COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e...

52
COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava e gli scritti di altri autori

Transcript of COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e...

Page 1: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

COSA VOSTRA

Fabio Giallombardo

Mafia e istituzioni in ItaliaPercorso storico e antologico

attraverso l’opera diPippo Fava

e gli scritti di altri autori

Un’antologia ragionata che ripercorre la lunga storia dei rapporti fra istitu-zioni italiane e mafia siciliana attraverso l’opera di Pippo Fava, le citazioni dialtre testimonianze e il filo narrativo e analitico tessuto dall’autore. Un per-corso che tocca le principali tappe della storia italiana facendo dialogare fraloro i brani citati e fornendo le conoscenze necessarie per una piena com-prensione degli eventi. Dalla demistificazione della retorica patriottica dell’impresa dei Mille di Gari-baldi alla violenta soppressione dei Fasci siciliani, dal banditismo di SalvatoreGiuliano all’assassinio di De Mauro, i grandi temi legati al rapporto tra mafiae istituzioni vengono letti a partire dalla poliedrica opera di Pippo Fava: ro-manzi e drammi, articoli di giornale e opere di saggistica; accanto, le voci diintellettuali e scrittori, magistrati e giornalisti che hanno analizzato a fondoil fenomeno. Un viaggio che precede la nascita di Pippo Fava e prosegue dopo la suamorte, grazie alla profondità profetica delle sue parole; partendo dalle quali,Fabio Giallombardo arriva a raccontare gli eventi dell’ultimo scorcio del No-vecento e a tracciare un identikit della mafia del terzo millennio.

L’antologia è pensata anche come supporto didattico per le scuole superioried è corredata di schede di approfondimento e di box esplicativi, oltre chedi un apparato di note ai brani. Un percorso che abbraccia 150 anni di sto-ria italiana e che affronta le principali questioni legate alla legalità: il rapportofra traffico di droga, Stato e riciclaggio del denaro; il rapporto fra malavita,politica ed emigrazione. Cosa Vostra, nelle intenzioni dell’autore, è un’opera che vuole strappare lamaschera a una serie di falsi miti e grossolani equivoci che ancora aleggianosulla storia della mafia, e lo vuol fare utilizzando l’acume e le profetiche pa-role di un martire che offrì la sua vita per amore della verità.

Fabio Giallombardo, nato a Padova nel 1973 da genitori siciliani, trascorre la suagiovinezza a Palermo, dove per 13 anni lavora come volontario coi bambini deiquartieri a rischio. Laureato in lettere, ha studiato a fondo il fenomeno mafioso sulpiano storico, antropologico e nei suoi rapporti con le istituzioni. Dal 2000 a oggiha lavorato nel mondo della scuola pubblica come insegnante, prima in Sicilia poinelle Marche. Oggi vive a San Benedetto del Tronto, dove insegna lettere al liceoclassico e dove svolge una serie di attività seminariali per docenti e per studentisull’educazione alla legalità.Con Autodafè ha pubblicato il romanzo La bicicletta volante, una trasposizioneletteraria degli anni delle stragi, col quale ha vinto il premio Ninni Cassarà 2015 edè stato finalista del premio Piersanti Mattarella 2016.

Prezzo al pubblico: 12,00 euro

Fa

bio

Gia

llom

ba

rd

oCosa Vostra

Page 2: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava
Page 3: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

COSA VOSTRA. Mafia e istituzioni in ItaliaPercorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava e gli scritti di altri autoriFabio Giallombardo

© 2017 Autodafé Edizioni sas, Milanowww.autodafe-edizioni.com

ISBN 978-88-97044-84-0

Coordinamento redazionale: Cristiano AbbadessaRedazione: Hmedia, MilanoProgetto grafico e copertina: Anna Chiello

Referenze iconografiche: Collezione Giovanni Fontana p. 49, ©Robert Capa ©In-ternational Center of Photography/Magnum Photos p. 73, Archivio Rai p. 103,©Andrey Popov/Stockfresh.com p. 239.L’editore si scusa per eventuali errori o omissioni di attribuzione e dichiara la pro-pria disponibilità a regolarizzare con gli aventi diritto.

in copertina:Pippo Fava, Posa per un mafioso (1966) e Cerimonia patriottica (1975), fotografie di Nicola Santamaria, su gentile concessione della famiglia di Pippo Fava.

Page 4: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

COSA VOSTRA

Fabio Giallombardo

Mafia e istituzioni in ItaliaPercorso storico e antologico

attraverso l’opera diPippo Fava

e gli scritti di altri autori

Page 5: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava
Page 6: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

Mi sono imbattuto per la prima volta nel nome di Pippo Fava a soli tredici anni,quando nella libreria di casa mia scovai dei fascicoli della rivista “I siciliani”.

Avevo sentito parlare, più in famiglia che in televisione, di quest’uomo misterioso, am-mazzato due anni prima, che aveva lasciato queste carte come magra eredità di unamissione che all’epoca non riuscivo a capire. Erano fogli scritti a macchina, l’odoredell’inchiostro era buono e io, in una notte del 1986, divorai quasi di nascosto tuttii fascicoli. Sette anni dopo, spinto dalla memoria di quella notte, avrei intrapreso laricerca di tutto quello che Fava aveva precedentemente scritto, notando con sorpresae sgomento che nessuna casa editrice aveva più ristampato le sue opere; ma più rie-sumavo le tracce di quell’intellettuale poliedrico e più m’innamoravo di un perso-naggio che anche il mondo aveva all’epoca amato (scrisse la scenografia del filmPalermo or Wolfsburg, che vinse l’Orso d’oro a Berlino nel 1980 e che ricalca il suo ro-manzo Passione di Michele), ma che la vorticosa girandola del mondo dello spettacolosembrava aver rapidamente dimenticato; ci misi quasi vent’anni, ma riuscii alla finea completare l’intera raccolta dei suoi scritti, che oggi hanno un posto d’onore nellamia libreria.

La vita e l’opera di Pippo Fava hanno qualcosa di profetico, che può offrire oggi unachiave di lettura sorprendente all’interpretazione del fenomeno mafioso che spessoviene tanto discusso quanto frainteso: le sue ultime parole pubbliche, registrate unasettimana prima dell’omicidio da una telecamera di RAIUNO nel corso di una lungaintervista condotta da Enzo Biagi, dicevano con rivoluzionaria semplicità:

Si sta facendo un’enorme confusione sul problema della mafia. I mafiosi stannoin Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosisono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. […] Non si puòdefinire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua pic-cola attività commerciale, questa è roba da piccola criminalità, che credo abiti intutte le città italiane, in tutte le città europee. Il fenomeno della mafia è molto piùtragico ed importante, è un problema di vertici della nazione che rischia di por-tare alla rovina, al decadimento culturale definitivo l’Italia.

Dall’intervista rilasciata a Enzo Biagi e trasmessa su RAIUNO il 28 dicembre 1983

Queste frasi non erano una semplice provocazione, una trovata mediatica, ma il fruttodi una intera vita dedicata allo studio del fenomeno mafioso sia nella sua evoluzionestorica, sia nella sua trasformazione che già nei primi anni Ottanta lo aveva definiti-vamente trasformato in un’organizzazione globale. Il punto centrale della rivoluzionaria visione che Pippo Fava propose rispetto allamafia consiste nella scoperta che essa non sia, come gli altri comuni fenomeni di cri-minalità, un organismo antistatale o una forma anarchica, ma un vero e proprio pa-

Page 7: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

rastato: che cioè si strutturi come uno Stato alternativo a quello legittimo e che conesso poi cerchi, a seconda della convenienza, di rado lo scontro frontale o, più spesso,il compromesso. Un modo di essere della mafia che arriva da lontano e che, come ve-dremo in questa antologia, inizia l’anno stesso della proclamazione del Regno d’Ita-lia e si protrae fino alla cosiddetta trattativa del 1992-94 e da lì fino al terzo millennio.Questi dati, ormai ampliamente acquisiti dalla storiografia internazionale, faticano a es-sere inseriti nella maggior parte dei manuali scolastici italiani, che talvolta preferisconodare della mafia una immagine esclusivamente criminale, tacendo le moltissime conni-venze che in oltre centocinquant’anni di storia unitaria hanno intrecciato gli interessi dipolitici e imprenditori collusi con quelli dei vertici di Cosa Nostra. E, da parte sua, loStato italiano ha spesso usato la mafia siciliana come strumento di governo locale.Per questo motivo, all’interno di questa antologia che propone una fitta galleria diquadri senza la pretesa di risultare esaustiva, farò una serie di incursioni nella storiaitaliana per mostrare come lo stesso equivoco si sia ripetuto continuamente, senzache lo Stato italiano abbia mai saputo imparare davvero dai propri errori: le molte-plici “leggi speciali” messe in atto dai governi, a partire dagli anni Sessanta dell’Ot-tocento fino ai tempi recenti, hanno costantemente ignorato o sottovalutato lapeculiarità specifica del fenomeno mafioso, ovvero le sue infiltrazioni e connivenzedentro l’organismo statale che avrebbe dovuto estirparlo. A partire dal ruolo dei “pic-ciotti” nell’impresa dei Mille, fino alle infiltrazioni mafiose nel regime fascista, dalruolo della mafia siculo-americana nello sbarco del 1943 al successivo assetto politicodel dopoguerra, fino alla tragica questione dell’eroina e degli appalti, faremo un lun-ghissimo viaggio attraverso la storia del nostro paese, leggendo e commentando leparole di un intellettuale come Pippo Fava che non solo non ha avuto paura di rac-contare la storia del passato senza reticenze e paure, ma che non ha mostrato alcunaprudenza nel denunciare quello che succedeva sotto i suoi occhi nella sua città d’ado-zione, Catania. Fu proprio il boss della cosca catanese emergente, Nitto Santapaola,a ordinare l’uccisione di Fava e fu l’intricato sodalizio fra mafia, politica, imprendi-toria e magistratura a fare sì che le indagini sull’omicidio siano state depistate e in-sabbiate per ben dieci anni, finché le parole di due pentiti fecero riaprire il processoe condussero gli inquirenti a condannare esecutori e mandanti del delitto.Diverse sono le opere scientifiche che ben tratteggiano la storia della mafia siciliana,e molte di esse ormai spiegano quali furono i rapporti fra Stato italiano e Cosa No-stra: all’interno di questa antologia tali interessantissime pubblicazioni verranno ci-tate e commentate con il giusto spazio. Ma nessuna di queste opere è stata scritta daun martire di mafia e nessuna è stata pensata per la scuola. Ecco perché io, dopo averlavorato per sedici anni come docente nell’istituzione scolastica italiana in cui credoprofondamente, ho voluto comporre un percorso che partisse dall’opera di un grandeintellettuale e martire, oggi dai più dimenticato, che ci può dire molto sul passato esul futuro della nostra nazione.

Fabio Giallombardo

Page 8: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

7

Indice generale

Prologo. La Sicilia e i siciliani 11Le premesse storiche e antropologiche della mafia

Dalla “maffia” a “Cosa Nostra” 21Mafia e camorra tra mito e realtà 22

1. S’è fatta l’Italia 27Quadro storico 1860-1902 281.1 Garibaldi e i picciotti 30

L’antefatto dell’impresa dei Mille: Crispi, Corrao e i picciotti 321.2 I Fasci siciliani e Crispi 34

Emanuele Notarbartolo 35L’America di Pippo Fava 38

1.3 La mafia scopre l’America 41L’emigrazione italiana 42

2. Mafia e fascismo 49Quadro storico 1903-1942 502.1 Ai ferri corti con la mafia 52

Il biennio rosso e lo squadrismo nero 562.2 Le coppole nere 58

Il fascismo da movimento a regime 602.3 Guardie e ladri 65

Anarchia, socialismo, capitalismo 66Don Vito Cascio Ferro 68L’America proibizionista e gli “anni ruggenti” 70

3. Sotto benedizione americana 73Quadro storico 1943-1957 743.1 Lo sbarco americano 76

Dallo sbarco in Sicilia agli accordi di Yalta 78I fidati uomini dell’AMGOT 80

3.2 Salvatore Giuliano e l’autonomia siciliana 83Salvatore Giuliano 86

3.3 Banditi e potere 89Il brigantaggio ottocentesco 90

3.4 Pasquale Almerico e Cosimo Cristina 97

Page 9: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

4. Sangue e cemento 103Quadro storico 1957-1968 1044.1 Il sacco di Palermo 106

Il clientelismo 1094.2 La strage di Ciaculli 112

Luciano Leggio o Liggio 1134.3 La Commissione antimafia permanente 119

La Commissione antimafia 121Le battaglie di Pio La Torre 122I processi di Catanzaro e di Bari 124

5. La mutazione genetica 129Quadro storico 1969-1978 1305.1 La strage di viale Lazio 1325.2 La droga e i cavalieri 136

Il traffico di droga negli anni Settanta 136Mangano, Dell’Utri e Berlusconi 144

5.3 L’omicidio De Mauro 146Il golpe Borghese 153Enrico Mattei 158

6. La strategia omicida 161Quadro storico 1979-1983 162

Il terrorismo negli anni Settanta 1636.1 Isolamento e morte degli “sbirri” 164

I servizi segreti e le logge massoniche 1666.2 L’omicidio Dalla Chiesa 170

Carlo Alberto Dalla Chiesa 1716.3 Politici ribelli 178

7. La resa dei conti 187Quadro storico 1981-1984 1887.1 La mattanza dei Corleonesi 190

Michele Sindona 1967.2 Opera e morte di Rocco Chinnici 198

Le leggi sul pentitismo 202Tommaso Buscetta 204

7.3 L’omicidio Fava 206

8

Page 10: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

9

8. L’eredità 211Quadro storico 1985-1994 212

L’opera profetica di Pippo Fava 2128.1 Comiso e la guerra nucleare 214

Gli “euromissili” 2148.2 Il Maxiprocesso 218

Ninni Cassarà 2218.3 La strage di Capaci 224

Tangentopoli 2258.4 L’estate delle bombe 229

Andreotti e la mafia 231Claudio Fava e il “protocollo Farfalla” 237

Epilogo 239La mafia del terzo millennio

Page 11: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava
Page 12: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

PrologoLa Sicilia e i siciliani

Le premesse storiche e antropologiche della mafia

Un campiere all’abbeverata

Page 13: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

Voglio fare un discorso corretto e sereno sui siciliani, premettendo naturalmenteche io sono perfettamente siciliano. Un discorso sulla stupidità dei siciliani. Noi af-fermiamo spesso di essere straordinariamente intelligenti, quanto meno di averepiù fantasia e piacere di vivere, rispetto a qualsiasi altro popolo della terra. Non èvero! La storia è là a dimostrarlo. Da migliaia di anni siamo semplicemente terradi conquista, gli altri arrivano, saccheggiano, stuprano, costruiscono qualche mo-numento, ci insegnano qualcosa, e se ne vanno. Noi ci appropriamo di una partedi quella civiltà, a volte diventiamo anche i custodi del tempio, in attesa che arriviun’altra ondata saccheggiatrice. Siamo quasi sempre colonia per incapacità diessere veramente popolo. Presi i siciliani ad uno ad uno, può anche accadereche taluno riesca ad esprimere (nella poesia, nel delitto, nella finanza, nell’arte)attimi di ineguagliabile talento. Sono quelli che ci fottono, che ci danno l’impres-sione, spesso la certezza, di essere i migliori. Nella realtà, presi tutti insieme,siamo quasi sempre un popolo imbecille.

Giuseppe Fava, “I Siciliani”, gennaio 1983

Queste dure affermazioni di Pippo Fava sul popolo siciliano nascono dal pro-fondo amore che l’autore nutre nei confronti della propria terra. Si tratta peròdi un amore che si trasforma in rabbia nel constatare quanto i siciliani abbianoraggiunto singolarmente, nella storia della civiltà, altissimi risultati individuali,mentre raramente sono riusciti a costituire un collettivo in grado di generareuno Stato che li identificasse come popolo. Anch’io personalmente ho varie volte provato, come Fava e come milioni di altrisiciliani, questo sentimento ambivalente. La prima volta di cui ne ho memoria èstato quando, poco più che bambino, vidi dei turisti provenienti dal Nord Europaammirare estasiati il magnifico spettacolo della Valle dei Templi. Mentre osser-vavano gli antichi sacrari greci però, cominciarono a additare ripetutamente conl’indice l’abusivismo edilizio dei prospicienti palazzoni agrigentini e poi, quandoil tour li portò oltre il tempio della Concordia, inorridirono nel vedere un cu-mulo di immondizia che giaceva dentro una tomba paleocristiana. Potevo averedieci anni e non riuscivo a capire le parole che dicevano, ma la loro mimica erainequivocabile: nel mio cuore di bambino ribollivano orgoglio e vergogna altempo stesso, mentre pensavo che non ci sarebbe voluto poi molto perché il miopopolo fosse il più felice della terra. Furono proprio questi sentimenti a legarmiindissolubilmente alla mia isola: infatti, nonostante questa storica incapacità di ri-conoscersi in un’entità collettiva, il siciliano vive da secoli un legame con la pro-pria terra, con i suoi sapori, con le tradizioni, che spesso permane e addiritturasi rafforza proprio quando se ne allontana. Fuggire dall’isola per mare – a causa della fame, delle persecuzioni, della seted’avventura – è una condizione storica molto frequente per il siciliano, tantoquanto ricevere flussi migratori. Fenici, greci, romani, goti, bizantini, arabi,svevi, normanni, francesi, spagnoli, inglesi e piemontesi hanno conquistato

12

Cosa Vostra

Page 14: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

l’isola nel momento più alto della loro storia, saccheggiando, costruendo, amal-gamando di volta in volta la propria cultura con quella precedente. Da questaincessante mescolanza genetica, linguistica e religiosa è nata una grande ric-chezza culturale, densa però di contraddizioni e paradossi.

Esiste, nella nomenclatura siciliana, una parola che ha un suono sprezzante:«barbari», con la quale si indicano tutti coloro che sono venuti dal mare per as-saltare, uccidere, saccheggiare, stuprare, rapinare. Barbari: esseri umani inferiori,avidi, feroci, sanguinari, che fossero biondi con gli occhi azzurri o mori con i ca-pelli crespi, tutti egualmente nemici con i quali, generazione dopo generazione,c’era solo da combattere e uccidere o morire. Nella realtà, ognuno di questi po-poli, arrivando dal mare, portò con sé crudeltà e morte, ma anche tutte le ric-chezze cioè scienza, tecnica, arte e filosofia di una civiltà diversa, che non venivamai a distruggere completamente la civiltà precedente, ma si sovrapponeva viavia, nell’anima stessa del popolo, si componeva e si integrava. I greci portaronoil senso della bellezza e la sapienza del governo politico, il disegno delle classisociali e quindi la struttura stessa della società; i cartaginesi l’arte della guerra;i romani il significato della società e del diritto, e quindi la necessità della legge;normanni e svevi l’ingegneria delle costruzioni e l’arte dei metalli; gli arabi la loroprodigiosa visione matematica e il gusto della poesia; i francesi la musica, ladanza, il senso elegante della storia; gli spagnoli la loro fantasia architettonica,gli inglesi l’astuzia mercantile, gli italiani il significato della nazione. Così, dopoduemila anni la Sicilia fu il luogo dove avevano deposto il meglio e si erano se-dimentate le civiltà più alte della Terra, e dove però questo prodigio storico erasegnato definitivamente dal dolore, dalla violenza fra uomini, e dal senso co-stante della morte. Non bisogna dimenticare tutto ciò per capire e giudicare lamafia, che è certamente una grande tragedia umana e sociale, storicamenteprodotta da un popolo che, per altri versi ed altre ispirazioni e forze umane, hatuttavia prodotto Verga, Pirandello, De Roberto, Bellini, Brancati, Lampedusa,Sciascia.

Giuseppe Fava, Mafia. Da Giuliano a Dalla Chiesa, 1984

Dopo più di due millenni di incessante mescolanza culturale gli abitanti dell’isolahanno sviluppato un’identità che poggia sulla contraddizione di essere loro stessii barbari: persino i tratti somatici dei siciliani mescolano ancora oggi i colorichiari dei geni normanni e svevi con i lineamenti mori dei saraceni. Anche il dia-letto siciliano associa con naturalezza reperti linguistici greci a forme derivatedall’arabo e dall’antico tedesco. Tutto questo groviglio di contraddizioni si sposacon un paesaggio naturale tra i più vari del mondo: in una sola isola infatti si al-ternano comodi porti naturali e tratti di costa a strapiombo caratterizzati da vio-lente tempeste; rare pianure fertili e sterminati latifondi aridi; le pendici innevatedell’Etna e l’insopportabile clima torrido delle lunghissime estati. Nel corso dei secoli, tutti questi contrasti hanno forgiato una mentalità che si

La Sicilia e i siciliani

13

Page 15: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

è cristallizzata in un apparente fatalismo scettico che viene ben descritto dalPrincipe Fabrizio, protagonista del romanzo Il Gattopardo di Tomasi di Lampe-dusa, uno degli autori che più profondamente ha descritto le contraddizioni ele invisibili sfaccettature della Sicilia e dei siciliani. Proprio nella trama de Il Gat-topardo ci possiamo imbattere in una delle descrizioni più profonde e affasci-nanti dello scetticismo isolano nei confronti del forestiero: all’indomanidell’annessione della Sicilia al Regno d’Italia, un entusiasta diplomatico pie-montese, il conte Chevalley, chiede al Principe di entrare a far parte del senatopiemontese, affinché la Sicilia non sia una semplice colonia, ma diventi parteintegrante del nuovo regno d’Italia. Il Principe rifiuta l’allettante incarico, peril quale provocatoriamente propone un uomo arrivista e senza scrupoli, un ar-ricchito dal nome Calogero Sedara; poi spiega il suo gesto di rinuncia descri-vendo l’indole della sua terra, la “insularità d’animo” che caratterizza la Siciliada millenni. Quando Chevalley protesta e disapprova, portando ad esempiopositivo il giovane liberale siciliano Crispi che si era già ben integrato nella po-litica piemontese, il Principe si spazientisce e traccia una interessante diffe-renza fra la Sicilia e i siciliani.

Il Principe si seccò: “Siamo troppi perché non vi siano delle eccezioni; ai nostrisemi-desti, del resto avevo di già accennato. In quanto a questo giovane Cri-spi1, non io certamente, ma Lei potrà forse vedere se da vecchio non ricadrà nelnostro voluttuoso vaneggiare: lo fanno tutti. D’altronde vedo che mi sono spie-gato male: ho detto i Siciliani, avrei dovuto aggiungere la Sicilia, l’ambiente, ilclima, il paesaggio. Queste sono le forze che insieme e forse più che le domi-nazioni estranee e gl’incongrui stupri hanno formato l’animo: questo paesaggioche ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l’asprezza dannata; che nonè mai meschino, terra terra, distensivo, umano, come dovrebbe essere un paesefatto per la dimora di esseri razionali; questo paese che a poche miglia di di-stanza ha l’inferno attorno a Randazzo e la bellezza della baia di Taormina2, am-bedue fuor di misura, quindi pericolosi; questo clima che c’infligge sei mesi difebbre a quaranta gradi; li conti, Chevalley, li conti: Maggio, Giugno, Luglio, Ago-sto, Settembre, Ottobre; sei volte trenta giorni di sole a strapiombo sulle teste;questa nostra estate lunga e tetra quanto l’inverno russo e contro la quale si lottacon minor successo; Lei non lo sa ancora, ma da noi si può dire che nevicafuoco, come sulle città maledette della Bibbia; in ognuno di quei mesi se un Si-ciliano lavorasse sul serio spenderebbe l’energia che dovrebbe essere sufficienteper tre; e poi l’acqua che non c’è o che bisogna trasportare da tanto lontano cheogni sua goccia è pagata da una goccia di sudore; e dopo ancora, le piogge,sempre tempestose che fanno impazzire i torrenti asciutti, che annegano bestiee uomini proprio lì dove una settimana prima le une e gli altri crepavano di sete.Questa violenza del paesaggio, questa crudeltà del clima, questa tensione con-tinua di ogni aspetto, questi monumenti, anche del passato, magnifici ma in-

14

Cosa Vostra

Page 16: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

comprensibili perché non edificati da noi e che ci stanno intorno come bellissimifantasmi muti; tutti questi governi, sbarcati in armi da chissà dove, subito serviti,presto detestati e sempre incompresi, che si sono espressi soltanto con opered’arte per noi enigmatiche e con concretissimi esattori d’imposte spese poi al-trove; tutte queste cose hanno formato il carattere nostro che rimane così con-dizionato da fatalità esteriori oltre che da una terrificante insularità di animo.”

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il gattopardo

La Sicilia e i siciliani

15

Le parole del Principe Fabrizio individuano alcuni importanti tratti della sici-lianità più profonda, invisibile a uno sguardo superficiale: l’apparente fatalismoe il proverbiale immobilismo che spesso nascondono una grande vitalità e sen-sualità. Così, soprattutto negli ultimi secoli, la Sicilia nella letteratura è divenutametafora della possibilità di vedere il mondo da una diversa prospettiva: nellanarrativa di Verga come nel teatro di Pirandello, nella saggistica di Sciascia comenella poesia di Quasimodo l’isola spesso cessa di essere semplicemente un’en-tità geografica per diventare uno specchio della complessità della condizioneumana. Anche oggi l’immaginario letterario e cinematografico italiano trasudadi sicilianità: lo straordinario successo editoriale e televisivo del personaggio diMontalbano non è che una delle tante testimonianze di tale fenomeno.La bellezza poetica del passo di Tomasi di Lampedusa che abbiamo riportato,così come il fascino di molte altre opere letterarie ispirate alla Sicilia, rischianoperò di causare un equivoco che ha pesato come un macigno sul destino dei si-ciliani, la cui storia rischia di essere interpretata troppo spesso alla luce deimiti che ha generato. E il più triste mito che grava sulla storia di noi siciliani èquello che associa la nostra identità, anche nell’immaginario internazionale, alfenomeno mafioso; una mafia che però, pur essendo fra i fenomeni più cono-sciuti e discussi al mondo, non viene quasi mai presentata come un fatto sto-rico e sociale, ma viene raccontata come una condizione esistenziale insitanell’animo dei siciliani, quasi una loro specifica caratteristica genetica. C’è dunque il concreto rischio che si trascuri una rigorosa analisi delle causeprofonde che hanno impedito al popolo siciliano di diventare nazione e Stato,facendo sorgere il complesso fenomeno mafioso che in questa antologia cer-cheremo di analizzare principalmente attraverso le opere di un attento e ver-satile intellettuale come Pippo Fava. È per questo motivo che, nonostanteanch’io da siciliano sia profondamente affascinato dalle pagine di poesia cheinnalzano l’isola a metafora del vivere umano, credo che sia altrettanto im-portante impostare un’analisi storica del motivo per cui i siciliani non hanno

1. Crispi: si tratta di Francesco Crispi, importanteuomo politico di cui si parlerà ampiamente nel Ca-pitolo 1.2. Randazzo … Taormina: Randazzo, attualmentein provincia di Catania, è un paese costruito ai piedi

dell’Etna, ai margini di una colata lavica di originepreistorica; in tal senso è qui definito inferno e con-trapposto alla bellezza della baia di Taormina, no-tissima località turistica che si trova poco più anord.

Page 17: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

mai sviluppato un’entità politica e amministrativa nella quale l’intero popolosi possa riconoscere. Un’analisi storica di Michele Pantaleone, a partire dallo studio della confor-mazione fisica dell’isola, individua nel corso dei millenni due Sicilie ben di-stinte e separate: quella delle coste, caratterizzata da grande dinamismo socialee da vivacissima attività commerciale, dove le grandi civiltà costruirono le loromagnifiche città; e quella dell’interno, dove l’immobilismo assoluto si è sem-pre associato allo scarsissimo interesse che i conquistatori hanno nutrito neiconfronti di zone inospitali che non erano interessati a governare, ma solo asfruttare. Una simile situazione, protrattasi per millenni, si risolve in epocafeudale con la costituzione di compagnie d’armi, ovvero eserciti paramilitaricostituiti da veri e propri delinquenti, che si incaricano di sedare qualunque di-scordia possa insorgere fra gli agricoltori, i quali così vivono in uno stato di as-soluta schiavitù. Tale situazione raggiunge il suo culmine dopo che le rivoltenapoleoniche hanno cancellato la servitù della gleba, e proprio in quel periodoi miserabili agricoltori dell’interno, anziché liberarsi dalle secolari catene delsopruso, vedono rafforzata la loro sottomissione per mano di una nuova e assaicompatta classe sociale: i riscossori di gabelle (o gabellotti), che sono gli in-termediari fra i padroni e i coltivatori. I gabellotti costituiscono una vera classemilitare che usa sistematicamente la violenza come strumento di governo eche si caratterizza come uno Stato nello Stato, tollerato dal potere politico, su-bìto passivamente dal popolo impotente.

Già al tempo dei Fenici, e poi sotto i Greci, i Cartaginesi e i Romani, le terre ven-nero divise in vasti latifondi ed assegnate agli occupanti o ai notabili locali, ches’impegnarono a versare un contributo in natura, la decima, e che provvideroalle esigenze della coltivazione esclusivamente mediante l’impiego di schiavi as-soggettati sul posto o importati da altre zone. Fin da allora, a partire dai Carta-ginesi, cominciarono a sorgere nel cuore dei latifondi le fattorie, grandi magazziniconcepiti come fortezze e forniti di rustici caseggiati, dove abitavano i guardianidi fiducia del padrone e quegli schiavi che erano costretti a rimanere sul fondotutto l’anno. […] Queste strutture rimasero sostanzialmente immutate sotto labreve dominazione dei Goti, e poi sotto quelle più durature dei Bizantini e degliArabi, le quali ultime lasciarono tuttavia nell’Isola alte vestigia di civiltà.Intorno al 1000, i Normanni cacciarono gli Arabi, divisero lo stato in signorie e leassegnarono con le forme feudali importate dalla Francia. Ed è ben certo che ilregime feudale, il cui atto formale di morte è contenuto nella famosa rinuncia aidiritti feudali da parte dei baroni siciliani nel 18121, sopravvisse di fatto anche aimoti popolari del 1820 e del 1848, tanto che, al tempo dell’epopea garibaldinadel 1860, esso aveva ancora ben salde radici nella situazione e nelle struttureeconomico-sociali dell’Isola. Dopo i Normanni avvenne che, allo stabilirsi di unanuova dominazione sulla costa (dalla sveva alla borbonica), il nuovo sovrano si

16

Cosa Vostra

Page 18: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

La Sicilia e i siciliani

17

affrettò a consolidare il suo dominio distribuendo le terre dell’interno, che dive-nivano così predicato di nuove nobiltà, ai suoi seguaci, o a quelli dei notabili lo-cali che più lo avessero agevolato nell’opera di conquista o che comunquefossero stati disposti a pagare i feudi a miglior prezzo. […] Ogni feudo era com-posto da non meno di duemila ettari, coltivato estensivamente e sorvegliato daguardiani armati e campieri2 del padrone, i quali risiedevano nella fattoria: que-sta sorgeva nel sito più ameno del feudo, laddove l’esistenza di una falda d’ac-qua rendeva possibile la vita agli uomini e agli animali e consentiva per brevitratti colture ortofrutticole. Da questi nuclei ebbero origine quasi tutti i centri ru-rali della zona dei feudi.I guardiani e i sorveglianti furono sempre scelti fra quegli individui i quali, per illoro passato di efferati delinquenti, davano garanzia d’essere all’altezza del com-pito. A costoro, organizzati in corpi di guardie private, vennero poco alla voltadelegati quasi tutti gli sconfinati poteri del loro padrone, ed è facile intuire comeli esercitassero. In questa carenza totale di pubblici poteri, in questo dominio as-soluto affidato al privato signore, che a sua volta lo delegava a scherani3, la cuisola attitudine era data dalla capacità a delinquere, e infine nella impostazioneviolenta d’un regime di sfruttamento sistematico altrimenti inconcepibile, vannoindividuati i presupposti del sorgere e del consolidarsi della mafia, la quale nascenel feudo e risponde inizialmente alla funzione di costituire una difesa dei privi-legi feudali nella campagna. […]Dopo i moti popolari del 1812, che portarono all’abolizione dei privilegi feudali,e anche in seguito all’abolizione della servitù della gleba, il rapporto tra colonoe padrone si orientò verso l’affittanza4. La vecchia figura del guardiano privato,e poi del compagno d’armi, andava così lentamente scomparendo per cedere ilposto alle nuove figure che la situazione impone: il soprastante, il campiere, il ga-bellotto. Quest’ultimo traeva in affitto un intero feudo, e assicurava un cespite5

al padrone, che si disinteressava così di ogni altra attività. […] Strumento indi-spensabile per il mantenimento di una tal situazione era pur sempre la violenza,mediante la quale il gabellotto, spalleggiato dai suoi soprastanti6 e campieri, riu-sciva a imporre patti di affittanza addirittura assurdi o mercedi7 assolutamente ir-risorie ai contadini che lavoravano la terra.[…] Nella seconda metà dell’Ottocento la mafia aveva ormai concluso questosuo ciclo di evoluzione ed era diventata una perfetta organizzazione interpro-vinciale che, per conseguire lo scopo essenziale di conservare le strutture feu-dali nelle campagne, viene sempre più allargando la sua sfera di influenza e sioccupa di risolvere nel suo seno, ora con la violenza ora con l’intrigo, tutti i pro-blemi della connivenza, col fine ultimo di sostituirsi al potere legittimo.

Michele Pantaleone, Mafia e politica, Einaudi, 1972

1. regime … 1812: il sistema feudale fu abolito, in-Sicilia, nel 1812.2. campieri: le guardie private di un possedimentoagricolo.3. scherani: in origine il termine indicava gli uominid’arme; qui nel significato, attuale, di uomini vio-lenti al servizio di un potente.

4. affittanza: affitto di un podere; il termine è spe-cifico dei contratti agricoli.5. cespite: qui nel senso di reddito; il termine, inrealtà, indica l’insieme dei beni da cui questo red-dito proviene.6. soprastanti: sorveglianti, controllori.7. mercedi: paghe, retribuzioni.

Page 19: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

L’analisi di Pantalone è discutibile, come tutte le letture storiche che preten-dono di interpretare migliaia di anni in poche pagine. Ma la teoria principaleche lo storico propone è lineare e chiara: esiste da millenni un sistema che go-verna la Sicilia interna e che consiste in una serie di latifondi di proprietà diun’aristocrazia, che però non ha né la voglia né il tempo di gestire personal-mente il territorio, perché attratta dalle attività commerciali o culturali che la

posizione dell’isola offre al centro del Mediterraneo.Tale aristocrazia pertanto si affida, per la gestione del la-tifondo, a intermediari che le debbono semplicementegarantire una certa rendita e che per il resto possonoavere mano libera sui contadini; questa persistente si-tuazione porta gli intermediari, dai tempi delle colti-vazioni in schiavitù fino al periodo successivo allaformale abolizione del feudalesimo di inizio Otto-cento, a infliggere impunemente soprusi nei confrontidei coltivatori diretti, agendo in un territorio nel qualenon esisteva alcuna autorità se non la loro. Mentre dunque sulle coste della Sicilia si avvicenda-

vano le più magnifiche civiltà del mondo, nell’entroterra dell’isola nessun po-tere centralizzato ha mai avuto vero interesse a portare davvero il suo capillaregoverno; così, da millenni, si è insediato uno Stato nello Stato, ovvero un para-stato che ha rappresentato l’unica reale autorità per milioni di esseri umani, aiquali non veniva lasciata alternativa: o sottomettersi, rimanendo in uno stato ditotale umiltà e omertà, o cercare fortuna fuggendo ed emigrando in terre lon-tane. Questo fenomeno antichissimo non può essere definito ancora mafia, mane costituisce uno dei più importanti terreni di coltura. Fava vi individua infattile tre ragioni profonde che, a suo parere, rappresentano le componenti princi-pali della mafia.

Le componenti sociali e umane della mafia sono sempre tre: la miseria, la paura,l’assenza dello Stato. Anzitutto la miseria dell’individuo, che significa anche igno-ranza, disperazione, incapacità di trovare, al di fuori della violenza, alcuna altrasoluzione al proprio problema esistenziale. Per miseria un essere umano ac-cetta di farsi servo di un potente, gli concede la propria devozione in cambio diun posto, di una raccomandazione, di un salario, accetta la prepotenza e la di-sonestà del più forte, si rassegna all’ingiustizia. Per miseria un essere umano puòanche essere disposto ad uccidere, se dalla morte dell’altro individuo gli vienela possibilità di migliore vita, o comunque di sopravvivenza, o ancora di mag-giore dignità sociale.Migliaia di uomini, soprattutto giovani, […] senza nessun titolo di studio, senzaalcuna possibilità di lavoro, senza speranza di realizzazione umana, fuori dalla

18

Cosa Vostra

OmertàIl significato corrente indica

complicità, reticenza, silenzio. Il

termine è di origine meridiona-

le, probabilmente derivato dal

latino humilitas, che significa

umiltà e, per estensione, sotto-

missione e riconoscimento di

un’autorità superiore.

Page 20: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

La Sicilia e i siciliani

19

emigrazione, accetta una vita violenta nella quale si smarrisce rapidamente qual-siasi rispetto per la vita in sé. Per due, tre, cinque milioni [di lire, NdR], migliaiadi giovani sono disposti a uccidere un altro uomo che non hanno mai visto primadi allora, di cui non sanno nemmeno il nome, di cui sconoscono la colpa per cuisono stati condannati a morte. Un mafioso con le mani brulicanti di miliardi trovacento esseri umani disposti ad uccidere per conto suo. E più alta è la ricom-pensa ch’egli offre a taluni (la casa, l’impiego di prestigio, la partecipazione al-l’impresa) e più implacabile e feroce diventa la devozione del killer.Poi c’è la paura, che è normale difetto umano se proporzionata a un singolo in-dividuo. Rapportata invece ad un gruppo umano diviene quasi sempre unadrammatica deformazione della società, significa che esistono errori profondidella società stessa, primo fra tutti l’abbandono dello Stato e quindi l’incapacitàdel cittadino ad ottenere giustizia. La paura rende l’animo vile, l’uomo inertedinnanzi alla violenza, già appagato se la violenza, invece di colpirlo, colpisceil suo vicino di casa. La paura chiude gli occhi ai testimoni, paralizza le lingue,l’unica reazione è quella di fuggire o nascondersi, lasciando gli altri esseri umanial loro destino. […]Infine la lontananza e assenza dello Stato, la sensazione umana e la certezzastorica che lo Stato non ha forza politica, né coscienza morale, per proteggereil cittadino dinnanzi alla ipotesi di violenza, oppure rendergli giustizia a violenzaavvenuta. E non soltanto che sia incapace di giustizia, ma nemmeno capace digarantirgli gli altri diritti fondamentali, il lavoro, la scuola, l’ospedale, l’opera pub-blica, il servizio civile. L’assenza dello Stato convince l’uomo siciliano di esseresolo dentro la società e quindi l’unico responsabile della sua salute, conoscenza,dignità, incolumità. In questa solitudine dell’uomo siciliano dentro la società c’ègià il movente più tragico di tutte le violenze.

Giuseppe Fava, Mafia. Da Giuliano a Dalla Chiesa, 1984

Quindi, come detto, la mafia non è un fenomeno arcaico che esisteva già nelMedioevo, ma è un fatto relativamente recente la cui origine storica risale alXIX secolo. Tuttavia, il motivo per cui esso ha preso piede stabilmente proprioin Sicilia affonda le sue radici nel fatto che nell’interno dell’isola si sono sem-pre trovate immense sacche di povertà, paura e ignoranza che hanno attec-chito proprio nei territori privi di qualunque autorità statale; e nel fatto chequesti contadini miserabili e disperati siano stati in totale balia di un esercitoparamilitare che acquisiva sempre maggior potere e coesione interna quantopiù lo Stato borbonico centrale e i baroni gli lasciavano mano libera. Paradossalmente, l’abolizione della servitù della gleba, ottenuta nel 1812, svin-colò ancor di più gli intermediari dai loro datori di lavoro aristocratici poiché,in assenza di un rigido sistema feudale, ingiusto ma sostanzialmente stabile econservatore, i baroni si affidarono sempre più a una rete di personaggi che sicostituì e strutturò in modo sempre più militaresco e autonomo: la scala ge-rarchica (dai gabellotti ai campieri ai soprastanti) creò un sistema di potere se-

Page 21: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

greto, coeso e non riconosciuto da alcuna autorità formale, che acquisì il to-tale dominio sulle campagne. Tenuti solo a versare la tassa al signore, ma per ilresto svincolati da qualunque altro obbligo, questi uomini inventarono un si-stema di controllo del territorio basato sulla violenza e sulla segretezza. Un si-stema che si rafforzò nel corso del cinquantennio precedente l’unità d’Italia eche si caratterizzò per un’efficienza e un’efficacia infallibili, proprio perchébasato sull’invisibilità e sull’onnipotenza.

La mafia nacque così, per difendere la proprietà privata in una società sconvoltada una continua disperazione popolare. I più grandi proprietari, i più ricchi agri-coltori, i padroni dei feudi si sostituirono allo Stato assente e imbelle e imposerouna loro legge che, nelle grandi linee giuridiche, richiamava la legge stessa delloStato, poiché anch’essa voleva reprimere qualsiasi reato contro la persona e laproprietà, ma la ridussero all’essenziale dal punto di vista pratico: abolirono cioèil processo, le prove, la difesa, e stabilirono un’unica sanzione: la morte.Per essere efficiente la mafia si impose, fin dal suo nascere, due regole assolute:la implacabilità e la segretezza. Fu implacabile nel senso che applicò indistinta-mente la pena di morte per qualsiasi tipo di reato, per chi rubava, per chi ucci-deva o rapinava, e più semplicemente per chi non pagava il suo debito. Fusegreta per essere invulnerabile sia alla vendetta privata sia alla eventuale san-zione dello Stato. E di conseguenza ebbe anche altre due crudeli caratteristi-che, sconosciute alla criminalità di altre nazioni: la professionalità dell’omicidioe l’omertà. Fin da allora infatti, per eseguire le sue sentenze di morte, la mafiasi servì di giustizieri che quasi mai conoscevano la vittima.È una regola assoluta e immodificabile. Il killer non ha moventi per uccidere edunque non può essere sospettato; quasi mai conosce il mandante e non puòdunque nemmeno tradire. Può essere infine ucciso in qualunque momento enessuno capirà mai veramente il perché.Nata soprattutto per proteggere la proprietà privata, la mafia lentamente, col pas-sare di decenni e la crescente paura popolare, estese il suo governo a tuttequelle attività sulle quali si fondava l’economia dell’isola: la distribuzione delleacque per irrigare i pascoli e gli agrumeti, le sovvenzioni dello Stato per le mi-gliorie dei fondi, la designazione delle cariche pubbliche nei villaggi, e via via atutte le forme della ricchezza e del potere fino alla scelta ed elezione dei candi-dati al Parlamento nazionale e quindi alla influenza diretta sulla vita politica. In-somma accadde che, concepita per sostituire lo Stato nella funzione istituzionaledi proteggere e conservare la grande proprietà privata, la mafia comincia fatal-mente ad aggredire lo Stato stesso, appropriandosi di tutte le altre funzioni dipotere.

Giuseppe Fava, Mafia. Da Giuliano a Dalla Chiesa, 1984

La mafia, peraltro, non ha mai definito se stessa con questo nome: come af-ferma John Dickie, un accademico inglese che ha scritto forse l’opera più fa-mosa e più letta al mondo in proposito, la mafia cerca di non avere un nome

20

Cosa Vostra

Page 22: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

La Sicilia e i siciliani

21

che ne delinei i contorni. Ma se c’è un nome col quale i mafiosi, almeno a par-tire dal secondo dopoguerra, hanno identificato il sistema dei loro interessi,quello è Cosa Nostra. Un’importante caratteristica di un simile organismo consiste nel nutrirsi dimiti, attraverso i quali diventa popolare agli occhi della gente. Una falsa leg-genda su cui l’associazione fa affidamento fin dalle origini è quella del mafiosocoraggioso, libero e indipendente: già nella popolarissima opera teatrale I ma-fiusi della Vicaria (la prima che, nel lontano 1863, ci tramanda il nome “mafioso”in questa accezione) troviamo degli spavaldi truffaldini dediti al malaffare, manello stesso tempo liberi da padroni e persino generosi nei confronti dei po-veri. L’opera ebbe subito uno straordinario successo di pubblico e tratteggiòun’immagine positiva del malandrino simpatico e anarchico. Nella realtà, in-vece, i sicari di mafia furono fin da subito uomini tristi, asserviti al potere, pernulla liberi e spesso eliminati subito dopo il crimine proprio per mano dellostesso potere che glielo aveva commissionato. Niente di più falso, dunque, delmito del mafioso coraggioso: il mafioso è quasi sempre vile, tradisce quandopuò saltare sul carro del vincitore, sia esso rappresentato dal clan vincente odalla giustizia.

Dalla “maffia” a “Cosa Nostra” La cosiddetta mafia non ha mai definito se stessa con questo nome: i mafiosi,per loro stessa natura rifuggono la precisione di un linguaggio che delinei icontorni dei loro affari, perché la sommersione è il loro habitat naturale eanche fra di loro comunicano per lo più col silenzio o, al massimo, con un im-percettibile e muto gesto delle sopracciglia. Ma c’è un nome col quale i ma-fiosi, almeno a partire dal secondo dopoguerra, hanno identificato il sistemadei loro interessi: Cosa Nostra. Sappiamo dalle confessioni degli stessi appar-tenenti all’organizzazione che l’espressione serviva ai mafiosi italoamericaniper distinguersi dagli altri criminali, soprattutto irlandesi ed ebrei, che svolge-vano attività illecite sul suolo statunitense. Ma proprio la scelta del sostantivo“Cosa” conferma il crisma di vaghezza che l’associazione ha sempre deside-rato lasciare. A partire dal tardo Ottocento, invece, in Italia la malavita siciliana venne cor-rentemente definita dalla popolazione “maffia” o “mafia”: il sostantivo, atte-stato per la prima volta in un’opera teatrale palermitana del 1863, secondo gliaccademici della Crusca deriva dal latino Mattheus, toscanizzato in ‘‘Maffeo’’,e designa un uomo borioso, che ostenta i lussi, come l’apostolo Matteo vienepresentato nel vangelo di Luca. Moltissime altre sono le possibili derivazioni delnome, fra le quali pare significativa l’etimologia dall’arabo mafish, “niente”,declinata nell’espressione ma fi ah, “non c’è”: il lungo dominio arabo della Si-cilia potrebbe racchiudere questa verità, ovvero che il potere è più saldo pro-prio nella misura in cui si pensa che non ci sia.

Page 23: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

Un mito ancora più radicato nell’immaginario dei siciliani fa risalire l’ori-gine della mafia alla setta dei Beati Paoli, una società segreta attiva a Palermonel Seicento e scomparsa all’inizio del secolo seguente. Gli adepti di questasetta processavano in tribunali sotterranei chi abusava del proprio potere odella particolare posizione sociale per commettere soprusi ai danni dei più de-boli e indifesi: si trattava di una forma di giustizia invisibile e onnipotente, checolpiva un’aristocrazia superba proteggendo il popolo indifeso. La leggendadivenne popolarissima in Sicilia all’inizio del Novecento, quando lo studiosoLuigi Natoli scrisse un romanzo di successo che rappresentò il caso edito-riale più clamoroso della narrativa siciliana; solo allora la mafia, per caval-care la popolarità del romanzo, adottò molti rituali derivati dalla narrazionedel Natoli, al fine di darsi una genealogia antica che ne accrescesse l’autore-volezza agli occhi del popolo e agli occhi degli stessi uomini d’onore. Emi-nenti storici hanno però dimostrato come non ci sia alcun rapporto diderivazione fra la setta dei Beati Paoli, del tutto estinta già all’inizio del Set-tecento, e la mafia vera e propria, nata come abbiamo visto intorno alla metàdel secolo successivo.Molti altri falsi miti sono stati diffusi ad arte dai mafiosi e tutti tendono a dif-fondere l’immagine di una mafia “buona”, che porta giustizia nelle campagnepunendo i colpevoli e premiando i devoti. Una mafia che si basa sui valori dellafamiglia e riceve la benedizione della Chiesa. Ma anche questo non è altro cheuno stratagemma propagandistico scaturito dall’esigenza di incutere rispetto

22

Cosa Vostra

Mafia e camorra tra mito e realtàSecondo un’antica leggenda, nel corso del XV secolo tre cavalieri spagnolidi Toledo – Osso, Mastrosso e Carcagnosso – evasero da una fortezza nel-l’isola di Favignana e fondarono rispettivamente la mafia siciliana, la ’ndran-gheta calabrese e la camorra napoletana. In realtà le tre associazionicriminali nacquero in epoche diverse: la camorra infatti nasce in piena etàmoderna ed è già attiva nei primi decenni del XVIII secolo. La mafia, invece,si sviluppa a partire dalla seconda metà del XIX secolo, mentre la ’ndran-gheta nasce qualche decennio più tardi da alcune cellule degenerate delbrigantaggio dell’Aspromonte. Ancora più rilevanti appaiono le differenze strutturali fra mafia e camorra:come afferma Pippo Fava, se tutti i napoletani si ribellassero alla camorraessa sparirebbe immediatamente, perché la sua struttura è tendenzialmenteacefala e la popolarità è un elemento indispensabile della sua costituzione.La mafia siciliana, invece, pur avendo bisogno dell’omertà del popolo chesottomette, non necessita del suo consenso, perché possiede una strutturagerarchica capace di sopravvivere per lunghi periodi anche a una rivoltapopolare.

Page 24: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

La Sicilia e i siciliani

23

laddove non sempre bastava il terrore: è una menzogna, questa della buonamafia arcaica, che l’organizzazione si porterà sempre dietro allo scopo di mi-metizzarsi.

A partire da queste semplici premesse abbiamo già la base dell’origine di qua-lunque fenomeno mafioso: la sfiducia in un sistema di governo porta alla crea-zione di organismi parastatali, in cui il singolo non può trovare protezione senon nel “padrino”, nel santo, nel protettore clientelare. Un popolo che vive inqueste condizioni non si compatta in una nazione coesa e solidale, ma si fram-menta in centinaia di migliaia di individui, ciascuno dei quali cerca una nicchiadi sopravvivenza particolare, disinteressandosi del bene comune. Nella Siciliarurale, questo è avvenuto per così tanto tempo da far credere a molti chel’omertà fosse un tratto caratteristico dell’anima della Sicilia, o addiritturadella natura dei siciliani; in realtà, è un comportamento tipico di tutti i popoliche si sentono abbandonati dallo Stato.Consapevole della differenza fra la volontà di molti siciliani ribelli e la Siciliadescritta da Tomasi di Lampedusa e da molti altri scrittori conservatori, PippoFava fondò un piccolo giornale indipendente che si chiamava appunto “I Sici-liani”, nel quale egli poteva raccontare le cose che accadevano in Sicilia senzasubire la censura dei padroni; precedentemente era stato espulso, a causa dellasua inflessibilità, da “Il giornale del Sud”, che aveva diretto per più di un anno.Furono proprio le inchieste condotte dalle colonne de “I Siciliani” che porta-rono Fava alla morte, perché Cosa Nostra non poteva accettare che un giornale,seppur piccolo e povero, avesse il coraggio di riportare notizie che nessun altroraccontava, mettendo a nudo i suoi affari. Fu proprio per contrapporsi al principale quotidiano catanese, che si chiamava(e tuttora si chiama) “la Sicilia”, che Fava chiamò il suo mensile, come detto,col nome del popolo e non della regione d’appartenenza. Il messaggio era chia-rissimo e ancora oggi risuona profetico: esiste una lunga storia di soprusi checaratterizza una terra, la Sicilia, ma esistono anche degli esseri umani liberi, isiciliani, che possono uscire dal copione che sembra già scritto per loro da se-coli e che vogliono riscrivere la storia di proprio pugno. Questa antologia nasce in onore dei siciliani come Fava, e l’ho scritta per tuttiquei cittadini italiani che non vogliono riconoscersi in questa Cosa Nostra mache vogliono costruire un futuro che le sia del tutto estraneo. Credo che i si-ciliani e gli italiani tutti non potranno mai vivere in una vera democrazia fin-ché non saremo davvero capaci di considerare come una “Cosa Vostra” l’interocomplesso di interessi che tramite la corruzione e la violenza creano uno Statoparallelo a quello ufficiale, finché cioè non sarà chiaro che bisogna rompereogni legame con questo insidioso e cangiante consorzio di criminali.

Page 25: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

Quando ho confidato l’idea di scrivere quest’opera a Riccardo Orioles, uno deiragazzi allora ventenni che lavorarono fianco a fianco con Fava e che ne rac-colsero l’eredità, egli mi consigliò di farne un’opera di respiro collettivo e nonun libro incentrato su un solo autore. Ho quindi affiancato agli scritti di Favaquelli di altri attenti osservatori del fenomeno.Per descrivere l’uomo che ha ispirato e condotto questa antologia riporto la pa-gina che scrissero a caldo i suoi ragazzi, i “carusi” del giornale da lui fondato,all’indomani del suo omicidio.

Pippo Fava ha scritto un sacco di libri, e cose di teatro anche. Però Pippo Favanon è mica uno importante. Per esempio, arriva una centoventiquattro scassata,dalla centoventiquattro esce uno con la faccia da saraceno e un’Esportazione1

che gli pende da un angolo della bocca e ride e quello è Pippo Fava.Bene, un giorno a Pippo Fava gli dicono di fare un giornale, è una faccendastrana affidare un giornale a Fava che, dice la gente perbene, è uno che non sisa mai che scherzi ti combina: comunque il giornale c’è, si chiama il Giornale delSud e subito Pippo Fava lo riempie di ragazzi senza molta carriera ma in com-penso mezzi matti come lui. […] La cronaca, al Giornale del Sud, la si fa all’av-ventura. Non si conosce nessuno, si parte proprio da zero. Ci sono storiedivertenti, tipo quella del povero emarginato napoletano che arriva in redazionee tutti fanno pezzi commoventi sul povero emarginato e poi arriva Lizzio dallaquestura per un paio di stupri... Si chiude alle tre di notte; non si “buca” una no-tizia. Con grande stupore, i catanesi apprendono che a Catania c’è una cosache si chiama mafia. E che Catania è divenuta un centro del traffico di droga.Dopo qualche mese, un attentato: un chilo di tritolo. Ma si va avanti.La faccenda dura un anno. Poi succedono tre cose. La prima è che gli americanidecidono che la Sicilia va bene per coltivarci missili2. E questo a Fava non vabene, e lo scrive. La seconda che a Milano acchiappano un grosso mafioso, Fer-lito3, parente di un assessore e uomo di molto rispetto; e anche qua, Fava sicomporta piuttosto – come dire – maleducatamente. La terza è che nella pro-prietà del giornale arrivano amici nuovi, uno dei quali è – ok, avvocato, nientenomi – un importante imprenditore catanese coinvolto nel caso Sindona4 e unaltro un importante politico catanese coinvolto nell’assessorato all’agricoltura.Telegramma all’illustrissimo dottor Fava: «Comunichiamo con rincrescimento avossignoria illustrissima che il giornale ora ha un altro direttore». I matti, i ra-gazzi della redazione vogliamo dire, occupano il giornale. L’occupazione durauna settimana, durante la quale gli occupanti ricevono la solidarietà di alcuni ti-pografi, di una telefonista, di un guardiano notturno e di un ragazzino dell’Ansa5

(a pensarci, anche un giornalista ha telefonato, allora). Poi arriva il sindacato e,molto ragionevolmente, l’occupazione finisce.Senza Fava finisce anche, e alla svelta, il Giornale del Sud (perché non-leggerele stesse notizie su un giornale nuovo, se puoi già non-leggerle su quello vec-chio?). Ma Fava nel frattempo non s’è stato con le mani in mano. Ha raccolto unadecina dei “suoi” matti: «Si fa un giornale». Come, quando e se si farà non lo sa

24

Cosa Vostra

Page 26: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

La Sicilia e i siciliani

25

nessuno. Ma intanto si mette su una bella redazione, con le sue brave “letteraventidue”6 scassate.Chi è disposto a investire qualche centinaio di milioni su due “lettera ventidue”scassate, dieci matti fra i venti e i venticinque anni e uno di sessanta? Ovvia-mente, nessuno. […]A fine novembre, Pippo Fava arriva in redazione, schiaccia l’Esportazione nelportacenere e fa: «Ragazzi, si fa il giornale». «Quando?» «Con quali soldi?» «Iofaccio il pezzo sulla Procura!» «Come lo chiamiamo?» «Io ho un’idea per il pezzodi colore» «Ma i soldi…». La vigilia di Natale, le Roland7 sputano una cosa ret-tangolare con scritto su «I Siciliani». Anno uno, numero uno, i cavalieri di Cata-nia e la mafia, la donna e l’amore nel sud. […]Il giornale arriva in edicola alle nove di mattina. A mezzogiorno non ce n’è più (apiazza della Guardia, dicono, due fanno a cazzotti per l’ultima copia: ma one-stamente non ne abbiamo le prove). Si brinda nei bicchieri di plastica, e si pre-para il numero due; nel cassetto i mazzi di cambiali sembrano meno minacciosi.Ed è passato un anno. […] C’è un ragazzino, a Montepò, che ancora non sabene se andrà a fare il suo primo scippo o no. C’è una vecchia, in via della Con-cordia, che è rimasta fuori dall’ospedale perché non c’era posto. C’è una tizia, aviale Regione Siciliana, che costa ventimila lire ed ha quattordici anni. C’è unmanovale, alla zona industriale, che ci ha rimesso una mano e dicono che lacolpa è sua. C’è uno sbirro, in viale Giafaar, che ha una bambina a casa ma vadi pattuglia lo stesso. C’è una bambina, da qualche parte allo Zen8, che forse di-venterà una puttana e forse una donna felice. E c’è un’altra bambina, in un cor-tile pieno di sole, e ora Pippo Fava prende in braccio la bambina e la bambinaride. «Nonno, nonno, ora faccio l’attrice».«Qualche volta mi devi spiegare chi ce lo fa fare, perdìo. Tanto, lo sai come fini-sce una volta o l’altra: mezzo milione a un ragazzotto qualunque e quello tiaspetta sotto casa… Beh, te lo prendi un caffé? […]».Forse mezzo milione, forse di più: il tizio, con l’altro tizio e quello che dovevadare il segnale, era là ad aspettare e ha alzato la 7,659 e ha sparato. Professio-nale. Certo, in una villa di Catania s’è brindato, quella notte. Forse ha avuto iltempo di guardarlo negli occhi. Non pensiamo spaventato. Forse, impietosito.Sapendo benissimo che il tizio pagato – uscito forse da un miserabile quartiere,uno di quelli che lui non era riuscito a salvare – sparava anche contro se stesso,contro la propria eventuale speranza. Forse ha pensato che un giorno o l’altroquelli che venivano dopo di lui ci sarebbero riusciti a farli smettere di sparare, a…Ma forse non gliene hanno dato il tempo.

E questo è tutto. Ok, ringraziamo tutti quanti, grazie di cuore a tutti. Adesso dob-biamo ricominciare a lavorare, c’è ancora un sacco di lavoro da fare per i pros-simi dieci anni. Mica possiamo tirarci indietro con la scusa che è morto uno di noi.Se qualcuno vuole dare una mano ok, è il benvenuto, altrimenti facciamo da soli,tanto per cambiare.Va bene così, direttore?Elena Brancati, Cettina Centamore, Santo Cultrera, Claudio Fava, Agrippino Ga-

Page 27: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

gliano, Miki Gambino, Giovanni Iozzia, Rosario Lanza, Nanni Maione, RiccardoOrioles, Nello Pappalardo, Tiziana Pizzo, Giovanna Quasimodo, Antonio Roc-cuzzo, Fabio Tracuzzi, Lillo Venezia.

da “I Siciliani”, gennaio 1984

26

Cosa Vostra

1. una centoventiquattro … un’Esportazione: unritratto che evidenzia i connotati semplici di PippoFava: con la sua faccia dai tratti quasi pirateschi(saraceno), la sua automobile scassata (la 124 èun modello di auto familiare dell’epoca) e la siga-retta fra le labbra (le “Nazionali da Esportazione”sono una marca a basso prezzo).2. americani … missili: si fa riferimento alla deci-sione della NATO di installare dei missili nella basesiciliana di Comiso, per minacciare l’URSS.3. Ferlito: Alfio Ferlito, arrestato a Milano nel 1981e ucciso un anno dopo durante un trasferimentocarcerario per mano di una cosca rivale.4. caso Sindona: si fa qui riferimento alle com-plesse vicende del banchiere Michele Sindona, di

cui si parla ampiamente in questa antologia.5. Ansa: Agenzia Nazionale Stampa Associata; è laprincipale agenzia di stampa italiana.6. “lettera ventidue”: famoso modello portatile dimacchina da scrivere prodotto dalla Olivetti, dive-nuto simbolo del giornalismo “di strada”.7. Roland: è una marca di macchine per la stampa,quelle usate da “I Siciliani”.8. Montepò … Zen: sono tutti riferimenti topono-mastici a quartieri e strade popolari di Catania ePalermo.9. la 7,65: un modello di pistola, dove 7,65 è il ca-libro; si tratta di un’arma maneggevole, prodotta davarie case, spesso utilizzata da criminali non parti-colarmente esperti.

Page 28: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

1. S’è fatta l’Italia

L’incontro di Garibaldi con Vittorio Emanuele II a Teano

Page 29: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

Quadro storico 1860-1902

Nel 1861 si compie il percorso di unificazione che porta alla nascita del Regno d’Ita-

lia, in seguito alle prime due Guerre di indipendenza e agli esiti dei plebisciti dei terri-

tori che si staccano dall’antico Stato pontificio. A guidare il percorso di unificazione è

stato il Regno piemontese, i cui sovrani, i Savoia, saranno poi i regnanti sul nuovo Stato

italiano. L’Italia non è ancora del tutto unificata: Roma è ancora sottoposta al potere

temporale del papa e una parte significativa del Nord-Est rimane sotto il dominio del-

l’Impero austro-ungarico; Roma verrà conquistata dalle truppe italiane nel 1870 (di-

ventando presto la nuova capitale d’Italia, in luogo di Torino e di un breve passaggio

della sede a Firenze), mentre soltanto la Prima guerra mondiale (1915-18) condurrà al-

l’annessione del Trentino, dell’Alto Adige (o Sud Tirolo), del Friuli, della Venezia Giulia,

dell’Istria e della Dalmazia.

L’impatto che l’Unità d’Italia ebbe sulla struttura sociale del Meridione fu devastante.

Già all’epoca dello Stato borbonico l’abolizione del sistema feudale imposta da Napo-

leone non era stata rimpiazzata dalla presenza di uno Stato moderno; così, intorno alla

metà del XIX secolo si era costituito nei latifondi del Meridione un sistema di polizia pri-

vata, fatto di riscossori delle tasse o gabelle (detti appunto gabellotti) che fungevano da

tramite fra i contadini e i notabili, riscuotendo la parte del raccolto “dovuta” ai padroni

e taglieggiando una non piccola percentuale da trattenere per sé. L’impresa di Garibaldi,

anziché smantellare questo sistema lo rafforzò, inglobandolo nel neonato regno sabaudo,

il quale cominciò ad usare la “cosiddetta maffia” come strumento di governo locale.

Il rafforzamento di questo sistema di delega del controllo del territorio creò, so-

prattutto nell’area attorno a Palermo, una vera e propria industria della violenza che co-

minciava ad assumere una struttura sempre più organizzata e diffusa, che sfruttava i

proventi del florido mercato degli agrumi della Conca d’Oro. Il mercato delle arance e

dei limoni ha infatti due peculiarità: per prima cosa è un mercato molto fruttuoso nel

tardo Ottocento, epoca in cui le abitudini alimentari del Nord Europa si orientano verso

gli agrumi; d’altra parte le coltivazioni agrumicole sono sistemi molto delicati e basta il

minimo danno arrecato per mandare in fumo l’intero raccolto. Tale microcosmo rap-

presenta il perfetto terreno di coltura per la neonata industria della violenza che s’in-

carica di “proteggere” le preziose coltivazioni. La “cosiddetta maffia” dunque nasce

attorno a Palermo, ma naturalmente esporta prestissimo i suoi metodi violenti anche

in altri contesti rurali meno redditizi.

A questo punto i contadini vessati e disperati e alcuni intellettuali delusi dal tradi-

mento degli ideali del Risorgimento cominciarono a ribellarsi alla situazione; l’omicidio

di Emanuele Notarbartolo, con l’interminabile processo che ne seguì, è uno degli esempi

più chiari. Negli stessi anni di fine secolo dalla medesima cocente delusione storica na-

scono i Fasci siciliani: i braccianti a giornata (jurnatara) soffocati dalla crisi e gli intel-

lettuali delusi si costituiscono in associazioni spontanee che, unendo i delusi in “fasci”,

a centinaia iniziano a sorgere in tutta l’isola e reclamano maggiori diritti, mescolando

caoticamente l’ideologia marxista a una impetuosa devozione cattolica che sfocia in

istanze egalitarie. Nel biennio 1893-94, quando i Fasci siciliani erano divenuti una pro-

28

Cosa Vostra

Page 30: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

rompente realtà di massa che coinvolgeva centinaia di migliaia di persone, Francesco

Crispi, il primo presidente del consiglio siciliano della storia italiana, li represse vio-

lentemente con l’uso dell’esercito: tale repressione fu ancor più odiosa perché accom-

pagnata dalla sistematica manipolazione della verità attuata dai mezzi di informazione,

che inventarono di sana pianta inesistenti episodi di violenza da parte dei contadini al

fine di giustificare le carneficine scatenate dalle forze dell’ordine. Tutto ciò causò pro-

fonda sfiducia nei confronti delle istituzioni dello Stato italiano.

In questa situazione la mafia cominciò a mostrare la propria doppia natura: da una

parte i fucili dei gabellotti affiancarono le baionette dei carabinieri (come avvenne ad

esempio nella strage di Caltavuturo), dall’altra i vertici della mafia cercarono di com-

promettere i più eminenti personaggi dei Fasci, spingendoli ad affiliarsi alla società se-

greta mafiosa. Emblematico fu il caso di Bernardino Verro, leader del Fascio di Corleone,

che, dopo una lunga ed estenuante pressione, accettò di affiliarsi ai “Fratuzzi” corleo-

nesi, che promettevano di abbracciare la sua causa, mentre invece infiltrarono i loro

uomini in quello che era uno dei più vitali fasci della Sicilia occidentale.

Le condizioni di miseria in cui si trovava la gran parte della popolazione italiana fu-

rono, negli anni a cavallo tra i due secoli, alla base di un intenso fenomeno migratorio,

milioni di italiani, provenienti soprattutto dalle regioni più povere, abbandonarono il

Paese per emigrare verso le Americhe. Un fenomeno che non interessò dunque soltanto

la Sicilia, ma che anche qui si manifestò in maniera massiccia. Il clamoroso fallimento

dei Fasci e la condizione sempre più miserabile dei contadini, degli zolfatari, dei brac-

cianti a giornata e di molti intellettuali allo sbando fece sì che nei primi anni del Nove-

cento l’emigrazione dei siciliani in America (soprattutto verso il Nord, mentre gli italiani

di altre regioni andavano soprattutto verso il Sud) raggiungesse dimensioni enormi:

tra il 1900 e il 1913 oltre un milione di sici-

liani, quasi un terzo della popolazione del-

l’isola, si trasferirono al di là dell’oceano.

Ignoranti della lingua e della cultura locale,

sfruttati negli immensi cantieri delle me-

tropoli statunitensi, gli immigrati vennero

ammassati in quartieri ghetto, chiamati Lit-

tle Italy, nei quali mancavano le più ele-

mentari norme igieniche e qualsiasi tipo di

istruzione. In tale contesto nacque la Mano

nera, che sorse inizialmente come sem-

plice gestione del racket delle attività

commerciali di Little Italy newyorkese,

ma che presto divenne una solida orga-

nizzazione criminale che “proteggeva” e

vessava un popolo di disperati e che era

in grado di accumulare ingenti somme di

denaro, per poi reinvestirle in attività le-

cite, soprattutto edilizie. Era nata, a mi-

gliaia di chilometri dalla Sicilia, la mafia

urbana.

S’è fatta l’Italia

29

FascioNell’antica Roma i fasci erano un’arma forma-ta da bastoni di legno stretti fra loro tramite stri-sce di cuoio e completati da un’arma da taglio(spesso una scure) sporgente. In seguito, il fasciolittorio divenne a Roma il simbolo stesso del po-tere imperiale. In Italia, a partire dalla fine del

XIX secolo, il fascio fu assunto come emblema diforza che deriva dall’unione e dalla compattezza;oltre che dai Fasci siciliani questo simbolo fuadottato da molti altri gruppi rivoluzionari, edivenne infine famoso come emblema dei Fa-sci di combattimento fondati da Benito Mus-solini nel 1919, dando poi nome allo stesso mo-vimento e, in seguito, al regime.

Page 31: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

1.1 Garibaldi e i picciottiBaciamolemani, don Peppino

La mafia era nata nelle campagne siciliane già ai tempi della dominazione bor-bonica, molti anni prima che arrivasse Garibaldi con le sue Camicie rosse1, perriunire la più grande isola del Mediterraneo al Regno d’Italia. Garibaldi era unuomo-eroe, era spavaldo, retorico, vigoroso, mangiava pane e cipolla, andavaall’assalto con un grande cavallo bianco, una vecchia sciabola in pugno e unmantello rosso che gli svolazzava sulle spalle; era forse l’ultimo eroe romanticodella razza latina, e per un gioco bizzarro della natura era biondo, con gli occhiazzurri e probabilmente ingenuo: in Sicilia, dopo lo sbarco delle sue mille Cami-cie rosse, si vide venire incontro uomini con i mantelli neri, le barbe e gli occhineri, i fucili a due canne sulle spalle. Erano uomini tristi, silenziosi e astuti; inogni paese che Garibaldi conquistava, insieme alle migliaia di contadini, brac-cianti, infelici, che accorrevano a combattere per lui con le falci e le roncole2, eglisi trovava accanto quegli uomini tristi, con i mantelli neri ed il fucile a due canne.Gli giuravano fedeltà per il nuovo Stato italiano e gli chiedevano in cambio diproteggere la loro proprietà dalla rivoluzione, le loro case, i loro feudi.Garibaldi non aveva molto tempo per badare ai loro discorsi; gli portavano fucili,gli giuravano fedeltà e questo gli bastava poiché egli era soltanto un guerriero chedoveva vincere le sue battaglie il più rapidamente possibile. […] Non ebbe per-ciò alcun sospetto quando gli chiesero di inviare la truppa per domare a Bronteuna rivoluzione di cafoni che avevano invaso le terre dei padroni. […] Garibaldiordinò al suo luogotenente Nino Bixio, un genovese testardo e temerario, di ri-portare l’ordine a Bronte e Nino Bixio con cento garibaldini occupò il paese, cat-turò cinquanta cafoni in rivolta e li fece fucilare nella piazza del paese3. Igaribaldini erano tutti ragazzi di vent’anni, per la maggior parte studenti che ave-vano abbandonato le famiglie in ogni parte d’Italia per correre incontro a quellache sembrava la più poetica delle guerre: piangevano come ragazzi mentre fu-cilavano quegli uomini analfabeti, rozzi, miserabili, i quali si erano illusi che l’unitànazionale significasse finalmente giustizia sociale per tutto il popolo.Fu un massacro atroce voluto dalla mafia per difendere i privilegi dei potenti con-tro le rivendicazioni popolari, una pagina triste di cui Giuseppe Garibaldi forse nonsi accorse nemmeno, e che ad ogni buon conto la storia italiana ha cancellatodai suoi libri. Nelle antiche cronache si legge semplicemente che Garibaldi in Si-cilia, su segnalazione di alcuni «galantuomini», intervenne per ripristinare l’ordinee la legge laddove essi erano stati proditoriamente turbati. Per cento anni è statauna spiegazione sintomatica. Ci sono voluti centoventi anni per contestarla.

Giuseppe Fava, Mafia. Da Giuliano a Dalla Chiesa, 1984

30

Cosa Vostra

1. Camicie rosse: i volontari garibaldini vestivanotutti una camicia rossa come uniforme.2. le falci e le roncole: i contadini combattevanoutilizzando i propri strumenti da lavoro come armida taglio, meno adatte alla guerra dei fucili che por-

tavano con sé i mafiosi, perciò bene accetti.3. catturò ... del paese: precisamente, cinque ar-restati furono fucilati subito, gli altri incarcerati e inseguito giustiziati o morti di stenti mentre attende-vano di essere giudicati.

Page 32: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

Qualche anno fa, in occasione dei centocinquanta anni dell’unità d’Italia, ho os-servato incuriosito le molte cerimonie di commemorazione, sperando che,dietro le coltri della retorica che esaltavano gli aspetti positivi dell’unifica-zione, trapelassero anche le numerose contraddizioni che l’annessione delleregioni del Sud portò con sé. Ma la retorica in genere non aiuta a impostare unalucida analisi storica, e ancora oggi la posizione ufficiale non si discosta moltoda quella del mio sussidiario di quinta elementare che, oltre trent’anni fa, miproponeva questa versione dell’impresa dei Mille: Giuseppe Garibaldi, invittoeroe dei due mondi, arriva a Marsala, con soli mille uomini; d’incanto gli sifanno incontro dei “picciotti” coi quali lui affronta impavido l’esercito rego-lare borbonico. E naturalmente, come in tutte le fiabe, i bravi e buoni giovanisconfiggono i cattivi. Avevo dieci anni e mi sembrava di vederli questi bravipicciotti: piccoli, neri e sognanti. Ma non andò così.Per comprendere il significato che il termine picciotti assume nell’impresa deimille è importante innanzitutto capirne il significato nella lingua siciliana: ancoroggi infatti in siciliano picciotto non è un’indicazione anagrafica, come spessosi crede, ma gerarchica. Il picciotto non è un giovane, è un subalterno. È chiun-que esegua gli ordini del suo superiore senza fiatare, come un ragazzino. Ce lospiega Sciascia, col suo stile limpido e chiaro.

Quando, nelle rievocazioni dell’impresa di Garibaldi, si parla di «picciotti», la pa-rola non va intesa nel senso di una gioventù che spontaneamente corre sotto lebandiere garibaldine, a combattere contro la tirannide borbonica; ma nel sensodi una coscrizione, di un reclutamento, operato dalla classe borghese-mafiosae dagli ultimi baroni, tra i contadini del feudo. E del resto anche oggi, nel gergomafioso, col termine «picciotti» si indicano gli esecutori di ordini scellerati, i si-cari. […] Si capisce che non mancarono, alla grande avventura di Garibaldi in Si-cilia, volontari veri, consapevoli; ma le bande che venivano dalla campagnaobbedivano soltanto alla volontà dei capi, del tutto ignorando la causa per cui sicombatteva, le aspirazioni che si volevano realizzare. Le quali aspirazioni, si ri-ducevano in fondo a una sola: che la Sicilia diventasse una colonia agricola delNord commerciale e industriale. Il che, ovviamente, non dispiaceva alla classecommerciale e industriale del Nord: e da ciò una più accentuata complicità delloStato ita liano nell’affermazione e consolidamento della classe borghese-mafiosasiciliana.

Leonardo Sciascia, Storia della mafia, in “Storia illustrata”, Mondadori, aprile 1972

Nella lingua siciliana dell’Ottocento, il termine picciotto ha un significato an-cora più specifico: nel gergo del latifondo era sinonimo di gabellotto. In tuttoil regno borbonico c’era una struttura rigida che gestiva il controllo del terri-torio agricolo, una rete di sorveglianza molto consolidata che andava in sensogerarchico dal teorico possessore della terra, il barone, a coloro che erano in-

S’è fatta l’Italia

31

Page 33: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

caricati di riscuotere la gabella (i gabellotti, detti anche picciotti). Sotto i ga-bellotti poi si trovavano i loro diretti subalterni, ovvero i soprastanti e i campieri,che potevano maneggiare le armi, ma solo seguendo gli ordini dei picciotti. Al-l’ultimo gradino di questo complesso meccanismo gerarchico c’erano i mise-rabili che faticavano sulla terra, spesso arida e poco produttiva: i contadini. I gabellotti o picciotti erano gli unici che potessero conferire direttamente colbarone, i primi luogotenenti di un esercito non riconosciuto dal viceré bor-bonico, ma assai più efficiente di quello ufficiale, perché capace di controllarecapillarmente il territorio. Un simile esercito paramilitare estremamente ar-ticolato aveva il compito di sorvegliare uno sterminato numero di viddrani, cioèdi contadini che lavoravano la terra, che venivano tenuti disarmati e ignorantie che, coi più disparati sistemi dell’usura e della prevaricazione violenta, si ve-devano pian piano togliere tutto il raccolto. I picciotti erano dunque i luogo-tenenti armati dei baroni: lo stesso Cesare Abba, storico ufficiale di Garibaldili definisce come “montanari armati fino ai denti, con certe facce sgherre ecerti occhi che paiono bocche di fucile” e nota, non senza una certa preoccu-pazione, che “arrivano da ogni parte a cavallo, a piedi, a centinaia, una diavo-leria”. Sono stati loro ad insegnare a Garibaldi i sentieri sconosciuti persinoall’esercito borbonico; sono stati loro a garantire la presa di Palermo. Nel corso dell’impresa dei Mille, dunque, non siamo di fronte a gruppi di vo-

32

Cosa Vostra

L’antefatto dell’impresa dei Mille: Crispi, Corrao e i picciottiIl 26 luglio 1859, meno di un anno prima dello sbarco di Garibaldi a Marsala,Francesco Crispi sbarca in Sicilia in incognito, dopo aver preso accordi con iservizi segreti britannici a Londra e a Malta: il cospiratore si è fatto crescere ibaffi e porta occhiali scuri per non farsi riconoscere dalla polizia borbonica,da cui è ricercato. In Sicilia, Crispi incontra molti baroni, a cui porta le rassicu-razioni dei servizi segreti di Londra in merito alla spedizione che un anno dopoGaribaldi avrebbe guidato. In particolare incontra il barone Stefano Triolo cheavrebbe, insieme al fratello Giuseppe, raggiunto per primo Garibaldi a Mar-sala, portandogli un contingente di oltre cinquecento picciotti. Negli stessigiorni Crispi incontra molti malavitosi siciliani, ai quali insegna le tecniche ter-roristiche dinamitarde.Otto mesi dopo il viaggio di Crispi e un mese prima dell’arrivo di Garibaldi, nel-l’aprile 1860, Giovanni Corrao, un garibaldino palermitano, incontra i capicosca della zona di Palermo e organizza l’appoggio alla spedizione, dando unruolo organizzativo a ciascuna fra le famiglie dei picciotti: il capofamiglia Pie-tro Tondù si sarebbe occupato dei rifornimenti; Marinuzzi della cassa; La Bar-bera dell’arsenale; Sosano degli informatori; Rosario Salvo degli esploratori.Giovanni Corrao sarebbe stato assassinato in circostanze misteriose solo treanni dopo, portandosi per sempre nella tomba il segreto delle alleanze cheaveva stretto.

Page 34: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

S’è fatta l’Italia

33

lontari che si uniscono a una rivoluzione per ragioni ideali, ma a un efficientesistema paramilitare che promette il proprio appoggio a Garibaldi control’esercito regolare del vicerè Borbone. Tale appoggio ha un prezzo, ovvero lapromessa da parte di Garibaldi di non trasformare la conquista territoriale delMeridione in una rivoluzione sociale a vantaggio delle masse rurali: Garibaldideve garantire personalmente che i contadini continuino a pagare la gabellasenza ribellarsi.L’alleanza fra Garibaldi e i picciotti al fine di mantenere i contadini in condi-zione subalterna può sorprendere, perché Garibaldi è considerato un “sociali-sta” e per questo è piuttosto naturale che i mezzadri si aspettino da lui chesottragga la terra ai baroni per darla a loro. Ecco perché l’episodio di Bronte,che Fava ci ricorda ma che è stato cancellato dalla maggior parte delle crona-che ufficiali dell’epoca, diventa una vicenda chiave dell’intera impresa dei Mille:davanti a una rivolta contadina i picciotti misero alla prova il nuovo alleato,proponendogli di reprimere i rivoltosi a Bronte e dovunque avessero osato mi-nacciare un ordine sociale che non andava toccato. Oltre all’episodio di Bronte,reso celebre dalla trasposizione letteraria di Giovanni Verga nella novella Li-bertà, analoghi episodi di repressioni violente da parte dei garibaldini in Sicilianei confronti delle rivolte contadine avvennero ad Alcara Li Fusi, Trecastagni,Caronia, Francavilla. In tutte queste occasioni fu chiaro come l’arrivo di Gari-baldi non implicasse alcuna rivolta sociale.Con ogni probabilità Garibaldi pensava davvero di avere liberato la Sicilia ecredeva che, con l’annessione del Meridione al Regno d’Italia, quelle forma-zioni paramilitari sarebbero state assorbite all’interno dell’esercito ufficialepiemontese in modo tale da non essere più fedeli ai baroni, ma allo Stato ita-liano. Aveva però sottovalutato la coesione di quell’esercito parastatale e loaveva addirittura legittimato: aveva offerto supporto a picciotti, soprastanti ecampieri, li aveva persino sostituiti, nella difesa del privilegio baronale-lati-fondista, contro la disperazione degli uomini in rivolta. Di fatto, l’eroe dei due mondi aveva dato la possibilità ai baroni di dimostrarela loro assoluta invulnerabilità di fronte ai mutamenti politici e aveva infinecoagulato e ricompattato un esercito invisibile che continuerà a sopravvivere,sotto forma di brigantaggio o di bande armate incaricate di rimettere a postol’ordine locale voluto da un barone, nel corso dei primi decenni del neonatoRegno d’Italia. Per quanto possa apparire paradossale, Garibaldi aveva contri-buito a costruire uno Stato nello Stato: ovvero uno Stato non ufficiale ma coesoe capace di un controllo capillare sul territorio, che nasceva all’interno di unneonato Stato ufficiale, che invece era legittimo sul piano formale, ma moltodebole perché incapace di essere vicino al popolo. Quei contadini che si erano ribellati, che si erano illusi che con l’unità d’Italia

Page 35: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

l’ingiustizia sarebbe terminata, che avevano creduto che con l’arrivo di Gari-baldi la terra sarebbe stata di tutti, si piegarono, rassegnati ancora una volta aun destino che pareva ineluttabile. Da qui nasce quel solco di delusione chePippo Fava identificò come quel misto di dolore e paura che allontanò per sem-pre i siciliani dalla fiducia nello Stato italiano.

2.1 I Fasci siciliani e Crispi Jurnatara e prufessura

Durante il trentennio che intercorre tra la spedizione garibaldina e l’esperienzadei Fasci siciliani, i governi della destra e della sinistra storica manifestano versoil Meridione un atteggiamento contraddittorio e dagli esiti disastrosi: da unaparte, i politici che rappresentano il Sud Italia in parlamento sono quei baroniche vivono in uno stato di sostanziale connivenza con la corruzione dilagante,che li porta a usare la maffia come strumento di governo locale; dall’altra, igoverni nazionali, che accettano senza troppi scrupoli tale situazione, ognitanto, sull’onda di emergenze particolarmente eclatanti, si precipitano a varareleggi speciali al fine di risolvere singoli problemi. Le questioni chiave (corru-zione, criminalità, ignoranza) rimangono però irrisolte.La prima metà degli anni Novanta dell’Ottocento, anche per l’acuirsi dellacrisi economica, porta a maturazione tale processo e impone all’attenzione na-zionale la questione siciliana a causa di due eventi clamorosi: l’omicidio dell’exsindaco di Palermo e direttore del Banco di Sicilia Emanuele Notarbartolo, icui processi vennero celebrati fra Bologna, Milano e Firenze con grande coin-volgimento dell’opinione pubblica dell’intero paese, e i Fasci siciliani, la cuinascita e la cui violenta repressione sanciscono un ulteriore salto di qualità nelsodalizio fra forze dell’ordine nazionali ed esercito paramilitare costituito da“giardinieri”, campieri e gestori di gabelle.La parola Fasci, che verrà adottata un ventennio dopo da Mussolini con signifi-cato diverso, indica qui un movimento socialmente variegato che non segue letradizionali ideologie del partiti politici dell’epoca, ma che aggrega “in un solofascio” persone che si sentono accomunate da ideali simili e da bisogni affini. A partire dal 1891 iniziano a sorgere spontanei, nelle città e nei piccoli paesidell’isola, organizzazioni che si sono costituite spontaneamente su due anime:da una parte i prufessura (gli intellettuali delusi dalle modalità con cui la cosid-detta liberazione della Sicilia da parte dell’Italia si era trasformata in una bru-tale annessione), dall’altra gli jurnatara (i lavoratori della terra ingaggiati “a

34

Cosa Vostra

Page 36: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

S’è fatta l’Italia

35

giornata”), le masse proletarie sempre più affamate dai gabellotti e i minatori,ai quali la crisi aveva ridotto i già miseri salari e reso ancor più precarie le con-dizioni di vita. Tali movimenti, in origine, facevano della propria eterogeneacomposizione il punto di forza, perché capaci di innestare la recente ideologiasocialista su una genuina devozione cattolica di origine medievale. Lucida e ac-corata è la descrizione che di tale ideologia ci dà uno dei suoi più profondi in-terpreti, Napoleone Colajanni.

Né si dica che sono in errore i socialisti cattolici; perché la dottrina socialista –senza che con ciò s’intenda darle nuovo vigore – è conforme alla dottrina di Cri-sto (che minacciava il terribile: Vae divitibus!1), a tutti gl’insegnamenti dei primie più eminenti padri della Chiesa. Il socialismo integra il cristianesimo, per uncerto verso, in quanto che cerca dargli la sanzione terrestre. Possono, adunque,i prelati2 che lo combattono rendere dei servizî al governo e alle classi dirigenti,non parlare nel nome del loro Dio.

Napoleone Colajanni, I fatti di Sicilia e le loro cause

Emanuele NotarbartoloEmanuele Notarbartolo fu la prima vittima eccellente della mafia siciliana. Sin-daco di Palermo dal 1873 al 1876, fu direttore del Banco di Sicilia dal 1880 al1890, anno in cui fu destituito dalla carica perché si era rifiutato di avallare unaserie di spregiudicate operazioni finanziarie ordite da Raffaele Palizzolo per ar-ricchire i suoi clienti, fra i quali spiccavano molte famiglie mafiose di Palermo,di Villabate e di Caccamo. Il nemico giurato di Notarbartolo fu Raffaele Palizzolo, un uomo politico chepoteva vantare solidissime amicizie sia fra le più potenti famiglie mafiose siafra i più ricchi imprenditori siciliani, come i Florio e i Whitaker. Infatti, già nel 1872,un anno prima di essere eletto sindaco, Notarbartolo fu sequestrato vicinoCaccamo, un feudo elettorale di Palizzolo, e rilasciato dopo il pagamento diun grosso riscatto.L’1 febbraio 1893, proprio quando si accingeva a ridiventare direttore del Bancodi Sicilia, Notarbartolo venne ucciso in treno da due uomini che gli infersero 27coltellate e precipitarono il suo corpo giù dal convoglio, complici i controllori. Ini-zialmente Palizzolo riuscì a far passare l’omicidio per un atto di comune crimi-nalità, ma sei anni dopo, grazie alla tenacia di Leopoldo Notarbartolo, figliodella vittima, nel processo celebrato fra Milano e Bologna vennero condannatia trent’anni di reclusione ciascuno Raffaele Palizzolo, come mandante, e Giu-seppe Fontana, come esecutore. Subito dopo il processo, il giornale “L’Ora”, diproprietà degli imprenditori Florio, organizzò un’imponente campagna di ria-bilitazione di Palizzolo e Fontana che portò a una revisione del processo a Fi-renze, dove i due vennero assolti per insufficienza di prove.

1. vae divitibus: espressione tratta dal vangelo diLuca che in latino significa “Guai ai ricchi!”

2. prelati: alti funzionari della Chiesa cattolica; qui,in senso estensivo, si riferisce ai preti.

Page 37: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

Per i contemporanei non era semplice distinguere i confini fra i Fasci e la mafia:entrambe queste organizzazioni infatti si proponevano, almeno in teoria, di di-fendere i lavoratori dai soprusi. Le grandi masse dei lavoratori siciliani, so-stanzialmente prive di qualunque rapporto coi baroni, ricevevano le attenzionisia da parte dei sindacalisti, che sostenevano di prendere a cuore i loro diritti,sia da parte dei guardiani del feudo, che promettevano loro protezione in cam-bio di rispetto, umiltà e omertà. Mafiosi e socialisti dunque erano rivali naturali in questa lotta per conquistarela fiducia di un popolo di straccioni, ma non sempre si fecero la guerra: per unodei tanti paradossi che in Sicilia spesso rappresentano la norma, in molti paesiuna già efficiente organizzazione mafiosa, una volta resasi conto che la propa-ganda socialista aveva fatto tali proseliti da non potere più essere sconfitta mi-litarmente, scelse la strada ben più subdola dell’infiltrazione dall’interno.Molto significativo è il caso di Bernardino Verro, un socialista corleonese a capodel Fascio di Palermo, che venne avvicinato da loschi individui che gli offri-rono appoggio e denari in cambio dell’affiliazione a una società segreta di cuiprobabilmente lo stesso Verro ignorava la natura malavitosa, cioè i Fratuzzi diCorleone. Quando Verro si rese conto dell’errore era troppo tardi per poterviporre rimedio. La prova del fatto che i fasci nacquero spontaneamente dal basso sta nell’ana-lisi della strage di Caltavuturo, primo episodio di brutale repressione che nelgennaio 1893 segnò le premesse della militarizzazione voluta un anno dopo daFrancesco Crispi. Come ci raccontano Pirandello e ancora Colajanni, a Calta-vuturo non esisteva ancora un vero e proprio fascio, ma le forze dell’ordine, afianco dei campieri, spararono ad altezza d’uomo contro i contadini, senza nep-pure dare un preavviso. Non fu una classica azione militare, ma un vero e pro-prio agguato mafioso.

Una sola voce s’era levata nel Parlamento a porre avanti al Governo lo spet-tro sanguinoso di alcuni contadini massacrati in Sicilia, a Caltavutùro; ad agi-tare innanzi a tutti con fiera minaccia il pericolo, non si radicasse nel paese lacredenza perniciosa che si potessero impunemente colpire i miseri e salvare ibarattieri1 rifugiati a Montecitorio. Sì, aveva esposto la verità dei fatti quel de-putato siciliano: quei contadini di Sicilia, trovando nella rabbia per l’ingiustiziaaltrui il coraggio d’affermare con violenza un loro diritto, s’erano recati a zap-pare le terre demaniali2 usurpate dai maggiorenti3 del paese, amministratoriladri dei beni patrimoniali del Comune: intimoriti dall’intervento dei soldati, ave-vano sospeso il lavoro ed erano accorsi a reclamare al Municipio la divisionedi quelle terre; assente il capo, s’era affacciato al balcone un subalterno che,per allontanare il tumulto, li aveva consigliati di ritornar pure a zappare; ma pervia la folla aveva trovato il passo ingombro dalla milizia rinforzata; accennando

36

Cosa Vostra

Page 38: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

S’è fatta l’Italia

37

di voler resistere, s’era veduta prima assaltare alla bajonetta; poi, a fucilate, peravere agitato in aria le zappe a intimorir gli assalitori. Dodici, i morti; più di cin-quanta, i feriti: tra questi, alcuni bambini, uno dei quali crivellato da ben settebajonettate.

Luigi Pirandello, I vecchi e i giovani1. barattieri: sono coloro che hanno approfittatodel fatto di ricoprire una carica pubblica per arric-chirsi attraverso commerci illeciti e scambi di fa-vore; il termine è usato da Dante nella DivinaCommedia, dove colloca i barattieri nell’VIII cerchio

dell’Inferno. Pirandello si riferisce ai responsabilidello scandalo della Banca Romana.2. terre demaniali: terreni pubblici, che apparten-gono all’intera comunità.3. maggiorenti: persone in vista, ricchi.

A Caltavuturo non c’era Fascio, ma una semplice cooperativa di consumo invisaai galantuomini perché utile ai contadini: né c’era mai stata l’ombra della propa-ganda socialista. Sorse il Fascio all’indomani della strage come reazione controil governo e contro i suoi complici locali.

Napoleone Colajanni, I fatti di Sicilia e le loro cause

Il massacro di Caltavuturo e l’impunità dei suoi artefici fecero diventare i fasciancora più popolari in tutta la Sicilia e le proteste dilagarono per più di unanno. Nel maggio del 1894 Francesco Crispi fece arrestare e gettare in car-cere tutti i leader del movimento e pose l’isola sotto legge marziale e in statod’assedio. Proprio Crispi, primo presidente del consiglio siciliano della storiad’Italia, ignorò scientemente le sfumature del fenomeno e le cause profondedel disagio sociale che lo avevano generato, scegliendo di sopprimere la rivoltanel sangue, non senza l’aiuto o la connivenza di sgherri, ancora una volta re-clutati fra le milizie del parastato.Crispi, fin dall’impresa dei Mille, fu molto abile a fungere da intermediariofra i latifondisti e un modello di Stato conservatore ed autoritario; da giovaneCrispi aveva spianato la strada all’impresa di Garibaldi, mettendolo in contattocoi baroni, coi gabellotti e con gli alti comandi inglesi di Marsala, e allo stessomodo, da vecchio, tutelò gli stessi interessi baronali che erano minacciati dallarivolta sociale scatenata dai fasci. Negli ultimi mesi del 1893, quasi un anno dopo la strage di Caltavuturo, l’eser-cito italiano per ordine di Crispi venne inviato in massa in Sicilia: non solo mas-sacrò centinaia di contadini e intellettuali che in ogni angolo dell’isolacontinuavano a protestare, ma nel maggio del 1894 fece arrestare indiscrimi-natamente migliaia di persone sospette di aderire ai movimenti di insurrezione.L’atteggiamento del governo diventa ancora più grave se leggiamo alcune os-servazioni di Colajanni, che accusa l’esecutivo di avere manomesso persino i co-municati stampa che, per giustificare la violenza delle forze dell’ordine,ipotizzano dei gesti provocatori da parte dei contadini che però sistematica-mente non trovano riscontro nei fatti.

Page 39: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

38

Cosa Vostra

E adesso poche altre osservazioni. Come i telegrammi ufficiali mentirono neldare i particolari della dimostrazione cui attribuirono atti non commessi, così evi-dentemente mentirono nel dare alcune notizie che volevano lasciar compren-dere esservi stata da parte del popolo prima l’aggressione e poi la resistenza,fosse anche una larva1. Si parlò di un colpo di rivoltella tirata contro il maresciallodei carabinieri, ma il colpo fortunatamente non partì; e se partì, quantunque a bru-ciapelo2,... non ferì; si parlò di una coltellata contro un soldato, ma fortunata-mente la lama non arrivò alle carni; si parlò di sassi scagliati contro la truppa, mafortunatamente non un soldato venne colpito!... Troppa fortuna davvero! E poi,la rivoltella non fu trovata; i carabinieri sequestrarono solo un’accetta... senzapadrone.

Napoleone Colajanni, I fatti di Sicilia e le loro cause1. una larva: è il primo stadio dello sviluppo post-embrionale degli animali ovipari; qui nel senso me-

taforico di “un accenno”.2. a bruciapelo: a brevissima distanza.

L’America di Pippo FavaAmerica America è un’opera teatrale di Fava, rimasta inedita, scritta fra il 1966e il 1983. La trama si dipana fra la Sicilia delle rivolte dei Fasci e la prima emi-grazione negli Stati Uniti di fine Ottocento. I tre personaggi principali sono Ar-cangelo, un vecchio professore idealista ed ubriacone, Bastiano, un contadinomiserabile e pavido, e Orlando, un giovane forte e coraggioso. Coinvolti nellerivolte dei Fasci siciliani, i tre devono emigrare in America per sfuggire alle per-secuzioni del 1893. Ma oltreoceano cadono nella miseria e nell’emarginazionesociale. Solo un Vecchio elegante, legato alla Mano nera, li avvicina dandoloro del denaro e chiedendo in cambio fedeltà. I tre inizialmente rifiutano le of-ferte del Vecchio perché trovano ripugnanti le sue proposte e vogliono rima-nere liberi, seppure poveri. Nel frattempo Orlando si innamora di Helen, unagiovane irlandese bionda e solare, che balla in un modo che il giovane sici-liano non ha mai visto e che lo porta a innamorarsi della ragazza. Orlando rie-sce a essere ammesso a fatica e non senza diffidenza a una festa dei parentidell’amata; ma proprio lì, nel bel mezzo dei balli, una mano misteriosa appiccaun incendio che subito viene considerato dagli irlandesi opera degli odiati si-ciliani. Tutto fa credere che gli uomini del Vecchio abbiano di nascosto pro-vocato le fiamme per mettere zizzania fra Orlando e i suoi potenziali futuriparenti: la festa si trasforma in una serie di vendette che provocano una car-neficina, gli irlandesi invadono i tuguri dei siciliani scatenando la loro tremendarappresaglia. Davanti alla morte di Margaret, la sorellina di Helen, e di Arcan-gelo e Bastiano, Orlando è disperato: quella che doveva essere la sua festa difidanzamento si è trasformata nel massacro che lo ha lasciato solo per sempre.Questa volta le parole del Vecchio, che sbuca di nuovo dal nulla, fanno brec-cia nel cuore disperato di Orlando, che diventa un affiliato alla Mano nera; lasua iniziazione viene suggellata da un orribile omicidio che lui deve compiereuccidendo una prostituta siciliana che lavora al porto di New York e con laquale aveva stretto un tenero legame di amicizia.

Page 40: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

S’è fatta l’Italia

39

La delusione umana e politica scaturita dal fallimento dei fasci siciliani trova unamirabile trasposizione letteraria in un’opera teatrale che Fava scrisse ma chenon venne mai recitata in teatro: America America. Il dramma racconta unagrande epopea di pochi e ma ben caratterizzati personaggi che, in un continuocoro pensato da Fava come un musical, cantano tutti i più violenti e contrastantisentimenti di una generazione tradita. L’alto valore poetico di questa tragediaè sorprendente, se teniamo anche conto della puntuale e impeccabile rico-struzione storica degli eventi di fine Ottocento: i prodromi dei fasci, la re-pressione da parte di Crispi, la conseguente costrizione all’emigrazione inAmerica dei personaggi e la nascita della Mano nera.Fin dall’inizio i principali caratteri del dramma rappresentano le varie animedei fasci: Arcangelo è un intellettuale sognatore, ma disadattato e inconclu-dente; Bastiano è un povero contadino analfabeta, timoroso di tutto e terro-rizzato all’idea di ciò che può succedere ai propri figli se lui si ribella; infineOrlando, il cui nome rimanda all’epica medievale, rappresenta il siciliano forte,fiero e inizialmente inflessibile, che vede la sua indole naturale spezzata daeventi più grandi di lui.All’inizio dell’opera, si sparge la voce che una grande rivolta è stata organiz-zata per il 29 settembre, giorno di San Michele, nell’autunno del già citato1893. Il professore Arcangelo, con la sua retorica, arringa la folla; ma ci vienerappresentato come una macchietta di intellettuale ubriacone e frustrato, anchese denuncia soprusi sacrosanti.

BASTIANO — Hanno detto per il giorno di S. Michele, la prima domenica di au-tunno...ORLANDO — Verranno da tutte le terre della vallata... almeno ventimila contadinie braccianti... anche i vecchi, anche i ragazzi... hanno le falci, le roncole, almenocento fucili... Sono disperati ora mai... da quattro mesi non c’è più lavoro, il go-verno vuole raddop piare la tassa sul macinato... per non morire di fame la genteè costretta a lavorare per metà salario...BASTIANO — I padroni dicono; ti do mezza paga e mi dovresti baciare le maniperché ti faccio campare...ORLANDO — La gente è pazza di paura...(improvvisamente un gesto dì terribile collera di Arcangelo, che balza su un gra-dino vacillando un po’ come se fosse anche ubriaco)ARCANGELO — Meglio.., meglio così! Finalmente tutto accadrà...! (Bastiano cerca di placarlo con un gesto ma Arcangelo s’infuria di più, quasi conun grido)ARCANGELO — Maledetti... come si può sopportare tutta la vita... tutta la vita...? (e al cenno implorante di Bastiano, leva i pugni tremanti)ARCANGELO — E io non voglio fare silenzio... Tutta la vita in silenzio... l’umiliazionela prepotenza... e io ora voglio vederli morire, morire...

Page 41: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

40

Cosa Vostra

BASTIANO — Gridare non serve più a niente!ARCANGELO — Che ne sai tu? Sono anni che attendo, ogni giorno, ogni giorno ac-cumulando il mio odio. Aveste avuto solo metà del mio odio a quest’ora tutti i pa-droni sarebbero già morti...(barcolla, forse è davvero un po’ ubriaco, con la voce e con i gesti cerca di rap-presentare drammaticamente se stesso)ARCANGELO — Quarant’anni maestro privato per i figli dei padroni. Ogni giorno sul-l’attenti... un piatto di minestra a mezzo giorno, una pagnotta e un pezzo di lardola sera, trenta lire al mese... sempre sfottuto, deriso... Sissignore, nossignore...i signorini... i figli di puttana che mi sputavano sempre in faccia... Attento, oggi ilbaroncino è nervoso... attento, il signorino è incazzato... Un giorno gli ho datosolo un piccolo, rispettosissimo schiaffo e il barone mi ha fatto dare trenta ner-bate dai campieri...(cammina vacillando, su e giù per gli scalini continuando a mimare grottesca-mente)ARCANGELO — Io ho visto Ì braccianti dietro il portone del palazzo, in fila come gliasini, anche i vecchi, anche i ragazzi, ad aspettare lavoro. Passava il baronecome un padreterno.. tutti giù, rotti in due... Voscenza benedica... Non li guardavanemmeno, fa ceva solo un cenno ai campieri: prendetene venti, i più forti... diecitarì al giorno! E tutti a calare le corna, col berretto in mano... Com’è possibile vi-vere così senza essere soffocati dall’odio...? (gli manca il respiro, ma sembra che la sua collera abbia ancora più esaltato Or-lando)

Giuseppe Fava, da “Teatro, Volume II”, America, America

Prima che la rivolta di San Michele divampi sulla scena, Fava inserisce unabreve sezione corale che nella sua intenzione era destinata al canto e che dàvoce agli oppressi: i lavoratori delle miniere, quelli delle cave, i braccianti agri-coli prorompono col loro lamento, come in una cerimonia rituale. Fava ha resoin lingua italiana alcune suggestioni tratte dalle canzoni popolari siciliane cheerano state inventate dai miserabili per rendere meno duro un lavoro spesso di-sumano. Così, in una sorta di liturgia popolare che ricalca i suoni e motivi diun popolo oppresso, Fava è riuscito a trasformare in poesia quella strana me-scolanza di sacro e profano, di socialismo e cattolicesimo popolare, di devozionee furia rivoluzionaria che aveva animato i Fasci e illuso un’intera generazione.

CANTO DEI CONTADINI

Di questi cento grani di semente che ora buttiamo nel solco solo dieci faranno germogliare spigheper il pane che noi mangeremo il resto non ci appartiene...

Giuseppe Fava, da “Teatro, Volume II”, America, America

Page 42: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

S’è fatta l’Italia

41

L’esito della rivolta è un disastro. Gli insorti vengono dispersi e massacratidalle guardie che braccano i fuggitivi fino a notte fonda, sparando a vista sututti i sospettati. I rivoltosi, spavaldi e temerari fino a poche ore prima, cercanodi mimetizzarsi, si rintanano nelle case sperando di non essere riconosciuti, siricongiungono con le loro mogli nel cuore della notte. Ma molti di loro ven-gono strappati dal letto, trascinati al patibolo dalle guardie senza alcun pro-cesso. I tre protagonisti si nascondono all’ombra terrorizzati e incerti: sonoattraversati dal desiderio di ritornare nelle proprie case, ma sanno che non èpiù possibile, in quanto sono tutti ormai schedati. Infine, insieme concordanoche c’è una sola via di scampo per chi ha provato ad alzare la testa contro i pa-droni: l’America, il sogno di una terra vergine dove ricominciare tutto da capo,per costruire un mondo più giusto.

1.3 La mafia scopre l’AmericaIl sogno americano e la Mano nera

Il 14 marzo 1891 a New Orleans, nello stato della Louisiana, una folla di cit-tadini americani, quasi tutti di origine irlandese, linciò undici detenuti sicilianiche si trovavano in prigione perché accusati di avere ucciso un poliziotto, DavidHennesy, anch’egli di origine irlandese. La folla che compì il linciaggio, tral’altro avvenuto subito dopo che i detenuti erano stati dichiarati innocenti daigiudici, venne aizzata dal sindaco di New Orleans che incitava alla strage piùdi tremila persone, definendo gli italiani «gli individui più abietti, più pigri,più depravati, più violenti e più indegni che esistono al mondo, peggiori deinegri e più indesiderabili dei polacchi».All’epoca la presenza degli italiani negli Stati Uniti si limitava a poche comu-nità chiuse, timorose e terrorizzate all’idea di venire travolte dall’odio razzialedi quelli che credevano essere i nativi, cioè gli irlandesi e gli ebrei, e che invecenon erano altro che immigrati come loro; immigrati che però avevano con-quistato il mercato del crimine una settantina di anni prima e che non inten-devano dividere il privilegio coi nuovi arrivati. Fu in questo mondo ostile chei primi emigrati siciliani in America caddero preda dei connazionali delinquentiche già da qualche decennio facevano la spola fra le due sponde dell’oceano,portando in America gli apprezzati agrumi siciliani e i metodi estorsivi del-l’originaria mafia dei campieri di cui abbiamo parlato.Nel contesto di una simile pionieristica immigrazione di disperati si sviluppail seguito della trama dell’opera di Fava America, America: come abbiamo visto

Page 43: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

i tre personaggi principali della tragedia, in seguito al fallimento della rivoltadei Fasci nel giorno di San Michele del 29 settembre 1893, fuggono dalla Sici-lia e approdano fino alla città di New York, nella speranza di rifarsi una vita, diripartire da capo in un mondo nuovo; vogliono insomma, come tutti gli altri,abbracciare il sogno americano. Fin dalle prime battute, però, si trovano sca-raventati nell’immensa metropoli di New York, che li respinge e di cui non rie-scono a decifrare né la cultura né il linguaggio: la popolazione locale vive la loropresenza come un’invasione ostile e loro vagano fra l’accattonaggio e la dispe-razione. In questa situazione di grande sofferenza compare un Vecchio, che neldramma non ha altro nome che il suo appellativo anagrafico, il quale avvicinai tre con un atteggiamento disponibile e rassicurante, offrendo loro benesserein cambio di fedeltà.

VECCHIO — Le sole immondizie di questa città potrebbero far vivere la popola-zione di Palermo, Caltanissetta e Agrigento... (si volge adagio ai tre) Sono venutoper offrirvi di vivere... ARCANGELO — La cosa non è chiara!VECCHIO — Io vi posso offrire quello che nessun altro vi ha dato mai: un lavorosicuro, un buon salario chi vi permetterà di avere tutto quello che volete dallavita, una stanza calda e pulita per dormire, il buon cibo due volte al giorno, duesigari, un cappotto di lana, le scarpe, mezzo litro di vino la sera. (Orlando ha una risata che però è una ribellione)ORLANDO — E tu credi che un uomo voglia solo queste cose dalla vita?(il Vecchio lo guarda quasi con tenerezza)

42

Cosa Vostra

L’emigrazione italiana A partire dalla costituzione dell’Italia come Stato nazionale, il popolo italianoè stato, per oltre un secolo, un popolo di emigranti. I flussi migratori diretti versoil nostro Paese, invece, sono un fatto piuttosto recente.Nei primi dieci anni della storia dell’Italia unitaria, ovvero dal 1861 al 1870, l’emi-grazione è già un fenomeno massiccio, ma i rilevamenti venivano svolti inmodo sporadico dal governo nazionale. Dal 1870 al 1900 i flussi emigratori ri-guardano soprattutto le regioni settentrionali; dal 1900 al 1914 il fenomeno in-veste invece per lo più le regioni meridionali. L’emigrazione ebbe dimensioni davvero considerevoli, se la misuriamo nel-l’arco di un secolo: dal 1860 al 1960 si calcola che la metà di quella che erala popolazione italiana (circa 23 milioni di unità) sia emigrata all’estero. Lemete di questo esodo furono diverse: fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del No-vecento la migrazione si diresse soprattutto nelle Americhe. Dopo la Secondaguerra mondiale, invece, la migrazione riguardò per lo più i Paesi europei. Nes-sun altro paese europeo ha avuto un flusso costante di emigranti per un pe-riodo così lungo.

Page 44: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

S’è fatta l’Italia

43

VECCHIO — Per queste in Sicilia molti uomini sono disposti a uccidere. Anche voisareste capaci di uccidere persino i bambini... (con la punta del bastone toccalievemente Arcangelo) Tu Arcangelo... ti ho visto raccogliere dal marciapiede lecicche più schifose! Ti ho visto rubare il pane! Per comperarti due bicchieri divino ti ho visto stare dinnanzi alla porta dei ristoranti come uno straccio, a pulirele scarpe di quelli che entravano.. (gli si accosta sorridendo quasi con dolcezza)Ti ho visto chiedere l’elemosina! Una cosa buffa, non sapevi nemmeno come bi-sognasse dire… solo una bambina ti ha dato un cent! Ora stai lì a guardarmi, conquella cosa ridicola addosso, come un pagliaccio.(con la punta del bastone, sorridendo, ma con un gesto duro, gli svelle dallespalle quel cartellone, facendolo cadere a terra. Arcangelo resta immobile din-nanzi a quel sorriso, a quella punta di bastone contro al suo volto)VECCHIO — Arcangelo, quanti anni credi che ti restino ancora da vivere? Perchénon cerchi dì viverli da uomo? Gli ultimi… (muovendo dolcemente il bastone,scosta Bastiano per fissare bene in faccia Orlando) Oh sì, tu invece hai ancoramolti anni da vivere. A te non basta un buon salario, il cibo, un litro di vino, un pac-chetto di sigari la settimana, e nemmeno il vestito, le scarpe... Dimmelo tu, cosavuoi dalla vita? Spiegamelo bene…(Orlando fa un passo spavaldamente, scostando con un dito la punta di quel ba-stone)ORLANDO — Dimmi tu, invece, cosa vuoi in cambio!VECCHIO — La vostra amicizia, che significa naturalmente anche il vostro rispettoe la vostra fedeltà. Sempre!ORLANDO — Tu vuoi la nostra persona umana!VECCHIO — No, semplicemente riconoscere giusto quello che io faccio.ORLANDO — Sempre? VECCHIO — Sempre!ORLANDO — Allora vuoi ancora di più! La nostra libertà... (il vecchio ride. Cammina adagio attorno al fuoco, guardando sempre Orlando,e sempre con grande mitezza)VECCHIO — Non è vero che io mi prendo la tua libertà! Io ti lascio libero di cre-dere in Dio oppure rifiutarlo, di scegliere e amare la donna che vuoi, di tradirla,prenderne un’altra, abbandonarla… di avere quanti figli ti aggrada… leggere,ascoltare la musica che ti piace, commuoverti o ridere secondo la tua natura […]camminare, gridare, correre, cantare… e per giunta io ti garantisco la libertà ditutte queste cose, ti proteggo perché nessuno possa insultarti, ferirti, picchiarti,offenderti, privare della casa, del lavoro, del pane. Privare della dignità! In cam-bio ti chiedo solo una piccola, facile cosa: la fedeltà! Semplicemente! Sempre![…](tutti i quattro personaggi restano immobili come se quel grido fosse il terminedello scontro. Il vecchio sorride e sfiora Orlando con la punta del bastone, quasia significare che la sfida continua. Passando accanto al tavolo deposita lieve-mente un pugno di monete. Non si volge nemmeno a guardare Bastiano)VECCHIO — Sono cinquanta dollari. Mandali ai tuoi figli al paese. (passando din-nanzi ad Arcangelo gli sorride) Non chiedere mai più l’elemosina… Sei siciliano!

Page 45: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

Uno di quei dollari è tuo!(il vecchio è scomparso. I tre restano in silenzio, fissando quelle monete sul ta-volo)ORLANDO — Buttiamo via quel denaro (silenzio)ARCANGELO — Bruciamolo!(silenzio. Bastiano fissa gli altri con gli occhi spalancati, fa un sorriso sgomento)BASTIANO — Non si può bruciare… è d’argento. (silenzio. Bastiano fa due passiesitanti e con la punta del dito scosta una moneta dalle altre. Con un filo di vocead Arcangelo) Questo è il tuo dollaro.

Giuseppe Fava, da “Teatro, Volume II”, America, America

Per i miserabili che raggiungevano l’altra sponda dell’oceano, dunque, l’unicoaiuto e l’unica forma di protezione veniva fornita quasi sempre dai medesimi“picciotti” che i poveri disperati avevano lasciato in Sicilia. La società americanadell’epoca li respingeva e li avvicinava ai connazionali protettori. Tale situazionepeggiorò drasticamente quando l’emigrazione negli Stati Uniti divenne unesodo di immense proporzioni: nei primi dieci anni del Novecento circa unterzo della popolazione siciliana emigrò al di là dell’Oceano Atlantico.

È storia nota, ma bisogna pur ricordare che gli emigranti lasciavano il meridioned’Italia perché il «passaporto rosso»1 era l’unico regalo (si fa per dire) avuto dalpost-Risorgimento. I datori di lavoro americani facevano un grosso affare assi-curandosi mano d’opera italiana perché, con salari così bassi, non avrebberopotuto assoldare non dico un altro americano, bianco o nero, ma neppure un im-migrato d’altra origine. Quei salari miserevoli, ridicoli agli occhi dei boss ameri-cani erano tuttavia una ricchezza se rapportati alle possibilità di guadagno offerteai nostri poveri meridionali dai latifondisti o, peggio, dal «governo piemontese».Quasi mai viene ricordato che i nostri emigranti di fine secolo portavano in Ame-rica non soltanto la propria miseria, le proprie capacità di lavoro e i propri ricordi,ma anche — e forse soprattutto — spirito e leggi arretrati d’una società che tren-t’anni circa di amministrazione unitaria, controllata dal Nord, non avevano nécolto appieno né mutato in parte. Di questo spirito faceva parte la «mafia», nontanto come organizzazione quanto come implicito e atavico riconoscimento deldiritto «naturale» a esistere di una forza spontanea per la amministrazione della«giustizia» e del «potere» che nulla doveva aver a che fare con la giustizia e ilpotere governativi: cose remote oltre che sconosciute ai nostri popoli meridionali.[…] Non bisogna dimenticare, tra l’altro, che il governo italiano era ben lieto dipotersi liberare del maggior numero di bocche meridionali. Le autorità ufficiali, inparticolare, non chiedevano altro che agli emigranti si aggiungesse il maggiornumero possibile di delinquenti abituali e poiché era difficile rilasciare a costorodocumenti in regola si preferiva lasciar carta bianca al racket2.Le presenze delinquenziali tra gli emigranti non sarebbero mai bastate, tuttavia,

44

Cosa Vostra

Page 46: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

S’è fatta l’Italia

45

a dar corpo al bubbone3 della mafia se gli italiani, giunti in America, avesseroavuto la possibilità di integrarsi, come si dice oggi, in quella società. La colpadella mancata integrazione fu della società italiana non meno di quella ameri-cana. Dinanzi alla nuova emigrazione, gli americani temettero per le proprie isti-tuzioni e persino per la propria dignità. Accadeva questo; mentre l’industria el’economia si irrobustivano, mentre in reazione ai primi, pallidi tentativi socialistivenivano avviate le prime riforme sociali, d’oltreoceano arrivavano masse di brac-cia-lavoratrici che si potevano sfruttare all’osso ma che appartenevano a societànettamente più arretrate e la cui presenza, per le istituzioni, rappresentava piùun ingombro che un vero utile.Gianfranco Vené, I pionieri della onorata società, “Storia Illustrata”, Mondadori, novembre 19751. «passaporto rosso»: era il documento di espa-trio rilasciato dal Regno d’Italia agli emigranti.2. racket: espressione anglofona indicante l’estor-sione, il pizzo, ovvero la violenza esercitata nei

confronti di un’attività commerciale cui si pretendedi offrire protezione in cambio di un pagamento.3. dar corpo al bubbone: scatenare l’infezione.

È questa la descrizione che il giornalista Gianfranco Vené ci restituisce del-l’emigrazione degli italiani in America, a cavallo fra XIX e XX secolo. La massadi emigrati, proveniente per lo più dal Meridione, scatenò ben presto una vio-lenta reazione razzista da parte di numerosi politici statunitensi che si scaglia-vano contro i nuovi arrivati, accusandoli di portare la malavita, il degrado e lacorruzione. Accuse che crearono nell’opinione pubblica un clima ostile neiconfronti dei migranti, e tale ostilità spinse gli italiani d’oltreoceano a rin-chiudersi nei propri quartieri, dove era impossibile qualunque forma di inte-grazione sociale col resto della comunità americana. L’approccio politico miopeadottato da alcuni governanti americani nei confronti degli immigrati italianifu un elemento chiave che contribuì a determinare uno dei più gravi problemidi cui la società statunitense non è riuscita ancora a liberasi: la presenza dellamafia nel mondo degli affari.Relegare gli italiani in ghetti, lontano dai nuovi quartieri residenziali, apparivala soluzione più sbrigativa e fu pertanto la più praticata, in quanto immediata-mente redditizia sul piano elettorale: la nuova borghesia americana di iniziosecolo si accontentava di non vedere il degrado attorno alle proprie case, maaveva bisogno di braccia a buon mercato per portare avanti i grandi cantieriche resero ricca l’America. Tuttavia il risultato di tale strategia fu, a lungo an-dare, disastroso: milioni di esseri umani, abbandonati a se stessi, cercarono unaprotezione simile a quella che già avevano conosciuto in madrepatria per manodei campieri e dei gabellotti; con la differenza che adesso la posta in palio nonerano pochi e aridi campi o qualche misero capo di bestiame, adesso si trova-vano a costituire una grande massa umana sotto il controllo di pochi e spietatimalandrini nel cuore delle più ricche metropoli del mondo. E questi “protet-tori” disponevano di un potere immenso: possedevano la cieca fedeltà da partedi migliaia di disperati disposti a tutto pur di sfuggire alla fame.

Page 47: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

È fondamentale precisare che la Mano nera di cui ci parla Vené nel brano ap-pena letto non è ancora una vera e propria forma di mafia. Nel suo primo in-sorgere anzi essa somiglia molto di più alla camorra napoletana che alla mafiasiciliana. Infatti, la principale differenza fra mafia e camorra, come lo stessoFava ribadisce più volte nella sua opera, sta nel fatto che la camorra, nella sua

Sbarcati a New York e già preda delle finte agenzie di collocamento1 che ga-rantivano il minimo per sopravvivere purché i nuovi arrivati lavorassero senza li-miti di orario e molto al di sotto delle paghe correnti elargendo per di più latangente ai mediatori, gli emigrati si ammassavano nelle zone che gli americaniavevano abbandonato. Così nacque Little Italy2, nell’East Side3. In poco tempola densità della popolazione di questo quartiere fu superiore a quella di qualsiasighetto nel mondo. Reietti dagli americani, disperatamente ansiosi di non allen-tare i rapporti di parentela o quelli «tra compaesani», per lungo tempo incapacidi farsi capire, gli emigrati formarono una società disperatamente chiusa i cuiangusti confini davano loro un falso senso di sicurezza. All’inizio, il solo campod’azione per la delinquenza nostrana fu quello del ghetto chiuso e affollatissimodi Little Italy. La polizia aveva dichiarato anche ufficialmente forfait4: le stradeanguste, la densità della popolazione, la facilità di agguati e di fughe furono glialibi di una polizia che per anni e anni preferì farsi corrompere anziché interve-nire. Se le bande italiane avessero osato spingersi oltre i confini di Little Italyavrebbero avuto a che fare sia con la polizia sia con le bande rivali: all’interno diLittle Italy, viceversa, poterono agire indisturbate e organizzarsi.La recinzione più o meno volontaria degli italiani nell’infame ghetto di Little Italy[…] fu una componente essenziale nello sviluppo della mafia americana. Il «sen-timento mafioso», o meglio l’atavica5 consapevolezza di dover sottostare a unalegge estranea a quella dello stato e, quindi, di doversi assicurare una «prote-zione» per sopravvivere o vivere, non solo rimase intatto, ma si inasprì. Le bandedi delinquenti trovarono quindi con molta semplicità la via di una organizzazionesia pure primitiva.Nacque così la prima, embrionale, organizzazione mafiosa: la «Mano Nera». IIsistema era brutalmente semplice. Qualsiasi lavoratore veniva tassato dai «pro-tettori» della Mano Nera. Se non aveva beni né attività redditizia doveva pagarelo stesso. Al primo ritardo gli venivano spezzate le gambe o le braccia; al se-condo ritardo veniva ucciso, spesso nella maniera più feroce e teatrale. Denun-ciare le estorsioni alla polizia fu, fino a un certo tempo, del tutto inutile: poiché lapolizia non si occupava delle faccende interne di Little Italy, per il denunciante eramorte sicura.Gianfranco Vené, I pionieri della onorata società, “Storia Illustrata”, Mondadori, novembre 1975

46

Cosa Vostra

1. agenzie di collocamento: uffici a cui è asse-gnata la funzione di gestire il mercato del lavoro alivello locale.2. Little Italy: letteralmente “Piccola Italia”; è ilnome che hanno in tutte le metropoli nordameri-cane i quartieri abitati in prevalenza da immigrati diorigine italiana.

3. East Side: è la parte orientale di Manhattan,cuore di New York; Little Italy si trovava nella por-zione meridionale, il Lower East Side.4. aveva dichiarato … forfait: espressione che si-gnifica “gettare la spugna”, “abbandonare un’im-presa”.5. atavica: antichissima.

Page 48: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

S’è fatta l’Italia

47

origine, è un movimento che nasce dal basso e chenon può in nessun modo rinunciare neppure perpoco tempo alla sua base popolare: la camorra è unsistema illegale che nasce dalla mancanza di Stato,ma che non pretende di fondare un parastato; il ca-morrista ostenta addirittura spesso uno stile di vitaanarchico e sovversivo, sprezzante dell’autorità.La mafia invece, anche se nasce dalla medesima as-senza di uno Stato che dovrebbe garantire le leggima non lo fa a dovere, si costituisce ben prestocome società segreta, come Stato parallelo, do-tato delle proprie gerarchie e dei propri organi dipotere; ed è questo il motivo per cui la mafia, una volta divenuta forte,non ha più bisogno della popolarità presso le masse, ma solo del loro terrore,della loro omertà. La Mano nera fu dunque un atteggiamento malavitoso, prima ancora che unaben definita associazione centralizzata e non a caso nacque come una forma di“pizzo” gestita proprio dai napoletani di Little Italy che estorcevano denaro aipropri compaesani per garantire loro “protezione”. La stessa Mano nera tutta-via, in certi ambienti siciliani newyorkesi, cominciò a prevedere alcuni riti diiniziazione come la punciuta del dito e il santino che brucia; ma, almeno nellaprima fase, questo non provocò ancora la nascita di una vera e propria asso-ciazione segreta centralizzata. Come ci spiega ancora una volta Vené, il salto diqualità criminale che conduce la Mano nera a diventare Cosa Nostra è gene-rato dalla mediazione della politica.

Se la polizia in genere non si occupava dei delitti che perseguitavano i misera-bili italiani di Little Italy, i politici si occupavano eccome di fermare con qualsiasimezzo ideologie che potessero in qualche modo mettere in discussione quelleproprie del capitalismo americano. Abbiamo già detto, e ora è il caso di sottoli-nearlo, che nessun reale rapporto può essere scovato tra i fenomeni mafiosi el’istintivo o consapevole anarchismo di alcuni tra gli emigrati; ma la polizia diedeuna mano alla confusione. Fino a un certo punto, la polizia avrebbe potuto con-tinuare a dire che Little Italy non valeva la spesa di un’incursione. Non poté piùdirlo quando i «bravi cittadini» americani, non solo di New York, presero a pre-testo la delinquenza della «Mano Nera» e delle altre organizzazioni generatedallo spirito mafioso per indicare nei ghetti degli italiani le sentine anarchiche osocialiste. E fu allora che i gangsters provenienti dall’Italia si misero in allarme.Cominciarono col prendere in contropiede la polizia sollecitata dai politici ma-scherandosi nella maniera più ovvia. Adottarono nomi americani. Da questo mo-mento, dal momento in cui i gangsters uscirono da Little Italy con un nome

PunciutaRito di iniziazione in cui il nuovo mem-bro dell’associazione malavitosa viene pun-to sul dito medio della mano, mentre pro-nuncia una formula di rito; la mafia ha“copiato” questo rituale da quello che si sup-pone fosse praticato dalla setta dei Bea-ti Paoli, come descritto nel romanzo di Lui-gi Natoli (vedi Prologo).

Page 49: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

americanizzato e la buona intenzione di contribuire con la forza dei loro «protetti»all’elezione dei rappresentanti delle istituzioni americane, le presenze delin-quenziali tra gli emigrati diventarono davvero, la «mafia d’America».Gianfranco Vené, I pionieri della onorata società, “Storia Illustrata”, Mondadori, novembre 1975

I boss di Little Italy, che avevano fatto fortuna grazie all’estorsione ai danni deimiserabili, assumono nel secondo decennio del Novecento nomi italoameri-cani, che li rendono più familiari ai nativi, e si presentano all’opinione pubblicastatunitense come gli unici individui capaci di risolvere i problemi della sicu-rezza e i disordini legati alla diffusione di idee sovversive (anarchia e sociali-smo). Coi dollari che hanno accumulato e con la rete di conoscenze che ormaipossiedono, si lanciano alla conquista del nuovo mondo. È dunque solo conl’entrata in gioco della corruzione politica che la malavita siculo-americana as-sume caratteri molto simili a quell’intreccio di violenza, disperazione e para-stato nel quale erano maturati la mafia dei giardini e l’omicidio Notarbartolonella Palermo di tardo Ottocento. Si tratta ancora, nel secondo decennio delNovecento, solo di un embrione in territorio americano, ma possiede già tuttiquei caratteri che lo identificano come un’esperienza gemella a quel sodalizioche è nato in Sicilia. Perché tale embrione possa crescere e diventare un’importante componentedella storia americana e mondiale bisogna aspettare che entrino in gioco quelliche Fava chiama i “pensatori”, ovvero il livello del potere mafioso connesso al-l’imprenditoria. Infatti Pippo Fava sostiene che una struttura mafiosa completasi organizza sempre su tre livelli: gli uccisori (divisi in soldati semplici, ovverola microcriminalità, e generali, ovvero i boss), i pensatori (coloro che riesconoa convertire il crimine in denaro pulito, ovvero gli imprenditori) e infine i go-vernatori (che garantiscono la connivenza politica). Applicando tale schemaallo sviluppo della malavita siculo-americana possiamo dire che, dopo la nascitaall’interno di Little Italy del primo livello di microcriminalità (il degrado) e delgangsterismo, dopo la conversione degli estorsori in uomini attivi nella poli-tica statunitense (i già visti “pacificatori”), sarà appunto il livello degli affari arappresentare il definitivo fertilizzante della mafia, l’elemento capace di farlespiccare qual salto di qualità che essa non aveva ancora fatto, all’epoca, neppurein Sicilia.

48

Cosa Vostra

Page 50: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava
Page 51: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

U n ringraziamento speciale alla famiglia Fava per avermi incoraggiato e ap-poggiato nella pubblicazione di quest’antologia, e in particolare un grazie al

cuore splendido di Francesca Andreozzi, quella bambina che trent’anni fa invanoattese il nonno che sarebbe dovuto andare a vederla recitare in teatro e che non potémai raggiungere la sua nipotina perché i vertici di Cosa Nostra decisero di ucci-derlo

profonda riconoscenza per tutti i carusi de “I Siciliani”, per aver continuato l’operadel loro Direttore nonostante più di dieci anni di calunnie e di isolamento seguitialla sua morte

un ringraziamento a mio figlio Francesco, un adolescente sveglio e ribelle, che haletto questo libro quando era ancora un embrione e che mi ha fatto capire conquale linguaggio raccontare alle nuove generazioni l’indicibile della storia italiana

un ringraziamento anche per mio figlio Emanuele perché, bombardandomi quo-tidianamente coi suoi mille originalissimi perché, mi fa capire che nessuna veritàè davvero sensata se non può essere spiegata a un bambino di otto anni

un sincero riconoscimento per tutti quegli insegnanti che quotidianamente si pro-digano in classe per fare in modo che i propri alunni diventino dei cittadini con-sapevoli: spero che trovino in quest’antologia un utile supporto al loro lavoro e allaloro passione civile

un pensiero, infine, alla mia mamma perché, se non avesse custodito nella libre-ria di casa i fascicoli de “I Siciliani” quando io ero ancora solo un ragazzino, pro-babilmente avrei guardato il mondo con altri occhi e non avrei mai scritto questolibro.

253

Page 52: COSA VOSTRA - Autodafé Edizioni · 2017. 7. 12. · COSA VOSTRA Fabio Giallombardo Mafia e istituzioni in Italia Percorso storico e antologico attraverso l’opera di Pippo Fava

COSA VOSTRA

Fabio Giallombardo

Mafia e istituzioni in ItaliaPercorso storico e antologico

attraverso l’opera diPippo Fava

e gli scritti di altri autori

Un’antologia ragionata che ripercorre la lunga storia dei rapporti fra istitu-zioni italiane e mafia siciliana attraverso l’opera di Pippo Fava, le citazioni dialtre testimonianze e il filo narrativo e analitico tessuto dall’autore. Un per-corso che tocca le principali tappe della storia italiana facendo dialogare fraloro i brani citati e fornendo le conoscenze necessarie per una piena com-prensione degli eventi. Dalla demistificazione della retorica patriottica dell’impresa dei Mille di Gari-baldi alla violenta soppressione dei Fasci siciliani, dal banditismo di SalvatoreGiuliano all’assassinio di De Mauro, i grandi temi legati al rapporto tra mafiae istituzioni vengono letti a partire dalla poliedrica opera di Pippo Fava: ro-manzi e drammi, articoli di giornale e opere di saggistica; accanto, le voci diintellettuali e scrittori, magistrati e giornalisti che hanno analizzato a fondoil fenomeno. Un viaggio che precede la nascita di Pippo Fava e prosegue dopo la suamorte, grazie alla profondità profetica delle sue parole; partendo dalle quali,Fabio Giallombardo arriva a raccontare gli eventi dell’ultimo scorcio del No-vecento e a tracciare un identikit della mafia del terzo millennio.

L’antologia è pensata anche come supporto didattico per le scuole superioried è corredata di schede di approfondimento e di box esplicativi, oltre chedi un apparato di note ai brani. Un percorso che abbraccia 150 anni di sto-ria italiana e che affronta le principali questioni legate alla legalità: il rapportofra traffico di droga, Stato e riciclaggio del denaro; il rapporto fra malavita,politica ed emigrazione. Cosa Vostra, nelle intenzioni dell’autore, è un’opera che vuole strappare lamaschera a una serie di falsi miti e grossolani equivoci che ancora aleggianosulla storia della mafia, e lo vuol fare utilizzando l’acume e le profetiche pa-role di un martire che offrì la sua vita per amore della verità.

Fabio Giallombardo, nato a Padova nel 1973 da genitori siciliani, trascorre la suagiovinezza a Palermo, dove per 13 anni lavora come volontario coi bambini deiquartieri a rischio. Laureato in lettere, ha studiato a fondo il fenomeno mafioso sulpiano storico, antropologico e nei suoi rapporti con le istituzioni. Dal 2000 a oggiha lavorato nel mondo della scuola pubblica come insegnante, prima in Sicilia poinelle Marche. Oggi vive a San Benedetto del Tronto, dove insegna lettere al liceoclassico e dove svolge una serie di attività seminariali per docenti e per studentisull’educazione alla legalità.Con Autodafè ha pubblicato il romanzo La bicicletta volante, una trasposizioneletteraria degli anni delle stragi, col quale ha vinto il premio Ninni Cassarà 2015 edè stato finalista del premio Piersanti Mattarella 2016.

Prezzo al pubblico: 12,00 euro

Fa

bio

Gia

llom

ba

rd

oCosa Vostra