Tink.ch-Magazin 14: Eidgenössische Jugendsession 2009

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JuGendsession Sessione dei Giovani Session des Jeunes 2009

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JuGendsession

Sessione dei GiovaniSession des Jeunes 2009

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berichteditorial

9 conseillers fédéraux au lieu de 7 afin de mieux repartir les responsabilités politiques et représenter plus équitable-ment la population en termes culturels et linguistiques. C’est une des demandes formulées par la Session fédérale des Jeunes 2009 émanant du constat que nos sept sages n’incarnent même pas toutes les régions linguistiques de notre pays. Par contre, l’équipe rédactionnelle de Tink regroupant des jeunes journalistes, photographes, designers et animateurs radio, pro-venait des quatre coins de l’Helvétie: Lugano, Lausanne, Sion, St-Galle, Bâle, Zürich, Lucerne et Berne. En plus d’une couverture en ligne sur Tink.ch, nous publions ce magazine imprimé en trois langues relatant – mouchar-dant parfois – les divers événements de la 18e Session des Jeunes. Nous vous souhaitons une bonne lecture et n’hésitez pas à nous contacter pour des commentaires ou des suggestions. [email protected]

Ensemble pour l’avenir

Insieme per il futuro

Gemeinsam in die Zukunft

9 consiglieri federali anziché 7 per una migliore divisione dei compiti politici e un’adeguata rappresentanza della popolazione in senso culturale e linguis tico. Questa rivendicazione, emersa nel plenum della diciottesima sessione federale dei giovani 2009, è degna di nota. La richiesta non è cam-pata in aria, poiché nell’attuale con-siglio federale al momento sono rap-presentate solamente due delle quattro regioni linguistiche della Svizzera. Le cose sono diverse nel team della redazione di Tink.ch: al reportage degli eventi hanno contribuito giovani reporter, fotografi, cronisti radiofonici e layouter da Lugano, Losanna, Sion, San Gallo, Basilea, Zurigo, Lucerna e Berna. In tre giorni e due notti hanno riportato e documentato direttamente dal centro mediatico del Consiglio Federale su Tink.ch. Un grande lavoro è stato svolto anche per ottenere i 22 retroscena, le interviste e i commenti sulla sessione, contenuti in questa rivista. Vi auguriamo una buona lettura. Feedback, critiche o spunti sono ben accetti: [email protected]

9 statt 7 Bundesrätinnen und Bundes-räte für eine bessere Verteilung der politischen Aufgaben und eine gerech-tere Repräsentation der Bevölkerung in kultureller und sprachlicher Hinsicht. Diese Forderung aus dem Plenum der 18. Eidgenössischen Jugendsession 2009 lässt aufhorchen. Die Idee ist durchaus nicht aus der Luft gegriffen. Tatsächlich sind im heutigen Bundes-rat nur gerade zwei von vier Sprachre-gionen der Schweiz vertreten.Anders im Team von Tink.ch: An der Eventreportage mitgewirkt haben jun-ge Reporterinnen, Fotografen, Radio-macher und Layouter aus Lugano, Lausanne, Sion, St. Gallen, Basel, Zürich, Luzern und Bern. Während drei Tagen und zwei Nächten berich-teten sie auf www.tink.ch live aus dem Bundeshaus Medienzentrum. Uner-müdlich gearbeitet wurde auch an den 22 Hintergrundberichten, Inter-views und Kommentaren zur Session, welche dieses Printmagazin umfasst. Viel Vergnügen beim Lesen! Wir freuen uns über Rückmeldungen, Kritik und Anregungen: [email protected]

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Gratwanderer mit Pioniergeist

Portrait

Ein charismatisches Lächeln, die Hände formen Luftschlösser, die Stimme hallt durch den Saal. Diego Bigger er-öffnet als Präsident des Forums die 18. Jugend session. In fliessendem Franzö-sisch begrüsst er die Teilnehmenden. Seine Dynamik rüttelt das Publikum auf und weckt den Tatendrang.

Charismatische Persönlichkeiten wie er sind der Nährboden aller Boulevard-medien. Dementsprechend kursieren zahlreiche Gerüchte über ihn. Diegos Charme wirkt nicht nur am Redner-pult. Seine Tanzkünste werden gelobt und es heisst, seine Art spreche insbe-sondere Frauen an. Diego Bigger war während der letzten drei Jahre neben Ilona Meier Co-Präsident des Forums Jugendsession. Jetzt tritt er zurück. Der Grund: Sein Jura-Masterstudium an der Uni Fribourg.

Als Dank für seinen jahrelangen Einsatz an der Eidgenössischen Jugendsession erhält Diego ein Buch mit dem Titel:

«Die schönsten Gratwanderungen der Schweiz». Das passt zum passionier-ten Berggänger. Die sportliche Betä-tigung gibt ihm den Ausgleich für sei-nen politischen Job und das Studium.

Für Diego ist das Politisieren eine Sache die Spass macht. Er geniesst es, über ernste Angelegenheiten zu refe-rieren und gleich darauf einen lockeren Spruch fallen zu lassen. An der Politik fasziniert ihn seit jeher das Zwischen-menschliche und Zielgerichtete. Ein Höhepunkt war für ihn die Eröffnung der Jugendsession 2007 durch Pascal Couchepin und die damit verbundene Diskussion. Der Kontakt mit hohen politischen Akteuren gibt Diego die Ge-wissheit, ernst genommen zu werden.

Auch inhaltlich konnte der ehemalige Co-Präsident des Forums Erfolge ver-buchen. So wurde im Jahr 2006 eine Forderung der Jugendsession bezüg-lich der Energieeffizienzregelung von einem Politiker als Motion aufgenom-

men. Ausserdem bewies Diego Bigger Pioniergeist, als er zusammen mit seiner Arbeitsgruppe im Jahr 2004 ein Rauchverbot in Gaststätten forderte. Nicht, dass die Diskussion damals ganz neu gewesen wäre, aber gewagt.

Zurzeit prüft Diego Bigger, welche Partei sich für ihn eignen könnte. Tendenziell zieht es ihn heute zur SP, obwohl das früher undenkbar ge-wesen wäre. Der laute Stil von Cédric Wermuth oder Christian Levrat missfiel ihm. Mittlerweile hat Diego aber auch andere Kontakte zur SP geknüpft.

Zurück zum Boulevard. Diego sieht sich selbst nicht als Frauenmagnet. Er sei kein Casanova, doch begegne er den Leuten offen und positiv. «Ich hatte schon immer mehr Kolleginnen als Kollegen», erklärt er. Dies sei je nach dem Ursache oder Folge davon, dass er ernste und persönliche Ange-legenheiten vorzugsweise mit Frauen be spreche.

Diego Bigger ist nicht nur für seine Tanzkünste und seinen Charme bekannt. Mit ihm verschwindet aus dem Team der Jugendsession ein schillernder Charakter – ein Mann, der begeistern kann. Roman Gibel

Foto: Raphael Hünerfauth

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Aumento dei Consiglieri FederaliOrmai la condizione di crisi è sempre più palese, tanto che viene auspicata una riforma costituzionale inerente la struttura stessa del Consiglio Federale, in modo da garantire una rappresentanza più capillare. Guidati dai moderatori Nicola Borga e Mattia Zanazzi, nove giovani ticinesi chiedono l’aumento del numero dei Consiglieri Federali da sette a nove. Lucia Pelloni e Loris Vallenari

L’acceso dibattito sorto tra i rappresen-tanti ticinesi ha portato alla formula-zione di idee nuove ed innovative, cen-trate principalmente alla risoluzione di problemi che, secondo i ragazzi stessi, sarebbero alla base della crisi che col-pisce Palazzo Federale ed i suoi ministri

La petizione ticineseIl primo tema trattato dal gruppo ticinese è stato quello della mancata elezione di un Consigliere Federale capace di rappresentare la minoranza italofona e non solo; vi sarebbero anche partiti minori, ma non secondari, non ancora presenti al Governo. Con grande interesse è stata anche considerata la problematica legata ai dipartimenti «mammut», ovvero quei

rePortaGe

dipartimenti i cui campi di competenza sono, a parere dei ragazzi ticinesi, troppo vasti, come il dipartimento federale dell’interno ed il dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni. La risoluzione unanime è stata quella di presentare una petizione, affinché il numero dei Consiglieri Federali venga aumentato dai sette attuali a nove. I nove consiglieri non solo dovranno essere rappresentativi per tutte le re-gioni linguistiche, ma dovranno anche dividersi in maniera ottimale i campi di competenza per alleggerire il carico di lavoro e diminuire i tempi decisio-nali e legislativi. Che ci fosse un momento di crisi per la politica svizzera è stato sin da principio

chiaro per i giovani ticinesi. La risolu-zione è stata, dopo lunghe discussioni, concordata nell’aumento del numero dei Consiglieri Federali da sette a nove. I dipartimenti dei quali sarebbero a capo gli ipotetici nove ministri rester-ebbero pressoché invariati, solamente i due dipartimenti mammut verrebbero «smembrati»: un nuovo dipartimento di sanità e socialità diventerebbe supplementare a quello già esistente dell’interno ed un dipartimento di ecologia a quello dei trasporti e delle comunicazioni.

Il ruolo del presidenteAlla luce di recenti prese di posizione da parte di Consiglieri Federali o del presidente stesso – lampante é il caso

Foto: Julia Weiss

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Aumento dei Consiglieri Federali

rePortaGe intervista

Cosa ne penserebbe il popolo della vostra petizione? Verrebbe accettata?Secondo me la petizione verrebbe ac-cettata; innanzitutto perché è un’idea che viene da noi giovani, giovani inte-ressati e che svolgono un ruolo impor-tante nella politica. Inoltre abbiamo cercato di proporre delle risoluzioni a beneficio di tutti e non solo di alcune minoranze.

Come mai proporrete nove e non undici Consiglieri Federali?Ora ci sono due grandi dipartimenti detti «mammut». Smembrandoli e ri-organizzandoli potremmo aggiunger-ne altri due. Con nove dipartimenti, inoltre, crediamo sia più facile metter-si d’accordo, rendendo più efficienti e più veloci le decisioni governative. Con undici Consiglieri si rischierebbe maggiormente una polarizazione verso destra o sinistra, con nove ministri il Governo rimarrebbe più compatto.

Pensi che il Ticino abbia una giusta rappresentanza a livello federale?Il Ticino a livello federale é poco con-siderato, poichè siamo una minoranza. Aggiungendo due Consiglieri Federali tutta la Svizzera verrebbe meglio rap-presentata.

E all’interno della sessione dei giovani?Quest’anno alla sessione dei giova-ni siamo 24 ticinesi, suddivisi in due gruppi. Non siamo dunque in pochi e questo dimostra un crescente interesse verso la politica.

Pensi che venga ascoltata la voce dei giovani? Sicuramente viene ascoltata, infatti ringrazio il Consiglio Federale, a nome di tutti, per la possibilità di poter dire la nostra opinione su diverse temati-che. Spero che il prossimo anno parte-ciperanno più giovani per rafforzare il gruppo dei ticinesi.

Il clima all’interno del gruppo di lavoro ticinese é sempre stato favorevole al dibatti-to. Ognuno ha apportato un contributo prezioso alla for-mulazione della petizione. Qui di seguito un’intervista alla 17enne Sabrina Chakori.

«Libia» – i giovani partecipanti alla sessione si sono domandati se fosse possibile o meno formulare una legge per sanzionare gli eventuali contrav-ventori del principio della collegialità o se fosse lecito auspicare una riforma costituzionale attorno alla figura del presidente, che rimarrebbe rappresen-tativa solo entro i confini svizzeri.

La risoluzione parsa più plausibile al gruppo é stata quella di non fare alcun cambiamento costituzionale a princi-pi già esistenti, in quanto la sanzione morale in caso di trasgressione risul-terebbe più efficace di qualsiasi altra sanzione.

«Le petizioni pensate dai giovani hanno grande credibilità», come lo stesso Ignazio Cassis, rappresentante ticinese in Consiglio Nazionale, ha confermato al gruppo, entusiasta della presenza di un parlamentare rappresentativo ticinese. Cassis ha da subito espresso il suo voto favorevole al progetto, propo-nendo interessanti spunti alla discus-sione riguardo l›aumento dei Consig-lieri Federali, che «permetterebbe una migliore rappresentanza culturale delle tre Svizzere», in quanto «la Svizzera é anche la Svizzera italiana».

La risposta del plenum Ottimo è stato il riscontro dei colleghi tedescofoni e francofoni alla proposta presentata al plenum. Il dibattito sorto non ha lasciato nessuno indifferente, di certo appagante per il gruppo ticinese. In sala tutti si sono trovati concordi sulla necessità che anche il Ticino abbia giusta rappresentanza a livello federale; i più scettici hanno però sotto- lineato la difficoltà che una tale riforma comporterebbe al mantenimento del principio della collegialità. La petizione tuttavia è stata approvata con 96 voti favorevoli contro 60 contrari.

Foto: Julia Weiss

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Les participants du groupe abordant le thème de l’aménagement du territoire ont décidé de se concentrer sur la colocation. L’idée de centraliser cette thématique au niveau fédéral est inédite. Laura Neville

Alors, on coloc?

rePortaGe

La Suisse: ses paysages idiylliques, ses bonnes conditions de vie… Mais quelle réalité se cache derrière cette particula-rité de notre pays? Les participants de la Session des jeunes se sont confron-tés au thème de l’aménagement du ter-ritoire en répondant à la question qui leur était posée: «Comment voulons-nous vivre?» Ces politiciens en herbe ont ainsi pu apporter des idées nou-velles sur la façon d’optimiser l’espace. Quels enjeux la jeunesse voit-elle pour l’aménagement?

Favoriser la colocationSept garçons et trois filles de toute la Suisse Romande ont confronté leurs idées, dans le cadre d’un groupe de travail, durant deux jours, afin d’en ressortir une pétition. Celle-ci sera présentée aux autres participants et votée lors du Plénum de la Session des jeunes. Trois sujets principaux ont été abordés lors de la discussion de groupe:

la mobilité douce, le rôle des communes par rapport à l’aménagement du terri-toire et, finalement, la colocation. C’est sur ce dernier sujet que les participants décident de se focaliser et d’en tirer des idées concrètes à proposer. La conver-sation évolue et les jeunes se mettent d’accord sur le désir de présenter une pétition. Celle-ci propose de favoriser la colocation, particuièrement entre étudiants et personnes agées à travers une plateforme nationale d’échange sur internet. Mais ces idées sont-elles concretisables, applicables? Ont-elles déjà été proposées? Le modérateur est alors là pour répondre aux doutes des participants et de les orienter. Adrien, le moderateur du groupe, pense qu’il y a véritablement de l’innovation au niveau des idées proposées: «On arrive à dégager des solutions qui sont, à mon avis, pour nos prédécesseurs, absolument inenvisageables pour des questions d’historique, de politique».

Travail d’équipeAu-delà du but politique du groupe de travail, l’aspect humain y est très présent. Un véritable rapprochement s’établi entre les participants, qui ne se connaissaient pas auparavant, aidé par l’envie de s’unir autour d’un thème commun. Les disscussions se font dans une ambiance détendue. Alina, une participante, apprécie particuli-èrement l’ambiance de groupe: «On est un groupe très solidaire. C’est très interessant de travailler dans cette équipe». Ce travail de groupe les amène à prendre en considération au mieux la diversité des points de vue des participants. La couleur politique des participants s’atténue peu à peu au fil du débat pour tendre vers une idée commune, qui finalement ressemble à la diversité du groupe et lui convient.

Foto: Quentin Schwarz

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Foto: Thinh-Lay Tong

Foto: Thinh-Lay Tong

Mut zur Kultur

bericht

In der Stadt Bern flaniert man an Museen, Kinos und Sandsteinhäusern vorbei – Kultur ist überall. Damit sie bewahrt und gefördert wird, braucht es Unter-stützung vom Bund. Jugendliche diskutierten mit zwei Experten in der Arbeitsgruppe Kulturförderung über heikle Entscheidungen und die nötige Sensibilisierung der Gesellschaft. Céline Graf

Fischer und Egli sind sich einig. Der stellvertretende Direktor des Bundes-amtes für Kultur (BAK), Yves Fischer und der freischaffende Künstler Raphael Egli stehen beide auf Seiten der Kultur. Die Diskussion in der Arbeitsgruppe verläuft mild. Schnell ist klar: Sowohl die Experten, als auch die Jugend lichen wünschen sich mehr Geld für die Kulturförderung.

Pragmatische JugendYves Fischer sagt, das BAK sei kein «Bundesamt gegen Kultur», wie Kri-tiker behaupten. «Im Gegenteil, wir bewahren und fördern Kultur, sind aber darauf angewiesen, wie viel Geld der Bund für Kulturförderung zur Ver-fügung stellt.» Jährlich sind das rund 209 Millionen Franken, was 0,3 bis 0,4 Prozent des Staatsetats entspricht. Der Knackpunkt liegt darin, Schwerpunkte auf bestimmte Projekte zu setzen, die finanziell unterstützt werden sollen.

Dafür stellt das BAK unabhängige Expertenkommissionen, die einschät-zen, ob und wie viel Unterstützung angemessen ist.

Eine Teilnehmerin, deren Vater bei Pro Helvetia arbeitet, wirft ein, dass etablierte Kunstformen wie Tanz und klassische Musik bereits einen festen Betrag bekämen, während neuere Künste wie Poetry Slam oft leer aus-gingen. Sie müssten sich erst profilie-ren, ein grösseres Publikum haben. In diesem langen Prozess «fallen die raus, die es nicht ernst meinen», sagt eine andere Jugendliche pragmatisch. Raphael Egli bekräftigt, es sei schon eine harte Realität, von der künstlerischen Arbeit leben zu wollen. Es brauche einen langen Atem, um sich in der Szene zu etablieren. Zudem Mut, selbst-ständig aktiv zu sein und sich Wege zu öffnen. Der Effort müsse von den Kulturschaffenden selbst kommen.

GratwanderungEigentlich herrscht in der Schweiz Kunstfreiheit. Die Jugendlichen sind aber skeptisch und verweisen auf den Vorfall, als der Kulturstiftung Pro Helvetia Beiträge gekürzt wurden, weil sie ein politisch provokatives Pro-jekt im Ausland finanziert hatte. Sind Künstler vorsichtiger geworden, was sie produzieren, weil der Staat rein-reden könnte? Egli verneint. Er sei eher darauf bedacht, wie ein Kunstwerk auf Publikum und Kunstkritiker wirken könnte. «Es ist eine Balance zwischen eigenem Anspruch und Vermittlung.»

Ähnlich abwägen müssen auch die Kulturförderer. Sie sind im Dilemma zwischen Bewahrung und Fort-schritt. Hauptkriterium ist der «gesamtschweizer ische Nutzen» eines Projekts. Der Schweizer Föderalismus verhindert aber eine einheitliche Kul-turförderung auf Bundesebene.

Hitzig auf politischer EbeneOhne Frage ist Kultur für die Gesell-schaft essentiell. Den Jugendlichen ist es deshalb ein Anliegen, dass junge Leute schon früh in der Schule und privat für Kultur sensibilisiert werden. Egli spricht von «bewusster Wahrneh-mung» des Angebots, Fischer nennt auch langfristige Massnahmen, wie die Bekämpfung des Illetrismus. «Das ist nicht so aktuell wie Sennentuntschi oder Musikförderung. Aber das macht der Staat und das kostet wiederum.»Ein Teilnehmer – der modischen Erscheinung nach ist er kunstaffin – bemerkt, dass zwischen den beiden Experten kaum Reibungsfläche be-steht. Wie gesagt, Egli und Fischer kämpfen für dieselbe Sache. Etwas, das man von den Parlamentarierinnen und Parlamentariern nicht behaupten kann. Auf politischer Ebene, sagen sie, werde hitzig debattiert.

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Herr Wasserfallen, was bedeutet Ihnen Kultur persönlich? Für mich ist Kultur ähnlich wie Sport: Einerseits Freizeitgestaltung, anderer-seits kann Kultur auch Interesse wecken. Offen gesagt, bin ich jemand, der sich eher für den Sport interessiert.

Sie interessieren sich mehr für Sport als für Kultur. Sie sind aber auch Politiker, und die Politik bestimmt, wie viel Geld staatliche Institutionen wie das Bundesamt für Kultur bekommen. Wie ent­scheiden Sie, was finanziell unter­stützt werden soll?Das ist die entscheidende Frage, die man 246 Parlamentariern stellen kann und 246 verschiedene Antworten bekommt. Wie viel wollen wir in die verschiedenen Bereiche Kultur, Sport, Verteidigung, Energiepolitik inves-tieren? Was ist für die Bevölkerung wichtig, damit sie weiterkommt? Ich persönlich gewichte soziale sowie physische Sicherheit höher als Kultur. Kultur ist zwar wichtig, aber kein menschliches Grundbedürfnis. Das heisst aber nicht, dass man bei der Kultur sparen will, sondern die Kultur-landschaft so effizient organisiert, dass eine freie Entfaltung möglich ist. (siehe Infobox)

Sie sprechen das Kultur­förderungs gesetz an. Was ist da der wichtigste Punkt?Ich finde wichtig, dass es nicht eine aktive Kulturförderung vom Bund her ist, sondern dass man auf Bundes-ebene nur organisiert, wer für was verantwortlich ist. Die kulturelle Viel-falt soll aber an der Front entstehen.

«Kultur ist kein Grundbedürfnis»Sicherheit ist essenzieller als Kultur, sagt Christian Wasserfallen. Staat und Kultur- förderung sollen getrennt bleiben. Und: Konkurrenzkampf ist nötig, um weiterzukommen. Ein Gespräch mit dem FDP-Nationalrat und ein unerwartetes Wiedersehen. Céline Graf

interview

Foto: Julia Weiss

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Zum Beispiel kann eine Stiftung wie Pro Helvetia eine Ausstellung fernab einer politischen Ebene fördern. Das Dümmste wäre, wenn die Politik be-stimmen würde, welche Museen oder Theaterhäuser unterstützt werden. Die Bevölkerung selbst muss bestimmen.

Finden Sie, dass jeder Künstler selbst dafür verantwortlich ist, wie stark er gefördert wird?Bei den Kulturschaffenden stellt sich meistens die Frage, ob diese Leute erwarten können, dass sie, egal was sie machen, automatisch gefördert werden. Dieser Meinung bin ich nicht. Man kann Schwerpunkte setzen. Es soll auch ein Wettbewerb stattfinden, nur so kommt man weiter.

Wie stehen Sie zur Kunstfreiheit?Wie die Pressefreiheit ist auch die Kunstfreiheit eine absolute Basis unserer Demokratie.

Und wenn ein Kunstwerk provoziert, zum Beispiel in politischer Hinsicht?Dann muss der Künstler selbst über-legen, ob er die Hand, die ihn füttert, beissen will...Wasserfallen wird unterbrochen von

seinem ehemaligen Musiklehrer, den er seit Langem nicht gesehen hat. Die beiden zeigen sich überrascht und erfreut über das Wiedersehen.

Herr Kämpf, war Herr Wasserfallen ein guter Musikschüler?Der Musiklehrer zögert. Ähm, ja. Beide lachen, Wasserfallen versichert zwinkernd, er sei «talentfrei». Dann fährt er fort, wo er unterbrochen worden war. Ein Künstler, der im Ausland die Schweiz durch den Dreck zieht, aber das Geld vom Staat für die Ausstellung annimmt, ist für mich nicht glaubwürdig.

Wenn die Kultur gefördert wird, profitieren dann nicht auch Tour­ismus, Image und Wirtschaft der Schweiz?Einverstanden, aber in Zeiten, in denen man im Staatsetat Prioritäten setzen muss – wir haben nächstens Budgetberatung in der Wintersession – geht es um jeden Franken. Ich gewichte gewisse Grundbedürfnisse höher als andere.

Hängt der Kulturkonsum vom Bildungs stand ab?Dass man sich eher mit Kultur aus-einandersetzt, wenn man aus einer so genannten «nicht bildungsfernen Familie» kommt, würde ich unter-schreiben. Das Grundproblem ist, diese Leute dazu zu bringen, trotz-dem vermehrt über ihre beruflichen Perspektiven nachzudenken. Und auch, dass sie sich mehr an unserem Leben beteiligen, sei das kulturell oder sonst wie.Wichtig ist, dass man in der Bildung merkt, auf welche Pflichten es nebst dem Steuern zahlen ankommt, und dass man sich fragt: «Habe ich ein Grundverständnis unseres politischen Systems? Wie funktioniert unser Leben hier? Was gibt es für Angebote, die ich in Krisen nutzen kann?». Das alles zu verankern, ist nicht einfach. Ich habe Kultur übrigens auch nicht von der Bildungs seite vermittelt bekommen.

Herr Fischer vom BAK wünscht sich, dass ein Prozent des Staatsetats der Kulturförderung zugesprochen wird. Im Moment liegt der Prozentsatz bei 0,3 bis 0,4. Wie realistisch schätzen sie diese Zahlen ein?Zurzeit als sehr unrealistisch. Das nächste Budget wird für die Kultur wahrscheinlich eine Nullrunde sein, in anderen Bereichen wird man massiv einsparen müssen. Das Ziel ist, den Staatsetat um ein bis eineinhalb Milli-arden zu drosseln, sonst kommen wir mit der Schuldenbremse in Konflikt.

Sind Sie, langfristig gesehen, offen für eine Erhöhung des Budgets für die Kulturförderung?Für mich stellt sich immer die Frage, warum man ausbaut, egal ob bei Kul-tur oder anderswo. Das muss man begründen, was dann eben Herr Fischer macht. Man muss wissen, wo der Schuh bei der Bevölkerung am meisten drückt, man muss allen gerecht werden. Und das ist nicht einfach so schnippt zu lösen.

Das neue Kulturförderungsgesetz

Mit dem KFG werden die Kompe-tenzen von BAK, Pro Helvetia, Bund, Gemeinde und Kanton neu definiert sowie die Instrumente zur Steuerung der Kulturpolitik festgelegt. Bis anhin waren die Kantone für den Bereich der Kultur zuständig. Der Kulturförde-rungsauftrag des Bundes ist in Artikel 69 der Verfassung festgehalten. Der Bund fördert kulturelle Projekte von gesamtschweizerischem Interesse und investiert vor allem in die Ausbildung, dabei «nimmt er Rücksicht auf die kultur elle und die sprachliche Vielfalt des Landes.» Staatliche Institutionen, wie das Bundesamt für Kultur (BAK) und die Kultur stiftung Pro Helvetia setzen die Schwerpunke in der Kultur-förderung.

Christian Wasserfallen

- geboren am 30. Juni1981 in Bern als Sohn des unterdessen verstor- benen Berner Gemeinde- und Nationalrats Kurt Wasserfallen.- Matura am Wirtschaftsgymnasium Kirchenfeld in Bern - Studium in Maschinenbau an der Berner Fachhochschule mit einem Abschluss 2007 als Maschinen- Ingenieur FH.- Ab 2000 im Vorstand der Jungfrei- sinnigen Kanton Bern- Wahl in den Berner Stadtrat 2003- seit Oktober 2007 jüngster FDP- Nationalrat und im Vorstand der Schweizer Jungfreisinnigen.

info

zur Person

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34. SCHWEIZER

JUGENDFILMTAGE34ÈME FESTIVAL CINÉ JEUNESSE

WWW.JUGENDFILMTAGE.CH

10.-14. MÄRZ 2010THEATER DER KÜNSTE, ZÜRICH

ANMELDUNGFILMBEITRAG EINSENDEN BIS: 31.12.2009

INSCRIPTION ENVOYEZ VOS FILMS JUSQU’AU: 31.12.2009

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«Am liebsten direkt»

interview

Hoher Besuch an der Jugendsession: Bundesrätin Eveline Widmer-Schlumpf stand dem ver-sammelten Plenum Rede und Antwort. Danach sprach sie mit Tink.ch über die Jugend von heute und gestern, die eigene Meinung, harte Strafen und einen guten Umgang mit Geld.Luzia Tschirky

Frau Eveline Widmer­Schlumpf wie engagieren Sie sich für die Jugendlichen in unserem Land?Ich versuche Jugendliche zu motivie-ren, die im Sinne haben, in irgendei-ner Partei mitzumachen. Ich ermun-tere sie, sich aktiv mit ihren Ideen einzubringen. Die jungen Leute sollen sagen, wohin sie gehen wollen.

Ihnen untersteht das Departe­ment für Justiz. Glauben Sie, dass man Jugendliche mit einem här­teren Strafgesetz erziehen kann?In erster Linie geht es darum, Rege-lungen konsequent umzusetzen. Unser heutiges Strafrecht ermöglicht es uns, jugendliche Straftäter konsequent zu bestrafen, ihnen gleichzeitig aber auch einen Weg zurück ins Leben aufzu zeigen. Bestrafen ist wichtig. Den Jugendlichen muss vermittelt werden, dass sie «Mist» gebaut haben. Irgend-wann kommt dann aber der Moment, indem sie wieder gesellschaftsfähig sein müssen. Ich glaube wir haben mit unserem Strafrecht und unserem Massnahmenvollzug im Moment keine schlechte Lösung. Es gibt Verbes-

serungs möglichkeiten in bestimmten Teilen und da gehen wir jetzt dahinter.

Wie erleben Sie die Jugendlichen, die in Ihrem Departement anges­tellt sind?Im Allgemeinen sind sie sehr offen und konstruktiv. Immer wieder bringen sie eigene Ideen ein. Glücklicherweise sagen mir viele Jugendliche ganz direkt, was ihrer Meinung nach gut läuft, oder wo sie noch Verbesserungs-potenzial sehen. Das ist mir am liebs-ten. Ich finde es wichtig, dass man als junger Mensch lernt, die eigene Meinung zu vertreten.

Lassen wir den Blick in die Ver­gangenheit schweifen. Wenn Sie die Jugend Ihrer Generation mit der heutigen vergleichen. Was für Unterschiede gibt es da?Wir haben zu den ersten gehört, die das Frauenstimm- und Wahlrecht hatten. Wir waren wahrscheinlich weniger offen, haben uns weniger getraut, etwas zu sagen und uns grösstenteils auch weniger intensiv in Diskussionen ein-gegeben. Das hat sich in den letzten

Jahren geändert. Jugendliche wollen immer mehr sagen, welche Vorstel-lung sie haben, wie sie die Zukunft des Landes sehen. Das hängt auch damit zusammen, dass Frauen in Bildungs-prozesse rein gekommen sind, in denen sie vor dreissig Jahren noch nicht waren.

Bevor Sie Bundesrätin geworden sind, haben Sie für die Schweiz­erische Nationalbank gearbeitet. Viele Jugendliche scheinen einen schlechten Umgang mit Geld zu haben. Wie haben Sie als Mutter ihre Kinder erzogen?Meine Kinder hatten immer einen bestimmten Betrag zur Verfügung. Brauchten sie etwas, mussten sie eigentlich nichts anderes machen, als mir das zu erklären. Wir haben dann gemeinsam darüber diskutiert, ob es wirklich nötig ist. Es war mir wichtig, dass sie nicht über mehr Geld verfügen konnten, als andere Kinder und Jugend -liche. Sie sollten lernen, mit wenig Geld durchzukommen. Denn niemand weiss, wo man im Leben einmal steht. Meine drei Kinder gehen alle sehr vernünftig mit Geld um.

Foto: Raphael Hünerfauth

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bericht

Liebes Internet, ich übergebe dir mein LebenIn der Arbeitsgruppe Neue Medien diskutierten die Jungpolitikerinnen und Jung politiker über das Thema Internetsucht, Präventionsmassnahmen und deren Umsetzung. Ihre Petition fordert nun eine Förderung der Medienkompetenz. Chantal Ladrière

Das Internet ist heutzutage nicht mehr wegzudenken. Recherchearbeiten für die Schule sind, Wikipedia sei Dank, schnell organisiert. Die Ferien sind noch nicht gebucht? Ein Klick und man sitzt im nächsten Flieger auf die Malediven. Weiss man mit seiner Zeit nichts anzufangen, surft man kurz auf die Facebook-Seite und kann sich über das Leben seiner sogenannten Freunde informieren. Das Internet erleichtert unser Leben, da sind wir uns einig. Doch was ist, wenn diese Erleichterung unser Leben zu sehr in Anspruch nimmt? Wenn das Internet zur Sucht wird und wir unser reales Leben gegen das virtuelle eintauschen?14 Jugendliche diskutierten in der Arbeitsgruppe Neue Medien über das Internet und seine Gefahren. Im Ver-

lauf der Diskussion setzten sich die Themen Internetsucht und -aufklärung gegen Datenschutz, Jugendmedien-schutz und Internetmobbing durch. Doch wie ist das Verhaltensmuster eines Süchtigen definiert? Süchtig ist, wer das Internet nicht nur braucht, um das Leben zu erleichtern, sondern so exzessiv nutzt, dass er sein Leben dem Internet verschreibt. Soziale Kontakte werden abgebrochen, man distanziert sich mehr und mehr vom realen Leben.

Internetsucht wird verdrängt Bis man sich jedoch darüber klar wird, dass man süchtig sein könnte – bis die Sucht überhaupt ernst genommen wird – steckt man schon längst mitten drin. Und genau hier liegt das Prob-lem. Internet sucht wird von der Ge-

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Liebes Internet, ich übergebe dir mein Leben

sellschaft nicht so ernst genommen wie zum Beispiel Alkohol- oder Drogen-sucht. Es entsteht keine körperliche Abhängigkeit. Man verbringt einfach zu viel Zeit im Internet, ohne dass es die Öffentlich-keit stört.Verständlich, denn bei der Alkohol- oder Drogensucht ist deutlich, wovon der Süchtige abhängig ist. Von einer reinen Internetsucht kann man aller-dings nicht reden. Vielmehr muss man zwischen Gamesucht, Chatsucht oder mittlerweile auch Sucht von Com-munityseiten unterscheiden. Dass die Internetsucht oft als Bagatelle dargestellt wird, stört die Teilnehmen-den der Arbeitsgruppe. Sie suchen nach Lösungen, wie die Sucht behandelt

und ihr vorgebeugt werden könnte. Schliesslich schlagen sie die Gründung eines Fonds vor, welcher durch eine Ab-gabe der Internetnutzer selbst finanz ­iert werden soll. Dieser soll sich vor allem auf die Prävention konzentrieren und dabei auf Medienkompetenz setzen. Denn wer sich gegen gefährliche Folgen der neuen Meiden schützen will, muss wissen, wie man mit ihnen umgeht und sie sinnvoll nutzt. Diese Medienkom-petenz muss durch den Bund gefördert werden. Privatfirmen wie die Swisscom sorgen schon seit Jahren dafür, dass die Internetaufklärung von Schülern, Eltern und Lehrern verbessert wird. Kritisch stellt ein Votant die Frage in den Raum: «Kann es wirklich sein, dass Privatfirmen die Aufgaben des Bundes übernehmen?»

Schulung für alleBrigitta Gadient, BDP-Nationalrätin, steht dieser Frage kritisch gegenüber und kontert: «Ist es nicht besser, wenn Medienkompetenz privat gefördert wird und der Staat nicht überall mit-mischt? Habt ihr denn das Gefühl, dass zu wenig passiert? Dass ihr in der Schule zu wenig darüber informiert werdet?»

Das mag zum Teil der Fall sein, jedoch betrifft das Thema nicht nur Schüler-innen und Schüler. Brigitta Gadient räumt ein: «Denkt ihr nicht auch, dass man auch die alte Generation schulen müsste, wenn es um neue Medien geht?» Die Jungpolitikerinnen und Jungpolitiker stimmen zu. Mit Werbe- Kampagnen, die durch den Fonds finanziert werden, soll jede Altersklasse erreicht werden, so ihr Vorschlag.

Ein Jugendsessionsteilnehmer erklärt zum Schluss: «Letztlich leben wir in einer Zeit, in der wir alle von den Medien und vom Internet abhängig sind. Es ist nicht mehr möglich ohne die Mithilfe des Internets zu arbeiten oder nach Informationen zu suchen. Man muss einfach wissen – und hier appelliere ich an den gesunden Men-schenverstand – wie man mit dieser Abhängigkeit umgeht, um sie nicht zur Sucht werden zu lassen.»

Ilustration: Matthias Rüby

Foto: Julia Weiss

Serviceartikel zum Thema Datenschutz im Dossier zur Jugendsession 2009 auf www.tink.ch

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Le premier élément qui ressort de la discussion c’est évidemment l’égalité entre homme et femme, puis les inégalités sociales, la discrimination à l’embauche ou encore la taxe militaire pour les handicapés. Mais rapidement le débat se porte sur les inégalités liées à la formation. «Il n’est pas normal qu’une étudiante à l’université doive se prostituer pour payer ses études!», lâche un des intervenants. A noter que la plupart des jeunes ici présent sont en plein dans le système scolaire contem-porain et n’estiment pas que ce dernier soit éloquent en matière d’égalités des chances. Il faut dire que le groupe a du pain sur la planche; ils ont jusqu’au len-demain midi pour rendre une motion qui sera déposée devant le parlement. Pour cela ils ont l’aide de la conseillère nationale socialiste Roth-Bernasconi. «L’application de l’égalité des chances n’est pas un domaine mais un con-cept.»

Même valeurDès l’arrivée de cette dernière le débat se tend entre certains jeunes de droite et la politicienne. Les avis divergent entre l’élue de gauche, qui conseille de porter le débat sur les problèmes de la femme, et les politiciens en herbe plutôt axés sur les inégalités liées à la formation. Dans tous les cas, c’est l’avis des participants qui prime sur celui de l’élue. Plusieurs problématiques sont mises en avant: D’une part les coûts dans les for-mations post-obligatoires qui peuvent

empêcher certaine personne d’étudier décemment ou d’étudier tout court, mais aussi les devoirs dans le cycle pri-maire. En effet, tous les enfants n’ont pas le soutient de leurs parents pour faire leurs leçons et certains en sont défavorisés. Sur ces points une rup-ture se précise entre les intervenants. La moitié préférerait une intervention sur l’école primaire, estimant plus im-portant d’attaquer les inégalités dans la base du système scolaire. L’autre moitié des participants voudraient favoriser une motion pour défendre les branches non-universitaires. Évidem-ment, le groupe doit trancher. Suite à un vote, c’est le non-universitaire qui l’emporte. Le groupe s’accorde donc à dire que toutes formations possède la même valeur, par conséquent les métiers aussi.

Sensibiliser la populationLes discussions se concentrent alors sur le concept qui sera proposé dans les deux jours lors du plénum. L’idée étant de sensibiliser au maximum la population en proposant la création d’une campagne publicitaire via des affiches ainsi que des contenus multi-média. Le groupe désire aussi insister sur la nécessité de créer des «salons des métiers» présentant toutes les pro-fessions, et, d’une manière générale, à encourager les jeunes à découvrir le plus de corps de métiers possibles et imaginables.Après une bonne nuit de sommeil et de bières (pour certains), les discussions reprennent de plus belle. Il s’agit main-tenant de mettre par écrit leur motion, exercice quelque peu fastidieux en rai-son de nombreuses oppositions sur le contenu précis de celle-ci. Après deux heures de tergiversions, ils aboutissent enfin, et non sans peine, à un consen-sus. Le groupe n’a plus qu’à se pré parer pour le plénum du lendemain.

rePortaGe

Donnons une chance à l’égalité Un des groupes francophones a rédigé une motion sur le thème de l’égalité, qui sera discutée au conseil national. Treize jeunes romands proposent une campagne publicitaire pour changer les men-talités, afin que l’avocat et le boulanger soient perçus de la même manière. Stefano Bianchi & Quentin Schwarz

Foto: Quentin Schwarz

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Foto: Quentin Schwarz

Beau concept pour peu de résultat

kommentar

Stefano Bianchi & Quentin Schwarz

Après avoir passé deux jours dans le groupe de travail «juse.direct», nous en tirons un bilan mitigé: Bien que la pré-sence d’une conseillère nationale socia-liste soit une bonne chose, il nous aurait semblé logique qu’une discussion soit également entreprise avec un par-lementair ou une parlementaire de droite afin qu’il y ait un meilleur équi-libre politique. En effet, Madame Roth Bernasconi a exposé ses idées sans garder un esprit de neutralité politique dans ses propos. Alors certes, elle était ici pour exposer ses propres réflexions, mais alors pourquoi ne pas proposer la venue d’un politicien de l’autre bord? Cela aurait permis aux jeunes d’avoir une vision plus globale et ainsi plus objective du sujet dont ils devaient débattre.

Durant les séances les discussions étaient nourries et intéressantes, néanmoins, comme l’a relevé le jeune participant Julien Clément Waeber, le dialogue avait tendance à tourner en rond. Peut-être que le sujet imposé était trop vaste et trop abstrait pour être discuté en si peu de temps?

Dans tous les cas, la motion ayant été refusée par le parlement Jeunesse, il ne semble pas qu’il y ait une volonté suffisante, de la part des jeunes, pour changer les inégalités liées à la recon-naissance professionnelle.

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«Streiten und dann abstimmen»Severin Pfeffer kam an die Eidgenössische Jugendsession, weil er sich für Politik interessiert und mit anderen Jugendlichen wichtige Themen diskutieren wollte. Er nutzte die Gelegenheit, um sich gleich noch auf einen kleinen Schulvortrag vorzubereiten. Tink.ch schaute dem 14-jährigen Flawiler Sekundarschüler am Sonntag im Plenum über die Schulter. Petar Marjanovic

Severin Pfeffer ist müde. Er hatte wie Dutzende andere eine kurze Nacht. Am Samstagabend wurde im Gaskessel der Politstar gewählt, danach noch bis spät gefeiert. Nach zwei Tagen engagierten Diskutierens und Debattierens fragt sich ernsthaft, ob es zumutbar ist, dass die Nachtruhe Sonntagfrüh bereits um 6.30 Uhr ihr Ende hat. Aber was solls. Das sonntägliche Plenum ist schliesslich das Highlight der dreitägigen Session. Es findet im National ratssaal statt, und wer will, kann hier vor über 200 Jugendlichen Stellung beziehen. Die Neuen an der Jugendsession wurden gewarnt, dass die hitzigen Diskussionen im Plenum gegen Nachmittag den Saal auf 25 Grad Celsius erwärmen können.

Still aber aufmerksamIn einer kurzen Zwischenpause meint Severin, dass es ein tolles Gefühl sei, den Nationalratsaal mit debattieren-den Jugendlichen besetzt zu sehen. Severin gibt im Plenum keine State-ments ab, er verfolgt jedoch aufmerk-sam die Diskussionen. Auf der Trak-tandenliste steht unter anderem die Forderung nach mehr finanzieller Unterstützung für Kultur durch den Bund, um alternative Kunst wie Poetry Slam oder Sprayerkunst zu fördern.Severin befasste sich in der Arbeits-gruppe «Neue Medien» zwei Tage lang mit den Problemen, die neue Medien-formen wie Facebook, Gratiszeitungen und Internet verursachen können. Im Raum stand die Frage, wie der Bund Internetsucht bekämpfen sollte, und wie die Medienkompetenz der Bevöl-kerung gesteigert werden kann.

Ein Jungparlamentarier erntet Buh-rufe, als er das Anti-Minarett-Plakat in die Luft hält. Auch Severin regt sich auf: «Er hätte es nicht machen sollen. Einige Politiker denken nicht, bevor sie etwas tun.»

Turnen zwischen SesselnDer alljährliche Besuch des Bundes-amtes für Gesundheit heizt den Nati-onalratssaal weiter auf. Kurzerhand verwandelt sich der Saal in einen Fit-nessraum. Eine Trainerin animiert die Jugendlichen zu waghalsigen Turn- und Tanzübungen. Das Jugend-parlament, das zuvor teils müde, teils gelangweilt debattierte, wird zu einem choreographischen Trupp. Nach die-sem Bewegungstraktandum kommen weitere Vorstösse aus den Arbeitsgrup-pen zur Abstimmung. Die Wachheit ist bald wieder verflogen. «Ich glaube, ich weiss jetzt, was schweizerische Politik heisst», sagt Severin am Schluss: «Vorschläge aus-arbeiten, ausdiskutieren, streiten, dann abstimmen und sich freuen oder genervt sein.» Auf die Frage, ob er die Schweizer Politik nun verstehe und für den Schulvortrag vorbereitet sei, lacht er nur und ergänzt: «Ich denke, dass ich nächstes Jahr wieder komme.»

Portrait

Fotos: Raphael Hünerfauth

Stimmen aus dem Nationalratssal im Dossier zur Jugendsession 2009 auf www.tink.ch

hörtiPP

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imPressionenFotos: Raphael Hünerfauth

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Fotos: Raphael Hünerfauth

Die Stimme aus dem KopfhörerItalienisch, Französisch und Deutsch: An der Eidgenössischen Jugendsession diskutierten Jugendliche mit unterschiedlichen Meinungen und in unterschiedlichen Sprachen. Dafür, dass im Plenum über die Sprachgrenzen hinweg debattiert werden konnte, sorgte Dolmetscherin Laura Wieser. David Naef

Vor der Fensterfront stehen Pult, Büro-stühle, Laptops, Mikrofon und Kopf-hörer. Alles, was eine Übersetzerin braucht. Laura Wieser, eine der sechs Dolmetscherinnen an der Jugend-session, sitzt auf einem Stuhl und beobachtet durch die Glasscheibe die jungen Politikerinnen und Politiker im Nationalratssaal. Sie erholen sich gerade von einer hitzigen Debatte zur Sterbe hilfe. Es ist anders, an der Jugend session zu übersetzen, erklärt die Frau mit grauen Haaren und lächelt: «Im Plenum der Jugendsession fällt eine gewisse Routine weg, die sich bei anderen Konferenzen eingespielt hat. Jugendliche lesen während den Sitzungen weder Zeitung, noch spielen sie am Computer. Sie sind motiviert und beteiligen sich mit viel Engage-ment an der Diskussion.»Die Dolmetscherin zählt die Jugend-session denn auch zu den positivsten Erfahrungen ihrer beruflichen Kar­riere: «Es ist erfrischend, Jugendliche, die so aktiv mitarbeiten, zu übersetzen. Ausserdem sind die Feedbacks der Organisatoren bisher immer positiv ausgefallen.» Natürlich bekommt Laura Wieser auch an anderen Orten Rück-meldungen. Besonders wenn sie sich mit ihren Zuhörern im selben Raum befindet, fehlt es nicht an Echos.

Schlafen erlaubtDie Jungpolitikerinnen und Jungpoli-tiker haben sich wieder hingesetzt, die Debatte wird fortgesetzt. Ruhe ist jetzt das höchste Gebot in den Büroräumen der Dolmetscherinnen und Dolmet-scher. Jedes Geräusch könnte die Auf-merksamkeit und somit auch die Über-

setzung beinträchtigen, erklärt die Dolmetscherin. Die zwei Übersetzerin-nen wechseln nach einer halben Stunde den Platz am Mikrofon: «Länger zu übersetzen, wäre sinnlos. Bereits nach einer halben Stunde lässt die Konzent-ration nach.» In den Pausen ruhe sich jeder aus, wie es ihm am wohlsten sei, sagt die Übersetzerin und lacht dabei: «Einige schlafen, andere hören einfach zu oder spielen am Computer.»

Männerwitze gehören dazuDolmetschen ist besonders für Frauen nicht immer einfach. Der Gesichtsaus-druck von Laura Wieser ist ernst: «Bei vielen Sitzungen sind oft nur Männer anwesend, da fällt auch mal ein Witz unter der Gürtellinie. Am Anfang habe ich mich geweigert, solche Männer-witze zu übersetzen. Sie sind scheuss-lich.» Aber auch sonst ist Übersetzen kein Zuckerschlecken: «Es ist demo-tivierend, wenn man von Zuhörern das Gefühl vermittelt bekommt, nicht gefragt zu sein.» In den Gesichtern lesen, könne sie zwar nicht, aber man merke, wenn die Zuhörer etwas ver-standen haben. Schöne Momente sind beispielsweise, wenn auch italienisch Sprechende über einen deutschen Witz lachen können.Obwohl man als Übwersetzerin nicht durch die Welt reist und ein Land nach dem anderen besucht, wie es sich vielleicht viele vorstellen, ist der Job abwechslungsreich: «Ich bin bisher mit unterschiedlichsten Gebieten in Kontakt gekommen. Von Politik über Bankwirtschaft bis hin zur Medizin. Das gestaltet meine Arbeit besonders spannend und abwechslungsreich.»

Auch nächstes Jahr hofft Laura Wieser wieder an der Jugendsession mit von der Partie zu sein. Während die Jugend lichen unten weiter politisieren, setzt sie sich ans Mikrofon und über-setzt, fast unbemerkt, vom Deutschen ins Italienische. Einzig ihre Stimme gelangt bis in die Ränge des National-ratssaals, wo sie ihre Hörer erreicht und für eine sprachlich reibungslose Diskussion im Plenum sorgt.

Portrait

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OK Jugendsession 2009Lisa Hurter (Präsidium)Wouter van Minnen (Präsidium)Petra FischerMattia ZanazziJoshua KellerNicolas ChachereauStefanie FröhlichTobias SeidlerZeno SchumacherLucia HerrmannDamian VogtLéonie MangerKatja FischerLara FilippiniStefan BraderChristina Zweifel

Forum Jugendsession 2009 Diego Bigger (Präsidium)Ilona Meier (Präsidium)Rolf HeubergerSelina BrudererNicole GlausMichi HausmannSabrina JägerIrene JohnerMichael KüngElias MaierMarcel NeiningerBarbara NeuhausMarlene RüegseggerMichael StöckliNiklas ZimmermannValentin RohnerLuisa JakobCéline StaubAdrian DenzRafael Seeh

team JuGendsession

SekretariatSAJVJugendsession Gerechtigkeitsgasse 123000 Bern 8 031 326 29 [email protected] www.jugendsession.ch

Foto: Raphael Hünerfauth

An der Jugendsession bestimmst du über deine Zukunft. Im OK oder im Forum kannst du dich weiter engagieren: Hilf mit, die Jugendsession zu organisieren oder die erarbeiteten Forderungen weiterzuver-folgen. Melde dich unter [email protected]

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Projektleitung SAJVGeo Taglioni (Projektleiter)Céline MinderNicolas Rabiolo

MitarbeitChantal Von Gunten (Fundraising)Matthias Fiechter (Medienarbeit)Vera Seewer (Administration)

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bericht

Sind Jugend und Tod ein Gegensatz?

Es scheint, als sei eine Diskussion über Sterbehilfe selbstverständlich, in einer Gruppe junger Politikerinnen und Politiker im Alter zwischen 14 und 21 Jahren. Eine Teilnehmerin meint, es sei falsch, dass sich junge Leute nicht mit der Beihilfe zum Suizid befassen müssen: «Eine schwere Krankheit kann jeden zu jedem Zeitpunkt treffen, egal, ob jung oder alt.» Eine angeregte Diskussion nimmt ihren Lauf.

Schweiz als VorreiterinDas Selbstbestimmungsrecht muss toleriert werden, merkt eine Work-shopteilnehmerin an: «Laut Verfas-sung besteht ein Recht auf Leben. Das bedingt, dass die Gesellschaft auch ein Recht auf Tod respektiert.» Sich durch das Leben zu quälen, sei es nicht wert. Ausserdem würde die Schweiz in gewisser Weise als Vorreiterin bewei-sen, wie sich die Sterbehilfe in anstän-digem Mass legalisieren lässt. Dieses Argument stösst auf Wider-stand. Eine Bewilligung der organi-sierten Sterbehilfe schadet dem Image unseres neutralen Landes, befürchten die Gegner. Zudem sei es problema-tisch, wenn Vereine vom Suizid Tod-kranker profitieren. «Wir unterlaufen die Gesetze verschiedenster Länder, wenn wir ihren Bürgern die Sterbehil-

fe in der Schweiz erlauben», argumen-tiert ein Opponent.In der ganzen Debatte spielen christ-liche Werte eine wichtige Rolle. Ein Gruppenmitglied wirft die Frage in die Runde, ob Argumente aus der Bibel nicht weggelassen werden sollten. Der Einwand bleibt unbeantwortet. Trotz-dem basiert die Debatte zwangsläufig auf moralischen und ethischen Werten. Teilweise entstehen diese unter Druck der Gesellschaft. Die oft kritische massenmediale Berichterstattung über Sterbehilfe hat zudem einen wichtigen Einfluss auf die Meinungsbildung.

Wo beginnt Selbstsucht?Zu spannenden Gesprächen führt in der Gruppe auch die Interpretation des Wortes «selbstsüchtig», welches im Gesetzesartikel verwendet wird. Dort heisst es: «Wer aus selbstsüch-tigen Beweggründen jemanden zum Selbstmord verleitet oder ihm dazu Hilfe leistet, wird, wenn der Selbst-mord ausgeführt oder versucht wurde, mit Freiheitsstrafe bis zu fünf Jahren oder Geldstrafe bestraft.» Doch ab wann handeln die Organisationen Exit und Dignitas selbstsüchtig? Gilt es bereits als selbstsüchtig, wenn Dignitas die Bevölkerung im Ausland mit Werbung sensibilisiert?

Die beiden Organisationen sehen sich klar als Non­Profit­Vereine und erklären, dass sie mit den verlangten Beträgen knapp ihre Spesen abdecken können. Die Workshopteilnehmer stehen dem aber kritisch gegenüber und fordern unter anderem eine trans-parente Buchhaltung, welche durch den Staat überwacht wird.

Finanzen offen legen In ihrem Statement formulieren die Jugendlichen eine Änderung des Bundesratsvorschlages, welcher die Sterbehilfe nur bei Todkranken vorsieht. «Auch Menschen, die an schweren, unheilbaren, psychischen wie auch chronischen Krankheiten leiden, sollen die Möglichkeit nutzen können.» Jedoch müssten sich chronisch und psychisch Kranke mindestens einer alternativen Behandlung unterziehen. Weiter sollten die Sterbehilfeorgani-sationen ihre Finanzen den Behörden gegenüber offen legen.

Im Plenum wird die Forderung heftig diskutiert. Konkurrenz macht ihr das Statement der zweiten Arbeitsgruppe, die sich mit der Thematik befasst hat. Am Ende reicht es doch: Eine Stimme mehr ebnet ihr den Weg auf eine höhere politische Ebene.

Beihilfe zum Suizid ist in der Schweizer Politik ein umstrittenes Thema. Eine der Arbeits-gruppen forderte in ihrem Statement das Recht, auch psychisch und chronisch Kranken die Sterbehilfe zu ermöglichen. Im Plenum stiess ihr Vorschlag aber auf Konkurrenz.David Naef

Foto: Matthias Rüby

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Herr Minelli, wozu braucht es Sterbehilfe?Ludwig A. Minelli: Falls jemand einen Suizid begehen will, ist es wichtig, dass er beraten wird. Denn nicht jeder, der Suizid begehen will, braucht einen Suizid. Vielfach kann dieser Person anders geholfen werden, auch wenn sie das in diesem Moment nicht so sieht. Der suizidwillige Mensch steckt in einem tiefen, engen Loch und der Blick geht nur in eine Richtung. Nämlich nach oben. Dort sieht er den Himmel und dort will er hin.

eine Frau aus München, die aufgrund ihrer zunehmenden Schmerzen wegen Multiple Sklerose sterben will, ist das aus ihrer gegenwärtigen Empfindung heraus verständlich. Offensichtlich ist sie bei einem Arzt in Behandlung, der sich beim Thema Schmerzbekämpfung nicht ausreichend auskennt. Folg-lich habe ich sie unmittelbar an einen Spezialisten weitergeleitet.

Für eine Palliativbehandlung?Nein, lediglich an einen Spezialisten für die passende Schmerzbekämpfung. Sehen Sie, in Deutschland fehlt jedem zweiten Arzt ein ordentlicher Betäu-bungsmittelrezeptblock, mit dem er beim Apotheker Morphin bestellen könnte. Die Ärzte fürchten sich vor den Folgen, wenn sie Schmerzmittel ver-schreiben. Genau gleich ist die Sach-lage in der Schweiz. Kommt jemand aufgrund von Schmerzen zu Dignitas, prüfen wir seine Schmerzmedikation, ob wir diese verbessern könnten, und konsultieren einen Spezialisten.

Wie gehen sie bei Liebeskummer oder Depression vor?Nehmen wir an, ein junger Mann kommt zu mir. Seine Freundin hat ihn verlassen, schlimmstenfalls für seinen besten Freund. Deswegen will er nun sterben. Ich würde so jemanden nie in den Suizid begleiten, solange ich nicht ausreichend Zeit und Gelegenheit hatte, diesem Mann zu erklären, dass andere Mütter auch schöne Töchter haben. Man muss über solche Dinge auch locker sprechen können. Wir haben uns angewöhnt, alles was den Tod betrifft aus unserem Gehirn zu exportieren. Wir exportieren unsere

Müssen die Leute voll urteilsfähig sein, damit sie ihnen helfen?Ja. Wir haben noch nie jemanden begleitet, der nicht urteilsfähig gewesen wäre. Die Urteilsfähigkeit ist eine simple Angelegenheit, die keinerlei Spezialkenntnisse erfordert. Kommt jemand zu mir und meint, er wolle sterben und mit Jesus auf der Wolke sitzen, antworte ich, dass es Jesus nie gegeben habe und er von der Wolke fallen werde. Eine solche Person ist nicht urteilsfähig. Kommt hingegen jemand, wie beispielsweise kürzlich

Sterbehilfe:«Nur nichts überstürzen»Sterbehilfe war ein brisantes Thema an der Jugendsession. Im Gespräch mit Tink.ch erklärte Dignitas-Chef Ludwig A. Minelli, wie er bei Suizidgedanken wegen Liebeskummers vorgeht, und vergleicht die heutigen Gesetzesvorlagen mit der Schweizer Judenpolitik im zweiten Weltkrieg. Roman Gibel

Foto: Matthias Rüby

GesPräch

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alten Leute in Alters­ und Pflegeheime, wo sie über Nacht ohne unser Beisein sterben. Am nächsten Morgen klingelt das Telefon. Die Mutter ist tot. Wir wissen, dass sie bereits vor drei Tagen von einem Pflegearzt mit Morphin schlafen gelegt wurde. Trotzdem hatten wir keine Gelegenheit, von ihr Abschied zu nehmen, danke zu sagen und ihr eine gute Reise zu wünschen. Wichtig ist, dass man nichts überstürzt und niemanden unabgeklärt begleitet.

Wie gewährleisten Sie das?Will man die Suizidalität bekämpfen, insbesondere die einsamen Suizidver-suche, ist es notwendig, dass Leute in dieser Situation die Möglichkeit haben, mit jemandem darüber zu sprechen, ohne Angst vor der Psychiatrie zu haben. Leider werden Leute immer noch viel zu häufig in Psychiatrien eingesperrt. Die Psychiater können dann oftmals gar nicht helfen, verabreichen Tabletten, sogenannte Neuraleptica, die die Patien ten teilweise körperlich und see-lisch zerstören. Wenn der Patient von der Klinik fort will, muss er schauspie-lern. Sobald er draussen ist, unternimmt er einen Suizidversuch. Daher ist das Risiko eines Suizidversuchs bei der Entlassung am höchsten.

Welche Voraussetzungen müssen Sterbebegleiter von Dignitas erfüllen?Zu allererst müssen sie Empathie emp-finden können, für Menschen, die sie erst kürzlich kennengelernt haben, die in einer schwierigen Situation sind und mit denen sie nur kurz zusammen sein werden. Das ist das Wichtigste. Alles andere ist Technik und lässt sich schnell lernen.

Haben Sie eine Begrenzung von zwölf Begleitungen pro Mitarbeiter im Jahr?Nein. Der leitende Oberstaatsanwalt des Kantons Zürich, Andreas Brunner, will uns Fesseln anlegen und hat daher diese Vorschrift aufgebracht. Es dürfe keine Routine geben, meinte er. Ich kann das Argument umkehren. Kein

Staatsanwalt dürfte folglich mehr als zwölf Anklagen pro Jahr tätigen. Das wäre auch Routine. Es ist eine Heuchelei vom leitenden Staatsanwalt bis hin zum Bundesrat. Sie behaupten Unwahr-heiten mit dem einzigen Ziel, dass es die Dignitas nicht mehr gibt und keine Ausländer mehr zum Sterben in die Schweiz kommen.

Demnach ist nur die Dignitas im Kreuzfeuer und Exit nicht?Ganz klar. Bei meinem ersten Gespräch mit Herrn Brunner vor über zehn Jahren fragte mich dieser, wes-halb ich Ausländer importiere. Wer so spricht, denkt noch viel schlimmer. Ich bin mit Bewusstsein durch den zweiten Weltkrieg gegangen. Ich war als Jugend licher eineinhalb Jahre bei einer politisch tätigen Bauernfamilie. Diese hatten eine Menge Zeitungen

und Zeitschriften und ich wusste, dass Juden an der Grenze abgewiesen wurden.

Dieser Vergleich fällt mir etwas schwer zu begreifen. Ich möchte nicht, dass heute etwas Ähnliches geschieht.

Obwohl diese Menschen in der Schweiz keine Zuflucht suchen wie damals, sondern mit einer festen Absicht zu Ihnen kommen?Wenn Sie das ganz objektiv und ohne christliche Eierschale betrach-ten, müssen Sie zugeben, dass an der Schweizer Grenze abgewiesen, ins KZ transportiert und vergast zu werden, ein schreckliches Ende ist. Aber: Es geht schnell. In meinen Augen ist es schlimmer, wenn jemand, der schwer leidet, gezwungen wird, jahrelang weiter zu leiden.

Foto: Matthias Rüby

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«Tutti possono esprimersi»

intervista

Il fatto che al plenum di domenica siano emerse svariate ed interessante petizioni, pro-poste ed idee per progetti futuri non è da attribuire solamente ai partecipanti e alle parte-cipanti. Servono, infatti, anche persone che li sostengano nella risoluzione dei problemi. Tink.ch ha parlato con due responsabili di gruppo riguardo alle loro sfide. Luzia Tschirky

Lukas Frommenwiler e Sabine Gossweiler, siete entrambi respon­sabili di gruppi alla sessione dei giovani. Quali difficoltà incontrate nel vostro lavoro?Sabine: La più grande sfida è mantenere il gruppo sulla giusta rotta e riportare la conversazione al punto centrale, quando si perde il filo. Lukas: è sempre difficile stimare in quale direzione andrà una discussione. A volte per i giovani è utile allargare un po’ il campo, per ricevere informazioni basilari ma altre volte ci si allontana troppo dal tema centrale. Da una parte non posso mai perdere di vista la meta, dall’altra, invece, ci terrei che i parteci-panti potessero parlare anche di cose che si allontanano dal loro tema.

Quali sono dunque per voi i momenti favorevoli all’interno dei gruppi?Sabine: Quando ci si accorge che tutti i partecipanti sono coinvolti nella dis-cussione e partecipano attivamente.Lukas: Quando la discussione termina con un sorriso, personalmente sono molto soddisfatto.

Cosa vi spinge a collaborare con la sessione dei giovani come respons­abili di gruppo?Lukas: Io sono stato coinvolto quattro anni fa. Trovo speciale il fatto di incon-trare una volta all’anno persone non molto più giovani di me e lavorare in-sieme, trattando temi che solitamente non sono presi in considerazione.Sabine: Per me è il primo anno da con-duttrice. Già come partecipante alle precedenti sessioni, ho notato che mi sarebbe piaciuto partecipare come responsabile di gruppo.

Come rompete il ghiaccio all’inizio della discussione?Lukas: Ci sono molte differenze tra i partecipanti. Ci sono quelli che arrivano con la giacca e la cravatta di papà e aspettano che tutto parta da sé. All’inizio dico sempre: «Qui non vi trovate in un luogo, dove dovete avere paura di essere schiacciati. Tutti pos-sono dire qualcosa.» Per me vale la regola del fairplay. Se mi accorgo che qualcuno dice poco, mi rivolgo a questa persona e domando se ha qualcosa da condividere.

È difficile portare i partecipanti sullo stesso livello?Lukas: Certo, poiché ci sono quelli che partecipano già attivamente in partiti giovanili o che collaborano in presidi o azioni e che hanno dunque già una conoscenza della questione. Altri invece partecipano per la prima volta. Mi è già capitato di sentire persone dire che preferivano ascoltare gli altri, piuttosto che dire qualcosa.

Quali sono le vostre esperienze durante le discussioni? Ogni tanto accadono anche litigi tra i partecipanti?Sabine: Trovo molto difficile quando la discussione prende la forma di un dialogo. Quando è solamente un botta e risposta nel quale gli altri partecipanti non possono intervenire. In questi casi si creano situazioni di tensione.

Lukas, come reagisci in situazioni come quella appena descritta da Sabine?Lukas: La situazione non è mai stata così drammatica nella mia esperienza,

Fotos: Matthias Rüby

Dieses Gespräch mit zwei Gruppenlei-tern auf Deutsch im Dossier zur Jugend-session 2009 auf www.tink.ch

übersetzunG

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ma se ciò dovesse accadere mi alzerei e direi: «Timeout, ora la smettiamo!» oppure «Ora ognuno aggiunge una parola conclusiva.» In queste situa-zioni è necessario reagire umanamente, ma non ho una ricetta certa.

Le idee dei giovani sono realistiche o piuttosto idealistiche?Sabine: Direi che sono un miscuglio tra idee utopistiche e idee realistiche.

Infine come si porta un gruppo a un output? Come si fa a con­vincere tante persone differenti riguardo a un’idea?Lukas: All’inizio si cerca di capire un poco quali sono le opinioni delle persone e quali sono i temi prediletti per le discussioni. Improvvisamente il gruppo si concentra su qualcosa. Come responsabile di gruppo m’impegno a promuovere il tema e a fissare gli aspetti fondamentali. Sono sempre stupito dal modo in cui quattordicenni e quindi-cenni redigono i loro testi alla fine della sessione e a volte mi capita di dire «Ac-cidenti, non dovete fare i quarantenni!»

An der Jugendsession 2009 hat das Plenum sechs Vorstösse gut-geheissen. Hier sind in Kurzfassung in der Übersicht. Begründun-gen und Details sowie die abgelehnten Petitionen und Projektideen finden sich auf www.jugendsession.ch

resultate

BundesratsreformWir fordern, dass die Zahl der Bundes-räte von sieben auf neun erhöht wird. So könnten die Departemente mit dem Ziel einer erhöhten Effizienz neu organisiert werden. Ausserdem würde dadurch die politische, kultur-elle und sprachliche Repräsentation der Bevölkerung in der Exekutive auf Bundesebene verbessert. Ja: 96, Nein: 60

SterbehilfeAn den Bundesrat und das Parla-ment: An der diesjährigen Jugendses-sion haben wir uns mit dem Thema der Suizidhilfe befasst. Wir möchten deshalb gerne zum Vorschlag des Bundesrates Stellung beziehen. Grundsätzlich befürworten wir die Existenz von Suizidhilfeorganisati-onen. Deshalb lehnen wir die zweite vorgeschlagene Variante, das Verbot von Suizidhilfeorganisationen, ab. Wir sind jedoch der Meinung, dass Suizidhilfeorganisationen stärker reglementiert und kontrolliert werden müssen. Ja: 96, Nein: 41

KulturförderungWir fordern vom Bund die Förderung neuer Künste mittels einer Erhöhung des Budgets des Bundesamtes für Kultur um 0.1 Prozent des Staatsetat. Für neue Künste, wie zum Beispiel Poetry Slam und Graffiti Kunst, ist es schwierig, sich in der Kulturszene zu etablieren. Um die Etablierung zu erleichtern sollen diese Kunst formen vom BAK finanziell unterstützt werden.Ja: 78, Nein: 59

Neue MedienIn der Schweiz beträgt die Stimm-beteiligung durchschnittlich nur 40 Prozent. In Anlehnung an die Pilotprojekte in einigen Kantonen (Zürich, Genf, Neuenburg) und die Botschaften des Bundesrates fordern wir vom Parlament die Einführung der elektro nischen Stimmabgabe via Internet. Das System müsste durch interaktive Anleitungen ergänzt wer-den, damit die elektronische Stimm-abgabe für alle leicht verständlich – und somit zugänglich – wäre.Ja: 95, Nein: 52

Wirtschaftskrise 1Wir fordern vom Bund die Schaf-fung von steuerlichen Anreizen für die Weiterbeschäftigung von Lehr-abgängerinnen und Lehrabgängern. Um die Problematik der Jugend-arbeitslosigkeit auszugleichen, wollen wir steuerliche Anreize für KMU’s schaffen, ihre Lehrabgänger weiter zu beschäftigen. Durch die Steuer-reduktion werden die Unternehmen hinsichtlich ihres zusätzlichen Lohn-aufwandes entlastet.Ja: 71, Nein: 69

Wirtschaftskrise 2Wir fordern vom Bund eine gesetz-liche Grundlage für die Arbeits-bedingungen von Praktikantinnen und Praktikanten. Im dritten Stabi-lisierungspaket wurde die Schaffung von neuen Praktikastellen angeregt. Um langfristige Lösungen garantie-ren zu können, braucht es gesetzliche Grundlagen, die heute noch nicht bestehen.Ja: 106, Nein: 20

Angenommene Petitionen

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Jugendförderung statt Kampfjets

kommentar

Mittlerweile hat die Wirtschaftskrise auch die Jugend in ihren gnadenlosen Strudel des Chaos gezogen. Sie lässt die jungen Leute leiden. Mit einer Jugend arbeitslosigkeit von 5.3 Pro-zent müssen wir um unsere Zukunft bangen. Tausende Schweizer Jugend-liche irren ohne Perspektive im Schweizer Arbeitsmarkt herum. Auf politischer Ebene gegen diese Arbeits-losigkeit anzukämpfen ist mühsam – aber nicht unmöglich.

In einer solchen Zeit spielt gerade die Politik eine bedeutende Rolle. Den Regierenden fällt jedoch nichts Bes-seres ein, als gerade in der Jugend-förderung Abstriche zu machen und ein an ständiges drittes Konjunkturpaket in den Wind zu schlagen. Es wurde zwar ein überarbeitetes Paket gutgeheissen, aber die Mittel betragen noch genau fünf Prozent des ursprünglichen Budgets. Ein Mini-Paket ist entstanden. Die Problematik wird dadurch nicht gelöst. Die bürgerlichen Parteien stecken die Steuergelder lieber in neue Kampfjets als in die Jugend. Man sieht, an Geld fehlt es dem Bund nicht. Vielmehr ist es eine Frage der Verteilung.

Für die Kürzung verantwortlich ist die Bundesversammlung. Das Durch-schnittsalter im Nationalrat liegt bei 54 Jahren. Die betagten Politiker und Politikerinnen entscheiden über das

Schicksal der Jugend, ohne die Meinung der betreffenden Generation einzu-beziehen. Gerade bei der Jugend-arbeitslosigkeit können so die Betrof-fenen selbst nichts bewirken.

Anders als im Parlament kommen an der Jugendsession auch mal die Betroffenen zu Wort. Im Vordergrund der Gruppendiskussionen standen vor allem die so genannten Übergangs-lösungen wie Praktika, Militär, Weiter-bildungen. Diese sollen die jungen Arbeitslosen beschäftigen, ihnen wert-volle Arbeitserfahrungen ermöglichen und die bedenkliche Quote senken. Primär sind solche Projekte durchaus wirkungsvoll, auf längere Zeit gesehen, ist es eine Aufschiebung des Problems.

Um die Arbeitslosenzahlen zu senken, müssen neue Arbeitsplätze geschaffen werden. Sonst bewahrheiten sich die Befürchtungen der Wirtschaftsexper-ten und in einem Jahr stehen doppelt so viele Jugendliche ohne Job da.

Elia Blülle

Ein Betroffener spricht über Jugend-arbeitslosigkeit im Dossier zur Jugend-session 2009 auf www.tink.ch

LesetiPP

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interview

Foto: Elia Blülle

Mit welchen Massnahmen will die UNIA in Zukunft der Arbeits­losigkeit trotzen?Wir fordern, dass die Lehrbetriebe ihre Lehrlinge weiterbeschäftigen, Berufs-einsteiger gefördert werden und neue Praktikumstellen zu fairen Rahmen-bedingungen geschaffen werden. Was dieses Thema betrifft, haben wir ziemlich viele Forderungen.

Die Hälfte der jugendlichen Arbeits­losen sind Ausländer. Spielt die Diskriminierung eine Rolle?Ja, eine Diffamierung ist definitiv vor-handen. Aber es betrifft nicht nur die Ausländerinnen und Ausländer. Man findet sie zum Beispiel auch beim Lohn unterschied zwischen den Ge-schlechtern, bei behinderten Menschen oder den bildungsarmen Schichten. Der Markt ist nicht daran interessiert, nicht diskriminierend zu sein.

Elena Obreschkow ist als UNIA Gewerkschaftlerin, in den schweren Tagen der Krise, eine gefragte Person. Im Interview erklärt sie, wo die Probleme liegen und wie die Zukunft aussieht. Elia Blülle

In einigen Versuchen führte man anonyme Bewerbungen durch. Die Studien bewiesen, dass man als Ausländerin oder Ausländer offen sichtlich bessere Chancen hat, wenn man die persönlichen Daten weglässt. Was halten Sie von solchen Projekten?Ich finde es eine ausgezeichnete Lösung. Diese Pilotprojekte zeigen auf, dass eine fairere Auswahl durchaus möglich ist. So werden nur die effektiven Grund-lagen beurteilt. Dadurch wird aber die Unterbeschäftigung der Jugend nicht beseitigt. Wir brauchen stärkere Bestimmungen im Kampf gegen das Problem.

Das dritte Konjunkturpaket, das hauptsächlich die Jugend unter­stützen sollte, wurde von der SVP und der FDP massiv kritisiert. Warum?

Die bürgerlichen Parteien haben argu-mentiert, dass dieser Stabilisierungs-vorschlag zu viel Geld frisst. Auch benutzen sie die Ausrede, dass es mit der Wirtschaft wieder aufwärts gehen sollte. Das sind sehr gewagte Aus sagen. Solche Prognosen bewahrheiten sich nicht unbedingt.

Anderseits will die Rechte Fraktion zwölf Milliarden Franken in Kampf­jets investieren. Was könnte man mit demselben Kapital für die Jugend arbeitslosigkeit erreichen. Wir könnten neue Arbeitplätze schaf-fen, andere oder erweiterte Übergangs-möglichkeiten erarbeiten, die Bildung verstärken, Einstiegsprogramme bil-den. Mit diesem Betrag könnte man einiges bewirken. Die Frage ist nur, wo die Schweizer Politiker Prioritäten setzen. Zum Leide der Jugend nicht in der Bildung und der Arbeitslosigkeit.

Warum will der Bund gerade hier sparen? Es ist wirtschaftlich am wenigsten ren-tabel. Das hineingesteckte Geld kommt in absehbarer Zeit nicht zurück.

Laut Experten solle sich die wirtschaftliche Lage erholen. Drehen wir das Szenario um, was würde passieren, wenn sich die Umstände verschlechtern?Es wäre ein Desaster und die Jugend würde unter die Räder kommen. Eine Verschlimmerung der Jugendarbeits-losigkeit wird sowieso schon prophezeit. Ende 2010 soll es laut dem Staatssekre-tariat für Wirtschaft Seco 10 Prozent junge Arbeitslose geben – auch bei einer Verbesserung der Lage. Es ist an der Zeit, etwas zu unternehmen!

«Wir müssen etwas unternehmen»

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Mit gesenkten Köpfen sitzen Tamara, Roman, Luc und Thomas um den runden Steintisch. Die Stimmung ist konzentriert und dennoch entspannt. Gerade bereiten sich die vier Jung-politiker auf eine Rede vor, mit der sie am Sonntag das Plenum von ihren Ideen überzeugen wollen.

Roman öffnet ein Bier und blickt mit einem Lächeln um sich: «Das Leben hier an der Aare ist sehr angenehm.» Die Jugendpolitiker befinden sich im Garten des Youth Hostels im Berner Marzili-Quartier. Hier sind sie mit mehr als 200 anderen Jugendlichen während der 18. Eidgenössischen Jugend session einquartiert. Hier wird gegessen, geschlafen und «gechillt», wie Roman es nennt. Der einzige Nachteil sei der steile Aufstieg ins Bun-deshaus. Auch sein Jungsozialisten- Kollege Thomas empfindet den als sehr anstrengend: «Nichts für einen Raucher, wie ich es bin.» Seine partei-lose Kollegin Tamara empfiehlt ihm das «Marzili-Bähnli» – die Standseilbahn, die seit 1885 das Marzili-Quartier mit der Berner Altstadt verbindet: «Die bringt dich schnell nach oben und der Hustenanfall bleibt dir dabei erspart.» Die Runde lacht.

Putzen unter HochdruckDie gute Stimmung täuscht nicht. Um und in der Jugendherberge sind überall kleine Menschengruppen, die sich ihre knappe Freizeit an der Jugendsession mit friedlichem Debattieren, Zeitungs-lesen, oder mit Gesellschaftsspielen vertreiben. «Danach machen wir noch einen Tschau Sepp» sagt Thomas – der

rePortaGe

Temporäres Zuhause im Marzili

Während der Jugendsession ist die Jugendherberge der Ort, wo sich die Kulturen am meisten vermischen. 220 Jungpolitiker aus allen Landesteilen teilen sich ein Dach über dem Kopf, Essen gemeinsam und debattieren abseits des Plenums. Martin Sturzenegger

gemütliche Juso – zu seinen Freunden. Drinnen laufen derweil die Vorberei-tungen fürs das bevorstehende Abend-essen. 20 Kilogramm Fleisch, 12 Liter Pelati und 1 Kilo Tomatenpuree ver-rührt Küchenchef Adrian Sager zu einer lecker riechenden Sauce Bolognese. Zwei Riesentöpfe gefüllt mit einer Mascarpone-Gorgonzola-Mischung und dem Napoli-Klassiker stehen zusätzlich bereit. Auch die Vegetarier sollen auf ihre Kosten kommen.

Um etwa 18 Uhr müssen die 20 Kilo Spaghetti ins kochende Wasser, damit die erste Gruppe rechtzeitig ihre Stärkung bekommt. Gegessen wird an der Jugendsession gestaffelt: Erst füllen rund 140 Leute für 30 Minuten den Speisesaal, danach darf die andere Hälfte zur Tafel treten. Im Hintergrund geht alles sehr schnell: Haben die Ersten fertig gegessen, wird das dreckige Geschirr vorzu gereinigt, damit es für die zweite Gruppe wieder aufgetischt werden kann. «Wir sind ein eingespieltes Team. Es funktioniert jedes Jahr besser», sagt Sager.

Dasselbe meint auch Katja Fischer. Die 20-jährige Gymnasiastin ist bereits zum fünften Mal im Organisations-komitee der Jugendsession. Dieses Jahr trägt sie zum ersten Mal die alleinige Verantwortung für die Unter-kunft der 220 Jugendsessionsteil-nehmer. «Unsere Sandwichbau-Tech-nik ist schon ziemlich ausgereift», sagt Fischer, die an diesem Morgen gemeinsam mit anderen Helfern schon 400 Brote geschnitten, geschmiert und belegt hat. «Früher brauchten wir dafür

noch fünf Stunden, heute waren es zwei.» Auch beim Einteilen der Schlaf-plätze hat sie inzwischen Erfahrung. Die Präferenzen möglichst aller Teil-nehmer sollen dabei berücksichtig wer-den, was jedes Jahr zu einem kompli-zierten Verfahren führt. «Alle Wünsche können wir nicht erfüllen. Aber wir achten darauf, dass die Leute aus den gleichen Sprachregionen in einem Zimmer untergebracht werden.

Wertvoller KulturenaustauschDass das nicht immer gelingt, darüber weiss Thomas zu berichten: Im letzten Jahr wurde er – dessen Italienisch-Kenntnisse sich auf das Aufzählen von kulinarischen Gerichten beschrän-ken – in einem Zimmer einquartiert, das ausschliesslich mit Tessinern gefüllt war: «Ich hab da nicht sehr viel gesprochen. Und hätte ich immer nur Prosciutto, Mozzarella oder Lasagne gesagt, wär das auch irgendwie doof gewesen.»

Beim anschliessenden Nachtessen gesteht Thomas dann, dass genau dieser kulturelle Austausch an der Jugend session nirgends so intensiv und wertvoll sei, wie in der Jugend-herberge. «Das ist der Ort, wo sich die kulturellen Grenzen verwischen und der Röschtigraben verschwindet», sagt Thomas während er sich eine gehäufte Gabel Spaghetti Bolognese in den Mund stopft. Diese Mahlzeit ist gleich-zeitig seine Stärkung für die Rede, die er am Sonntag im Bundeshaus halten wird. Den beschwerlichen Weg hinauf wird ihm dabei das Marzili-Bähnli erleichtern.

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imPressionen

Fotos: Matthias Rüby und Raphael Hünerfauth

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WIR WOLLEN FAIRE PRODUKTE IN ALLEN SCHULMENSEN!

Informationen zur Aktion «Faire Mensa» gibt‘s unter:

www. youngcaritas.ch/fairemensa

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Recrutement en vue?Les jeunesses des partis se trouvent dans un cadre idéal pour recruter de nouveau membres. Celles-ci peuvent en effet rencontrer directement des jeunes intéressés et motivés. Les représentants de la Jeunesse socialiste et des Jeunes UDC Suisse nous font part de leur attentes. Laura Neville

Pouvez­vous vous présenter en quelques mots?Tania: Je fais partie de la Jeunesse socialiste. Je suis secrétaire principale du parti de la Jeunesse socialiste et je suis également parlementaire de la ville de Berne.Kevin: Je préside les Jeunes UDC du canton de Vaud et je suis également membre de la direction des Jeunes UDC Suisse en tant que coordinateur pour la Suisse Romande.

Êtes­vous présents chaque année à la Session des jeunes?Tania: Nous sommes toujours présents et il y a également beaucoup de jeunes socialistes qui participent à la Session des jeunes. Nous voulons parler avec les gens présents et les convaincre de nos positions.

Quelles sont vos attentes?Kevin: Etre présent à la Session des jeunes nous apporte une visibilité et

interview

celle-ci nous amène des membres. Nous avons chaque année de nouveaux membres grâce à cette réunion de jeunes. Certaines années, on peut avoir entre deux et quatre nouveaux mem-bres et certaines années ça peut aller jusqu’à dix membres. Nous pouvons également mettre en avant nos thèmes politiques et ainsi pouvoir recruter de nouveaux adhérents.

Pensez­vous que votre présence va inciter les jeunes à adhérer à un parti?Tania: Oui, et je pense que si on regarde les autres partis présents, c’est la Jeunesse socialiste qui est la plus attractive pour les jeunes. Nous avons des thèmes auquels les jeunes peuvent s’identifier. Nous avons beaucoup d’activités que la jeunesse trouve intéressantes. Nous avons par exemple un groupe de travail des migrants, des apprentis, les JS femmes, nos initiatives.

Foto: Quentin Schwarz

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Du kannst nicht singen? Dann rede!

bericht

Samstagabend, der 14. November 2009: Im Gaskessel herrscht das Castingfieber. 14 Jungpolitikerinnen und Jungpolitiker stellen sich vor eine kritische Jury. Jede und jeder mit dem Ziel: Politstar zu werden. Ein Spiel mit Worten, Gesten und Mimik.Chantal Ladrière

Dass Politik nicht zwingend mit Lange-weile zusammenhängt, wird beim Betreten des überfüllten Gaskessels klar. Eben noch in Diskussionen über Petitionen involviert, unterhalten sich 200 Jugendliche nun ausgelassen über den künftigen Politstar. Mit Jubel-rufen, Singchören und Fanplakaten begrüssen sie ausgelassen die 14 Kan-didatinnen und Kandidaten. Lasst die Show beginnen.

Es kommt selten oder gar nicht vor, dass Moritz Leuenberger, Barack Obama und Jacques Chirac an ein und dem-selben Ort vor Publikum treten, um eine Rede zu schwingen. Doch genau dies passiert an diesem Abend im Gaskessel. Politstar 2009 macht es möglich. Die Kandidaten schlüpfen in die Rolle bekannter Politikerinnen oder Politiker und stellen deren berühmten Reden vor. Da wird die Gestik eines Sarkozys und die Mimik eines Jelzins nachgemacht, die Abwahlrede von Alt Bundesrätin Ruth Metzler in eine Komödie verwandelt oder in manchen Fällen auch nur vom Blatt abgelesen.

Die Jury, bestehend aus Politologin Regula Stämpfli, Kommunikations­berater Marc Balsiger und Nationalrat Antonio Hodgers, bewertet. Doch sind sich die drei nicht immer ganz einig. Regula Stämpfli sticht besonders heraus, als sie einen Teilnehmer mit der schlechtesten Note, einer eins, bewertet. Trotz heftigen Buhrufen und Protesten aus dem Publikum, macht sie klar, dass sie ihre Meinung nicht ändern wird. Am Ende der ersten Runde entscheidet sie sich dann aber doch noch, die Note in eine vier um zuwandeln.

Auch wenn die Meinungen über die Jury und die Kandidaten geteilt sind; das Publikum sorgt während der ganzen Show für Stimmung. Tritt ein Westschweizer auf, wird in der linken Ecke getobt und applaudiert. Hält jemand aus dem Tessin eine Rede, springt die rechte Ecke auf und jubelt.

Die Zahl der Kandidatinnen und Kan-didaten wird von Runde zu Runde kleiner. Helen Bänninger, Arnaud

Thuillard und Adil Koller schaffen es schliesslich ins Finale. Innerhalb einer Minute müssen sie Gründe liefern, wieso sie es verdient haben, die Casting show zu gewinnen. Die Jury hat nichts mehr zu sagen. Es liegt nun am Publikum zu entscheiden, wer Politstar 2009 wird. Ein Dezibelmesser wertet den Applaus aus. Die beiden Herren liefern sich dabei ein Kopf-an-Kopf-Rennen. Hinter Arnaud Thuillard steht die gesamte Westschweizer-Fraktion, Doch mit seinem Humor und seiner aussergewöhnlichen Bühnen-präsenz macht schliesslich Adil Koller das Rennen. Der soeben gewählte Polit star 2009 beendet den gelunge-nen Abend mit den Worten: «Ja, ich nehme die Wahl an.»

Foto: Matthias Rüby

Die Reden des Politstars im Dossier zur Jugendsession 2009 auf www.tink.ch

hörtiPP

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Portrait

Der Ausgang des Wettbewerbs mutet paradox an: Mit der Abwahlrede der ehemaligen Bundesrätin Ruth Metzler wurde Adil Koller zum Politstar der Jugendsession gewählt. «Ich, Ruth Metzler, nehme hiermit die Wahl an», verkündete der 16-jährige München-steiner, nachdem ihn die Zuschauer im Gaskessel zum Sieg geschrien, gestampft und gepfiffen hatten. Doch so stoisch Koller während des Abends wirkte – es waren für ihn Stunden mit vielen Hochs und Tiefs. Schon das Jury-urteil bedeutete für ihn und seine Fans ein Wechselbad der Gefühle: Zweimal die Höchst- und einmal die Tiefstnote wurden für seine bitterböse Persiflage auf die Rede der blassen Appenzellerin gezückt. Hätte Jurymitglied Regula Stämpfli später ihr hartes Urteil nicht revidiert – Adil Koller wäre nicht ein mal im Finale gestanden. «Frau Stämpfli ist wahrscheinlich Fan einer ernsten Politik, aber die konnte ich in diesem Fall nicht bringen», mut mas ste Koller. Obwohl es ihm auf der Bühne nicht anzusehen war, die Interpretation der Rede fiel dem Jungsozialisten nicht leicht. «Ich wurde in meinem Leben noch nie abgewählt, deshalb war es schwierig, mich in die Rede hinein-zuversetzen.» Viel lieber hätte er eine Rede von Alt Bundesrat Blocher interpretiert, den er als begnadeten Rhetoriker bezeichnet. Koller machte aus der Not eine Tugend, und ergriff eine Massnahme, zu der viele nicht den Mut hatten: Eine Rede im eigenen Stil zu interpretieren. Koller entschied sich für eine eigenwillige und unter-schwellig sarkastische Interpretation. Ruth Metzlers Mann Lukas wurde zu

einer Frau Namens «Lucy» transfor-miert, die unterdrückte Enttäuschung die in Metzlers Rede mitschwang, rückte Koller in den Vordergrund und gab sie so der Lächerlichkeit preis. Die Zuschauer wussten es zu schätzen: Nur schon wenn der stoische Koller das hei-lige Wörtchen Konkordanz aussprach, brach das Publikum in Gelächter aus. «Die Leute lachten sehr, obwohl ich gar nicht wusste warum.» Offensicht-lich besitzt der junge Politiker die Gabe, Unspektakuläres interessant wirken zu lassen. Seine Rede bestach durch treffsichere Wortakrobatik, aus seinen Augen schaute der Schalk.

«Ich will Politstar werden, weil Politi-ker sehr langweilig sein können», liess Koller im finalen Durchgang verlauten. Viele der Politiker seien in ihren Reden zu geschliffen und nichtssagend. Auch in den obersten Gremien: Moritz

Leuenberger überzeuge ihn von allen Bundes räten noch am ehesten, er sei ein guter Rhetoriker. Dass Koller mit seiner Art einst für mehr Entertain-ment in den Gängen des Bundeshauses sorgen wird, ist möglich: «Ein Mandat auf Bundesebene ist längerfristig das Ziel.» Vor zwei Jahren zog es ihn des-halb zu den Jungsozialisten. «Ich war der Meinung, dass an den Jungen vor-beipolitisiert wird.» Als Juso habe er nun das Gefühl, dies ändern zu können. Doch nicht nur Politik reizt den Gym-nasiasten, auch eine Karriere als Jour-nalist könnte er sich vorstellen. Dass er ein talentierter Beobachter ist, hat er mit seiner Metzler-Interpretation bewiesen. Und damit noch etwas anderes: Als Stand-Up Comedian mit satirischem Einschlag würde sich Koller ebenfalls eignen. Doch diesen Berufsvorschlag lehnt der neue Polit-star ab: «Dankeschön, aber nein!»

Es war ein Triumph unter tosendem Applaus: Der Münchensteiner Adil Koller sicherte sich im Berner Gaskessel mit eigenwilligen Reden den Titel «Politstar 2009». Dabei fiel ihm die Interpretation von Ruth Metzlers Abschiedsrede gar nicht leicht. Blocher wäre ihm lieber gewesen. Martin Sturzenegger

«Politiker können sehr langweilig sein»

Foto: Matthias Rüby

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«Das neue Gesetz möchte zu viel»

interview

Geo Taglioni, Projektleiter der Jugendsession, äussert sich über das neue Kinder- und Jugendfördergesetz, das aktuell in der Vernehm-lassung ist und frühestens 2011 in Kraft tritt. Martin Sturzenegger

Geo Taglioni, Kinder und Jugend­lichen haben sich seit 1989 stark gewandelt. Kommt das neue Gesetz nicht etwas spät? Ja, denn das Postulat, das ein Rahmen gesetz für die Kinder- und Ju-gendpolitik verlangte, wurde bereits 2000 lanciert. Schon damals mit der Begründung, dass das Gesetz nicht mehr aktuell und der Unterschied zwi-schen den Kantonen in Jugendfragen zu gross sei.

Welche wesentlichen Neuerungen bringt das neue Gesetz?Es ist zukunftsgerichteter und muti-ger. Zudem verlangt es eine Chancen-gleichheit zwischen den Kantonen, die auf Bundesebene koordiniert würde. Heute wird in einzelnen Kantonen viel in die Jugendförderung investiert, in anderen ist sie praktisch inexistent. Mit einer Erhöhung der Beiträge von 6,9 auf jährlich 8,4 Millionen Franken sollen die Mehrkosten gedeckt werden.

Wie reagiert das Parlament auf das neue Gesetz?Ich kann nur prognostizieren: Das Parlament wird geteilter Meinung sein. Während das Gesetz von mitte Links bis Links auf Akzeptanz stösst, wird es Kritik von der bürgerlichen und liberalen Seite geben. Parteien wie SVP und FDP, und kleinere Parteien wie die EVP, sind der Meinung, dass der Bund sich nicht in Jugendfragen einmischen soll. Die Verantwortung liege bei den Gemeinden und Kantonen.

Inwiefern wäre die Eidgenössische Jugendsession vom Gesetz betroffen? Es ist mehr eine formale Angelegen-heit. Während das Parlament bisher jährlich einen Kredit für die Session bewilligen musste, wäre nun die Unter-stützung gesetzlich verankert. Das ist eine Anerkennung der guten Arbeit, die wir geleistet haben. Andererseits besteht in der Regierung offensichtlich der Eindruck, dass die Jugendsession eine Plattform für elitäre Jugendliche ist. Es ist möglich, dass künftig Quoten verlangt werden, die vorsehen, wie viele Jugendliche aus welchen Bildungs-schichten an der Jugendsession partizi-pieren müssen. Wir sind der Meinung, dass bereits jetzt ein ausgewogenes Bild herrscht. In diesem Jahr waren 35 Prozent der Teilnehmenden Lehrlinge oder Lehrabgänger.

Was kritisieren Sie sonst noch am Gesetz?Es möchte zu viel, weil alle davon profitieren sollen: Die Kantone, Gemeinden, die Jugendförderung oder der Jugendschutz – man hat versucht, es allen Recht zu machen und alles in

das Gesetz reinzupacken. Doch mit der Budgeterhöhung, wie sie vorgehen ist, ist das fast nicht möglich. Vergleicht man die Summe mit dem Geld, das jährlich in die Sportförderung fliesst (Anm. d. Red.: ca. 60 Millionen), ist das ein Verhältnisblödsinn.

Wieso zieht die Jugendförderung den Kürzeren?Die Wertschätzung für die Jugend-arbeit ist in der Bevölkerung und in der Politik vielfach nicht vorhanden, weil sie nicht direkt sichtbar ist. Es sind beispielsweise Softskills, wie ein Lager zu leiten, die viel Erfahrung und Wissen seitens der Jugendarbeitenden verlangen. Das realisieren viele nicht und deshalb mangelt es auch an der nötigen Unterstützung.

Würden mit dem Gesetz Fortschritte erzielt, wenn es in dieser Form umgesetzt wird?Es wäre sicherlich ein Schritt in die richtige Richtung. Doch es braucht eben auch mehr Geld, um die gut gemeinten Vorhaben umzusetzen.

Foto: Matthias Rüby

Das neue Kinder- und Jugendfördergesetz

Dieses Gesetz sieht eine Totalrevision des bestehenden Gesetzes von 1989 vor. Es wurde im Jahr 2000 mit einem Pos-tulat lanciert. Danach verstaubte es in den Schubladen des Bundesrats, bis die Schweizerische Arbeitsgemeinschaft der Jugendverbände eine Koalition bildete, die das Gesetz nochmals vorantrieb. Der aktuelle Entwurf wird frühestens im Jahr 2011 in Kraft treten. www.news.admin.ch

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«Das neue Gesetz möchte zu viel»

Ilustration: Matthias Rüby

HerausgeberTink.ch Sandstrasse 5 3302 Moosseedorf 031 850 10 [email protected] www.tink.ch

RedaktionsleitungCéline Graf Janosch Szabo

TextRoman Gibel Elia BlülleQuentin Schwarz Luzia Tschirky

Chantal LadrièreStefano Bianchi Laura NevilleMartin SturzeneggerDavid NaefLucia Pelloni Loris VallenariPetar MarjanovicCéline Graf

FotografieMatthias Rüby Julia WeissRaphael Hünerfauth Thinh-Lay TongElia BlülleQuentin Schwarz

LayoutJosias Brotbeck

PartnermedienRadio BlindpowerRadio Kantipark

DruckTypoart AGBollstrasse 613076 Worb 031 838 31 31www.typoart.info

Auflage1000 ExemplareDezember 2009

Radio Felix Unholz Luzia Tschirky Yves KilchörTania BrüggerKhandela WalthertAndreas SchrothMichael Ryser

LektoratStefanie PfändlerCéline GrafJanosch Szabo

ÜbersetzungClaudia Colombo Jonas Schneiter

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