Acque di Pianura -...

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Acque di Pianura La pianura padana, o padano-veneta, più propriamente pianura padano-veneto-romagnola è una pianura alluvionale, una regione geografica unitaria dal punto di vista morfologico e idrografico, situata in Europa meridionale che si estende lungo l’Italia settentrionale, compresa principalmente entro il bacino idrografico del fiume Po, comprendendo parti delle regioni Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto ,orientativamente in un’area che non supera i cento metri di quota. Le Alpi, le Prealpi, i rilievi delle Langhe e del Monferrato delimitano la pianura padana lungo i versanti nord, ovest e sud-ovest, il versante meridionale è invece chiuso dalla catena degli Appennini mentre ad est è bagnata dal Mediterraneo nel suo settore più set- tentrionale, l’Adriatico. La pianura padana, la cui superficie è di circa 47 000 km², è bagnata, oltre che dal Po e dai suoi numerosi affluenti, anche da Adige, Brenta, Piave, Tagliamento, Reno e dai fiumi della Romagna nei loro bassi corsi dallo sbocco in pianura fino alla foce. Il fiume della pianura deriva da Padus, nome latino del Po. L’attività dei fiumi presenti è la principale causa della formazione dell’ambiente attuale di pianura alluvionale con significativi condizionamenti dovuti alle glaciazioni ed ai fenomeni di subsidenza. Il suo assetto contemporaneo è il risultato dell’azione di numerosi corsi d’acqua che hanno, in successivi tempi geologici e storici, asportato e apportato sedimenti fluviali al bacino marino costiero, soggetto a fenomeni di subsidenza, che occupava l’odierna pianura padana. In particolare la gran parte dei depositi superficiali affioranti è il prodotto dell’attività fluviale, successiva alla glaciazione Würm che si concluse circa 18mila anni fa. Lo scioglimento dei ghiacciai, liberando una gran quantità d’acqua in tempi geologicamente brevi ha comportato l’erosione dei grandi corpi morenici, edificati precedentemente dall’attività dei ghiacciai; i materiali erosi a monte o in prossimità dei depositi morenici deposti all’inizio delle vallate, furono deposti a valle. La pianura padana comprende due zone con differenti caratteristiche: l’alta e la bassa pianura. Gli aggettivi alta e bassa si riferiscono all’altitudine e non alla latitudine. Vi è una netta distinzione tra le due fasce, differenti non solo per l’altezza, ma anche per la natura dei terreni, il regime delle acque e la vegetazione. L’alta pianura, detta anche pianura asciutta, si stende ai piedi delle Prealpi e del pedemonte degli Appennini; il suolo è permeabile, composto da sabbie e ghiaie, e non riesce a trattenere l’acqua piovana. Perciò questa penetra per decine di metri sotto la superficie, fino ad incontrare uno strato di materiale impermeabile. Sulle rocce impermeabili l’acqua scorre fino al punto in cui ha la possibilità di riaffiorare dalla falda freatica, dando origine ai fontanili o risorgive. Tali sorgenti, grazie alla temperatura costante (compresa tra i 9 e i 12 °C) delle loro acque, hanno permesso la diffusione nelle aree interessate di particolari coltivazioni a prato chiamate marcite. In corrispondenza della linea delle risorgive inizia la bassa pianura, detta anche pianura irrigua. Questa ha invece suoli formati da materiali più fini, argille di solito, impermeabili o poco permeabili, dove le acque ristagnano originando facilmente paludi e acquitrini. Un tempo la pianura padana era ricoperta da foreste nella parte più umida (bassa pianura) e da brughiere in quella più arida (alta pianura). Fiume Po Il Po è un fiume dell’Italia settentrionale. La sua lunghezza, 652 km, lo rende il più lungo fiume interamente compreso nel territorio italiano, quello con il bacino più esteso (circa 71 000 km²) e anche quello con la massima portata alla foce, sia essa mi- nima (assoluta 270 m³/s), media (1 540 m³/s) o massima (13 000 m³/s). Ha origine in Piemonte, bagna cinque capoluoghi di provincia (nell’ordine Torino, Piacenza, Cremona, Ferrara e Rovigo) e segna per lunghi tratti il confine tra Lombardia ed Emilia-Romagna, nonché tra quest’ultima e il Veneto, prima di sfociare nel mare Adriatico in un vasto delta con 6 rami. Per la maggior parte del suo percorso il Po scorre in territorio pianeggiante, che da esso prende il nome (pianura o valle padana). In ragione della sua posizione geografica, della sua lunghezza, del suo bacino e degli eventi storici, sociali ed economici che intorno ad esso hanno avuto luogo dall’antichità fino ai giorni nostri, il Po è riconosciuto come il più importante corso fluviale italiano. Il fiume Po era geograficamente conosciuto già ai tempi della Grecia antica col nome di Eridanós (da cui il latino Eridanus e l’italiano letterario Eridano); in origine stava ad indicare un fiume mitico, indicato grossolanamente a sud della Scandinavia, e formatosi dopo l’ultima glaciazione europea. Per i celto-liguri, il vecchio Po fu invece chiamato Bodinkòs o Bodenkùs, da una radice indoeuropea che indica “scavare”, “render profondo”, la stessa radice da cui derivano i termini italiani “fossa” o “fossato”, indicando così tutta la depressione ge- ografica della zona fluviale padana. Quindi, l’antico nome latino Padus - da cui l’aggettivo padano - deriverebbe, secondo l’opinione più diffusa, dalla stessa radice di bodinkòs; secondo altri però, deriverebbe da un’altra parola celto-ligure, pades, indicante una resina prodotta da una qualità di pini selvatici particolarmente abbondante presso le sue sorgenti. Il Po attraversa con il suo corso gran parte dell’Italia settentrionale, da ovest verso est percorrendo tutta la Pianura Padana. Sulle sue rive abitano circa 16 milioni di persone e sono concentrate oltre un terzo delle industrie e della produzione agricola italiana, così come oltre la metà del patrimonio zootecnico. Ciò rende il Po e il suo bacino una zona nevralgica per l’intera economia italiana ed una delle aree europee con la più alta concentrazione di popolazione, industrie e attività commerciali. La sua sorgente si trova in Piemonte in provincia di Cuneo sulle Alpi Cozie e precisamente in Località Pian del Re (comune di Crissolo) ai piedi del Monviso (3.841 m), sotto un grosso masso riportante la targa che ne indica l’origine. Arricchendosi notevol- mente dell’apporto di altre innumerevoli sorgenti (non è errato affermare che “il Monviso stesso è la sorgente del Po”), prende a scorrere impetuoso nell’omonima valle. Complessivamente il Po attraversa (dalla sorgente alla foce) 13 province: Cuneo, Torino, Vercelli e Alessandria (regione Piemonte), Pavia, Lodi, Cremona e Mantova (regione Lombardia), Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Ferrara (regione Emilia-Roma- gna) e Rovigo (regione Veneto). Sono 183 i comuni rivieraschi (che toccano le sponde del fiume) appartenenti alle 13 province rivierasche del Po Il delta del Po, per la sua grande valenza ambientale, è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Il bacino idrografico del Po (ampio circa 71.000 km²) copre gran parte del versante meridionale delle Alpi e quello settentrionale dell’Appennino ligure e tosco-emiliano cosicché il regime del fiume è misto di tipo alpino (piene tardo-primaverili ed estive e secche invernali) ed appenninico (piene primaverili ed autunnali e secche estive), pur prevalendo in ogni caso il regime appenninico poiché, a dispetto dell’alimentazione estiva da parte dei ghiacciai alpini, le minime portate si riscontrano comunque nel corso dell’estate (solitamente in agosto), fenomeno accentuato negli ultimi decenni dalla progressiva riduzione dei ghiacciai alpini. Le piene del fiume, generalmente concentrate in autunno a causa delle piogge, sono abbastanza frequenti e possono essere anche imponenti e devastanti come avvenuto svariate volte nel secolo scorso. Per questo sono molto importanti gli argini e le golene. Piene e alluvioni La prima alluvione causata dal Po di cui si ha notizia certa risale al 204 a.C. secondo quanto riportato da Tito Livio. Da allora sono noti 138 eventi (una media di circa 1 piena straordinaria ogni 16 anni). Tra le più importanti si ricordano: 589 - Piena che porta alla modificazione sostanziale dell’idrografia della pianura Veneto-Padana. 1152 - Rotta di Ficarolo - Alluvione in Polesine con nascita del Po di Venezia. il Po rimase disalveato per circa 20 anni. 1330 - Alluvione del Polesine e del Mantovano. 10.000 deceduti. 1705 - Alluvione nel Modenese, Ferrarese e Mantovano con la morte di 15.000 persone. 1839 - Rotta a Bonizzo e conseguente alluvione del Mirandolano. Il paese di Noceto, tra Caselle Landi e San Rocco al Porto viene completamente distrutto dalle acque. Nel XX secolo le piene più importanti furono: maggio - giugno 1917 - Due ondate di piena coinvolgono il Po (25 maggio e 4 giugno). La seconda delle quali supera all’idrometro di Polesella il precedente valore massimo noto del 1872 (8,17 m, contro i 7,46 m del record precedente). Le acque del fiume rimasero sopra il livello di guardia per oltre 40 giorni. Ci furono rotte a Meleti, Castelnuovo Bocca d’Adda e Mortizza, nei pressi della confluenza con l’Adda. A Pontelagoscuro venne misurata una portata massima di 8.900 m3/s. novembre 1951 - Si tratta della peggiore alluvione del secolo. Il Po rompe a Occhiobello inondando 113.000 ettari di territorio e causando 89 morti. A Pontelagoscuro la portata massima toccò i 10.300 m3/s massimo storico dall’inizio delle mi- surazioni nel 1807. novembre 1994 - Forti e continue piogge interessano i tributari Piemontesi e Lombardi. Rotte e conseguenti alluvioni si ebbero a valle della confluenza dell’Orco e della Dora Baltea, colpendo in particolare Chivasso, Trino, Crescentino, Morano sul Po e, più a valle, a Ghiarole. 70 furono le vittime. A Pontelagoscuro la portata massima fu di 8.700 m3/s. ottobre 2000 - Si tratta della seconda piena più importante, a livello di portata massima, del XX secolo: a Pontelagoscuro si registrò infatti un picco di 9.600 m3/s, mentre a Ponte Becca la portata fu di ben 13.220 m3/s[11]. Alluvioni si registrano in Piemonte, Lombardia e Emilia Romagna.Vi furono 23 vittime, 11 dispersi e 40.000 sfollati. Fiume Secchia La Secchia (ma spesso anche al maschile sottintendendo “il fiume”, al Sècia in dialetto reggiano) è un importante fiume dell’Italia settentrionale che scorre per gran parte in Emilia-Romagna e, nel tratto finale, in Lombardia. È per lunghezza (172 km), bacino e portata media (42 m³/s), il principale affluente di destra del Po dopo il Tanaro. Il suo bacino (ampio 2.292 km²) è curiosamente identico come estensione, a quello del Panaro. Nasce dall’Alpe di Succiso sull’Appennino tosco-emiliano nel comune di Collagna in provincia di Reggio Emilia. La sua sorgente è situata in una conca fra montagne di altezza comprese fra i 1700 ed i 2100 m s.l.m. ad un’altitudine di 1450 m s.l.m. Un sentiero di media difficoltà la collega al passo del Cerreto. Il luogo si presenta come un anfiteatro naturale de- limitato da aspre montagne arenariche fra le quali si trova una piccola piana ricoperta di un folto manto erboso ed è attraversato da numerosi ruscelli che formano il primo tratto del fiume. Ai bordi di questa piana circolare si trovano boschi di faggio popolati da cinghiali, lupi, caprioli, volpi e daini. Poco più a valle riceve dal lato idrografico destro parte delle acque superficiali del Monte Cusna, tramite il torrente Ozola e Secchiello, la restante parte viene raccolta dal torrente Lama, affluente del Dolo. A partire dalla confluenza dei torrenti Dolo e Dragone (che avviene nei pressi di Cerredolo), inizia a delimitare i confini tra le province di Reggio Emilia e Modena. Nel comune di Castellarano passa per la stretta del Pescale, raggiunge la Pianura Pa- dana nei pressi di Sassuolo, raccoglie il Tresinaro nei pressi di Rubiera, quindi entra in provincia di Modena, attraversa le casse di espansione e sfiora la zona ovest della città di Modena. Il corso del fiume nel tratto appenninico ha un andamento da sud ovest a nord est, come la maggior parte degli affluenti di destra del Po. Dopo Modena rallenta scorrendo sinuoso lungo un alveo incassato da stretti argini bagnando il comune di Concordia sulla Secchia ed entrando poi, nella parte terminale del suo corso, in Lombardia. Qui bagna Quistello andando poi a confluire nel Po poco a sud di Mantova in località Mirasole di San Benedetto Po, nei pressi della foce del Mincio. Da Quistello verso la foce gli argini sono più distanti ed i meandri vengono utilizzati come aree golenali. Il corso a nord della via Emilia subì molte varia- zioni: si ritiene che in epoca romana scorresse più ad ovest di oggi fino a Cavezzo, poi deviava bruscamente ad est ed entrava nel Po a Bondeno. Con lavori protrattisi dal 1288 al 1360 fu costretto nell’attuale alveo, attraverso un accordo fra le città di Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova e Ferrara che diedero, in virtù di questa alleanza, il nome al paese di Concordia situato appunto sul Secchia. Probabilmente la deviazione del corso inferiore fino a Mirasole fu completata nel 1336 per consentire la bonifica della zona di San Benedetto Po. Il Fiume anticamente piegava verso Est a San Possidonio scorrendo fra Quarantoli, Gavello e Burana dove si gettava nel Fiume Bondeno (ramo del Po oggi non più esistente) e da questo nel ramo principale del Po. Nel periodo e nei territori del Ducato di Modena, seguendo la filosofia enunciata negli Statuti delle Acque della Comunità di Modena, vennero eseguiti molteplici lavori per modificare l’asta del corso inferiore del Secchia. Fondamentalmente erano in- terventi di tagli (drizzagni) dei meandri con lo scopo di limitare l’erosione degli stessi e preservare le terre golenali (saldini). Come tutti i corsi d’acqua appenninici il Secchia alterna fortissime magre estive a imponenti piene primaverili e soprattutto autunnali. La Cassa di Espansione del fiume Secchia La Riserva Naturale Orientata della cassa di espansione del fiume Secchia è situata poco a nord della via Emilia, tra le provincie di Modena e Reggio Emilia ,e tutela un’ampia zona umida dell’estensione di 260 ha , è derivata da un’importante opera idraulica per la mitigazione delle piene del Secchia e le fasce di bosco golenale che si sviluppano ai lati del fiume. Istituita nel 1996 con delibera del Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna è stata prima affidata all’omonimo Consorzio di Gestione e successivamente, alla fine del 2011, affidata all’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità – Emilia Centrale. La sede è situata a Rubiera (RE) all’interno della cinquecentesca Corte Ospitale che conserva ancora molti caratteri architettonici originali. Realizzata per regolare le piene del fiume, la Cassa d’Espansione del Secchia ha acquisito ben presto valenze naturalistiche di grande interesse. Per le sue caratteristiche l’area richiama un’abbondante avifauna legata agli ambienti acquatici e rappre- senta un ideale luogo di sosta durante gli spostamenti migratori. Oltre agli uccelli vi sono numerosi interessi faunistici legati a mammiferi, rettili, anfibi e pesci. Di notevole interesse vi sono infine gli ambienti acquatici e boschivi La Cassa di Espansione del Cavo Tresinaro Costruita per invasare le acque piovane e limitare le piene del Cavo Tresinaro, la cassa d’espansione di Ca’ de Frati si estende per un 1 milione di mq e può contenere 2,5 milioni di mc di acqua garantendo la sicurezza idraulica ad un territorio forte- mente antropizzato di oltre 11.000 Ha. Il manufatto fu ultimato nel dicembre del ’96 e collaudato con successo in occasione di una pericolosa piena del Cavo Tresinaro che si verificò pochi giorni dopo la fine dei lavori. Dal punto di vista idraulico l’acqua in ingresso nella cassa è controllata dal manufatto di invaso, un sistema di paratoie poste sul Cavo Tresinaro, mentre l’acqua in uscita è controllata dal sistema di svaso che ne regola il deflusso nel Cavo Fossatella. La cassa d’espansione non è solo un’opera idraulica, ma rappresenta anche una grande occasione di riqualificazione ambientale del territorio; nella depressione di Ca’ de Frati è infatti presente un sistema di canali disposti a serpentina che consentono la fitodepurazione delle acque ed è ormai completamente ripristinato l’ambiente naturale della pianura (alternanza di zone umide, prati, macchie e radure) presente prima delle opere di bonifica. Cavo Lama Il Cavo Lama è il risultato dei rimaneggiamenti apportati nel corso dei secoli e in particolare nei primi anni del novecento ad un corso d’acqua di origine naturale denominato Lama-Papaccina, documentato nelle mappe antecedenti all’anno 1000, che scorreva dall’alta pianura fra Modena e Reggio fino alla confluenza con il Secchia.Il Cavo Lama si suddivide in due tratti denominati rispettivamente Lama Alta e Lama Bassa. La Lama Alta si sviluppa dall’origine, nel comune di Rubiera, fino all’impianto idrovoro di Pratazzola e la sua funzione è quella di scolo e di drenaggio delle acque. La Lama Bassa ovvero il tratto dall’impianto di Pratazzola fino alla confluenza con il Secchia ha una duplice funzione: in autunno-inverno funge da canale di scolo, in primavera-estate è invece utilizzato per l’irrigazione.

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Acque di Pianura

La pianura padana, o padano-veneta, più propriamente pianura padano-veneto-romagnola è una pianura alluvionale, una regione geografica unitaria dal punto di vista morfologico e idrografico, situata in Europa meridionale che si estende lungo l’Italia settentrionale, compresa principalmente entro il bacino idrografico del fiume Po, comprendendo parti delle regioni Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto ,orientativamente in un’area che non supera i cento metri di quota. Le Alpi, le Prealpi, i rilievi delle Langhe e del Monferrato delimitano la pianura padana lungo i versanti nord, ovest e sud-ovest, il versante meridionale è invece chiuso dalla catena degli Appennini mentre ad est è bagnata dal Mediterraneo nel suo settore più set-tentrionale, l’Adriatico. La pianura padana, la cui superficie è di circa 47 000 km², è bagnata, oltre che dal Po e dai suoi numerosi affluenti, anche da Adige, Brenta, Piave, Tagliamento, Reno e dai fiumi della Romagna nei loro bassi corsi dallo sbocco in pianura fino alla foce. Il fiume della pianura deriva da Padus, nome latino del Po. L’attività dei fiumi presenti è la principale causa della formazione dell’ambiente attuale di pianura alluvionale con significativi condizionamenti dovuti alle glaciazioni ed ai fenomeni di subsidenza. Il suo assetto contemporaneo è il risultato dell’azione di numerosi corsi d’acqua che hanno, in successivi tempi geologici e storici, asportato e apportato sedimenti fluviali al bacino marino costiero, soggetto a fenomeni di subsidenza, che occupava l’odierna pianura padana. In particolare la gran parte dei depositi superficiali affioranti è il prodotto dell’attività fluviale, successiva alla glaciazione Würm che si concluse circa 18mila anni fa. Lo scioglimento dei ghiacciai, liberando una gran quantità d’acqua in tempi geologicamente brevi ha comportato l’erosione dei grandi corpi morenici, edificati precedentemente dall’attività dei ghiacciai; i materiali erosi a monte o in prossimità dei depositi morenici deposti all’inizio delle vallate, furono deposti a valle.La pianura padana comprende due zone con differenti caratteristiche: l’alta e la bassa pianura. Gli aggettivi alta e bassa si riferiscono all’altitudine e non alla latitudine.Vi è una netta distinzione tra le due fasce, differenti non solo per l’altezza, ma anche per la natura dei terreni, il regime delle acque e la vegetazione. L’alta pianura, detta anche pianura asciutta, si stende ai piedi delle Prealpi e del pedemonte degli Appennini; il suolo è permeabile, composto da sabbie e ghiaie, e non riesce a trattenere l’acqua piovana. Perciò questa penetra per decine di metri sotto la superficie, fino ad incontrare uno strato di materiale impermeabile. Sulle rocce impermeabili l’acqua scorre fino al punto in cui ha la possibilità di riaffiorare dalla falda freatica, dando origine ai fontanili o risorgive. Tali sorgenti, grazie alla temperatura costante (compresa tra i 9 e i 12 °C) delle loro acque, hanno permesso la diffusione nelle aree interessate di particolari coltivazioni a prato chiamate marcite.In corrispondenza della linea delle risorgive inizia la bassa pianura, detta anche pianura irrigua. Questa ha invece suoli formati da materiali più fini, argille di solito, impermeabili o poco permeabili, dove le acque ristagnano originando facilmente paludi e acquitrini.Un tempo la pianura padana era ricoperta da foreste nella parte più umida (bassa pianura) e da brughiere in quella più arida (alta pianura).

Fiume Po

Il Po è un fiume dell’Italia settentrionale. La sua lunghezza, 652 km, lo rende il più lungo fiume interamente compreso nel territorio italiano, quello con il bacino più esteso (circa 71 000 km²) e anche quello con la massima portata alla foce, sia essa mi-nima (assoluta 270 m³/s), media (1 540 m³/s) o massima (13 000 m³/s).Ha origine in Piemonte, bagna cinque capoluoghi di provincia (nell’ordine Torino, Piacenza, Cremona, Ferrara e Rovigo) e segna per lunghi tratti il confine tra Lombardia ed Emilia-Romagna, nonché tra quest’ultima e il Veneto, prima di sfociare nel mare Adriatico in un vasto delta con 6 rami. Per la maggior parte del suo percorso il Po scorre in territorio pianeggiante, che da esso prende il nome (pianura o valle padana). In ragione della sua posizione geografica, della sua lunghezza, del suo bacino e degli eventi storici, sociali ed economici che intorno ad esso hanno avuto luogo dall’antichità fino ai giorni nostri, il Po è riconosciuto come il più importante corso fluviale italiano.Il fiume Po era geograficamente conosciuto già ai tempi della Grecia antica col nome di Eridanós (da cui il latino Eridanus e l’italiano letterario Eridano); in origine stava ad indicare un fiume mitico, indicato grossolanamente a sud della Scandinavia, e formatosi dopo l’ultima glaciazione europea. Per i celto-liguri, il vecchio Po fu invece chiamato Bodinkòs o Bodenkùs, da una radice indoeuropea che indica “scavare”, “render profondo”, la stessa radice da cui derivano i termini italiani “fossa” o “fossato”, indicando così tutta la depressione ge-ografica della zona fluviale padana. Quindi, l’antico nome latino Padus - da cui l’aggettivo padano - deriverebbe, secondo l’opinione più diffusa, dalla stessa radice di bodinkòs; secondo altri però, deriverebbe da un’altra parola celto-ligure, pades, indicante una resina prodotta da una qualità di pini selvatici particolarmente abbondante presso le sue sorgenti.Il Po attraversa con il suo corso gran parte dell’Italia settentrionale, da ovest verso est percorrendo tutta la Pianura Padana. Sulle sue rive abitano circa 16 milioni di persone e sono concentrate oltre un terzo delle industrie e della produzione agricola italiana, così come oltre la metà del patrimonio zootecnico. Ciò rende il Po e il suo bacino una zona nevralgica per l’intera economia italiana ed una delle aree europee con la più alta concentrazione di popolazione, industrie e attività commerciali. La sua sorgente si trova in Piemonte in provincia di Cuneo sulle Alpi Cozie e precisamente in Località Pian del Re (comune di Crissolo) ai piedi del Monviso (3.841 m), sotto un grosso masso riportante la targa che ne indica l’origine. Arricchendosi notevol-mente dell’apporto di altre innumerevoli sorgenti (non è errato affermare che “il Monviso stesso è la sorgente del Po”), prende a scorrere impetuoso nell’omonima valle.Complessivamente il Po attraversa (dalla sorgente alla foce) 13 province: Cuneo, Torino, Vercelli e Alessandria (regione Piemonte), Pavia, Lodi, Cremona e Mantova (regione Lombardia), Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Ferrara (regione Emilia-Roma-gna) e Rovigo (regione Veneto). Sono 183 i comuni rivieraschi (che toccano le sponde del fiume) appartenenti alle 13 province rivierasche del PoIl delta del Po, per la sua grande valenza ambientale, è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.Il bacino idrografico del Po (ampio circa 71.000 km²) copre gran parte del versante meridionale delle Alpi e quello settentrionale dell’Appennino ligure e tosco-emiliano cosicché il regime del fiume è misto di tipo alpino (piene tardo-primaverili ed estive e secche invernali) ed appenninico (piene primaverili ed autunnali e secche estive), pur prevalendo in ogni caso il regime appenninico poiché, a dispetto dell’alimentazione estiva da parte dei ghiacciai alpini, le minime portate si riscontrano comunque nel corso dell’estate (solitamente in agosto), fenomeno accentuato negli ultimi decenni dalla progressiva riduzione dei ghiacciai alpini. Le piene del fiume, generalmente concentrate in autunno a causa delle piogge, sono abbastanza frequenti e possono essere anche imponenti e devastanti come avvenuto svariate volte nel secolo scorso. Per questo sono molto importanti gli argini e le golene.

Piene e alluvioni

La prima alluvione causata dal Po di cui si ha notizia certa risale al 204 a.C. secondo quanto riportato da Tito Livio. Da allora sono noti 138 eventi (una media di circa 1 piena straordinaria ogni 16 anni). Tra le più importanti si ricordano:

•589 - Piena che porta alla modificazione sostanziale dell’idrografia della pianura Veneto-Padana.•1152 - Rotta di Ficarolo - Alluvione in Polesine con nascita del Po di Venezia. il Po rimase disalveato per circa 20 anni.•1330 - Alluvione del Polesine e del Mantovano. 10.000 deceduti.•1705 - Alluvione nel Modenese, Ferrarese e Mantovano con la morte di 15.000 persone.•1839 - Rotta a Bonizzo e conseguente alluvione del Mirandolano. Il paese di Noceto, tra Caselle Landi e San Rocco al Porto viene completamente distrutto dalle acque.

Nel XX secolo le piene più importanti furono:

•maggio - giugno 1917 - Due ondate di piena coinvolgono il Po (25 maggio e 4 giugno). La seconda delle quali supera all’idrometro di Polesella il precedente valore massimo noto del 1872 (8,17 m, contro i 7,46 m del record precedente). Le acque del fiume rimasero sopra il livello di guardia per oltre 40 giorni. Ci furono rotte a Meleti, Castelnuovo Bocca d’Adda e Mortizza, nei pressi della confluenza con l’Adda. A Pontelagoscuro venne misurata una portata massima di 8.900 m3/s.

•novembre 1951 - Si tratta della peggiore alluvione del secolo. Il Po rompe a Occhiobello inondando 113.000 ettari di territorio e causando 89 morti. A Pontelagoscuro la portata massima toccò i 10.300 m3/s massimo storico dall’inizio delle mi-surazioni nel 1807.

•novembre 1994 - Forti e continue piogge interessano i tributari Piemontesi e Lombardi. Rotte e conseguenti alluvioni si ebbero a valle della confluenza dell’Orco e della Dora Baltea, colpendo in particolare Chivasso, Trino, Crescentino, Morano sul Po e, più a valle, a Ghiarole. 70 furono le vittime. A Pontelagoscuro la portata massima fu di 8.700 m3/s.

•ottobre 2000 - Si tratta della seconda piena più importante, a livello di portata massima, del XX secolo: a Pontelagoscuro si registrò infatti un picco di 9.600 m3/s, mentre a Ponte Becca la portata fu di ben 13.220 m3/s[11]. Alluvioni si registrano in Piemonte, Lombardia e Emilia Romagna.Vi furono 23 vittime, 11 dispersi e 40.000 sfollati.

Fiume Secchia

La Secchia (ma spesso anche al maschile sottintendendo “il fiume”, al Sècia in dialetto reggiano) è un importante fiume dell’Italia settentrionale che scorre per gran parte in Emilia-Romagna e, nel tratto finale, in Lombardia. È per lunghezza (172 km), bacino e portata media (42 m³/s), il principale affluente di destra del Po dopo il Tanaro. Il suo bacino (ampio 2.292 km²) è curiosamente identico come estensione, a quello del Panaro.Nasce dall’Alpe di Succiso sull’Appennino tosco-emiliano nel comune di Collagna in provincia di Reggio Emilia.La sua sorgente è situata in una conca fra montagne di altezza comprese fra i 1700 ed i 2100 m s.l.m. ad un’altitudine di 1450 m s.l.m. Un sentiero di media difficoltà la collega al passo del Cerreto. Il luogo si presenta come un anfiteatro naturale de-limitato da aspre montagne arenariche fra le quali si trova una piccola piana ricoperta di un folto manto erboso ed è attraversato da numerosi ruscelli che formano il primo tratto del fiume. Ai bordi di questa piana circolare si trovano boschi di faggio popolati da cinghiali, lupi, caprioli, volpi e daini.Poco più a valle riceve dal lato idrografico destro parte delle acque superficiali del Monte Cusna, tramite il torrente Ozola e Secchiello, la restante parte viene raccolta dal torrente Lama, affluente del Dolo.A partire dalla confluenza dei torrenti Dolo e Dragone (che avviene nei pressi di Cerredolo), inizia a delimitare i confini tra le province di Reggio Emilia e Modena. Nel comune di Castellarano passa per la stretta del Pescale, raggiunge la Pianura Pa-dana nei pressi di Sassuolo, raccoglie il Tresinaro nei pressi di Rubiera, quindi entra in provincia di Modena, attraversa le casse di espansione e sfiora la zona ovest della città di Modena. Il corso del fiume nel tratto appenninico ha un andamento da sud ovest a nord est, come la maggior parte degli affluenti di destra del Po.Dopo Modena rallenta scorrendo sinuoso lungo un alveo incassato da stretti argini bagnando il comune di Concordia sulla Secchia ed entrando poi, nella parte terminale del suo corso, in Lombardia. Qui bagna Quistello andando poi a confluire nel Po poco a sud di Mantova in località Mirasole di San Benedetto Po, nei pressi della foce del Mincio. Da Quistello verso la foce gli argini sono più distanti ed i meandri vengono utilizzati come aree golenali. Il corso a nord della via Emilia subì molte varia-zioni: si ritiene che in epoca romana scorresse più ad ovest di oggi fino a Cavezzo, poi deviava bruscamente ad est ed entrava nel Po a Bondeno. Con lavori protrattisi dal 1288 al 1360 fu costretto nell’attuale alveo, attraverso un accordo fra le città di Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova e Ferrara che diedero, in virtù di questa alleanza, il nome al paese di Concordia situato appunto sul Secchia.Probabilmente la deviazione del corso inferiore fino a Mirasole fu completata nel 1336 per consentire la bonifica della zona di San Benedetto Po.Il Fiume anticamente piegava verso Est a San Possidonio scorrendo fra Quarantoli, Gavello e Burana dove si gettava nel Fiume Bondeno (ramo del Po oggi non più esistente) e da questo nel ramo principale del Po.Nel periodo e nei territori del Ducato di Modena, seguendo la filosofia enunciata negli Statuti delle Acque della Comunità di Modena, vennero eseguiti molteplici lavori per modificare l’asta del corso inferiore del Secchia. Fondamentalmente erano in-terventi di tagli (drizzagni) dei meandri con lo scopo di limitare l’erosione degli stessi e preservare le terre golenali (saldini).Come tutti i corsi d’acqua appenninici il Secchia alterna fortissime magre estive a imponenti piene primaverili e soprattutto autunnali.

La Cassa di Espansione del fiume Secchia

La Riserva Naturale Orientata della cassa di espansione del fiume Secchia è situata poco a nord della via Emilia, tra le provincie di Modena e Reggio Emilia ,e tutela un’ampia zona umida dell’estensione di 260 ha , è derivata da un’importante opera idraulica per la mitigazione delle piene del Secchia e le fasce di bosco golenale che si sviluppano ai lati del fiume. Istituita nel 1996 con delibera del Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna è stata prima affidata all’omonimo Consorzio di Gestione e successivamente, alla fine del 2011, affidata all’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità – Emilia Centrale. La sede è situata a Rubiera (RE) all’interno della cinquecentesca Corte Ospitale che conserva ancora molti caratteri architettonici originali.Realizzata per regolare le piene del fiume, la Cassa d’Espansione del Secchia ha acquisito ben presto valenze naturalistiche di grande interesse. Per le sue caratteristiche l’area richiama un’abbondante avifauna legata agli ambienti acquatici e rappre-senta un ideale luogo di sosta durante gli spostamenti migratori. Oltre agli uccelli vi sono numerosi interessi faunistici legati a mammiferi, rettili, anfibi e pesci. Di notevole interesse vi sono infine gli ambienti acquatici e boschivi

La Cassa di Espansione del Cavo Tresinaro

Costruita per invasare le acque piovane e limitare le piene del Cavo Tresinaro, la cassa d’espansione di Ca’ de Frati si estende per un 1 milione di mq e può contenere 2,5 milioni di mc di acqua garantendo la sicurezza idraulica ad un territorio forte-mente antropizzato di oltre 11.000 Ha. Il manufatto fu ultimato nel dicembre del ’96 e collaudato con successo in occasione di una pericolosa piena del Cavo Tresinaro che si verificò pochi giorni dopo la fine dei lavori.Dal punto di vista idraulico l’acqua in ingresso nella cassa è controllata dal manufatto di invaso, un sistema di paratoie poste sul Cavo Tresinaro, mentre l’acqua in uscita è controllata dal sistema di svaso che ne regola il deflusso nel Cavo Fossatella. La cassa d’espansione non è solo un’opera idraulica, ma rappresenta anche una grande occasione di riqualificazione ambientale del territorio; nella depressione di Ca’ de Frati è infatti presente un sistema di canali disposti a serpentina che consentono la fitodepurazione delle acque ed è ormai completamente ripristinato l’ambiente naturale della pianura (alternanza di zone umide, prati, macchie e radure) presente prima delle opere di bonifica.

Cavo Lama

Il Cavo Lama è il risultato dei rimaneggiamenti apportati nel corso dei secoli e in particolare nei primi anni del novecento ad un corso d’acqua di origine naturale denominato Lama-Papaccina, documentato nelle mappe antecedenti all’anno 1000, che scorreva dall’alta pianura fra Modena e Reggio fino alla confluenza con il Secchia.Il Cavo Lama si suddivide in due tratti denominati rispettivamente Lama Alta e Lama Bassa.La Lama Alta si sviluppa dall’origine, nel comune di Rubiera, fino all’impianto idrovoro di Pratazzola e la sua funzione è quella di scolo e di drenaggio delle acque.La Lama Bassa ovvero il tratto dall’impianto di Pratazzola fino alla confluenza con il Secchia ha una duplice funzione: in autunno-inverno funge da canale di scolo, in primavera-estate è invece utilizzato per l’irrigazione.

Page 2: Acque di Pianura - awsassets.wwfit.panda.orgawsassets.wwfit.panda.org/downloads/acque_pianura_70x100.pdf · Il bacino idrografico del Po (ampio circa 71.000 km²) copre gran parte

WWF: NO AI PESTICIDI ENTRO IL 2020

Illustrate in un convegno a Roma e in un documento le azioni prioritarie per la consultazione pubblica per il Piano d’azione Nazionale per l’uso sostenibile dei Pesticidi. WWF chiede il divieto d’uso al 2020.

Sette azioni prioritarie da proporre per il Piano d’Azione Nazionale (PAN) per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanita-ri, in occasione della consultazione pubblica, approvatadai Ministeri dell’Ambiente, delle Politiche Agricole e della Salute che si concluderà il 31 dicembre. Ad individuare i punti nodali è stato un ampio schieramento di organizzazioni, presenti al conve-gno “Piano d’azione nazionale per l‘uso sostenibile dei pesticidi” organizzato da AIAB, FIRAB, Legambiente, Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, Fai, UpBio, Federbio, Italia Nostra, Lipu, Mdc, Pro Natura - Federazione Nazionale, SIEP, Slow Food Italia, TCI, Unaapi, WWF. Le organizzazioni dirappresentanza di interessi molteplici intendono accendere i riflettori sull’intero percorso di recepimento della direttiva UE sull’Uso sostenibile dei pesticidi, come è previsto dalla consultazione, richiamando principi e obiettivi generali di interesse per l’intera collettività.

Nell’utilizzo dei prodotti fitosanitari in agricoltura ci sono, infatti, misure e per corsi che dovrebbero essere adottati per coniu-gare la tutela della qualità agroambientale, la sicurezza alimentare, la salute dei consumatori e degli ope-ratori agricoli in un quadro di compatibilità ambientale con l’impiego di prodotti chimici di sintesi. Per far sì che questo avvenga è necessario introdurre alcuni punti focali nella bozza del Piano d’Azione Nazionale. Le sette azioni prioritarie da pro-porre per il PAN sono:- la bozza di PAN deve prevedere un rafforzato esplicito riferimento all’ agricoltura biologica;- definire una road map che permetta l’applicazione progressiva di misure di incentivazione e di specifiche politiche di supporto volte a indicare il raddoppio della SAU nazionale condotta con il metodo biologico en tro il 2020;- ridurre tutti i rischi derivanti dall’uso dei pesticidi;- il PAN dovrebbe affrontare in qualche modo la questione OGM introducendo specifiche normative;- il PAN dovrebbe rafforzare il ruolo della ricerca;- il PAN dovrebbe utilizzare la giusta terminologia: molto spesso “pesticidi” viene sistematicamente ignorato per ricorrere alla più inoffensiva espressione “prodotti fitosanitari”.

Franco Ferroni, responsabile Biodiversità, aree protette e politiche agricole del WWF Italia, intervenuto all’incontro pro-mosso dalle Associazioni al Senato per conto del WWF Italia ha detto “Il piano di azione nazionale pesticidi rappresenta una opportunità unica per orientare verso una maggiore sostenibilità ambientale l’agricoltura italiana, in linea con gli obiettivi indicati dall’Unione Europea. E’ necessario però che, almeno per le aree più vulnerabili come le aree naturali pro-tette, le aree non agricole come ferrovie e strade e le aree urbane frequentate da soggetti più a rischio come i bambini, il piano indichi chiaramente l’obiettivo del divieto d’uso dei pesticidi entro il 2020. Sarebbe così assicurato da una parte l’obiet-tivo della tutela della salute pubblica e della biodiversità e dall’altra si consentirebbe l’utilizzo dei finanziamenti della prossima programmazione della Politica Agricola Comune 2014 - 2020 per accompagnare Enti pubblici ed aziende agricole verso questo obiettivo con adegua ti incentivi economici”.

Fonte: wwf.it

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Monitoraggio e qualità delle Acque

Le attività di monitoraggio dei corpi idrici rappresentano un efficace strumento per la conoscenza del-lo stato dell’ambiente acquatico e un valido supporto alla pianificazione territoriale ai fini del suo risanamento. Con l’emanazione della normativa sulle acque (D.lgs. 152/99 e s.m.i.), vengono richieste attività di monitoraggio nei corpi idrici significa-tivi al fine di stabilire lo stato di qualità ambientale di ciascuno di essi. La conoscenza dello stato dei corpi idrici permette la loro classifi-cazione e conseguentemente, se necessario, di pianificare il loro risanamento al fine del raggiungimento degli obiettivi di qualità ambienta-le. Oltre ai corpi idrici significativi sono da monitorare tutti i corpi idrici che, per valori naturalistici o per particolari utilizzazioni in atto, hanno rilevante interesse ambientale e quelli che per essere molto inquinati possono avere influenza negativa sui corpi idrici significativi. L’organizzazione del monitoraggio si articola su una fase conoscitiva e su una fase a regime. Per le acque superficiali, la fase conoscitiva ha lo scopo di raccogliere tutte gli elementi biologici e idromorfologici per la defini-zione dello stato ecologico e per la valutazione della contaminazione da microinquinanti dei sedimenti e del biota, in particolare per quanto riguarda le acque costiere, di transizione e dei laghi. Per le acque sotterranee è previsto preliminarmente, un inqua-dramento generale mediante un gruppo ridotto di parametri chimici, fisici e microbiologici, al fine di individuare le aree critiche o quelle naturalmente protette. I punti d’acqua ritenuti significativi verranno monitorati e classificati.Nella fase a regime, per le acque superficiali, nel caso in cui l’obiettivo sia raggiunto (buono ed elevato) sono previsti, una ri-duzione dei parametri, della frequenza dei campionamenti e del numero delle stazioni di rilevamento. Per le acque sotterranee, la fase a regime, comprende il monitoraggio chimico e quantitativo. Quest’ultimo deve essere realizzato dal gestore che deve rendere disponibili i dati per l’autorità preposta al controllo

166 Tipi di pesticidi rilevati da ISPRA soprattutto intorno al Po

Tratto da “il Giornale del Po” del 10 Aprile 2013

Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha recen-temente presentato il suo rapporto nazionale pesticidi nelle acque con i dati del biennio 2009-2010Da quanto si ricava dalla ricerca il 13,2% delle acque superficiali mostra livelli di tossicità per gli organismi acquatici superiori ai limiti. Ancora più evidente, rispetto al passato, lo stato di contaminazione delle acque italia-ne superficiali e sotterranee: nel 2010 sono stati rinvenuti residui nel 55,1% dei 1.297 punti di campionamento delle acque superficiali e nel 28,2% dei 2.324 punti di quelle sotterranee, per un totale di 166 tipologie di pesticidi (a fronte dei 118 del biennio 2007-2008) individuati nella rete di controllo ambientale delle acque italiane.Si tratta, per la maggior parte, di residui di prodotti fitosanitari usati in agri-coltura (solo in questo campo si utilizzano circa 350 sostanze diverse per un quantitativo superiore a 140.000 tonnellate) ma anche di biocidi (pesticidi per uso non agricolo) impiegati in vari campi di attività. Anche se spesso basse, le concentrazioni indicano a livello complessivo una diffusione molto ampia della contaminazione.Le concentrazioni individuate, anche quando considerate basse, indicano una diffusione molto ampia della contaminazione da pesticidi delle acque italiane. E’ importante notare come nel 34,4% dei casi per quanto riguarda i punti delle acque superficiali e nel 12,3% dei casi per quanto concerne le acque sotterranee i livelli misurati risultino superiori ai limiti delle acque po-tabili. Dunque quasi il 50% delle nostre acque sarebbe inquinato.Ovviamente la pianura padano-veneta risulta essere l’area dalla contamina-zione che appare più diffusa, anche per via dell’intenso utilizzo agricolo. Tutte le pianure attorno al Po, come si può vedere nella mappa fornita da Ispra, sono un unico pannello rosso di pericolo. Per salvare il Grande Fiu-me dobbiamo cominciare a progettare un nuovo modello di sviluppo e di rispetto. Inoltre Ispra ricorda come i rischi legati alla contaminazione da pesticidi non debbano essere sottovalutati, in quanto ci si trova in presenza di sostanze dannose sia per gli organismi acquatici che per l’uomo. Essi potrebbero raggiungere il nostro organismo per contaminazione indiretta, attraverso la catena alimentare. Nelle acque superficiali le sostanze maggiormente rilevate sono risultate glifosate, AMPA, terbutilazina, terbutilazina-desetil, metolaclor, cloridazon, oxadiazon, MCPA, lenacil, azossistrobina. Nelle acque sotterranee continuano ad essere presenti contaminazioni da erbicidi e da sostanze fuori commercio da tempo, come la simazina e l’atrazina.