziali.

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    Il clima culturale all’interno del quale scrive Jarry è attraversato da spinte inno-vative: il pensiero appare dominato da una tendenza soggettivista e anti-positivistae, sullo sfondo dell’esaltazione della personalità individuale, del sentimento e dellospirito, si assiste al sorgere di una vera e propria rivoluzione filosofica e letteraria.Scrive Yeats nel 1897: «La rivolta contro il razionalismo settecentesco si è fusacon la rivolta contro il materialismo dell’Ottocento; e il movimento simbolista, cheha raggiunto la sua pienezza in Germania con Wagner, in Inghilterra con i preraf-faelliti, in Francia con Villiers de l’Isle-Adam, con Mallarmé e con Maeterlinck,e ha mosso l’immaginazione di Ibsen e di D’Annunzio, è indubbiamente l’unicomovimento che dica cose nuove»3. Il Simbolismo, presentandosi come fenomenodai molteplici volti, ricco di talenti, opere, affinità e realtà multiple, giunge a occu-pare un arco di sessant’anni e vede protagoniste personalità uniche e originali che,in uno sguardo complessivo sull’epoca, suggeriscono aspetti significativi e nuovicanoni di pensiero; il Simbolismo, infatti, nasce come sintesi e superamento dellacultura precedente, riprendendone i princìpi e proseguendo sul terreno di quellarivoluzione che si profila all’alba del XIX secolo, il Romanticismo.

    Sullo sfondo di una nostalgia per lo spirituale e per la dimensione ideale, lapoetica romantica tende a “infinitizzare” l’esperienza umana nei diversi ambiti delreale; l’estetica del Romanticismo e in seguito quella simbolista, seguita da Jarry,ripudia il principio d’imitazione e, attribuendo all’artista grande libertà, si delinea,quindi, come un’estetica della creazione. Il pensatore simbolista considera ognisentimento, ogni stato di coscienza come unico, diverso da ogni altro, e, di con-seguenza, ritiene impossibile esprimere la sensazione mediante un linguaggio uni-versale e convenzionale. È necessario allora scoprire e inventare un nuovo idiomache sappia esprimere la personalità e le emozioni dell’autore tramite simboli: nel-l’ambito della drammaturgia, sembra essere proprio Jarry a rendersi interprete diquesta necessità, arricchendo il linguaggio del suo teatro con metafore e immaginipiene di colore, terminologie rare o tratte dal gergo parigino e popolare.

    Quando, il 18 settembre 1886, Le Figaro pubblica il Manifeste symboliste diJean Moréas, le premesse dell’innovazione simbolista esistono già4. Egli, presen-tando la nuova tendenza artistica, coordina uno svariato numero d’idee e di concettiestetici che erano presenti all’interno delle opere di diversi autori: «Nemica del di-dattismo, della declamazione, della falsa sensibilità, della descrizione obiettiva, lapoesia simbolista cerca di rivestire l’Idea con una forma sensibile che non sia pe-rò fine a se stessa, ma che, pur servendo a esprimere l’Idea, rimanga in secondopiano»5. Uniti dal desiderio di voler indagare l’essenza segreta dell’universo, gliautori simbolisti rifiutano la visione realistica della società e dell’arte contempora-

    3 W.B. Yeats, citato in E. Wilson, Il castello di Axel. Studio sugli sviluppi del simbolismo fra il1870 e il 1930, tr. it. di M. e L. Bulgheroni, Il Saggiatore, Milano 1965, p. 28.

    4 Cfr. B. Romani, Dal Simbolismo al Futurismo, Sandron, Firenze 1969, p. 7.5 «Ennemie de l’enseignement, la déclamation, la fausse sensibilité, la description objective, la

    poésie symboliste cherche à vêtir l’Idée d’une forme sensible qui, néanmoins, ne serait pas son butà elle-même, mais qui, tout en servant à exprimer l’Idée, demeurerait sujette» (J. Moréas, citato inM. Mazzocchi Doglio, op. cit., p. 61, tr. it. nostra).

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    nea a favore di una nuova tendenza: evocare e suggerire, non descrivere. L’autoresimbolista si trova a supporre, tra il mondo materiale e il mondo spirituale, dellerelazioni immutabili, delle correspondances, e la ricerca dell’unità nella moltepli-cità diviene un’azione incessante per l’artista. Dovendo sviluppare le potenzialitàdello spirito, per pervenire a uno stato di coscienza superiore, a un’intuizione chepermetta di penetrare le relazioni immutabili e l’unità dello spirito, il poeta pene-tra nell’infinito «più profondamente di ogni altra filosofia, vi prolunga e riflette larivelazione di un vangelo»6. È questo il momento in cui l’artista, per esprimerela ricchezza di tali relazioni, scopre la forma necessaria, un’armonia, una musicaessenziale: è la nascita del simbolo.

    Suggerire la realtà piuttosto che rappresentarla chiaramente è una delle aspi-razioni fondamentali degli autori simbolisti, accanto al primato dell’arte creativae del linguaggio poetico e musicale; l’arte diviene uno strumento privilegiato diconoscenza, una libera creatività, un tentativo per evadere dai limiti del finito. Losguardo del Simbolismo è diretto verso una realtà impregnata di significati pro-fondi e sfuggenti, tradotti in immagini che evocano e suggeriscono sensi estraneia quelli dominati dal linguaggio della ragione. L’essenza del simbolo non si ridu-ce solo a suoni, vibrazioni e immagini che porta in sé e all’oggetto evocato, masi presenta come «centro dinamico da cui la verità si diffonde, in tutti i sensi, e suogni piano della realtà»7: una sintesi che esprime realtà variabili su differenti piani,diversi enti con differenti valori.

    Jarry stesso, sulla scia dei pensatori simbolisti, si rende interprete della ne-cessità dell’uomo di liberarsi dagli schemi astratti dell’intelletto, dalle abitudiniacquisite, dai pregiudizi e dalle convenzioni create dalle necessità sociali, per poterpenetrare, attraverso l’intuizione, l’intimità del reale; compito della nuova filosofiaè trasportare l’uomo all’interno delle cose, per poter intuire la creatività della vitastessa e conquistare così l’interiorità del reale. Il Simbolismo, contrapponendosialla concezione positivista, si fonda quindi su un senso di mistero e si presentalegato a una filosofia dell’inconoscibile e dell’inconscio: la poesia non può esseredescrittiva, ma al contrario evocativa e ricca di musicalità, per poter cogliere pie-namente l’anima del reale. La poesia deve essere creazione e il poeta diviene unasorta di demiurgo, il cui compito è quello di ricreare la vita. La linfa vitale delladrammaturgia di fine Ottocento viene tratta dall’innovazione della forma poeti-ca, operata da autori quali Rimbaud, Mallarmé e Baudelaire: è questa l’atmosferaculturale ed espressiva che Jarry respirerà negli anni in cui inizia a scrivere.

    6 «plus profondément qu’aucune philosophie, il y prolonge et répercute la révélation d’unévangile» (Ch. Vanor, citato in G. Michaud, op. cit., p. 412, tr. it. nostra).

    7 «centre dynamique d’ou la vérité se répand, dans tous les sens, et sur tous les plans de la réalité»(ibid., pp. 414-415, tr. it. nostra).

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    Il dominio del brutto

    «L’assurdo esercita lo spirito e fa lavorare la memoria»8, afferma Jarry, sintetiz-zando la sua costante necessità di creare un teatro rivoluzionario e deliberatamenteprovocatorio, in grado di formulare nuovi valori estetici: egli dissacra il reale, fa-cendo ricorso a enormi caricature in una dimensione altalenante tra ragionevolezzae irragionevolezza, in un mondo d’immagini deformi e grottesche.

    Il principio di deformazione, sia in campo pittorico sia letterario, si presentaalla base dell’universo di Jarry: dichiarata la necessità di rifiutare il teatro comerappresentazione mimetica, si assiste al dominio del brutto su ogni altra categoriaestetica, all’interno di una drammaturgia capace di suscitare immagini mostruo-se ed elementi dissonanti che danno vita a un nuovo tipo di umorismo9. Uno deipregiudizi contro i quali si batte Jarry è, infatti, quello secondo cui soltanto il bel-lo e le sue forme rappresentano una categoria fonte di godimento estetico: nelsuo teatro il brutto, il dissonante, il deforme e il mostruoso esprimono un nuovogenere di bellezza, segnando un’innovazione rispetto ai precedenti tradizionali dirappresentazione delle forme.

    Tra le pagine del discorso scritto in occasione della celebre première di Ubu roidel 1896, Jarry si rivolge al pubblico affermando: «voi sarete liberi di vedere inMonsieur Ubu le molteplici allusioni che vorrete, o un semplice fantoccio, la de-formazione creata da un liceale di uno dei suoi insegnanti, che per lui rappresentavatutto il grottesco che esistesse al mondo»10. Jarry permea, dunque, i suoi perso-naggi di una categoria, il grottesco, la cui introduzione nel campo della riflessioneestetica riveste un’importanza cruciale all’interno dell’arte moderna; infatti, la sto-ria dell’estetica è attraversata da riflessioni che hanno spesso considerato il bellocome valore per eccellenza11 . Alcuni momenti della storia del pensiero, come ilRomanticismo e, in seguito, il Simbolismo, hanno invece rilevato come l’arte sirenda interprete di una necessità: se natura e spirito devono esprimere tutta la lo-ro drammatica profondità, il brutto, il grottesco e il male non possono mancare.Ed è proprio all’interno del teatro di Jarry che sembrano confluire diversi e interes-santi aspetti in relazione a una riflessione sulla mostruosità, dalla maschera dellacommedia dell’arte alla buffoneria di Rabelais, fino al riso mostruoso di Hugo.

    8 «L’absurde exerce l’esprit et fait travailler la mémoire» (A. Jarry, citato in E. Balmas, Moder-nità e tradizione nell’avanguardia teatrale contemporanea, Libreria Editrice Universitaria Patron,Bologna 1977, p. 33, tr. it. nostra).

    9 Il principio di deformazione domina, ad esempio, L’Autre Alceste, apparsa su La Revue Blanchenell’ottobre 1896 e definita dallo stesso Jarry un drame en cinq récits: l’immaginario di forme ripu-gnanti ricompare sotto la veste di una leggenda araba sullo sfondo di un Ade ricreato come paludeabitata da insetti, personaggi infernali e da un nocchiero, Doublemain, dotato di una duplice artico-lazione tagliente (cfr. Id., “L’Autre Alceste”, in Œuvres complètes, 3 tomes, textes établis, présentéset annotés par M. Arrivé, Gallimard, Paris 1988, tome I, pp. 907-916).

    10 «vous serez libres de voir en M. Ubu les multiples allusions que vous voudrez, ou un simplefantoche, la déformation par un potache d’un de ses professeurs qui représentait pour lui tout legrotesque qui fût au monde» (Id., “Discours d’Alfred Jarry prononcé à la première représentationd’Ubu roi”, in ibid., p. 399, tr. it. nostra).

    11 Cfr. G. Scaramuzza (a cura di), Il brutto nell’arte, Il Tripode, Napoli 1995, p. 5.

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    Il grottesco in Jarry designa un nuovo stato dell’arte e della visione del reale, con-trassegnato da una drammaturgia densa di deformazioni, tendenti al caricaturale eal mostruoso, che giungeranno a contemplare strumenti teatrali quali la masche-ra e la marionetta, elementi portatori di nuove soluzioni per l’estetica scenica delNovecento.

    Jarry ricrea il reale, con i suoi vizi e i suoi mali, collocandolo in una dimensionesimbolica, e concepisce le forme del suo teatro «in modo che il pubblico si vedacome in uno specchio, con tutto il suo grottesco, la sua vanità, la sua volgarità, lasua ferocia, la sua stupidità»12 . Appare, dunque, evidente il compito del teatro:suscitare il riso a partire da situazioni tragiche, servendosi della trasgressione diforme e immagini ripugnanti che svelano la propria forza, dando vita a esiti comici.Il brutto assume quindi un grande rilievo, realizzando una poetica della totalità (ilcomico in armonia con l’elemento tragico), libera da schemi formali: la creativitàdi Jarry esige che la vita venga rappresentata in ogni suo aspetto.

    E in relazione a ciò, è significativo citare la riflessione di Karl Rosenkranz,che, nella seconda metà del XIX secolo, teorizza la necessità del brutto di entrare apieno titolo nel mondo dell’arte. Egli, solcando il terreno della drammaturgia, no-ta come fin dall’epoca classica commediografi e tragediografi abbiano posto sullosfondo delle vicende di personaggi mitologici e di divinità i drammi più dolorosi,i vizi e i difetti legati all’intera umanità. Rosenkranz afferma che «per quanto vi-vessero nell’ideale, i greci hanno avuto un dio zoppo, hanno fatto vedere nelle lorotragedie il crimine più orrendo (il mito di Edipo e di Oreste), la malattia disgustosa(la piaga purulenta del piede di Filottete), nella commedia vizi e nefandezze d’ognitipo»13, concludendo che l’arte non può non raffigurare il brutto.

    I personaggi stessi dei drammi jarryani non sono eroi o superuomini ma vol-gari subumani con passioni estreme, disposti a ogni scelleratezza per la conquistadel potere; viene, così, affermato il netto rifiuto della visione naturalistica e dellariproduzione fotografica del reale. L’elemento grottesco scaturisce proprio dallacontraddittoria dimensione umana che l’autore attribuisce ai suoi anti-eroi: l’ec-cessiva volubilità, la tendenza al sotterfugio e l’impulso alla coprolalia delle figurejarryane si traducono in una poetica dell’eccesso e della deformazione che confe-risce positività estetica alle forme del brutto. Il grottesco, armonizzandosi con ilcomico, si libera così dalla negatività del brutto e dai suoi aspetti ripugnanti, e rea-lizza una poetica dalle forme nuove in un amalgama di contrari: cogliendo l’ereditàlasciata dal Romanticismo francese, è possibile affermare con Hugo che «la poesiavera, la poesia completa, è nell’armonia dei contrari»14.

    12 «de façon que le public s’y voie comme dans un miroir, avec tout son grotesque, sa vanité, savulgarité, sa férocité, sa bêtise» (G. Minois, Histoire du rire et de la dérision, Fayard, Paris 2000,p. 537, tr. it. nostra).

    13 K. Rosenkranz, Estetica del brutto, a cura di S. Barbera, “Presentazione” di R. Bodei,Aesthetica, Palermo 1994, p. 71.

    14 V. Hugo, “Prefazione al Cromwell”, in Sul grottesco, tr. it. di M. Mazzocut-Mis, “Introduzione”di E. Franzini, Guerini & Associati, Milano 1990, p. 65.

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    Il teatro della mostruosità: i drammi poetici

    All’interno dell’opera teatrale jarryana, a partire da L’Acte Héraldique (1893) eGuignol (1894), che precedono entrambi i diversi episodi del ciclo ubuesco, vieneposto l’accento sulla vera natura dell’uomo: il teatro è la vita, ma a condizionedi dissacrarla, facendone affiorare l’assurdità attraverso la totalità dei suoi aspetti,anche i più ripugnanti, in quanto, citando di nuovo Hugo, «il bello non ha che untipo: il brutto ne ha mille»15. Jarry invita a burlarsi delle azioni più disgustose emostruose insite nelle verità dei suoi personaggi: il pubblico si trova di fronte allarealtà e al male della natura umana e riesce a riderne, addomesticando la paura eil dolore. Prendendo coscienza del non-sens universale, il teatro jarryano ricreal’uomo sotto forma d’insolite figure di grande buffoneria in un mondo anch’essoprivo di senso, in cui logica, bellezza e bene non hanno più ragione di esistere; sicomprende, dunque, come il significato corrente dell’aggettivo ubuesque indichiuna situazione d’incoerenza e di assurdità.

    Ma la dimensione mostruosa fa la propria comparsa già nei brevi drammi poe-tici, pubblicati prima della leggendaria première del 1896, che si collocano all’op-posto rispetto alla produzione, densa di comicità, della grottesca figura di Ubu.Tra le pagine di Haldernablou16 , dramma di un nobile, Haldern, e del suo paggio(di nome Ablou, in assonanza con hibou, gufo), pubblicato nel 1894 sulla rivistaMercure de France, l’immaginario jarryano offre al lettore una successione incoe-rente di scene in una totale assenza della dimensione psicologica del personaggio,a cui fa da sfondo un mondo di farfalle, pipistrelli, rospi e camaleonti, simbolidella metamorfosi della natura. La trasmutazione di alcune forme in altre permea,infatti, fin dall’inizio l’universo teatrale di Jarry, che pone la sua forza proprio nelmessaggio che le anomalie del corpo forniscono al lettore.

    Tra i poemi in forma di pièce teatrale, Haldernablou appare decisivo in rela-zione alla decifrazione del mondo simbolico, che accompagnerà l’immaginario diJarry anche nel ciclo ubuesco; già nell’unione dei due nomi nel titolo è indicatala forma aberrante del rapporto tra i protagonisti, che si concluderà con un tragicoassassinio e con la morte di Ablou. Al di là della vicenda, appare molto ricco ilcatalogo simbolico: la morte è accompagnata dallo sguardo indecifrabile di gufiappollaiati in ogni angolo, il cui nome, hiboux, viene accostato alla figura del pag-gio assassinato. Tra i personaggi più significativi appare un pastore di gufi, pasteurdes hiboux, che offre una connotazione precisa di questo animale: un’incisionelo rappresenta con la testa a forma di ciborio e le zampe posate su di un teschiodentato nel profilo superiore17, forse ricordo di una corona, mentre in molteplicialtre incisioni esso è raffigurato sul dorso di un altro essere tipico della simbologiajarryana, il camaleonte18 .

    15 Ibid., p. 56.16 Cfr. A. Jarry, “Haldernablou”, in Œuvres complètes, cit., pp. 214-229.17 Cfr. l’incisione in legno di Jarry (32×45 mm) riprodotta in Id., “Les Minutes de sable

    mémorial”, in ibid., p. 218.18 Vd. Figura 2, p. 18.

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    Il bestiario degli esseri alchemici è costituito anche da civette e barbagian-ni, definiti «maschere gialle»19, ma è senza dubbio il camaleonte, essere ritenutodotato di poteri demoniaci e magici, l’animale-simbolo dell’iconografia jarryana.All’interno del testo della succitata opera, esso compare fin dall’inizio del primoatto ed è, inoltre, raffigurato al di sopra e al di sotto dei capi dei protagonisti, Hal-dern e Ablou, in un’incisione di Jarry20. Dall’illustrazione appare chiaro l’intentod’identificare i due personaggi nei camaleonti, di cui soltanto uno porta sul cor-po l’effigie di morte, i gufi. Questi uccelli ricompaiono accostati al camaleontepiù volte: in un disegno a penna del 189421, il rettile rivela, inoltre, tutta la pro-pria simbologia sessuale che traspare dalla presenza, sulla bordatura nera, di segniconvenzionali indicanti i generi maschile e femminile. Significativa è la tendenzaa rendere ogni forma simmetrica e complementare, anche se in quest’immagine idue camaleonti, pur accostati l’uno di fronte all’altro e possedendo identici tratti fi-sici, presentano un’enigmatica ripartizione di piccoli punti neri, la cui collocazioneoppone l’animale raffigurato sulla parte destra del disegno all’altro.

    Le ultime pagine del dramma, infine, illustrano un’ulteriore sequenza di luoghidi morte: tra le battute sono comprese due “X”, richiamo visivo dei femori in croce,e compaiono le tenebre, i gufi e il lombrico bianco delle sepolture, a cui Jarry neltesto affida l’ultima immagine, in cui l’animale esce dalla sua tana22. Haldernablouappare, dunque, come un vero e proprio catalogo segnico che fornisce icone efigure deformi e mostruose all’intera produzione jarryana.

    La continua interazione tra reale e immaginario, nei brevi scritti antecedential ciclo ubuesco, traccia i lineamenti del teatro futuro di Jarry, che dimostra dirifiutare appieno una visione unilaterale della realtà. L’arte del suo teatro non puòprescindere dal brutto e dagli aspetti che esso presenta: l’elemento grottesco giungea inglobare l’aspetto mostruoso e deforme di ogni sua creazione, conferendo unanuova espressività alla drammaturgia simbolista.

    Il bello “orribile”

    I mostri che abitano l’immaginario di Jarry prendono vita anche al di fuori delladrammaturgia, presentandosi sotto forma di raffigurazioni di corpi deformi e subu-mani all’interno della produzione pittorica dell’autore23 . Imre Reiner, parlando delgruppo dell’Ymagier, di cui facevano parte Gauguin e Gourmont, scrive: «Ricordo[. . . ] Alfred Jarry come il loro esponente più rappresentativo, in modo più partico-lare per ragioni storiche. Anche se non si può delineare nessun influsso immediato

    19 «masques jaunes» (Id., “Haldernablou”, in ibid., p. 215, tr. it. nostra).20 Vd. Figura 1, p. 18.21 Vd. Figura 2, p. 18.22 Cfr. ibid., p. 229.23 Le numerose creazioni realizzate da Jarry, per lo più litografie, disegni a matita e riproduzioni

    di antiche incisioni in legno, sono apparse sulle riviste L’Ymagier, La Critique e Mercure de France.

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    di questo movimento sull’incisione, esso aveva risvegliato e stimolato l’aspirazionenelle arti grafiche a qualcosa di più alto»24.

    Jarry, definendo il proprio concetto di mostruoso tra le pagine de L’Ymagier,scrive: «È consuetudine chiamare Mostro l’accordo insolito di elementi dissonanti:il Centauro, la Chimera si definiscono così per chi non capisce. Io chiamo mostroogni originale inesauribile bellezza»25 . Secondo Jarry, il mostro non è, dunque, unerrore o uno scherzo della natura, ma è segno di un processo che dà libero corso atutte le possibili soluzioni immaginarie. Il mostruoso, in quanto aspetto del grotte-sco, si configura piuttosto come sorgente di bellezza e incarna l’elemento contrad-dittorio e una pluralità di componenti contrastanti, permettendo di «esprimere unapiù profonda verità vissuta delle cose»26.

    La rigorosa trattazione teorica sul mostro acquista ulteriore senso se affiancataalle forme che Jarry illustra attraverso antiche xilografie: tra esse, appare signifi-cativa l’opera dal titolo Le Guerrier cochinchinois27 , che sembra presagire quellabellezza dell’orrido che caratterizzerà la deformazione espressiva e quasi comi-ca dei personaggi del suo teatro. Si tratta probabilmente di quel guerrier terriblemenzionato in una lettera del 5 ottobre 1894 indirizzata a Jarry, in cui Paul Fortscrive: «Ho delle incisioni cocincinesi estremamente curiose e inedite che mette-rei con piacere a vostra disposizione per il vostro Ymagier. Vi sono: ornamenti,un guerriero terribile»28 . La figura mostra tratti umani che sembrano sfumare econfondersi in una deformata animalità; Jarry stesso, commentando il soggettodella xilografia, lo paragona a uno scarabeo, somigliante al ragno migale, nell’at-to di affilare la conocchia del suo vessillo: «Sotto le piume delle orecchie le suebraccia sono costituite da due penombre sovrapposte che generano l’ombra. Lapelle di coccodrillo o di elefanti ricade sul velluto delle ghette»29 . E, sempre trale pagine del secondo numero della rivista L’Ymagier del gennaio 1895, compareun’altra xilografia che sembra suggerire l’aspetto ripugnante delle future creazio-ni jarryane: un centauro, enorme rospo provvisto di piume e corazza, con zampeposteriori palmate, zampe anteriori fornite di artigli e il volto solcato da fattezzeumane, stringe tra le fauci il corpo di un bambino, divorandolo, sotto lo sguardo diun uomo, che, inginocchiato e in atto di preghiera, implora pietà30.

    24 I. Reiner, cit. in R. Shattuck, Gli anni del banchetto. Le origini dell’avanguardia in Francia,1885-1918, tr. it. di F. Cezzi, Il Mulino, Bologna 1990, p. 285.

    25 «Il est d’usage d’appeler Monstre l’accord inaccoutumé d’éléments dissonants: le Centaure, laChimère se définissent ainsi pour qui ne comprend pas. J’appelle monstre toute originale inépuisablebeauté» (A. Jarry, “Les Monstres”, in Œuvres complètes, cit., p. 972, tr. it. nostra).

    26 G. Scaramuzza (a cura di), op. cit., p. 56.27 Vd. Figura 3, p. 19.28 «J’ai des bois cochinchinois extrêmement curieux et inédits que je mettrais avec plaisir à votre

    disposition pour votre Ymagier. Il y a: ornements, un guerrier terrible» (P. Fort, citato in A. Jarry,“Lettre de Paul Fort à Jarry”, in Œuvres complètes, cit., p. 1266, tr. it. nostra).

    29 «Sous les plumes de ses oreilles ses bras sont faits de deux pénombres superposées engendrantl’ombre. La peau du crocodile ou des éléphants retombe sur le velours de ses guêtres» (A. Jarry,“Les Monstres”, in ibid., p. 969, tr. it. nostra).

    30 Vd. Figura 4, p. 20.

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    È significativo notare come le forme di questa insolita raffigurazione ricordinola litografia apparsa sul numero de La Critique del dicembre 1896, creata dallostesso Jarry31. Essa viene realizzata come locandina da affiggere in occasione del-la rappresentazione di Ubu roi: due contadini, dai tratti somiglianti rispetto allaxilografia precedente e nel medesimo atteggiamento di supplica, sono raffiguratidi fronte al mostro che ora sembra aver subito una metamorfosi, assumendo l’ap-parenza terrestre e subumana del personaggio di Père Ubu. L’irregolarità delleforme, la disarmonia degli elementi corporei e l’esagerazione dei tratti fisici a me-tà tra umano e inumano rappresentano per Jarry una fonte d’inesauribile bellezza:mediante queste immagini, egli ha modo di vagare intorno agli oggetti, di trovareun senso alle eccezioni e d’inventare, partendo da esse, un universo supplementareal nostro32.

    Le metamorfosi di Ubu: Guignol e il ciclo ubuesco

    La prima edizione in volume della commedia Ubu roi, uscita nel giugno del 1896,reca un sottotitolo dello stesso Jarry, che ne testimonia le origini: «Dramma incinque atti in prosa. Restituito nella sua integrità tale quale è stato rappresentatodalle marionette del Théâtre des Phynances nel 1888»33, con evidente riferimentoalle farse studentesche di Rennes34. Ma la grottesca figura di Ubu compare agliocchi del pubblico parigino molto prima del 1896, precisamente il 23 aprile 1893,tra le pagine de L’Echo de Paris littéraire et illustré, diretto da Marcel Schwob eCatulle Mendès: Jarry ottiene il premio letterario di prosa al concorso mensile conl’opera Guignol. Un mese dopo, vince il premio per la poesia con tre componi-menti poetici in prosa e con Mallarmé, Gide, Remy de Gourmont e Fargue, divienecollaboratore dell’Art Littéraire di Lormel, in cui inizia a pubblicare cronache d’ar-te e il dramma César-Antechrist; Guignol sarà pubblicato in seguito, nel 1894, trale pagine de Les Minutes de sable mémorial.

    Fin dagli esordi letterari di Rennes, Ubu appare in proporzioni immense, contre denti, uno di pietra, uno di ferro e uno di legno, un solo orecchio retrattile, el’enorme pancia; un corpo già malformato, che gli impediva di potersi risollevarein caso di caduta. Ma la rappresentazione fisica definitiva del personaggio, checomparirà su programmi e manifesti teatrali relativi al ciclo ubuesco, sembra es-sere quella ritratta da Jarry nell’incisione in legno del 1896, apparsa su La RevueBlanche: il mostro, scaturito dall’immaginario jarryano, appare sotto forma di pu-pazzo, dotato di un grande ventre tubiforme, detto gidouille, testa piriforme, occhiporcini, un naso somigliante alla mascella superiore del coccodrillo e un bastone

    31 Vd. Figura 5, p. 20.32 Cfr. M. Raymond, Da Baudelaire al Surrealismo, tr. it. di C. Muscetta, a cura di G. Macchia,

    Einaudi, Torino 1972, p. 228.33 «Drame en cinq actes en prose. Restitué en son intégrité tel qu’il a été représenté par les ma-

    rionnettes du Théâtre des Phynances en 1888» (A. Jarry, “Ubu roi”, in Œuvres complètes, cit., p. 345,tr. it. nostra).

    34 Cfr. R. Shattuck, op. cit., p. 237.

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    nella tasca destra35. I due piccoli triangoli alla base del volto altro non sono se nonla stilizzazione dei baffi ubueschi, così come le due piccole fessure, sormontateda doppi tratti, fungono da occhi e da sopracciglia. L’aspetto di questo inquietan-te burattino rivela un volto e un corpo che sembrano ridursi a una sola delle sueparti, facendolo apparire come una figura distorta, una caricatura: Ubu finisce peressere un gran ventre, i cui restanti elementi corporei passano in secondo piano36.La smisurata gidouille, che simboleggia l’avidità e l’infinita potenza degli appetitiinferiori, reca impresso un elemento che accompagna la ricca simbologia jarryana,la spirale. Essa diviene ripetitiva e quasi ossessiva nell’iconografia di Jarry, tantoda caratterizzare la maggior parte dei ritratti ubueschi: il senso di tale immaginesembra essere quello di eternità, in quanto gira su se stessa senza fine e si prolungain una dimensione ciclica. Il tempo per Ubu non è una successione ma una spirale,e l’eternità del male e dei crimini ubueschi riflette questa forma che sembra nonavere posa: «È dunque la spirale che permette l’eterno ritorno non del Medesimoma dell’Altro, non dell’identico ma della differenza, come quelle scale a chiocciolache salgono al cielo»37.

    L’enorme ventre, che inghiotte tutto ciò che è alla sua portata, cibo e ricchezze,in un’ingordigia eccessiva, viene paradossalmente glorificato tra le pagine de L’Artet la science (1893) attraverso le parole di Ubu: «La sfera è la forma perfetta.[. . . ] La sfera è la forma degli angeli. All’uomo non è dato che essere un angeloincompleto. Più perfetto del cilindro, meno perfetto della sfera, dalla Botte irradiail corpo iperfisico. Noi, il suo isomorfo, siamo belli»38. La gidouille ubuesca nonè immutabile, ma in espansione continua e infinita, e sembra non avere fondo,in quanto ingloba ogni realtà in un vortice di avidità senza freni. È proprio lostesso Jarry, nel discorso per la première di Ubu roi, ad affermare che le opererudimentali vengono comparate con le più perfette e gli esseri embrionali con i piùcompleti, in quanto ai primi mancano tutti gli accidenti, protuberanze e qualità, ilche lascia loro la forma sferica o quasi, come l’ovulo e Monsieur Ubu, e ai secondis’aggiungono tanti particolari che li rendono personali al punto «che ugualmente

    35 Vd. Figura 6, p. 21.36 In Ubu cocu (1897), il protagonista descrive il proprio ventre enorme, che ormai nasconde il

    resto della figura, dando a esso una tale importanza, quasi fosse un personaggio a sé: «per provarvila nostra superiorità in questo come in tutto, stiamo per fare il salto periglioso, il che può sembraresorprendente, data l’enormità della nostra ventraglia. [. . . ] In questo momento stiamo digerendo, ela minima dilatazione della ventraglia ci farebbe perire all’istante» («Pour vous prouver notre supé-riorité en ceci comme en tout, nous allons faire le saut périgigliyeux, ce qui peut paraître étonnant,étant donné l’énormité de notre gidouille. [. . . ] Nous faisons en ce moment notre digestion, et lamoindre dilatation de notre gidouille nous ferait périr à l’instant». Cfr. A. Jarry, “Ubu cocu”, inŒuvres complètes, cit., p. 504, tr. it. nostra).

    37 «C’est donc la spirale qui permet l’éternel retour non pas du Même mais de l’Autre, nonpas de l’identique mais de la différence, comme ces escaliers en colimaçons qui montent au ciel»(D. Accursi, La philosophie d’Ubu, P.U.F., Paris 1999, p. 93, tr. it. nostra).

    38 «La sphère est la forme parfaite. [. . . ] La sphère est la forme des anges. À l’homme n’est donnéque d’être ange incomplet. Plus parfait que le cylindre, moins parfait que la sphère, du Tonneauradie le corps hyperphysique. Nous, son isomorphe, sommes beaux» (A. Jarry, “Guignol”, in Œuvrescomplètes, cit., p. 188, tr. it. nostra).

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    essi hanno forma di sfera, in virtù di questo assioma, che il corpo più levigato èquello che presenta il maggior numero di asperità»39. Il ventre deformato di Ubuappare, dunque, in perpetuo divenire, un divenire che non ha né inizio né fine, comel’immagine della spirale infinita impressa su di esso.

    Un altro tratto tipico del corpo informe di Ubu è rappresentato dalle braccia:il braccio sinistro, che in alcune immagini appare articolato in un numero inquie-tante di avambracci, è dotato di uncino e di un sacco contenente denaro, mentrequello destro, dotato di una torcia incendiaria a forma di lingua di drago, tiene unbastone, come nella litografia del 189640. In questa rappresentazione, Père Ubupresenta tratti fisionomici maggiormente dettagliati: il naso, dalla forma più mar-cata, si prolunga assumendo quasi l’aspetto di un paio di occhiali, e i baffi, piùampi, divengono due foglie, somiglianti al ridicolo ciuffo di capelli che gli deco-ra la punta del cranio. L’insolita appendice vegetaliforme non è altro che l’unicoorecchio di Ubu. Inoltre, la pianta raffigurata nella parte sinistra dell’immagine,le cui foglie appaiono somiglianti alla forma dei baffi del personaggio, prolunga,mediante il fusto, la linea dei contorni ubueschi: la deformità di Père Ubu apparecome un’unione grottesca tra umanità, forma vegetale e animale.

    L’immagine iperbolica di Ubu presenta tratti subumani anche nella tipologiacaratteriale e comportamentale oltre che nella caratterizzazione fisica. La defor-mazione del corpo, metafora di una deformazione morale, si risolve in azioni qualiil divorare, il trangugiare e il ridurre in pezzi gli avversari. Tra le pagine de L’Au-toclète41, che costituisce la prima parte dell’opera Guignol, Monsieur Ubu, conmalvagia innocenza, trucida Achras, collezionista di poliedri, uomo inoffensivoe incapace di difendersi, dopo aver consultato la propria coscienza ormai inerte.Egli non appare consapevole della propria mostruosità, tiene la coscienza racchiu-sa in una valigia e non manifesta mai alcun giudizio di fronte ai propri misfatti:«M. UBU: Siamo nel giusto agendo così? Controventraglia, per la nostra candelaverde, chiederemo consiglio alla nostra Coscienza. È là, in quella valigia, tutta co-perta di ragnatele. Si vede bene che non ce ne serviamo spesso»42 . Il mostro Ubusi pone, allora, come l’immagine rovesciata del protagonista dell’opera di Valéry,Monsieur Teste (1896): invece di una testa, Ubu ha soltanto la sua “ventraglia”,scrive Shattuck43. È possibile, dunque, intravedere in Monsieur Ubu una figu-ra sovrumana di uomo universale, che appare dominato da una cieca ingordigia

    39 «qu’ils ont pareillement forme de sphère, en vertu de cet axiome, que le corps le plus poli estcelui qui présente le plus grand nombre d’aspérités» (Id., “Discours d’Alfred Jarry prononcé à lapremière représentation d’Ubu roi”, in ibid., p. 399, tr. it. nostra).

    40 Vd. Figura 5, p. 20. Nel repertorio dei costumi relativo alla rappresentazione di Ubu roi del1896, viene inoltre specificato che il personaggio possiede un completo grigio ferro, un bastone nellatasca destra, valigia e berretto (cfr. Id., “Répertoire des costumes”, in ibid., p. 403).

    41 Dal greco, “colui che si invita da sé”.42 «M. UBU: Avons-nous raison d’agir ainsi? Cornegidouille, de par notre chandelle verte, nous

    allons prendre conseil de notre Conscience. Elle est là, dans cette valise, toute couverte de toilesd’araignée. On voit bien qu’elle ne nous sert pas souvent» (A. Jarry, “Guignol”, in Œuvres complètes,cit., p. 182, tr. it. nostra).

    43 Cfr. R. Shattuck, op. cit., p. 263.

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    e sembra non dimostrarsi mai consapevole della propria mostruosità, contrappo-nendosi alla differente mostruosità di Monsieur Teste, che appare come colui chepensa in ogni momento e in ogni occasione in base ai dati e alle definizioni studia-te; per Valéry, Teste rappresenta il simbolo della coscienza umana isolata da tuttele opinioni e consuetudini intellettuali che scaturiscono dalla vita comune. In con-trapposizione a Monsieur Teste, la cui esistenza è dedicata all’esame dei suoi propriprocessi intellettuali e la cui figura è «simbolo dell’intelletto puro e della coscienzaumana ripiegata su di sé»44, Monsieur Ubu rivela la propria mostruosa corporei-tà: entrambi sono mostri che esercitano sul lettore e sullo spettatore un fascinoorrendo.

    Ubu agisce con l’aiuto di tre servitori che hanno la funzione di prolungare lasua volontà malvagia: i palotins. Queste figure mostruose arricchiscono il mondoguignolesco, ricco di simbologie; il termine, proprio del linguaggio jarryano è de-rivato da pal, con significato di pezza che occupa verticalmente il terzo di mezzodello scudo45. I palotins, così come tutti i personaggi di fantasia dell’autore, so-no caratterizzati fin nei minimi particolari fisici e spesso ritratti nell’iconografia.Si tratta di piccole creature araldiche barbute, che faranno da scorta a Ubu, prontea eseguire i suoi efferati ordini. Queste figure, tra l’inquietante e il buffonesco,rappresentate tra le pagine de L’Autoclète con musi leporini e orecchie simili adantenne diaboliche e vibranti, sorgono dai bagagli insanguinati di Monsieur Ubu«in uno slancio fallico»46, manifestando, anche attraverso un’associazione foneticatra i termini pal e phalle, una natura fallica. Danzando in girotondo all’ombra dellafigura trucidata di Achras, producono quell’effetto di humour macabro che è unacomponente essenziale del dramma jarryano, sintesi di tragedia e commedia.

    Un’incisione di Jarry, pubblicata nel 1894 su Les Minutes de sable mémorial47,appare in evidente relazione con la descrizione letteraria dei palotins in Guignol48:nella parte superiore sinistra dell’immagine, compare un insolito animale, simile auna farfalla macroglossa, dotato di corna e dal corpo a forma di spirale, che rap-presenta una chiocciola. Questo inusuale essere dalle forme stilizzate fa da sfondoalla raffigurazione dei palotins, che mostrano un corpo inanellato e arti dalle fattez-

    44 E. Wilson, op. cit., p. 57.45 Cfr. C. Rugafiori, in A. Jarry, Essere e vivere, a cura di C. Rugafiori, Adelphi, Milano 1969,

    p. 19.46 «en un élan phallique» (A. Jarry, “Guignol”, in Œuvres complètes, cit., p. 184, tr. it. nostra).47 Vd. Figura 7, p. 22.48 Tra le pagine de L’Autoclète, Jarry scrive: «Barbuti di bianco, di fulvo e di nero, con in testa

    un berretto frigio giallo verdastro, stretti in giustacuori variopinti, agitano le loro placide braccia cheattraversano in croce il tronco inanellato di bruco [. . . ] e con la leggerezza circospetta di un gufoche salta fuori da un cesto, i tre esseri posano al suolo irreale i tre tronconi informi barbuti di nero,di fulvo e di bianco; mentre le loro tre casse, vuote di queste tre perle, abbassano in un gran gestodi noia e di rimpianto le tre mascelle d’ostrica» («Barbus de blanc, de roux et de noir, coiffés à laphrygienne de merdoie, serrés en des justaucorps versicolores, ils agitent leurs bras placides, quitraversent en croix leur tronc annelé de chenille [. . . ] et avec la légèreté circonspecte d’un hibousautant d’un panier, les trois êtres posent au sol irréel leurs tris tronçons informes barbus de noir, deroux et de blanc; cependant que leurs trois caisses, vides de ces trois perles, rabattent en un grandgeste d’ennui et de regret leurs trois mâchoires d’huîtres». Cfr. ibid., tr. it. nostra).

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    ze goffe e inumane. Concepiti come automi meccanici dalla fisionomia anomala,muniti di quattro orecchie, piccoli alettoni e grandi piedi, essi portano nomi aral-dici: Giron, gherone, è la pezza triangolare limitata da due linee che si intersecanonel cuore o centro dello scudo; Pile, pila, è il cuneo la cui base occupa un ter-zo della larghezza dello scudo e che si muove dal capo verso la punta, e Cotice,cotissa, è la banda diminuita in larghezza. Le loro vicende sono narrate in unoscenario costituito da schematiche partiture e campiture e, tra le pagine del cicloubuesco, i personaggi alluderanno ai rispettivi stemmi, ricollegandosi all’utilizzoscenico e decorativo dell’araldica, a cui spesso Jarry ricorre, manifestando unospirito astrattistico e geometrico.

    Il corpo di Ubu e degli esseri mostruosi a esso legati crea un legame profondotra il teatro e l’arte grafica jarryana: i tratti fisici nei disegni vengono enfatizzaticon protuberanze abnormi, riflesso di quella deformità morale presente nel testo.In relazione all’attività grafica di Jarry, Roger Shattuck, in uno studio sulle originidell’avanguardia in Francia, scrive: «i suoi disegni possono accostarsi a quelli diDaumier e di Töpffer e mostrano una caratteristica tendenza verso una deforma-zione espressiva quasi comica. La pittura e il disegno, così come egli li eseguiva eli studiava nell’opera degli altri, gli fornirono una visione essenzialmente plastica.Spesso la natura apparentemente statica delle sue descrizioni tradisce inaspettata-mente il dettaglio e la dinamica di una stampa o di una composizione organizza-ta»49. La corrispondenza tra teatro e iconografia diviene allora un grande strumentoespressivo: il drammaturgo disegna e ritrae le fisionomie delle medesime figure cheanimano i suoi drammi, anche se spesso, come nota Béhar, alcuni motivi dell’o-pera grafica di Jarry non si ritrovano all’interno dell’opera letteraria, in quanto leraffigurazioni visive, che non sono solo dei semplici disegni, hanno acquisito unasorta di autonomia, presentando nuovi attributi rispetto a quelli testuali50.

    Le forme di César-Antechrist

    Dopo le apparizioni in Guignol, la figura di Ubu ricompare tra le pagine de L’ActeHéraldique nell’opera intitolata César-Antechrist, apparsa nell’ottobre del 1895e considerata come un tentativo drammaturgico lodevole e originale proprio perl’utilizzo di una messa in scena araldica.

    Il dramma è dominato dalla figura ambivalente di Antechrist e, nella parte fi-nale, da Ubu, seguito dai tre palotins. Ubu assume ora una forma simile a un uovo,a una zucca o a una folgorante meteora, affermando: «rotolo su questa terra incui farò quello che mi parrà»51. L’informe gidouille accompagna sempre la raf-figurazione del mostro, che presenta tuttavia, nei tratti del volto, una fisionomiadifferente: in un disegno a penna, inserito nel manoscritto di César-Antechrist del

    49 R. Shattuck, op. cit., p. 279.50 Cfr. H. Béhar, Jarry dramaturge, Nizet, Paris 1980, p. 79.51 «je roule sur cette terre où je ferai ce qu’il me plaira» (A. Jarry, “César-Antechrist”, in Œuvres

    complètes, cit., p. 293, tr. it. nostra).

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    1895, è evidente la nuova caratterizzazione assunta dal personaggio52 . Ubu, ritrat-to nella parte sinistra dell’immagine, cavalca con il peso del grosso ventre verso imulini, in cui intende rifugiarsi. Il suo profilo appare maggiormente stilizzato attra-verso l’accentuazione della forma del naso, ritratto da una differente angolazione.E ancora una volta la metamorfosi anatomica accompagna quella propriamente let-teraria: il mostro jarryano, a cui è aggiunto un nuovo accessorio scenico, simbolofallico e di potere, il bâton à physique, diviene incarnazione e riflesso dell’Anticri-sto, attraverso la sua opera di distruzione cieca e senza fine, assumendo «uno degliinnumerevoli aspetti possibili della Bestia dell’Apocalisse»53 .

    Ubu muta la propria fisionomia e la propria disumanità in un crescendo semprepiù deformante e l’iconografia dell’autore accompagna costantemente le trasfor-mazioni del personaggio: il profilo ubuesco di César-Antechrist compare di nuovoper presentare Ubu roi l’anno successivo54 . Questa raffigurazione non corrispondeagli altri ritratti frontali del personaggio: ogni elemento della fisionomia, tra cuiocchi, naso e baffi, ha dato luogo a deformazioni che donano alla figura un aspettomeno tondeggiante e quasi triangolare. Ubu assume, tra gli innumerevoli, un ulte-riore aspetto, confermando così la varietà e la molteplicità del reale e della natura:per Jarry, non esiste una verità unica e distinta, ma l’ambiguità e l’ambivalenzadominano sullo spazio e sul tempo.

    In conclusione: Jarry e Rabelais

    L’opera di Jarry appare legata a un’epoca dai confini indecisi, che contempla fontidi una comicità di natura diversa, dosando l’approccio letterale dell’umorismo ca-ricaturale a una sproporzione formale tale da suscitare il riso; l’umorismo ubuesco,animato da mostri e fantocci, permette, a un’opera dall’aspetto derisorio e alea-torio, di rivelare un significato e un contenuto opposti rispetto a ciò che lascianopresagire le apparenze. E in relazione a questo aspetto, viene alla luce una fontesignificativa per la comicità di Jarry: François Rabelais.

    Entrambi gli autori attaccano le roccaforti dell’ordine morale costituito, collo-cando il testo, in un crescendo di descrizioni grottesche e di forme linguistiche inu-suali, sotto l’apparenza burlesca. Molteplici elementi, quali l’abbondanza di massacorporea, l’esagerazione di tratti anatomici e la tendenza all’iperbolicità, sembranoaccomunarli. In particolare, la figura del ventre ubuesco, reso gonfio e sformato,i tratti del viso che mostrano una mescolanza tra aspetto umano e sembianze ani-mali, il ricorso insistito a sporgenze, escrescenze, germogli e orifizi, e le già notemetamorfosi dei personaggi jarryani rinviano alla sfera del basso materiale ricor-rente nell’opera di Rabelais, intitolata Gargantua e Pantagruele (1542-1564)55 . Ein relazione alla visione del corpo rabelaisiano, Michail Bachtin nota che l’autore

    52 Vd. Figura 8, p. 23.53 «l’un des innombrables aspects possibles de la Bête de l’Apocalypse» (P. Chauveau, citato in

    H. Béhar, op. cit., p. 121, tr. it. nostra).54 Vd. Figura 9, p. 23.55 I personaggi rabelaisiani, tratti da figure carnevalesche e appartenenti all’immaginario popolare,

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    «descrive delle gobbe di incredibile grandezza, dei nasi mostruosi, delle gambe dilunghezza eccezionale, delle orecchie gigantesche. Descrive nei minimi particolarianche coloro che hanno un fallo incredibilmente lungo (al punto da poterlo usarecome cintura arrotolandolo per sei volte attorno al corpo)»56. Anche nell’immagi-nario jarryano non mancano simili iperboli: il braccio pluriarticolato di Ubu, chesi snoda mostruosamente in cinque avambracci, culmina nel tipico uncino, crochetà nobles, strumento vitale per il personaggio accanto al noto bâton à physique, diforma allungata, che viene ad assumere sempre più una connotazione fallica.

    La gidouille di Ubu, a sua volta, sembra correlata direttamente al tema del ciboe dell’inghiottire affrontato da Rabelais57: le immagini di banchetti, molto frequen-ti nel Gargantua e Pantagruele58, sottolineano in Jarry l’aspetto di concretezza edi materialità del corpo ubuesco. Per citare un esempio, in Ubu sur la butte (1906),il protagonista descrive così il proprio ventre, colto da uno dei frequenti attacchidi fame: «Tutti sanno che ama ingozzare la truppa di truppioni, scusate! Bocco-ni del prete di tacchino, polli arrosto, pâté di cane, cavolfiori alla merdra e altropollame. Insomma, andrò io stesso a vedere se è avanzato qualcosa per riempircila pancia»59. E ancora, nella scena del banchetto di Ubu roi, il protagonista in-ghiotte ogni sorta di cibo, dopo una lunga enumerazione da parte di Mère Ubu,assorbendone ogni elemento con un’avidità universale60 .

    Anche la descrizione di carneficine e distruzioni sembra accomunare Jarry eRabelais. La rappresentazione grottesca di massacri e battaglie colloca l’operadi entrambi in una dimensione giocosa e fiabesca: Pantagruele è descritto mentreaffoga con la propria urina un intero accampamento nemico61 e Père Ubu è ritrattoin lotte surreali62. Il ridicolo prende, così, il sopravvento, eliminando l’effetto diorrore e di consapevolezza tragica anche nelle scene in cui le uccisioni vengonodescritte con minuzia e con una terminologia che si spaccia per scientifica: «Ma

    hanno un ventre terribilmente gonfio, che viene ad assumere un ruolo centrale nel testo, e presentanosingole membra ingigantite a dismisura fino a nascondere tutto il resto del corpo. Questa “dimensionedel ventre” si trova raffigurata, ad esempio, nel personaggio di Messere Gaster (cfr. F. Rabelais,Gargantua e Pantagruele, tr. it. di A. Frassineti, Sansoni, Firenze 1980, lib. IV, cap. LVII, pp. 592-593).

    56 M. Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare, tr. it. di M. Romano, Einaudi,Torino 1995, p. 359.

    57 Cfr. F. Rabelais, op. cit., lib. I, cap. XXXVIII, pp. 95-97.58 Fin dall’infanzia, i personaggi rabelaisiani, Gargantua e Pantagruele, sono accomunati da uno

    smodato bisogno di cibo, che viene soddisfatto in selvaggi banchetti (cfr. ibid., cap. IX, pp. 34-36).Sul tema del banchetto, cfr. anche ibid., cap. XXXIX, pp. 98-101.

    59 «Personne n’ignore qu’elle aime à gaver le troupier de troupions, pardon! croupions de dinde,poulets rôtis, pâtés de chiens, choux-fleurs à la merdre et autres volailles. Enfin, je vais aller cherchermoi-même s’il reste quelque chose pour garnir notre panse» (A. Jarry, “Ubu sur la butte”, in Œuvrescomplètes, cit., p. 648, tr. it. nostra).

    60 Cfr. Id., “Ubu roi”, in ibid., p. 356.61 Cfr. F. Rabelais, op. cit., lib. II, cap. XXVIII, p. 245.62 «Ah! me la faccio addosso. Avanti, controventraglia! Uccidete, scannate, scorticate, massacra-

    te, corno d’Ubu! Ah!» («Ah! j’en fais dans ma culotte. En avant, cornegidouille! Tuez, saignez,écorchez, massacrez, corne d’Ubu! Ah!». Cfr. A. Jarry, “Ubu roi”, in Œuvres complètes, cit., p. 396,tr. it. nostra).

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    non importa, parto per la guerra e ucciderò tutti. Guai a chi non righerà dritto. Melo ficco in tasca con torsione del naso e dei denti ed estrazione della lingua»63 .

    Dal punto di vista linguistico, Jarry sembra riprendere i frequenti paradossi, ri-petizioni d’ingiurie ed espressioni gergali tipiche del grottesco rabelaisiano. ComeRabelais offre fenomeni verbali di piazza, eliminati dalla comunicazione ufficiale,quali spergiuri e imprecazioni, così Jarry propone al pubblico di fine Ottocento unlinguaggio innovativo, legato alla cultura carnevalesca e popolare: tra le altre, l’in-teriezione ventrebleu!64 , derivata da ventre de dieu, ricorda espressioni già presentinel vocabolario di Gargantua e Pantagruele65 , accanto a bouzine66, quest’ultimacon significato di cornamusa e sinonimo di gidouille. In entrambi gli autori, il lin-guaggio giunge altresì a rivestire l’incorporeità del proprio carattere fonico con laconcretezza della materia, dando luogo a insolite personificazioni: la seconda partedi Guignol, in cui Jarry descrive parole che si sgelano per l’aria del mare boreale67,sembra ricalcare le orme della poetica del IV libro di Gargantua e Pantagruele,dove la suggestione è data dalla rappresentazione delle parole, che in certi paesighiacciano al freddo dell’aria e non sono sentite, ma che, con il tepore, a voltevengono all’orecchio68 .

    Dal suddetto confronto emerge la tendenza jarryana e rabelaisiana a descrizionidi paesaggi e ambienti fortemente metaforiche. Tra le diverse immagini visionarieè senza dubbio significativa quella presente nel Faustroll (1899) di Jarry, che rap-presenta un fiume come «una grossa faccia molle, per gli schiaffi dei remi, un collodalle pieghe numerose, la pelle blu dalla peluria verde. Tra le braccia, sul cuore,tiene la piccola Isola a forma di crisalide. Il Prato vestito di verde si addormenta,la testa nell’incavo della spalla e della nuca»69. Questa raffigurazione del fiumesembra evocare le strade dell’isola descritte nel V libro del Gargantua: «Dopoaver navigato per due giorni si offrì alla nostra vista l’isola di Odòs dove vedemmocose memorabili. Là le strade, ovverossia i cammini, sono animali: se è vera lasentenza di Aristotele là dove dice che la prova irrefutabile del fatto che un essereanimato sta nella sua attitudine a muoversi da sé. Perché là i cammini camminanocome animali. E vi sono cammini erranti a somiglianza dei pianeti, cammini chepassano e attraversano, cammini a incrocio, a bivio, a trivio e quadrivio»70 .

    63 «Ma non importa, partirò per la guerra e ucciderò tutti. Guai a chi non righerà dritto. Me loficco in tasca con torsione del naso e dei denti ed estrazione della lingua» («Mais c’est égal, je parsen guerre et je tuerai tout le monde. Gare à qui ne marchera pas droit. Ji lon mets dans ma pocheavec torsion du nez et des dents et extraction de la langue». Id., “Ubu sur la butte”, in ibid., p. 644,tr. it. nostra).

    64 «perbacco!» (Id., “Ubu roi”, in ibid., p. 354, tr. it. nostra).65 Cfr. F. Rabelais, op. cit., lib. IV, cap. LV, p. 588.66 Cfr. ibid., lib. I, cap. XXV, p. 70 con A. Jarry, “Ubu roi”, in Œuvres complètes, cit., p. 359.67 Cfr. A. Jarry, “Guignol”, in Œuvres complètes, cit., p. 186.68 Cfr. F. Rabelais, op. cit., lib. IV, cap. LVI, p. 590.69 «une grosse face molle, pour les gifles des rames, un cou à nombreux plis, la peau bleue au

    duvet vert. Entre ses bras, sur son cœur, il tient la petite Île en forme de chrysalide. La Praire à larobe verte s’endort, la tête au creux de son épaule et de sa nuque» (A. Jarry, “Gestes et opinions dudocteur Faustroll, pataphysicien”, in Œuvres complètes, cit., p. 715, tr. it. nostra).

    70 F. Rabelais, op. cit., lib. V, cap. XXV, pp. 678-679.

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    Questi, dunque, sono alcuni dei molteplici rapporti tra l’opera di Jarry e la viva-ce scrittura rabelaisiana: sulla scia di Rabelais, la comicità jarryana mina lo spiritodi serietà, invitando a ridere della mostruosità senza cadere nella disperazione e de-lineando, come strumento di sopravvivenza in un mondo minaccioso, la caricaturadi un universo assurdo e insensato, specchio deformante del reale.

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    Figura 1: A. Jarry, incisione in legno, 32×66 mm. Le Minutes de sable mémorial,1894.

    Figura 2: A. Jarry, disegno a penna, 76×23 mm. Mercure de France, juillet 1894.

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    Figura 3: Le Guerrier cochinchinois. Xilografia. L’Ymagier, n. 2, janvier 1895.

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    Figura 4: Xilografia con cui A. Jarry illustra l’articolo intitolato Les Monstres.L’Ymagier, n. 2, janvier 1895.

    Figura 5: A. Jarry, Programma-manifesto del Théâtre de l’Œuvre per Ubu roi.Litografia, 24×32 cm. La Critique, n. 30, 20 décembre 1896.

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    Figura 6: A. Jarry, Véritable portrait de Monsieur Ubu. Incisione in legno,74×113 mm. Le Livre d’art, n. 2, avril 1896.

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    Figura 7: A. Jarry, incisione in legno, 59×74 mm. Les Minutes de sable mémorial,1894.

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    Figura 8: A. Jarry, Monsieur Ubu à cheval. Disegno a penna, 81×60 mm. Mercurede France, septembre 1895.

    Figura 9: A. Jarry, Autre portrait de Monsieur Ubu. Disegno a penna, 53×49 mm.Le Livre d’art, 25 avril 1896.

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