Rivista di Medicina, Attualità, Cultura · Tonia Esposito, Carlotta Fai, Dario Fai, Irene Forza,...

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Prevenire l’osteoporosi con una sana e corretta alimentazione Rivista di Medicina, Attualità, Cultura MEDIMIA MAGAZINE - Trimestrale - Aprile 2017 - Anno VI n° 23 - ISSN n. 2281-6526 Dermatologia Le verruche Laserterapia L’epilazione laser Idrologia Le lavande vaginali Urologia Le fasi della risposta sessuale

Transcript of Rivista di Medicina, Attualità, Cultura · Tonia Esposito, Carlotta Fai, Dario Fai, Irene Forza,...

Prevenire l’osteoporosicon una sana e corretta

alimentazione

Rivista di Medicina, Attualità, Cultura

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DermatologiaLe verruche

LaserterapiaL’epilazione laser

IdrologiaLe lavande vaginali

UrologiaLe fasi della risposta sessuale

Sommario

IdrologiaLavande vaginali e acque minerali

nelle infezioni batteriche46

AlimentazionePrevenire l’osteoporosi:

l’importanza di una sana alimentazione50

L’alimentazione pre-gravidanza:occhio al peso e alle cattive abitudini

54

Dietetica clinica e counselling nutrizionale territoriale

56

OftalmologiaLe malattie delle palpebre

63

OncologiaProtocollo della prevenzione

e della diagnosi precoce del cancro mammario66

SociologiaEmozioni e sentimenti:

essere all’altezza dei bambini72

FilosofiaLa morale dell’incontro

e lo spazio sociale74

ContattiCerca il medico

79

EditorialeNuovi LEA 2017:

le novità principali3

DermatologiaLe verruche: quando e come intervenire

4

Terapia fotodinamica con MAL per il trattamento dell’eritroplasia di queyrat

10

Idrosadenite suppurativa o acne inversa: trattamenti

14

Ossigenoterapia e alopecia: nuove evidenze terapeutiche

18

Laser epilazione: facciamo il punto

22

Revisione casistica tumori cutanei 28

2017, l’era microbotox32

MasterAl via la terza edizione

del Master Laser in Dermatologia:Università Tor Vergata Roma

36

GinecologiaKisspeptin, un bacio per la vita?

38

UrologiaLui e lei, per un incastro perfetto;

le fasi della risposta sessuale41

MEDIMIA MAGAZINE Anno VI n° 23Aprile 2017

Pasquale [email protected]

Nuovi LEA 2017:le novità principali

Non venivano aggiornati dal 2002, anno in cui sono entrati in vigore. Dopo 15 anni, i Livelli Essenziali di Assistenza, che elencano le pre-stazioni che la sanità pubblica offre gratuitamente in tutte le Regio-ni, prevedono l’aggiornamento e l’ampliamento delle liste delle ma-

lattie croniche e rare (oltre cento), l’introduzione della fecondazione assistita e nuovi vaccini, il cui trattamento è interamente coperto dal Servizio Sanitario e dunque è esente dal pagamento del ticket.

Tra le malattie croniche sono state aggiunte l’endometriosi, le malattie rena-li croniche, la sindrome da talidomide, la broncopneumopatia cronica ostrutti-va, il rene policistico autosomico dominante e l’osteomielite cronica. Malattia cronica anche la celiachia, la sindrome di Down, le connettiviti indifferenziate e l’autismo. Per quest’ultima, inoltre, i nuovi Lea prevedono una maggiore qua-lità dell’assistenza, anche volta all’integrazione sociale.

Per quanto riguarda i vaccini, nel Piano Nazionale Vaccini 2016-2018 sono stati aggiunti l’anti papilloma virus anche per i maschi a partire dagli undici anni, l’anti pneumococco e l’anti meningococco. Si tratta di vaccinazioni gratu-ite, senza il pagamento del ticket, in quanto rientra nella logica della preven-zione sanitaria di massa.

Oltre alla fecondazione assistita (eterologa ed omologa) in ambito ambu-latoriale, è stato previsto lo screening neonatale per la sordità congenita e la cataratta congenita e l’estensione a tutti i nuovi nati dello screening neonatale.

Dovremo attendere altri 15 anni? A quanto pare no: è stata costituita la Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA, con il compito di moni-torarne costantemente il contenuto, escludendo prestazioni, servizi o attività che verranno considerati obsoleti e valutando di erogare a carico del Servizio Sanitario Nazionale trattamenti che, nel tempo, si dimostrino innovativi o e efficaci per la cura dei pazienti.

@MedimiaMagazine

Medimia Magazine

Editoriale

Direttore responsabilePasquale Malvone

Coordinatore scientificoMario Sannino

Redazione scientificaGiovanni CannarozzoAlfonso Carotenuto

Paolo CaterinoErcole Costanza

Luigi CuocoGiuseppe Lodi

Cristiano MoriniMarina Vaccaro

Hanno collaborato a questo numero:Raffaele Aratro, Paolo Caterino, Laura Coluccio, Liliana Corosu,

Roberto Corosu, Maria Costantino, Tonia Esposito, Carlotta Fai, Dario Fai,

Irene Forza, Olimpia Guarino, Giuseppe Lodi, Claudio Messere, Francesca Negosanti,

Steven Paul Nisticò, Federico Patta, Luca Rotunno, Saverio Sansone

Coordinamento graficoAntonio Di RosaVincenzo Pinto

Photo editorLuigi Caterino

Portale medimia.itAntonio Galli

Agenzie FotograficheFotolia - Unsplash - Mg Group - Pexels

EditoreEPS srl

Stampa Arti Grafiche Boccia

Salerno

Direzione e AmministrazioneEPS srl

isola 7, lotto 75980035 - Cis di Nola (Na)

tel. +39 081 5109495fax +39 081 5109415

[email protected]

L’autore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare, nonchè per eventuali

omissioni o inesattezze delle fonti delle immagini riprodotte nel presente numero.

Registrazione n° 4 del 21/06/2010presso il tribunale di T. Annunziata

Codice ISSNn° 2281-6526

Prevenire l’osteoporosicon una sana e corretta

alimentazione

Rivista di Medicina, Attualità, Cultura

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DermatologiaLe verruche

LaserterapiaL’epilazione laser

IdrologiaLe lavande vaginali

UrologiaLe fasi della risposta sessuale

ASSOCIATO ALL’UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

Le verruche:quando e come intervenire

Paolo CaterinoPolo Dermatologico Aversa

Giuseppe LodiPolo Dermatologico Aversa

Il termine verruca deriva dal latino verrūca-ae, “ri-alzo, escrescenza”.

La verruca è una lesione cutanea produttiva in-dotta da virus appartenenti alla famiglia del papil-

loma virus umano (HPV) che comprende oltre cento tipi diversi.

Grazie a studi di biologia molecolare, oggi è possibile affermare che alcuni tipi virali sono associati a forme cliniche specifiche: ad esempio, l’HPV 1 è associato alle verruche palmoplantari, l’HPV 2 alle verruche volgari, l’HPV 3 alle verruche piane e gli HPV 6-8-11-16-18 alle verruche genitali o condilomi.

La lesione elementare della verruca è un’estroflessio-

ne cutanea costituita all’esterno dai vari strati dell’epi-dermide e all’interno dal connettivo vascolarizzato ed innervato. La prevalenza delle verruche cutanee è va-lutata sul 7-10% della popolazione generale, in netto aumento da due/tre decadi. I bambini in età scolare e i giovani adulti costituiscono il principale serbatoio dei virus delle verruche volgari, con un picco tra i 10 e i 14 anni.

Il  virus  penetra nell’epidermide  e infetta lo strato basale,determinando un aumento della velocità di repli-cazione. Gli HPV hanno uno spiccato tropismo per gli epiteli squamosi pluristratificati ed inducono uno spe-cifico effetto citopatogeno del quale il coilocita (grande

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Dermatologia

Foto 4 - Verrucoma: confluenza di più verruche in un piastrone cheratosico diffuso

Le parti del corpo più colpite generalmente sono le mani, i piedi e la zona genitale.

cellula dal nucleo eccentrico con ipercromasia e alone pe-rinucleare chiaro) ne rappre-senta l’emblematica morfolo-gia. Come si trasmette

Il contagio può avvenire per via interumana attraver-so il contatto diretto con una verruca di un’altra persona; il virus penetra nell’epidermi-de attraverso microabrasioni e raggiunge, infettandole, le cellule staminali dello strato basale. Va sfatato, pertan-to, il concetto popolare molto diffuso della trasmissio-ne attraverso sanguinamento o attraverso altri liquidi biologici.

Le docce delle palestre, le piscine e gli ambienti umidi ed affollati sono le aree dove tipicamente si può venire a contatto con l’HPV.

L’umidità e le elevate temperature aumentano la ve-locità di replicazione virale. La trasmissione è favorita anche dai microtraumi.

>Le aree colpiteLe parti del corpo più colpite generalmente sono le

mani, i piedi e la zona genitale. Le verruche sono, in ge-nere, asintomatiche ma possono essere dolenti (soprat-tutto in sede plantare).

Clinicamente, si manifestano in modo vario a se-condo del tipo virale e della sede colpita. Le verruche volgari, ad esempio, dal diametro di pochi millimetri sono le più comuni e di solito si presentano sulle mani sottoforma di papule rosa-grigiastre a superficie ruvida

ed irregolare (Foto 1). Sulla cute della fronte e delle mani dei bambini, invece, posso-no presentarsi papule rosee appena rilevate: le verruche piane. Verruche filiformi possono essere frequenti in aree come le labbra (Foto 2) o il bordo delle narici. A livello plantare le verruche possono assumere un aspetto a mo-saico (Foto 3) o formare un

verrucoma (Foto 4), mentre a livello genitale si presen-tano come lesioni vegetanti spesso multiple o confluen-ti (creste di gallo).

>La diagnosiLa diagnosi è clinica ma la valutazione dermatosco-

pica spesso risulta dirimente (Foto 5). La frequente re-gressione anche spontanea delle verruche non giustifica l’astensione terapeutica vista la potenziale contagiosità; alcuni tipi di HPV, inoltre, sono responsabili del carci-noma della cervice uterina dal momento che l’HPV è anche un oncovirus.

Circa il 70% di tutte le lesioni pretumorali sono attri-buibili a due tipi di HPV (il 16 e il 18), mentre quasi il 90% dei condilomi è causato dai tipi 6 e 11.

Risulta, dunque, importante adottare una giusta for-ma di prevenzione: la vaccinazione.

>La vaccinazioneIl carcinoma della cervice uterina è la prima forma

tumorale universalmente riconosciuta come completa-mente riconducibile a un’infezione virale. Tuttavia, solo

Dermatologia Le verruche

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Foto 2 Foto 3

Foto 1

Dermatologia

le infezioni che diventano croniche possono trasfor-marsi, dopo alcuni anni, in una lesione tumorale franca.

Oggi sono disponibili due tipi di vaccini contro l’HPV: il vaccino bivalente protegge contro i tipi 16 e 18 (i tipi di papillomavirus in grado di causare lesioni pretumo-rali) mentre quello quadrivalente offre una protezione anche contro i tipi 6 e 11 (quelli che causano il maggior numero di condilomi).

Entrambi i vaccini inducono una migliore risposta

Le verruche

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immunitaria nelle persone più giovani.Per questa ragione la campagna di vaccinazione è

indirizzata alle bambine e ai bambini di età compresa tra gli 11 e i 12 anni; l’Advisory Committee on Immu-nization Practices (ACIP) nel 2011 ha raccomandato l’utilizzo del vaccino quadrivalente per l’HPV anche nei maschi. E’ stato dimostrato che il vaccino quadrivalente protegge anche dal tumore dell’ano, della vulva e della vagina.

Foto 7 - A) Verruca plantare B) Subito dopo il trattamento laser C) Controllo dopo circa 8 mesi

Foto 6 - Verruca recidivata dopo crioterapiaFoto 5 - A) Immagine clinica - B) Immagine dermatoscopica

A

B

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>I trattamentiNella pratica comune le verruche vengono trattate

con metodi invasivi come la cheratolisi chimica, la dia-termocoagulazione e la crioterapia (solitamente con azoto liquido). In casi selezionati, esse possono essere trattate in centri altamente qualificati con la moderna laserterapia. La sorgente di prima scelta che universal-mente può essere utilizzata per il trattamento delle ver-ruche (volgari, plantari, piane, filiformi e condilomi) è il laser CO2 10600 nm mentre il Dye laser 585-595 nm può essere utilizzato come sorgente di seconda scelta.

La laserterapia, oggi, rappresenta la migliore scelta tecnologicamente avanzata per la risoluzione delle ver-ruche anche già precedentemente trattate con terapie tradizionali (Foto 6) e localizzate in sedi notoriamente difficili come quelle plantari (Foto 7). Circa una setti-mana prima del trattamento, può essere applicato quo-tidianamente un topico a base di sostanze emollienti e cheratolitiche che, riducendo lo spessore della verruca, consentono una maggiore penetrazione del laser.

Il laser CO2 agisce sul contenuto di acqua delle cellule. Questo laser determina una vera e propria vaporizza-zione con un danno termico minimo che deve raggiun-gere ma non superare il derma reticolare superficiale. Il Dye laser 585-595 nm, invece, ha come target d’azione l’emoglobina e l’ossiemoglobina: questo laser agisce di-

struggendola componente vascolare delle verruche. Gli effetti collaterali osservati del Dye laser 585-595

nm sono transitori (eritema, edema e porpora). Subito dopo la seduta, la verruca assume un evidente colore bluastro mentre la cute circostante si presenta arrossa-ta. La porpora cutanea regredisce progressivamente nei 10-15 giorni successivi. Il post laser è semplice e con-siste nell’applicare un topico antisettico, lenitivo, cica-trizzante, antinfiammatorio per alcuni giorni.

Questi trattamenti di laserterapia sono ambulato-riali, quasi indolore, durano pochi minuti e consentono alle persone di tornare immediatamente alle normali attività lavorative. L’utilizzo di un sistema di raffred-damento cutaneo rende il procedimento estremamente confortevole, con una maggiore compliance del pazien-te ma talora può essere necessario applicare un aneste-tico locale.

Molto interessante è il trattamento laser delle verru-che plantari negli sportivi che non possono concedersi lunghi periodi di inattività, necessitando di allenamen-to continuo.

Il numero delle sedute dipende dalla dimensione e dalle caratteristiche delle verruche. La risposta immune del soggetto può essere lenta; un controllo clinico perio-dico, anche dopo adeguata terapia laser, è indicato per scongiurare eventuali recidive.

Dermatologia Le verruche

Il perossido di idrogeno nella guarigione delle ferite

In una ferita cutanea, per accelerare i tempi di guarigione, occorre effettuare una corretta antisepsi. Il perossido di idrogeno è una sostanza antisettica efficace contro la maggior parte dei microrganismi patogeni. Studi farmacologici hanno dimostrato attività antibatterica e antifungina.

Per il suo potere ossidante, denaturando le proteine, è considerato un efficace antisettico e, grazie alla formazione di ossigeno gassoso, è in grado di pulire meccanicamente le ferite.

BActocAre, medical device della Roydermal Laboratoire Pharmaceutique, a base di perossido di idrogeno a lento rilascio, ostacola la proliferazione dei microrganismi patogeni senza provocare bruciore e agevola il processo di cicatrizzazione per la presenza di acido ialuronico.

Bactocare deterge e favorisce la cicatrizzazione della pelle, accelerando la guarigione di ferite superficiali, escoriazioni, scottature (prevenendo la formazione di bolle), ustioni, ulcere, ferite traumatiche e post-chirurgiche, ulcere post-traumatiche, piaghe da decubito, follicolite, impetigine e perionissi.

Terapia fotodinamica con MAL per il trattamento

dell’Eritroplasia di Queyrat

L’Eritroplasia di Queyrat (EQ) è un carcinoma squamocellulare intraepiteliale localizzato sulla mucosa peniena o nelle zone di transi-zione. La terapia standard consiste nella ri-

mozione chirurgica della lesione che a volte risulta este-sa anche alcuni centimetri.

L’uso di procedure alternative non invasive, come la terapia fotodinamica (PDT) è stata presa in considera-zione per il trattamento dell’EQ, di questa esistono solo alcune casistiche riguardanti casi isolati o piccoli gruppi di pazienti. La nostra esperienza con terapia fotodina-mica riguarda uomini con EQ del glande e/o prepuzio.

I pazienti sono stati sottoposti a due sessioni setti-manali consecutive di MAL-PDT, la seconda delle quali postposta in alcuni casi per via di un’eccessiva reazione locale. 34 pazienti hanno raggiunto una remissione cli-nica completa senza alcun segno di recidiva su un pe-riodo medio post-trattamento di 30 mesi (intervallo, 1 8-30 mesi). Il risultato cosmetico è stato eccellente nella maggior parte dei casi mentre cambiamenti discromici si sono verificati in 8 pazienti.

Tutti i pazienti hanno provato reazioni avverse locali transitorie e 7 di essi sintomi severi o molto severi du-rante la sessione.

Dermatologia

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Dario FaiSpecialista in Dermatologia e Venereologia

Carlotta FaiMedico Chirurgo

La serie di casi includevano 39 pazienti di sesso ma-schile di età compresa tra 36-82 anni (l’età media di 62.5 anni) con EQ localizzata sul glande e/o la superfi-cie interna del prepuzio o il solco coronale, in tutti i casi il coinvolgimento uretrale era assente, infatti in coloro nei quali era evidente un interessamento anche del me-ato uretrale il trattamento era escluso e inviati dal chi-rurgo trattandosi non più di carcinoma intraepiteliale.

La diagnosi clinica era confermata in ogni caso con l’istopatologia, nessuno dei pazienti presentava alcuna controindicazione all’uso della PDT.

La compilazione del consenso informato era d’ob-bligo prima del trattamento. Si procedeva quindi alla preparazione della lesione e se presenti squame o croste venivano delicatamente rimosse, poi veniva applicato uno strato sottile (approssimativamente 1 mm) di MAL 160 mg/g e lasciato per 3 ore sotto occlusione, succes-sivamente l’area lesionale veniva esposta alla luce rossa ad una fluenza di 37 J/cm2. Sono state effettuate due sessioni settimanali consecutive, la seconda delle quali postposta per via di una reazione locale eccessiva in 7 pazienti.

Nella fase di post-trattamento erano prescritti anti-settici locali e preparazioni topiche contenenti antibio-tici e corticosteroidi per 5-7 giorni. Le valutazioni clini-che sono state fatte ad intervalli mensili dopo la terapia i primi 3 mesi, poi ogni 3-6 mesi.

RisultatiTutti i pazienti hanno completato il ciclo di MAL-

PDT: 32 pazienti hanno ricevuto una seduta settimana-le per due settimane consecutive, mentre in 7 pazienti la seconda sessione è stata postposta di una settimana per via dei sintomi locali persistenti.

34 pazienti hanno ottenuto una completa e persi-stente remissione della EQ, senza alcun segno di recidi-va su un periodo di post trattamento di 30 mesi, mentre 4 pazienti hanno mostrato clinicamente solo una rispo-sta parziale nel follow up a 3 mesi dopo PDT.

Una nuova biopsia in questi 4 pazienti con persisten-za clinica dell’EQ era confermata istologicamente in tre casi, mentre solo la presenza di fibrosi è stata indivi-duata sull’esame istopatologico del quarto paziente. Il risultato cosmetico è stato riconosciuto come eccellen-te in 31 pazienti, che non hanno avuto alcuna modifica evidente dell’area trattata, mentre cambiamenti discro-mici e soprattutto iperpigmentazioni erano presenti in 8 casi. Le reazioni locali dovute alla procedura si sono riscontrate nell’intero campione dello studio. In parti-

colare tutti i pazienti hanno riportato disagi, dolore o sensazioni di bruciore durante la sessione, che sono sta-ti classificati come severi o molto severi (su una scala di 6 punti, da 0= assenti a 5= molto severi) da 32 soggetti. Questi sintomi hanno portato 7 pazienti alla interruzio-ne temporanea dell’illuminazione per pochi minuti, con l’applicazione di acqua fredda spray, di bendaggi freddi e aria fredda. Solo quattro pazienti hanno lamentato un dolore con bruciore persistente della durata di 2-4 gior-ni, che ha richiesto la somministrazione di analgesici. EQ è una non comune precancerosi che solitamente si sviluppa sul glande, può avere una prognosi sfavorevole e un maggiore rischio di trasformazione maligna rispet-to ad altre patologie della mucosa genitale come la Ma-lattia di Bowen.

Nonostante le somiglianze istopatologiche condivise dalle due condizioni, che sono state per lungo tempo considerate come aspetti diversi della stessa malattia da alcuni autori, per via delle diverse caratteristiche cli-niche e della più alta probabilità di progressione della EQ verso forme invasive associate ad un coinvolgimen-to della mucosa uretrale andrebbero considerate come entità differenti, si comprende quindi quanto l’efficacia del trattamento sia fondamentale per minimizzare tale rischio.

La terapia standard solitamente consiste della radica-le escissione chirurgica, da anni pero c’è una ricerca cre-scente di opzioni non invasive in grado di risparmiare i tessuti, di efficacia simile alle tecniche chirurgiche per il trattamento dei tumori cutaneo-mucosi non-melano-ma, e tra questi la PDT. La letteratura contiene pochi riferimenti sul trattamento dell’EQ con PDT, e molti di questi comprendono l’uso topico ALA e riguardano pochi pazienti, la nostra esperienza su 39 pazienti con EQ di glande e/o prepuzio, senza coinvolgimento ure-trale, trattati con MAL-PDT ha dimostrato che l’83% dei soggetti trattati ha raggiunto una remissione clinica completa, che persiste ancora dopo un periodo di post-trattamento di 30 mesi.

Questi risultati preliminari dimostrando una percen-tuale di efficacia notevole e un risultato cosmetico ec-cellente inducono a considerare la terapia fotodinamica una valida alternativa terapeutica non chirurgica per il trattamento dell’EQ senza interessamento uretrale. Da riportare che malgrado i sintomi avvertiti da tutti i pazienti in fase di illuminazione delle lesioni, spesso riportati come severi o molto severi, nessuno di loro ha optato per anestesia locale o tronculare.

Dermatologia Terapia fotodinamica

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Idrosadenite suppurativa o acne inversa: i trattamenti

L’idrosadenite suppurativa, nota anche come Acne Inversa o malattia di Verneuil, è una malattia cronica delle ghiandole apocrine e dei follicoli pilo-sebacei, assai invalidante,

che insorge solitamente in adulti e adolescenti, rara-mente prima della pubertà.

Si caratterizza per l’occlusione dei follicoli piliferi, con infezioni batteriche secondarie, spesso resistenti ai comuni antibiotici, ad evoluzione nodulo-ascessuale fistolizzante. La malattia tende a diventare cronica con episodi di riacutizzazione periodici, difficilmente pre-vedibili, e formazione di esiti cicatriziali retraenti che causano importanti limitazioni funzionali.

Le sedi maggiormente coinvolte sono: ascelle, ingui-ne, zona mammaria, glutei, ma in realtà ogni distretto può essere colpito. Notevole è l’impatto sulla qualità della vita dei pazienti, condizionando non solo la vita affettiva, ma anche lavorativa a causa della necessità di continue medicazioni, dell’odore emanato dalle lesioni, del dolore nelle fasi di riacutizzazione che impedisce i

movimenti, ma anche le attività sedentarie per il coin-volgimento dei glutei e dell’area genitale.

La sua eziologia rimane ignota. Diversi sono i fatto-ri coinvolti: fattori genetici, ormonali e immunologici. Recentemente è stata anche osservata una correlazione tra fumo e acne inversa, ma soprattutto con l’obesità, correlando la gravità di malattia con l’aumento dell’in-dice di massa corporea (BMI).

La malattia è considerata rara, ma è probabile che molti casi non vengano diagnosticati, o comunque tar-divamente inviati al dermatologo, con un ritardo dia-gnostico che in media è di 7 anni.

Il trattamento dipende dallo stadio della malattia. Accorgimenti di base sono rappresentati da: accurata igiene locale, riduzione del peso nei soggetti obesi, uso di agenti antisettici e antitraspiranti, impacchi caldi, epilazione laser, interruzione del fumo di sigaretta. Le-sioni precoci sono trattate con antibiotici (ad esempio tetracicline, clindamicina, rifampicina), cui si aggiungo-no in base all’andamento clinico terapie con attività an-

Federico PattaSpecialista in Dermatologia e Venereologia

Laura AtzoriRicercatrice Clinica Dermatologica

Dermatologia

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Dermatologia Idrosadenite suppurativa o acne inversa

tiinfiammatoria, da brevi cicli di cortisone, ai retinoidi e dapsone. In casi selezionati, viene aggiunta una terapia estroprogestinica o antiandrogenica. Una buona parte dell’attuale trattamento della malattia rimane chirurgi-co, dall’incisione e drenaggio, all’escissione di singole le-sioni fino ad ampie demolizioni e ricostruzione di intere aree anatomiche. L’invasività di questo tipo di interven-ti, non scevra dal rischio di recidive, limita ulterior-mente la fiducia dei pazienti nelle possibilità di guari-gione. Ultimamente grandi aspettative vengono riposte nell’impiego dei farmaci biologici, in particolare degli inibitori del TNF alfa, già utilizzati in studi internazio-

nali con risultati incoraggianti e di cui l’adalimumab ha recentemente ottenuto da parte dell’AIFA l’indicazio-ne terapeutica per l’acne inversa. La Clinica Dermato-logica dell’Università di Cagliari in collaborazione con altri Centri Dermatologici Italiani, ha aderito dal 2009 al Registro Italiano per l’Idrosadenite Suppurativa, allo scopo di raccogliere il maggior numero di informazioni riguardo ai casi ed ai fattori di rischio correlati alla ma-lattia. Dati preliminari emersi da tale registro sono stati oggetto di pubblicazione sulla rivista British Journal of Dermatology1.

I Medici di Medicina Generale possono fare molto per facilitare il percorso diagnostico di questi pazienti, fo-calizzando l’attenzione su questa “rara” patologia il cui approccio è certamente complesso e multidisciplinare, ma in cui il ruolo del dermatologo è centrale nella presa in carico del paziente. La Clinica Dermatologica, diretta dal prof. Franco Rongioletti presso il PO San Giovanni di Dio dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Caglia-ri, intende promuovere una più stretta collaborazione con la medicina generale, per individuare dei percorsi clinico-assistenziali dedicati, e per facilitare l’accesso ai pazienti afferenti dal territorio.

1. Bettoli V, al. Overweight, diabetes and disease duration influence clinical severity in Hidradenitis Suppurativa - Acne Inversa. Evidence from the national Italian Registry. Br J Dermatol. 2015 Apr 27.[Epub ahead of print]

L'ittiolo si ottiene dalla lavorazione di resti fossili di pesci e rettili marini, per distillazione a secco e successivo trattamento di solfonazione e ammoniazione. è un catrame minerale e il principio attivo che determina un’azione benefica sull’organismo è l’ammonio solfoittiolato. Riesce ad esplicare il suo meccanismo eudermico agendo sull’ottimizzazione della cheratinizzazione degli strati superficiali del-la cute. Ha un'azione antiflogistica, decongestionante, sebostatica e lenitiva. Riduce la contaminazio-ne micotica e batterica. Viene utilizzato soprattutto in alterazioni infiammatorie della pelle, ascessi e foruncolosi.

L'ossido di zinco è utilizzato come topico per le dermatiti irritative da contatto, gli eritemi o per preve-nire le ulcere da decubito. Ha un’azione lenitiva, antinfiammatoria, astringente e antiseborroica. Per la sue proprietà antisettiche, è in grado di contrastare la proliferazione batterica e di altri microrganismi.

ITYOLATE pomata, della Roydermal laboratoire Pharmaceutique, è un dispositivo medico che, grazie ai suoi principi attivi, è di valido aiuto nelle irritazioni ed arrossamenti cutanei indotti da cause ester-ne. ITYOLATE pomata può essere impiegata come coadiuvante in diverse noxae patogene per ridurre la contaminazione batterica e micotica.

Ittiolo e ossido di zinco contro irritazioni e arrossamenti

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Ossigenoterapia e alopecia, nuove evidenze terapeutiche per la caduta dei capelli

L’alopecia androgenetica maschile o femminile (AAG) e l’effluvium telogen (TE) sono le for-me più comuni di alopecia non cicatriziale. Colpiscono uomini e donne di tutte le età e

rimangono un problema terapeutico ancora irrisolto. Per TE si intende una caduta di capelli molto intensa

che causa diradamento senza comparsa di chiazze gla-bre.

Le cause possono essere molteplici, le più frequenti sono carenze proteiche nutrizionali, anemia siderope-nica, carenza di oligoelementi, stress psicofisici intensi, trauma, chemioterapia, carenze o eccesso di ormoni ti-roidei (ipotiroidismo o ipertiroidismo), ipervitaminosi da vitamina A, celiachia.

L’AAG è un assottigliamento ereditario del capello in-dotto dagli effetti degli ormoni androgeni sui follicoli dei capelli in uomini e donne geneticamente suscettibi-li. I follicoli dei capelli diventano più piccoli, producendo

capelli più corti e sottili che coprono il cuoio capelluto in modo insufficiente.

Attualmente non sono disponibili terapie definitive per il trattamento dell’AAG e del TE.

Tali patologie interessano circa il 70% degli uomini e il 40% delle donne ad un certo stadio della loro vita. L’uomo tipicamente presenta una recessione dell’attac-catura alle tempie e perdita di capelli al vertice, mentre la donna normalmente ha un diradamento diffuso su tutta la parte alta dello scalpo. Fattori sia genetici che ambientali giocano un ruolo, e diverse eziologie riman-gono sconosciute.

Le modalità di trattamento attualmente disponibili variano dall’utilizzo di terapie non farmacologiche qua-li l’uso di integratori, negli stati carenziali di vitamine, amminoacidi ed oligoelementi essenziali.

Le terapie farmacologiche prevedono l’utilizzo di mi-noxidil, finasteride, estroprogestinici, antiandrogeni, fi-

Dermatologia

Steven Paul NisticòSpecialista in Dermatologia e Venereologia

Università Magna Graecia Catanzaro

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tosteroli, basse dosi di corticosteroidi. L’ossigenoterapia per via transdermica in medicina si è rivelata una meto-dica molto interessante, in quanto l’ossigeno così eroga-to agisce migliorando il metabolismo cellulare, accele-rando i processi di guarigione, riducendo le irritazioni, e esplicando effetto antinfiammatorio e antibatterico. L’impiego di moderni apparati consente, in concomi-tanza alla sua erogazione, di veicolare una serie di prin-cipi attivi in grado non solo di migliorare la qualità dei tessuti di viso e corpo ma di agire anche in maniera più strettamente terapeutica. L’azione neo-angiogenetica dell’ossigeno avviene attraverso la neoformazione di vasi tramite il rilascio di fattori come il Fattore Vasco-lare di Crescita Endoteliale (VEGF). Questa funzione è essenziale per il ripristino del microcircolo in situazioni vascolari compromesse, ristabilendo un flusso vascolare nelle aree ipossiche. Inoltre l’ossigeno svolge una fun-zione battericida che si esplica tramite la produzione di ROS (reactive oxygen species) che degrada la parete cel-lulare dei germi patogeni.

Il nostro studio ha previsto l’arruolamento di 30 pa-zienti, di età compresa tra 21 e 63 anni, affetti da AAG o TE. Il braccio A è stato trattato con minoxidil 5% 3 vv/settimana in monoterapia per 16 settimane, seguito da un follow-up a 8 settimane dall’interruzione della tera-pia. Il braccio B è stato sottoposto a trattamento con minoxidil 5% somministrato alternativamente per via tradizionale o tramite erogatore di ossigeno (X2 EXA) in sedute di durata 30 min, per 16 settimane seguite da follow-up a 8. Il braccio C è stato trattato con un com-posto fitoterapico a base di Zingiber Officinalis, Salvia Officinalis, Cuscuta Epithimum, Carum Petroselinum, Capsicum Annuum somministrato alternativamente per via tradizionale o tramite erogatore di ossigeno (X2 EXA) in sedute di durata 30 min, per 16 settimane se-guite da follow-up a 8. Il razionale di questi componenti è quello di intervenire su più bersagli nell’unità pilose-bacea: aumentare il flusso del sangue e il rifornimen-to dei nutrienti, per diminuire lo stato infiammatorio locale, diminuire il PH locale, controllare dell’eccessiva crescita batterica, inoltre tali sostanze hanno un’azione idratante, emolliente e di resa dei capelli più lucidi.

Tutti e 30 i pazienti hanno concluso lo studio, non si sono verificati drop-out o eventi avversi. Il braccio A trattato con minoxidil 5% somministrazione una vol-ta al giorno ha mostrato un aumento del numero dei capelli del 1,5% dopo 8 settimane, 8% al T12 fino ad arrivare al massimo risultato del 10,7% a 16 settimane.

come previsto la dismissione della terapia ha causato perdita del vantaggio acquisito e in alcuni casi peggiora-mento della condizione di alopecia (tab. 1).

Il braccio B trattato con minoxidil 5% 1 somministra-zione die veicolata per via topica tradizionale alternata alla veicolazione tramite erogatore di ossigeno puro al 96% ha mostrato un aumento del numero dei capelli del 3,9% dopo 8 settimane, 11,8% al T12 fino ad arrivare al massimo risultato del 15,9% a 16 settimane. La di-

smissione della terapia non ha causato una significativa perdita del risultato acquisito (tab. 2).

Il braccio C trattato con fitoterapico 1 somministra-zione die veicolata per via topica tradizionale alternata alla veicolazione tramite erogatore di ossigeno puro al 96% ha mostrato un aumento del numero dei capelli del 1,1% dopo 8 settimane, 2,1% al T12 fino ad arrivare al

Dermatologia Ossigenoterapia e alopecia

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Tab. 1 - Conta del numero dei capelli dopo trattamento con minoxidil 5% ai tempi 8,12,16 settimane e al follow-up di 8 settimane

Tab. 2 - Conta del numero dei capelli dopo trattamento con minoxidil 5% somminstrato per via topica tradizionale alternativamente alla veicola-zione tramite erogatore di ossigeno X2 EXA ai tempi 8,12,16 settimane e al follow-up di 8 settimane

massimo risultato del 3,6% a 16 settimane. La dismis-sione della terapia non ha causato perdita del risultato acquisito, mantenendo stabile al follow-up il numero medio di capelli per paziente (tab. 3).

Dai risultati ottenuti emerge un miglioramento sta-tisticamente significativo del braccio B trattato con mi-noxidil 5% in somministrazione combinata con ossige-no terapia rispetto all’utilizzo della sola terapia topica con minoxidil. Inoltre, il trattamento con fitoterapico è risultato di minore efficacia rispetto al trattamento far-macologico, ma ha dimostrato di non avere un effetto rebound al follow-up (tab. 4).

Dermatologia Ossigenoterapia e alopecia

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Bibliografia:- Rook/Wilkinson/Ebling. Alopecia. Textbook of

Dermatology. Blackwell Scientific publications, 1992; 2571-577.

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Tab. 3 - Conta del numero dei capelli dopo trattamento con fitoterapico somminstrato per via topica tradizionale alternativamente alla veicola-zione tramite erogatore di ossigeno X2 EXA ai tempi 8,12,16 settimane e al follow-up di 8 settimane

Tab 4 - Media incremento numero capelli nel corso dello studio dei bracci A, B, C

Gli end-point del nostro studio sono stati: valutare la maggior efficacia della terapia combinata ossigenotera-pia e minoxidil 5% rispetto alla sola terapia topica con minoxidil nel trattamento delle alopecie non cicatriziali maschile e femminile; valutare l’efficacia di un coadiu-vante fitoterapico non farmacologico nel trattamento delle alopecie per evitare il carico di eventi avversi far-maco correlati (i.e: ipotenzione, effetto paradosso del minoxidil, perdita dei capelli a fine trattamento). Visti i risultati ottenuti, il nostro studio permette di consi-derare l’ossigenoterapia come un valido sostegno nella terapia medica per la caduta dei capelli, l’utilizzo di fi-toterapici a base Zingiber Officinalis, Salvia Officinalis, Carum Petroselinum, Capsicum Annuum, sebbene non sovrapponibile all’efficacia della terapia farmacologica, risulta una valida alternativa non gravata dalle compli-canze delle terapie tradizionali.

Laser epilazione: facciamo il punto, anzi …

“il pelo e contropelo”

Dermatologia

Francesca NegosantiSpecialista in Dermatologia e Venereologia

La presenza di peli terminali in eccesso oppure in zone dove normalmente non dovrebbero es-sere presenti, sta diventando sempre più una problematica di grande impatto dal punto di

vista psico-sociale. In ambito medico si definisce irsu-tismo l’aumento dei peli terminali in aree androgeno-dipendenti (labbro superiore, regione mandibolare, re-gione sternale, dorso, linea alba, areole mammarie), che nelle donne può rappresentare un sintomo di patologie sottostanti come la sindrome dell’ovaio policistico. Per ipertricosi si intende invece l’accrescimento pilifero in

zone non androgeno-dipendenti, normalmente ricoper-te di peli, influenzato da vari fattori tra cui l’età, la razza e la predisposizione familiare.

Diverse sono le metodiche proposte per la depilazio-ne: la decolorazione, la rasatura, la depilazione a strap-po o chimica, il trading con il filo di seta, l’utilizzo di creme a base di eflornitina, la terapia fotodinamica. L’e-pilazione a lungo termine viene invece affidata ai siste-mi a luce pulsata, ai laser o all’elettrocoagulazione che rimane ad oggi l’unico metodo efficace per epilare i peli di colore bianco.

è il terzo trattamento più richiesto in dermatologia/medicina estetica ed il secondo dal sesso maschile.

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L’Inositolo e la Sindrome dell’ovaio Policistico

Numerosi studi dimostrano gli effetti positivi dell’assunzione di inositolo nelle donne affette dalla sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), un disturbo ormonale che interessa il 5-10% delle donne in età riproduttiva.La sindrome è caratterizzata da un aumento abnorme dei livelli di insulina, l’ormone che regola il metabolismo del glucosio, a loro volta associati a livelli più elevati di androgeni (ormoni maschili). Assenza o irregolarità nel ciclo mestruale (oligo o anovularietà), ovaio micropolicistico, livelli elevati circolanti di androgeni o manifestazioni cliniche di iperandrogenismo con segni di virilizzazione, obesità, acne sono i sintomi prin-cipali assieme all’insulinoresistenza. Ciò può comportare infertilità o una sua riduzione, in quanto si interrompe l’ovulazione. La Pcos, infatti, è considerata la prima causa dell’infertilità femminile. L’inositolo, in particolare il myo-inositolo, riduce gli androgeni, migliora l’attività dell’insulina e alcuni aspetti metabolici, regolarizzando l’ovulazione. In base ai dati presentati al “World Pediatric and Adolescent Gynecology Con-gress”, il 50% delle pazienti che assume inositolo torna ad ovulare dopo circa un mese. L’88% ripristina il ciclo mestruale dopo 3 mesi. Il 70% torna ad avere un ciclo mestruale regolare e il 55% riesce ad avere una gravidanza spontanea.

Dermatologia Laser epilazione

L’American Society for Aesthetic Plastic Surgery stima che nel 2015 sono stati eseguiti in USA più di 1.200.000 trattamenti di laser epilazione. La laser epi-lazione è il terzo trattamento più frequentemente ri-chiesto in assoluto in dermatologia/medicina estetica e pensate, ben il secondo più richiesto nel sesso maschi-le. Il principio su cui si basa l’epilazione laser è quello della selettività termocinetica (fototermolisi selettiva) secondo cui, utilizzando peculiari lunghezze d’onda di luce, si può ottenere un determinato effetto biologico con minimo danno sui tessuti circostanti. Il bersaglio target-cromoforo nel caso dell’epilazione laser è rap-presentato dall’eumelanina che si trova nel fusto e nel follicolo pilifero a livello della papilla dermica e del bul-ge (sede delle cellule staminali). In base a tale princi-pio la luce laser, opportunamente regolata, raggiunge il follicolo pilifero fino alla regione del bulbo, dove viene assorbita e trasformata in calore con conseguente ne-crosi termica e retrazione endoluminale del pelo con conseguente caduta, senza segni di danno per l’epider-mide. La distanza spaziale che intercorre tra cromoforo bersaglio (melanina fusto e bulbo) e bersaglio biologico (cellule staminali presenti nel bulge) impone l’utilizzo di impulsi laser lunghi per far sì che il calore riesca a

diffondere fino al bulge (estensione della teoria della fo-totermolisi selettiva).

Le metodiche di epilazione a lungo termine compren-dono trattamenti laser e trattamenti a luce pulsata. La melanina è il cromoforo bersaglio per le lunghezze d’on-da comprese tra il rosso ed il vicino infrarosso: il laser ad alessandrite (lunghezza d’onda 755 nm) ed il laser a dio-do (810 nm di lunghezza d’onda) sono particolarmente appropriati per l’epilazione e la loro efficacia è supporta-ta da numerose pubblicazioni scientifiche; il laser a ru-bino (694 nm) è ormai in disuso; il laser Nd:Yag (1064 nm) pur dando luogo ad effetti minori, rimane il laser più sicuro e consigliato nei pazienti con fototipo scuro per finire con i sistemi a luce pulsata la cui efficacia ri-sulta minore.

Al fine di minimizzare l’insorgenza di effetti collate-rali e proporre trattamenti il più performanti possibili è fondamentale non trascurare alcune importanti con-siderazioni.

In prima battuta va eseguita una corretta anamnesi ed un attento esame obiettivo: va indagata la storia per-sonale del paziente, l’anamnesi patologica remota e re-cente, l’anamnesi farmacologica. Vanno richiesti esami specifici e la consulenza del ginecologo e/o endocrinolo-

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Dermatologia Laser epilazione

go per indagare e gestire al meglio eventuali disfunzioni endocrine e/o ormonali, vanno esclusi tumori o terapie che potrebbero causare l’aumento dei peli, indagate e gestite con attenzione patologie fotosensibili o sogget-te a koebnerismi, non sottovalutati i pazienti in terapia con farmaci fotosensibilizzanti.

Bisogna valutare il fototipo del paziente (ricordiamo che la melanina cutanea è il cromoforo in competizione con quella del bulbo del pelo quindi facciamo attenzione nei fototipi scuri e scegliamo le lunghezze d’onda più opportune); l’abbronzatura (anche se oggi molte piat-taforme laser presentano trattamenti possibili e sicuri su ogni tipo di pelle e in tutte le stagioni dell’anno, ri-cordiamo che i trattamenti eseguiti su pelli abbronzate risultano comunque più rischiosi e meno performanti); il colore e lo spessore dei peli da trattare (i trattamenti laser epilazione risultano ovviamente più efficaci in pa-zienti con pelli chiare e peli grossi e scuri, non avremo invece risultati ottimali su pelurie chiare e sottili); la presenza di nei e tatuaggi sulle aree interessate dal trat-tamento (se è ormai dimostrato che un nevo benigno non può essere trasformato in maligno dalla luce laser è certo che nessun tipo di laser per l’epilazione può essere passato su un tatuaggio senza dar luogo ad una cicatrice patologica).

E’ opportuno programmare nel modo corretto le se-dute terapeutiche e scegliere il periodo giusto dell’anno :io consiglio di aspettare la scomparsa dell’abbronzatura magari aiutandosi con scrub da eseguirsi 2/3 volte a set-timana e di interrompere le sedute qualche settimana prima della successiva esposizione al sole per scongiu-rare la comparsa di spiacevoli iperpigmentazioni post-infiammatorie.

E’ buona norma acquisire foto preliminari delle zone che andremo a trattare (ricordiamo che non ci si ricor-da quasi mai di quale era la situazione di partenza!) e sottoporre al paziente un buon consenso informato che indaghi e spieghi in modo esaustivo le veritiere aspetta-tive, i possibili effetti collaterali (ipo/iperpigmentazio-ni temporanee/permanenti, vescicole, ulcere, cicatrici, ematomi, reazioni orticarioidi, infezioni, follicoliti o ipertricosi paradossa), la metodica, il numero di sedute, il prospetto economico.

E’ importante sottolineare al paziente che l’epilazio-ne definitiva e permanente è un traguardo non per tut-ti e che è più opportuno parlare di epilazione a lungo termine dal momento che solo circa l’80% dei pazienti risponde bene alla laser epilazione e che ci si può aspet-

tare una perdita del 20-30% di peli ad ogni seduta e che dopo sedute multiple si può arrivare ad una percentuale di peli persi che può andare dal 75% all’80-89%. L’effi-cacia dell’epilazione a lungo termine dipende da diverse variabili tra cui il colore del pelo, della pelle e la fluen-za tollerata. A ogni seduta si verifica la perdita a lungo termine del 15-30% dei peli ed i peli residui diventano progressivamente più chiari e sottili.

Il numero dei trattamenti può essere variabile dalle 4 alle 12 sedute in relazione al tipo di cute, al colore del pelo, alla zona di trattamento ed alle problematiche di base (disfunzioni ormonali).

Consiglio di effettuare le prime 4 sedute cadenziate una volta ogni 30-45 giorni poi quando si verifica la ricrescita del pelo. In alcuni casi, in soggetti affetti da disfunzioni ormonali è necessario abbinare una terapia specifica per la patologia di base al fine di ottimizzare e rendere più duraturi i risultati ottenuti e prevedere un mantenimento 1-2 volte l’anno dopo il canonico ciclo di sedute.

Al fine di ottenere la massima efficacia ad ogni trat-tamento è opportuno evitare l’epilazione a strappo al-meno per le 4-6 settimane precedenti la seduta laser (la rasatura o l’epilazione chimica sono consentite anche il giorno stesso). Per garantire la massima sicurezza è opportuno far indossare occhiali protettivi (la retina contiene melanina), prestando particolare attenzio-ne all’area del sopracciglio, e proteggere i denti. Infine i trattamenti devono essere eseguiti in locali a norma (controllo della temperatura, assenza di specchi, aspira-tore di fumi). Dopo ogni trattamento si osserva la com-parsa di eritema ed edema peri-follicolare (end-point della laser epilazione) che può durare da poche ore a qualche giorno: in questo caso è utile l’utilizzo di ghiac-cio e l’applicazione di topici lenitivi e/o corticosteroidei e va sempre consigliata un’adeguata fotoprotezione.

In conclusione, la laser-epilazione è oggi una metodi-ca estremamente richiesta ed efficace. Le maggiori sod-disfazioni per il medico ed il paziente si ottengono però solo valutando al meglio ogni singolo caso e scegliendo la tecnologia più opportuna.

Benissimo puntare sui nuovi device che garantiscono trattamenti veloci e indolore ma ricordiamoci che siamo laseristi e che quindi non dobbiamo trascurare la scelta dell’opportuna lunghezza d’onda, della giusta fluenza, della durata degli impulsi, del diametro dello spot, dei sistemi di raffreddamento. E non promettiamo mai ri-sultati impossibili!

Revisione casistica dei tumori cutanei non melanocitari meno frequenti: esperienza del servizio di oncologia dermatologica

calcit-chianti fiorentino 2001-2016

Dermatologia

Abbiamo voluto fare una revisione casistica dei tumori non melanocitari (NMSC) meno frequenti1 osservati presso il nostro Centro, escludendo i carcinomi basocellulari, già trat-

tati in un nostro precedente lavoro2. Abbiamo correlato le neoplasie cutanee in base ai parametri di età, sesso, sedi colpite, associazione con altri tumori di organo (compresa la cute). Abbiamo incluso nell’elenco anche

alcune neoplasie cutanee benigne, borderline, di raro riscontro clinico.

Il fine di questo studio è sottolineare l’importanza di riconoscere queste lesioni, il più delle volte non diagno-sticate precocemente e trattate random con tecniche dermochirurgiche senza un adeguato supporto istolo-gico.

>Materiali e metodi

Luca SalimbeniResponsabile di branca - Servizio Oncologia Dermatologica

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Gruppo di lavoroDr. Maradei Lucio, Chirurgo-Ecografista - Dr. Giannotti Vanni, Chirurgo Plastico Ricercatore OSMADr. Vergassola Rossano, Direttore Sanitario -Vieri Valentina, Infermiera Professionale Camaiani Rita, Infermiera Professionale

Il nostro Servizio di Oncologia Dermatologica ha eseguito una revisione casistica di tutti i nostri pazienti oncologici dal 2001 al 2016, avvalendosi della collabo-

razione della U.O. Anatomia Patologica dell’Ospedale Santa Maria Annunziata (OSMA) e della Chirurgia Pla-stica dello stesso ospedale. Abbiamo voluto far luce su queste neoplasie, purtroppo talvolta sottovalutate, sui pazienti afferenti al nostro Centro per valutare la inci-denza e epidemiologia di questi tumori. Nei nostri 15 anni di studio abbiamo diagnosticato 82 casi di neopla-sie cutanee meno comuni (Tab. 1).

N° Descrizione 10 Carcinoma Squamocellulare 8 M. di Bowen3 Linfomi cutanei3 Cheratosi Bowenoide17 Carcinomi squamocellulari15 M. di Bowen5 Cheratosi Bowenoide

SESSO

UOMINI

DONNE

Abbiamo fatto classificazione istotipica3 dei vari tu-mori cutanei (Tab. 2), con una media di 24,57 casi an-nui. Abbiamo studiato le sedi più colpite (Tab. 3) e ab-biamo studiato la prevalenza dei tumori per sesso (Tab. 4). Si evince da questi dati che le sedi fotoesposte sono le aree più colpite dalla neoplasia.

Abbiamo notato che le neoplasie prevalenti in que-ste sedi erano il carcinoma squamocellulare, il M. di Bowen e le cheratosi bowenoidi4. In tutti i pazienti, pri-ma di essere sottoposti ad intervento, è stato seguito il protocollo pre-operatorio con particolare attenzione all’anamnesi (fototipo,familiarità, attività lavorativa ed esposizione solare per individuare i fattori di rischio).

Tutti i pazienti sono stati poi seguiti con follow-up clinico e strumentale ogni 3 mesi per la stadiazione del-la neoplasia.

Per quanto concerne il follow-up, non sono stati con-dotti studi sullo stato ottimale, se si eccettua i pazienti con linfoma cutaneo5.

A tal proposito, fra i linfomi abbiamo diagnosticato 1 linfoma a cellule B, 1 linfoma a cellule T, 1 micosi fun-goide, 1 linfoma a piccole e medie cellule CD4+.

Tabella 1Tabella 3

Tabella 4

Tabella 2

Descrizione N°

Totale casi 82Sesso maschile 31Sesso femminile 51Media annua 24,57

Descrizione N°Volto 32Arto inferiore 17Arto superiore 13Dorso 8Addome 5Torace ant. 5Reg. inguinale 1Vulva 1

Descrizione N°Carcinoma Squamocellulare 27M. di Bowen 23Cheratosi Bowenoide 8Linfomi Cutanei 4Porocarcinoma 3Tumore Spitz atipico/displasia grave 3Carcinoma metatipico 1Fibroepitelioma di Pinkus 1Iperplasia pseudocarcinomatosa infiltrante 1Pseudolinfoma 1M. di Paget extramammario 1Neuroma 1Tumore Kuske Gerbig 1Merkelioma 1Tricoepitelioma desmoplastico 1Adenocarcinoma papillare aggressivo 1Melanocitoma epitelioide pigmentato 1Carcinoma a differenziazione sebacea 1Papulosi Bowenoide 1

Neurinoma 1

Dermatologia Tumori cutanei non melanocitari

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Dermatologia Tumori cutanei non melanocitari

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>RisultatiLa prevalenza di età media delle neoplasie era di 73

anni nelle donne e 68 anni nei maschi. Il sesso femmini-le era più colpito rispetto al sesso maschile.

Gli anni 2013 e 2016 sono risultati quelli con mag-giore incidenza di insorgenza di neoplasia rispettiva-mente con 11 e 18 casi diagnosticati. Purtroppo abbia-mo avuto 5 exitus così suddivisi (Tab. 5).

La maggiore incidenza del carcinoma squamocellula-re riscontrata è in linea con i dati della letteratura scien-tifica. Come già detto, abbiamo inserito nella nostra ca-sistica anche i tumori “borderline”, fra i quali vogliamo ricordare un caso di Tumore di Spitz atipico/displasia grave insorto in un bambino di 7 anni la cui sede di in-sorgenza era la regione mentoniera. Abbiamo cercato di correlare la neoplasia con altri tumori in altre sedi, e la prevalenza era l’associazione con altri tumori cutanei, soprattutto con il basalioma (17 casi) e il melanoma (7 casi). In 7 casi il paziente riferiva carcinoma squamo-cellulare operato in altre sedi. Bassa era l’incidenza con altre neoplasie di organo (2 casi di ETP prostata, 2 casi di LLC, 1 ETP ovarica, 1 ETP colon, 1 ETP laringe, 1 ETP mammella).

>Considerazioni finaliLa nostra ricerca è basata sia sulla ricerca epidemio-

logica sia per sottolineare l’importanza di non sottova-lutare tipi di lesioni cutanee apparentemente “innocue” inducendo così l’operatore a non eseguire biopsia e ad eseguire trattamenti terapeutici random con laser o diatermocoagulazione. Ciò è quindi, per noi, un utile contributo per la diagnosi precoce di neoplasie cutanee rare aggressive quasi come il melanoma. Inoltre, la pre-sentazione semeiologica di molte di queste lesioni (pa-pule, piccoli noduli infiltrati, aspetti verruciformi) può indurre il dermatologo all’errore diagnostico perdendo così tempo prezioso per un tempestivo intervento riso-lutivo. Ciò purtroppo è accaduto in 4 dei 5 casi giunti ad exitus, mentre il caso di exitus per linfoma è giunto

troppo tardi alla nostra osservazione con metastasi dif-fuse. Siamo pertanto soddisfatti del lavoro svolto con la totale convinzione di non calare mai l’attenzione anche su lesioni apparentemente “innocue”.

>ObiettivoE’ stato condotto uno studio retrospettivo su casi di

tumori cutanei meno frequenti nei due sessi a partire dall’anno 2001 fino al 2016 al fine di valutare l’inciden-za di tali neoplasie nella popolazione afferente al Centro di Oncologia Dermatologica-Chianti Fiorentino e con-tribuire così alla statistica oncologica di questo centro. Sono state valutate la frequenza dei tumori riscontrati, la prevalenza delle sedi più colpite, la prevalenza degli istotipi e la casistica numerica nei due sessi.

>MetodiSono stati identificati 82 pazienti affetti da varie ne-

oplasie cutanee di minor riscontro, differenziate per età, sesso, sedi colpite. Tutte le lesioni sono state con-fermate da esame istopatologico e sottoposte a tratta-mento chirurgico, radioterapico e chemioterapico a se-conda della neoplasia.

>RisultatiI pazienti inclusi nello studio con età media di 73

anni nelle donne e 68 anni nei maschi, hanno risposto bene alla terapie tranne che in 5 casi in cui si è verificato exitus. L’accurata osservazione clinica ci ha permesso di evidenziare precocemente l’insorgenza di tali neoplasie aumentando l’accuratezza della diagnosi precoce.

>ConclusioniNell’ultimo anno abbiamo avuto un aumento di inci-

denza di tali tumori probabilmente sia perché i pazienti hanno prestato più attenzione alle lesioni presenti sulla loro superficie cutanea sia perché abbiamo ottimizzato ancora di più la nostra valutazione clinica su lesioni solo apparentemente non a rischio.

Parole chiave: NMSC-casistica-incidenza

Bibliografia1) Pellicano P., Onofra F.; Uno studio sull’epidemiologia

dei tumori cutanei non melanocitari. Minerva Chirurgica febbraio 2014 (1).

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cologico cutaneo. GIDEV,2003 dicembre,138 (6):455-64.5) Patrizi A.et coll. :Tumori cutanei non melanocitari: qua-

le follow up? Minerva Medica 2013 settembre,15 (3):101-6.

Cause di exitus

1 Merkelioma (sesso femminile)1 Porocarcinoma (sesso maschile)1 Linfoma a cellule B (sesso maschile)2 Carcinoma squamocellulare (sesso femminile e maschile)

Tabella 5

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2017, l’era del microbotoxla celebre sostanza spiana rughe

allarga le sue applicazioni Graziella Capra

Giornalista specialista in medicina e chirurgia estetica

Malgrado incuta ancora qualche perplessità, il trattamento estetico con la tossina bo-tulina purificata, è dimostrato essere il più usato al mondo.

Secondo International Aesthetic Society of Plastic Surgery, ben oltre 4,5 milioni sono le iniezioni che si eseguono in un anno.

Il suo successo, oltre essere un farmaco che trova da tempo rimedi per curare alcune patologie neurologiche, dallo strabismo, ai disturbi del nervo facciale, al torci-collo spasmodico, all’iperidrosi, ha anche il potere di spianare le rughe ritardando così le lancette dell’orolo-gio biologico a molte donne.

Ma per conoscere meglio, in campo estetico, gli im-

pieghi di questo miracoloso farmaco abbiamo fatto al-cune domande alla dottoressa Veronica Manzoni, medi-co estetico a Milano e a Romano di Lombardia.

D. c’è differenza tra la tossina botulinica farmaco e quella usata a finalità estetiche?

è importante sapere che il farmaco è esattamente il medesimo, sono le sue diluizioni che cambiano. Ciò vuole dire che la tossina botulinica che noi iniettiamo in medicina estetica è di circa 6-7 volte inferiore a quella che si utilizza in neurologia. Quindi tutti i rischi e le in-formazioni che erroneamente vengono divulgate sono inesatte.

La sua sicurezza è ormai consolidata ed è tale da non creare danni di alcun genere alle pazienti. Inoltre vanta

Dermatologia

un corposo bagaglio scientifico tra cui l’approvazione della FDA Americana (organismo che sorveglia sulla si-curezza degli alimenti e sui farmaci) che altre sostanze iniettabile non hanno.

che tipo di effetto provoca la sua infiltrazione?La sua azione è di ridurre l’attività dei muscoli limi-

tandone la loro contrazione e di conseguenza la forma-zione delle rughe. Viene iniettata in profondità, in corri-spondenza dei muscoli mimici interessati che, nell’arco di qualche giorno, iniziano a rilassarsi lasciando integra la funzionalità di tutti gli altri. A tale proposito riten-go utile sottolineare che la tossina botulinica purificata non ha alcun potere paralizzante, ma semplicemente distensivo. Non crea sguardi ingessati e visi inespressi-vi, a condizione di utilizzare esclusivamente tossina bo-tulinica certificata, e per noi professionisti della “bellezza” seguire rigorosamente le indicazioni sulle tecniche di infiltrazione.

Da qualche tempo è nato un ulterio-re impiego della tossina botulinica, mi sembra sia il microbotox, di cosa si trat-ta esattamente?

Sì, è vero, è stato recentemente intro-dotto un rivoluzionario impiego di tossina botulinica. è scientificamente dimostrato che la tossina botulinica autorizzata esclu-sivamente in ambito estetico ulteriormen-te diluita, fino a raggiungere una soluzione “omeopatica” rappresenta un innovativo trattamento iniettivo per “ringiovanire” la parte inferiore del volto ed “eliminare” le rughe verticali e orizzontali del collo senza effetti col-laterali.

Perché usare una maggiore diluizione rispetto a quella già esistente?

è necessario specificare che la tossina botulinica pu-rificata “tradizionale” agisce sui muscoli e quindi sul-le rughe di espressione e il suo impiego è autorizzato esclusivamente per le rughe glabellari. Mentre il micro-botox cambia la sua funzione e il suo risultato. Agisce sulla cute con una azione liftante, stimola l’azione dei fibroblasti, migliora la qualità della pelle, ridensifica il tono che con gli anni tende a diminuire, regalando un aspetto più fresco e giovane a tutto il viso.

Quindi cambia la tecnica iniettiva e area del vol-to?

La tossina botulinica purifica “tradizionale” si inietta in profondità e sui muscoli interessati mentre le infil-

trazioni di microbotox sono fatte sotto cute, con aghi sottilissimi, con la tecnica a microponfi, ovvero tante piccole punturine molto ravvicinate tra loro a livello delle guance e del collo.

è un trattamento sicuro che richiede una buona pre-parazione professionale e l’accorgimento, all’atto della infiltrazione, di evitare gli angoli vicino alla bocca, e per il collo vicino al muscolo sterno cleido mastoideo.

Quanto dura l’effetto liftante del microbotox?Trattandosi di un trattamento “delicato” il proces-

so migliorativo appare dal terzo giorno successivo alle iniezioni, per raggiungere il risultato ottimale dopo cir-ca due settimane e protraendosi per 3-4 mesi prima di riassorbirsi.

Il microbotox ha la particolarità di non richiamare acqua ai tessuti, e quindi di non “riempire” la ruga ma di distenderla e anche l’effetto finale è un viso rilassato, come dopo una lunga e piacevole vacanza.

con un utilizzo così ampio della tos-sina botulinica come può tutelarsi una paziente?

Soltanto medici estetici oppure chirur-ghi plastici che hanno conseguito un corso di formazione sulla tossina botulinica sono i professionisti più adatti per questo tipo di trattamento. Inoltre a titolo di maggiore garanzia e tutela nei confronti dei pazien-ti è nata in Italia una associazione AITEB (Associazione Italiana Terapia Estetica Bo-tulino), il cui vice presidente, il Professor

Giuseppe Sito è uno dei pionieri del micorbotox in Ita-lia.

L’associazione è formata da medici chirurghi, senza fini di lucro, esperti in trattamenti di ringiovanimento del viso, ha l’obiettivo di sviluppare le conoscenze del-la tossina botulinica e le sue applicazioni in medicina estetica. Fornire informazioni, benefici e risultati del farmaco e fare dei corsi di formazione relativi al corret-to utilizzo del farmaco.

con il microbotox si chiude una epoca di visi fem-minili stravolti alla ricerca spasmodica dell’eterna giovinezza?

Purtroppo l’invecchiamento è un processo naturale, e noi medici estetici non abbiamo la bacchetta magica per fermarlo, però cerchiamo di ritardarlo e di aiutare ad affrontare la vecchiaia con serenità e qualche ruga in meno.

Veronica Manzoni, medico estetico

Dermatologia 2017, l’era del microbotox

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Prenderà il via il prossimo aprile, per il terzo anno consecutivo, il Master Universitario di Secondo Livello “Laser in Dermatologia”, Università Tor Vergata di Roma, anno accademico 2016-2018.

Il master è organizzato dalla U.O.C. di Dermatologia diretta dal Prof. Luca Bianchi, in collaborazione con il Gruppo Italiano di Laser Dermatologia (GILD-FTP). Un percorso formativo nato dalla lungimiranza del Prof. Sergio Chimenti e con collaborazione dei Proff. Giovan-ni Cannarozzo, Steven Paul Nisticò e Mario Sannino. Il master, della durata di diciotto mesi, conferma l’in-dirizzo della scorsa edizione conclusasi nel mese di no-vembre 2015, diplomando 20 medici esperti in Laserte-rapia Dermatologica con titolo Universitario.Le lezioni del Master abbracciano in modo completo tutto ciò che è necessario conoscere per poter costrui-re una struttura medica competente ed affidabile nel-la diagnostica, nella operatività e nella cura di tutti gli aspetti organizzativi e medico-legali, oggi così decisivi

Laser in DermatologiaAl via la terza edizione del Master all’Università Tor Vergata Roma

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Master

per poter condurre con serenità uno studio attrezzato. Patologia ed estetica dermatologiche possono essere oggi affrontate meglio se completiamo la nostra for-mazione con la conoscenza corretta di nuovi sistemi di cura. A questo proposito solo una didattica sistematica e ca-pillare riesce a garantire nel tempo un contributo for-mativo veramente valido ed utile per la propria crescita professionale. Una laserterapia che sia quindi materia di studio di ricerca e di applicazione, una laserterapia che deve personalmente interessare e non essere sem-plicemente un argomento da incontrare di tanto in tan-to senza alcun approfondimento. A questo scopo, sarà preziosa, soprattutto per gli aspet-ti pratici ed operativi, l’integrazione con l’ambulato-rio pubblico di Laser Dermatologia operativo presso l’U.O.C. di Dermatologia del Policlinico di Tor Vergata. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito:www.gild-ftp.it

Master Laser in Dermatologia

A) Lentigo solare volto sede temporale dx B) Trattamento con laser QS 532 nm, fluenza 1.8 J/cm2, diametro 3 mm, frequenza 1 Hz, raffreddamento esterno, 2 sedute,

valutazione a 6 mesi dalla seconda seduta

B) Trattamento con laser Nd:Yag 1064 nm, fluenza 75-95 J/cm2, diam. spot 5 mm, doppio impulso 5-13.5 ms, interv. 20 ms,

raffreddamento esterno, una seduta, valutazione a 2 mesi

A) Spider angioma (angioma stellare) volto

A) Rinofima major (profilo dx) B) Trattamento con laser CO2 ablativo 10600 nm, Watt 5-6 emissione continua,

Watt 0.2-1.5, emissione superpulsata, impulso ablativo-termico, frequenza 5-10 Hz, anestesia locale, valutazione a 70 giorni

Tessuto d’organo

Tessuto vascolare

Tessuto pigmentario

Kisspeptin:un bacio per la vita?

L’interesse per la Kisspeptin nasce dai media che gli attribuirono diversi appellativi quali “proteina del bacio” “proteina della cicogna” e che lo descrissero come di un ormone che

si trova nel cioccolato e che potrebbe essere una sorta di “Viagra mentale”, di valido aiuto a stimolare la pul-sione erotica.

Kisspeptin è un ormone codificato dal gene KiSS-1 nell’ipotalamo, ma si trova anche in altre aree del cer-vello, tra cui il giro dentato dell’ippocampo, ma a livelli inferiori rispetto a quelli riscontrati nell’ipotalamo e nell’amigdala.

Questo gene è situato sul braccio lungo del cromoso-ma 1  (1q32) ed è stato isolato, inizialmente, come un gene di riduzione della diffusione tumorale di nome Metastina, naturale  ligando  del recettore noto come GPR54 espresso nel cervello come catalizzatore per l’i-

niziazione della pubertà.  Nel genere umano gli ormo-ni sessuali sono presenti fin dalla nascita, ma sarebbe proprio il gene GPR54, innescando la formazione della Kisspeptin, ad indurre l’ipotalamo a produrre RH ed av-viare la maturazione degli organi sessuali.

Nel 2003 si confermò l’importanza della Kisspeptin come neuro peptide con funzioni di stimolo dell’asse ipotalamo-ipofisi. T. Plant, dell’Università di Pittsburg, semplificò la “cascata” neuro-ormonale ipotizzando in maniera fantasiosa che fosse il primo bacio passionale, fra due innamorati, a scatenare la pubertà.

Una ricerca dell’Imperial College London ha condotto uno studio su 29 giovani uomini eterosessuali iniettan-do Kisspeptin o placebo e controllando con RMN le aree dell’encefalo preposte al controllo dell’eccitazione ses-suale e si osservò che in soggetti trattati con Kisspeptin era evidente una maggiore attivazione di tali centri del

Prof. Roberto CorosuSpecialista in Ostetricia e Ginecologia

Liliana CorosuSpecialista in Ostetricia e Ginecologia

Ginecologia

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Secondo uno studio dell’Imperial college

di Londra, la kisspeptina potrebbe svolgere un ruolo

come potenziale agente terapeutico nei pazienti con

disturbi dell’infertilità

SNC rispetto al gruppo placebo. Tale studio portò ad una prima grande scoperta: la Kisspeptin era in grado di aumentare l’attività sessuale e diminuire gli stati d’a-nimo negativi.

Una seconda grande scoperta venne registrata di nuovo presso lo stesso gruppo di ricerca: un gruppo di donne non fertili e senza ciclo mestruale venne trattato con iniezioni di kisspeptin, e un altro con soluzione sa-lina. Dopo aver prelevato a tutte campioni di sangue per misurare i livelli dei due ormoni chiave dell’ovulazione - il luteinizzante (LH) e il follicolo stimolante (FSH) - gli scienziati notarono che, rispetto al trattamento place-bo, la kisspeptin aveva incrementato del 48% la produ-zione di LH e del 16% quella di FSH. 

Il dottor Dhillo spiegò che la cura a base di kisspeptin su donne non fertili aveva stimolato un aumento della produzione di ormone LH addirittura superiore a quel-lo ottenuto con il trattamento su donne fertili. Pinto et al. riscontrarono la presenza della kisspeptin e del suo recettore negli spermatozoi umani ed osservarono che la somministrazione della stessa determinava un aumento bifasico di calcio intracellulare, con aumento della motilità. In altri studi i livelli di espressione del recettore kisspeptin risultavano aumentati nel tessuto placentare con malattia trofoblastica se confrontato con tessuto placentare normale.

La precisa funzione di kisspeptin in questi casi non è chiara, anche se è stato ipotizzato che possa agire per regolare l’invasione delle cellule del trofoblasto. Così gli studi hanno proceduto ad indagare la potenziale corre-lazione tra i livelli di Kisspeptin e la disfunzione placen-tare come la pre-eclampsia e il ritardo di crescita intrau-

Ginecologia Kisspeptin: un bacio per la vita?

terino.  Cetkovic et al.  trovarono i livelli plasmatici di Kisspeptin significativamente più bassi nelle donne in gravidanza con diabete mellito di tipo 1, diabete gesta-zionale, ipertensione, embolia polmonare, e disfunzio-ne placentare rispetto ai controlli in gravidanze senza patologie associate. Park ed altri osservarono che i livel-li di espressione di kisspeptin placentare erano più bassi nelle donne con aborto spontaneo ricorrente.

Nel 2005 Dhillo et al.  osservarono che l’infusione endovenosa di kisspeptin in soggetti maschi sani com-portava un aumento dei livelli di gonadotropine e te-stosterone nel plasma. Jayasena et al. esaminarono gli effetti della somministrazione di kisspeptin nelle donne con amenorrea ipotalamica e rilevarono che l’iniezione sottocutanea, due volte al giorno, portava ad un aumen-to delle gonadotropine plasmatiche, anche se questo effetto diminuiva dopo 2 settimane. Tuttavia, la som-ministrazione di kisspeptin settimanale, due volte nella stessa coorte di donne con amenorrea ipotalamica, de-terminava una risposta delle gonadotropine sostenuta per un periodo di 8 settimane.

I diversi studi sopra citati aprono interessanti pro-spettive per più rapide e confortanti soluzioni circa un problema ancora molto presente nel panorama scientifi-co ed umano ossia la difficoltà di concepire. La speranza è che si arrivi presto ad una casistica sufficientemente esaustiva che permetta di affidarsi alla kisspeptin come terapia e consenta di ridurre i tempi, i costi e le implica-zioni emotive associate all’infertilità.

Per consultare la bibliografia, visitare il sito: www.medimia.it/ginecologia/kisspeptin-un-bacio-per-

la-vita/

Forse non tutti lo sanno, ma il bacio è molto più potente di quanto si possa credere. Non è solo un gesto per dimostrare affetto o attrazione fisica verso il partner. Può essere un toccasana per il benessere psicofisico del nostro organismo. Combatte lo stress. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Current Pharmaceutical Design, l’ossitocina rilasciata quando si bacia e si abbraccia qualcuno, può alleviare il dolore perché ha delle proprietà analgesiche. Inoltre baciare abbassa i livelli del cortisolo, l’ormone dello stress, ed infonde ottimismo e sicurezza. Anticorpi. E non è tutto. Baciarsi può essere un toccasana per il sistema immunitario. Lo scambio di batteri di bocca in bocca stimola le difese immunitarie e la produzione di anticorpi. Effetto lifting. Baciarsi può essere anche un valido trattamento antiage, aiutando a prevenire le rughe. Come? Quando ci si bacia vengono attivati circa 30 muscoli facciali, che aiutano a rilassare la pelle rendendola più luminosa e tonica.

Lo sapevi che... baciarsi fa bene alla salute!

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Lui e Lei, per un incastro perfetto: le fasi della risposta sessuale

Il sesso è parte del processo d’amore e della procre-azione, fonte originaria di tutti gli esseri umani. Sottende alla conservazione e allo sviluppo della specie, è intimo e personale, ma se lo si chiama at-

tività sessuale umana assume delle fattezze differenti, tali da poter essere studiato, classificato e diventare un fenomeno collettivo e sociale. La sessualità dell’uomo assume diversi connotati a se-

conda del punto di vista dal quale la si guarda ed es-sere romantica, volgare, funzionale, disfunzionale, e quant’altro.

Come fenomeno collettivo viaggia in parallelo con le questioni sociali ed è soggetta all’effetto plastico del tempo. In questo senso, negli ultimi anni abbiamo assi-stito a una parziale depurazione morale della sessualità. Lo dimostra il fatto che se ne parla molto di più; nessu-

Urologia

S. Sansone, I. Forza, F. Altamura, L. Brusciano, L. Docimo

Gruppo di lavoroXI Divisione di Chirurgia Generale e dell’Obesità. Ambulatorio per lo studio, la prevenzione e la terapia del Pavimento pelvico. Riabilitazione pelvi-perineale: stipsi cronica, incontinenza fecale, dolore perineale. Master di II livello in Colonproctologia, Master di I livello in Diagnostica Strumentale e Riabilitazione del Pavimento Pelvico - Direttore Prof Ludovico Docimo Seconda Università degli di Napoli

no può negare però che quando cadiamo in argomento si avverte sempre un po’ di tensione nell’aria.

Questo turbamento potrebbe testimoniare il diso-rientamento che viviamo quando ci succede di sentire l’energia che il sesso è in grado di agire sia sul piano fi-sico che su quello non fisico, quando cioè l’energia che si libera è tanta da collegare la dimensione fisica alla di-mensione spirituale del nostro corpo. Più spesso, però, la tensione testimonia invece le cementificazioni a cui il sesso è stato soggetto fino agli anni ‘70.

In particolare, in termini di funzionamento biolo-gico, ha ottenuto dignità in occidente solo con Alfred Kinsey (1894 – 1956) e successivamente con gli studi di William Master e Virginia Johnson, pionieri nel dare connotazione di carattere scientifico all’atto sessuale.

Da allora, in fisiologia, l’atto di risposta sessuale vie-ne schematizzato in fasi sequenziali.

Nel 1976 la dottoressa Helen Kaplan ha arricchito di una fase iniziale il ciclo di risposta sessuale e la formula che ad oggi è ancora in uso nella pratica clinica ha as-sunto il seguente aspetto: desiderio, eccitazione, plate-au, orgasmo e risoluzione.

Parallelamente l’Organizzazione Mondiale della Sa-nità diede la definizione di salute sessuale che di seguito riportiamo: “La salute sessuale risulta dall’integrazio-ne degli aspetti somatici, affettivi, intellettivi e sociali dell’essere sessuato che consentono la valorizzazione della personalità, della comunicazione e dell’amore.

Si compone di tre elementi principali: essere capace di gioire, avendone la piena padronanza, di un compor-tamento sessuale e riproduttivo in armonia con un’etica sociale e personale; essere esenti da sentimenti di odio, di vergogna, di colpevolezza, di false credenze e altri fattori psicologici che inibiscono la risposta sessuale e turbano la relazione sessuale; essere esenti da turbe, malattie e deficienze organiche che interferiscono con le funzioni sessuali e riproduttive”.

è quindi in atto negli anni ‘70 un cambiamento cul-turale “istituzionale” rispetto alla sessualità umana che, insieme al velocissimo incremento della ricerca dovute al moderno supporto tecnico strumentale, hanno mi-gliorato, approfondito e sistematizzato le conoscenze sull’atto sessuale sia da un punto di vista fisiologico che fisiopatologico, maschile e femminile.

In particolare dal punto di vista clinico passare da un concetto monistico alla divisione in fasi della risposta sessuale ha permesso di sviluppare metodi di analisi e cura specifici per le alterazioni di ciascuna di queste.

Riportiamo di seguito un accenno per ciascuna delle fasi di risposta sessuale, tentando di raccontare un poco di cosa si parla nella pratica clinica.

>Il desiderioLa prima fase è quella del desiderio, caratterizzata

da una tensione appetiva in risposta a stimoli interni o esterni che si manifesta con la presenza di fantasie sessuali e con la spinta ad intraprendere attività sessua-li; può venir meno e presentarsi meno attiva o vi può essere una vera e propria avversione sessuale (entità cli-niche riportate nel DSM IV).

Perché la fase del desiderio rientri nella fisiologia deve avere un substrato biochimico: i centri neurologici ad essa deputati devono venir attivati da una regolare cascata consequenziale di attivazione neuro-ormonale; un adeguato livello di testosterone, un giusto equilibrio di coppia, l’assenza di altri malesseri sono alcuni dei fat-tori coinvolti nel delicato bilanciamento dell’esperienza del desiderio sessuale.

>L’eccitazioneLa seconda fase è l’eccitazione: porta in sé la nasci-

ta delle sensazioni erotiche, è il momento dell’erezione nell’uomo e della lubrificazione vaginale nella donna.

Queste le manifestazioni più evidenti e conosciu-te dell’eccitazione. Studi minimamente più dettagliati attestano nell’uomo l’ingrossamento della pelle dello scroto, dei testicoli; nella donna l’erezione del glande clitorideo e del clitoride stesso, l’innalzamento dell’u-tero, l’ingrossamento del seno e per entrambi i sessi c’è l’erezione dei capezzoli e l’aumento della frequenza cardiaca. Questa attivazione coinvolge diversi sistemi: noto a tutti è il sistema vascolare, responsabile del-la vasocongestione genitale, ma l’apparato muscolo-scheletrico, il sistema nervoso ed endocrino e il sistema delle citochine partecipano in egual misura alla salute per una valida fase di eccitazione. La sua intensità è mi-surabile attraverso parametri quali frequenza cardiaca, sudorazione corporea, pressione arteriosa o la concen-trazione di cortisolo.

Una insufficienza di questa seconda fase può essere parziale o totale e può riguardare diversi aspetti: può accadere che pur mantenendo un’apparente buona re-attività fisica vi sia una deficienza a livello sensoriale; oppure ci può essere una ipofunzionalità con persisten-za dell’eccitazione con incapacità di evolvere alla fase successiva. L’intervento rieducativo e terapeutico deve

Urologia Le fasi della risposta sessuale

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tener conto di tutti i diversi aspetti coinvolti per rispon-dere adeguatamente parametro per parametro.

>Il plateauLa fase di plateau è uno stadio in cui l’eccitamento

si innalza fino a raggiungere il suo culmine. La con-gestione vasale è al suo massimo livello e tutte le espressioni della fase precedente vengono esacerbate.

Un buon tono e trofismo muscolare e l’efficienza va-scolare sono elementi fondamentali per questa fase che è molto delicata soprattutto perché è totalmente retta dal sistema nervoso autonomo e può viene intaccata istan-taneamente da un intervento, di certo fuoritempo, della neocorteccia.

Sostenere questa fase è il compito più soddisfacen-te per chi lavora in questo ambito, non significa che sia semplice ma che quando si recupera un benessere in questa fase è ….quasi fatta!

>L’orgasmoNella fase dell’orgasmo il piacere raggiunge l’apice e

l’individuo si ritrova una perdita temporanea di con-tatto con la realtà, un momento totalmente limbico e ipotalamico.

Nell’uomo questa fase è sempre molto intensa e sta-bile, lo sfintere della vescica urinaria si chiude massi-mamente, compaiono contrazioni ritmiche dei condotti seminali, dell’uretra e della prostata che portano all’eia-culazione di sperma ad intervalli regolari.

L’orgasmo per la donna può avere caratteristiche va-riabili, ondulatorie che non corrispondono ad un rego-lare progressivo incremento sulla fase del plateau; vi è un aumento della tensione muscolare e compaiono con-trazioni della terza parte esterna della vagina, della mu-scolatura perineale e dell’utero.

L’anorgasmia equivale al non raggiungimento di questa fase e può essere legata ad una interruzione nel plateau e corrispondere quindi ad un disturbo della fase precedente. Può essere senza eiaculazione quando questa può essere semplicemente retrograda, ovvero esistere come tale ugualmente, ma non essere di fatto riconosciuta.

Wilhelm Reich intorno al 1920 scrive dell’orgasmo come della capacità di sapersi abbandonare alle convul-sioni muscolari involontarie per scaricare l’energia ses-suale.

Uno dei disturbi più comuni e misconosciuti è infatti proprio l’incapacità di sostenere questa fase: non si trat-ta di anorgasmia ma di una insufficienza di alcuni dei

parametri che lo determinano. Segno patognomonico di questo quadro clinico è la sensazione di insoddisfa-zione residua.

>La risoluzioneL’ultima fase, quella di risoluzione, vede un ritorno

del corpo allo stato iniziale di non eccitazione con un processo regressivo della vasocongestione superficiale e profonda. La fase di risoluzione dell’uomo è caratteriz-zata da un “periodo refrattario” dopo l’orgasmo.

Il maschio è poco o per nulla sensibile a qualsiasi tipo di stimolazione, il tempo di latenza è direttamente pro-porzionale all’età del soggetto. La donna, invece, se ade-guatamente stimolata può rientrare nella fase di plate-au e raggiungere rapidamente nuove ondate di piacere.

Disturbi in questa fase esistono come conseguenza di un processo delle fasi precedenti di fatto poco soddisfa-centi. Il livello di quiete interna a cui si giunge nella fase di risoluzione è direttamente proporzionale alla fluidità con cui si svolgono tutte le fasi che la precedono.

Ogni fase del ciclo di risposta sessuale può essere tur-bata da diversi fattori e compromettere il buon sesso.

La mancanza di un buon sesso blocca l’individuo, uomo o donna che sia, in una condizione di insoddisfa-zione e di mancanza di piacere; è un problema nelle cop-pie che si amano.

La sessualità umana viaggia come si è detto in pa-rallelo con le questioni sociali: è reduce dai rigidi codici morali delle generazioni precedenti, dal ricco percorso di svolte culturali degli anni ‘60 e ‘70, ma è niente se pensiamo che il genere umano da che esiste pratica il sesso. L’esperienza millenaria di fronte alla complessità dei disturbi sessuali ha trovato molteplici risposte, ma nonostante questo oggi il buon sesso è un fenomeno raro.

>Che fare? Il programma è ampio e risponde con una rieducazio-

ne globale che pone l’interesse su molti parametri: si va dal recupero del tono e della forza muscolare del pavi-mento pelvico, alla capacità di rilassamento e al lasciarsi andare al piacere, alla scelta più idonea degli alimenti, alla capacità di stare in intimità, a smontare falsi miti.

Un lavoro complesso che ci vede impegnati nella ricerca e nella diffusione della salute come vuole l’Or-ganizzazione Mondiale della Sanità per integrare gli aspetti somatici e affettivi al fine di gioire di un’armonia di corpo, mente ed energia biochimica.

Urologia Le fasi della risposta sessuale

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Lavande vaginali e acque mineralinelle infezioni batteriche

Idrologia

La vagina e la sua flora batterica costituiscono un ecosistema complesso e dinamico, che si mantiene in equilibrio grazie a diversi meccani-smi tra cui l’anatomia della vulva e della vagina,

la presenza di muco cervicale, il suo stato di immunità che consentono la convivenza di vari microrganismi tra cui lattobacilli, stafilococchi e streptococchi (1).

In condizioni fisiologiche predominano i lattobacilli di Doderlein, essenziali per la salute intima della donna. La loro funzione protettiva è dovuta, tra le altre cose, alla capacità di acidificare l’ambiente vaginale contri-buendo al mantenimento di un giusto grado di pH (in genere tra 3,8 e 4,5) mediante metabolizzazione del glicogeno, secreto dalle cellule della parete vaginale a seguito di stimolazione estrogenica, con produzione di acido lattico.

Diverse sono le cause responsabili dell’alterazione del pH vaginale come le terapie antibiotiche, l’uso di con-traccettivi orali, lo stress, la riduzione delle difese im-munitarie, il diabete mellito, l’uso di detergenti intimi aggressivi. Il pH vaginale può subire variazioni anche durante il ciclo mestruale (in cui l’acidità diminuisce leggermente, incrementando, soprattutto nei giorni successivi al ciclo, il rischio di infezioni) oppure in me-nopausa (in cui il pH assume un valore tra 6 e 7 e ciò aumenta il rischio di infezioni, fastidio e secchezza). Si evidenzia che un pH squilibrato è responsabile di vari processi infiammatori come ad esempio vaginiti, vulvi-ti, cerviciti.

Patologie molto diffuse sono le vulvo-vaginiti (pro-cessi infiammatori che si localizzano alla vulva, alla va-gina o in entrambi gli organi) che riconoscono diversi

Maria CostantinoSpecialista in Idrologia Medica

Diverse sono le cause responsabili dell’alterazione del pH vaginale come le terapie antibiotiche, l’uso di contraccettivi orali, lo stress...

agenti etiologici, il cui sviluppo viene favorito appunto dallo squilibrio del pH vaginale. Tali patologie costitui-scono il principale motivo di consultazione dello specia-lista ginecologo. I patogeni maggiormente responsabili delle vulvo-vaginiti sono: parassiti (come il trichomo-nas vaginalis, protozoo flagellato che si trasmette con l’acqua, oggetti da toilette e soprattutto tramite i rap-porti sessuali, il cui sviluppo viene favorito da una ridu-zione dell’acidità vaginale); miceti (come candida albi-cans che è la specie più comune presente normalmente in fase dormiente nell’intestino, nella vagina, sulla pel-le, nella bocca, nelle orecchie in equilibrio con gli altri microrganismi ospiti dell’organismo e la cui attivazio-ne ed eccessiva proliferazione viene stimolata proprio dall’incremento del pH vaginale); microbi Gram (+) e Gram (-), la cui insorgenza viene favorita da irritazio-ne locale, insufficienza ovarica, decadimento dello stato fisico generale associate a cattiva igiene. Ancora in cor-so di menopausa spesso si osserva una forma di vulvo-vaginite legata alle modificazioni involutive degli organi genitali conseguente al cessato stimolo trofico esercita-to dagli ormoni ovarici; di conseguenza la vagina si ri-trae, la mucosa diventa arida e grinzosa, perde le pliche mentre l’epitelio si riduce a pochi strati di cellule basali e parabasali prive di glicogeno. Da ciò l’aumento del pH ed il prevalere di una flora batterica vista sul bacillo di

Doderlein. (2).Queste varie forme di vulvo-vaginiti possono essere

trattate per via topica e/o generale con farmaci antipa-rassitari, farmaci antimicotici, farmaci antisettici. Nella vaginite atrofica causata da carenza di estrogeni e carat-terizzata sintomatologicamente da secchezza vaginale, prurito, irritazione e dispareunia (dolore avvertito dalla donna durante un rapporto sessuale) risulta efficace la terapia sostitutiva a base di estrogeni associata ad idra-tanti vaginali.

Nelle infiammazioni croniche o stati irritativi vul-vo-vaginali vengono prescritte come terapie locali le lavande vaginali, dispositivi medici che consentono di effettuare un’efficace igiene intima e mediante risciac-quo impediscono la proliferazione di patogeni e la loro adesione alle pareti vaginali. Esse, infatti, mediante un dispositivo detto irrigatore, indirizzano verso le pareti interne del canale muscolo-membranoso vaginale di-verse miscele di sostanze ad azione antibatterica, leniti-va, emolliente e rinfrescante. Nell’effettuare la lavanda vaginale è buona norma partire dalla vagina e scendere verso l’ano per evitare il contatto di batteri fecali con i genitali esterni.

A questi presidi farmacologici si può aggiungere la terapia termale, in particolare l’irrigazione vaginale con acque minerali che è una tecnica analoga alle comuni

Idrologia Lavande vaginali e acque minerali

Idracol 100: riequilibrante della flora batterica intestinaleIntegratore alimentare a base Bacillus coagulans (20 miliardi di spore) e Acido Glicirrizico (20 mg)

Il Bacillus coagulans è un probiotico capace di sopravvivere alle alte temperature (fino a 100°C) ed ai livelli di pH acidi del nostro stomaco. Solo una volta giunto nell’intestino germina rapidamente andando ad incrementare la popolazione della flora batterica ed a potenziare le difese dell’organismo. Grazie alle batteriocine, riequilibra la flora batterica intestinale ostacolando la crescita della flora cattiva e, moltiplicandosi sulla parete intestinale, va a formare una barriera contro germi patogeni quali candida, salmonella e stafilococchi, tutti responsabili di infezioni intestinali. Numerosi studi hanno confermato che il bacillus coagulans migliori il dolore addominale e il gonfiore nei pazienti con sindrome da colon irritabile (IBS).

L’Acido Glicirrizico, nel grosso intestino, si comporta come un prebiotico e viene idrolizzato dalla flora batterica intestinale in una molecola di Acido Glicirretico e due molecole di Acido Glucuronico. L’Acido Glicirretico aumenta i livelli plasmatici di secretina e aumenta il tono dello sfintere pilorico, riducendo il reflusso duodeno-gastrico e l’esposizione della mucosa gastrica all’azione lesiva della bile.

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lavande vaginali, e che ancora oggi presenta un ruolo importante nel trattamento di varie affezioni dell’appa-rato genitale femminile, poiché nella pratica ginecolo-gica assistiamo sempre più a flogosi genitali recidivanti spesso ribelli a terapia farmacologica e che in molti casi possono essere causa di sterilità oltre che di notevole disagio fisico e psicologico per la paziente.

Sono proprie le forme infiammatorie croniche recidi-vanti che possono trarre beneficio dall’uso delle acque termo-minerali utilizzate in varie strutture termali me-diante metodica crenoterapica irrigatoria vaginale che consente di sfruttare l’azione eutrofica, antiinfiamma-toria, antisettica, decongestionante e detergente eserci-tata sulle mucose dalle acque minerali.

In questa metodica applicativa termale la paziente si distende su un lettino ginecologico e attraverso una cannula, sterile monouso a più fori, l’acqua minerale ed i gas in essa disciolti, alla temperatura di 37-38°C e a pressione gravitazionale (proveniente da un vaso, colle-gato alla cannula, della capacità di circa 6 litri regolabile in altezza per determinare la giusta pressione del flusso, in genere di 0,2 atmosfere), giungono a contatto con le mucose. In ogni seduta vengono erogati dai 2-5 litri di acqua minerale nell’arco di tempo di circa 10-15 minuti. Il ciclo di irrigazioni vaginali termali prevede 12 sedute eseguite quotidianamente, con la cadenza di 1 al giorno e può essere ripetuto 2 volte l’anno con un intervallo di circa 4 mesi.

Si evidenzia che ciascuna cittadina italiana ha diritto ad usufruire, con onere a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), di 1 ciclo curativo termale (o crenote-rapico) l’anno, previa prescrizione da parte del medico di Medicina Generale.

La terapia termale o “crenoterapia” mediante metodi-ca applicativa irrigatoria vaginale può essere di notevole beneficio anche nella cura e prevenzione dei fastidiosi sintomi che spesso accompagnano le involuzioni post-menopausali fisiologiche della mucosa vaginale quali bruciore, prurito e secchezza della mucosa; ancora può essere utile nei processi infiammatori cronici a carico della vagina, del collo dell’utero, dell’endometrio, delle salpingi e per la prevenzione di fenomeni cicatriziali ed aderenziali che possono causare sterilità di tipo fun-zionale o meccanico (sterilità tubarica, uterina, etc.). La fase acuta della malattia e le patologie neoplastiche costituiscono invece, controindicazione al trattamento termale irrigatorio vaginale (2,3).

Dati di letteratura hanno mostrato come le acque mi-

nerali salso-bromoiodiche, a livello dell’apparato genita-le femminile, esplicano un’azione regolatrice sui disordi-ni mestruali e sul muco cervicale. All’ipertonia di molte acque minerali (tipo sulfuree e salso-bromo-iodiche) è da attribuire l’azione antiedemigena e risolvente osser-vata a seguito dell’uso delle irrigazioni vaginali termali, per un meccanismo osmotico indotto con generazione di una corrente di fluidi dagli strati profondi della mu-cosa verso l’esterno in grado di veicolare ed allontana-re elementi corpuscolari (microrganismi, inquinanti) e prodotti di flogosi (2). All’ipertonia dell’acqua ed alla capacità di potenziare, anche di centinaia di volte, l’a-zione di alcuni enzimi litici lisosomiali da parte degli alogeni presenti (quali cloro, iodio e bromo) è dovuta l’azione antisettica delle acque minerali (3). Ricordiamo inoltre il potere antisettico diretto di alcune di queste sostanze, sfruttabili a livello mucoso e cutaneo (2,3).

Una recente indagine epidemiologica condotta presso lo stabilimento termale di Telese (BN) da F.I.R.S. Ther-mae (Formazione Interdisciplinare, Ricerche e Scienze Termali), Centro di Eccellenza di rilievo Internazionale in ambito termale, ha evidenziato come un ciclo irriga-torio vaginale con acqua minerale sulfurea è in grado di migliorare in maniera statisticamente significativa il quadro sintomatologico (secchezza vaginale, bruciore vaginale, prurito vulvare) in donne sofferenti di infezio-ni recidivanti da candida, di cistiti ricorrenti e di atrofia vulvo-vaginale in corso di menopausa. Un altro dato, non trascurabile, evidenziato sempre dall’indagine epi-demiologica è che nessuna delle pazienti tenute sotto osservazione ha riportato intolleranza al trattamento termale effettuato che quindi ha mostrato una buona tollerabilità locale e sistemica.

Numerose sono le stazioni termali italiane che offro-no questo tipo di trattamento oltre alle già citate Terme di Telese in Telese Terme (BN), ricordiamo le Terme di Lurisia in Mondovì (CN), le Terme Rosapepe in Contursi (SA), le Terme Stufe di Nerone in Bacoli (NA), le Terme di Salsomaggiore (PR), le Terme di Comano (TN) etc..

Idrologia Lavande vaginali e acque minerali

Bibliografia1. Losa Dominquez J.F. Trattamento non farmacologico della vulvo-va-ginite aspecifica. Acta Bio Medica 85- Quaderno di Ostetricia e Gineco-logia 1:2-6, 2014.2. Costantino M, Lampa E, Nappi G. Efficacia della terapia termale in flogosi croniche recidivanti di interesse ginecologico. Med Clin Term 60:16-21, 2006.3. Nappi G. Medicina e Clinica Termale. Ed. Selecta Medica, 2001.

Prevenire l’osteoporosi:l’importanza di una sana alimentazione

Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione

La Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione scende in campo per insegnare a prevenire l’o-steoporosi anche a tavola: una sana e corretta alimentazione insieme all’attività fisica sono

fondamentali per la prevenzione.Malattia insidiosa, che colpisce il 33% delle donne tra

i 60 e i 70 anni di età, il 66% di quelle al di sopra degli 80, mentre è relativamente meno diffusa negli uomini (20%), l’osteoporosi si caratterizza per una diminuzio-ne della resistenza scheletrica che rende l’individuo più suscettibile a sviluppare fratture spontanee o indotte

da traumi di modesta entità. La diminuzione della re-sistenza dello scheletro è indotta dalla progressiva di-minuzione della massa scheletrica, cioè della densità minerale ossea, associata al deterioramento della strut-tura ossea, cioè della sua qualità.

è una malattia subdola, perché decorre per molto tempo asintomatica, fino al momento in cui si manife-stano le sue conseguenze ed è per questo motivo che è stata anche definita come un “tarlo silenzioso”.

E’ per tale motivo che risulta fondamentale assumere uno stile di vita corretto per diminuire il rischio di svi-

Alimentazione

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L’osteoporosicolpisce il 33% delle donne

tra i 60 e i 70 anni di età, il 66% di quelle al di sopra

degli 80, mentre è meno diffusa negli uomini (20%)

luppare questa patologia nelle decadi più avanzate della nostra vita.

Tuttavia, anche se viene considerata una patologia della senilità sarebbe più corretto definirla una pato-logia pediatrica ad insorgenza tardiva poiché fonda-mentale per la sua prevenzione è assumere corrette abitudini di vita sin dall’infanzia. Infatti, insieme ad un’attività fisica regolare, un’alimen-tazione corretta svolge un ruolo fon-damentale per raggiungere il picco di massa ossea durante l’adolescenza, e entro la terza decade di vita, otti-mizzando il patrimonio genetico e preservando al meglio la struttura e la funzionalità scheletrica durante la vita adulta.

«Una corretta alimentazione, in tutte le fasi della vita - spiega Silvia Migliaccio, Professore Associato presso l’Università Foro Italico di Roma e Segretario Generale della S.I.S.A.- è il miglior modo di prevenire l’osteoporo-si, che deve essere prevenuta fin dall’infanzia e dall’ado-lescenza attraverso il raggiungimento del Picco di Massa Ossea, vale a dire il massimo valore potenziale di massa ossea, geneticamente programmato. Questo obiettivo può essere raggiunto con un’assunzione equilibrata di tutti i nutrienti - non solo del calcio - e lo svolgimento di una regolare attività fisica. Infatti combattere la seden-tarietà nelle fasi precoci della nostra vita è importante per mantenere il benessere del nostro organismo, com-battere patologie metaboliche croniche come appunto l’osteoporosi ma anche l’obesità e le malattie metaboli-che croniche».

Pur non esistendo una dieta specifica per la preven-zione o per il trattamento dell’osteoporosi, una alimen-tazione basata sui principi della Dieta Mediterranea rappresenta il regime alimentare da seguire, normoca-lorico e normoproteico.

«D’altro canto - come ci spiega la Dott.ssa Emanuela Greco, ricercatore presso l’Università Sapienza di Roma e Tesoriere della SISA- in presenza di osteoporosi una corretta alimentazione serve a prevenire l’ulteriore ri-duzione della massa ossea e a potenziare la risposta alle terapie, fondamentali quando l’osteoporosi si è già ma-nifestata con fratture da fragilità».

Un’alimentazione corretta, che sappia essere pre-ventiva e protettiva nei confronti dell’osteoporosi deve prevedere un apporto sufficiente di tutti i nutrienti

essenziali (macro e micro nutrienti) attraverso il cibo, facendo attenzione a dare varietà ai piatti durante la settimana.

A qualsiasi età è possibile fare qualcosa per prevenire o migliorare la densità ossea se alterata. I minerali che

concorrono alla formazione dell’osso sono soprattutto il calcio e il fosforo ed è la vitamina D che ne ottimizza il loro assorbimento da parte dell’in-testino, a ridurne l’eliminazione con le urine e a fissarli a livello scheletri-co. Una corretta ed equilibrata ali-mentazione permette di assumere dagli alimenti i minerali necessari a formare l’osso, ma occorre fare par-ticolare attenzione ai fabbisogni di calcio e vitamina D. Infatti, mentre

l’assunzione di fosforo è facilitata dal fatto che il mi-nerale è presente in moltissimi alimenti, il calcio lo è molto meno, soprattutto in forma biodisponibile (cioè facilmente assorbibile dall’organismo), così come la vi-tamina D il cui fabbisogno giornaliero è difficilmente raggiungibile con l’alimentazione e per il quale occorre, inoltre, una corretta esposizione solare.

Secondo le ultime tabelle dei LARN (Livelli di As-sunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana), elaborate in Italia dalla Società Italiana di Nutrizione Umana e pubblicate nel 2014, l’assunzione di calcio dovrebbe essere all’incirca di 1

Alimentazione L’osteoporosi

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grammo al giorno, anche più a seconda delle diverse fasi della vita.

«Il latte e i suoi derivati – ci spiega il Professor Andrea Ghiselli, dirigente del CREA e Presidente della SISA - sono le maggiori fonti di calcio nella dieta italiana. In caso di intolleranza al lattosio è possibile utilizzare il latte a ridotto contenuto di lattosio. Chi non ama il lat-te o lo yogurt può ricorrere ai formaggi, facendo però attenzione al sale. Quelli stagionati, ne contengono una quantità più elevata rispetto ai formaggi freschi.

Le bevande vegetali, purché arricchite, possono anch’esse costituire una fonte di calcio, benché lattosio e caseina facilitano l’assorbimento del calcio nell’inte-stino. Infine anche l’acqua contiene il calcio, per questo è importante imparare a leggere le etichette nel caso in cui si bevano acque minerali e scegliere quelle che ne contengono di più. In alcune città, poi, anche l’acqua pubblica ha un buon contenuto di calcio.».

Tuttavia una corretta alimentazione deve prevedere anche un adeguato apporto proteico, di carboidrati e lipidi: «è fondamentale insegnare sin da piccoli che la dieta deve essere equilibrata e deve prevedere l’assun-zione di tutti i nutrienti. Solo sensibilizzando da subito a una corretta alimentazione si può intervenire per pre-venire l’osteoporosi». Ma se il giusto apporto di tutti i macro e micronutrienti svolge un ruolo fondamentale non bisogna dimenticare che anche il mantenimento di un “peso forma” è importante per la prevenzione della patologia. “Disturbi del comportamento alimentare – ci spiega la Prof.ssa Migliaccio- così frequenti in queste ul-time decadi, determinano spesso un dimagramento ec-cessivo che porta molti adolescenti a diventare soggetti a rischio per lo sviluppo di questa patologia”.

Ma se una magrezza eccessiva è riconosciuta ormai da tempo come fattore di rischio per lo sviluppo dell’o-steoporosi, anche “l’obesità deve essere riconosciuta come fattore di rischio per l’osteoporosi e le fratture da fragilità soprattutto nelle donne dopo la menopau-sa – ci spiega la Dott.ssa Greco. Infatti studi del nostro gruppo di ricerca e di altri gruppi internazionali, dimo-strano come l’obesità, sempre considerata un fattore protettivo, debba essere combattuta anche per questa problematica scheletrica.

La SISA, come ci spiega il Prof. Ghiselli scende in campo per intraprendere una giusta informazione per spiegare come un’alimentazione corretta sia fondamen-tale per mantenere il benessere dello scheletro e preve-nire quindi l’osteoporosi.

L’osteoporosi

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L’alimentazione pre-gravidanza

occhio al peso e alle cattive abitudini

Lo stile di vita pre-gravidico può influenza-re la vita del nascituro?

La risposta è si; numerosi studi hanno evi-denziato quanto i regimi alimentari e le abi-

tudini pre-gravidiche possano influenzare la vita del nascituro al pari, o in alcuni casi anche più, dei regimi adottati durante la gestazione.

Negli ultimi anni le ricerche scientifiche si stanno concentrando sull’epigenetica, una branca della gene-tica che studia i cambiamenti fenotipici, indipendenti dalle sequenze del DNA, regolati da sistemi di attiva-zione e inattivazione del nostro genoma che possono essere ereditati dalle generazioni successive e risentono fortemente dei fattori ambientali. L’ipotesi dell’origine fetale propone, infatti, che alcuni geni del feto possano essere “accesi” o “spenti” in base agli stimoli segnalati dall’ambiente a cui è stata esposta la madre in gravidan-za. Gli effetti della malnutrizione materna sono stati ampiamente studiati nei soggetti nati durante la secon-da guerra mondiale in Olanda, a seguito della grande carestia che colpì la popolazione, costringendo le madri ad un regime dietetico molto scarno; eppure i meccani-

smi genetici dei nascituri si adattarono a tale condizio-ne ambientale sviluppando un fenotipo che riuscisse a sopravvivere, immagazzinando grasso più efficacemen-te rispetto a coloro che non erano stati esposti ad un periodo di carestia nella vita uterina. Fortunatamente le odierne condizioni ambientali sono ben lontane ri-spetto a quelle della seconda guerra mondiale, anzi le percentuali di popolazione obesa sono in costante au-mento; ciò significa che coloro che sono nati tra il ’44 e il ’45 in Olanda saranno più avvantaggiati in un periodo di forte carestia, ma al contrario tenderanno a liberarsi con maggiore difficoltà del grasso in eccesso e avranno un rischio maggiore di contrarre diabete e malattia car-diovascolari.

Noi siamo il risultato di ciò che nostra madre mangia, per quanto possiamo migliorarci con una sana alimen-tazione e un’adeguata attività fisica è sempre bene ricor-darsi, soprattutto quando ci si paragona a modelli più o meno realistici, che i nostri geni vengono programmati durante la vita uterina e ci accompagneranno per tutta la nostra esistenza; tuttavia se non possiamo “combat-tere” i nostri geni possiamo però adoperarci per garan-

Alimentazione

Laura ColuccioBiologa Nutrizionista

tire un corredo corretto per le generazioni future. Una meta-analisi condotta nel 2009 ha evidenziato come, rispetto alle donne normopeso, quelle obese o in condi-zione di malnutrizione avevano maggiore probabilità di partorire bambini con difetti cardiovascolari, della for-mazione del tubo neurale e dell’idrocefalo e molti altri difetti congeniti. Pertanto è auspicabile una perdita di peso prima del concepimento, in modo da garantire un ambiente ideale alla crescita del feto che non lo condan-ni a sviluppare disturbi e disordini in età adulta.

In condizioni di conclamata obesità, potrebbe verifi-carsi anche anovulazione e pertanto difficoltà di conce-pimento, tuttavia è stato dimostrato che in donne con IMC (Indice di Massa Corporea) tra 29 (sovrappeso) e 35 (obesità) anche piccole perdite di peso (circa 4-5 kg) in 6 mesi potevano avere un’enorme influenza sulla fertilità favorendo un concepimento naturale. Tuttavia l’allerta non nasce solo per le donne che si affacciano alla prima gravidanza, ma anche e soprattutto, per le madri che fa-ticano a perdere i kg eccessivi acquistati con gravidanze precedenti e ne programmano di nuove. Una ricerca del Karolinska Instituet di Stoccolma ha evidenziato come il rischio di morte prima della nascita o nell’arco del primo anno di vita cresca in modo esponenziale se l’au-mento ponderale tra la prima e la seconda gravidanza supera i 6 kg. Le percentuali di rischio si aggirerebbero intorno al 27% per le donne che avevano acquistato dai 6 agli 11 kg rispetto al loro peso stabile e fino al 60% per

coloro che superavano gli 11 kg; al contrario si riduceva del 50% per i figli nati da donne che avevano ridotto di 6 kg il peso acquistato nella prima gravidanza.

Pertanto il consiglio per le donne in età fertile che programmano una gravidanza, anche a lungo termine, è quello di apportare quanto prima cambiamenti al loro stile di vita con un’alimentazione ipocalorica, che favo-risca il calo ponderale, integrata da un’adeguata attività fisica che, oltre a coadiuvare il dimagrimento, può avere notevoli benefici anche durante la gestazione miglio-rando significativamente alcuni effetti sgradevoli che possono presentarsi in gravidanza come nausea, vomi-to e stipsi. Particolare importanza nell’alimentazione non lo riveste solo la quota calorica, in quanto abbiamo precedentemente visto come anche le donne malnutrite siano esposte ai medesimi rischi di quelle sovrappeso, ma anche la composizione dei macro e micronutrienti presenti nella dieta quotidiana. Si consiglia di ridurre o eliminare gli alimenti a calorie “vuote”, in favore di frutta e verdura, prediligere i cereali integrali e fonti proteiche magre come pesce e carni bianche limitando il consumo di cibi più grassi come carni rosse o prodotti lattiero-caseari.

Infine si consiglia di prestare particolare attenzione al ferro, essenziale per il corretto sviluppo neurologico del feto, la cui integrazione è molto importante in gra-vidanza, ma è bene che il suo stoccaggio avvenga prima del concepimento onde evitare che si verifichino carenze.

Alimentazione L’alimentazione pre-gravidanza

Dietetica clinica e counselling nutrizionale territoriale

Claudio MessereSpecialista in Scienza dell’Alimentazione e Dietologia

Dal mese di ottobre del 2013 è stato attivato, con nota n. 422 Direzione Sanitaria Distretto 45- Regione Campania, l’ambulatorio di Die-tetica Clinica e Counselling Nutrizionale, in-

teso come percorso, integrativo degli ambulatori di Dia-betologia e Cardiologia, ai fini della prevenzione e del trattamento del sovrappeso, dell’obesità e della malattia metabolica e cardiovascolare. Successivamente, come medico specialista referente del programma, ho esteso l’integrazione del percorso anche ai colleghi di fisiatria,

fisioterapia, ortopedia, pneumologia, con la possibilità di un invio diretto al servizio. La gestione del paziente in sovrappeso, obeso e/o malnutrito, nei suoi aspetti internistici e psicologici, richiede da parte del personale sanitario, competenze specialistiche che si discostano dal tradizionale approccio terapeutico.

L’evoluzione del concetto di “salute” e la nuova or-ganizzazione del Ssn, che si pone obiettivi di efficacia ed efficienza, ma anche di umanizzazione delle presta-zioni, suggeriscono come il counselling possa essere lo

Alimentazione

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Molti sono i fattori biologici, culturali, sociali e familiari

che possono favorire un’alterazione del

comportamento alimentare

strumento vincente. In particolar modo, il counselling nutrizionale, rappresenta un sistema di approccio rivol-to all’individuo o a piccoli gruppi, basato sullo scambio interattivo tra consulente e utente, finalizzato alla ricer-ca di strategie per un nuovo stile comportamentale. At-traverso il counselling possono quindi essere governati gli altri strumenti dieto-terapeutici, come, per esempio, il piano nutrizionale, il diario alimentare, la relazione e la comunicazione. Inoltre possono essere sviluppate altre strategie per ridurre la resistenza al cambiamento, come la valutazione del rapporto autostima/autoeffica-cia o il monitoraggio dell’attività fisica, definendo quin-di la risoluzione dei problemi nutrizionali e favorendo il processo decisionale.

Il paziente obeso può entrare in contatto con nume-rosi professionisti della salute: diabetologi, endocrino-logi, cardiologi, ortopedici, ginecologi ecc... a proposito delle varie complicanze che la patologia di base può de-terminare. Mentre è sempre auspicabile un’intensa atti-vità preventiva da parte dei pediatri e dei medici di me-dicina generale, può essere altresì importante avere la possibilità di sviluppare a livello territoriale, cioè presso gli ambulatori specialistici pubblici, percorsi integrati che comportino una collaborazione tra i vari specialisti delle singole patologie e il medico specialista della nu-trizione.

Molti sono i fattori biologici, culturali, sociali e fa-miliari che possono favorire un’alterazione del com-portamento alimentare con relative complicanze me-taboliche. Tra i più importanti ricordiamo l’importanza dell’apparenza fisica nella società, favorita dalla neces-sità di aderire a norme culturali rigide (es. essere a die-ta), l’insoddisfazione per il proprio corpo, l’età, lo status socio economico e culturale, la difficoltà di socializzare con i pari, il processo di svincolo dalla famiglia con le relative problematiche di autonomia. Notevole è l’in-fluenza esercitata sui figli dal comportamento alimen-tare e dal grado d’insoddisfazione corporea dei genitori, dallo stile di “attaccamento dei genitori”, dallo svilup-po dell’immagine corporea e dall’eventuale presenza di un disturbo del comportamento alimentare. I genitori hanno necessità di un aiuto, perché spesso faticano a riconoscere che il loro figlio ha problematiche connesse con l’alimentazione, oppure devono spesso lottare con il pensiero di essere loro stessi causa del problema. I sensi di colpa sono sempre presenti, comportando un’ipera-limentazione compensatoria di un deficit affettivo, e vanno quindi affrontati e discussi.

Alimentazione

>Il trattamento medico-nutrizionaleLa Terapia Medica Nutrizionale (MNT) è una compo-

nente integrale di numerose patologie e dell’educazione all’autogestione. Si pone come obiettivo la prevenzione e il trattamento delle complicanze croniche del diabete mellito raggiungendo e mantenendo risultati metaboli-ci ottimali, comprendenti i livelli glicemici e la HBA1c, i livelli di colesterolo LDL, colesterolo HDL e di Triglice-ridi, la pressione arteriosa e, ovviamente, il peso corpo-reo. Per facilitare l’aderenza alla Terapia Medica Nutri-zionale, il piano deve essere personalizzato e tenere in considerazione cultura, stile di vita e aspetti economici. La regolazione della glicemia per ottenere livelli vicini alla norma è obiettivo primario nella gestione del dia-bete. La quantità dei carboidrati assunti influenza la risposta glicemica e l’insulinemia e quindi deve essere monitorata l’assunzione utilizzando le liste di scambio o il conteggio dei carboidrati. Le diete ipoglicemiche non sono più valide per una corretta gestione del diabete e l’apporto quotidiano dei carboidrati non deve essere in-feriore ai 130 gr.

Nell’ambito delle patologie cardiovascolari, l’iperten-sione arteriosa può sicuramente beneficiare della MNT, attraverso il calo ponderale, la restrizione di sodio e di alcool. Nell’ipertensione di primo grado, la dieta e l’e-sercizio fisico possono essere utilizzati come approccio di primo livello alla terapia. Inoltre l’uso della MNT in associazione al trattamento farmacologico dell’iperten-sione moderata o grave, ha aumentato l’efficacia del solo trattamento farmacologico, riducendo in alcuni casi la quantità di farmaci utili al controllo pressorio.

I cibi di origine animale come la carne, le uova, i pro-dotti caseari che contengono già naturalmente sodio, dovrebbero essere utilizzati in quantità limitate. I com-posti del sodio sono utilizzati anche nella preparazio-ne di alcuni alimenti come per esempio il benzoato di sodio, utilizzato nella preparazione di condimenti, salse e margarine, oppure il citrato di sodio, esaltatore di sa-pore in dolci e bevande.

L’obesità ha una notevole influenza anche sulla salu-te delle ossa e delle articolazioni, aumentando il carico articolare e provocando la degenerazione della cartila-gine. L’eccessivo lavoro meccanico delle articolazioni favorisce l’insorgenza di artrosi, in particolar modo a carico delle anche e del ginocchio. Il progressivo peg-gioramento dell’artrosi determina una riduzione dei movimenti, contribuendo a peggiorare sia lo stato di obesità sia quello artrosico. Stili di vita e aspetti nutri-

zionali concorrono anche a determinare a carico dello scheletro una malattia sistemica caratterizzata dalla riduzione della massa ossea e dal deterioramento del-la microarchitettura del tessuto osseo, con conseguen-te aumento della fragilità e del rischio di fratture, cioè alla formazione dell’osteoporosi. Le diete ipocaloriche, che sono spesso povere di calcio, possono contribuire a ridurre l’assunzione di calcio, soprattutto nella don-na. Un basso introito alimentare di calcio può giocare un ruolo importante nello sviluppo di questa patologia. Molti alimenti componenti la dieta, influenzano la bio-disponibilità del calcio (assorbimento e utilizzazione da parte dell’organismo). Al fine della prevenzione dell’o-steoporosi devono essere considerati anche l’apporto e la disponibilità della vitamina D e il rapporto calcio/fosforo nell’alimentazione quotidiana.

>Ginecologia e nutrizioneI disturbi della sfera genitale femminile possono

essere spesso controllati attraverso un’adeguata ali-mentazione, essendo quindi determinante una stretta collaborazione tra il medico ginecologo e il medico nu-trizionista. La Dismenorrea può comportare manifesta-zioni dolorose comuni (cefalea, crampi e spasmi addo-minali, nausea).

La riduzione dell’apporto di caffè e alcol, bevande che limitano l’assorbimento del magnesio, e altresì la riduzione di carni rosse e grassi saturi, rientrano tra le misure nutrizionali opportune per il controllo della sintomatologia. Altri cibi invece andrebbero consumati più frequentemente come per esempio il pesce azzurro, ricco di polinsaturi Omega-3 che riducono l’intensità dei crampi muscolari, oppure alcuni semi come quelli di lino, che limitano il rilascio di alcune prostaglandi-ne, oppure di girasole, ricchi di vitamina E, che aiuta ad alleviare la sintomatologia dolorosa. Le Barbabietole Rosse, grazie al loro apporto di magnesio, possono con-tribuire all’azione antispastica e miorilassante uterina.

Anche in caso di Amenorrea, l’alimentazione do-vrà essere particolarmente curata, ricercando un buon equilibrio nutrizionale tra l’apporto protidico e quello lipidico e con opportune dosi quotidiane di vitamine e sali minerali. La vitamina A migliora la sintesi degli or-moni sessuali e la vitamina B6 ha un ruolo fondamenta-le nel modulare l’azione degli ormoni steroidei, aiutan-do a metabolizzare il maggior contenuto di estrogeni, responsabile della depressione tipica della sindrome premestruale e della maggior ritenzione idrica. Oltre al

Alimentazione Dietetica clinica e counselling nutrizionale

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Magnesio è utile anche un adeguato apporto di Selenio, sia per l’azione antiossidante sia per le funzioni immu-nitarie.

In premenopausa e in menopausa diventa ancora più importante per la donna, osservare un corretto stile di vita riguardo al fumo, all’alcol, all’attività fisica e alla ge-stione del peso corporeo evitando l’incremento ponde-rale. Studiando le differenze dei regimi alimentari delle donne asiatiche con le occidentali, si è visto che nelle orientali, in particolar modo giapponesi, un’alimenta-zione più ricca di soia, determina un adattamento mi-gliore allo squilibrio ormonale che si crea con la meno-pausa.

Gli isoflavoni di soia sono delle sostanze estratte dalle proteine della soia, che presentano una struttura simile agli estrogeni e ne mimano le azioni fisiologiche. Nelle verdure, nei legumi e nei cereali integrali sono presenti quantità variabili di fitoestrogeni, così come nelle noci, nei semi di lino e di girasole.

In conclusione possiamo affermare che un tratta-mento integrato frutto della collaborazione tra vari professionisti della salute, può agevolare la gestione del paziente, non solo in relazione al peso corporeo ma an-

Alimentazione Dietetica clinica e counselling nutrizionale

che per un armonico sviluppo dei vari stati fisiologici o patologici della vita. In alcune realtà territoriali, si por-tano avanti, non senza difficoltà, percorsi integrati cen-trati sull’individuo e non sulle patologie, dove la terapia medica nutrizionale assume un’importanza notevole per una corretta impostazione terapeutica. Nel distretto sanitario dove svolgo la mia attività professionale, sono promotore e referente di un percorso integrato medico nutrizionale con soddisfazione dell’utenza che afferisce al servizio di dietetica, dopo la visita diabetologica, car-diologica, oppure ginecologica, fisiatrica e ortopedica.

Nell’anno solare 2016 sono state effettuate le se-guenti attività: Anamnesi nutrizionale, verifica misu-re antropometriche, calcolo BMI, plicometria, analisi motivazionale, somministrazione e verifica del diario alimentare, counselling nutrizionale, preparazione di schemi alimentari, consigli e verifica dell’attività fisica individuale

Si offre così un servizio integrativo con motivazioni non di natura economica, ma sociali, scientifiche e di sa-lute pubblica. Si ritiene pertanto che il sistema sanitario nazionale dovrebbe incrementare tali attività in tutte le realtà territoriali.

La sindrome dell’intestino irritabile (IBS) è un disturbo molto diffuso senza apparenti cause organiche. Le persone affette sono spesso ansiose, manifestano tensione, aggressività e/o depressione. La sindrome colpisce di preferenza le donne e i sintomi principali compren-dono dolore, gonfiore addominale, boroborigmi, meteorismo e alterazione dell’alvo. Il dolore è sicuramente una condizione sempre presente in tutti i soggetti; alcuni lamentano anche una cattiva digestione e un senso di pienezza dello stomaco dopo i pasti e un accentuato riflesso gastrocolico postprandiale. I sintomi possono essere attenuati cercando di diminuire lo stress. Al riguardo, si fa ricorso ad antispastici e sedativi, preferibilmente di estrazione naturale per ridurre i rischi di una farmacodipedenza e le in-terferenze sull’attenzione e la capacità di concentrazione. Seguire una buo-na regola alimentare, evitare gli alcolici e i cibi troppo speziati aiuta a migliorare la situazione. Risulta opportuno assumere un adeguato apporto di fibre e alcune sostanze naturali. Somacol capsule, della Valderma, è un integratore alimentare a base di omega-3, carbone vegetale, olio essenziale di menta e carvi, estratto di finocchio e camomilla (utile per regolare la motilità gastrointestinale e favorire l’eliminazione dei gas intesti-nali), vitamina B6 e aggiunta di valeriana (sostanza naturale per il benessere psico-fisico).

Trattamento naturale nell’intestino irritabile

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Le malattie delle palpebre:entropion, ectropion, ptosi, dermatocalasi

Cosa sono le palpebre?Sono spesse membrane muscolo-fibrose in

grado di ricoprire completamente la parte an-teriore del bulbo oculare. La palpebra superio-

re è più sviluppata e più mobile della palpebra inferiore. Ciascuna palpebra presenta due facce: anteriore cutanea e posteriore congiuntivale. Al margine libero le palpebre sono provviste di ciglia, ghiandole sebacee e sudoripare.

>A cosa servono? Le palpebre sono fondamentali per proteggere l’oc-

chio dagli agenti esterni. La loro funzione è determi-nante per la salute della cornea: sbattendole frequente-mente (ammiccamento) si ha la distribuzione continua del film lacrimale sulla superficie oculare; quando ciò non avviene la cornea può andare incontro a danni, ad esempio a cheratiti ulcerose.

>Quali sono i processi patologici che possono colpire le palpebre? Possiamo avere delle anomalie di forma, di posizione o di alterato movimento.

>Entropion Le palpebre si rivoltano verso l’interno: si verifica

l’introflessione del bordo libero palpebrale. Le ciglia, in questa condizione, si vengono a trovare a contatto col bulbo oculare e lo graffiano. Le lesioni della cornea si possono spesso trasformare in ulcere; è ciò che può avvenire, ad esempio, se si è colpiti da  tracoma, una malattia oculare che affligge i Paesi in via di sviluppo.

Cause: da alterazioni muscolari, senile, cicatriziale e il blefarospasmo. Con quest’ultimo termine si intende una contrattura e ipertrofia (rigonfiamento) del musco-lo orbicolare ossia del muscolo di forma ad anello che assicura la chiusura palpebrale.

Terapia: l’entropion può essere temporaneo o defi-nitivo, congenito o acquisito. In caso di entropion de-finitivo la terapia è chirurgica; per quello temporaneo, invece, si possono applicare dei cerotti che tendono la palpebra, riportando il margine ciliare nella sua posi-zione naturale. Di fondamentale importanza è la salute della cornea: l’ammiccamento comporta un continuo passaggio delle ciglia (in posizione anomala) sulla cor-nea; questo passaggio provoca ferite corneali che vanno tempestivamente trattate prima che diventino ulcere.

Oftalmologia

Olimpia GuarinoSpecialista in Oftalmologia

Oftalmologia Le malattie delle palpebre

La cornea, in questi casi, può essere protetta con una lente a contatto, con colliri o pomate a base di antibio-tici e riepitelizzanti (che accelerano il processo di guari-gione dei piccoli graffi sulla superficie oculare). Lo stato corneale influisce sulle scelte ed i tempi terapeutici ma, in caso di danni alla cornea, l’intervento chirurgico deve avvenire il prima possibile.

Più complessa è la terapia del blefarospasmo; ciò che dà ad oggi maggior risultati è l’infiltrazione del botox (tossina botulinica), mediante un ago sottilissimo, nelle palpebre e attorno ad esse. I risultati non sono defini-tivi, ma durano 2-4 mesi. La risposta a questo tipo di terapia non è omogenea.

>Ectropion E’ l’eversione permanente della palpebra. Tale affe-

zione può riguardare entrambe le palpebre (superiore ed inferiore), ma quella inferiore è maggiormente col-pita. è un’alterazione che comporta modificazioni sia statiche che dinamiche. Naturalmente l’ectropion può manifestarsi in modi diversi: si va dal I grado, con cui si verifica un lieve allontanamento della palpebra dal bul-bo oculare, al III grado, in cui si ha una completa ever-sione della palpebra (con conseguente esposizione della congiuntiva fino al fornice). In questo caso la congiun-tiva – per la continua esposizione – va incontro a modi-ficazioni iperplastiche che favoriscono il mantenimen-to della posizione errata. Con l’ectropion al III stadio è presente una lacrimazione continua (epifora); quindi ci si asciuga continuamente le lacrime, ma proprio questa azione determina sfregamenti ripetuti sulla zona palpe-brale e la macerazione della cute.

Entrambi questi fattori sono responsabili della der-matite eczematosa, che provoca la retrazione dei tessuti a causa delle formazione di cicatrici, la quale a sua volta aggrava l’ectropion.

Si può distinguere:1. Una forma atonica dovuta alla perdita della toni-

cità del muscolo orbicolare; in questo caso si avrà la ca-duta e la progressiva retrazione del margine palpebrale.

2. La forma spastica è, invece, dovuta a una contra-zione di una parte del muscolo orbicolare; tale contrat-tura parziale determina l’ectropion. Questi casi sono ti-pici delle persone anziane o di pazienti giovani affetti da processi infiammatori corneali o congiuntivali.

3. La terza forma ha come causa la  paralisi del faccia-le, che determina il blocco del muscolo orbicolare.

4. L’ultima forma è causata, invece, dalla retrazione cicatriziale in cui evolvono varie affezioni come: traumi,

lupus, neoplasie cutanee, periostiti del contorno orbita-rio e tumori cutanei.

TerapiaE’ chirurgica e va instaurata prima di avere complica-

zioni corneali congiuntivali o dermatologiche. Ci sono varie tecniche di intervento, a scelta del chirurgo in base al tipo di ectropion (in modo da ottimizzare il ri-sultato estetico e funzionale).

>Ptosi Con questo termine si intende un’anomala ed in-

volontaria chiusura della palpebra superiore. L’occhio colpito appare socchiuso: si ha la cosiddetta “palpebra calante”. La ptosi può essere acquisita o, più spesso, congenita. La classificazione in base all’entità prevede tre stadi: lieve, media e grave; il livello di gravità è va-lutato in base al grado di abbassamento della palpebra superiore misurato in millimetri. La ptosi media e grave può interferire con la vista: la palpebra superiore può scendere fino a coprire la pupilla. In caso di ptosi con-genita una tale evenienza va corretta immediatamente per evitare l’ambliopia.

Cause: sono molte e complesse. Le principali sono le seguenti: 1. meccaniche, che possono bloccare l’eleva-zione della palpebra (tumori, processi infiammatori congiuntivali gravi); 2. traumatiche (fratture del tetto dell’orbita, ferite palpebrali); 3. muscolari (ptosi senile,  miastenia gravis, ipertiroidismo); 4. neurogena (parali-si del nervo oculomotore, emicrania oftalmica, sclerosi multipla).

Terapia: è importante distinguere le ptosi perma-nenti da quelle transitorie. Le prime necessitano di una terapia chirurgica che possa rafforzare il muscolo ele-vatore della palpebra superiore o l’utilizzazione di un altro muscolo che possa svolgere le medesime funzioni. Le ptosi transitorie richiedono una terapia chirurgica specifica. Per entrambe, quando non sono di natura se-nile, è fondamentale scoprire e curare la patologia che le ha determinate.  Spesso la ptosi è un primo importante sintomo di disturbi neurologici: non va mai sottovalu-tata.

>Dermatocalasi Confusa spesso con la ptosi, è legata alla senescenza

(in entrambi i casi si ha la caduta della palpebra superio-re); ma potremo definire la dermatocalasi come un ec-cesso di epidermide della palpebra superiore associata a una perdita di tonicità (“lassità”). Ha spesso solamente un valore estetico e, di conseguenza, l’intervento è fina-lizzato a migliorare l’aspetto.

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Centro senologico personalizzato e protocollo della prevenzione e della diagnosi precoce

del cancro mammario

Oncologia

Saper cogliere le necessità di ogni singola pazien-te che si appresta ad attuare la prevenzione, dia-gnosi, terapia e il follow-up del carcinoma mam-mario è stata una delle principali motivazioni

che ci hanno incentivato ad aprire il centro senologico personalizzato presso la ONLUS “Linfa associazione contro il cancro” di Vicenza.

La ricerca scientifica è in continua evoluzione per studiare le cause che provocano il cancro, nel frattempo l’arma vincente che permette di diminuire la mortalità per il cancro al seno è la prevenzione che ci consente di fare una diagnosi precoce anticipando i danni cau-sati dal tumore. Nel nostro centro senologico persona-

lizzato abbiamo osservato ed esaminato alcuni fattori interessanti. La nostra attività è iniziata nel 1984 e ad oggi 2017 abbiamo eseguito circa 168.000 visite seno-logiche, 85.000 eco-color-doppler mammari e dal mese di aprile 2015 circa 2.600 eco-color-doppler con elasto-sonografia.

L’eco-color-doppler è uno strumento essenziale nella diagnosi delle patologie mammarie in donne d’età com-presa tra i 18 e i 40 anni.

Nelle donne che superano i 40 anni d’età, eco-color-doppler rappresenta un aiuto nella diagnosi del cancro mammario contribuendo ad evidenziare nuovi casi che sarebbero sfuggiti con la sola mammografia.

Luca RotunnoResponsabile Centro Senologico Personalizzato

Pronto Soccorso Oncologico

Una terapia antiflogistica naturale a base di radice di gambo di ananas e olio di borragine

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Oncologia Prevenzione del cancro mammario

Quest’esame permette di dimostrare la crescita e la diffusione del cancro correlata alla capacità delle cellule neoplastiche di formare nuovi vasi (teoria dell’angioge-nesi).

Recentemente alla tecnica dell’eco-color-doppler è associata quella dell’elastosonografia. Si tratta di una tecnica che fornisce informazioni relative all’elasticità dei tessuti.

Questa metodica si basa sul presupposto che i proces-si patologici (neoplastici, infiammatori) modificano le caratteristiche fisiche dei tessuti quindi la loro elastici-tà, consistenza e mobilità. La corrispondenza di un co-lore ad un grado preciso di elasticità tessutale è di facile interpretazione per il medico grazie alla presenza di una scala colore presente su tutte le apparecchiature.

Le pazienti sane e/o con patologia mammaria be-nigna o maligna seguono un protocollo che consiste nell’effettuare alternativamente una visita e/o un eco-color-doppler ogni 6/8 mesi.

La mammografia viene effettuata ogni 2 anni circa

dopo i 37 anni. Questa regolarità dei follow-up sono per i pazienti sinonimo di serenità e si presentano al con-trollo senza l’ansia della visita.

Le pazienti vengono contattate dalle infermiere quando sono trascorsi i 6 mesi dall’ultimo controllo e le visite coinvolgono le donne dai 18 anni per informa-re precocemente sull’importanza della prevenzione e dell’autopalpazione dei seni come primo strumento per conoscere la morfologia delle mammelle e dei cavi ascel-lari.

Le visite incominciano da questa età anche per mi-gliorare le abitudini alimentari, consigliando di mangia-re alimenti non trattati ed evitando ad esempio carni di filiera come i pollami, tacchini e vitelli che purtroppo vengono sempre più spesso trattati con dosi massicce di antibiotici ed ormoni.

Le donne vengono informate anche circa l’utilizzo di terapie ormonali come gli estrogeni oppure le terapie sostitutive che devono essere assunte sempre sotto con-trollo specialistico e quanto sono veramente necessarie

La rutina è un glicoside flavonoico che non viene sintetizzato dal nostro organismo. Nota anche come vitamina P, svolge una fun-zione di antiossidante e ha un ruolo importante nel rafforzare la parete dei capillari, riducendo sintomi di sanguinamento come quelli legati a ematomi o emorroidi. Viene anche utilizzata per fornire sollievo dai sintomi dovuti alla circolazione linfoematica degli arti inferiori, contrastando l’edema. La rutina, inoltre, può ridurre gli effetti legati all’ossidazione del colesterolo LDL e di-minuire il rischio di malattia cardiaca e possiede anche attività antistaminica.La rutina, in quanto flavonoide, appartiene alla categoria dei fitoestrogeni, sostanze di origine vegetale simili agli estrogeni pro-dotti dal nostro organismo. I flavonoidi, pur possedendo un’attività estrogenica molto debole, come altri fitoestrogeni, comporta-no un duplice vantaggio per l’organismo femminile. In età fertile equilibrano l’attività degli estrogeni prodotti dall’organismo, proteg-gendolo da alcune forme tumorali, come il cancro al seno. Alcune ricerche hanno evidenziato, inoltre, un ridotto tasso ematico di colesterolo e una minore incidenza dell’osteoporosi nel periodo postmenopausale. I flavonoidi si sono dimostrati efficaci nel ridurre la crescita dei vasi sanguigni che nutrono i tumori. Ciò sembra spiegare anche l’effetto protettivo che avrebbe nello sviluppo del cancro alla prostata nell’uomo. Molte donne che rifiutano la terapia ormonale sostitutiva utilizzano i flavonoidi come rimedio contro le vampate di calore. Quindi, mentre in età fertile l’effetto benefico dei flavoni deriva soprattutto dalle loro proprietà antiestrogeniche, dopo la menopausa sono particolarmente utili per le loro proprietà estrogeno-simili.

Il ruolo dei flavonoidi nel microcircolo

con intervalli di sospensione dell’anticoncezionale.Nella nostra esperienza l’utilizzo dell’eco-color-dop-

pler si è rivelato indispensabile per stabilire la presenza di processi infiammatori localizzati permettendoci di instaurare una terapia antiflogistica naturale a base di radice di gambo di ananas e olio di borragine (Flavonil) che ci ha permesso di ottenere dei risultati sorprenden-ti:

1) La remissione totale della zona infiammata e sottoposta all’influsso ormonale;2) La regressione degli addensamenti mammari e delle cisti;3) Il blocco della crescita del diametro dei fibroadenomi 4) La scomparsa della mastodinia.

Viene consigliata la seguente terapia antinfiamma-toria: una compressa di “Flavonil 300” per 2/3 volte al giorno per 7-10-15 giorni al mese per un ciclo almeno di 6 mesi ed eventuale applicazione della crema “Flavonil” utilizzando gli stessi intervalli di tempo.

Abbiamo osservato con la scomparsa dell’infiamma-zione che si sono notevolmente ridotti i casi di patologia mammaria benigna e conseguentemente anche i casi di cancro della mammella. Possiamo dire che con questo protocollo semestrale i carcinoma riscontrati negli ulti-mi 18 anni sono pari all’1% delle visite effettuate e i casi di cancro sono stati evidenziati in quei pazienti che non hanno eseguito correttamente la terapia antiflogistica consigliata e che hanno continuato con l’assunzione della pillola e delle carni di filiera (pollo, tacchino, vi-tello), anche quando l’esame dell’eco-color-doppler mo-

strava un quadro di ipervascolarizzazione che indicava un’infiammazione associata ad un surplus ormonale ed un’elastosonografia negativa per patologia neoplastica.

Quest’ultimo esame viene eseguito con un apparec-chio specifico e si è rilevato importante nel sostituire l’esame dell’agoaspirato. Infatti i risultati con le imma-gini dell’elastosonografia sono sovrapponibili a quelle ottenute con l’esame dell’agoaspirato, in alcuni casi l’ela-stosonografia ha diagnosticato la presenza di una pato-logia neoplastica con precedente esame dell’agoaspirato negativo. Possiamo affermare, quindi, che la creazione di un centro senologico personalizzato è importante per poter seguire ogni paziente individualmente.

Il protocollo con visite semestrali è utile per evitare le ansie e lo stress della visita e per poter monitorare prima della formazione di una patologia neoplastica la presenza di un quadro infiammatorio e di un surplus or-monale che viene evidenziato con l’esame dell’eco-color-doppler.

Considerando la recente letteratura che afferma che l’infiammazione trascurata comporta la formazione di un quadro neoplastico, noi con l’uso della terapia an-tiflogistica evitiamo la trasformazione di una lesione benigna in una lesione cancerosa. Inoltre possiamo af-fermare che l’uso dell’elastosonografia è un’alternativa all’esame dell’agoaspirato, che, oltre ad essere un esame molto invasivo, nel 70-80% dei casi non si rivela neces-sario ed inoltre riduce i costi e lo stress del paziente.

Auspichiamo la creazione di nuovi centri di senologia personalizzati che seguano il protocollo della “Linfa As-sociazione Contro Il Cancro O.N.L.U.S.”.

PRIMA DOPOPRIMA DOPO

Prima Dopo

Oncologia Prevenzione del cancro mammario

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Emozioni e sentimenti:essere all’altezza dei bambini

Sociologia

Tonia EspositoSpecialista in Musicoterapia

Le emozioni rappresentano un aspetto fonda-mentale della nostra vita perché ci parlano dei nostri bisogni, dei nostri desideri, sono in con-tatto col nostro mondo interiore e ci mettono in

relazione con gli altri. Le emozioni sono state program-mate geneticamente con lo scopo di generare una rispo-sta specifica a quello stimolo, sono guidate da eventi per cui immediate, sono fisiche, istintive, illogiche e irrazio-nali perché governate dal sistema limbico, centro di ela-borazione emotiva. Il bambino prova emozioni sin dalla nascita e osservando un neonato, si coglie che “il senti-re” precede “il pensare”, la sua conoscenza del mondo che comincia a maturare, sperimentando la vita, passa prima attraverso le sensazioni. Il neonato avverte da su-bito sensazioni di piacere o dispiacere, piacere o dolore e, mentre dalle sensazioni di piacere svilupperà la gioia,

dal dolore svilupperà, a seconda dei contesti, la paura, la rabbia e la tristezza. Ciascun bambino vive in manie-ra individuale l’esperienza delle proprie emozioni che lo guida verso una condizione cognitivo-affettiva in cui il piccolo prende consapevolezza dei suoi stati affettivi, apprende facoltà conoscitive distinte dalla razionalità: “i sentimenti. I genitori diventano una sorta di “conte-nitore” per le emozioni del proprio figlio, imparano a riconoscerla, lo aiutano a comprenderla e a gestirla, as-sumendosi così la responsabilità della crescita emotiva del figlio.

Un sano sviluppo emotivo del bambino dipende dunque, dall’atteggiamento che il genitore assume nei confronti delle sue emozioni, dall’ascolto di esse e dal valore cui attribuisce. E’ solito pensare sia faticoso sta-re con i bambini perché bisogna farsi piccoli come loro,

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essere all’altezza del bambino significa accompagnarlo nel percorso di conoscenza del loro mondo interiore

Emozioni e sentimentiSociologia

abbassarsi, inginocchiarsi, piegarsi, flettersi, incurvarsi per essere al loro livello. Più faticoso è invece dialogare con loro perché i “piccoli non pensano con l’intelletto, i piccoli pensano con il sentimento” e allora non è suf-ficiente abbassarsi, piuttosto importante è “innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti” innalzarsi per capir-li, per non farli sentire soli, per entrare nel loro animo con amore, per non ferirli. Bisogna sforzarsi per essere all’altezza di un bambino e il primo passo da compie-re per i genitori, è quello di guardare il proprio bimbo non come essere inferiore, da coccolare o biasimare, ma come creatura che, soprattutto nella sfera dei sentimen-ti, è talmente autentico da risultare superiore agli adul-ti. Essere all’altezza del bambino significa allora accom-pagnarlo nel percorso di conoscenza del loro mondo interiore, aiutandolo a conoscere, scoprire, esprimere, condividere e gestire i propri sentimenti, aiutandolo a dare un nome alle emozioni attraverso il rispetto e ac-cettazione delle stesse.

Essere all’altezza del bambino significa non schiac-ciare, bensì liberare, non distruggere ma innalzare, non opprimere ma formare, non imporre ma insegnare, mai esigere, invece chiedere. Essere all’altezza del bambino significa creare un rapporto di ricerca reciproca basato sul rispetto e comprensione per entrare nella sua fi-ducia. Significa aiutarlo a comprendere che si possono provare anche emozioni negative e contraddittorie, che è naturale provare rabbia anche per motivi banali, ma importante è capirla e trasformata prima ancora che si consolidi in stato d’animo, in sentimento. Significa aiutarlo a capire che anche la tristezza, la paura, l’ansia, va rispettata, accolta, confortata, per inserirla in una

visione più ampia in cui si può spiegare, trovandone le ragioni. Significa preparare il bambino a capire la vita insegnandogli non solo ad apprezzare il bello, la gioia, ma a riconoscere anche la tristezza e la frustrazione.

Nel ruolo del genitore sono considerati anche i divie-ti, non bisogna permettere tutto al bambino, mai farlo.

I divieti, nella giusta misura e per giusta causa, mi-tigano la volontà del bambino verso l’autocontrollo, sviluppando capacità di rinuncia, inventiva, capacità di sfuggire al controllo, capacità di critica.

Permettendo invece al piccolo il soddisfacimento di ogni voglia, creiamo un bimbo senza stimoli, annoiato e noioso. Fare il genitore è una professione non facile perché facile non è saper loro parlare, trovare le paro-le giuste, saper cogliere da un sorriso, rossore, pianto, sbadiglio, grido, sospiro, i segni che lo tormentano. An-che un sintomo apparentemente non importante può costituire un problema insormontabile nella vita del bambino. Occorre porsi nella dimensione dell’ascolto per capirlo e amarlo di saggio affetto, cercare le parole e i toni adeguati per consolarlo, farsi sentire amico ma al contempo educatore.

Il bambino è un essere in evoluzione a cui manca solo l’esperienza, ma che vive profondamente la sua vita e solo se cresce in uno spazio rispettoso dei suoi senti-menti, partendo dai suoi punti di riferimento e non da quelli altrui, potrà essere un bambino felice, una felicità condivisa.

Il bambino potrà così affacciarsi dal “contenitore ge-nitori” verso il mondo con fiducia, sicuro di essere capi-to e riconosciuto, per essere poi all’altezza di riconosce-re, accogliere, rispettare i sentimenti degli altri.

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stratti che assistono inermi e spesso impreparati ad ac-cogliere le vite degli altri.

La morale dell’incontro “impone” all’individuo di vi-vere una vita “social” non di rado apparente, finta, vuo-ta. Siamo testimoni di una comunicazione – relazione sempre più eterea senza spazio e senza tempo. Emble-matica è la comunicazione attraverso l’uso di social net-work: tanti amici ma nessun amico.

La morale dell’incontro e lo spazio sociale

L’etica della solitudine e lo spazio vuoto

è, ancora una volta, la cronaca a rivelarci l’estre-ma lontananza di chi, non di rado, ci è tanto vicino. Così è stata la vita di Michele, Giovan-ni, Carolina, Tiziana e, purtroppo di tanti altri.

Vite stroncate da tante “semplici” morali dello stare in-sieme.

Lo spazio sociale: la famiglia, la scuola, il gruppo, il quartiere, le città, sono luoghi affollati, disordinati, di-

Raffaele AratroDocente di Filosofia e Storia

Filosofia

In questo numero nella rubrica, Filosofia e Consulenza, affronteremo il tema della solitudine

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Lo spazio sociale, egoista ed egocentrico per sua na-tura, non riconosce l’etica della solitudine. In questo spazio si coglie anche l’incapacità dell’individuo di esse-re solo con se stesso.

L’io gettato nel mondo misura la sua solitudine in infiniti micro eventi, è la sperimentazione fattuale dell’in-comprensione, nel seno che non si è parte, non si fa parte. Si è dentro lo spazio sociale solo quando se ne condividono le regole e con esse gli stereotipi, si è emarginati nell’attimo in cui si esce fuori dal gregge, dal gruppo.

Le vite strozzate raccontano proprie del non essere compreso. Un non essere che fa incontrare l’io con lo spazio vuoto, un vuoto che diventa assenza di vita, e in alcuni casi assenza di voglia di vivere.

La sensazione di vuoto, dello spazio vuoto, accompagna fre-quentemente lo stare insieme.

Gli spazi sociali raccontano di persone che guardano i loro cel-lulari, “attenti” ad essere parte del mondo virtuale, a comunica-re con amici anch’essi virtuali. Il mondo si rac-chiude in un “pic-colo” spazio sociale pieno di cose raccontate e mostrate, una comu-nicazione a specchio che racconta di tanti mi piace ma di nessuna comprensione. Una comunica-zione che racconta di sé ma non ascolta, guarda e osserva distrat-tamente, finita nell’attimo stesso che la bacheca mostra altre comunicazioni.

E’ un linguaggio senz’anima, senza passione, senza amore. E’ un linguaggio afono che non genera, non crea, il più delle volte connota; è una comunicazione dove, in sostanza, l’altro non esiste.

C’è però un’etica della solitudine, uno spazio vuoto che genera, che dà vita e che crea. E’ l’incontro con l’al-tro, è un sentire l’altro. E’ lo spazio della metafisica.

E’ lo spazio dove l’altro mi ap-partiene nel senso che parte di me, è un sentire che non chiede nulla in cambio, è una com-partecipazione dis-interessata, è com-pas-sione. E’ vivere ed essere nella vita con le sue contrad-dizioni, dolori, soddisfazioni, difficoltà, condivisioni, estraneità.

La solitudine della metafisica è una sorta di spazio vuoto ma pieno di cose, di fatti, di emozioni, di racconti.

Filosofia La morale dell’incontro e lo spazio sociale

E’ lo spazio dell’anima felice nella tragica ricerca di un incontro im-possibile. E’ l’incontro dello sguardo com-plice, è lo sguardo che non parla ma dice. E’ l’esperienza felice e muta, non raccontata ma sentita, della vicinan-za, del comune sentire del dialogo afono dell’anima.

L’incontro con i tanti ci racconta di storie interrotte, dis-perse, in-felici, spesso accomunate dalla solitudine dell’anima. Sono racconti di incontri, di ascolti mancati.

Sono i racconti del ritardo emozionale, sono i raccon-ti vuoti dello spazio sociale e di un’anima che a cospetto di se stessa incontra l’infinità finita.

La vita forse ha un senso solo quando si entra in re-lazione con l’infinito, ma quando finiscono le speranze, le fiducie, l’affidarsi, la cura; quando le ragioni di senso sono distratte e confuse, allora lo spazio sociale, quello

del vuoto totale, asfissiante e deso-lante, prende il sopravvento. E’ in questa desolante e desertificante esistenza che si incontra il baratro del non essere, del non essere più, del non essere in questo spazio e in questo tempo.

L’incontro metafisico dell’esi-stenza allo spazio vuoto apre nuo-ve vie, sperimenta nuove esistenze e incontri. Non è l’incontro con la solitudine esistenziale ma con il sé, con l’io gettato nel mondo che è parte attiva della propria vita e, in un qualche modo, della vita de-gli altri.

E’ l’essere in-consapevole che progetta la sua vita e che trova nell’incontro con l’altro un nuovo sentire e nuovo senso della propria esistenza.

E’ in quest’incontro che si realizza la comunanza, la prossimità; è lo spazio vuoto che trova nell’etica della solitudine la pienezza e la ricchezza delle emozioni, non raccontabili ma sentite perché l’altro mi appartiene in quanto parte di un’esistenza comune.

E’ un nichilismo esistenziale che nel volere l’altro lo accetta incondizionatamente. E’ come l’amore che nulla vuole e nulla chiede.

E’ una rivoluzione di prospettiva dove la morale dell’incontro e lo spazio sociale si realizzano nell’etica della solitudine, e lo spazio vuoto è pieno d’altro, è pie-no e ricco di altre esistenze; è l’incontro con la plurali-tà esistenziale che racconta dell’unicità della vita, della propria vita.

Una comunicazione che racconta di sé

ma non ascolta, guarda e osserva distrattamente, finita nell’attimo stesso

che la bacheca mostra altre comunicazioni.

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Contatti

Prof. Steven Paul NISTICO’Specialista in Dermatologia e VenereologiaClinica Sanatrix - Roma - Tel.: 06 [email protected] www.steven-nistico.com

Dott. Dario FAISpecialista in Dermatologia e Venereologia Serv. Dermatologia PTS-Daniele-Romasi, Gagliano del Capo (LE)Sito: www.dariofai.it - E-mail: [email protected]

Dott. Giuseppe LODIPolo Dermatologico Aversa - ASL CEMaster in Laser [email protected]

Dott. Saverio SANSONEDocente Master Riabilitazione Pavimento Pelvico Seconda Università di NapoliCell. 333 7189173E-mail: [email protected]

Dott. Claudio MESSEREMedico ChirurgoSpecialista in Scienza dell’Alimentazione e Dietologia Dirigente medico Asl Napoli 2 NordE-mail: [email protected]

Dott.ssa Laura COLUCCIOBiologa NutrizionistaStudio: San Giacomo dei Capri, 52 - NapoliCell.: 327 8262962 - mail: [email protected]: Nutrizionista Laura Coluccio

Dott.ssa Maria COSTANTINODocente a. c. Università degli Studi di Salerno Specialista in Idrologia Medica - Specialista in AudiologiaPresidente Ass. F.I.R.S.Thermae (Form.ne Interdiscip. Ricerche e Scienze Termali) E-mail: [email protected]

Dr.ssa Irene FORZAMaster Universitario in Riabilitazione del Pavimento Pelvico Gestalt CounsellorCell.: 346 9783552 e-mail: [email protected]

Dott.ssa Tonia ESPOSITOMusicoterapeuta - A.I.M.U Collaboratrice U.O.M.I C/mare di Stabia (NA) Corsi di accompagnamento alla nascitaE-mail: [email protected]

Dott. Luca ROTUNNOSpecialista in Chirurgia Generaleweb: www.linfaonline.it Num. verde: 800-713270Telefono: 0444235321 -Fax : 0444 528960 347 0694567 - Email: [email protected]

Dott.ssa Francesca NEGOSANTISpecialista in Dermatologia e VenereologiaStudio: Centro Dermatologico - Viale Ercolani, 8 Via Mazzini, 2/2 - 40138 Bologna

Dott. Paolo CATERINOSpecialista in Dermatologia e VenereologiaCoordinatore Polo Dermatologico ASL CE [email protected]

Dott. Federico PattaSpecialista in Dermatologia e VenereologiaStudio: Via Perra, 24 - [email protected]

Prof. Roberto COROSUSpecialista in Ostetricia e GinecologiaVice presidente SIPPOSegretario Scientifico della Società Lazio Abruzzo Marche Molise di Ostetricia e Ginecologia (LAMM)Mail: [email protected]

Prof. Raffaele ARATRODocente di Storia e FilosofiaCounsellor

Dott.ssa Olimpia GUARINOSpecialista in OftalmologiaStudio: Via Luigi Longo, 22 - Sant’ArpinoTel. 081 [email protected]

Dott. Carlotta FAIMedico ChirurgoServ. Dermatologia PTS-Daniele-Romasi, Gagliano del Capo (LE)

Dott.ssa Liliana COROSUSpecialista in Ostetricia e GinecologiaLibero Professionista presso Ospedale Villa San Pietro FBF, RomaStudio in via Lorenzo il Magnifico 47, RomaMail: [email protected]