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DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEL LINGUAGGIO E LETTERATURE STRANIERE COMPARATE Universit degli Studi di Milano MPW Mots Palabras Words STUDI LINGUISTICI www.ledonline.it/mpw/ 6 2005 a cura di Elisabetta Lonati

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEL LINGUAGGIO E LETTERATURE STRANIERE COMPARATE

Università degli Studi di Milano

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STUDI LINGUISTICI

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6 2005

a cura di Elisabetta Lonati

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STUDI LINGUISTICI

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LINGUISTICA SINCRONICA

Elisa MattielloThe Pervasiveness of Slang in Standard and Non-Standard English 7

Laura PinnavaiaI prestiti inglesi nella stampa italiana: una riflessione semantico-testuale 43

Barbara CappuzzoIl linguaggio informatico inglese e italiano: considerazioni su alcuni 57aspetti lessicali dal confronto tra le due lingue

DIDATTICA DELLE LINGUE

Andrea NavaComparing Tails. An exploratory study of tails in native spoken English 71and in Italian EFL learners’ interlanguage

Alessia FolcioLa valutazione in un corso di inglese specialistico in blended learning 93

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Laura Pinnavaia

I prestiti inglesi nella stampa italiana:una riflessione semantico-testuale

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Chaque courant de civilisation, qui touche plus que superficielle-ment une population, laissera des traces dans la langue de celle-ci.Une langue est, comme on l’a souvent remarqué, un musée histori-que et culturel (Broendal 1948: 142).

1. INTRODUZIONE

Se si rivolge l’attenzione al modo in cui oggi gli italiani usano la propria lin-gua, si percepisce chiaramente che l’influenza del mondo anglosassone sullasocietà italiana è stata – e continua a essere – molto significativa. Da tempo,un gran numero di lessemi inglesi sono parte integrante del vocabolario del-l’italiano e i parlanti nativi producono testi orali e scritti in cui l’accostamentodi termini italiani e inglesi avviene pressoché naturalmente. Si crea così unatessitura anglo-italiana molto originale, come dimostra il seguente esempio ci-tato da Il Giorno del 15 gennaio 2003, riguardo alla tennista Serena Williams:«il miglior match della sua vita, è arrivata a tre punti dal match già nel tiebreakdel secondo set».

L’introduzione di termini inglesi nella struttura sintattica italiana è unatendenza che si è sviluppata molto lentamente a partire dal Diciottesimo seco-lo ma che nel corso del Ventesimo secolo e all’inizio del Ventunesimo ha as-sunto dimensioni rilevanti. Questo fatto risulta evidente dai dati contenuti nelleopere lessicografiche più o meno recenti, come, per esempio, la seconda edi-zione del Vocabolario della Lingua Italiana diretto da Aldo Duro (1997) e il Gran-de dizionario italiano dell’uso di Tullio De Mauro (2000) e dai numerosi studi lessi-cologi compiuti da studiosi, come Amato (1990), Bombi (1991, 2003), Cartago(1994), Castellani (1987), Dardano (1978), Elliot (1977), Fanfani (1991, 1993,

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1994, 1995, 2003), Görlach (2001), Gudia (1981), Italiano (1999), Klajn (1972a,b), Morgana (1981), Moss (1992), Pulcini (1994, 1995, 2002), Rando (1973,1987, 1990), Renzi (2000), Schmidt (1989, 1992), Zolli (1976), che hanno lavo-rato e continuano a lavorare sul fenomeno degli anglicismi nella lingua italiana.

Un’opera molto recente, il dizionario dei Neologismi Quotidiani di Giovan-ni Adamo e Valeria della Valle, basata sullo spoglio di trentatrè quotidiani na-zionali dall’anno 1998 all’anno 2003, presenta infatti 5.059 nuove parole. Traquesti neologismi sono stati individuati 600 prestiti e 135 calchi di originestraniera, la maggior parte dei quali proviene dall’inglese. È chiaro che, a se-guito dell’evoluzione tecnologica e della più agevole possibilità di comunica-zione tra persone e popoli anche molto distanti tra loro, gli usi, i costumi e, diconseguenza, anche ‘le parole degli altri’ si sono più rapidamente diffusi.Questo fenomeno avviene anche per l’inglese che in Italia raggiunge ormaicapillarmente ogni gruppo sociale attraverso i media. Essi, infatti, permettonoalla società di realizzare tre funzioni essenziali: l’accumulo e il confronto delleinformazioni, la comunicazione dei saperi, sfuggendo all’imperativo dellospazio e del tempo, e la riattualizzazione di pratiche politiche e culturali (Bar-bier-Lavenier 2002: 1). La stampa come esempio di medium scritto, possiedetutte e tre queste caratteristiche: conserva la storia sociale, politica e culturale,la diffonde velocemente e sollecita eventuali reazioni e trasformazioni. Lastampa è, dunque, uno strumento potente e imponente per ogni società el’uso delle parole da parte dei giornalisti è indice della direzione in cui va e incui vuole andare una comunità: è indicativo del messaggio che essa vuole tra-smettere e della reazione che vuole ottenere.

Consapevoli della quantità di anglicismi che hanno penetrato la linguaitaliana negli ultimi due secoli soprattutto attraverso la carta stampata, l’obiet-tivo di questo articolo non è quello di raccogliere ulteriori esempi di prestiti aifini di un’analisi quantitativa e qualitativa degli stessi, ma di mettere in eviden-za i motivi di questa presenza attraverso un’analisi semantica e testuale su uncampione limitato di testi giornalistici.

Per compiere tale percorso, è stato individuato e analizzato un corpuscomposto da tre quotidiani, Il Sole 24 Ore (del 13 e 14 gennaio), Il Corriere del-la Sera (del 13 e 14 gennaio), Il Giorno (del 14 e 15 gennaio 2003), e due rivistesettimanali l’Espresso e Panorama (del 23 gennaio 2003), dai quali sono statitratti esempi concreti dell’uso dei prestiti inglesi nell’italiano giornalistico.Consci che – a differenza di quanto si faceva nelle epoche passate (Bonomi2002: 160) – la tendenza attuale è quella di non adattare più i prestiti a livellografico, fonologico e morfo-sintattico, e determinati nel voler porre l’atten-

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zione solo sul ruolo dell’elemento inglese in italiano, non è stato preso in con-siderazione il calco linguistico che, pur introducendo un contenuto nuovo,cela o tenta di celare l’origine straniera. Al contrario, si è dovuto tenere contodi quella categoria di prestiti che Gusmani (1973, 1981) giudica non veri,quelli cioè che hanno un significante inglese, anche se non completamenteequivalente al lessema originale (per esempio, basket), e quelli che, pur avendoun significante uguale al termine anglosassone, non conservano il significatooriginale (per esempio, loft), perché questi termini evidenziano la volontà diintrodurre nella lingua di destinazione l’elemento straniero.

2. RIFLESSIONI

Considerato il crescente uso dell’anglicismo nella lingua italiana dall’Ottocen-to in poi, è chiaro che uno dei motivi principali per cui la stampa odierna ègremita di prestiti inglesi è costituito dalle tendenze a supplire a delle mancan-ze contenutistiche della nostra lingua con etichette straniere mai modificate.Non è un caso che le aree semantiche che contengono il numero più elevatodi prestiti inglesi nella stampa analizzata corrispondano alle aree della vita chesi sono sviluppate più velocemente nel mondo anglosassone, diffondendosipoi nel resto del mondo. Lo spoglio dei quotidiani e delle riviste nazionali evi-denzia come la maggior parte dei prestiti rilevati appartengano alle aree dellapolitica (per esempio, antiglobal, bipartisan, Devolution, Embargo, Intelligence, leader,leadership, Nato, soft power, summit, Welfare); dell’economia (per esempio, bond,break even, budget, cash dispenser, joint venture, leasing, merchant bank, new economy,performance, stock options); del lavoro e del commercio (per esempio, business,escort services, manager, marketing, open space, part time, partner, sponsor, staff, takeover), dell’informatica (per esempio, blog, computer scrapping, cyber-, display, e-waste,movie mode, multimediacard, slot, standby, zoom); dell’intrattenimento (per esempio,bestseller, discotopless, gag, gossip, happening, musical, quiz, real tv, sequel, show, sketch,veejay); della moda (per esempio, blazer, bomber, cashmere, ghetto-glam, lurex, parka,trendy, slip, sneaker/snicker, sport(s)wear, wearable); della musica (per esempio, bla-tin, boogie-woogie, doo-wop, glam, jazz, nu metal, pop chart, scrolling, sound, surf-music) edello sport (per esempio, bomber, cross, corner, fantabasket, golf, green, match, set,tackle, putt,). I prestiti variano da quelli già in uso nella lingua italiana, come di-mostrano di essere la maggior parte di quelli appena menzionati, a quelli dinuova introduzione come blatin, blog e computer scrapping. Questi necessitano di

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una definizione all’interno dell’articolo in cui appaiono, come «ai rapper bla-tin (black e Latin)», tratto dall’Espresso del 23 gennaio; come «Si è creato an-che un blog, una pagina personale in rete», tratto dall’Espresso del 23 gennaio;e come «computer scrapping: così si chiama il recupero dei materiali», trattodall’Espresso del 23 gennaio.

I termini appartenenti a queste aree semantiche si riscontrano pertantoanche nella recente edizione dello Zingarelli (2003), in cui si può notare chedal 1850 in poi le aree interessate da prestiti inglesi sono innanzi tutto quellescientifiche e dello sport; aree che hanno continuato ad adottare prestiti ingle-si fino ai giorni nostri e a cui, in anni più recenti, si sono aggiunte altre areerelative al mondo del lavoro e dell’intrattenimento 1.

2.1. La stampa italiana, come primo mezzo di comunicazione di massa, è statala fautrice di tanta terminologia nuova in Italia: a partire dal novecento essa in-troduce e inizia a divulgare la terminologia inglese a dispetto di quella francese(Bonomi 2002: 23) e dal dopo guerra a oggi, insieme ad altri mezzi di comuni-cazione, tale divulgazione continua a subire un notevole incremento. Dall’ana-lisi dei termini e dei campi semantici che essi ricoprono, i prestiti inglesi usatinella stampa hanno dunque una valenza prevalentemente denotativa; tale feno-meno è spiegato anche storicamente dal fatto che sono stati introdotti per ne-cessità a partire da quando le grandi testate come Il Corriere della Sera incomin-ciarono a stabilire stretti e continui rapporti di comunicazioni con i paesi an-glosassoni, sollecitando l’espressione di nuovi concetti con nuovi termini, chespesso non sono stati tradotti per la fretta di stendere la notizia (Bonomi 2002:157). Un bisogno lessicale unito a un’urgenza lavorativa sembrerebbero dun-que alla base della quantità di prestiti inglesi che abitualmente vengono utiliz-zati dalla stampa nonché da altri mezzi di comunicazione.

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1 In seguito all’analisi linguistica dei prestiti inglesi nello Zingarelli (2003), si è potu-to constatare che dal 1850 si inizia a vedere un incremento dei prestiti inglesi soprattuttonelle materie scientifiche come biologia, chimica e fisica e poi nello sport. Dal 1900 al 1950aumenta l’influenza degli stessi campi semantici citati, con l’introduzione di nuovi terminitecnici anche nelle area semantiche della marina e dell’aeronautica. A partire dal 1950 l’in-fluenza della lingua inglese diventa sempre maggiore in tutti questi campi e altri ancora;con l’avanzare della tecnologia anglosassone inizia a entrare un numero molto elevato ditermini relativi al mondo del lavoro in particolare l’organizzazione aziendale e l’informati-ca. Certamente non manca il campo semantico musicale che vanta molti prestiti a seguitodel grande successo delle band inglesi a partire dagli anni ’60.

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Queste due motivazioni non sono però sufficienti a spiegare l’esistenzadi altrettanti termini inglesi di cui l’italiano non avrebbe bisogno. Dalla termi-nologia inglese tratta dallo spoglio dei giornali, nonché dal linguaggio quoti-dianamente usato alla radio, alla televisione e in strada, è evidente che moltitermini di uso consueto avrebbero o potrebbero avere delle equivalenze lessi-cali in italiano, come goal (rete) oppure staff (personale). Tuttavia, si è notatoche questi equivalenti italiani, come molti altri, non vengono usati nella stam-pa proprio come – è il caso di ribadirlo – si vedono sempre meno calchi dal-l’inglese rispetto a prestiti veri e propri. Evidentemente, oltre a una semanticanuova, l’italiano sente la necessità di avere anche una struttura nuova.

2.2. Che molti termini inglesi siano stati e continuino a essere introdotti nellalingua italiana, nonostante la presenza di equivalenze italiane, deve voler direche il termine inglese arricchisce il lessico non solo semanticamente ma anchepragmaticamente. Ogni parola è portatrice di un significato associativo oltre aquello denotativo e i significati associativi dei termini inglesi sono fortementelegati alla storia dell’Inghilterra e degli Stati Uniti d’America. Infatti, oltre aspiegare perché «si gettarono le basi per il lancio dell’afflusso linguistico», ilprestigio mondiale dell’Inghilterra prima e degli Stati Uniti d’America poispiega soprattutto perché «l’uso degli anglicismi nella lingua comune divennedi moda, propagandosi gradatamente, specie nel linguaggio delle classi ab-bienti» (Rando 1973: 111). Il termine inglese ricreava il clima di vittoria, di be-nessere, di spensieratezza, di positività che agli occhi degli italiani erano l’In-ghilterra e gli Stati Uniti d’America, un fatto che per motivi principalmenteeconomici è continuato fino ai giorni nostri.

L’uso odierno dei prestiti inglesi nella stampa può servire ai giornalistiper trasmettere tanti messaggi subliminali sfruttando i significati associativi dicui sono portatori. Nell’Espresso del 23 gennaio vi appare il titoletto, «I fandell’open source manifesteranno contro il boss della Microsoft». Oltre al fattoche in questo testo composto da dieci parole, tre sono prestiti inglesi, è danotare che i prestiti boss e fan, che appaiono frequentemente in tutti i giornalie le riviste analizzati e che hanno gli equivalenti italiani ‘capo’ e ‘sostenitore’,non vengono usati tanto per la loro valenza denotativa quanto per la loro va-lenza connotativa. Rispetto ai loro quasi sinonimi italiani, questi termini fan-no trasparire delle connotazioni positive o negative molto più marcate: nellaparola fan vi è un forte richiamo di partecipazione e attesa, mentre nella paro-la boss la negatività traspira ampiamente dovuto alle consueta collocazione tra

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boss e mafia. La scelta di utilizzare un prestito inglese piuttosto che una parolaitaliana da parte dei giornalisti non ha dunque il solo vantaggio di introdurreun nuovo significato denotativo, ma più importante ancora, ha quello di in-trodurre una carica emotiva non indifferente.

Scegliere un prestito piuttosto che una parola indigena significa aggiun-gere un messaggio giornalistico-personale ‘altro’ rispetto a quelli denotativo econnotativo propri del termine. Se il significato connotativo di un termine in-glese in italiano, come del resto qualsiasi altro termine in qualsiasi altra lingua,dipende sia dal suo uso nella lingua di origine, sia dalla maniera in cui vieneaccolta la comunità linguistica che presta il termine, l’uso di tale termine devecertamente implicare un’adesione da parte di chi scrive – a meno che non sene faccia un uso ironico. Nel titoletto riportato sopra è evidente che chi scrivevuole trasmettere la sua opinione nei confronti di Bill Gates e sceglie il presti-to inglese per effettuare questa sua esigenza.

Un altro esempio di prestito inglese con equivalente italiano è il termineleader, che si trova ovunque nella stampa, per indicare il capo, la guida neicampi politico, militare e lavorativo. Esso ha un significato connotativo che èchiaramente più forte di quello denotativo: leader è stato introdotto in italianoall’inizio del Diciannovesimo secolo perché richiamava un mondo anglosasso-ne in cui prima la politica e, successivamente, il lavoro, il commercio la vitamilitare, erano vissuti con successo e percepiti positivamente dal resto delmondo occidentale 2, cioè sfruttando il significato connotativo. Il suo uso rei-terato nella stampa fa però emergere anche un nuovo significato – quello af-fettivo – che è quello percepito da chi legge: ossia il fatto che ormai abitiamoun mondo politico, lavorativo, militare forte. Attraverso l’uso di determinateparole chi scrive può quindi inviare messaggi ben precisi, che danno confer-ma a o l’illusione di un nuovo mondo.

Sfruttando il significato connotativo del prestito per poter esaltare il suovalore affettivo, il giornalista può dunque dare adito a una nuova verità chenotamente è causa di scompiglio, di caos, di inquietudine e anche di curiositàda parte di chi legge; reazioni che per chi scrive possono avere un tornacontomolto positivo. Per esempio, nell’utilizzo dei termini killer oppure baby, appar-si nei titoli «baby rapinatore» (tratto dall’Espresso del 23 gennaio) e «neve kil-ler» (tratto da Il giorno del 14 gennaio), e per i quali la lingua italiana ha chiara-mente sinonimi, vi è una manovra strategica studiata per ottenere nel modopiù ottimale quello che il giornalismo è oramai da tanto diventato: informa-

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2 Il termine leader infatti appare in quasi tutte le lingue europee (cfr. Görlach 2001: 182).

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zione, ma anche spettacolarizzazione. Nell’usarli il giornalista ha l’obbiettivodi catturare l’attenzione del lettore sfruttando i loro rispettivi significati con-notativi di violenza e di vittimismo 3, facendo sì che questi termini diano l’im-pressione che anche in Italia la situazione sociale e ambientale stiano cam-biando.

Questo non accade solo perché si tratta di termini alloglotti che sonoesterni alla nostra lingua, e allora ancora privi di logorii semantici dovuti al-l’uso nel tempo, ma proprio anche perché inconsciamente essi introduconoaltri valori storici, sociali e culturali. L’esotico infatti esalta i significati associa-tivi dei prestiti sia nel bene, sia nel male, e potrebbe spiegare l’inaspettato nu-mero di prestiti inglesi utilizzati nel campo della moda italiana, per esempio.Nella lingua italiana i capi denominati da termini anglosassoni vengono auto-maticamente investiti d’importanza e di prestigio, esattamente come lo sonoquelli denominati con termini italiani in inglese. Sfruttando la struttura se-mantica e pragmatica del termine, il giornalista fa anche leva sull’aspetto for-male che, essendo straniero agli occhi dei lettori, colpisce creando un effettomolto marcato a livello testuale.

2.3. Il potere della parola è noto da secoli: già Aristotele lo aveva rilevato, mamai come negli ultimi due secoli la parola è diventata così deduttiva, special-mente per la carta stampata. La stampa, infatti, è nata con l’obiettivo principedi informare, ma gradualmente e soprattutto a partire dalla metà del Novecen-to l’obiettivo è diventato quello di catturare l’attenzione, di divertire e di con-vincere il lettore. Questi scopi hanno avuto ripercussioni anche sulla lingua esullo stile giornalistico italiano che, per poter raggiungere un numero più ele-vato di lettori, ha iniziato un vero e proprio percorso di adeguamento allenuove esigenze sin dal dopoguerra. Una delle tante modifiche che sono stateintrodotte riguarda il periodare complesso e articolato, di stampo classicheg-giante, sostituito da strutture più agili e moderne che alternano paratassi eipotassi di tipo semplice (Bonomi 2002: 28). Si tratta di un cambiamento sin-tattico che riflette l’uso orale della lingua a scapito dell’uso letterario e che haorigini nel nuovo modo di fare giornalismo. La spettacolarizzazione della no-tizia richiede una lingua più sciolta e immediata, nonché il ribaltamento della

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3 Termini che giungono da una società anglosassone risaputamene violenta maallo stesso tempo molto riguardevole nei confronti dei diritti dell’uomo e soprattutto delbambino.

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struttura stessa degli articoli: infatti, «ribaltando completamente la tradiziona-le preferenza per il discorso indiretto e per la riformulazione del messaggio ri-spetto alla fonte», il giornale moderno struttura gli articoli in forma di intervi-ste che richiedono «un continuo avvicendamento di discorso diretto e scrittu-ra redazionale, non sempre ben distinti fra loro» (Bonomi 2002: 50).

Forse per mantenere il giusto equilibrio tra strutture testuali e sintattichedi più immediata ricezione e strutture semantiche che acquisiscono semprepiù peso trasmettendo messaggi diretti e indiretti, nasce e si sviluppa lo stilenominale che contraddistinguerà la lingua dei giornali moderni. Questa mo-dalità espressiva ha il vantaggio di poter racchiudere nella sua semplicità strut-turale un ampio contenuto semantico, cosicchè «dapprima usato per una pre-cisa funzionalità compositiva, diventa scelta operativa, come un registro pro-posto fin dall’inizio al lettore per coinvolgere la sua attenzione e le sue simpa-tie» (Dardano 1973: 321). Evidentemente, richiedendo un uso maggiore di so-stantivi rispetto ai verbi, lo stile nominale, insieme alla necessità giornalisticadi informare e coinvolgere, spinge alla formazione di neologismi che, secon-do Bonomi (2002: 48), è una delle caratteristiche lessicali più note degli ultimidecenni. Neologismi che sono di origine italiana ma, come si è già detto, sonoanche di origine inglese.

Ritornando alle nostre riflessioni sull’uso dell’inglese nella stampa, siacome neologismo, sia come parola ormai di uso consueto, il prestito ingleserisponde bene alle esigenze testuali della carta stampata italiana perché, oltread avere forti valori denotativi e connotativi e a far passare dei significati af-fettivi molto consistenti, proviene da una lingua che è per sua natura sintatti-camente molto semplice e che ha sicuramente agito da modello per il moder-no stile giornalistico italiano. Dallo spoglio del campione giornalistico sonostati rilevati circa 470 prestiti inglesi di cui il 90% agisce da sostantivo sempli-ce, composto o verbale, mentre il rimanente 10% funge principalmente da at-tributo o complemento. Questo dato viene confermato dal numero di sostan-tivi nei dizionari Adamo-Della Valle (2003) e Zingarelli (2003). Si è altresì no-tata la quasi totale mancanza di verbi non adattati eccetto qualche imperativocome stop, wake up e buy.

Il fatto che la maggior parte dei prestiti inglesi usati nella stampa quianalizzata siano dei sostantivi, di cui le opere lessicografiche citate danno an-che conferma, rientra nel progetto stilistico moderno dei giornali e delle rivi-ste che è quello di offrire il massimo dei contenuti con il minimo degli sforzisintattici. Testi come «il trend de vie è il selfcocooning» (tratto da Il Giorno 14gennaio) oppure «in una pausa dal count down della guerra» (tratto dal-

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l’Espresso 23 gennaio) evidenziano l’utilizzo molto sciolto di sostantivi inglesiall’interno di strutture sintattiche nominali italiane con lo scopo di creare deitesti più corti ma molto efficaci sul piano semantico e pragmatico. Il sostanti-vo inglese permette alla lingua italiana di evitare un giro di parole più com-plesso ottenendo un effetto stilistico molto più marcato. L’utilizzo di countdown, che rimanda a un mondo americano altamente tecnologico con unagrande esperienza militare, suona alle orecchie dei lettori sicuramente moltopiù serio e impegnativo di quello che potrebbe sembrare l’equivalente italianoconto alla rovescia. Allo stesso modo, l’intrecciarsi del prestito francese vie conquelli inglesi trend e self-cocooning ricrea quel clima di signorilità e rilassamentoche si cerca di vendere in parole. Portatore di significati connotativi e affettiviforti, il prestito inglese dunque diventa un elemento morfosintattico moltoutile a chi scrive per ottenere una reazione importante da parte di chi legge.

In questo modo si può anche spiegare il ricorso a prestiti apparenti il cuisignificato denotativo italiano è leggermente divergente da quello originale in-glese. È il caso di loft, testimonial, ticket, oppure prestiti il cui significante noncorrisponde perfettamente a quello di origine: oltre ai più noti basket per l’in-glese basketball, volley per volley ball, smoking per smoking-jacket, vi è audience chenell’accezione italiana (la quantità di telespettatori) corrisponderebbe all’ingle-se audience-rating, quindi termini inglesi che sono ulteriormente accorciati initaliano rispetto all’originale.

Altri due esempi in cui la versione italiana è più corta di quella inglesesono match e relax. Il primo trovato nel testo «dal match dei tessuti alla stessainduzione della tolleranza» (tratto dall’Espresso del 23 gennaio) sarebbe un’ab-breviazione dell’inglese matching, dove è stato tolto il suffisso finale del sostan-tivo forse per analogia all’altro sostantivo match nella sua accezione sportiva«in attesa del big match» (tratto da Il Corriere del 13 gennaio). Il secondo, relax,visto nel testo «luna, sauna e relax» (tratto da Il Corriere del 13 gennaio), corri-sponderebbe all’inglese relaxation; qui è probabile che l’italiano sia partito dalverbo relax e lo abbia convertito in sostantivo senza l’uso di affissi – come èsolita fare la lingua inglese – permettendo la formazione di nuovi compostinominali come, per esempio, «il body relax» (tratto da Il Corriere del 13 genna-io) sulle linee del «body massage», del «body art» e del «body painting» (trattida Il Corriere del 13 gennaio).

Pochi invece sembrerebbero i casi inversi in cui l’italiano allunga un pre-stito: un caso eclatante è il termine lifting (trovato nel testo «il lifting facciale»,tratto dall’Espresso del 23 gennaio) che equivarrebbe all’inglese face lift. Il fattoche il suffisso -ing in inglese possa dar vita a sostantivi, aggettivi, e verbi è for-

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se motivo di confusione per l’utente italiano, talvolta indotto per ipercorretti-smo a usarlo nella creazione di sostantivi (lifting) anche dove non sarebbe ne-cessario. In altri casi, invece, l’utente può essere portato a dimenticare il suf-fisso -ing quando non vuole minimamente far trasparire che il termine in que-stione sia un verbo, come nel caso di relax ne «le calzature relax» (tratto da IlGiorno del 14 gennaio). La verità è che la lingua inglese è molto duttile perquanto riguarda la formazione lessicale; la capacità di trasformare verbi in so-stantivi con o senza aggiunte morfemiche viene sfruttata da chi scrive in ita-liano per creare neologismi che, anche se non sono completamente originariin inglese, sembrano e suonano inglesi.

Questo fenomeno si rivela particolarmente produttivo nel campo pubbli-citario. Grazie alle sue caratteristiche, il prestito inglese risponde alle esigenzedi avere dei testi concisi seppur carichi di messaggi forti. La pubblicità infatti,che nella stampa ormai si alterna alle notizie, fa largo uso dell’elemento ingle-se. Il testo che segue è un esempio fra tanti costruiti servendosi di prestiti:

Fotocamera digitale HP Photosmart 320 CCD da 2,1 Mega pixel. Zoom digitale 4x.Display LCD da 3,8 cm. Memoria interna di 8 Mb. Movie Mode. Slot per scheda Secu-re Digital (tratto da Il Corriere del 14 gennaio).

I prestiti inglesi, segnati in corsivo solo per facilitare la loro localizzazione,hanno una forte valenza denotativa essendo chiaramente termini tecnici conun significato ben preciso. Tuttavia, oltre a esprimere dei concetti che accom-pagnano una tecnologia nuova nata all’estero, dato il nome del prodotto, i so-stantivi e gli acronimi che si avvicendano nel testo in una sorta di elenco per-mettono al pubblicitario di formulare una struttura nominale concisa, chiara,precisa e sicuramente molto avvincente.

Lo stesso principio vale per i titoli di stampa, dove vi è il bisogno di ven-dere l’articolo in uno spazio limitato. Il sostantivo inglese, che è accompagna-to dai suoi significati connotativi forti ed è inoltre facilmente inseribile nellastruttura sintattica nominale tipica dei titoli dei giornali, risponde perfetta-mente a tale esigenza. Non è un caso che i prestiti inglesi appaiano con moltafrequenza nei titoli e sottotitoli degli articoli di stampa, come nei due seguen-ti esempi tratti da Il Sole 24 Ore del 13 gennaio: «Peugeot e Porsche sono inPole Position» e «Indonesia buy, Argentina bye-bye». Entrambi i titoli annun-ciano articoli di carattere economico-finanziario, ma per renderli allettanti allettore vengono utilizzati dei prestiti inglesi che essendo stranieri, prima ditutto, attirano l’attenzione del lettore e, poi, riescono in un batter d’occhio a

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racchiudere l’informazione principale sull’andamento delle case automobilisti-che Peugeot e Porsche e sullo stato economico dell’Indonesia e dell’Argenti-na. Ciò avviene grazie anche al gioco di parole ottenuto: il primato della Por-sche e della Peugeot nel primo testo è reso doppiamente chiaro dal sintagmapole position che rimanda al mondo delle corse automobilistiche; così come ilgioco fra i due omofoni buy e bye-bye nel secondo testo fa risaltare la diversacondizione economica dei due paesi in questione.

Per rispettare i nuovi scopi del giornalismo che, come si è già detto, van-no aldilà del dare la semplice notizia, negli ultimi decenni il registro brillante èdiventato uno degli aspetti più tipici dei giornali e, per ottenerlo, si è assistitoa un uso sempre più esteso del neologismo effimero ed espressivo, del trasla-to e della metafora (Bonomi 2001: 48): in altre parole, lessemi capaci di ri-mandare a significati riflessi. Potendo disporre, oltre all’italiano, di un’altralingua peraltro ormai mediaticamente diffusa, rende chiaramente più semplicee più frequente per il giornalista moderno la composizione di testi traslati.Avendo una gamma lessicale più ampia da cui scegliere, i giornalisti possonosfruttare le strutture dell’una e dell’altra lingua per ottenere dei testi accatti-vanti. Nel titoletto gnu economy (tratto da Il Giorno del 15 gennaio), per esem-pio, relativo al rilancio della FIAT da parte di Emilio Gnutti, si vede l’inge-gnoso gioco fra la struttura lessico-semantica inglese (dell’animale gnu e dellanuova economia new economy) e fra quella fonologica italiana (di gnu) che ri-mandano quindi alla (new) nuova politica economica di Gnutti.

L’utilizzo del prestito, e quello inglese prevalentemente, permette dun-que ai giornalisti di giocare con due lingue simultaneamente, a volte creandoneologismi che comprendono entrambe le lingue come tangentopoli-gate (Il Gior-no del 15 gennaio), altre creando dei testi in cui l’italiano e l’inglese si trovanoin apposizione, con possibilità di travalicare i limiti grammaticali e sintatticistabiliti dalla lingua italiana, come dimostrano gli esempi seguenti in cui mancala preposizione di : «rischio black out» (Il Giorno del 15 gennaio); «un caso fastfood» (Panorama del 23 gennaio). La possibilità di attingere da più di una lin-gua dà dunque al giornalista il vantaggio di aver più libertà anche sul piano sti-listico: a titolo di esempio nella citazione «La pièce più glamour del momento»(tratta da Panorama) si fa uso di addirittura tre lingue, italiano, francese e ingle-se che, oltre a facilitare la trasmissione di un messaggio divertente e memora-bile, permettono di creare una struttura normalmente non accettabile in italia-no ma che paradossalmente qui acquisisce il diritto di licenza poetica.

I prestiti inglesi nella stampa italiana

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3. CONCLUSIONI

Proprio come il romanziere o il poeta, il giornalista moderno ha da qualchetempo la libertà di scrivere tutto quello che pensa e che vuole far pensare aisuoi lettori, il che fa sì che la stampa non solo descriva la realtà di una società,ma la modelli per mezzo delle parole che usa. In questo contesto, in cui mes-saggio e reazione sono fortemente intrecciati, la lingua inglese si inseriscemolto bene. Rappresentando sul piano culturale e sociale un mondo nuovo esul piano linguistico un mezzo di comunicazione che non ha ormai più bar-riere, la lingua inglese è infatti simbolo di una libertà creata ma anche simbolodi una libertà tutta da ottenere. In altre parole, la cultura anglosassone che harivoluzionato tutto il mondo, Italia compresa, viene comunque quotidiana-mente rinnovata con l’utilizzo della lingua inglese e, in questo caso, con l’usodel prestito piuttosto che del calco linguistico. Sembrano dunque mischiarsi levolontà e gli obiettivi di chi scrive sui giornali con le caratteristiche della lin-gua inglese in Italia: la libertà di parola.

Avendo voluto mettere in rilievo alcuni aspetti comunicativi nel rappor-to tra la stampa italiana e il prestito inglese, al di là delle conseguenze che laglobalizzazione ha portato e cioè la diffusione di notizie di tutto il mondocon la conseguente introduzione quasi obbligatoria e incontrollabile di nuovitermini soprattutto inglesi difficilmente traducibili (come per esempio domesticpartner benefits, pink power, pink dollar, riferito ai gay e ai loro diritti in America),si è potuto constatare che vi è una introduzione cosciente e voluta di prestitiinglesi mirata a creare nuovi linguaggi e nuovi messaggi che rispondano alleesigenze della nuova e più libera società italiana. La lingua inglese nel contestosemantico e testuale italiano ha delle proprietà molto più marcate rispetto aquelle italiane originarie, in parte per i significati denotativi ma soprattutto as-sociativi di cui è carica e, in parte, per la flessibilità sintattica e collocazionaledi cui essa è dotata. Al prestito inglese non si ricorre più solo per ‘tappare unbuco’ lessicale e semantico, ma proprio per creare un nuovo tipo di testo, cheè poco impegnativo a livello superficiale ma che a livello comunicativo è inve-ce più denso di significato. Questa è la nuova sostanza del linguaggio dellastampa italiana: un linguaggio veloce ma informativo, un linguaggio che attirail lettore con una lettura facile e scorrevole.

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