LUCE SERAFICA 4 2011

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Luce Serafica La “celebrazione pasquale” del Natale Speciale sulla famiglia: sfide e cambiamenti Il terzo centenario del b. Bonaventura da Potenza Lo “spirito di Assisi” e la profezia della pace Il nuovo Governo Monti Le primavere arabe e la giustizia Numero 4/2011 - Trimestrale - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 - CNS/CBPA/sud/BENEVENTO/109/2007

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Luce SeraficaLa “celebrazionepasquale” del Natale

Speciale sullafamiglia: sfidee cambiamenti

Il terzo centenariodel b. Bonaventurada Potenza

Lo “spirito di Assisi”e la profezia della pace

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Avvento. Tempo di attesa, di fiduciosa speranzanel Signore che viene al salvare il mondo e a ri-

velare all’umanità il progetto del Padre: essere persempre il Dio-con-noi. La gioia per il Natale che cele-breremo è capace di illuminare le piccole ombre dellavita quotidiana e di sostenere le tantissime luci di spe-ranza che ognuno di noi si porta nel cuore. Se pensoa Gesù, al suo amore, a quello che ha fatto per ciascunodi noi, allora il mio cuore s’allarga e divento capace divedere le cose, i fatti della vita, le vicende dell’uma-nità, con uno spirito nuovo, nell’ottica della fede. Sì, è questo che ci dobbiamo augurare, cari lettori, peril prossimo Natale. La venuta del Figlio di Dio nellacarne rivela la solidarietà dell’Eterno con ciascuno dinoi, finanche con il creato, l’universo, i popoli, le fedi,le culture, i dolori, le gioie, le speranze di tutti...Intravedo nelle primavere arabe del Medio Oriente edell’Egitto un principio di vita nuova, la forza dellaVita che vince e abbatte finalmente le ombre dellamorte e i soprusi dei potenti e dei delinquenti. Le luci di speranza si sono accese anche con lo “Spiritodi Assisi”: insieme per la pace, per cercare la verità,per praticare la giustizia… Si tratta di leggere con at-tenzione i segni di Dio nella nostra storia. D’altronde,è questo il significato più vivo e forte che Gesù ci harivolto nella prima domenica d’Avvento: “Vegliate”.Vuol dire scrutare con attenzione, osservare con par-tecipazione profonda, i modi con i quali Dio si lasciavedere nelle vicende dell’umanità. Ci sono piccole egrandi storie che ci raccontano dell’amore di Dio,della sua benevolenza. In tale prospettiva presentiamolo speciale dedicato al Terzo Centenario del beato Bo-naventura da Potenza e il dossier sulla famiglia. Guar-diamo con attenzione anche l’evolversi del nuovogoverno in Italia, nella certezza che la salvezza nonverrà semplicemente da scelte intelligenti in campoeconomico, cioè da risoluzioni tecniche, bensì dallacapacità di praticare la giustizia e il diritto, di scegliereciò che è bene per noi, per le persone, per la Nazione,per le famiglie, per i figli, nel pieno rispetto della di-gnità di ogni cittadino. Buon Natale! Buon cammino verso la grotta di Be-tlemme!

Padre Edoardo Scognamiglio, Ofm conv.

Sommario 4/2011 EditorialeEditorialedi Edoardo ScognamiglioFinestra sul mondodi Boutros NaamanPolitica-Economiadi Filippo SuppaIl Fattodi Felice AutieriCostume-Societàdi Carmine VitaleDialogo di Pietro De LuciaVoci di ChiesaLa RedazioneSpeciale Famiglia

Orizzonte Giovani di Luca BaseliceMissionidi Lidia Tetta CassanoLiturgiadi Giuseppe FalangaDabardi Cyrille KpalafioPastoraledi Antonio VetranoCredere oggidi Caterina CirmaSpiritualità di Raffaele di MuroAsterischi francescanidi Orlando TodiscoSpeciale Beato

Dal Postulato

Arte di Paolo D’AlessandroEventiLa RedazioneCinema di Giuseppina CostantinoIn book La RedazioneFumettiLa Redazione

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Le luci di speranza che ci portiamo nel cuore

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Luce SeraficaPeriodico francescano del Mezzogiorno d’Italia dei Frati Minori Conventuali della Provincia Napoletana.Autorizzazione del Tribunale di Benevento n. 3 del 24/04/2006.Anno VII – n. 4/2011Responsabile Raffaele Di Muro Direttore Paolo D’Alessandro – e-mail: [email protected] annuale 20 euroCCP: 11298809, intestato a E. Scognamiglio, Convento S. Lorenzo Maggiore – Via Tribunali, 316 – 80138 NapoliClausola: abbonamento Luce Serafica

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FINESTRA SUL MONDO

Le primavere arabe, ovvero l’insorgere di giovani ma-nifestanti e di intere popolazioni in Siria, Egitto, Iran,

Libia, Tunisia, Arabia Saudita, per chiedere l’instaurazionedi un regime governativo democratico, hanno avutoun’eco mondiale. Fiumi di sangue sono stati versati innome della libertà e della fraternità. Le primavere arabedel 2011 sono state definite l’equivalente per l’Africa delnord e il Medio Oriente di ciò che fu la caduta del muro diBerlino per l’Europa nel 1989. Se questo paragone vale al-meno un po’, la nuova dinamica cambia tutte le carte intavola non solo per questi paesi, i loro regimi in crisi e leloro società, ma anche per l’intero Occidente.Le proteste hanno in comune l’uso di tecniche di resistenzacivile, comprendente scioperi, manifestazioni, marce ecortei, talvolta anche atti estremi come suicidi (divenutinoti tra i media come auto-immolazioni) e l’autolesioni-smo, così come l’uso di social network come Facebook eTwitter per organizzare, comunicare e divulgare gli eventia dispetto dei tentativi di repressione statale. I social net-work, tuttavia, non sarebbero il vero motore della rivolta,secondo alcuni osservatori, per i quali il network della mo-schea, o del bazar, conta assai più di Facebook, Google odelle email. Alcuni di questi moti, in particolare in Tunisiaed Egitto, hanno portato a un cambiamento di governo, esono stati denominati rivoluzioni. I fattori che hanno portato alle proteste sono numerosi ecomprendono, tra le maggiori cause, la corruzione, l’as-senza di libertà individuali, la violazione dei diritti umanie le condizioni di vita molto dure, che in molti casi riguar-dano o rasentano la povertà estrema. Il crescere del prezzodei generi alimentari e della fame sono anche consideratiuna delle ragioni principali del malcontento, che hannocomportato minacce all’equilibrio mondiale in ordine al-l’alimentazione di larghe fasce della popolazione nei paesipiù poveri nei quali si sono svolte le proteste, ai limiti diuna crisi paragonabile a quella osservata nella crisi alimen-tare mondiale nel 2007-2008. Tra le cause dell’aumento dei costi, secondo Abdolreza Ab-bassian, capo economista alla FAO, la siccità in Russia e

Kazakistan accompagnata dalleinondazioni in Europa, Canadae Australia, associate a incer-tezza sulla produzione in Ar-gentina, a causa di cui i governidei paesi del Maghreb, costrettia importare i generi commesti-bili, hanno scelto l’aumento deiprezzi dei prodotti alimentari dilargo consumo. Altri analistihanno messo in risalto il ruolodella speculazione finanziarianel determinare la crescita delprezzo dei generi alimentari intutto il mondo. Prezzi più alti sisono registrati anche in Asia: inIndia dove ci sono stati rialzinell’ordine del 18%, mentre inCina dell’11,7% in un anno. Leproteste sono cominciate il 18 dicembre 2010 in seguitoalla protesta estrema del tunisino Mohamed Bouazizi chesi è dato fuoco in seguito a maltrattamenti da parte dellapolizia, il cui gesto è servito da scintilla per l'intero motodi rivolta che si è poi tramutato nella cosiddetta rivolu-zione dei gelsomini. Per le stesse ragioni, un effetto do-mino si è propagato ad altri paesi del mondo arabo e dellaregione del Nordafrica, in seguito alla protesta tunisina. Inmolti casi, i giorni più accesi, o quelli dai quali ha presoavvio la rivolta, sono stati chiamati giorno della rabbia ocon nomi simili. A oggi, tre capi di stato sono stati costretti alle dimissionio alla fuga: in Tunisia Zine El-Abidine Ben Ali il 14 gen-naio, in Egitto Hosni Mubarak l’11 febbraio e il 20 ottobrein Libia Muammar Gheddafi che, dopo una lunga fuga daTripoli a Sirte, è stato catturato e ucciso dai ribelli. I som-movimenti in Tunisia hanno portato il presidente Ben Ali,alla fine di 12 anni di dittatura, alla fuga in Arabia Saudita.In Egitto, le imponenti proteste iniziate il 25 gennaio, dopo18 giorni di continue dimostrazioni accompagnate da variepisodi di violenza, hanno costretto alle dimissioni, com-plici anche le pressioni esercitate da Washington, il presi-dente Mubarak dopo trent’anni di potere. Nello stessoperiodo, il re di Giordania Abdullah attua un rimpasto mi-nisteriale e nomina un nuovo primo ministro, con l’inca-rico di preparare un piano di vere riforme politiche. Sial’instabilità portata dalle proteste nella regione mediorien-

di Boutros Naaman

Le primavere arabee il bisogno di giustizia

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tale e nordafricana che le loro profonde implicazioni geo-politiche hanno attirato grande attenzione e preoccupa-zione in tutto il mondo. Le sommosse popolari in Siria del2011 sono un moto di contestazione, simile a quelli che sisvolgono nel resto mondo arabo nello stesso periodo, cheinteressa numerose città della Siria dal mese di febbraiodel 2011. Le proteste, che hanno assunto connotati violenti sfo-ciando in sanguinosi scontri tra polizia e manifestanti,hanno l’obiettivo di spingere il presidente siriano Basharal-Asad ad attuare le riforme necessarie a dare un’improntademocratica allo stato. In virtù di una legge del 1963 cheimpedisce le manifestazioni di piazza (solo dopo di diversesettimane di scontri formalmente revocata), il regime haproceduto a sopprimere, anche ricorrendo alla violenza, ledimostrazioni messe in atto dalla popolazione, provocandoun numero fin ora imprecisato di vittime. Bashar, che parlafrancese e inglese e che è sposato con una moglie di originisiriane nata in Inghilterra, venne definito come “ispiratoredi speranza” per le riforme e la “Primavera di Damasco”ebbe inizio nel gennaio 2000 con intensi dibattiti sociali epolitici. Le rivolte curde hanno portato a un aumento dellatensione dal 2004. L’anno delle rivolte di al-Qamishli con-tro il governo, cominciarono nella città del nord-est curdodi al-Qamishli. Durante una caotica partita di calcio, al-cune persone cominciarono a sventolare bandiere curde ela partita si trasformò in un conflitto politico. Ci furono al-

meno 30 morti (alcune fonti parlano di 100 caduti) a causadella brutale reazione della polizia siriana e degli scontrinon meno brutali tra curdi e arabi. Successivamente, ci fu-rono altre proteste minori e le reazioni del governo furonoimprontate alla medesima durezza. La famiglia al-Asad fa parte della minoranza degli alauiti,una propaggine dell’islam sciita che le statistiche indicanocostituire tra il 6 e il 12% della popolazione siriana. Essagoverna il Paese dal 1970 e controlla strettamente i servizidi sicurezza siriani, generando un profondo risentimentotra i musulmani sunniti (che sono i ¾ della popolazione)e la minoranza curda. Bashar al-Asad dichiarò che il suoStato era immune dalle proteste di massa che si stavanomanifestando in Egitto. Bouthaina Shaaban, un consiglierepresidenziale, diede la colpa al chierici sunniti e alle loroprediche che incitavano alla rivolta, cosi come aveva fattolo shaykh informatico Youssef al-Qaradawi in un suo ser-mone da Doha il 25 marzo 2011. Secondo il New YorkTimes, il governo siriano ha chiamato solamente le unitàdei servizi segreti in mano agli alauiti per reprimere la ri-volta. Sarà utile ricordare che il fratello minore del Presi-dente, Maher al-Asad, comanda la IV Divisione mentre ilcognato Assef Shawkat, è Capo di Stato Maggiore dell’eser-cito. Si dice che la sua famiglia abbia paura di un fallimentodell’uso della linea dura sui manifestanti perché potrebbeincoraggiare le opposizioni e far scendere molta più gentenelle strade.

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Il Governo presieduto dall’econo-mista e accademico Mario Monti

ha incassato fiducie bulgare al Senatoe alla Camera dei Deputati. L’unicopartito che ha espresso contrarietà alnuovo Governo tecnico è stato il Car-roccio di Umberto Bossi. Secondo laLega Nord, il Governo Monti favoriràle banche e colpirà le fasce debolidella popolazione oltre ai piccoli ri-sparmiatori. Per di più, per i leghisti,la nascita del Ministero per la Coe-sione territoriale e l’abrogazione delMinistero per il Federalismo è statoun colpo troppo duro da digerire. Ilsegretario politico del Popolo della li-bertà, Angelino Alfano, in un messag-gio di saluto fatto pervenire aconclusione del convegno “I socialistiriformisti nel Popolo della libertà”, aMilano, ha ribadito che gli esiti diquesto Governo sono “del tutto im-prevedibili”. Berlusconi riconosce la“bontà” del governo Monti e i suoimembri, che definisce “tecnici di ele-vata competenza”. Un messaggio chel’ex premier ha rilasciato a un’intervi-sta al Corriere della Sera. Ed è sempreBerlusconi a dire che questo nuovogoverno “deve arrivare al 2013” conl’appoggio di un Pdl pronto a promuo-vere “tutte le iniziative per promuo-vere lo sviluppo” ma anche pronto adire no “ad eventuali misure reces-sive”. Berlusconi ha anche aggiunto diessere d’accordo con la tassazionedegli immobili che Monti intende ri-portare in linea con la media europea,dato che ora è al di sotto.«Saremo leali ma non subalterni e,quindi, se ci saranno deviazioni e for-zature, non avremo esitazioni a ne-gare il nostro sostegno. In sostanzasaremo leali con chi sarà leale con

noi». Il segretario del Pdl, AngelinoAlfano, invia un saluto con convegnodei socialisti riformisti nel Pdl. Parolemeno concilianti rispetto al discorsodi Montecitorio che aveva introdottola fiducia del suo partito al governoMonti. Nel Pdl, però, i mal di panciasono tutt’altro che spariti. Il segretariodeve fare i conti in particolare con ilfronte degli ex An, Matteoli e LaRussa, che non hanno affatto digeritola nascita del governo tecnico e nonvedono l’ora di tornare alle urne. E al-lora Alfano pianta i primi paletti: «Di-

ciamolo chiaramente – continua ilmessaggio –, se è nato il governoMonti ciò è stato consentito da Berlu-sconi. Se Berlusconi non fosse statod’accordo, il governo Monti non si sa-rebbe fatto. Di conseguenza, noi da-remo un sostegno leale al nuovogoverno confrontandoci in modo

serio in Parlamento sul terreno deicontenuti». Chiara anche la posizionesu ministri e sottosegretari: «Devonoessere tecnici». Dentro il Pdl, però, leacque restano agitate. E uno dei ber-sagli è Giulio Tremonti. Che l’ex mi-nistro dell’Economia non fossesimpatico a tanti all’interno del partitocosa nota, certificata da anni di batti-becchi in consiglio dei ministri, ditensioni, di veleni dietro le quinte. Ma

ora che non c’è più la mission di ungoverno da tenere in piedi, c’è chi sitoglie qualche sassolino dalla scarpa.A dare il fuoco alle polveri di quellache sembra una vera e propria resa deiconti sono il capogruppo del partitoalla Camera, Fabrizio Cicchitto, e so-prattutto l’ex ministro Renato Bru-

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POLITICA-ECONOMIA

È tempo di un governo tecnico...Alla prova senza preconcetti... ma con molta trepidazione

di Filippo Suppa

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netta. I due giungono dopo accuse pe-santi di molti colleghi di partito del-l’ex superministro dell’economia tra iquali (i più duri) i colleghi di governoRomani e Galan che, senza mezzi ter-mini, hanno imputato «all’istinto diconservazione di Tremonti» e alla sua«ossessione dei conti pubblici» la veracausa del freno allo sviluppo del Paesee con essa la lenta ma inesorabile ero-sione di consenso nel governo e nel

Pdl. E anche al convegno dei socialistiriformisti nel Pdl a Milano si rinno-vano le accuse. Secondo Cicchitto,sono stati due gli errori dell’ex mini-stro e cioè «i tagli lineari, che sono lanegazione del riformismo, perché setagli tutto del 10% vai a toccare settoricome la scuola e le forze armate che

invece non dovevano essere colpiti. Epoi la mancata ricerca di una politicadi crescita che ha pesato sul governo».Dello stesso parere Brunetta: le coseche Berlusconi non è riuscito a fare,sono imputabili «a un errore della po-litica economica del professor Tre-monti, che purtroppo si è imposto atutto il governo: dovevamo affiancareagli antibiotici le vitamine». Cosa, ac-cusa Brunetta, resa impossibile daTremonti perché «con il suo ministero“monstre” non era possibile condizio-narlo». E se dentro casa volano glistracci, anche all’esterno, con ilmondo dell’impresa, sembra esserel’ora delle recriminazioni: Cicchittoera entrato in polemica con Confin-dustria, accusata di avere «inondato»il precedente governo di «richieste diassistenzialismo». Una posizione sucui Cicchitto ha tenuto il punto: «Gliaiuti diretti e indiretti chiesti allo

Stato sono una realtà che dura da tantianni e che nessuno può negare».Qualcuno – scherzando ma nontroppo – ha scritto che le cose in Italiamiglioreranno visto, che da Tre(monti) si è scesi a un Monti solo;certo che mai un debutto di governoha avuto sulla carta un così ampio e

strepitoso successo. Le necessità del-l’ora hanno imposto e impongonoscelte obbligate, ma non sappiamoquanto alla lunga condivise. Conteràlo smarcamento della Lega – chepunta a un recupero degli scontenti –mentre il vero nodo ci sarà nel mo-mento in cui dai programmi verbali sipasserà alla pratica, ovvero a votare inParlamento e applicare nel Paese lemisure di risparmio e di inasprimentofiscale che sono state ventilate dalnuovo premier e accolte con sostan-ziale sorriso da tutti.Al concreto vedremo se l’equità si co-niugherà davvero con il rigore e qualesarà l’impatto della gente davanti anuove tassazioni Ici sulla prima casa,all’annunciato aumento dell’iva edella necessità di nuovi “tagli” dellaspesa pubblica. L’Italia ha un gran bi-sogno di un governo “normale” anchese tutti sappiamo che quanto è avve-

nuto è stato una specie di appalto tem-poraneo con “locazione a terzi” dellagestione dello Stato. La politica, insomma, inanellandol’ennesima sconfitta, ha votato di pas-sare la mano ai “tecnici”: vediamolialla prova senza preconcetti, ma sicu-ramente con molta trepidazione.

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Le dimissioni di Silvio Berlusconie il governo Monti con una

serie di nuovi ministri di area catto-lica, ci inducono a una seria rifles-sione sull’impegno dei cattolici inpolitica. La fine della “prima repubblica” coni suoi partiti storici, non ha impe-dito a laici cattolici di continuare ilproprio impegno sociale secondo latradizione dell’impegno politico deicattolici che affonda le sue radicinell’Opera dei congressi alla fine delXIX secolo ed è continuato con lanascita del Partito popolare nel1919. Si badi bene che non è questoun ritorno al passato, indietro nonsi torna mai, sebbene sia presente ildesiderio di poter far nascere, nonrisorgere, un partito di orienta-mento cattolico che tenga contodelle mutate condizioni storiche,politiche e sociali del nostro paese.Chi nel passato recente si è accanitocontro un modo di fare politicadegli “antichi” partiti della primarepubblica, non è che si è poi com-portato molto diversamente quando

ha avuto la possibilità di mettersi ingioco e governare. L’esperienza ciha insegnato che la logica delle “tes-sere” di partito, o l’appartenenza auna corrente politica ben precisapoteva garantire un’ascesa più omeno significativa, garantirsi a tuttii livelli posizioni di prestigio, in-somma un aspetto deleterio che innegativo unirebbe la prima repub-blica a questa nostra Italia del 2011.Se è vero che il governo Monti ha ilcompito di accompagnarci fino alleprossime elezioni politiche del2013, è altrettanto vero che nonpossiamo aspettarci delle riformeradicali, perché la sua maggioranzasi regge su un fragile equilibrio traPDL e PD, pertanto delle leggi chepotrebbero intaccare gli interessi oi piani politici di una delle due com-pagini che compongono la maggio-ranza, potrebbe creare l’imbaraz-zante situazione di un governo dasubito in minoranza in Parlamento. Infine, mi si consenta una rifles-sione personale; chi scrive dellaprima repubblica ha una sola no-

stalgia, ovvero la certezza ideolo-gica dei vecchi partiti dove chi erademocristiano era tale, chi era co-munista, socialista, radicale o mis-sino lo era altrettanto. Pertanto se partecipavi ad un comi-zio elettorale di quel partito sapevibene le chiavi di lettura ideologichedi quegli uomini e di quel partito.Le stesse battaglie ideologiche chesi verificavano alle elezioni politi-che esternavano, pur con i fisiolo-gici limiti umani, un progettopolitico frutto di una concezionedella società e dello Stato ben defi-nito. Questo oggi manca, pertantoun progetto politico sembra co-struito sulle idee della persona, nonsu una concezione della vita che di-venta conseguenza inevitabile dichi presenta questo progetto poli-tico. È il forte limite della politicadi oggi con pochi uomini di spessoreai vertici e un sistema di sostegnopolitico che a conti fatti, ci fa rim-piangere il sistema partitico su cui ènata e sviluppata l’Italia repubbli-cana.

IL FATTO

di Felice Autieri

Il nuovo governo Monti e laconcezione della politica oggiIl nuovo governo Monti e laconcezione della politica oggi

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Il 2010 è stato un anno da incorniciare per il consumo dialimenti biologici in Italia. Secondo un’analisi di Coldi-

retti-Swg, infatti, il mercato ha fatto registrare un aumentoin percentuale del 23% e sono ormai quasi 8 milioni i con-sumatori abituali, mentre ben 7 italiani su 10 hanno inse-rito prodotti Bio nel carrello della spesa almenooccasionalmente.Inoltre, l’Italia ha conquistato la leadership produttiva a li-vello europeo, con oltre un milione di ettari coltivati ecirca cinquantamila imprese agricole coinvolte.Si tratta di un settore di punta del Made in Italy agroali-mentare poiché in Italia si trovano un terzo delle impresebiologiche europee e un quarto della superficie Bio del-l’Unione, superando il milione di ettari (1.067.102 ettari)con 49.859 imprese agricole. A sostenere il consumo diprodotti biologici è la ricerca della sicurezza alimentare,ma anche il diffondersi di stili di vita più attenti all’am-biente. Inoltre, diversi consumatori sembrano aver capitoil plus valore dell’alimento biologico, che è meno inqui-nante, ma anche più nutriente.I dati Ismea riferiti ai primi sei mesi del 2008, dicono che

a trainare la crescita del Bio sono i prodotti ortofrutticolifreschi e trasformati (+18,4%), i prodotti per l’infanzia(+17,6%) e i lattiero-caseari (+ 5,7%), che sono stati più re-centemente oggetto di scandali alimentari. Un vero boom,con aumento del 18% nel 2008, si verifica per gli acquistieffettuati direttamente dal produttore, grazie a 1.645aziende agricole, ma vanno segnalati anche 208 mercatini,1.114 negozi e 110 siti specializzati per l’acquisto on line,tutti in aumento, secondo i dati Bio-Bank.“Per quanti non amano cucinare - precisa la Coldiretti -

ci sono ben 360 ristoranti (+20%) e 1178 agriturismi (+18%) con menù Bio”, mentre si è registrato un aumentodel 6% nel numero di pasti biologici serviti dalle mensescolastiche, tanto da arrivare a una quota vicina al milione(983.243), secondo Bio-Bank. Consumo e produzione diprodotti biologici sono in crescita in tutto il mondo dove,secondo il rapporto Ifoam, si stima un valore di mercatodi 26 miliardi di euro e ben 30,4 milioni di ettari certificati,con l’Italia che si colloca al quinto posto in una classificache vede l’Australia in testa con 11,8 milioni di ettari col-tivati.

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COSTUMEOCIETÀ

Il cibo biologico in Italia:aumentano i consumi

di Carmine Vitale

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Il 23 ottobre, a Napoli, presso il PalaArgine di Ponticelli, si è svolta la

giornata di riflessione, di preghiera edi dialogo sullo “spirito di Assisi” e la“profezia della pace”. Si sono dati ap-puntamento più di milleduecentopersone impegnate a diverso titolo neimovimenti francescani: giovani dellaGi.fra (gioventù francescana), terziaridell’Ofs (Ordine francescano seco-lare), religiosi francescani (frati, suore,consacrati) e laici impegnati per l’ecu-menismo. Significativa la presenza dialcuni esponenti del mondo cristianoortodosso, riformato, come anchedell’islam, della comunità internazio-nale Bahai, del cattolicesimo. L’eventoè stato voluto in preparazione all’in-contro mondiale per la pace che si èsvolto a livello mondiale il 27 ottobread Assisi, con la presenza di tutti i lea-dership delle singole religioni e deinon credenti. A moderare l’incontro

al palazzetto dello sport di Ponticelliè stato p. Edoardo Scognamiglio, di-rettore del Centro Studi Francescaniper il Dialogo interreligioso e le Cul-ture di Maddaloni, nonché MinistroProvinciale dei Frati minori conven-tuali di Napoli e Basilicata, e docentedi Teologia e Dialogo interreligioso aNapoli e a Roma in diversi centri ac-cademici. Lo “spirito di Assisi” e la“profezia della pace” si ispirano alviaggio di san Francesco in Egitto e alsuo incontro con il Sultano (Melik al-Kamel) e all’amicizia che nacque tra idue. I giovani hanno molto apprez-zato la relazione della professoressaGiuliana Martiriani (docente di Geo-grafia economica e politica alla Uni-verisià degli Studi di Napoli FedericoII) che da lungo tempo lavora per lacreazione di laboratori di pace a livellonazionale, dedicando un particolareimpegno per la creazione di centri di

ascolto e di dialogo soprattutto inCampania. Nella sua bella relazione,la professoressa Martirani, illustrandoil significato della pace, ha messo inevidenza quattro ambiti o aspetti incui occorre lavorare per la pace: inrapporto a se stessi, nelle relazioni congli altri, in rapporto con il mondo el’ambiente, tra i popoli. Spesso, av-viene uno squilibrio dentro di noi nelmomento in cui viviamo divisi, cioèquando mente, cuore, anima e corponon trovano armonia. Ciò avvieneanche quando perdiamo il senso dellerelazioni interpersonali: da qui il bi-sogno di riscoprire un certo spiritomeridionale che ha sempre favorito,in ogni epoca, le relazioni e il dialogotra persone e comunità diverse. L’at-tenzione, poi, al senso della giustizia eal rispetto dell’ambiente è stato forte-mente richiamato dalla professoressadi Geografia economica e politica: la

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DIALOGO

di Pietro De Lucia

Lo “spirito di Assisi” e la profezia della pace

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terra è la nostra vera dispensa e,quindi, non possiamo sciupare i suoiprodotti attraverso un consumo inso-stenibile. Da qui la necessità di risco-prire un nuovo stile di vita che tengaconto della semplicità e della sobrietà.Per fare questo è urgente riscoprire unSud del mondo e dell’Europa più pro-tagonista del proprio destino, del pro-prio futuro. Come francescani, èpossibile praticare un’economia crea-tiva e respingere quel modello norda-mericano o puramente occidentaleche non tiene conto delle realtà localidel Sud del mondo. Più volte, la pro-fessoressa Maritirani ha invitato i par-tecipanti a uscire dal modelloeconomico americano che non è ingrado di gestire la globalizzazione e lecrisi econimiche e politiche che coin-volgono gli Stati più poveri o in via disviluppo degli ultimi trent’anni. Ilmodello americano e nord-europeonon tiene conto delle risorse del Me-diterraneo e non ci rende protagonistidel nostro futuro.Da segnalare, all’incontro, la presenzadel presidente della Coreis (Comunitàreligiosa italiana islamica), l’imam diMilano Yahya Pallavicini che ha reso

una bella testimonianza sulla fratel-lanza universale e sull’amicizia tra cri-stiani e musulmani.La comunità Bahai di Caserta è statarappresentata dalla signora Cirma Ca-terina, il cui messaggio è stato moltoforte: la terra è abitata da tutti e co-struire la pace è dono e compito ditutti gli uomini e le donne di buonavolontà.Erano presenti alcuni esponenti dellaChiesa ortodossa che è a Napoli e cheappartiene al patriarcato di Costanti-nopoli. Il messaggio della portavoce diquesta Chiesa, la signora ElisabettaKalambouka, è stato molto apprez-zato: “Una piccola goccia può scavareuna montagna”. Così, l’impegno dellapace di ognuno di noi può crearemolta comunione tra le nazioni e i po-poli e le religioni. In questa prospettiva si sono mante-nute le testimonianze della Chiesaapostolica italiana e della Chiesa libera(rappresentate dal sig. Giuseppe Ver-rillo) e del ben noto Gruppo ecume-nico interconfessionale per le attivitàecumeniche di Napoli (Giaen) il cuiesponente è stato il signore DomenicoIacomino. Per questa occasione, il car-

dinale Crescenzio Sepe, arcivescovometropolita di Napoli, ha donato all’as-semblea francescana un messaggio incui invita tutti a lavorare per la pace ela giustizia in famiglia, in comunità, incittà, sul posto di lavoro, rendendosidisponibili a rispondere sempre con ilbene al male. Dopo un momento difesta, di musica e di danza, a ogni par-tecipante è stato consegnato il messag-gio per la Giornata regionale sullo“spirito di Assisi”. Si afferma, in questomessaggio, che i francescani dellaCampania si impegnano a essere stru-menti di pace e di riconciliazione tra ipopoli e le nazioni, e a favorire il dia-logo e il rispetto dell’altro nelle fami-glie e nelle comunità, come anchenelle nostre città. Si sa, d’altronde, cheal tema della pace è strettamente le-gato quello della giustizia e dell’acco-glienza degli ultimi. Il rispetto e la curadegli stranieri rientra anche in questomessaggio. D’altronde, la presenza diimmigrati è forte in Campania, soprat-tutto nel casertano e nel napoletano. Quasi certamente, questa giornata di-venterà un appuntamento annuale peril futuro e si celebrerà la domenicaprima del 27 ottobre.

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Riportiamo una parte del messag-gio di Benedetto XVI, letto ad

Assisi il 27 ottobre 2011 a Santa Mariadegli Angeli, in occasione della gior-nata di riflessione e di preghiera perla pace e la giustizia nel mondo Pelle-grini della verità, pellegrini della pace.«Cari fratelli e sorelle, distinti Capi erappresentanti delle Chiese e Comu-nità ecclesiali e delle religioni delmondo, cari amici, sono passati ven-ticinque anni da quando il beato papaGiovanni Paolo II invitò per la primavolta rappresentanti delle religioni delmondo ad Assisi per una preghieraper la pace. Che cosa è avvenuto da al-lora? A che punto è oggi la causa dellapace? Allora la grande minaccia per lapace nel mondo derivava dalla divi-sione del pianeta in due blocchi con-trastanti tra loro. Il simbolo vistoso diquesta divisione era il muro di Berlinoche, passando in mezzo alla città, trac-ciava il confine tra due mondi. Nel1989, tre anni dopo Assisi, il murocadde – senza spargimento di sangue.All’improvviso, gli enormi arsenali,che stavano dietro al muro, non ave-vano più alcun significato. Avevanoperso la loro capacità di terrorizzare.La volontà dei popoli di essere liberiera più forte degli arsenali della vio-lenza. La questione delle cause di talerovesciamento è complessa e non puòtrovare una risposta in semplici for-mule. Ma accanto ai fattori economicie politici, la causa più profonda di taleevento è di carattere spirituale: dietroil potere materiale non c’era più al-cuna convinzione spirituale. La vo-lontà di essere liberi fu alla fine piùforte della paura di fronte alla vio-lenza che non aveva più alcuna coper-tura spirituale…Ma che cosa è avvenuto in seguito?Purtroppo non possiamo dire che da

allora la situazione sia caratterizzatada libertà e pace. Anche se la minac-cia della grande guerra non è in vista,tuttavia il mondo, purtroppo, è pienodi discordia. Non è soltanto il fattoche qua e là ripetutamente si combat-tono guerre – la violenza come tale èpotenzialmente sempre presente e ca-ratterizza la condizione del nostromondo. La libertà è un grande bene.Ma il mondo della libertà si è rivelatoin gran parte senza orientamento, e danon pochi la libertà viene fraintesaanche come libertà per la violenza. Ladiscordia assume nuovi e spaventosivolti e la lotta per la pace deve stimo-lare in modo nuovo tutti noi. Cerchiamo di identificare un po’ piùda vicino i nuovi volti della violenzae della discordia. A grandi linee – amio parere – si possono individuaredue differenti tipologie di nuoveforme di violenza che sono diametral-mente opposte nella loro motivazionee manifestano poi nei particolarimolte varianti. Anzitutto c’è il terro-rismo, nel quale, al posto di unagrande guerra, vi sono attacchi benmirati che devono colpire in puntiimportanti l’avversario in modo di-struttivo, senza alcun riguardo per levite umane innocenti che con ciòvengono crudelmente uccise o ferite.Agli occhi dei responsabili, la grandecausa del danneggiamento del nemicogiustifica ogni forma di crudeltà.Viene messo fuori gioco tutto ciò chenel diritto internazionale era comu-nemente riconosciuto e sanzionatocome limite alla violenza. Sappiamoche spesso il terrorismo è motivato re-ligiosamente e che proprio il caratterereligioso degli attacchi serve comegiustificazione per la crudeltà spietata,che crede di poter accantonare le re-gole del diritto a motivo del “bene”

perseguito. La religione qui non è aservizio della pace, ma della giustifi-cazione della violenza.La critica della religione, a partiredall’illuminismo, ha ripetutamentesostenuto che la religione fosse causadi violenza e con ciò ha fomentatol’ostilità contro le religioni. Che qui lareligione motivi di fatto la violenza ècosa che, in quanto persone religiose,ci deve preoccupare profondamente.In un modo più sottile, ma semprecrudele, vediamo la religione comecausa di violenza anche là dove la vio-lenza viene esercitata da difensori diuna religione contro gli altri. I rappre-sentanti delle religioni convenuti nel1986 ad Assisi intendevano dire – enoi lo ripetiamo con forza e grandefermezza: questa non è la vera naturadella religione. È invece il suo travi-samento e contribuisce alla sua distru-zione… Come cristiano, vorrei dire aquesto punto: sì, nella storia anche in

VOCI DI CHIESA

Pellegrini della verità...pellegrini della pace...

La redazione

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nome della fede cristiana si è fatto ri-corso alla violenza. Lo riconosciamo,pieni di vergogna. Ma è assoluta-mente chiaro che questo è stato unutilizzo abusivo della fede cristiana, inevidente contrasto con la sua vera na-tura. Il Dio in cui noi cristiani cre-diamo è il Creatore e Padre di tutti gliuomini, a partire dal quale tutte lepersone sono tra loro fratelli e sorellee costituiscono un’unica famiglia. LaCroce di Cristo è per noi il segno delDio che, al posto della violenza, poneil soffrire con l’altro e l’amare con l’al-tro. Il suo nome è “Dio dell’amore edella pace” (2Cor 13,11). È compito ditutti coloro che portano una qualcheresponsabilità per la fede cristiana pu-rificare continuamente la religionedei cristiani a partire dal suo centrointeriore, affinché – nonostante la de-bolezza dell’uomo – sia veramentestrumento della pace di Dio nelmondo. Se una tipologia fondamen-

tale di violenza viene oggi motivatareligiosamente, ponendo con ciò lereligioni di fronte alla questione circala loro natura e costringendo tutti noiad una purificazione, una seconda ti-pologia di violenza, dall’aspetto certa-mente multiforme, ha una motiva-zione esattamente opposta: è la con-seguenza dell’assenza di Dio, della suanegazione e della perdita di umanitàche va di pari passo con ciò. I nemicidella religione – come abbiamo detto– vedono in questa una fonte primariadi violenza nella storia dell’umanità epretendono quindi la scomparsa dellareligione. Ma il “no” a Dio ha pro-dotto crudeltà e una violenza senzamisura, che è stata possibile solo per-ché l’uomo non riconosceva più al-cuna norma e alcun giudice al di sopradi sé, ma prendeva come norma sol-tanto se stesso. Gli orrori dei campi diconcentramento mostrano in tuttachiarezza le conseguenze dell’assenzadi Dio.Qui non vorrei però soffermarmisull’ateismo prescritto dallo Stato;vorrei piuttosto parlare della “deca-denza” dell’uomo, in conseguenzadella quale si realizza in modo silen-zioso, e quindi più pericoloso, uncambiamento del clima spirituale.L’adorazione di mammona, dell’averee del potere, si rivela una contro-reli-gione, in cui non conta più l’uomo,ma solo il vantaggio personale. Il de-siderio di felicità degenera, ad esem-pio, in una brama sfrenata e disumanaquale si manifesta nel dominio delladroga con le sue diverse forme. Visono i grandi, che con essa fanno iloro affari, e poi i tanti che da essavengono sedotti e rovinati sia nel

corpo che nell’animo. La violenza di-venta una cosa normale e minaccia didistruggere in alcune parti del mondola nostra gioventù. Poiché la violenzadiventa cosa normale, la pace è di-strutta e in questa mancanza di pacel’uomo distrugge se stesso…Accanto alle due realtà di religione eanti-religione esiste, nel mondo inespansione dell’agnosticismo, ancheun altro orientamento di fondo: per-sone alle quali non è stato dato il donodel poter credere e che tuttavia cer-cano la verità, sono alla ricerca di Dio.Persone del genere non affermanosemplicemente: “Non esiste alcunDio”. Esse soffrono a motivo della suaassenza e, cercando il vero e il buono,sono interiormente in cammino versodi Lui. Sono “pellegrini della verità,pellegrini della pace”. Pongono do-mande sia all’una che all’altra parte.Tolgono agli atei combattivi la lorofalsa certezza, con la quale preten-dono di sapere che non c’è un Dio, eli invitano a diventare, invece che po-lemici, persone in ricerca, che nonperdono la speranza che la verità esi-sta e che noi possiamo e dobbiamo vi-vere in funzione di essa. Ma chiamanoin causa anche gli aderenti alle reli-gioni, perché non considerino Diocome una proprietà che appartiene aloro così da sentirsi autorizzati allaviolenza nei confronti degli altri.Queste persone cercano la verità, cer-cano il vero Dio, la cui immaginenelle religioni, a causa del modo nelquale non di rado sono praticate, ènon raramente nascosta. Che essi nonriescano a trovare Dio dipende anchedai credenti con la loro immagine ri-dotta o anche travisata di Dio…».

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La famiglia nei tempi odierni èstata, come e forse più di altre isti-

tuzioni, investita dalle ampie, pro-fonde e rapide trasformazioni dellasocietà e della cultura. Molte famiglievivono questa situazione nella fedeltàa quei valori che costituiscono il fon-damento dell'istituto familiare. Altresono divenute incerte e smarrite difronte ai loro compiti o, addirittura,dubbiose e quasi ignare del significatoultimo e della verità della vita coniu-gale e familiare. Altre, infine, sonoimpedite da svariate situazioni di in-giustizia nella realizzazione dei lorofondamentali diritti».La famiglia è, per l’uomo, il luogo delleforme primarie delle relazioni umane:quelle tra uomo e donna e tra genitorie figli. In queste relazioni ed espe-rienze primarie si danno i significati ei legami fondamentali e si fanno gliapprendimenti decisivi: la differenzafondatrice di ogni alleanza e la pro-messa che dischiude la vita alla spe-ranza. Queste esperienze fondatrici diun senso buono della vita e di un le-game fiducioso con l’avventura umanacomune, che hanno la loro radice neilegami familiari, dovrebbero poi es-sere confermate dalla cultura e daiprocessi di socializzazione. In realtà, lacultura post-moderna – segnata dal re-lativismo –, per le sue caratteristichedi funzionalità e complessità dei rap-porti e di esaltazione dell’individuo,nasconde e rende fragili i rapportiumani e le relazioni interpersonali aogni livello. È una cultura che indebo-lisce i legami e la durata, l’istituzione

e la forza del gruppo, e affida la soliditàdella famiglia quasi esclusivamente aldesiderio di felicità del singolo e al suosentimento.

I compiti difficili della famigliaUna società “liquida”, in cui le rela-zioni si fanno sempre più fragili, le di-verse forme del sociale, tra questianche la famiglia, si frammentano, siscompongono, si trasformano in con-tinuazione. Società in cui le forme delconsumo hanno contaminato profon-damente le stesse relazioni, dove glioggetti hanno sostituito il piaceredell’incontro, la vicinanza con l’altro.Un mondo in cui tutto appare e sispende attraverso i mass media. I sen-timenti durano quanto il battito d’aladi una farfalla, le emozioni effimeretrovano legittimità solo se sono forti,se inebriano, se “sballano”. Uomini edonne viaggiano con bagaglio leggero,sempre pronti a cogliere al meglio leoccasioni che possono dare la felicità;sempre pronti a disfarsi d ei vincoli diqualsiasi genere. Viviamo il tempodell’amore liquido: ciò che conta èadeguarsi ai sentimenti e alle vogliedel momento.La situazione in cui versa la famigliapresenta aspetti positivi e aspetti ne-gativi: segno, gli uni, della salvezza diCristo operante nel mondo; segno, glialtri, del rifiuto che l’uomo opponeall’amore di Dio. Da una parte, infatti,vi è una coscienza più viva della li-bertà personale, e una maggiore atten-zione alla qualità delle relazioniinterpersonali nel matrimonio, alla

promozione della dignità della donna,alla procreazione responsabile, allaeducazione dei figli; vi è inoltre la co-scienza della necessità che si svilup-pino relazioni tra le famiglie per unreciproco aiuto spirituale e materiale,la riscoperta della missione ecclesialepropria della famiglia e della sua re-sponsabilità per la costruzione di unasocietà più giusta. Dall’altra parte, tut-tavia, non mancano segni di preoccu-pante degradazione di alcuni valorifondamentali: un’errata concezioneteorica e pratica dell’indipendenza deiconiugi fra di loro; le gravi ambiguitàcirca il rapporto di autorità fra geni-tori e figli; le difficoltà concrete, chela famiglia spesso sperimenta nellatrasmissione dei valori; il numero cre-scente dei divorzi; la piaga dell’aborto;il ricorso sempre più frequente allasterilizzazione; l’instaurarsi di unavera e propria mentalità contraccet-tiva. Alla radice di questi fenomeninegativi sta spesso una corruzione del-l’idea e dell’esperienza della libertà,concepita non come la capacità di rea-lizzare la verità del progetto di Dio sulmatrimonio e la famiglia, ma comeautonoma forza di affermazione, nondi rado contro gli altri, per il proprioegoistico benessere.La famiglia ha la missione di diventaresempre più quello che è, ossia comu-nità di vita e di amore, in una tensioneche, come per ogni realtà creata e re-denta troverà il suo componimentonel Regno di Dio. In una prospettivapoi che giunge alle radici stesse dellarealtà, si deve dire che l’essenza e i

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Il ruolo della famiglia nella societàe nella vita politicaSfide e cambiamenti...

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compiti della famiglia sono ultimamente definiti dal-l’amore. Per questo la famiglia riceve la missione di custo-dire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo ereale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità edell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa. Ognicompito particolare della famiglia è l’espressione e l’attua-zione concreta di tale missione fondamentale.

Sfide e cambiamentiLa famiglia, inserita in una rete sociale, deve confrontarsicon questi cambiamenti epocali.a) Nuzialità e démariage. Da una recente ricerca sui giovani(2009) appare che famiglia e amore sono decisamente alvertice della scala valoriale giovanile, ma ciò non comportauna reale ricaduta matrimonial-familiare; così si configuracome la società del démariage in cui il matrimonio non èpiù la scelta tipica dell’età adulta, ma solo una possibilescelta di vita. Si riscontra una forte resistenza a instaurarerelazioni stabili, sancite o meno da vincolo matrimoniale.Le convivenze sono ormai assai diffuse: sono, dice l’Istat,tre milioni gli italiani che le hanno sperimentate, il 6%della popolazione con più di 15 anni. Tuttavia, il più dellevolte, a differenza del Nord Europa, sono semplicementel’anticamera del matrimonio. Al Centro-Nord del Paesesono ormai quasi un quinto i matrimoni preceduti da que-ste “prove tecniche di coniugio”.b) Denatalità tra famiglia e demografia. l’Italia è un Paese-laboratorio dal punto di vista della natalità, che denotaun’insicurezza e una relativizzazione profonda della geni-

torialità. Questa denatalità è in aumento in tutt’Europa.c) Instabilità coniugale. C’è un impetuoso incremento delnumero di separazioni e divorzi. E se la durata media delmatrimonio – in caso di separazione – è di 13 anni, il piccodelle separazioni è al quarto anno di matrimonio. Occorretener conto di tre variabili: la trasmissione “ereditaria”dell’instabilità coniugale, dato che i figli di divorziati ten-dono a divorziare di più; la sempre minore tenuta offertadai valori etico-religiosi circa l’indissolubilità del matri-monio cristiano; il lavoro femminile. d) Verso nuovi modelli di famiglia. È il fenomeno dellapluralizzazione delle forme familiari, in cui cioè non vi èpiù un modello unico di famiglia, ma più modelli, fino alpunto di arrivare a innumerevoli modalità di vita comune,in funzione delle preferenze e dei progetti dei partner. In-somma, tante famiglie “al plurale”, come dicono i francesi,o “di scelta”, come invece dicono gli inglesi. Per l’Italia, c’èchi ha cominciato a presentare e a qualificare queste“nuove famiglie”, certamente eccentriche rispetto al mo-dello familiare “classico”: le famiglie di fatto, quelle mo-nogenitoriali, le famiglie ricostituite e quelle unipersonali.Se ne ricava l’immagine di una famiglia dalla trama porosa,fragile e bisognosa di un surplus di mediazioni per fron-teggiare una notevole complessità strutturale: ad esempio,non tutti i membri vivono sempre sotto lo stesso tetto, nontutti i figli sono consanguinei, non tutti hanno lo stesso co-gnome e non tutti hanno nella stessa casa chi esercita lapotestà su di loro e chi deve mantenerli.

CARDINALE CRESCENZIO SEPE

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Durante il Convegno nazionale dei parroci francescaniconventuali si è discusso della pastorale per i cristiani

separati. Questa settimana di formazione si è svolta a Vie-tri sul Mare (Sa). Per l’occasione, il cardinale Ennio An-tonelli, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia,ha presieduto il 13 ottobre u.s. l’Eucaristia nella stupendaBasilica di S. Lorenzo Maggiore a Napoli. Riportiamo partedella sua omelia che costituisce un’ottima riflessione perrivolgere la giusta attenzione all’accoglienza e all’accom-pagnamento dei separati e dei divorziati. Spesso ci sonosituazioni di crisi e di sofferenza umana che non rispar-miano nessuna famiglia.«A dire la verità, io ripeto spesso, soprattutto ai vescovi,che la prima preoccupazione deve essere quella di fare ilpossibile (seria preparazione al matrimonio, incontri pe-riodici di famiglie, ecc.) per formare in ogni parrocchiaun nucleo di famiglie cristiane esemplari, che hanno unrapporto vivo con il Signore Gesù Cristo e da lui attingonoun di più di amore e unità, generosità e coraggio, gioia ebellezza. A riguardo bisogna ricordare che Giovanni PaoloII in Novo millennio ineunte ha raccomandato come prio-ritario l’impegno pastorale per “una pedagogia della san-tità”, intesa “come misura alta della vita cristianaordinaria”, che eviti di “accontentarsi di una vita medio-cre, vissuta all’insegna di un’etica minimalista e di una re-ligiosità superficiale” (n. 31). Non bisogna certo dimenticare le tante famiglie mediocrio disgregate. Ma, per arrivare ad esse, l’apostolato più ef-ficace è quello della testimonianza e della vicinanza attivadelle famiglie cristiane esemplari. Per illuminare e riscal-dare, la prima cosa da fare è accendere il fuoco. Attraversoi pochi si va ai molti. La minoranza impegnata è la risorsapiù efficace per evangelizzare e raggiungere i cosidetti“lontani”… Ai divorziati risposati si può applicare uno splendido dettodi Giovanni Paolo: non si deve abbassare la montagna; mabisogna aiutare le persone a salirla, ognuna con il proprio

passo. Ciò significa: no alla gradualità della legge morale;sì alla legge della gradualità, perché l’uomo “conosce, amae compie il bene morale secondo tappe di crescita” (Fami-liaris consortio 34). È compito dei pastori e delle comunità cristiane additarela montagna in tutta la sua altezza, cioè insegnare gradual-mente (senza sconti) la verità oggettiva sul bene morale,sui valori e le norme che si manifestano nella divina rive-lazione e nella natura spirituale, corporea e sociale del-l’uomo. Nello stesso tempo è compito dei pastori e dellecomunità cristiane accompagnare premurosamente nellafaticosa salita i passi delle persone, cioè aiutarle a viverela verità secondo la loro capacità di comprendere e met-

Accogliere e accompagnarele famiglie in difficoltà: la pastorale per i cristiani separati

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tere in pratica. Le norme morali sono uguali per tutti, mala responsabilità davanti a Dio è propria di ciascuno. InReconciliatio et poenitentia, Giovanni Paolo II ha dichia-rato che la Chiesa si attiene a “due principi complemen-tari”, quello della misericordia e quello della verità (n.34)… L’autentica pedagogia ecclesiale esige che si met-tano insieme l’insegnamento della verità, l’educazionedelle coscienze e l’incoraggiamento fiducioso e paziente.A tutti si possono raccomandare alcuni atteggiamenti:umiltà (la coscienza non può stabilire ciò che è bene e ciòche è male, può solo riconoscerlo); preghiera (chiedere dipoter conoscere sempre meglio la volontà di Dio e di averela grazia e la forza di compierla); impegno (fare subito il

bene che si è capaci di fare, anche se costa sacrificio, a casa,nel lavoro, nella società, nella comunità ecclesiale, a co-minciare dalla partecipazione alla messa della domenica);ricerca (ascoltare, studiare e riflettere, per capire il sensodelle norme morali e il loro valore per la nostra vita e fe-licità); fiducia (confidare sempre nella misericordia di Dioche può condurre alla salvezza “per altre vie”, oltre i sa-cramenti della Penitenza e dell’Eucaristia… Dare testi-monianza a Cristo Salvatore è la missione della Chiesa.Perciò, essa deve attuare simultaneamente una pastoraledella verità, della santità e della misericordia. Scrive Giovanni Paolo II nella Familiaris consortio:“Esorto caldamente i pastori e l’intera comunità dei fedeli,affinché aiutino i divorziati, procurando con sollecita ca-rità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendoe anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla suavita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequen-tare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera,a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative dellacomunità in favore della giustizia, a educare i figli nellafede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenzaper implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madremisericordiosa e così li sostenga nella fede e nella spe-ranza. La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sullaSacra Scrittura, di non ammettere alla comunione euca-ristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esserviammessi, dal momento che il loro stato e la loro condi-zione di vita contraddicono oggettivamente a quel-l’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata eattuata dall’Eucaristia. C’è inoltre un altro peculiare mo-tivo pastorale: se si ammettessero queste persone all’Eu-caristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore econfusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubi-lità del matrimonio” (n. 84)».

VINCENZO PICAZIO

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Ordine sacro e matrimonio si ab-beverano all’unica sorgente che

è l’Eucarista. È stata questa la consegnache papa Benedetto XVI ha depostonel cuore di presbiteri e delle coppiecristiane nel giorno conclusivo delCongresso Eucaristico Nazionale svol-tosi nella città dell’Adriatico dal 3all’11 settembre 2011. Ricordava ilpapa teologo: «Entrambi questi stati divita hanno nell’amore di Cristo, chedona se stesso per la salvezza dell’uma-nità, la medesima radice; sono chia-mati ad una missione comune: quelladi testimoniare e rendere presentequesto amore a servizio della comu-nità, per l’edificazione del Popolo diDio». E ancora: la famiglia è «la mi-

gliore alleata del ministero sacerdo-tale; essa è un dono prezioso per l’edi-ficazione della comunità. La vicinanzadel sacerdote alla famiglia, a sua volta,l’aiuta a prendere coscienza della pro-pria realtà profonda e della propriamissione, favorendo lo sviluppo di unaforte sensibilità ecclesiale». Nessunavocazione è privata, tanto meno quellaal matrimonio. L’orizzonte è la Chiesauniversale. Si tratta di saper integraree armonizzare, nell’azione pastorale, ilministero sacerdotale con l’autenticoVangelo del matrimonio e della fami-glia per una comunione fattiva e fra-terna. E l’Eucaristia è il centro e lasorgente di questa unità che animatutta l’azione della Chiesa.

Per il dono ricevuto nell’ordinazione,il presbitero è chiamato a servire comePastore la comunità ecclesiale, che è“famiglia di famiglie”, e quindi adamare ciascuno con cuore paterno,con autentico distacco da se stesso, condedizione piena, continua e fedele. Ilministro di Cristo è il segno vivo cherimanda a Gesù, unico buon Pastore.Anche il sacerdote, ricordava il papateologo, «ha una dimensione sponsale;è immedesimarsi con il cuore di CristoSposo, che dà la vita per la Chiesa suasposa». Incoraggiare i coniugi, condi-videre le responsabilità educative, aiu-tare a rinnovare continuamente lagrazia del matrimonio, rendere prota-gonista la famiglia nell’azione pasto-

Sacerdote e famiglia attorno all’EucaristiaDal Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona 2011

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rale, essere accoglienti e misericor-diosi, anche con quanti fanno più fa-tica ad adempiere gli impegni assunticon il vincolo matrimoniale e conquanti, purtroppo, vi sono venutimeno: questo è il campo comune dovepoter lavorare insieme.Sacerdoti e sposi, devono trovare nellapartecipazione all’Eucaristia la forzaper vivere l’appartenenza a Cristo ealla sua Chiesa, nel perdono, nella gra-tuità del dono di sé e nella gratitudine.L’educazione alla fede delle nuove ge-nerazioni passa attraverso la coerenzadel sacerdote e della coppia cristiana.Nei momenti in cui s’insinuasse la ten-tazione che ogni impegno educativosia vano – ha raccomandato il PapaBenedetto XVI – «attingete dall’Euca-ristia la luce per rafforzare la fede, si-curi che la grazia e la potenza di GesùCristo possono raggiungere l’uomo inogni situazione, anche la più difficile».

Gianfranco Grieco

Preghiera per la famiglia!Dio, dal quale proviene ogni paternità in cielo e in terra, Padre, che seiAmore e Vita, fa che ogni famiglia umana sulla terra diventi, mediante iltuo Figlio, Gesù Cristo, “nato da Donna”, e mediante lo Spirito Santo, sor-gente di divina carità, un vero santuario della vita e dell’amore per le ge-nerazioni che sempre si rinnovano.Fa’ che la tua grazia guidi i pensieri e le pene dei coniugi verso ilbene delle loro famiglie e di tutte le famiglie del mondo. Fa’ che le giovani generazioni trovino nellafamiglia un forte sostegno per la loro uma-nità e la loro crescita nella verità e nel-l’amore. Fa’ che l'amore, rafforzato dalla grazia del sa-cramento del matrimonio, si dimostri più fortedi ogni debolezza e di ogni crisi, attraverso lequali, a volte, passano le nostre famiglie. Fa’ infine, te lo chiediamo per intercessione dellaSacra Famiglia di Nazareth, che la Chiesa inmezzo a tutte le nazioni della terra possa com-piere fruttuosamente la sua missione nella fami-glia e mediante la famiglia. Tu che sei la Vita, la Verità e l’Amore,nell’unità del Figlio e dello Spisito Santo.Amen

JOANNES PAULUS PPII

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Che bella esperienza ragazzi!Siamo rimasti a bocca aperta

quando insieme agli animatori eagli assistenti li abbiamo visti tuttiinsieme. Che spettacolo! Quattrocento adolescenti della gio-ventù francescana ad Assisi! Infatti,dal 27 al 31 di Luglio, abbiamo vis-suto un’esperienza bellissima. Ci siamo trovati coinvolti e avvoltida questo mare di ragazzi, che conla loro presenza ci hanno detto illoro bisogno di Dio e il loro deside-rio di attingere direttamente dal-l’esperienza di Francesco di Assisi!La gioia di questi ragazzi è diven-tata contagiosa per tutti noi. Essidesiderano scoprire e andare alla ri-cerca del mistero di Dio, che vivenon soltanto nel Creato, ma soprat-tutto nelle creature create a “Suaimmagine e somiglianza”.

Hanno invaso e pervaso i luoghifrancescani di Assisi e dintorni condecorosa riverenza, attingendodalla preghiera e dai momenti diformazione la forza per rifornire digioia e di letizia francescana le lororiserve. Ed è stato bello vedere, come i fratidelle tre obbedienze, si sono strettiattorno a loro per lasciarsi coinvol-gere e avvolgere dal loro entusia-smo e dalla loro voglia di pregare edi vivere il mistero di Dio che vivein noi e attorno a noi. Con le loro magliette verdi, tuttiinsieme, sembravano un grandeprato verde, dove la speranza di-venta certezza attraverso la testi-monianza della loro giovane vita. Questi ragazzi, hanno dimostrato diadattarsi al tempo e alle stagioni.Infatti, nonostante che il sole inquei giorni facesse i capricci, hanno

detto con la vita e il l’ entusiasmoche il sole più importante eraquello che viveva e si muovevadentro di loro. Quel sole era Francesco d’Assisi,che ancora oggi a distanza di secoliè attuale e che in fonde gioia e spe-ranza all’uomo scoraggiato e ab-bandonato a se stesso. Che bella questa esperienza! Guar-dare questi ragazzi pregare, giocare,cantare, è stato per tutti noi fonda-mentale per cercare ancora unavolta dentro di noi le motivazioniche ci spingono ad essere cristianie seguaci di Francesco e Chiarad’Assisi. Infatti, risuonano dentrodi noi, le parole di Gesù che dice:“A chi è come loro, appartiene ilRegno di Dio”. Sia ringraziato il Signore. Lodiamolo ed esaltiamolo nei se-coli.

Una gioia che contagia…Insieme ad Assisi appassionatamente

ORIZZONTE GIOVANI

di Luca Baselice

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Carissimi amici di Luce Serafica, come promesso, con-tinuo a raccontarvi la mia esperienza vissuta in

India. Alcuni mesi fa vi ho parlato di una grande necessitàal centro di Coibatur dove sono ospiti tanti bambini eadulti malati di Aids. Qui c’era un urgente bisogno di ungeneratore di corrente elettrica. Nel mese di aprile questoè stato realizzato, attraverso i piccoli contributi donati datante persone sensibili, tra cui una coppia di coniugi chefesteggiando il loro sessantesimo anno di matrimonio, hadevoluto i soldi dei regali per tale progetto. Da molti anniavevo anche un altro sogno, e anche questo con l’aiutodel Signore si è avverato: un autobus per i frati chiericistudenti del seminario maggiore “San MassimilianoKolbe”. Esso è stato donato dalla Fondazione “InsiemePer...” che ogni sera nel mese di agosto ha eseguito unospettacolo sul lago di San Pietro in Monteverde (Avel-lino) con effetti di luci e giochi di acqua, raccontando lavita di san Gerardo Maiella. L’enorme incasso, dovuto ainumerosi spettatori, è stato devoluto in beneficenza, pro-prio per questo progetto, grazie anche alla presenza dipadre Angelo Palumbo. Per noi questo può sembrare unpiccolo progetto, invece per loro è essenziale. Sono im-mensamente colma di gratitudine al Signore, e ringrazio

tanti amici che mi aiutano. Nella mia vita la presenza ela provvidenza di Dio non è mancata, soprattutto neglianni passati, che sono stati tristi e pieni di sofferenza. Ri-tornando al ricordo dei bambini e dei frati in India nonvedo l’ora che io ritorni da loro, e anche loro so che miaspettano. Forse chissà nel 2012 sarò presente all'ordina-zione dell'altro mio figlio spirituale Pactrik. In questigiorni ho ricevuto un altro dono speciale dal Signore. Ilmio padre spirituale mi ha chiamata a svolgere il serviziodi ministro straordinario dell’Eucarestia e portare così lacomunione ai miei confratelli terziari ammalati. Anchequesto è lavorare per la missione. Un ringraziamento spe-ciale va, oltre al Signore, a tutti i frati della Provincia diNapoli che mi aiutano e mi sostengono nel mio camminomissionario.

MISSIONI

La mia India 2

di Lidia Tetta Cassano

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Da qualche tempo è invalsa la denominazione di“tempi forti” per alcuni periodi dell’anno litur-

gico, ma con un malinteso che ingenera, spesso, nonpoche contraddizioni nella celebrazione e nella prassipastorale. Il primo rischio è quello di misconoscere ilvalore unitario dell’anno liturgico, che è un unicopercorso celebrativo del mistero della salvezza. In se-condo luogo, quest’espressione rischia di emarginareil tempo per annum, come meno rilevante, quandoesso, invece, è tutto strutturato attorno alla festa pri-mordiale della fede cristiana che è la Domenica.C’è un altro equivoco: quello di identificare i cosid-detti “tempi forti”, con la Quaresima e l’Avvento. Lanostra pastorale vive di “itinerari di preparazione”:quanto più una ricorrenza (ad esempio, una festaparrocchiale, una celebrazione sacramentale) è im-portante per la comunità, per un gruppo o per unapersona, tanto più si strutturano lodevolmente degliitinerari formativi. L’anno liturgico possiede, certo, il valore di itinerariopropedeutico, ma, in realtà, l’attenzione e l’enfasi èposta sulla celebrazione del mistero della salvezza esulla relativa mistagogia, cioè l’introduzione liturgicaed esistenziale al mistero celebrato. In effetti, se vogliamo parlare di “tempi forti”, li dob-biamo identificare, nell’ordine, con il Triduo Pa-squale e con il Natale del Signore: questi sono a lorovolta preparati dalla Quaresima e dall’Avvento, e ce-lebrati con ampiezza e solennità nel tempo che nesegue. La cinquantina pasquale e il tempo nataliziohanno un rilievo liturgico e una solennità maggiore,rispetto alla Quaresima e all’Avvento! Su questopunto sarebbe necessario riflettere. Il tempo di Na-tale, ad esempio, è diventato nei fatti un “tempo divacanza”, mentre il rilievo delle solennità celebrate,dovrebbe paradossalmente farne uno dei tempi piùintensi dell’anno.

Incarnazione e redenzioneNatale e Pasqua«Quando celebriamo il Mistero della Nascita di Cri-sto e la sua manifestazione nel mondo, gli chiediamodi essere rinnovati nello spirito per mezzo di lui cheesteriormente riconosciamo simile a noi» (Paolo VI,Mysterii Paschalis, I). L’attenzione della Chiesa, sempre illuminata dalla

luce pasquale del Signore risorto, è attratta dal mi-stero della persona divino-umana del Figlio di Dio.Ogni singolo elemento della storia della redenzione,così come ogni singolo mistero celebrato nel corsodell’anno liturgico, richiama e, in qualche modo,contiene tutti gli altri.L’orizzonte pasquale delle celebrazioni della manife-stazione di Cristo è evidente: la Chiesa, nel Natale enell’Epifania, riconosce che colui che è morto e ri-sorto per noi è il Verbo eterno del Padre fatto uomo.La separazione del mistero dell’incarnazione dallaglobalità del mistero della redenzione ha effetti de-vastanti sulla vita cristiana. Ad esempio, una certa predicazione enfatizza la co-siddetta “logica dell’incarnazione”, indicando nellaprospettiva dell’incarnazione del Figlio di Dio, l’oriz-zonte della vita e della missione della Chiesa. Abbon-dano esortazioni a farsi carne (una vera assurditàtranne che per Dio e per gli angeli!), ad assumere unatteggiamento solidale, compassionevole e, conse-guentemente, a rifuggire la deriva spiritualistica, persua natura “disincarnata”… Una simile prospettiva è semplicemente una carica-tura del cristianesimo, ridotto a un puro messaggioetico. Il Verbo di Dio, infatti, si è fatto carne per co-municare agli uomini la sua vita divina. Nell’auten-tica “logica dell’incarnazione”, hanno senso tanto lanascita del Verbo divino nella carne umana quanto lasua glorificazione pasquale e ascensione al cielo: que-sto è il percorso completo compiuto da Cristo, a cuiogni uomo è chiamato per grazia. La carenza cronicadella prospettiva escatologica nella predicazione enella catechesi è un segnale evidente di questa de-riva.Proprio per l’analogia con la celebrazione pasquale,anche il ciclo liturgico natalizio si è costituito stori-camente sul modello di quello pasquale (Quaresima,solennità, ottava, cinquantina, Pentecoste). Per cuiabbiamo:– un tempo propedeutico: l’Avvento. È innegabileche la sua origine storica sia legata al parallelismocon la Quaresima. Curiosamente, oggi si tende a smi-nuirne il valore ascetico. Invece, il carattere asceticodell’Avvento (astinenza, preghiera vigilante, so-brietà), sul modello di quello più marcato della Qua-resima, dovrebbe essere proposto con maggiore forza.

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LITURGIA

La Celebrazione “pasquale”del Natale del Signore

di Giuseppe Falanga

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Nessun documento liturgico ha mai inteso eliminarequest’aspetto, come impropriamente viene continua-mente ripetuto, come se si dovesse estirpare un di-fetto nella prassi ecclesiale. Oltretutto, questo tempoliturgico, con i richiami fortissimi alla conversione,espressa in concrete scelte di vita, viene a coinciderecon il periodo più sfacciatamente commerciale del-l’anno.– La celebrazione della solennità: la festa di Natale,con la sua straordinaria ricchezza liturgica (ben quat-tro Messe proprie per un unico giorno liturgico, ununicum assoluto!).– L’ottava: è l’anello di congiunzione tra il misterocelebrato e il tempo che passa. Dilatando negli ottogiorni successivi l’oggi liturgico, la Chiesa imparache il Natale, come la Pasqua, non è una semplice ri-correnza del calendario, ma un evento di salvezza,che è reso sempre attuale nella celebrazione sacra-mentale.– Il tempo della celebrazione: l’evento entra nellavita. Il mistero a cui ci siamo preparati e che cele-briamo deve plasmare la nostra esistenza in una vitanuova, attraverso la partecipazione fruttuosa alla ce-lebrazione, la sempre più consapevole professione difede e la testimonianza della carità fraterna.– La conclusione solenne: la festa della Epifania (checomprende il Battesimo del Signore), è in evidente pa-rallelo con l’Ascensione e la Pentecoste. Se la festaprincipale riguarda la persona di Cristo, la festa con-clusiva celebra il dilatarsi della grazia a tutta la Chiesae, potenzialmente, a tutta l’umanità. Se il Natale cele-bra la nascita di Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio diMaria, l’Epifania mostra come la grazia di questa Na-scita raggiunge e illumina ogni popolo e ogni uomo.Dunque, la solennità della Natività del Signore è cele-brata e vissuta dalla Chiesa in fortissima connessionecon la Pasqua. Tra i segni più evidenti, oltre lo struttu-rarsi di un itinerario propedeutico e di uno svilupposuccessivo parallelo (Avvento con Quaresima, Natalecon Pasqua, Epifania con Pentecoste), il carattere not-turno della celebrazione culminante, ma soprattutto ladinamica tipicamente pasquale del “passaggio”: dal-l’Antica alla Nuova Alleanza, dall’attesa al compi-mento, dall’ignoranza alla rivelazione, dalla notte allaluce. Per questo in molti paesi di lingua ispanica il Na-tale viene chiamato “Pascua de Navidad”.

La relazione tra Natale e Pasqua riguarda, anzitutto,il contenuto della fede che viene professata e cele-brata nel sacramento: colui che è morto ed è risortoper noi è il Dio fatto uomo; l’identità di Gesù Cristo èfondamentale per comprendere la portata universalee autenticamente umana della redenzione.

Celebrare e viverela manifestazione del SignoreVivere l’Avvento-Natale-Epifania è per la Chiesa la-sciarsi condurre dallo Spirito nel deserto per fare unarinnovata esperienza dell’amore di Dio. Il dono rice-vuto, e che ci si prepara a ricevere, possa risplenderenel cuore e nei volti di coloro che nel Figlio sono di-ventati figli e fratelli, chiamati a essere, con la pro-pria vita, testimoni di quel Dio che «ha tanto amato ilmondo da dare suo Figlio» (Gv 3,16). Il dinamismo dell’incarnazione trova la sua pienezzanell’accoglienza di quanti – “vicini o lontani” – siapriranno, in questo nuovo anno liturgico, alla di-mensione della fede, che passa attraverso le vie ine-dite dell’azione dello Spirito nel cuore di ogni uomo:dall’irruzione dell’evento alla ricerca attenta e fidu-ciosa, dall’abbandono senza condizioni alle tormen-tate e fallimentari esperienze. Solo così la nostragioia potrà essere perfetta! Il Cristo vivente non è solo una persona ma unevento: nella liturgia della Chiesa viene reso visibileil mistero dell’evento Cristo. La liturgia è la celebrazione nella quale il popolo diDio vive la manifestazione di ciò che è avvenuto re-almente nella storia umana, cioè Cristo che viene eche nasce in noi; vive, soffre, muore e risorge in noi;egli manda il suo Spirito, mettendoci in comunionegli uni con gli altri.Le celebrazioni del Natale, dell’Epifania, di Pasqua,di Pentecoste, i periodi della loro preparazione e me-ditazione, manifestano la pienezza dell’evento Cristodi cui siamo diventati partecipi e nel quale veniamodi anno in anno sempre più immedesimati. Ci aiutinoa viverle queste parole di sant’Agostino: «Anche noi,riconoscendo Cristo nostro re e sacerdote morto pernoi, lo abbiamo onorato come se avessimo offertooro, incenso e mirra; ci manca soltanto di testimo-niarlo, prendendo una via diversa da quella per laquale siamo venuti» (Omelia 202 sull’Epifania).

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Di Cyrille Kpalafio

Parlami: pregare sempre con cuore puro

DABAR

“Parlami”, è la richiesta di chi vuole ascoltare, di chi è allaricerca di qualcosa di importante, di chi ha sete di ascoltarela Parola di vita, è l’esperienza di Francesco.Per la Rivelazione ebraico-cristiana, la parola è la radicedella creazione dove espleta una funzione “ontologica”. In-fatti, si può quasi affermare che entrambi i Testamenti siaprono con la Parola divina che squarcia il silenzio delnulla. Bereshît… wajjômer 'elohîm; jehî 'ôr, Wajjehî 'ôr,“In principio, Dio disse: Sia la luce! E la luce fu” (Gen1,1.3). Così si schiude la prima pagina dell’Antico Testa-mento. Nel Nuovo Testamento, l’ideale apertura potrebbeessere quella del celebre inno che funge da prologo al Van-gelo di Giovanni: “In principio era la Parola” (1,1). Parlami. Perché: “Lampada ai miei passi è la tua parola,luce sul mio cammino” (Sal 119,105). Ho preso questo ver-setto dal salmo 119; il salmo più lungo del salterio con isuoi 176 versetti, ricco di sfumature e particolarità di cuivoglio condividere con voi. Questo salmo è un monumentale alfabeto della parola diDio, espressa in modo eminente dalla Torah, come leggebiblica, anzi come Parola nel senso di insegnamenti; è si-mile a un canto orientale che sgrana le sue cellule sonoresu cerchi che a spirale salgono al cielo in ripetizioni infi-nite. In questa specie di moto perpetuo della fedeltà allaparola divina, lampada per i passi (v. 105), più dolce delmiele (v. 103) e più preziosa dell’oro fino (v. 127). La suastraordinaria bellezza e profondità proviene dal fatto cheil salmista dedica a ogni lettera dell’alfabeto ebraico (22lettere) in sequenza progressiva, otto versi di seguito, cheiniziano con alef e otto con beth e così via fino a taw fa-cendo così capire quanto la parola di Dio ingloba tutto eche dovrebbe anche inglobare tutto il parlare umano e ilsuo stile di vita. E il risultato del lavoro del salmista è unacomposizione di 22 strofe di otto versi ciascuna. In essosono presenti tutti i generi letterari dei salmi e di preghiera:supplica individuale, la confessione di fiducia, la lode, ilrendimento di grazie. In esso si impara l’arte dell’ascoltodella Parola, della preghiera e della retta condotta. Fa im-pressione la sofisticata tecnica stilistica per cui, con le pro-gressive lettere dell'alfabeto ebraico, e la ripetizione di ottotermini sinonimi, il salmista esprime la globalità della tra-dizione legislativa dove ogni versetto contiene almeno unadelle otto parole ebraiche con cui si definisce la legge:torah (legge), dabar (parola), 'edût (testimonianza), mi-shpat (giudizio), 'imrah (detto), hôq (decreto), piqqudîm(precetti), miswah (ordine). Come in un rosario, che si

snoda dall’alef alla tau, dall’A alla Z, il fedele deve lasciarsiconquistare da questo filo orante continuo, e deve profes-sare la sua gioia di essere sempre con Dio in tutte le sueore e le sue scelte di vita.Il salmo offre una serie di 22 esercizi dello spirito per unavita impostata secondo la parola e la volontà del Signore.Il cuore del salmo sta nella devozione alla parola. Essa èpresentata come il mezzo con il quale Dio si relaziona con

l’uomo (parlami) e questi con Dio (l’ascolto). Ma non dobbiamo dimenticare che siamo in un tempo dicrisi della parola, in cui ciò che si affaccia è il silenzio ri-nunciatario, dal momento che le parole ci hanno tanto in-gannato. Pensate al dramma della incomunicabilità comesegnale della crisi della parola, quindi occorre recuperareprima il senso della parola per poter scoprire che la parolacrea, che squarcia il silenzio del nulla. Ma ciò è possibilesolo quando recupereremo prima il silenzio dell’ascolto,silenzio, non come la non voglia di comunicare che sor-

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prendentemente all’era del boom tecnologico che do-vrebbe facilitare la comunicabilità, ne è diventato la chiu-sura. E poi riscoprire la Parola in un tempo stanco diparole.Ecco, allora, la domanda: come dire la Parola a una culturache non ha più certezze forti, legate alla parola, a una cul-tura tentata dalla rinuncia ad ogni forza del dire, in cuitutto sembra risolversi nella comunicazione volgare e ras-

sicurante della persuasione mediatica? Noi viviamo in untempo di mediocrazia, formula che ormai ha sostituitoquella di democrazia. Non è più il consenso del popolo, maè la persuasione del popolo attraverso il sistema mediaticoa vincere.Allora, la soluzione è la riscoperta del silenzio e della pa-rola nel loro reciproco fecondo rapporto, è un'urgenza as-soluta del nostro tempo. Abbiamo bisogno di impararenuovamente a parlare, ma a parlare nel senso di dire paroleche vengano dal silenzio e che dimorino nel silenzio del-

l’ascolto dell’altro; imparare a tacere non nel senso di chiu-dersi nella prigionia delle nostre solitudini, ma di lasciarsiraggiungere dalla parola che evoca, che abita, che attira,che trasforma.Ma come posso chiedervi di permettermi una parola in untempo di declino della parola? Come posso darvi un an-nuncio di salvezza con la Parola? L’itinerario che io vi vor-rei proporre è quello di scoprire che al centro della paroladella rivelazione c’è in realtà il silenzio. Un autore ebreo,André Neher, ha scritto l’esilio della parola, in cui dimostraanzitutto che la Bibbia non è il libro della parola, ma delsilenzio. Il Dio biblico sin dall’inizio ci viene presentatoDio nel silenzio.Dio è silenzio nella scrittura dei cieli. Il Salmo 19 dice: «Icieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani an-nunzia il firmamento». Dio parla attraverso il silenzio dellesue opere. Questa è una prima dimensione del silenzio diDio. I cieli narrano la gloria di Dio, dunque non c’è bisognodi parole. È ciò che esiste, è questa natura, è questa terra,è questo cielo, che ci sta parlando e tacendo del loro Crea-tore. Ecco un primo aspetto della fenomenologia del silen-zio: la silenziosa scrittura dei cieli, quella che ci lasciastupiti di fronte alla bellezza del creato. Quindi è la naturache comunica nel silenzio Dio stesso. Il secondo aspetto sitrova nell’esperienza straordinario del profeta Elia, sulmonte Horeb-Sinai. Dio non appare nel “vento impetuosoe gagliardo da spaccare le rocce”, né si configura nel terre-moto o nel fulmine di una tempesta assordante. Ma, comedice l'originale ebraico, il Signore si nasconde in una qôldemamah daqqah, cioè in “una voce di sottile silenzio”(1Re 19, 11-12). È quasi il punto zero dell’annientamentodella Parola, eppure quel silenzio è “bianco”, cioè rac-chiude in sé tutti i suoni, le lettere, le sillabe, le parole. Èil “mistero”, termine che nella sua radicale greca (myein)suppone il tacere, il chiudere le labbra, non per un’assenzadi significati ma per una presenza di vita e di persona. Mache cosa significa questo? Che Dio non parla nei segni dellapotenza e della grandezza del mondo. Dio parla laddove latua intelligenza e il tuo cuore non gli danno appunta-mento, Dio parla sorprendentemente laddove è il “silenzioa parlarti di Lui”, voce del silenzio.Ecco allora che la Parola che crea e che nello stesso mo-mento è silenzio deve diventare lampada ai nostri passi eluce che illumina il nostro cammino nella notte, in mezzoal buio delle prove. Non mi resta che augurarvi buon cam-mino in questo tempo di Avvento.

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PASTORALE

Aluglio abbiamo ripreso la proclamazione domenicaledel vangelo di Matteo. Ci accompagna nel tempo or-

dinario. Abbiamo, così, modo di “conoscere meglio” loscriba diventato discepolo, di cogliere la sua personaleesperienza di sequela: lui, convinto delle sue scelte, riccoe temuto, e che ha lasciato tutto pertrovare Tutto. Estate ormai finita:avrebbe dovuto essere tempo di ri-poso per molti. Ma non per tutti. Solometà degli italiani in vacanza: colpadella crisi economica, che continua amietere vittime innocenti, i detritiumani, mentre la nostra classe diri-gente divaga su temi sempre menocoinvolgenti per il mondo reale. Legiornate battute dal sole, le città che si svuotano, la politicache abbandona (temporaneamente) la pugnace e irrisoltapolemica, e che si è data appuntamento a settembre… Untempo in cui non mandare in vacanza la fede, un tempoper ritrovarla… magari sotto l’ombrellone, in un sentierodi montagna, nella penombra del proprio appartamento incittà. La moltiplicazione dei pani e dei pesci…Segna l’inizio della sua sconfitta! Il discorso del pane di vitaha messo in luce il progetto, per molti incomprensibile, delMaestro. La folla non lo trova più molto simpatico, e dubitadella sua sanità mentale. Ma, quel che è peggio, molti fra isuoi discepoli se ne vanno. Anche i suoi familiari sono pre-occupati, per la piega che hanno preso gli eventi. E cercanodi portarlo via, per riportarlo alla ragione. È un momentodifficile, per Gesù. Il mondo premia i ricchi e i buoni, gli intelligenti e i sa-pienti. La spietata concorrenza, culturale ed economica,prodotta dalla nostra società, emargina milioni di persone.Li mette ai confini della storia. Gli Stati Uniti possiedonoil 25% della ricchezza mondiale, l’Africa l’1%. I paesiemergenti, ex-terzo mondo, producono con tassi di crescitaa due cifre, e la Cina – udite, udite! – sostiene con i suoicapitali gli stati in quasi bancarotta (per evitar loro il falli-mento, e così, traballanti, possano continuare a pagare idebiti… l’espressione massima della modalità del capitali-smo… la Cina?). Mentre la vecchia Europa arranca sui de-cimali… Ma tutto questo ha un costo impressionante. È la nuovaideologia globale, accelerata dalla setta degli illuminati delBilderberg (la spinta sulla globalizzazione)… Insomma,l’economia liberista accumula detriti umani. Peggio: nem-

meno il merito serve. Giovani preparati, volenterosi, ca-paci, sono marginalizzati, precarizzati, vivono nel limbolavorativo, per colpa di una classe dirigente e politica ar-roccata, autoreferenziale, miope ed arrogante. E di ungruppo di oligarchi speculatori… Metà dei giovani avvo-

cati e architetti d’Italia lavora gratis ingrandi studi, con l’illusione di trovareuna sistemazione decente. Agli scon-fitti, ai perdenti, a quanti non hannonulla, se non il loro desiderio, ad essisi rivolge Dio.E ai tanti altri che vivono momenti difatica, che hanno l’impressione diavere perso un treno (senza che nes-suno dicesse loro l’orario del suo pas-

saggio…). All’apice della crisi della sua missione, Gesùscopre che proprio gli sconfitti incrociano lo sguardo diDio! E Cristo stesso sperimenta il fallimento, la precarietà.E Cristo stesso deve ridisegnare i suoi progetti, assecondaregli eventi. E illuminarli dal di dentro con la fede. Egli ciinvita a prendere il suo giogo su di noi. Un giogo leggero,un peso che condivide con noi.La crisi può diventare opportunità, perché nel dolore laverità si fa più chiara. E allora parliamo della Parola. Parolache riempie. Che scuote. Che converte. Che rianima. Chescrolla. Che consola. Parola che penetra, come una spadaa doppio taglio, fino nelle profondità di noi stessi, fino negliabissi dei cuori, per giudicare e illuminare. Per svelarci ilvero volto di Dio. Per svelarci a noi stessi.Parola che ascoltiamo tutte le domeniche. Parola solenne-mente riconsegnata al popolo di Dio dopo il Concilio. Mache, purtroppo, ancora resta sconosciuta ai più. Anche aicredenti, anche ai cristiani. Sconforta vedere così tantepersone ignorare i vangeli, e seguire la profezia dell’ultimoveggente di turno; rattrista ascoltare tante prediche cheparlano di tutto, fuorché commentare la Parola solenne-mente proclamata; inquieta vedere la Chiesa citata per lesue impopolari posizioni etiche, e, invece, non leggerla maiquando, fedele al mandato ricevuto dal Signore, proclamala Buona Notizia. Dunque, la Parola riflette sulla Parola.Per ricordarci che Dio non si stanca di noi. Per ricordarci,che l’efficacia delle sue parole non è determinata dalla no-stra capacità di ripeterle. Ma di accoglierle.Certo: i tempi di Dio non sono i nostri… ma l’efficaciadelle sue promesse è indiscutibile!avvenuto, diamoci da fare!

Ma quali pani e pesci? C’è la crisi!La certezza della Parola di Dio...

di Antonio Vetrano

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L’11 novembre 2011, presso l’Hoteldei Cavalieri di Caserta, è stato ce-

lebrato il Natale baha’i, alla presenzadi un cospicuo numero di parteci-panti, Baha’i e non. La serata si èsvolta in un’atmosfera di amicizia e diunità, tra persone con credi e culturediverse, ispirate dalla ricerca della spi-ritualità. Infatti, Baha’u’llah , il fonda-tore della fede baha’i, nacque aTeheran il 12 novembre 1817. Egliera figlio di un importante ministropresso la corte del re e, sin da fan-ciullo, era famoso per la sua saggezzae conoscenza. Aveva ventidue anniquando suo padre morì e il governo glioffrì la stessa alta posizione. MaBaha’ullah non accettò, poiché desi-derava impiegare il suo tempo ad aiu-tare gli oppressi, i malati e i poveri; perquesto fu conosciuto come difensoredella causa della giustizia. A ventisette

anni, Baha’u’llah ricevette, attraversouno speciale messaggero, alcuni degliscritti del Bab che stava proclamandola vicinanza del giorno di Dio, ilgiorno in cui la nuova manifestazionedi Dio avrebbe portato al mondo lapace, l’unità e la giustizia a lungo at-tesa dall’umanità. Baha’u’llah imme-diatamente accettò il messaggio delBab e divenne uno dei suoi seguaci piùentusiasti. La nuova religione suscitòle ire del clero musulmano che perse-guitò i seguaci del Bab con grandecrudeltà. Poco più di otto anni dopo ladichiarazione del Bab e due anni dopoche il Bab stesso era stato martirizzato,Baha’u’llah fu gettato in una prigionechiamata il buco nero e fu incatenato.Eppure fu in quella stessa prigione chelo spirito di Dio riempì la sua anima egli rivelò che egli era il promesso ditutte le ere. Dopo quattro mesi nel

buco nero, Baha’u’llah fu privato deisuoi possedimenti e insieme alla suafamiglia fu spedito in esilio. Nel piùfreddo inverno, Baha’u’llah e la sua fa-miglia viaggiarono per le montagneoccidentali della Persia, verso Ba-ghdad, allora città dell’impero Otto-mano e oggi capitale dell’Iraq. Questaespulsione segnò l’inizio di quaran-t’anni di esili, prigionie e dure perse-cuzioni. Negli anni immediatamentesuccessivi alla partenza dalla Persia,Baha’u’llah dette la precedenza ai bi-sogni della comunità Babì raccoltasi aBaghdad, dopo la morte del Bab. Ma isuoi sforzi per tenere uniti quelli cheerano fuggiti in Iraq suscitarono gelo-sie e dissensi; egli seguì la strada presada tutti i messaggeri di Dio prima dilui e si ritirò in solitudine, scegliendoa questo scopo la regione montana delKurdistan. (continua a pagina 44)

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CREDERE OGGI

Il Natale Baha’i

di Caterina Cirma

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In Polonia si sono tenute le celebra-zioni in ricordo del settantesimo

anniversario del martirio di san Mas-similiano Kolbe. Preghiera, visite ailuoghi del martirio e approfondi-mento scientifico hanno contribuito apresentare il santo polacco qualeesempio nel dono di sé fino a offrire lavita per un fratello. Soprattutto nell’attuale condizionedell’uomo, caratterizzata sovente daodio, materialismo ed egoismo, la te-stimonianza di san MassimilianoKolbe emerge in modo netto e indicaun percorso basato sull’amore, un iti-nerario percorso da Cristo e dal Pove-rello di Assisi. In Polonia, prima adAuschwitz e poi a Niepokalanów, sisono ritrovate le autorità della Chiesapolacca, dei frati minori conventuali,della Milizia dell’Immacolata e tanticonsacrati e fedeli da ogni parte delmondo. Tutti si sono “stretti” attornoal “loro” padre Kolbe per attingere alsuo meraviglioso e attualissimo esem-pio, per trarre impulsi per il propriovissuto cristiano che, nella capacità didonarsi generosamente ed illimitata-mente a Cristo e ai fratelli del martirefrancescano, ha un punto di riferi-mento di primissimo piano. I conve-nuti hanno compiuto un suggestivocammino, caratterizzato dal pellegri-naggio nel campo di concentramentoe nella Città dell’Immacolata, unadelle opere più rilevanti realizzate dasan Massimiliano. Essi hanno pregatoin quei luoghi, hanno meditato,hanno “sognato” una nuova umanitàche esprime il dono di sé mostrato etestimoniato dal martire polacco.Inoltre, c’è stato spazio anche per unacondivisione di carattere scientificocon relazioni, approfondimenti e te-stimonianze di teologi, vescovi, gior-nalisti, politici e artisti che, partendo

dal martirio di padre Kolbe, hannoevidenziato l’attualità e la pregnanzadel messaggio del francescano po-lacco. Preghiera e riflessione hannocostituito un armonico “quadro” nelquale è stato san Massimiliano il pro-tagonista indiscusso con la sua splen-dida scia da amare e seguire proprioperché essa possiede i crismi dell’at-tualità e della significatività. Conside-rando tutti gli interventi, le riflessionie le omelie, l’apostolo dell’Immacolataè stato descritto come colui che ha sa-puto conformarsi a Cristo perfetta-mente spendendo per amore la suavita, ha preso in seria considerazionela presenza di Maria al punto che l’af-fidamento a lei è stato una dominantein questo processo di generosa dona-zione, il missionario senza frontiere ingrado di seminare ovunque carità.L’uomo di oggi, particolarmentequello che crede in Cristo, ha assolutobisogno di attingere all’esempio dipadre Kolbe per ricostruire o raffor-zare la propria capacità di amare. Leinumane condizioni del campo diconcentramento, la barbarie che inesso avveniva è stata illuminata dallainsolita ed eroica proposta di donarela vita per un padre di famiglia da

parte del Kolbe. La scelta d’amore delfrancescano polacco indica che la me-desima luce i credenti di oggi sonochiamati a “gettare” sul mondo dioggi, nel quale troppo spesso prevalel’odio e la voglia di sopraffazione. SanMassimiliano indica che l’amore e lavera essenza dell’uomo, ciò che lo no-bilita, lo impreziosisce e lo rende piùdignitoso. La carità era per padre Kolbe ed è pernoi la dimensione più rilevante del-l’esistenza. Egli afferma la bellezzadella sua umanità e l’amore di Diocontro l’odio e la distruzione del fra-tello. Egli conferma ai cristiani ed agliuomini di oggi che è fondamentale te-stimoniare l’amore fino al dono di sé:in questo senso tutti siamo chiamatiad essere “kolbiani”, convinti e deter-minati assertori e testimoni della ca-rità che prevale su ogni genere dicattiveria e di intolleranza. L’umanitàtrova piena realizzazione nell’essereriflesso dell’amore di Dio: è quanto ilmartire di Auschwitz “grida” anche aifratelli di oggi.

SPIRITUALITÀ

di Raffaele Di Muro

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San Massimiliano modellod’amore per l’uomo di oggi

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di Orlando TodiscoLa potenza senza potere

L’affascinante lezione di Assisi

ASTERISCHI FRANCESCANI

Al cospetto di sofferenze e angustie della sua gente,Gesù Cristo dimostra potenza e potere, al punto da

suscitare in tutti meraviglia e ammirazione: «Non è costuiil figlio di Maria e di Giuseppe il carpentiere, si dicevanol’un l’altro?» (Mc 6, 3). Nell’ora decisiva della morte, però,quando ha voluto svelare il senso ultimo del suo messaggio,egli non dimostra alcun potere. S’impone la Croce. E l’im-magine della Croce è quella della potenza senza potere. Eb-bene, è questa la chiave del mistero cristiano. Non è forseil crocifisso che ricorda nel tempo la divinità di Cristo? Ilcenturione esclama – «costui è veramente Figlio di Dio!(Mc 15, 39)» – quando è in croce, non quando moltiplica ipani o risuscita Lazzaro, e dunque quando non ha più alcunpotere. Non è solo il Crocifisso la cifra della potenza senzapotere. Anche il Padre, l’Onnipotente, lo è, poiché nonsoccorre il Figlio nel momento più alto della Passione –«Dio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34). Cosa, dunque, rivela la religione cristiana? La religione ri-vela il non potere della potenza, offrendoci il Dio in croce.È facile intenderne il significato? «Vi manderò lo Spirito”(Gv 14,16; 16,7) – dice Gesù agli apostoli sconcertati, per-ché ancora legati al potere. È lo Spirito che vi farà com-prendere quanto ho detto e fatto – ribadisce loro Gesù – ecioè il senso della potenza senza potere. Come esprimerlo?In mille modi, dicendolo dai tetti, senza timore – ecco lasua potenza – ma senza imporre alcunché ad alcuno – as-senza di potere. È la libertà creativa della Croce, dove Cri-sto “espone” il suo corpo, immobilizzato dai chiodi,autentico scenario della potenza senza potere. Ora, di cosa Francesco è testimone? Della potenza senzapotere. È bene ricordare il 29 settembre 1220 quando, inoccasione dell’assise generale dei frati, Francesco rinunciaal ruolo di superiore della famiglia, che pure aveva fatico-samente partorito, affidando la responsabilità del comandoa frate Elia. Egli vuole che il potere carismatico, che egliincarna, non prevalga sull’istituzione, ma ne sia l’animaispiratrice, in maniera che la povertà, che la caratterizza,abbia la sua vera fonte e ne sia la luce. Infatti, o è carisma-tica o la povertà è solo miseria. E che dire della scelta diFrancesco a favore dei poveri? Costoro, nell’ottica del-l’ideologia sociale, non hanno alcun potere, mentre agli

occhi dell’Assisiate si impongono come i privilegiati di Dio.La scelta dei poveri, dunque, è motivata dal fatto che sonol’immagine della potenza senza potere. Dopo aver rinun-ciato sulla piazza d’Assisi al diritto d’eredità paterna, Fran-cesco rinuncia anche al diritto di fondatore, perché lalibertà cristiana risplenda nel tempo come una potenzasenza potere. E di cos’altro la famiglia francescana è chia-mata a farsi testimone e interprete? Questa la kenosis cri-stiana nella versione francescana. Il suo tratto caratteriz-zante è la disponibilità, non il potere, come in famiglia,dove ognuno è superiore e suddito a un tempo. E in cos’al-tro consiste il valore universale del messaggio francescano?Nell’ottobre del 1986, in Assisi, le religioni non erano unaaccanto all’altra, immagini di mondi estranei. Ammirandoquello scenario, non fu difficile percepire che le religioni,convocate da Giovanni Paolo II, erano legate tra loro daun filo invisibile di matrice francescana o anche, eranotutte entro lo stesso spazio teologico, inteso come potenzasenza potere. È la concezione del Dio francescano ches’impone e tiene insieme tutte le religioni. Pur essendofonte dell’essere, Dio non si propone come fondamentod’alcunché – matrice remota dei fondamentalismi – macome sorgente del nuovo, da progettare e costruire, con fi-ducia e con fatica. Secondo quale stile? Lo stile della Croce, ispirato alla potenza senza potere, ecioè offrendo, dispiegando, esponendo tutto ciò che si è esi ha, come il sole, la cuiluce ti illumina, ma solo seapri la finestra, o come larosa che espone la sua bel-lezza, anche se non le doniuno sguardo. E ora, quellestesse religioni, convocateper il 27 ottobre da Bene-detto XVI, di cosa sarannol’immagine se non della po-tenza senza potere? E di cos’altro ha bisognol’umanità? È l’affascinante lezione diAssisi!

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Il 26 ottobre di 300 anni fa, a Ra-vello, il beato Bonaventura, alzando

gli occhi al cielo e accennando un sor-riso esclamò a gran voce “Ave Maria,Ave Maria, Ave Maria” e fece ritornoalla casa del Padre. Nella ricorrenzadel centenario della sua morte, il co-mitato Pro Centenario e tutta la co-munità francescana della parrocchia alui intitolata, ha voluto ricordare que-sta eccellente figura a cui la città diPotenza ha dato i natali. Come ognianno ormai, il 16 ottobre scorso nu-merosi fedeli si sono recati sulla suatomba, a Ravello, per donare l’olio chealimenta la lampada votiva. Presenti idue sindaci delle città di Ravello e diPotenza che, avendo stretto una sortadi gemellaggio, hanno rimarcato comeil Beato Bonavenura è l’artefice delgrande legame che si è instaurato trale due realtà, sia a livello amministra-tivo che religioso. Le iniziative promosse dal parroco eguardiano, padre Cosimo Antonino edal Comitato Pro Centenario beatoBonaventura hanno visto ricchi mo-menti intensi di preghiera. Molto sug-gestiva la veglia di preghiera che cometema ha voluto sottolineare la figuradel frate potentino come “modello divita cristiana”. Tra letture e canti al-ternati da musiche di sottofondo si èrespirato “aria di santità”. Numerosi ifedeli che hanno partecipato con in-teresse e grande emozione. La coraledel beato Bonaventura ha imprezio-sito le celebrazioni eucaristiche ren-dendo più solenne la santa messa,presenti anche due frati domenicaniche hanno concelebrato insieme alparroco. La significativa fiaccolata perle vie del quartiere, con la statua or-nata di fiori, ha sigillato l’importanzadell’evento e chiuso i festeggiamenti.

La gigantografia, che resterà affissa pertutto l’anno, raffigurante il santo lu-cano posta sulla facciata della chiesaha reso il clima più festoso, riportandoi tanti devoti indietro di qualche mese,quando, nelle iniziative del “Maggiopotentino”, promosse dal Comune diPotenza, per una settimana, il centrostorico e la chiesa di San Francescohanno visto nuovamente protagonistail beato Bonaventura da Potenza. Sì,da Potenza, “da Potentia” come recitala frase sulla lapide posta sulla suatomba. È importante menzionarloogni volta perché sono ancora in tantia non conoscere la storia di Carlo An-tonio Gerardo Lavanga, nato in un vi-coletto di via Pretoria e che, allatenera età, si innamora di Cristo primae dei frati francescani in seguito la-sciando la famiglia e i suoi affetti perintraprendere una vita claustrale. ViaPretoria dopo tantissimi anni è stata loscenario d’una processione gremita difedeli. Potenza ha visto il suo Santonuovamente portato a spalle dai de-voti, alcuni potentini lo hanno ricor-dato con emozione ritornandoindietro di quasi 50 anni, altri hannocapito che quella statua non era ilsant’Antonio o il san Francesco, masemplicemente un frate minore con-ventuale nato nel capoluogo di re-gione che prese il nome diBonaventura in quanto devoto a sanBonaventura da Bagnoregio. Meravi-gliosa la sua storia per chi ha avutomodo di conoscerla tramite libri e bio-grafie, sicuramente raccontarlo e farloconoscere in un film o un documen-tario avrebbe reso ed incuriositomolta più gente. Prova ne sono stati itanti film realizzati sulla storia deisanti come Francesco d’Assisi, padrePio, Karol Woitjla. Oggi l’uomo ha bi-

sogno di vedere, di ascoltare… ha bi-sogno di esempi. E il beato Bonaven-tura è stato proprio questo, l’uomodell’esempio, l’uomo che ha visto Cri-sto negli altri, l’uomo che ha ascoltatola voce di Dio. Spesso si organizzanoviaggi, pellegrinaggi, visite alle tanteMadonne e ai tanti santuari della “spe-ranza” e dimentichiamo di pregare, dirivolgerci a chi ci sta più vicino, acolui che “che gioca in casa”. Eppureil frate potentino ha un ottimo curri-culum, uomo di esemplari virtù, diumiltà, di obbedienza, di carità, ripe-teva spesso che “chi ha fede è onnipo-tente e ottiene da Dio ciò che vuole”. Nelle tante iniziative del centenario,la parrocchia del beato Bonaventurada Potenza organizza ogni 26 delmese, alle ore 20, una veglia di pre-ghiera presso la casa del beato Bona-ventura, sita in via Pretoria, a partiredal mese di novembre fino a giugnoprossimo.

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Beato Bonaventura da PotenzaUna storia di santitàBeato Bonaventura da PotenzaUna storia di santità

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Antonio Carlo Gerardo Lavanga, nato nei primigiorni di gennaio del 1651 (fu battezzato il 4 gen-

naio) ebbe, adolescente, l’occasione di conoscere e ca-pire lo stile della vita dei frati nel convento di sanFrancesco di Potenza. Egli sentì, la chiamata di Dio aquella vita interiore, una vita povera per scelta, d’ubbidienza al superiore, di abnegazione altruista. A 15 annientrò fra i Minori Conventuali di Nocera Inferiore, sededel Noviziato francescano. Cambiò poi il nome in fra’Bonaventura da Potenza, quale simbolo di cambia-mento totale di vita. Superate le iniziali prove, fu in-viato ad Aversa e Maddaloni per approfondire gli studiin vista del sacerdozio, ma qui l’ambiente era dissimileda quello iniziale potentino che l’aveva affascinato nellasua spontanea povertà, cosicché gli si creò un disagio in-teriore che portò i superiori a spostarlo in un paesettoirpino e poi ad Amalfi.Qui incontrò un suo conterraneo padre Domenico Gi-

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Preghiera al BeatoO beato Bonaventura da Potenza,discepolo fedeledel Signore nostro Gesù Cristo,sei per noi e per tutta la Chiesaun modello umile e semplicedi obbedienza al Padree di amoreverso i fratelli e il prossimo:aiutaci a camminaresecondo la verità del Vangeloe a cercare,come il Poverello di Assisi,Dio negli ultimi e negli ammalati.Tu, instancabile messaggerodi pace e di gioia,sacerdote innamorato del Crocifissoe dell’Eucaristia, fa’ che le nostre famigliee le comunità religioseriscoprano la fede, la via della sapienzae della perfezione evangelica.Chiedi al Signore, per noi,il dono della guarigione e della conversione:perché gli infermi ritrovino la salutee i peccatori sperimentino la gioia del perdono.Per Cristo nostro Signore. Amen.

rardelli, il quale divenne sua guida spirituale e daquello spirito ribelle e scalpitante qual’era divenne ilcosciente ubbidiente e l’esecutore entusiasta di ogniparola di Dio attraverso i suoi vicari.Nel convento amalfitano cominciarono a verificarsiepisodi quasi miracolosi che testimoniavano la com-pleta fiducia in chi gli comandava qualcosa anche lapiù assurda. Tale semplicità d’animo gli meritò lagioia di diventare sacerdote nel 1675. Rimase ad Amalfi otto anni, vivendo in una simbiosispirituale con l’ormai vecchio frate Domenico Girar-delli; destinato a Napoli, si lasciarono in lacrime conil presentimento di non rivedersi più. Andò in variconventi passando come un esempio vivente dellapovertà francescana più stretta, edificando i confra-telli con la sua vita dedita tutta all’ubbidienza; era so-lito dire: “Signore, sono un servo inutile nelle tuemani”. Per la santità che emanava, fu incaricato diformare i nuovi frati nel Noviziato di Nocera Infe-riore, dove fu maestro di un rigore di vita aspro, im-pegnativo, di una stima profonda della povertà. A Napoli, Ravello, Ischia, Sorrento fu tutto un susse-guirsi di episodi di premonizioni che padre Bonaven-tura faceva a tanti conoscenti anche vescovi, nobili,confratelli, che poi con il tempo si avveravano. Videl’anima della sorella volare al cielo mentre lui era inviaggio per raggiungerla moribonda a Potenza, cosìda poter invertire il viaggio di saluto ormai non piùnecessario. A Ravello abbracciò un lebbroso e questiguarì all’istante, ad Ischia rimase nove anni dissemi-nando prodigi, il popolo ischitano si raccolse tuttosulla spiaggia a salutarlo quando dovette imbarcarsiper una nuova destinazione. Nel convento di S. Anto-nio a Porta Medina a Napoli la sua ascetica si eviden-ziava anche con elevazioni da terra durante le intensepreghiere; la sua predicazione pur non essendo lui ti-tolato con dottorato, era così profonda e teologica dalasciare interdetti i suoi dotti confratelli di S. LorenzoMaggiore. La peste a Napoli scoppiata nel XVII se-colo, lo vide in primo piano nell’assistenza personaledegli appestati.All’inizio del 1710, ormai vecchio e malato, con i po-stumi di una cruenta operazione chirurgica per unacancrena ad una gamba, subita a Napoli, fu inviato alconvento di Ravello e se lui non poteva scendere fragli abitanti della Costiera, erano questi che salivano alconvento per ricevere conforto, attratti dagli innu-merevoli prodigi che operava. A Ravello morì il 26ottobre del 1711, fra il pianto popolare e con il suonodelle campane sciolte in un concerto di gloria. FuBeatificato da papa Pio VI il 26 novembre 1775.

Beato Bonaventura da Potenza

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La Penitenzieria Apostolica, su ri-chiesta di fra Edoardo Scognami-

glio, Ministro Provinciale dei FratiMinori Conventuali di Campania eBasilicata e per esplicito volere delSanto Padre, il Romano Pontefice Be-nedetto XVI, in data 10 Giugno 2011,ha concesso l’indulgenza plenaria achi visita la chiesa conventuale di Ra-vello, che da trecento anni ha il pre-zioso privilegio di custodire le spogliemortali del beato Bonaventura da Po-tenza, servo fedele del Signore e au-tentico discepolo del Serafico Padresan Francesco. Tale indulgenza ha va-lidità dal giorno 26 ottobre 2011 algiorno 26 ottobre 2012.

Cerchiamo di capireChe cosa è l’Indulgenza? Secondo l’in-segnamento della Chiesa cattolica,l’indulgenza è «la remissione dinanzia Dio della pena temporale per i pec-cati, già rimessi quanto alla colpa, re-missione che il fedele, debitamentedisposto e a determinate condizioni,acquista per intervento della Chiesa,la quale, come ministra della reden-zione, autoritativamente dispensa edapplica il tesoro delle soddisfazioni diCristo e dei santi» (CCC, n. 1471). Dal-l’enunciazione della norma si evincecon chiarezza che l’indulgenza è la re-missione di penitenze temporali perpeccati già perdonati, concessa dal-l’autorità ecclesiastica a chi, sincera-mente pentito del male compiuto edesideroso di camminare nella luce at-traverso un itinerario di conversione,compie nel quotidiano e non in ma-niera occasionale opere di carità e dipietà. Un altro elemento importanteche è messo in luce stupendamente èla comunione dei santi, in quanto l’in-dulgenza non è mai solo un caso per-

sonale o privato, ma un fatto eccle-siale!

Qualche distinzioneIn ogni peccato – secondo l’insegna-mento classico della dottrina cristiana– dobbiamo distinguere due cose: lacolpa e la pena. La colpa è la cattivaazione che offende Dio e consistenella perdita live o grave della comu-nione di vita con lui; la pena è il ca-stigo meritato a causa del peccato. Conil sacramento della Penitenza è possi-bile rimette la colpa e la pena eterna,se il dolore dei peccati è perfetto; al-trimenti, esso rimette la colpa e cam-

bia la pena eterna in temporanea, chedovrà comunque essere scontata inPurgatorio. Ricapitolando: con l’asso-luzione sacramentale della Riconcilia-zione è possibile rimettere la colpa ela pena eterna, ma non sempre deltutto la pena temporale dovuta ai pec-cati sia mortali, già rimessi, sia veniali.Qualora la pena temporale non siascontata nella vita presente con la pe-nitenza e le opere buone, la giustiziadivina esige che sia espiata nell’altravita, cioè in Purgatorio. Le indulgenzesia parziali che plenarie sono unmezzo assai efficace e alla portata ditutti per evitare, come dicono alcuni,

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Attingere al tesoro della Chiesa...Il significato dell’indulgenza plenariaAttingere al tesoro della Chiesa...Il significato dell’indulgenza plenaria

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i castighi di Dio e le pene del Purga-torio.

L’impegno del penitenteLo studioso padre Giuseppe da Corloafferma che bisogna fare il possibileper riparare le proprie colpe. La sem-plice giustizia lo esige. L’assoluzionetoglie il peccato, ma non porta rime-dio a tutti i disordini che il peccato hacausato. Il peccatore dunque deve farequalcosa di più per riparare le propriecolpe: deve soddisfare in maniera ade-guata o espiare i suoi peccati. Questasoddisfazione si chiama anche “peni-tenza”. Può consistere in una pre-

ghiera, in un’offerta, nel servizio delprossimo, in sacrifici e soprattuttonella paziente accettazione della croceche dobbiamo portare. La soddisfa-zione o penitenza è l’opera buona cheil confessore impone al penitente a ca-stigo e a correzione del peccatore ed asconto della pena temporanea meri-tata peccando. La penitenza è oppor-tuno farla al più presto, se ilconfessore non ha assegnato il tempo.Poiché poi la penitenza sacramentalenon basta ordinariamente a liberareda tutta la pena temporanea, convienesupplire con opere di carità, di pietà econ le indulgenze.

La mediazione della ChiesaL’indulgenza può essere parziale oplenaria secondo che liberi in parte odel tutto dalla pena temporale dovutaper i peccati. Questo lo sa Dio solo.Tutto si compie comunque non inmodo magico, ma come preghiera ecome suffragio. Tant’è vero che sipreferisce parlare di indulgenza enon di indulgenze. La si ottiene me-diante la Chiesa che, in virtù del po-tere di legare e di sciogliereaccordatole da Gesù Cristo, inter-viene a favore di un cristiano e gli di-schiude il tesoro dei meriti di Cristoe dei santi perché ottenga dal Padredelle misericordie la remissione dellepene temporali dovute per i suoi pec-cati. Così la Chiesa non vuole sol-tanto venire in aiuto a questocristiano, ma anche spingerlo a com-piere opere di pietà, di penitenza e dicarità.L’opera di riconciliazione avviene

con la mediazione della Chiesa. Conl’indulgenza, quindi, noi beneficiamodi un preziosissimo tesoro di grazia –e siamo chiamati a mettere a frutto,nella santità della vita, quello che ri-ceviamo. L’indulgenza ci ricorda cheDio è sempre pronto, come attesta laScrittura, a tenderci la mano, adusarci misericordia, a condonaretutto e subito, quando, sinceramentepentiti per il male compiuto, deci-diamo di aprire il nostro cuore a Lui.Il beato Bonaventura da Potenza, chesi è nutrito quotidianamente del panedella vita e che è stato, nel fecondoesercizio del suo ministero sacerdo-tale, penitente e confessore, ci con-geda di vivere questo anno di graziacompiendo la volontà di Dio e di es-sere persone riconciliate con sé, conDio e con gli altri.

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“Santo di nostra terra...”Il beato Bonaventura in arte e musica“Santo di nostra terra...”Il beato Bonaventura in arte e musica

Fiore all’occhiello dello specialeevento vissuto a Potenza, è stata la

realizzazione della mostra fotograficamultimediale “Santo di nostra terra”che ha voluto raccontare con imma-gini e video multimediali la vita delbeato Bonaventura da Potenza. Lamostra, ben allestita nel salone par-rocchiale, tra profumo d’incenso e sot-tofondi musicali, è stata curata dalComitato Pro Centenario beato Bona-ventura ed è stata divisa in quattro se-zioni. Di particolare interesse la primasezione contenente sedici immaginicon didascalia che raccontano la vitadel frate lucano e il legame con il no-stro territorio. Uno spazio è stato de-dicato anche alla visione di numerosiarticoli di giornale. Infatti, si può am-mirare una ricca rassegna stampa apartire dal 1950 a oggi. All’interno dello spazio espositivo sipuò ammirare anche un’area emozio-nale in cui potersi soffermare a riflet-tere sull’uomo santo. Belle le fotoriguardanti la peregrinatio del 1962 equella del 2006, le uniche date in cuiil corpo del beato Bonaventura è statorimosso dall’altare di Ravello per fartappa a Potenza. Di notevole apprezzamento anche l’il-lustrazione pittorica, realizzata appo-sitamente per il trecentenario daun’artista napoletana, Lucia Fiore cheha raccontato passo per passo, la vitadel frate francescano. Un esempio diarte votiva che parte dalla semplice eprofonda fede la quale segna ogni sin-gola pennellata di quella che è stata lavita, la vocazione, l’apostolato, l’operae la devozione riguardante il “Pelle-grino della costiera”. Venticinque annidi ricordi e di emozioni, tra docu-menti e registri gelosamente custoditiin appositi contenitori che ripercor-

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rono la storia della giovane comunitàfrancescana a rione Malvaccaro.Unica chiesa al mondo, intitolata alfrate potentino, voluta nel 1986, in unquartiere nato per i terremotati del-l’Ottanta del secolo scorso, dall’alloraparroco padre Giovanni Ricciardi.Negli anni i fedeli diventavano semprepiù numerosi tanto da dover costruireuna parrocchia più grande e più fun-zionale per la comunità parrocchiale enon solo. “Dal sogno al segno”, la rea-lizzazione di un luogo di culto più ca-piente, di stile moderno che per tantiera un sogno divenuto realtà. Una casadel Signore degna di portare il nomedel beato Bonaventura, uomo innamo-rato di Dio che ha riconosciuto nell’in-dossare il saio francescano il veroamore, quello che “fa vedere”, quelloche “fa agire”.Da sottolineare anche il meravigliosoconcerto “Canto, musica e risonanzafrancescana” tenutosi in chiesa.L’amore e la semplicità con cui sonostati eseguiti i canti hanno reso il climaintenso di emozioni grazie all’esecu-zione spettacolare di Vittorio Vitellivoce e chitarra, Chiara Vitelli al vio-lino, Nunzio Quero al piano e RaffaeleBifulco al flauto. Un gruppo di Pisticciche, per la semplice passione alla mu-sica, hanno pensato bene di lodare Diocantando alla maniera di Francescod’Assisi. Come dei veri “Giullari del Si-gnore” hanno trasmesso e donato aduna platea numerosa un’ora di pura eperfetta letizia. Insomma il parroco, lacomunità e tutta la famiglia france-scana hanno vissuto una quattro giorniintensi di preghiera e di ascolto, fidu-ciosi che nel libro dei Santi in cielovenga presto annoverato il Beato Bo-naventura da Potenza.

ANGELA PECORA

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PENITENZERIA APOSTOLICA

Prot. N. 1274/10/I

BEATISSIMO PADRE,

Edoardo Scognamiglio, Ministro Provinciale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali di Napoli e della Basilicata,esprime alla Tua Santità con tutto l’animo i sentimenti della dovuta obbedienza e filiale venerazione e umilmenteespone: il giorno 26 ottobre del 1711, a Ravello presso Amalfi, nella pace del Signore moriva Bonaventura da Potenza,presbitero dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali che eccelse su tutti per obbedienza e carità; a lui il 26 novembre1775 dal Sommo Pontefice Pio VI furono resi gli onori dei Beati del cielo.

Per celebrare santamente questa terza secolare felice memoria, dal giorno 26 ottobre 2011 fino al 26 ottobre 2012 nellachiesa conventuale di san Francesco in Ravello, dove le spoglie del Beato sono devotamente custodite, si terranno spe-cifiche sacre funzioni e varie iniziative spirituali, con l’intento di promuovere nei fedeli una utile (salutare) devozioneverso il celeste Patrono e, con il suo aiuto, conformare i loro costumi più intensamente al divino Vangelo. Perché siapra più abbondantemente il tesoro della divina grazia ai fedeli che parteciperanno alle sopra dette celebrazioni, l’Ec-cellentissimo predetto richiedente implora dalla Tua Santità il dono dell’Indulgenza.

Il giorno 9 giugno 2011

La Penitenzeria Apostolica, per speciale mandato del Sommo Pontefice, confermando assai volentieri la Sua paternabenevolenza, concede l’Anno Giubilare in onore del Beato Bonaventura da Potenza con annessa Indulgenza plenaria,alle solite condizioni (Confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del SommoPontefice) da lucrarsi dai fedeli veramente pentiti, che possono anche applicarla a modo di suffragio per le anime deifedeli trattenute in Purgatorio, se dal giorno 26 ottobre 2011, nel quale si apriranno le celebrazioni, fino al giorno 26ottobre 2012, nel quale solennemente si chiuderanno, visiteranno devotamente in forma di pellegrinaggio la chiesaconventuale di san Francesco in Ravello e ivi parteciperanno ad una sacra funzione giubilare, o almeno per un congruospazio di tempo si dedicheranno a pie meditazioni, da concludersi con il Padre Nostro, il Credo e le invocazioni dellaBeata Vergine Maria e del Beato Bonaventura da Potenza.

Gli anziani, i malati e tutti coloro che per grave causa (legittimi motivi) non possono uscire di casa, parimenti potrannoacquistare l’Indulgenza Plenaria, con l’animo distaccato da qualsiasi peccato e con l’intenzione di adempiere, non appenapossibile, le tre solite condizioni, se si uniranno spiritualmente alle celebrazioni giubilari o ai pellegrinaggi, offrendo aDio misericordioso per mezzo di Maria le loro preghiere e i loro dolori, o gli stessi incomodi della propria vita.

Perché l’accesso al perdono divino attraverso le chiavi della Chiesa diventi più facile per la carità pastorale, questa Pe-nitenzieria vivamente prega i sacerdoti, forniti delle opportune facoltà per ricevere le confessioni, di rendersi disponibilicon animo pronto e generoso alla celebrazione della Penitenza. Il presente decreto ha validità per l’Anno Giubilare inonore del Beato Bonaventura da Potenza. Nonostante qualsiasi altra disposizione in contrario.

Fortunato S.R.E. Cardinal BaldelliPenitenziere Maggiore

+ Giovanni Francesco Girotti, O. F. M. Conv.Reggente

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PENITENZERIA APOSTOLICA

Prot. N. 1275/10/I

DECRETO

La Penitenzeria Apostolica, in forza delle facoltà ad essa concesse in modo specialissimo dal santissimo Padre inCristo e Signore Nostro, Papa per Divina Provvidenza Benedetto XVI, all’Eccellentissimo e Reverendissimo Mons.Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi – Cava de’ Tirreni, o per suo consenso ad un altro Prelato insignito delladignità episcopale, benignamente concede che, in occasione del Giubileo del Beato Bonaventura da Potenza, nellaChiesa conventuale di San Francesco in Ravello, in un giorno stabilito per l’utilità dei fedeli, dopo la celebrazionedel divin Sacrificio, imparta a tutti i fedeli presenti che, con animo completamente distaccato da ogni affetto pec-caminoso, hanno partecipato ai sacri riti, la papale Benedizione con annessa Indulgenza Plenaria da lucrare allesolite condizioni (Confessione sacramentale, Comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del SommoPontefice).

I fedeli che devotamente avranno ricevuto la Benedizione papale, anche se, per un ragionevole motivo, non sonostati presenti di persona ai sacri riti, purché abbiano seguito con pia attenzione gli stessi riti, mentre si svolgevano,attraverso la televisione o la radio, potranno ottenere l’Indulgenza plenaria secondo la norma del diritto.

Nonostante alcuna disposizione in contrario.

Dato a Roma, dal Palazzo della Penitenzeria Apostolica, il 10 giugno dell’anno dell’Incarnazione del Signore 2011.

Fortunato S.R.E. Cardinal BaldelliPenitenziere Maggiore

+ Giovanni Francesco Girotti, O. F. M. Conv.Reggente

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Omelia di Sua Eminenza il CardinaLa memoria liturgica del beato BonCarissimi fratelli e sorelle, il Si-

gnore vi doni la sua pace! È unmomento di grazia quello che stiamovivendo. Celebrare, infatti, la nascitaal Cielo di fra Bonaventura da Po-tenza, frate minore conventuale dellaProvincia religiosa di Napoli e Basili-cata, significa, anzitutto, ritornare allecose che contano, all’essenziale, cioè aDio e al primato della vita spirituale. Saluto particolarmente il MinistroProvinciale di Napoli e Basilicata, fraEdoardo Scognamiglio, i confratelli, ipresbiteri concelebranti e tutti i fedelidevoti del beato Bonaventura.Il povero fraticello di Potenza è unmodello singolare di obbedienza e dioperosa carità verso i fratelli e undegno figlio del serafico padre sanFrancesco che si fece in tutto simile aCristo. È proprio vero che il Signoreha scelto ciò che nel mondo è stoltoper confondere i sapienti, e ciò che èdebole per turbare i forti, e ciò che nelmondo è ignobile e disprezzato e nullaper ridurre a niente le cose che sono. Fra Bonaventura da Potenza, uomodell’ascolto della Parola di Dio e pel-legrino del Vangelo, sembra dirci dalsilenzio di questa sua dimora che nes-suno può gloriarsi davanti a Dio e allaforza del suo amore. Per questo testi-mone della fede e della carità, il Si-gnore è stato veramente il suo unicobene: in Dio, infatti, il beato Bonaven-tura trovava rifugio, conforto, gioia,speranza, aiuto, sostegno. Il suo cuoree la sua mente erano sempre inclini acompiere la volontà del Signore comedel ministro provinciale e dei suoi su-periori. Fra Bonaventura ha considerato sulserio, per tutta la sua esistenza, le pa-role di Gesù: «Non chiunque dice: Si-gnore, Signore, entrerà nel regno deicieli, ma colui che fa la volontà del

Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21).Cristo è la roccia sulla quale anche noidobbiamo fondare la nostra casa, cioèla nostra vita, come anche le nostrecomunità, famiglie, Chiese. Abbiamobisogno di fare, come il Beato Bona-ventura da Potenza, un’esperienzaviva dell’amore di Gesù e di cantare lamisericordia del Padre con la nostravita, con il buon esempio.Lo stesso serafico padre san Francescosi è sempre posto in atteggiamentocontemplativo e sapienziale di fronteal Vangelo vivo, Gesù Cristo crocifissoe risorto, e ha fatto propria l’immaginedel pellegrino e del forestiero in que-sto mondo. D’altronde, si sa, l’ascoltoè, nella concezione biblica dell’uomoe dello stesso rapporto tra Dio eIsraele, questione di vita o di morte.Chi apre il cuore e la mente alla paroladi Dio è salvo. Chi, invece, è ostinato e indurito nelcuore, ha vita breve. Così è per la ca-tegoria biblica dell’esodo: chi si rifiutadi camminare, di attraversare il de-serto, allora è perduto, consideratomorto. Il non muoversi, il non ince-dere con il passo, è segno di vuoto spi-rituale, di aridità che non lasciascampo. C’è, allora, un significato po-sitivo dell’appellativo “martire dell’ob-bedienza” con il quale è invocato ilbeato Bonaventura da Potenza: egli ètale perché testimone-segno di chi saaprirsi alla rivelazione di Dio e cam-minare secondo i dettami della co-scienza e della stessa volontàdell’Onnipotente. In lui c’era vera-mente un cuore nuovo, segnato dal-l’amore dello Spirito di Cristo.In una società come la nostra, malatadi parole, di visioni, di edonismo, diostentazione del potere e della ric-chezza – ove ciò che conta è appariree raggiungere una postazione media-

tica su blog e internet –, la lezioneumile del beato Bonaventura da Po-tenza, pellegrino di Dio e viandantedell’Amore, è senz’altro contro testi-monianza, un valore efficace del Van-gelo vivo praticato dagli umili e daisemplici. Educare le famiglie, i gio-vani, ma anche noi stessi alla vitabuona del Vangelo, al significato au-tentico della felicità e della gioia, si-gnifica riscoprire con una certaurgenza la categoria dell’ascolto,quella dimensione del silenzio che bi-blicamente ci è data nell’immagine deldeserto.Il deserto è lo spazio che Jhwh dona aIsraele per parlare al suo cuore, per se-durre la sua gente, per liberarla dalmale, dall’idolatria, dalla prostitu-zione: «Perciò, ecco, la attirerò a me,la condurrò nel deserto e parlerò alsuo cuore» (Os 2,16). È attraverso lacondizione esodale del deserto cheDio ci parla e si rivela a noi nei piccolisegni ed eventi della nostra storia. Ènel deserto che comprendiamo chetutto è grazia, dono.Carlo Antonio Gerardo Lavanga, èquesto il nome di battesimo del fratefrancescano lucano, è un anawim,cioè un povero di Jhwh – letteral-mente “un curvato” –, che riponenell’Onnipotente ogni attesa e spe-ranza. La pratica dell’obbedienza,della povertà, della castità, dell’umiltà,dell’amore verso gli ultimi, trova la ra-dice in quell’Amore sconfinato del di-vino che allarga le ristrettezze di ognicuore sensibile Parola che procededall’Eterno Silenzio, il Padre. Chi siapre a Dio ne risulta trasformato, cam-biato. Dio è al centro della vita del Beato.Educare alla vita buona del Vangelo lenuove generazioni significa riscoprirechiaramente la differenza tra il biso-

Dossier Beato Bonaventura da PotenzaDos

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ale Crescenzio Sepenavaentura da Potenza

gno d’essere, di Dio, della sua ric-chezza-dono come causa, fonte, ori-gine della nostra esistenza, e l’essere dibisogno, di contingenza, che emergedi volta in volta nella nostra vita e chesoddisfiamo nel vuoto dei piccoli bi-sogni, del consumismo, come anchenella ricerca di un Dio tappabuchi chesoddisfi tutte le nostre richieste e ri-solva tutti i nostri malesseri. Chi simette in ascolto della Parola, prima opoi compierà un itinerario di conver-sione e di trasformazione che gli per-metterà di entrare in intimità conCristo.Se i santi sono una luce che l’Onnipo-tente pone sul nostro cammino, allora,il Beato rappresenta un faro cheorienta la grande nave che è la Chiesa.Certamente, l’unica Luce di cui ri-splendono i santi è il Cristo stesso,agnello senza macchia, risorto per lanostra salvezza. Egli, luce della vita, ri-splende nella storia di santità dei suoidiscepoli e fedeli testimoni. Il vissutodi santità del nostro Beato ha comepunto di riferimenti tre grandi amori:l’Eucaristia, il Crocifisso e la devo-zione alla Vergine Maria. Si tratta diuna fede vissuta nell’amore verso i po-veri e i fratelli.Il Beato è stato un personaggio sco-modo per il suo tempo: ha superato lamediocrità di una società religiosa ma-lata e opulente, borghese e accomo-dante, come altresì dialogato con ilpotere della ragione e della culturache si affacciava all’inizio della pienamodernità, destinata poi a creare unforte divario tra fede e ragione, finoalla deriva della post-modernità. L’attenzione del Beato verso i poverie i derelitti è nient’altro che una rispo-sta all’Amore che sana e libera. La curadei peccatori e delle anime, degli in-fermi e degli appestati, è il tentativo di

ricambiare il dono dell’amore croci-fisso per noi. Dunque, il modo d’esseree d’agire del Beato mi seducono: per-ché testimoniano un altro stile di vitache è fondato sul nascondimento,sull’essenziale. Educare alla vita buonadel Vangelo, oggi, in un mondo che ègià cambiato, significa scoprire le ra-dici dell’Amore, il suo significato piùprofondo. L’Amore, ci direbbe il Beatooggi, “fa vedere” e “fa agire”. Chi sisente amato da Dio non può non ri-cambiare questo amore nei fratelli, nelprossimo, nell’uomo della strada comenel ricco. L’Amore, in quanto Agape,ci direbbe oggi fra Bonaventura da Po-tenza, è la risposta al problema del-l’uomo e al significato dell’esistenza.L’Amore ci personalizza, di fa esistere,ci riempie di gioia, colora la nostravita. Chi ama si dona completamentee non si ripete, mai. Chi ama vede inprofondità i bisogni dell’altro e vedelo stesso Dio e Signore nostro GesùCristo nel povero, nell’infermo, negliultimi… L’amore che ci sospinge verso il pros-simo non è liquido, instabile, eternofinché dura, bensì segno della fedeltàdi Dio a noi, all’uomo, alla storia. Sitratta di amare come Gesù, fino allafine, proprio tutti. È qui il segreto dellavera gioia, della libertà. Si è liberi nellamisura in cui ci si dona completa-mente agli altri, a Dio, ai fratelli, senzacalcoli, senza riserve, senza salvarsi.Il beato Bonaventura aveva una pro-fonda conoscenza del senso del pec-cato; suo fu, infatti, il dono dellelacrime per la sua povertà rispetto al-l’amore di Dio. Celebrare in questotempo il terzo centenario della nascitaal cielo del beato Bonaventura da Po-tenza significa per me – e spero ancheper i frati della Provincia religiosa diNapoli e Basilicata e per quanti sono

amici e devoti del Beato – ritornarealle cose che contano, cioè a Dio e alsuo amore per noi. È il primato di Dioche sempre deve emergere nella no-stra vita.Mi seduce, del Beato, la sua capacitàd’intessere legami veri, relazioni pro-fonde. Lo immagino per i viottoli dellacostiera e i vicoli di Ravello svolgereil suo apostolato, fermandosi con tutti.Lo vedo nella Napoli indaffarata e giàchiassosa della modernità mentretende la mano ad appestati e mendi-canti, travolti dalla folla che s’agita aporta medina o nei quartieri spagnoli.Lo intravedo a dialogare con dotti esapienti, uomini di scienza e di cul-tura, dell’antico borgo potentino,senza celare il messaggio di Cristo. No,quelle del Beato non sono state rela-zioni virtuali, bensì reali. I suoi pro-positi di santità e di conversione nonsono apparsi lettera morta, ma Van-gelo vivo! Fra Bonaventura vedevanell’uomo la via per arrivare a Dio. Ilconvento era, per lui, il luogo per ri-trovarsi intimamente con il Signore ei fratelli, ma poi diventava centro d’ir-raggiamento del Vangelo, cioè unpunto di partenza. La sua cella non erauna tana dove rifugiarsi per isolarsi dalmondo, bensì dimora per incontrareDio e nutrirsi del suo amore. Guardando al vissuto di fra Bonaven-tura da Potenza è facile riconoscereche la vita consacrata, come altresìl’annuncio del Vangelo, ha ancorasenso oggi ed è vera profezia per ilmondo, segno forte del Regno che av-viene nella storia per la salvezza ditutti. Possa questo nostro fratello, in-namorato di Gesù crocifisso e dellaVergine Maria, ottenere per noi dalSignore, il dono della santificazione edel rinnovamento spirituale!

Ravello, 26 ottobre 2011

ssier Beato Bonaventura da PotenzaDossie

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DAL POSTULATO

Riportiamo una parte dell’inter-vista rilasciata dai giovani po-

stulanti di Benevento che proven-gono da diverse zone del Meridioned’Italia. A questi giovani, insiemealla comunità dei frati di Benevento,auguriamo, di vero cuore, un buoncammino formativo e spirituale. Siain loro la gioia di Francesco e lastessa fiducia che il beato Bonaven-tura da Potenza manifestò innanzialla volontà dei superiori.Ci siamo incontrati per formareuna famiglia, avendo come fonda-mento Gesù Vangelo vivente, sul-l’esempio del Serafico Padre SanFrancesco!Riprendono il cammino formativo

come postulanti del secondo anno:Massimiliano Volante (Enna), Da-vide Ferdico (Palermo), SalvatoreLentini (Villarosa, Enna). Per ilprimo anno, dalla Sicilia sonogiunti: Filippo Scarcella (Xitta, pro-vincia di Trapani), Giacomo Man-gano (Palermo). Dalla Campania edalla Calabria, invece, sono arrivatiper il primo anno: Bruno Giordano(Salerno), Carmine Pipiciello (Pan-narano, Benevento), Domenico DiNardo (Napoli), Mario Ravanni(Maddaloni), Eugenio Cimino (Ca-tanzaro) e Renato Aliotta (di Roma,ma proveniente da Gela).Siamo pronti per iniziare un cam-mino che ci vede attenti a formare

una fraternità, che si appresta a vi-vere in totale abbandono tra lebraccia amorose di Maria Madre diDio e Madre nostra. La comunitàche ci accoglie e ci accompagna ècostituita da: fra Antonino, rettoree guardiano; fra Ireneo, vice rettoree collaboratore del centro missio-nario di Benevento; fra Antonio “lacolonna portante della nostra co-munità”; fra Stephen, responsabiledel centro missionario di Bene-vento; fra Luciano, economo dellacasa. Con il loro esempio e la loroesperienza, ci aiuteranno a intra-prendere il cammino per realizzareil progetto di Dio in noi. Sostene-teci con la vostra preghiera!

Riprende il cammino formativodei giovani postulanti

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Dei magi ci parla il vangelo di Matteo (2,1-12).Sono “sapienti”, “esperti” in astrologia, per-

sone che sanno vedere e riconoscere in Gesù Bam-bino il “re dei Giudei”. Matteo li ricorda al pluralema non specifica il loro numero. In base ai tre doni:oro, incenso e mirra che i magi offrono a Gesù s’im-pose il numero di tre. Essi sono stati indicati come“re” per la ricchezza di questi doni e il richiamo adalcuni testi dell’Antico Testamento (Sal 72,10-11;Is 60,6.10). L’evangelista Matteo vuole indicare chei pagani, qui rappresentati dai magi, cercano Dio eper trovarlo non misurano la strada né il pericoloche possono incontrare durante il percorso. Ven-gono da Oriente, come da Oriente era partito ancheil patriarca Abramo per seguire le indicazioni diDio. Mentre il popolo non riconosce Gesù e il reErode ne decide la morte, i magi si muovono sti-molati da una stella. Essa ricorda che Dio si servedi cose e di avvenimenti per farsi conoscere e perrivolgere la sua Parola. Matteo li presenta comepersone umili che vanno a chiedere spiegazioni alre Erode, il quale non conoscendo la risposta, in-terpella gli esperti della Sacra Scrittura. In questomodo, l’evangelista insinua che la risposta alle no-stre domande profonde può giungere solo dalla pa-rola di Dio. I magi, ricevute le informazioni, vannoa Betlemme, e “entrati nella casa, videro il bambinocon Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono”(Mt 2,11). Essi percorrono tanta strada per venirea vedere un bambino, come tanti altri. Sono allorapersone che sanno vedere con “occhi interiori”, i soli chemostrano che quel bambino non è un bimbo qualsiasi, mail ‘re del Giudei’. E lo adorano. Trovato il bambino, ritor-nano gioiosi alla vita normale. Per un’altra strada, perchéla loro vita è ormai cambiata. Oltre al Vangelo di Matteodei magi ne parlano anche i vangeli apocrifi. Il Protovan-gelo di Giacomo, probabilmente anteriore al IV secolo(capp. 21-23); il Libro dell’infanzia del Salvatore, circa IXsecolo (capp. 89-91); il Vangelo dello Pseudo Matteo, versoil VI secolo (capp. 16-17); il Vangelo Arabo dell’infanziadel Salvatore, circa la metà del VI secolo (capp. 7-9); ilVangelo Armeno dell’infanzia, fine VI secolo (cap. V, 10),che ci riferisce anche i nomi, accettati poi normalmentenella tradizione: “I re magi erano tre fratelli: Melchiorre,che regnava sui persiani, poi Baldassare che regnava sugliindiani, ed il terzo Gaspare che dominava sul paese degli

arabi”. È anche interessante che il “Libro della Ca-verna dei Tesori”, scritto nel V secolo d.C., ma ri-ferentesi a un testo siriaco più antico, descrive imagi come Caldei, re e figli di re, in numero di tre.Nell’iconografia delle origini, i magi sono presentaticon gli abiti dei loro paesi. Dal XV secolo vengonogradualmente raffigurati con gli abiti del tempofino a raggiungere il massimo splendore nel pre-sepe napoletano del XVIII secolo con straordinaricostumi ricamati con rifiniture in filo d’oro e d’ar-gento. Uno di questi esempi lo troviamo anchenella collezione delle figure presepiali del XVIII se-colo del Museo dell’Opera di S. Lorenzo Maggioredi Napoli. Qui i tre re magi, come le altre figure pre-sepiali presenti, hanno il corpo in fil di ferro estoppa, testa, mani e piedi in terracotta o legno po-licromo e occhi di vetro. Il re magio anziano, Mel-chiorre, è alto 50 centimetri, ha un viso ovale dicarnagione rosea, capelli e barba lunghi, ondulati,di color grigio. Indossa un abito sontuoso: un riccopanciotto e brache di seta bianca con ricami in oroe perle; una cintura di seta dello stesso colore az-zurro dei manicotti; indossa poi una giubba di setarossa ricamata ancora con oro e perle e un lungomantello in broccato verde chiaro, bordato d’oro.Calza inoltre dei lunghi stivali neri a punta. Il remagio moro, Baldassarre, è alto 60 centimetri e ha,come vuole la tradizione, sembianze somale: labbracarnose, carnagione scura e capelli ricci. Egli è pre-sentato in tutta la magnificenza del portamento

consono al ruolo rivestito, sottolineato dall’abito indossato.Sotto porta una camicia bianca di cotone con sopra un pan-ciotto giallo laminato in argento. Indossa delle brache diseta azzurra. Porta poi un lungo cappotto di seta bianca. Ilmanto è in damascato azzurro con galloni in oro lungo ibordi e sulle spalle è arricchito anche con frange d’oro. Iltutto è foderato con seta rossa. Le gambe sono dipinte diazzurro per indicare le calze di questo colore. Calza inoltrestivaletti rossi. Nella mano sinistra regge un turbante dicotone bianco raccolto in cima da una stoffa di seta rossalaminata in oro. Il re magio giovane, Gaspare, è alto 60centimetri. Ha il viso chiaro, acceso dalle gote rosse, i ca-pelli castani e una barba corta. Indossa uno straordinariocostume composto da un cappotto in raso bianco con duemaniche a punta frangiate d’oro. Sotto ha un panciotto bluricamato in oro con sopra una cintura di seta.

di Paolo D’Alessandro

Le figure presepiali dei magi a S. Lorenzo MaggioreLe figure presepiali dei magi a S. Lorenzo Maggiore

ARTE

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EVENTI

Vietri sul mare (Sa)

Convegno dei parroci Cimp

Aversa, Convento S. AntonProfessione temporanea O

Convegno dei parroci Cimp

S. Lorenzo M. - Napoli

Aversa, Convento S. AntonioIncontro di formazione per guardiani e parroci

Napoli, Libreria PaolineLectia divina tenuta dal Ministro Provinciale

Assemblea Regionale OfsPietrelcina (Bn)

Celebrazione eucaristica della comunitàconventuale di Salerno a Ravello (Sa) Due momenti celebrativi della comunità conventuale di Salerno

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nioOfs

Maddaloni (Ce), incontro formativoe promessa araldini

Pala Argine di Ponticelli (Na)Celebrazione dello Spirito di Assisi

Portici, Convento S. AntonioIncontro per i giubilei della Provincia

Portici, Convento S. AntonioIVisita fraterna dei postulanti

Montella (Av), ritrovamentodella tela di S. Francesco

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(continua da pagina 27)In questo periodo risalgono due dei suoi scritti più impor-tanti: il primo è un libretto che intitolò Le parole celate.Scritto in forma di compilazione di aforismi morali, il vo-lume contiene il nucleo etico del messaggio di Baha’u’llah;la seconda delle grandi opere fu il Libro della certezza,un’ampia trattazione sulla natura e sullo scopo della reli-gione. In passi che si rifanno non solo al Corano, ma conaltrettanta facilità e penetrazione al Vecchio e al NuovoTestamento, i messaggeri di Dio sono descritti come agentidi un unico processo ininterrotto: il risveglio di una razzaumana alle proprie potenzialità spirituali e morali.Un’umanità divenuta maggiorenne ha la capacità di ri-spondere a un tipo di linguaggio che va al di là delle para-bole e delle allegorie. La fede non è solo una questione diceca credulità, ma di conoscenza consapevole. Il fanaticoclero musulmano si lamentò più volte con le autorità fin-ché il governo di Persia si unì con alcuni funzionari del-l’impero Ottomano per far spostare ulteriormenteBaha’u’llah dalla sua terra natia nella città di Costantino-poli. Pochi giorni prima della sua partenza, Baha’u’llah sitrasferì per dodici giorni, dal 21 aprile al 2 maggio del 1863,ove dichiarò di essere il promesso di tutte le ere, colui cheera stato predetto dal Bab.Baha’u’llah fu trasferito a Costantinopoli e, successiva-mente, ad Adrianopoli, ove scrisse le Tavole ai re e gover-nanti del mondo richiamandoli ad abbandonare i metodioppressivi e a dedicarsi al benessere del loro popolo. Poi fuesiliato ad Akka, in una cella dove nemmeno ai suoi figliera permesso vederlo. Ma le condizioni di imprigiona-

mento gradualmente cambiarono. Dopo qualche anno leporte della città-prigione furono aperte a Baha’u’llah e aisuoi seguaci. Gli fu finalmente permesso di vivere in unambiente relativamente più confortevole in quella che ogginoi conosciamo come la prigione di Bahji. Oggi i suoi in-segnamenti continuano a diffondersi in tutto il mondo.Sebbene sia stata fondata un secolo e mezzo fa in Iran, lafede baha’i è oggi tra le religioni del mondo che stannocrescendo più rapidamente. Con oltre 5 milioni di seguaci,residenti in tutte le parti del pianeta, la sua diffusione geo-grafica è seconda solo al cristianesimo. I baha’i vivono oggiin oltre 100mila località del mondo, un’espansione che ri-specchia la loro dedizione all’ideale della cittadinanzamondiale. I baha’i provengono da tutte le nazioni, da varigruppi etnici, da diverse culture e classi sociali. I membrisono accumunati dal desiderio di vivere una vita ispirataai principi di Baha’u’llah, che affermò di essere il messag-gero di Dio per questa epoca. Egli affermò che esiste unsolo Dio, che c’è una sola razza umana e che ciascuna dellereligioni del mondo rappresenta uno stadio diverso dellarivelazione della volontà e dello scopo di Dio per l’uma-nità. Come tutte le sacre scritture del mondo hanno pre-detto, è giunto il momento dell’unione di tutti i popoli inuna società globale pacifica e integrata: “La terra è un soloPaese e l’umanità i suoi cittadini”. Per realizzare l’unità delgenere umano è necessaria la cooperazione tra i popoli, aldi là dei pregiudizi di razza, di sesso ed etnia. È fondamen-tale una mente aperta e ricettiva in grado di ricercare laverità in modo libero e indipendente. Perché la verità èuna al di là dei modi in cui si manifesta.

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Scialla! (Stai sereno)

Il felice esordio alla regia di uno sceneggiatore di qualitàRegia: Francesco Bruni. Attori: Fabrizio Bentivoglio, Barbora Bobulova, FilippoScicchitano, Giuseppe Guarino, Prince Manujibeya. Genere: Commedia,Produzione: Italia, 2011. Durata: 95 minuti circa. Bruno Beltrame ha tirato i remi in barca, e da un belpo’. Del suo antico talento di scrittore è rimasto quelpoco che gli basta per scrivere su commissione “i libridegli altri”, le biografie di calciatori e personaggi dellatelevisione; la sua passione per l’insegnamento ha la-sciato il posto a uno svogliato tran-tran di ripetizionia domicilio a studenti altrettanto svogliati, fra i qualispicca il quindicenne Luca, ignorante come gli altri,ma vitale e irriverente. Un bel giorno la madre del ra-gazzo si fa viva, come un fantasma dal passato, con unarivelazione che butta all’aria la vita di Bruno: Luca èsuo figlio, un figlio di cui ignorava l’esistenza. Nonsolo: la donna è in procinto di partire per un lavoro disei mesi da cooperante in Africa, e il ragazzo non puòe non vuole certo seguirla laggiù. La donna chiede aBruno di ospitare a casa sua il ragazzo, e di prendersicura di lui, ma senza rivelargli la sua vera identità.Inizia così la vicenda del film di un ottimo sceneggia-tore che un produttore illuminato come Beppe Ba-schetto ha finalmente fatto alzare dalla sedia collocatadavanti al computer per metterlo al comando di quellaciurma (che immaginiamo divertente e divertita) cheha realizzato un film che trova una sua collocazione

originale nel panorama del cinema italiano contempo-raneo. Perché Francesco Bruni non vuole proporcil’ennesima commedia generazionale, non vuole spac-ciarci volgarità a buon mercato ma nemmeno propi-narci un’opera prima autoriale. Vuole qualcosa di piùe di diverso. Ci vuole innanzitutto ricordare che unasceneggiatura che funzioni ha bisogno di un costanteancoramento alla realtà. Bruni racconta un adolescentevero, non un ragazzo immaginato al chiuso di unastanza e poi riversato sulla tastiera di un iPad. Cosìcome nell’inedia di Beltrame ritrae una parte di questanostra società italiana che si è ormai ritratta, per per-dita di fiducia anche nelle proprie capacità, dall’inte-razione.L’incontro tra Bruno e Luca cambia entrambi ma senzache sia necessario spingere sull’acceleratore della com-mozione che la relazione padre non conosciuto/figlioavrebbe potuto suggerire. Molto più semplicemente edefficacemente, Scialla! ci dimostra che anche l’adole-scente più recalcitrante e apparentemente impermea-bile a ogni stimolo che vada al di là dei bisogni primariè alla ricerca (molto spesso inconsapevole) di unaguida. Nel film non c’è mai un momento in cui si possaindividuare il benché minimo sentore di un atteggia-mento predicatorio. Eppure riesce a ricordarci quantofamiglia e scuola debbano trovare una convergenzad’intenti che abbia al centro i ragazzi. Sempre più dif-ficili da comprendere ma forse proprio per questo piùbisognosi di sostegno. Lo fa con il romanesco brillantedi Luca e con il veneto (meglio ancora:il padovano)sornione di Bruno. Facendoci ridere e sorridere macon i neuroni in attività.

di Giuseppina CostantinoCINEMA

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U. SARTORIO, Fare la differenza. Un cristianesimo per la vita buona, Collana Teo-logia-Saggi, Cittadella Editrice, Assisi (Perugia) 2011, pp. 249, Euro 15,80.

Educare alla vita buona del Vangelo nel tempo della post-modernità non è cosa facile.Il Tutto cede il posto al Frammento: non c’è più la ricerca della Verità e si determina

soltanto la propria visione delle cose e del mondo. Nell’era globale e del dominio della tec-nica e delle scienze, la proposta cristiana appare quasi impossibile o, comunque, si presentacome una missione difficile. La risposta può venire dalla categoria della “differenza” checostituisce la vita cristiana quale esistenza ricevuta in dono e da restituire liberamente alSignore per il bene dei fratelli e del mondo. L’efficacia dell’annuncio di quella vita buonache sgorga dal Vangelo di Gesù dipenderà sempre di più dalla capacità del pensiero e dellatestimonianza dei cristiani di farsi pazientemente e criticamente carichi di ciò che oggi pos-siamo e dobbiamo nominare la fatica postmoderna del credere.

P. GISEL, Che cosa è una religione?, Collana Gdt 351, Queriniana, Brescia 2011, pp. 173,euro 14.

Attraverso un approccio storico-critico, filosofico, teologico e sociologico, l’autore diquesto breve saggio, se pur non in maniera sistematica, indaga i contenuti e le defini-

zioni del fatto religioso e dell’esperienza del sacro dal punto di vista non solo oggettivo (icontenuti della fede) ma anche e soprattutto soggettivo (il vissuto del credente). Sono flut-tuanti i confini del termine “religione”; la stessa domanda “Che cosa è una religione?” restaun interrogativo aperto. In questa indagine sul fatto religioso, l’autore considera tre ordinidi dati che sono irriducibili: il polo dell’individuo come soggetto sociale e di diritto; la societànei suoi rapporti con il mondo religioso (istituito e diffuso); le organizzazioni religiose e leloro regolamentazioni. La religione risponde, essenzialmente, della propensione e della ne-cessità che l’uomo ha di simbolizzare il proprio rapporto con il mondo, gli altri, con se stesso.

E. SCOGNAMIGLIO, Gesù Cristo il Rivelatore Celeste. Qui videt me videt et Patrem,Collana Universo Teologia, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2011, pp. 320,euro 30.

L’ultimo volto che la Parola eterna di Dio ha assunto nel tempo è quello giovane delNazareno. Guardare il volto umano di Gesù è come essere visti dalla Trinità. Lo sguardo

di Cristo è attraversato dalla potenza vitale dello Spirito del Padre; e la sua faccia è segnatadall’essere generato del Figlio da tutta l’eternità. A partire dall’esegesi di Gv 14,9, dal sensoletterale del testo, l’Autore rilegge i commenti più importanti del cristianesimo antico, mo-derno e contemporaneo. In Cristo, Rivelatore del Padre, abbiamo la possibilità di accederealla Realtà ultima. Gesù è la reale autocomunicazione del Padre per mezzo della forza delloSpirito Santo. La Trinità diviene il proprium e il caso serio della fede cristiana: non se nepuò parlare a prescindere dal volto di Gesù Cristo. Chi contempla la bellezza del volto delFiglio, ammira e adora la bellezza del volto del Padre; e questa contemplazione è operadello Spirito Santo che dona ai credenti la fede.

E. SCOGNAMIGLIO, Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra. Lectio divinaper il tempo di Avvento Natale-Epifania battesimo del Signore, LDC, Leumann (To-rino) 2011, pp. 160, euro 10.

Questo volume raccoglie brevi meditazioni in forma di lectio divina per il ciclo litur-gico festivo del tempo di Avvento, Natale, Epifania e Battesimo del Signore dell’anno

B. Il richiamo ad alcuni testimoni e gli approfondimenti hanno lo scopo di mettere in di-scussione la nostra fede, il modo con il quale viviamo i valori del Vangelo e facciamo no-stro il realismo dell'incarnazione. Completano le meditazioni alcuni suggerimenti per lapreghiera dei fedeli e proposte per attualizzare il Vangelo nella vita di ogni giorno.

La RedazioneIN BOOK

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VOCI DI CHIESAFUMETTI

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