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307 Recensioni | Recensioni | Recensioni | Recensioni | Recensioni | Recensioni | Recensioni Pedagogia Oggi / Rivista SIPED / anno XVI / n. 1 / 2018 ISSN 1827-0824 © Pensa MultiMedia Editore, Lecce-Brescia I l volume, esito di un’intensa attività scientifica dell’autore, Jean Marie Labelle, emerito di Scienze dell’Educazione all’Università di Strasburgo e attualmente professo- re all’Università di Montreal, presenta un’articolata e densa analisi dei con- cetti fondamentali dell’educazione, al fine di individuare le radici pedagogi- che e i contesti culturali su cui si inne- sta l’istanza della reciprocità educati- va, fonte del mutuo apprendimento e del divenire personale. La trattazione prende avvio da un breve excursus biografico e autobio- grafico che vede lo studioso ripercor- rere alcune tappe significative della propria esistenza per mettere in luce l’importanza per la sua produzione scientifica e per il suo percorso perso- nale di alcuni testimoni che hanno at- traversato la sua vita; si tratta di in- contri e dialoghi che sono stati per lo studioso vettori di ricerca grazie ai quali ha imparato ad apprendere, a stupirsi, a dubitare. Nel testo è offerta una disamina critica, a partire dalla loro etimologia, di taluni termini emblematici legati al discorso pedagogico tra cui educazio- ne, formazione, trasmissione, inse- gnamento. Le categorie in parola, in- dagate attraverso un percorso attento e sistematico, costituiscono una sorta di syllabus dei parametri di riferimen- to dell’Autore riguardo all’educazione e intendono porsi come fondamento per riprendere e ampliare le riflessioni delineate nel volume del 1996 La ré- ciprocité educative. Sottolineata l’importanza di un’e - du cazione che riconosca chi apprende come “qualcuno di unico e di impor- tante che possiede già in se stesso le capacità necessarie per il proprio svi- luppo” (p. 51), Labelle indica come insegnare equivalga nello stesso tem- po ad imparare. Applicando all’educa- zione la regola dello scambio formula- ta da Marcel Mauss che consiste nel “donare, ricevere, restituire”, Labelle sottolinea come insegnare sia il dono fatto dall’educatore all’educando che lo riceve e lo restituisce al primo con- segnandogli ulteriori stimoli di rifles- sione e apprendimento. Chi apprende lo fa prendendo le mosse dai punti di rottura epistemo- logici che gli sono indicati dai propri maestri che a loro volta apprendono a partire dal modo con cui l’educando costruisce il proprio sapere, dalle dif- ficoltà che egli incontra, dalle questio- ni che lo animano. Nel campo dell’educazione è indi- spensabile pertanto uscire da relazioni costruite gerarchicamente e puntare sul confronto continuo tra saperi e apprendimenti. Il testo problematizza e sviluppa in modo ampio e articolato le ragioni per cui si allude al costrutto di recipro- Jean-Marie Labelle Apprendre les uns des autres. La réciprocité source d’éducation mutuelle L’Harmattan, Paris 2017, pp. 142

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Pedagogia Oggi / Rivista SIPED / anno XVI / n. 1 / 2018ISSN 1827-0824 © Pensa MultiMedia Editore, Lecce-Brescia

Il volume, esito di un’intensaattività scientifica dell’autore,Jean Marie Labelle, emerito di

Scienze dell’Educazione all’Universitàdi Strasburgo e attualmente professo-re all’Università di Montreal, presentaun’articolata e densa analisi dei con-cetti fondamentali dell’educazione, alfine di individuare le radici pedagogi-che e i contesti culturali su cui si inne-sta l’istanza della reciprocità educati-va, fonte del mutuo apprendimento edel divenire personale.

La trattazione prende avvio da unbreve excursus biografico e autobio-grafico che vede lo studioso ripercor-rere alcune tappe significative dellapropria esistenza per mettere in lucel’importanza per la sua produzionescientifica e per il suo percorso perso-nale di alcuni testimoni che hanno at-traversato la sua vita; si tratta di in-contri e dialoghi che sono stati per lostudioso vettori di ricerca grazie aiquali ha imparato ad apprendere, astupirsi, a dubitare.

Nel testo è offerta una disaminacritica, a partire dalla loro etimologia,di taluni termini emblematici legati aldiscorso pedagogico tra cui educazio-ne, formazione, trasmissione, inse-gnamento. Le categorie in parola, in-dagate attraverso un percorso attentoe sistematico, costituiscono una sortadi syllabus dei parametri di riferimen-to dell’Autore riguardo all’educazione

e intendono porsi come fondamentoper riprendere e ampliare le riflessionidelineate nel volume del 1996 La ré-ciprocité educative.

Sottolineata l’importanza di un’e -du cazione che riconosca chi apprendecome “qualcuno di unico e di impor-tante che possiede già in se stesso lecapacità necessarie per il proprio svi-luppo” (p. 51), Labelle indica comeinsegnare equivalga nello stesso tem-po ad imparare. Applicando all’educa-zione la regola dello scambio formula-ta da Marcel Mauss che consiste nel“donare, ricevere, restituire”, Labellesottolinea come insegnare sia il donofatto dall’educatore all’educando chelo riceve e lo restituisce al primo con-segnandogli ulteriori stimoli di rifles-sione e apprendimento.

Chi apprende lo fa prendendo lemosse dai punti di rottura epistemo-logici che gli sono indicati dai proprimaestri che a loro volta apprendono apartire dal modo con cui l’educandocostruisce il proprio sapere, dalle dif-ficoltà che egli incontra, dalle questio-ni che lo animano.

Nel campo dell’educazione è indi-spensabile pertanto uscire da relazionicostruite gerarchicamente e puntaresul confronto continuo tra saperi eapprendimenti.

Il testo problematizza e sviluppa inmodo ampio e articolato le ragioniper cui si allude al costrutto di recipro-

Jean-Marie Labelle

Apprendre les uns des autres. La réciprocité source d’éducation mutuelleL’Harmattan, Paris 2017, pp. 142

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cità educatrice, istanza che l’Autore di-chiara di mettere a disposizione dellacomunità pedagogica, come concettonuovo, “legittimato, filosoficamentefondato e ricco di implicazioni perl’azione” (p. 69). Lo studioso si situanella cornice del personalismo mou-neriano e afferma di aver trovato nelpensiero del suo Maestro, MauriceNédoncelle, la base ontologica su cuifondare le proprie riflessioni in meritoa tale costrutto.

Nella reciprocità attiva, l’appren-dimento è inteso secondo un’accezio-ne relazionale: è all’interno dell’inte-razione che ogni persona apprende,contribuendo essa stessa alla modifi-cazione dei saperi dell’altro.

Nell’azione la persona acquisisceconsapevolezza delle proprie compe-tenze e, nella misura in cui la recipro-cità è fondativa, essa è anche costrut-tiva per l’altro e rende fecondo l’attoeducativo. È volendo che il Tu sia sestesso che l’Io addiviene alla sua sin-golarità e viceversa. La reciprocitàeducatrice si configura pertanto comeun rapporto asimmetrico di singolari-tà che si impegnano mutualmentenello stesso processo educativo; essa èla sfida di ogni relazione e di ogni in-contro con l’altro. L’Autore segnalatuttavia il rischio che la reciprocitàpossa configurarsi quale distruttiva senon fondata su sentimenti autentici.Stabilire una reciprocità educativa in

un gruppo non può essere decretato apriori in quanto non si tratta di unmetodo ma di un modo di essere, diuna questione che riguarda l’esistenza.In un sistema educativo basato sullacompetizione, orientato esclusiva-mente alla valutazione e all’efficienzaè difficile secondo Labelle fare affida-mento sulla reciprocità, originale ecostitutiva, ed individuare il giustospazio per la persona.

Nell’ultima parte il volume mettecostantemente a fuoco l’intreccio tral’aspetto epistemologico e quello pro-gettuale, suggerendo inedite piste diricerca che consentano di percorrerenuovi sentieri tra conoscenza ed espe-rienza.

Tra esse, riferendosi in particolareal mondo della scuola, l’Autore segna-la come la reciprocità educatrice ri-chiami, attraverso la categoria dell’im-pegno, alla necessità di un lavoro con-giunto da parte delle istituzioni perconseguire in modo diffuso il successoeducativo, via maestra per la pienarealizzazione dell’intera umanità.

Il volume, nella prospettiva di ela-borare una filosofia dell’educazione instretta continuità con un’epistemolo-gia della pratica formativa, offre solle-citazioni euristiche di peculiare rile-vanza per il dibattito pedagogico at-tuale.

Sara Bornatici

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sioniDaniela Robasto

La ricerca empirica in educazione. Esempi e buone praticheFrancoAngeli, Milano 2014, pp.144

La ricerca empirica in educa-zione. Esempi e buone praticheè un titolo che racchiude in

sé i principali elementi che caratteriz-zano l’intero volume. Si tratta, appun-to, di un libro che parla della ricercaempirica in educazione, attraverso unitinerario ragionato che nasce dall’esperienza di docenza dell’Autrice conle studentesse e gli studenti di Pedago-gia sperimentale e di Metodologia del-la ricerca educativa, presso il Diparti-mento di Filosofia e Scienze dell’Edu-cazione dell’Università di Torino.

Come scrive Robasto

sono questi studenti ad aver stimo-lato la scrittura di un volume conl’intento di rispondere, almeno inparte, ai molteplici dubbi che sor-gono quando ci si avvicina, da neo-fita, alla metodologia e alla ricercaempirica in educazione. Il presentevolume […] si prefigge, infatti, lamission di accompagnare uno stu-dente universitario che non ha maifatto ricerca sul campo a progettaree a condurre la ‘sua’ ricerca in mo-do corretto e anzitutto con la con-sapevolezza delle scelte metodolo-giche che compie (p. 13).

A partire da questo intento, attra-verso lo sguardo scientifico della Pe-dagogia sperimentale, Daniela Roba-sto espone e struttura il proprio lavorocon linearità e chiarezza, mostrando

ricchezza contenutistica e metodolo-gica nell’affrontare un tema, comequello della ricerca empirica, “polie-drico” e di grande “attualità” nel pa-norama delle scienze dell’educazionein ambito universitario.

Il libro, strutturato in cinque capi-toli, ripercorre le principali fasi dellaricerca empirica: dall’“avvio della ri-cerca”, alle “ipotesi e gli strumenti dirilevazione dati”, dalla “rilevazione el’analisi dei dati” alla “presentazionedei risultati”, accompagnando il letto-re nei, non sempre semplici, “sentieri”dell’indagine scientifica. La scommes-sa del lavoro risiede, come scrive Ro-basto, nel passare dallo studio dellateoria alla ricerca sul campo, “senzaperdere di vista il rigore e la scrupolo-sità proprie di una ricerca scientifica”,ma anche adottando quella flessibilitàposturale che la ricerca in educazionerichiede. Il volume, infatti, si fa ap-prezzare non solo per il costante ri-chiamo alla teoria, attraverso puntualiriferimenti bibliografici, ma anche peril deciso ancoraggio al lavoro “sulcampo” e, al tempo stesso, all’operati-vità che ogni capitolo propone. In talsenso, l’Autrice offre, con coerenza,esercitazioni, esempi, buone praticheche rendono possibile pensare alla ri-cerca in educazione come “un’attività”che si può apprendere, attraverso unpercorso di formazione.

Estendendo un po’ il campo della

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riflessione, di grande rilievo è il “de-centramento” del sapere che si palesanel corso delle pagine del volume. Es-sendo un libro “pensato” per studentiin formazione, una buona parte degliesempi sono tratti, appunto, dal-l’esperienza in aula, a partire anchedagli errori più ricorrenti nei quali in-corrono gli studenti stessi. Ad esem-pio, nella prima parte del volume vie-ne illustrata la “formulazione delleipotesi”: se solitamente, nei manualidella ricerca in educazione, accantoalla definizione di “ipotesi” viene ri-portata un esempio, il più delle voltemagistralmente scritto dall’autore dellibro, che appunto, è già un esperto,in questo caso, invece, gli esempi na-scono dal basso. A tal proposito, ven-gono riportate anche delle ipotesi er-rate e mal costruite che – attraverso lepuntuali argomentazioni dell’autricesu cosa “non” funziona – diventano

“generative di conoscenza”, mettendoin moto – nel lettore – un processo dimeta-riflessione. Il volume pone inluce l’importanza dello studio e del fa-re ricerca in educazione, come fasi es-senziali di coloro i quali si accingono,per la prima volta, a fare ricerca empi-rica. Ed è proprio a loro che l’Autricesi rivolge principalmente, in modo ac-cessibile, ma ben rigoroso e compe-tente. Tuttavia, a nostro avviso, essen-do la ricerca una pratica che ha sem-pre bisogno di “allenamento”, perchéinfiniti sono i modi con i quali possia-mo “guardare” le realtà che si intendo-no studiare, anche i “giovani ricerca-tori” in formazione, come dottorandie assegnisti, possono trovare interes-santi spunti di riflessione dal volumequi presentato.

Alessia Cinotti

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Innumerevoli i meriti diquest’opera collettanea, curatada Maria Luisa Iavarone, Pier-

luigi Malavasi, Paolo Orefice, FrancaPinto Minerva, che si configura, perle peculiari linee programmatiche ele scelte di contenuto, come un para-digmatico “manifesto” della ricercapedagogica, in corso, sui temi della

pedagogia dell’ambiente, dello sviluppoumano e della responsabilità sociale.

Attraverso una pluralità di pro-spettive d’analisi pedagogica, il volu-me offre un originale contributo diriflessione per ricomporre, nell’enci-clopedia delle scienze dell’educazionee della formazione, sia l’ampio dibat-tito culturale sviluppatosi nel corso

M.L. Iavarone, P. Malavasi, P. Orefice, F. Pinto Minerva (a cura di)

Pedagogia dell’Ambiente 2017. Tra sviluppo umano e responsabilità sociale Pensa MultiMedia, Lecce-Brescia 2017, pp. 362

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degli ultimi anni, nel solco di unacultura della sostenibilità, sui temi esulle questioni ambientali, sia il com-posito ambito disciplinare della Pe-dagogia dell’ambiente.

Prendendo le mosse dall’attualecrisi ecologico-ambientale e dalle in-numerevoli sfide educative cui la pe-dagogia non può sottrarsi, il volumenon solo offre testimonianza dell’im-portante impegno di ricerca profusodal Gruppo di lavoro Siped “Pedago-gia dell’ambiente, sviluppo umano,responsabilità sociale” (coordinato daMaria Luisa Iavarone e Pierluigi Ma-lavasi), ma tiene insieme, in un qua-dro teorico organico e ben struttura-to, gli indirizzi di indagine che carat-terizzano il vivace dibattito nell’am-bito della pedagogia e dell’educazio-ne allo sviluppo sostenibile.

Sullo scenario di un pianeta gra-vemente offeso dal degrado ambien-tale e sociale, dagli innumerevoli di-sastri ecologici, che compromettonola stessa possibilità di sopravvivenzadell’uomo sulla Terra, con quali di-spositivi teorici e operativi e con qua-li modelli e prassi di progettazionedell’educazione ambientale intendecollocarsi la ricerca pedagogica con-temporanea?

Questo interrogativo fa da sfondoall’impianto critico-problematico delvolume, come si evince dai temi d’in-teresse e di approfondimento dei 19saggi che lo compongono.

Entrando più in dettaglio, può es-sere utile richiamare, come essenzialeschema di riferimento euristico, ledue principali direttrici d’analisi del

testo, corrispondenti alle sezioni te-matiche intitolate, rispettivamente,“Pedagogia, sostenibilità, benessere”e “Ecologia integrale: linee di ricercain, con e per l’ambiente”.

La prima direttrice restituisce, giàin sede introduttiva, un puntualequadro teorico e un orientamento ri-flessivo su questioni che chiamano incausa lo statuto epistemico della Pe-dagogia dell’ambiente, l’oggetto spe-cifico della disciplina, le teorie piùaccreditate, le metodologie di ricerca,le principali spartizioni (Malavasi, p.24), sullo sfondo di un’ormai irri-nunciabile progettualità educativa so-stenibile (p. 33). Segue la riflessionesulle “trame” di una Pedagogia del-l’ambiente declinata su diversi ver-santi d’indagine: benessere, educa-zione, qualità della vita (Maria LuisaIavarone); pedagogia, ambiente, pen-siero ecologico (Cristina Birbes); ni-chilismo, tecnica, poesia (MaurizioFabbri); educabilità e sostenibilità(Teresa Grange); coscienza ecologica,educazione e responsabilità socioam-bientale (Alessandra Vischi); ServiceLearning, pedagogia dell’ambiente,cittadinanza solidale (Sara Bornati-ci); consumo tra responsabilità, be-nessere, stili di vita (Monica Parric-chi).

La seconda sezione del libro, de-dicata all’Ecologia integrale, tracciainteressanti traiettorie su assi delpensare e agire educativo che caratte-rizzano le linee di ricerca in, con e perl’ambiente: dalle prospettive di ecope-dagogia (Franca Pinto Minerva) alparadigma strategico di una civiliza-

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ción terrestre (Paolo Orefice); dal-l’ecologia integrale nei diversi conte-sti educativi e lungo tutto l’arco dellavita (Liliana Dozza), dall’infanzia(Andrea Bobbio) all’età adulta (ElenaMarescotti), ai modelli e prassi dieducazione e didattica all’aperto(Maria Tomarchio, Raffaella C.Strongoli); dalle linee di ricerca perun’ecologia integrale ed un’educazio-ne ambientale (Luisa Santelli Becce-gato, Gabriella Calvano) alle azionieducative diffuse per comunità soste-nibili (Giovanna Del Gobbo); dalruolo propulsore dell’educazione peruno sviluppo sostenibile (OriettaVacchelli), alla sfida dell’ecologia in-tegrale (Caterina Calabria) e dellaformazione alla sostenibilità ambien-tale (Floriana Bolsieri).

Si tratta di prospettive di ricerca elinee di azione che costituisconol’ambito di esercizio di una fenome-nologia educativa aperta e di ampiorespiro che rivendica il ruolo di unapedagogia dell’ambiente “militante”ed emancipativa (p. 12), per vivere ilbenessere e educare alla qualità dellavita (p. 57).

Atteso che non appare isolabile ilterreno dei processi culturali da quellodei processi formativi, una rigorosa di-samina epistemologica, ermeneutica,progettuale è necessaria per chiedersiquali teorie e modelli formativi, sem-pre culturalmente connotati, e qualibuone prassi educative possono orien-tare e accompagnare i processi, le dina-miche evolutive dei recenti approdiscientifico-culturali nell’ambito del di-battito contemporaneo.

Una stretta circolarità di rapportotiene assieme modelli educativi ed’istruzione, processi d’apprendi-mento e di maturazione degli indivi-dui in termini di capacità/possibilitàdi scelte responsabili, per azioni e sti-li di vita ad alto valore ecologico (Iava-rone, p. 72), per la costruzione di so-cietà più eque e sostenibili, nell’otti-ca di un umanesimo terrestre (PaoloOrefice).

Riflettere per elaborare chiavi in-terpretative e strategie d’azione chepossano porre in evidenza il ruolo in-sostituibile della cultura della forma-zione, quale motore di produttivocambiamento culturale, appare oggicompito ineludibile per promuovereuno sguardo e un pensiero diversi,“una politica, uno stile di vita, unaspiritualità nel segno di un umanesi-mo nuovo” (Malavasi, p. 50).

In questa direzione d’impegno,quest’opera collettanea è davvero ap-prezzabile per la peculiare “postura ri-flessiva” e “di ricerca” e si presenta allettore come un prezioso strumento,sia per ripensare orientamenti valoria-li, scelte e azioni ispirate a modellid’ecologia integrale, sia per mirati in-dirizzi e strategie di sviluppo proget-tuale per la sostenibilità della vita.

In questa prospettiva, ecco l’invi-to a ridiscutere l’intero statuto del-l’umano in tutte le sue sfaccettature(sensibilità, immaginazione, intellet-to), per proporlo nella sua forma piùalta (Pinto Minerva, p. 178).

Bisogna assumere la responsabili-tà della Cura attiva e coraggiosa versoil Pianeta, prendere in carico le sorti

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sionisolo delle proprie singolarità, ma di

una “comunità di destino”, codifi-cando linguaggi nuovi che fanno ap-pello all’etica e all’estetica dei com-portamenti umani, promuovendo ivalori del dialogo intra e intergenera-zionale, della pace, della giustizia edell’equità sociale, richiamando lacultura della legalità, della responsa-

bilità condivisa, della convivenza ci-vile e della cittadinanza attiva. All’in-dirizzo di questa sfida culturale etras-formativa, per la cura e il rispettodella Vita, in tutte le sue multiformimanifestazioni, va la raison d’être delvolume.

Gabriella D’Aprile

Nel volume di AlessandraRosa il concetto di effica-cia e la sua misurazione,

applicati al settore dell’istruzione edella formazione, costituiscono i noditematici centrali attorno a cui l’autriceconcentra le sue argomentazioni teo-riche e il percorso di ricerca presenta-to nella seconda parte del suo volume.

L’autrice circoscrive sin dall’inizioil campo entro cui indagare il concet-to di efficacia nel sistema-scuola,escludendo la prospettiva di ridurload un’idea di “produttività” intesa so-lo come qualità dei risultati di ap-prendimento raggiunti dagli studenti.

Per l’autrice “[...] una scuola puòdefinirsi efficace non tanto e non soloin quanto mostra livelli di outputcomplessivamente elevati, ma inquanto consente ai propri studenti di

progredire nei livelli raggiunti più diquanto ci si potrebbe attendere, in ba-se a variabili quali il loro ambiente diprovenienza e la loro preparazione ‘inentrata’” (p. 5).

Appare, quindi, significativa l’in-tenzione di Alessandra Rosa di coniu-gare eccellenza ed equità, auspicando ilsuperamento delle differenze sociali,economiche e culturali; riflettendo sucome misurare l’efficacia scolastica,l’autrice prende in considerazione ilconcetto di “valore aggiunto” per inte-grare l’indagine sugli esiti raggiunti da-gli studenti, in riferimento alle variabi-li relative agli individui e ai contesti incui essi vivono; il rendimento pregres-so e il background socio-culturale di-ventano gli elementi attraverso cui fil-trare le performance degli studenti.

Nel volume viene offerto un qua-

Alessandra Rosa

Il valore aggiunto come misura di efficacia scolastica. Un’indagine empirica nella scuola secondaria di I grado Edizioni Nuova Cultura, Roma 2013, pp. 312

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dro chiaro e completo dei limiti e de-gli aspetti controversi delle misurazio-ni di valore aggiunto in relazione allascelta degli output, a quella delle varia-bili di controllo, a quella dei modellistatistici e delle metodologie di inda-gine, a quella del framework temporalee alla questione della casualità.

L’approfondita rassegna teoricasviluppa, inoltre, il concetto di effica-cia ripercorrendo la nascita e l’evolu-zione della School Effectiveness Rese-arch e le influenze che ha esercitatosulla ricerca educativa, facilitando l’af-fermarsi dei filoni che l’autrice indicanei seguenti approcci: la ricerca sullafunzione di “produzione educativa”,sulle scuole efficaci, sull’efficacia del-l’insegnamento e gli studi di meta-analisi; nel testo vi si trova anche unaricostruzione teorica ampia, che pren-de in considerazione indagini empiri-che internazionali.

Nella seconda parte del volume sitrova la presentazione dell’indagineempirica che ha coinvolto 12 istitutisituati nel territorio della provincia diBologna (36 classi di scuola seconda-ria di I grado e 764 studenti).

A partire dal quadro teorico, e sul-la scorta degli studi effettuati in altriPaesi, il progetto di ricerca si è postol’obiettivo di esplorare opportunità elimiti nell’applicazione degli indicato-ri di valore aggiunto, per la misurazio-ne dell’efficacia scolastica.

Le ipotesi sottoposte a verifica so-no state così formulate:

1. una volta tenuto conto, mediantel’uso di indicatori di valore ag-

giunto, del rendimento pregresso edel background degli studenti, ilposizionamento degli istituti e del-le classi, nelle graduatorie di effica-cia, si modifica e diventa indipen-dente dal livello socio-culturaledell’utenza scolastica.

2. L’effetto esercitato dalla classe diappartenenza, misurato in terminidi varianza spiegata nei progressidegli studenti a parità di altre con-dizioni rilevanti (rendimento pre-gresso e background socio-cultura-le), risulta superiore a quello ri-conducibile all’istituto frequenta-to, misurato nel medesimo modo.

3. L’“effetto-scuola” e l’“effetto-clas-se” misurati su un periodo di dueanni scolastici risultano superiori aquelli rilevati nell’arco di un soloanno.

Come evidenziato nel punto 3,l’autrice compie una scelta innovativaadottando un disegno di ricerca longi-tudinale, in grado di offrire molti van-taggi dal punto di vista dell’analisi deidati; si tratta di una scelta ben ponde-rata e sostenuta in letteratura da mol-te ricerche che indicano come l’“effet-to-scuola” e l’“effetto-classe” tendanoa variare e a modificarsi nel tempo,confermando l’opportunità di am-pliare l’arco di tempo considerato nel-la misurazione dei progressi degli stu-denti, per meglio comprendere la na-tura e l’entità degli effetti rilevabili alivello di scuola e di classe.

Riteniamo che il volume offra ri-flessioni teoriche e metodologichemolto accurate e innovative; le pun-

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sionituali considerazioni di Alessandra Ro-

sa, ben organizzate nel testo, favori-scono l’analisi critica, aggiungendo si-gnificativi elementi di riflessione al di-battito sul valore aggiunto come indi-catore di efficacia scolastica e sull’usodei modelli di valore aggiunto.

Si tratta di un tema attuale e mol-to urgente anche nel nostro Paese chesembra, finalmente, dare sempre piùvalore alle procedure volte a definirela valutazione di sistema.

Roberto Dainese

La Pedagogia Speciale è chiamataa continuare la sua opera di orien-tamento nella direzione prospetta-ta, consapevole del fatto che ilprocesso di inclusione rappresentail “faro” a cui guardare, ma al mo-mento è una realtà in fieri entro laquale è, ancora una volta, l’uomoche con le sue scelte individuali ecollettive stabilisce le condizioniconcrete di cittadinanza e, così, ilsenso della propria umanità (pp.208-209).

Svelando la conclusione di questotesto ne scopriamo le direttrici princi-pali che ne delineano il percorso. Pro-tagonista del testo è la Pedagogia Spe-ciale, quale disciplina che permetteuna “riflessione scientifica, itinerari diemancipazione e dialogo con le altrescienze”, come titola il paragrafo cheviene dedicato a questa questione. Il

lettore viene guidato ad affrontare taliproblemi attraverso un approfonditopercorso storico che individua le prin-cipali tappe di un’evoluzione che haaccompagnato i significati di “diversi-tà” e “inclusione”.

Il procedere lineare del testo, so-stenuto da molteplici riferimenti pe-dagogici, permette uno studio parti-colarmente approfondito riguardo aicontenuti e l’ottica con la quale ven-gono offerti, volta ad evidenziare l’im-portanza della piena partecipazione ditutti alla vita sociale.

Nello scorrere il volume, il lettorepotrà apprezzare i molti riferimentialla letteratura e ai documenti inter-nazionali. Questa dimensione diven-ta focale, in particolare, nel capitolodedicato al dibattito internazionaledove due diventano i valori aggiuntiper l’economia generale del testo. Da

Antonello Mura

Diversità e inclusione. Prospettive di cittadinanza tra processi storico-culturali e questioni aperteFrancoAngeli, Milano 2016, pp. 229

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sioni una parte questo approfondimento

permette di riscoprire i principalimodelli concettuali e gli strumentiinterpretativi della disabilità, dall’al-tra dà enfasi all’importanza che rive-ste il linguaggio. L’Autore, con forza,evidenzia come un errato uso del lin-guaggio “concorre ad incentivare unavisione specialistica e tecnicistica de-gli interventi, siano essi educativi osocio-sanitari. L’interpretazione re-strittiva che riconduce l’handicap en-tro una dimensione soggettiva, “[…]ha così determinato l’affermarsi diun modello essenzialmente medica-lizzante nei confronti della disabilità”(p. 130). Ed è, invece, nell’approcciobiopsicosociale che possono agire “leprospettive di cittadinanza tra pro-cessi storico-culturali e questioniaperte” come recita il sottotitolo delvolume.

Sottotitolo che sfida chi si occupadi educazione, formazione e istruzio-ne, perché è proprio su questi aspettiche debbono essere costruiti progetti epercorsi educativi se si vuole che ab-biano un’efficacia lunga nel tempo. Iltesto, infatti, per la sua ampia letturadel tema e per la sua apertura a mol-teplici connessioni educative si rivolgea tutte le figure educative, non soloquelle dedicate alle persone con disa-bilità, perché “la sfida lanciata dal-l’educazione inclusiva impegna i do-centi, per un verso, a garantire a cia-scun allievo identità, conoscenza e co-

scienza, in modo che a una ‘testa benfatta’ corrisponda anche il senso dellacomprensione, della reciprocità e del-la comune appartenenza nella diversi-tà” (p. 187).

Ed ecco che un testo, fondatoscientificamente, si apre a riflessionipiù ampie che toccano le politiche chesi possono intraprendere per agevolaree favorire azioni inclusive; il volume siconclude proprio con un capitolo ilcui titolo recita: Un orizzonte pedago-gico di riferimento per le professionid’aiuto (p. 195).

Considerare sempre la personanella sua interezza e, quindi, adottareatteggiamenti che per prima cosa im-plicano una consapevolezza del pro-prio sé e una disponibilità all’incon-tro, è sicuramente il filo rosso che ac-compagna questo interessante lavoroe che aiuta il lettore a lasciarsi stimo-lare dai numerosi riferimenti teorici enormativi con cui viene affrontato iltema dell’inclusione.

Il testo, dunque, risulta utile perchi vuole intraprendere un approfon-dimento rispetto all’evoluzione che iconcetti di diversità e di inclusionehanno avuto nel corso della storia oc-cidentale, ma anche e soprattutto achi, occupandosi di educazione, vuoleriflettere intorno ad azioni che per-mettano a tutti la reale partecipazionesociale.

Valeria Friso

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Sulla scia degli Obiettivi diSviluppo Sostenibile del-l’Agenda ONU 2030, il libro

curato da C. Birbes interpreta la pro-spettiva della sostenibilità come tramadi elementi molteplici e interrelati.

Sostenibilità, tra le nozioni che piùricorrono nel dibattito culturaleodierno, configura processi e dinami-che che coinvolgono l’ambiente e lapersona nella sua globalità, i territori ele società, nella complessità dei rap-porti sistemici che le attraversano.

All’origine del crescente interesseper la sostenibilità si situa la grave cri-si ecologica planetaria, profilandosioggi quale sfida sociale, economica,ambientale ed educativa per la soprav-vivenza delle generazioni future.

L’elaborazione euristica, nel segnodella riflessività pedagogica, è attra-versata dal comune riferimento adun’antropologia che, nel confronto travalori e culture, si costituisce sullaspecificità stessa dell’umano, contra-stando visioni relativiste e strumentalidella sostenibilità.

I contributi che compongono lequattro sezioni tematiche del volumeassumono criticamente il concetto disostenibilità e ne concorrono adesplorare la rilevanza fisico-naturale,scientifico-tecnologica, politico-isti-tuzionale, nella prospettiva di una

cultura educativa per la sostenibilitàcome atto di cura di sé, dell’altro, delpianeta (F. Bolsieri, V. De Angelis, R.Casadei, T. Giovanazzi, M. Clerici);nel dialogo tra le generazioni (S. Bor-natici, L. Zannini, P. Garista, S. Lan-donio, G. Rossi, M. Benetton, L. Co-merio); nei territori e nelle città (C.Birbes, A. De Vita, C. Braga, A. Bor-gogni-M. Arduini, S. Lotrionte, P.Galeri); nella legislazione nazionale edeuropea (L. Salvemini, O. Vacchelli,M. Viadana Piovesan, S. Sandrini, S.Caponetti).

In stretta continuità con il volumePedagogia dell’ambiente 2017 (a curadi M.L. Iavarone, P. Malavasi, P. Ore-fice, F. Pinto Minerva), ambiente eeducazione sostanziano la trama e l’or-dito su cui corrono i fili degli ideali edei valori da condividere per la soste-nibilità, in un rinnovato orientamen-to delle coscienze rivolte alla scopertadel senso, nel tessere sguardi, azioni,conoscenze e sentimenti nel generarela comunità terrestre.

Il mondo accademico, e quello de-gli studiosi delle discipline pedagogi-che in particolare, ha una responsabi-lità rilevante nella ricerca e nell’elabo-razione della sostenibilità.

È nel dialogo tra diversi punti divista che è possibile configurare quelrinnovamento etico che la sostenibili-

Cristina Birbes (a cura di)

Trame di sostenibilità. Pedagogia dell’ambiente, sviluppo umano, responsabilità socialePensa MultiMedia, Lecce-Brescia 2017, pp. 307

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sioni tà richiede. Nella molteplicità di luo-

ghi e tempi di vita, l’istanza della for-mazione integrale chiama in causapercorsi di ricerca per co-costruire unterreno fecondo per l’ambiente e perl’umanità, nella reciproca interdipen-denza.

La sostenibilità è un processo, unbanco di prova della capacità umanadi adattarsi ai cambiamenti futuri conresponsabilità e impegno, nel segnodella complessiva tenuta morale dellesocietà.

Trame di sostenibilità per educareed educarci ad abitare la Terra nellaconsapevolezza della potenza creatricedella vita, riappropriandoci della me-raviglia del nostro “essere in relazio-ne”, tra economia circolare, ecologiaintegrale e progettazione pedagogica.

Nel volume curato da Birbes, gliautori convergono nell’orientamentoverso un nuovo umanesimo, nel desi-gnare la sostenibilità quale progetta-zione pedagogica in, con e per l’am-biente, sviluppo integrale e responsa-bilità sociale.

Nel testo, la pedagogia dell’ambien-te, come ambito di discorso che ha peroggetto la riflessione sul rapporto traformazione umana e ambiente, emer-ge quale autonoma partizione del sa-pere nell’enciclopedia delle scienzedell’educazione, contribuendo adesplorare percorsi critici e ad indivi-duare emblematiche prospettive di ri-cerca e di azione.

Sviluppo umano e ambiente, valo-ri e scelte politiche sono congiunti inmodo inestricabile. Per essere orienta-to alla promozione dell’umano, per

incrementare quelle energie educativee morali di cui ogni civiltà ha bisognoper crescere socialmente, cultural-mente ed anche economicamente, losviluppo sostenibile riconduce all’esi-genza di nuovi stili di vita, alla respon-sabilità individuale e collettiva, allapromozione del benessere.

La tutela dell’ambiente è insepara-bile dalla tutela dei contesti umani,familiari, lavorativi, urbani, potenzialilaboratori di sostenibilità, di là daogni forma di tecnocrazia e di scienti-smo. Nel libro, ispirato dal gruppo diPedagogia dell’ambiente della SocietàItaliana di Pedagogia (Siped), la svoltaecologica è connessa con la significan-za delle scelte pedagogico-educative,che chiamano in causa l’umanizzazio-ne del progresso tecnologico, l’equitànei rapporti di produzione e la dignitàdel lavoro.

La trama sistemica e relazionaledel mondo della vita impone di adot-tare una prospettiva ecologica integra-le (p. XIV). L’ecologia integrale diventail paradigma capace di tenere insiemefenomeni e problemi ambientali conle questioni della crescente disugua-glianza socioeconomica, del food safetye food security, della mobilità, della ef-fettiva vivibilità e bellezza degli spaziurbani. “La sfida urgente di protegge-re la nostra casa comune comprendela preoccupazione di unire tutta la fa-miglia umana nella ricerca di uno svi-luppo sostenibile e integrale, poichésappiamo che le cose possono cambia-re” (Papa Francesco, 2015, n.13).

La Terra è una “trama” vitale di cuigli esseri umani sono parte integrante.

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sioniTutto è connesso, né i problemi del

pianeta né quelli dell’umanità posso-no essere risolti senza tenere piena-mente conto di questa interconnessio-ne. “La grande visione sistemica delmondo ci aiuta a riconoscere la nostra‘immersione’ nella natura, supera lanostra alienazione dal resto della crea-zione, e modifica il modo in cui noi

possiamo fare esperienza di noi stessi”(Naess, 1989, p. 29), scuote in primisle nostre coscienze per imparare a ve-der il mondo come soggetto e non co-me oggetto, per prendersene cura esentirsi responsabili della vita, al servi-zio dell’umano.

Pierluigi Malavasi

L’educazione extrascolaticanel la seconda metà del Nove-cento è un pregevole, artico-

lato e ben bilanciato lavoro colletta-neo, coordinato con perizia e con ca-pacità progettuale da Giuseppe Zago.

Il volume è diviso in due particomposte ognuna da cinque contri-buti: la prima dedicata a “Luoghi isti-tuzioni e agenzie dell’educazione ex-trascolastica” e la seconda intitolata“Editoria media e prospettive del-l’educazione extrascolastica”. I diecidensi saggi, corposi e fra loro comple-mentari, compongono un mosaicoche rispecchia un’idea progettualemanifestata già nell’omonimo conve-gno padovano del 15 novembre 2016a cui parteciparono molti degli autoripresenti nel volume. Idea che nontrova però il suo compimento finale edefinitivo nella pubblicazione, ma

che semmai con l’uscita del libro neesaurisce solo una tappa per poi apri-re a nuovi spunti di ricerca. Andiamoperò per gradi.

Il cuore e l’asse portante del libroappaiono evidenti fin dalle primissi-me righe del saggio introduttivo diGiuseppe Zago in cui il curatore sot-tolinea, appunto, l’ultra decennalemarginalità del settore extrascolasticonegli studi storico-educativi, concen-trati al contrario prevalentemente sulsistema scolastico.

D’altro canto, più in generale,l’oggetto di indagine degli stessi studipedagogici ha ruotato a lungo, fino atempi recenti, intorno alla scuola,con sporadici momenti di rottura inparte favoriti dalla prospettiva stori-co sociale, la quale, dai primi anniottanta, ha tentato, con limitato suc-cesso, di affermarsi nella storiografia

Giuseppe Zago (a cura di)

L’educazione extrascolatica nella seconda metà del NovecentoFrancoAngeli, Milano 2017, pp. 256

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educativa. Una dimensione scuola-centrica, insiste il curatore, traditaanche dalla stessa denominazione“extrascuola”, piuttosto diffusa fra ildopoguerra e gli anni ottanta e anco-ra oggi, a parere di chi scrive, ancoranon di rado usata; espressione che hacomportato di conseguenza la divi-sione fra tempo scolastico e tempodedicato a ciò che sta fuori da questo“circuito” (p. 10).

Il rapporto tra il tempo e l’educa-zione nei primi trent’anni dell’Italiarepubblicana è infatti un altro grandetema che attraversa buona parte deisaggi, rimanendo sullo sfondo oemergendo in modo esplicito. Tempodi volta in volta intrecciato con i luo-ghi pensati (come gli Oratori moder-ni) o ripensati (come i musei) peravere uno scopo educativo. Troviamocosì il tempo extrascolastico organiz-zato dall’associazionismo cattolico eda quello laico, nei saggi di LucianoCaimi e Pietro Causarano, il tempodei bambini passato davanti alla tv oa leggere (Simonetta Polenghi, Gior-dana Merlo, Marnie Campagnaro eHans-Heino Ewers), oppure il tempoorganizzato nelle istituzioni integratecon la scuola o ad essa parallele, comequelle educativo-assistenziali nel cor-poso saggio dello stesso Zago, quelleper l’infanzia da 0 a 6 anni nel contri-buto di Monica Ferrari, quelle cultu-rali e museali nella proposta di FabioTarghetta.

Infine, e non è un caso, a chechiudere il volume è il saggio di CarlaCallegari il quale riflette sulle varieforme educative assunte dall’educa-

zione continua e/o permanente neidocumenti internazionali.

La discussione sul rapporto fra iltempo di scuola, il tempo cioè orga-nizzato e il tempo libero ha in effetticaratterizzato il dibattito pedagogicoa più livelli, coinvolgendo fra gli annisessanta e ottanta alcuni fra i più im-portanti pedagogisti dell’epoca. Aprocurare qualche preoccupazione almondo pedagogico fu soprattutto iltempo libero, ovvero una delle grandinovità di allora, un tempo in rapidacrescita a partire dagli anni cinquantagrazie ai processi di scolarizzazione iquali, tra le altre cose, liberarono manmano i bambini e i più giovani dal la-voro donando loro un’inedita orga-nizzazione dei tempi di vita quotidia-ni. Il tempo libero così, sempre a pa-rere di molti pedagogisti, andava ra-zionalizzato, governato, impiegato inqualcosa di utile e non “sprecato” inoccupazioni effimere o di solo e purosvago.

Ecco che le attività extra-scolasti-che proliferarono e assunsero nuoveforme e si accese pure il dibattito pe-dagogico. Tuttavia, come già ricorda-to, lo sguardo degli storici dell’educa-zione è stato a lungo distratto su que-sti temi, considerati di fatto attivitàcompensative rispetto alla scuola.Questo volume curato da GiuseppeZago offre invece un’occasione di rin-novato slancio alla prospettiva di ri-cerca storico educativa sull’extra-scuola e più in generale sui tempi esugli spazi propri dell’educazione. Inaltre parole L’educazione extrascolasti-ca nella seconda metà del Novecento,

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oltre ad indicare diverse occasioni diindagine nei singoli contributi cheraccoglie, invita anche a scavalcare ilrecinto dentro al quale spesso si sonoauto-confinati gli studi storico-edu-cativi per andare ad indagare in modopiù amplio e approfondito altri terri-tori magari in prospettiva sociale oculturale. Giuseppe Zago d’altro can-to è uno studioso attento ormai datempo ai temi di storia sociale e alladimensione dell’extra-scuola. Peresempio è uno fra i pochi in Italia adaver mostrato interesse di ricerca perla storia dell’educazione artigiana, al-tro argomento a dir poco trascuratonel panorama storico-educativo e chepuò al contrario vantare piena cittadi-nanza nell’ambito extra-scolastico estorico-sociale.

Insomma i dieci saggi che com-pongono il libro offrono, da una par-te, occasioni di rilettura di alcuni spa-zi dell’extrascolastico già studiati inpassato, come quelli del mondo asso-ciativo (Caimi, Causarano) o dellestrutture educative per l’infanzia (Fer-rari), con efficaci, attente e documen-tate sintesi.

Dall’altra aprono scenari in campimeno frequentati dalla storiografia

educativa, come le istituzioni educati-vo-assistenziali (Zago) e i musei (Tar-ghetta). Nella seconda sezione del vo-lume invece i temi e le trasformazionidella letteratura per l’infanzia nei pri-mi decenni post bellici occupano bentre contributi (Merlo e Campagnarosull’Italia e Ewers sulla GermaniaOvest), seguiti da un puntuale e pia-cevole viaggio (di Polenghi) fra la dif-fidenza e le contraddizioni che emer-gono dalle pagine dedicate al cinemae alla TV del “Corriere dei Piccoli”negli anni della modernizzazione delnostro paese. Infine, come accennato,una diligente analisi comparativistica(di Callegari) di alcuni documenti in-ternazionali sull’educazione extrasco-lastica chiude e sigilla perfettamenteil volume.

Nel loro insieme i contributi deivari autori costituiscono in definitivaun’ottima occasione di approfondi-mento e una stimolante riflessioneper gli specialisti ma anche una buo-na lettura esplorativa per chi muove iprimi passi nel campo della storia del-l’educazione come studente o da neo-ricercatore.

Stefano Oliviero

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Èquesto il primo libro italia-no su J. Campbell (1904-1987) che ripercorre l’insie-

me della sua vita, le sue idee e le sueopere. Egli fu studioso di mitologiecomparate e andò controcorrente oc-cupandosi più di similitudini e paralle-lismi, che non di differenze. Ha soste-nuto l’unità di fondo del genere uma-no non solo per certi aspetti culturali,ma anche sotto il profilo psichico.

Molto noto e apprezzato per il suostudio del paradigma universale delviaggio dell’Eroe, approfondì l’analisidelle figure ricorrenti nell’ immagina-rio mitico, e l’analisi semiotica.

Riteneva che la fase mitopoieticafosse della stessa essenza del sogno, inparticolare dei Grandi Sogni e dellevisioni. “L’immaginifico – scriveva –specie quello dei sogni, è la base dellamitologia”. L’atto creativo mitopoieti-co per J. Campbell è inarrestabile – edunque riguarda anche le epoche re-centi e il presente – in quanto è con-naturato ai processi cognitivi dell’es-sere umano. Perciò egli è andato allaricerca di un messaggio profondo uni-versale nelle molteplici mitologie dibase strutturatesi nelle epoche proto-storiche e preistoriche, poi variamentemodulate ed espresse secondo le cul-ture locali dei differenti gruppi etnicie delle varie civiltà.

Nei suoi studi ha incluso anche le

fiabe del folklore, le favole e le leggen-de, soprattutto nei loro aspetti iconici.Questi prodotti dell’immaginario ven-gono socializzati tramite narrazioni, ri-ti, cerimonie, canti, ritmi, danze, chehan da sempre costituito le forme basi-lari della comprensione del mondo edella comunicazione. In esse gli ele-menti metaforici e simbolici trasmet-tono valori di riferimento identitario.

Campbell sottolineava che il neo-nato d’uomo sin dalla sua nascita pre-coce è “esposto” al mondo, e, nellospecifico che qui interessa, alle in-fluenze e impressioni esercitate daisuoni, dalla voce, dai ritmi, dalla mu-sica, dalla danza, dai canti, dai segnalidel linguaggio corporeo e espressivo, eanche dai racconti dei miti e delle fia-be. Di cui coglie il pathos. Poi, cre-sciuto fisicamente abbastanza da po-tersi comportare come un cucciolodella nostra specie, questi elementi di-vengono presto parte costitutiva delsuo sentimento di identità personale edi gruppo (con l’identificazione dellesingole figure di riferimento), e le im-pronte che essi lasciano sono pratica-mente indelebili.

Inevitabilmente attraverso la rap-presentazione che tali elementi forni-scono del mondo, viene reso possibileal singolo individuo (e al singologruppo o comunità) interpretare ilmondo. Non appena il piccolo è in

Carlo Pancera

La forza del mito: l’eroico viaggio di J. Campbell attraverso la mitologia comparataMoretti & Vitali, Bergamo 2017, pp. 490

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grado di decodificare messaggi verbalicomplessi come quelli del nucleosemplice di una fiaba o di un mito, es-si servono anche per affrontare glieventi, e i nuovi problemi che si pre-sentano, per i quali essi indicano alcu-ne modalità per superarli. A volte essiportano più tardi anche alla ricerca diformule espressive nuove in cui inca-nalare la creatività e la immaginazionedi segni e di simboli inediti o che do-tano di nuovi significati, e di nuovenarrazioni.

Così la mitologia si rinnova. Co-munque alla base ci sono quegli im-printing sopracitati, impressi nella psi-che e nella mente dalle esperienzecompiute più significative.

Le sue opere presentano dunqueun punto di vista interessante e affa-scinante, in cui si valorizza una fortecomponente multidisciplinare e unametodologia interdisciplinare.

Negli anni Settanta J. Campbellsottolinea che una delle funzioni fon-damentali della mitologia è quella“pedagogica, che dà all’individuo unmodo per connettere il mondo inter-no psicologico, al mondo esterno fe-nomenico. Come ho tentato di sugge-rire – scriveva Campbell – la pedago-gia delle tradizioni da noi ereditate,oggi però non funziona più per tutti;pertanto, dobbiamo elaborare unanostra specifica pedagogia” (adeguataalla realtà odierna, parallelamente aduna nostra nuova mitologia).

Fu poliglotta, uomo “di multifor-me ingenio” e vasta cultura. Certe sueindicazioni sulla struttura delle narra-

zioni hanno ispirato anche l’ideazionedelle trame di noti film. Infine fu ungrande raccontatore di storie e comu-nicatore, instancabile conferenziere,sia dal vivo che per radio e televisione.Infine si consideri che Campbell oltreche ricercatore, fu anche un impor-tante e attivissimo promotore di unaeducazione aperta e sperimentale basatasul dialogo, nei quasi 4 decenni in cuifu insegnante in un prestigioso Colle-ge femminile, e tenne corsi per adultial Forum di cultura popolare Cooper aNew York, e all’Istituto di formazionepermanente Esalen in California, en-trambi frequentati da persone di ogniorigine e livello socio-culturale, e for-mazione religiosa.

In definitiva, per J. Campbell, lanarrazione mitologica svolge almenoquattro fondamentali funzioni: in pri-mo luogo quella pedagogica, e psicolo-gica, per modellare il mondo dell’inte-riorità secondo le concezioni delle ri-spettive culture; quella di convalidarelo specifico ordine sociale in cui si vi-ve; quella di restituire una nostra im-magine del mondo; e quella di mante-ner vivo nella coscienza il senso dellameraviglia e la curiosità della scoper-ta, ovvero la creatività.

Questo libro di Carlo Panceravuole essere oltre a una rassegna com-plessiva, anche uno stimolo, un invitoa leggere direttamente J. Campbell,almeno quel che è stato tradotto initaliano dei suoi ben 105 titoli di pub-blicazioni.

Simonetta Polenghi

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