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Francis Kleynjans: “A l’aube du dernier jour” Di Roberta Mangano Il brano A l’aube du dernier jour di Francis Kleynjans trae la sua pro grammaticità dal romanzo L’ultimo giorno di un condannato a morte (Dernier jour d’un condamné) di Victor Hugo del 1829. In L'ultimo giorno di un condannato a morte sono narrati, in prima persona, gli ultimi giorni di vita di un prigioniero del carcere di Bicêtre, destinato al patibolo. La ragione che ha spinto Hugo alla scrittura di questo romanzo fu l’aver assistito a numerosi “spettacoli” di ghigliottina che hanno provocato in lui lo sdegno per la società francese che si permetteva di fare a sangue freddo la stessa azione per cui gli uomini venivano accusati. È all’indomani della traversata pubblica di un condannato nella piazza de l’Hotel de-Ville, dove il sicario ingrassava la ghigliottina in previsione della prossima esecuzione, che Victor Hugo si lancia nella scrittura di Dernier jour d’un condamné, che termina in breve tempo. Hugo redige un documento contrario alla pena capitale portando come tesi l'angoscia, la paura e l'impotenza del condannato stesso, rendendo in tal modo il lettore partecipe della tortura dell'attesa. Senza difendere un caso specifico (ignoti infatti sono sia il nome che il delitto commesso dal condannato), perora la causa dei condannati in generale e si erge contro la pena di morte e il sistema giudiziario. Interessante anche il prologo dell'edizione originale: un dialogo in un salotto della Parigi per bene tra persone che commentano e criticano fortemente sia lo stile che il contenuto del romanzo. Uno specchio fedele delle idee e della società dell'epoca. A l’aube du dernier jour di Nikita Koshkin è un brano di musica a programma che dipinge l’angoscia che assale un prigioniero in attesa di essere giustiziato. La trama generale è la stessa del libro Dernier jour d’un condamné di Victor Hugo e la musica segue la narrazione nel suo prevedibile ordine cronologico: l’attesa, la marcia verso il luogo dell’esecuzione e infine la morte. Il brano è suddiviso in due sezioni Attente, e A l’àube. Attente è una sorta di preludio alla seguente sezione più lunga, e traduce l’angoscia dell’uomo solo nella sua cella che vive l’attesa della morte. Kleynjans elimina il tempo cronologico dell’azione,

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Francis Kleynjans: “A l’aube du dernier jour”

Di Roberta Mangano

Il brano A l’aube du dernier jour di Francis Kleynjans trae la sua pro grammaticità dal romanzo

L’ultimo giorno di un condannato a morte (Dernier jour d’un condamné) di Victor Hugo del 1829.

In L'ultimo giorno di un condannato a morte sono narrati, in prima persona, gli ultimi giorni di vita

di un prigioniero del carcere di Bicêtre, destinato al patibolo. La ragione che ha spinto Hugo alla

scrittura di questo romanzo fu l’aver assistito a numerosi “spettacoli” di ghigliottina che hanno

provocato in lui lo sdegno per la società francese che si permetteva di fare a sangue freddo la

stessa azione per cui gli uomini venivano accusati. È all’indomani della traversata pubblica di un

condannato nella piazza de l’Hotel de-Ville, dove il sicario ingrassava la ghigliottina in previsione

della prossima esecuzione, che Victor Hugo si lancia nella scrittura di Dernier jour d’un condamné,

che termina in breve tempo.

Hugo redige un documento contrario alla pena capitale portando come tesi l'angoscia, la paura e

l'impotenza del condannato stesso, rendendo in tal modo il lettore partecipe della tortura

dell'attesa. Senza difendere un caso specifico (ignoti infatti sono sia il nome che il delitto

commesso dal condannato), perora la causa dei condannati in generale e si erge contro la pena di

morte e il sistema giudiziario.

Interessante anche il prologo dell'edizione originale: un dialogo in un salotto della Parigi per bene

tra persone che commentano e criticano fortemente sia lo stile che il contenuto del romanzo. Uno

specchio fedele delle idee e della società dell'epoca.

A l’aube du dernier jour di Nikita Koshkin è un brano di musica a programma che dipinge l’angoscia

che assale un prigioniero in attesa di essere giustiziato. La trama generale è la stessa del libro

Dernier jour d’un condamné di Victor Hugo e la musica segue la narrazione nel suo prevedibile

ordine cronologico: l’attesa, la marcia verso il luogo dell’esecuzione e infine la morte.

Il brano è suddiviso in due sezioni Attente, e A l’àube.

Attente è una sorta di preludio alla seguente sezione più lunga, e traduce l’angoscia dell’uomo solo

nella sua cella che vive l’attesa della morte. Kleynjans elimina il tempo cronologico dell’azione,

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come se sapesse che sarebbe impossibile per una persona isolata avere una concezione oggettiva

del tempo. Il compositore gioca piuttosto con il tempo psicologico dell’uomo che si sente sempre

più vicino alla morte e inserisce un ticchettio, come si trattasse della lancetta dei secondi, che è

l’elemento sonoro più importante di questa prima sezione. Il ticchettio è reso sulla chitarra

sempre sulle prime due corde in corrispondenza degli armonici più sordi della tastiera, cosicché

suonino più come percussioni intonate piuttosto che come angelici e aperti armonici. Il rapporto

tra i due suoni che formano l’effetto è sempre di una quarta discendente per via della distanza di

quarta fissa tra la prima e la seconda corda e del mantenimento dello stesso tasto.

L’angoscia del protagonista è introdotta già nelle prime battute in cui, per aggiunta, si ripete il

medesimo pattern ritmico-melodico cinque volte, ogni volta con l’inserimento di una nota e

dinamicamente in crescendo. È la paura che comincia a farsi spazio e che culmina nel ticchettio

ossessivo ripetuto sette volte. Nelle prime tre battute prevalgono gli intervalli di quinta diminuita

ascendente (fa#-do, si-fa) e di seconda minore discendente (do-si, fa-mi). La figura melodica

iniziale (fa#-do-si-fa-mi) e il ticchettio di quarta discendente (sol#-fa#) sono il materiale base di

Attente, che Kleynjans riutilizza nell’intero preludio.

Da battuta 9, al ticchettio armonico-percussivo, si aggiungono le triadi (fa,la,do# e do#,fa,la) che

mantengono tra loro la stessa distanza di 4° discendente. Di seguito le triadi continuano a sfruttare

il glissato della tastiera spostandosi con intervalli di seconda e di terza. Si nota già dalla prima

pagina come la scrittura del brano sia molto chitarristica, soprattutto “tastieristica”, dal momento

che in numerose occasioni viene mantenuta la stessa conformazione delle dita della mano sinistra

che glissano sulla tastiera tenendo così gli stessi rapporti intervallari.

Notiamo che il procedimento di Kleynjans per far “montare l’ansia” è la ripetizione degli stessi

intervalli in accelerando, su altezze diverse, e l’allungamento della figura tramite la ripetizione

degli stessi intervalli su tasti e corde diverse grazie a un meccanismo di pura digitazione

meccanica.

L’ossessione del prigioniero che in Victor Hugo è posseduto da una sola idea, la condanna a morte,

che lo accompagna per tutto il tempo tornando in continuazione nella sua mente, anche

inaspettatamente, è musicalmente tradotta dalle figurazioni in accelerando e verso l’acuto che

feriscono come coltelli il regolare fluire del tempo.

Queste sono le parole di Hugo che ben si sposano alle prime due pagine del brano:

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Une horrible, une sanglante, une implacable idée! Je n’ai plus qu’une pensée, qu’une conviction, qu’une

certitude : condamné à mort ! 1

M’obsède éveillé, épie mon sommeil convulsif, et reparait dans mes rêves sous la forme d’un couteau. 2

Seul à seul avec une idée, une idée de crime et de châtiment, de meurtre et de mort ! 3

Cette idée fixe qui me possède ne se présente-t-elle pas à moi à chaque heure, à chaque instant, sous une

nouvelle forme, toujours plus hideuse et plus ensanglantée à mesure que le terme approche ? 4

Come il libro, la cui maggioranza delle pagine è dedicata alla sua ultima attesa, dall’alba

all’esecuzione (48 pagine), mentre minore lunghezza ha il racconto dell’attesa del prigioniero

durante le precedenti sei settimane di prigione (30 pagine), anche il brano di Kleynjans dedica solo

42 battute all’attesa, mentre 115 battute sono dedicate alle ultime ore prima della condanna.

A l’aube, la seconda sezione del brano, inizia con una serie di particolari effetti che ben descrivono

la scena. La sovrapposizione della quinta corda sulla sesta crea una sonorità simile al rintocco delle

campane da chiesa. Kleynjans scrive sei rintocchi sulla partitura, che rappresentano sonoramente

le sei del mattino, l’alba. Le percussioni in crescendo sulle fasce della chitarra imitano i passi delle

guardie che si avvicinano per prelevare il condannato e portarlo al patibolo. Infine, lo stridore

dell’unghia che striscia sulla corda sembra il rumore di una porta che si apre, la cella del

prigioniero.

Il motivo sincopato di A l’aube fa la sua entrata a battuta 7 in tempo anacrusico e resta fino

all’ultima battuta come ossessivo pedale, come fosse la marcia inevitabile che conduce il

prigioniero alla ghigliottina, che si concluderà solo col fatidico colpo mortale.

Kleynjans sembra essere fedele al testo di Hugo indicando le ore 6, in cui le guardie vengono a

ricordargli che si tratta del suo ultimo giorno.

1 Victor HUGO, 2006: Le Dernier Jour d’un Condamné. Treditions Classics, Amburgo, Germania. Pag.208. (Traduzione mia). “Un’orribile, sanguinante, implacabile idea! Ho un solo pensiero, una sola convinzione, una certezza: condannato a morte!” 2 Ibidem, pag.208. “Mi ossessiona da sveglio, spia il mio sonno convulso, e riappare nei miei sogni sotto la forma di un coltello.” 3Ibidem, pag.216. “Lasciato solo a me stesso con un’idea, un’idea di crimine e di punizione, di omicidio e di morte!” 4 Ibidem, pag.216-217. “Non è forse vero che quest’idea fissa che mi possiede mi si presenta a tutte le ore, ad ogni istante, sotto nuove forme, ogni volta più spaventose e cruente con l’avvicinarsi della fatidica data?”

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Pendant que j’écrivais tout ceci, ma lampe a pali, le jour est venu, l’horloge de la chapelle a sonné six

heures. –

Qu’est-ce que cela veut dire ? Le guichetier de garde vient d’entrer dans mon cachot, il a ôté sa casquette,

m’a salué, s’est excusé de me déranger et m’a demandé, en adoucissant de son mieux sa rude voix, ce que

je désirais à déjeuner …

Il m’a pris un frisson. – Est-ce que ce serait pour aujourd’hui ?

C’est pour aujourd’hui ! 5

Il motivo base di quattro note si muove diatonicamente e cromaticamente formando una curva

che muove verso l’acuto per poi abbassarsi (re#, mi, re, do). Il motivo, inoltre, parte in pianissimo

per arrivare ad un fortissimo alla sua sesta ripetizione, così da dare l’idea di qualcosa che si

avvicina per poi allontanarsi a battuta 12, dove torna subito in piano.

Al regolare motivo se ne aggiunge un altro, tetico e cromatico, che si realizza sulla sesta corda

andando così a riempiere il tempo vuoto lasciato dal primo motivo. La sensazione è quella di una

marcia costante che fa da sottofondo sonoro a tutti gli altri eventi che inizieranno a farsi strada da

battuta 12. Come ha spiegato il compositore nell’intervista telefonica che mi ha rilasciato e

trascritta a pagina 57, il pattern melodico-ritmico dà una sensazione di circolarità, di continuo e

inarrestabile movimento proprio grazie alle due linee con ritmo tetico e anacrusico che riempiono

tutti i tempi della battuta e le cui note si sovrappongono creando un continuo allungamento dei

suoni, uno sull’altro.

Un’altra caratteristica subito riconoscibile è la diversità di scrittura tra le due sezioni del brano

Attente e A l’aube. Per la prima Kleynjans sceglie una scrittura non risuonante e piuttosto

minimalista, in cui le note non si sovrappongono volutamente l’una all’altra ma rimangono eventi

sonori singoli. Si tratta di una scrittura poco chitarristica, dal momento che il nostro strumento è

per sua propria natura uno “strumento risuonante” ed è infatti più facile ed idiomatico lasciar

vibrare i suoni piuttosto che fermarli. Kleynjans predilige quindi suoni secchi, pungenti e armonici

sordi in Attente per tradurre musicalmente il sordo ticchettio dell’orologio mentre cambia

scrittura in A l’aube. Qui il compositore sceglie un ampio uso di armonici sonori, corde a vuoto e

accordi che risuonano anche dopo il loro proprio evento sonoro mentre la mano del chitarrista è

già impegnata in un altro disegno melodico. Se è vero che esiste questa differenza di scrittura di

5 Ibidem, pag.238. “Mentre scrivevo tutto questo, la mia lampada si è oscurata, si è fatto giorno, l’orologio della cappella ha suonato le sei. Cosa significa? La guardia è appena entrata nella mia cella, si è tolta il berretto, mi ha salutato, si è scusata di disturbarmi e mi ha chiesto, addolcendo meglio che poteva la sua voce dura, quello che desideravo mangiare … Mi è preso un brivido. È oggi? È oggi!”

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base, è anche vero però che esistono delle scelte comuni tra le due sezioni come l’utilizzo di

pattern melodico-ritmici che caratterizzano l’una e l’altra: il ticchettio sordo in Attente e la marcia

dei bassi in A l’aube.

Da battuta 12 iniziano le volatine di note che disturbato il regolare e ossessivo ripetersi del motivo

dei bassi. Queste figurazioni di disturbo in sedicesimi si allungano ad ogni ripetizione e sono

caratterizzate dall’alternanza di due accordi, il mi minore e il la minore.

Gli interventi melodici all’acuto che si sovrappongono e si intersecano con il motivo in 4/4 del

basso rappresentano l’immaginazione del condannato che vorrebbe ribellarsi al suo destino,

inesorabilmente ricordato, però, dalla continua marcia. Gli interventi si fanno sempre più lunghi e

in crescendo dinamico proprio come accadeva nella prima pagina di Attente dove il compositore

insinuava a poco a poco l’idea, che prendeva sempre più spazio ad ogni ripetizione. La chitarra in A

l’aube è più che mai uno strumento polifonico che permette di descrivere nello stesso momento

due realtà differenti, quella concreta della marcia verso il patibolo e quella immaginaria nella testa

del protagonista. Questa scelta compositiva è di natura assolutamente modernista, se pensiamo

alla nuova definizione di tempo che gli esponenti del modernismo novecentesco ci hanno lasciato

in eredità. Secondo uno dei supposti del manifesto modernista, infatti, il tempo non è lineare dal

momento che tutti gli eventi si manifestano simultaneamente; nella storia, quindi, non è possibile

avanzare o regredire poiché esiste solo un’eterna ricorrenza.6 Kleynjans è riuscito quindi

nell’impresa di dipingere la simultaneità di due realtà parallele, come Picasso o Cezanne facevano

nei loro quadri, ponendo attenzione a più facce dello stesso soggetto contemporaneamente. La

musica è certo una delle arti più funzionali a questo scopo proprio grazie alla sua naturale pluralità

di voci, e di cui a proposito ricordo le parole piene di invidia della scrittrice inglese Virginia Woolf:

Vorrei poter scrivere quattro righe alla volta come fa un musicista, perché mi sembra sempre che tutto

avvenga simultaneamente su così tanti livelli diversi.7

Da battuta 65 comincia la prima sezione piacevolmente melodica, dal carattere danzante dato

dalla scrittura staccata. Il materiale melodico è un’elaborazione di quello già utilizzato in

precedenza, come l’elemento scalare discendente con le appoggiature e legature chitarristiche.

6 Anna ANSELMO, 2009: Modernism. Editoriale DSU, Milano, Italia. 7 “I wish I could write four lines at a time, as a musician does; because it always seems to me that things are going on at so many different levels simultaneously” (traduzione mia). Citato in Pierpaolo MARTINO, 2012: Mark the Music. Aracne editrice, Roma, Italia. Pag.102.

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La sezione termina con la riproposizione della medesima linea melodica su diverse altezze con al

basso un movimento di quarta ascendente ripetuto varie volte (mi-la, si-mi, fa#-si). Questa

sezione, nonostante non si possa definire di impianto tonale, soprattutto per la costruzione di tipo

orizzontale-contrappuntistica piuttosto che verticale, è comunque molto lirica e risulta come una

piacevole spiaggia consonante rispetto al resto della composizione. L’autore aiuta

nell’interpretazione con le indicazioni “con grazia”, “molto danzante (con spirito, fantasia e una

punta di sarcasmo)” oltre che “metallico” e “ironico” che fanno capire come questa atmosfera

sognante in cui il detenuto si abbandona ai dolci ricordi, dimenticando per un poco la sua

condizione d’ansia, nasconda un’amarezza di fondo. Questa sezione ricorda il punto della

narrazione di Hugo in cui il detenuto sperava che Dio avesse la bontà di fargli ascoltare il canto

degli uccelli, mentre nella realtà una voce di donna si leva fino alla sua finestra. Egli ascolta

avidamente la canzone che la giovane cantava, che si rivela però essere un’aria lenta e languorosa.

“Una specie di canto triste e lamentoso”8 che delude le sue aspettative di un canto allegro e

spensierato.

Je ne saurais rendre ce que j’éprouvais; j’étais à la fois blessé et caressé. Le patois de la caverne et du

bagne, cette langue ensanglantée et grotesque, ce hideux argot, marié à une voix de jeune fille, gracieuse

transition de la voix d’enfant à la voix de femme ! tous ces mots difformes et mal faits, chantés, cadencés,

perlés !

Ah ! qu’une prison est quelque chose d’infâme ! Il y a un venin qui y salit tout. Tout s’y flétrit, même la

chanson d’une fille de quinze ans ! Vous y trouvez un oiseau, il a de la boue sur son aile ; vous y cueillez

une jolie fleur, vous la respirez ; elle pue.9

Riportando questo estratto del testo non voglio associare in maniera univoca la musica alle parole

di Hugo, dal momento che Kleynjans ha elaborato liberamente la narrazione. Il mio intento è

quello di far notare come ci sia stata comunque un’inevitabile influenza da parte delle tre grandi

parti del testo in cui il protagonista si abbandona a fantasie e ricordi che si sono tradotti in A

l’aube proprio in tre spiagge tonali.

8 Ibidem, pag.234. 9 Ibidem, pag.236-237. “Non saprei spiegare ciò che provavo, mi sentivo benedetto e accarezzato. Il dialetto cavernoso, quella lingua insanguinata e grottesca, quel parlato odioso, sposato ad una voce di giovane, graziosa transizione dalla voce d’infanzia a quella di donna! Tutte queste parole difformi e mal espresse, cantate, cadenzate, imperlate! Ah! La prigione è proprio qualcosa di infame! Vi è un veleno che assale tutto. Tutto ci si impregna, anche la canzone di una giovane di quindici anni! Come trovare un uccello che ha del fango sulla sua ala; o cogliere un bel fiore, lo si respira e puzza.”

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A seguito di questa sezione consonante e sognante ricomincia l’angoscia che assale il protagonista

a partire da battuta 89, che presenta nuovamente il tema ai bassi con l’indicazione del

compositore “inesorabilmente ossessivo”.

Nelle battute 99-100 una scala discendente dal mi del dodicesimo tasto al mi della prima corda a

vuoto si appoggia continuamente alla corda a vuoto imitando per poco la tecnica del tapping

chitarristico. Il ribattuto di mi si trasforma nel ribattuto delle note re e mi all’interno delle terzine

di sedicesimi di cui la prima nota crea la linea melodica (la-si-la-sol-la) su due ottave differenti per

poi spostarsi sulla nota re e allungarsi in un movimento di intervalli di seconda e terza. Le ultime

tre note della sezione, isolate sui bassi, conducono con continuità ad una nuova “isola felice” del

brano che utilizza il motivo ritmico in terzine, già preannunciatoci prima. Questa sezione più

consonante, al contrario dell’altra che aveva un carattere staccato e danzante, ha l’indicazione

“molto legato e sonoro, grave”. Si tratta di una melodia al basso accompagnata dalle altre due

note della terzina che costituiscono il tappeto armonico, che a volte danno origine ad accordi

come sol minore (b. 104), re maggiore in primo rivolto (b. 105) e la settima diminuita senza la terza

(b.107). Gli accordi creano così un movimento da quella che può considerarsi una tonica, il sol,

verso il quinto grado, re, per poi muoversi sul primo grado alterato, sol#. Da battuta 108, piuttosto

che di costruzioni armoniche, si tratta di una scrittura a tre voci in cui quella centrale è un pedale

di re mentre le linee inferiore e superiore hanno lo stesso profilo melodico a distanza di sesta, fino

a raggiungere entrambe la nota mi (b.109). Dall’accordo di mi minore inizia la coda della sezione

costituita da discese e ascese di note. A battuta 110 si trova l’indicazione “in un precipizio”, che

corrisponde a una discesa di tre note con intervalli di seconda maggiore e minore riproposta su

tutte le sei corde dalla più acuta alla più grave. Segue un tentativo di ascesa a due voci che

ripetono lo stesso profilo melodico sulle varie corde per poi inciampare di nuovo in una caduta

finale (b.112) che riprende negli ultimi ottavi il motivo base.

Questa sezione sognante che alla fine piomba di nuovo nell’angoscia può essere ancora una volta

associata alla pagine del testo in cui il protagonista immagina di scappare dalla sua cella per poi

essere preso e nuovamente condannato a morte.

Oh! Si je m’évadais, comme je courrais à travers champs !

Non, il ne faudrait pas courir. Cela fait regarder et soupçonner. Au contraire, marcher lentement, tête

levée, en chantant.

[…]

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Je sais auprès d’Arcueil un fourré d’arbre à coté d’un marais, où, étant au collège, je venais avec mes

camarades pêcher des grenouilles tous les jeudis. C’est là que je me cacherais jusqu’au soir.

La nuit tombée, je reprendrais ma course. J’irais à Vincennes. Non, la rivière m’empêcherait. J’irais à

Arpajon. – Il aurait mieux valu prendre du coté de Saint-Germain, et aller au Havre, et m’embarquer pour

l’Angleterre. – N’importe ! j’arrive à Longjumeau. Un gendarme passe ; il me demande mon passeport … Je

suis perdu !

Ah ! malheureux rêveur, brise donc d’abord le mur épais de trois pieds qui t’emprisonne ! La mort ! La

mort !10

A battuta 114 comincia una figurazione in salita a tre voci subito interrotta dalla terza ed ultima

sezione intensamente lirica dalla dicitura “espressivo e doloroso, bene il canto all’acuto”. Qui la

melodia all’acuto si staglia sopra il basso armonico e un arpeggio nel registro e nelle corde centrali.

Come abbiamo visto questa sezione risponde a logiche tonali, ed è forse l’unica nell’intero brano a

palesarlo così chiaramente, e appare proprio come un’intrusione liricamente ottocentesca che

presto riprende il motivo ascendente a tre voci interrotto a battuta 114.

La musica così dolcemente espressiva, ma dal carattere doloroso e triste, trova traccia nel testo di

Hugo nel momento in cui il protagonista si abbandona a dolci ricordi d’infanzia che fanno i conti

con l’amara consapevolezza che si tratta di un passato mai più recuperabile.

J’ai fermé les yeux, et j’ai mis les mains dessus, et j’ai taché d’oublier, d’oublier le présent dans le passé.

Tandis que je rêve, les souvenirs de mon enfance et de ma jeunesse me reviennent un à un, doux, calmes,

riants, comme des iles de fleurs sur ce gouffre de pensées noires et confuses qui tourbillonnent dans mon

cerveau.11

Ma belle enfance! Ma belle jeunesse! Etoffe dorée dont l’extrémité est sanglante. Entre alors et à présent il

y a une rivière de sang ; le sang de l’autre et le mien.

10 Ibidem, pag.237. “Oh! Se riuscissi a evadere come correrei per i campi! No, non dovrei correre, attirerebbe l’attenzione e i sospetti. Al contrario dovrei camminare lentamente, a testa alta, canticchiando. […] So che dopo Arcueil vi è una radura di alberi di fianco a una palude dove venivo tutti i giovedì a prendere le rane con i miei compagni del collegio. È lì dove mi nasconderei fino a sera. Iniziata la notte riprenderei la mia corsa. Andrei a Vincennes. Anzi no, il fiume sarebbe di impedimento. Andrei a Arpajon – Sarebbe stato meglio prendere per Saint-Germain e arrivare a Havre, e a imbarcarmi per l’Inghilterra. Che importa! Arrivo a Longjumeau. Passa un gendarme; mi domanda il mio documento di riconoscimento … sono perduto! Ah! Infelice sognatore, prima distruggi lo spesso muro di tre piedi che ti imprigiona! La morte! La morte!“ 11 Ibidem, pag.262. “Ho chiuso gli occhi e vi ho messo le mani sopra. Ho cercato di dimenticare, di dimenticare il presente con il passato.Mentre sogno, i ricordi della mia infanzia e della mia giovinezza ritornano uno ad uno, dolci, calmi, ridenti come isole fiorite su questo abisso di pensieri neri e confusi che vorticano nel mio cervello.“

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Si on lit un jour mon histoire, après tant d’années d’innocence et de bonheur, on ne voudra pas croire à

cette année exécrable, qui s’ouvre par un crime et se clôt par un supplice ; elle aura l’air dépareillée.

Et pourtant, misérables lois et misérables hommes, je n’étais pas un méchant !

Oh ! mourir dans quelques heures, et penser qu’il y a un an, à pareil jour, j’étais libre et pur, que je faisais

mes promenades d’automne, que j’errais sous les arbres, et que je marchais dans les feuilles !12

A battuta 130 ritroviamo nuovamente il motivo base, adesso arricchito saltuariamente da accordi

all’acuto in controtempo. Il motivo finisce a battuta 131 con una scala discendente la-sol-fa che

conduce all’effetto arpistico prodotto dallo scivolamento delle dita della mano destra lungo le

corde dal grave all’acuto e ritorno. L’insieme di note sembra essere la sovrapposizione di due

accordi, il primo sulle corde gravi (do#-mi-sol) e sulle corde acute (la#-do#-mi). Di nuovo la doppia

discesa cromatica delle linee acuta e grave conduce alla ripetizione dell’accordo e, nella seconda

ripetizione, al finale del brano marcato dal ritorno del motivo base (b. 134).

Il motivo sui bassi è arricchito dai suoni armonici del dodicesimo e diciannovesimo tasto. Questi

suoni leggeri dal carattere sognante, quasi irreale, al dodicesimo tasto sono gli stessi suoni delle

corde a vuoto all’ottava sopra, sol-si-mi, mentre al diciannovesimo tasto troviamo le note re-fa#-

la. L’utilizzo delle note delle corde a vuoto, anche se all’ottava sopra, è il medesimo dell’entrata

del motivo base nelle battute 13-14.

L’effetto che produce questa sezione è sicuramente la creazione di un’atmosfera sonora ricca e

risuonante. L’utilizzo dei suoni armonici artificiali prodotti con la mano destra, il cui suono

prosegue anche dopo la loro esecuzione, permette al chitarrista di realizzare

contemporaneamente il motivo dei bassi creando così un tappeto sonoro circolare e voluminoso.

A battuta 141, con l’accordo di mi minore si chiude la sezione dei suoni armonici e continua il

motivo base, a cui si aggiunge all’acuto una melodia ascendente in minore che si conclude con una

linea discendente dal fa# al si (b.144).

Il continuo alternarsi della suddivisione ritmica in due e in tre, ulteriormente complicato dal gioco

di imitazioni e dalla scrittura fugata, traduce la confusione provata dal condannato nei suoi ultimi

12 Ibidem, pag.264-265. “La mia bella infanzia! La mia bella giovinezza! Stoffa dorata di cui l’estremità è insanguinata. Tra il passato e il presente scorre un fiume di sangue, il sangue altrui e il mio. Se leggeranno la mia storia un giorno, dopo tanti anni innocenti e felici, non si vorrà credere a questo anno esecrabile che si apre con un crimine e si chiude con un supplizio. Sembrerà poco plausibile. Eppure, miserabili leggi e miserabili uomini, non ero un uomo malvagio! Oh! Morire tra qualche ora, e pensare che un anno fa, lo stesso giorno, ero libero e puro, che facevo le mie passeggiate autunnali, che erravo tra gli alberi e camminavo tra le foglie!“

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minuti e negli ultimi passi che lo conducono verso il suo destino. Nel libro, il protagonista

paragona la confusione attuale con quella provata a causa del rintocco delle campane di Notre

Dame, evento che si ricollega alla storia anche per il valore temporale delle campane e per la sua

componente ovviamente religiosa.

Tout à coup l’énorme cloche tinta ; une vibration profonde remua l’air, fit osciller la lourde tour. […] Le

bruit faillit me renverser ; je chancelai, prêt à tomber, prêt à glisser sur les auvents d’ardoises en pente. De

terreur, je me couchai sur les planches, les serrant étroitement de mes deux bras, sans parole, sans

haleine, avec ce formidable tintement dans les oreilles, et, sous les yeux, ce précipice, cette place profonde

où se croisaient tant de passants paisibles et enviés.

Eh bien ! il me semble que je suis encore dans la tour du bourdon. C’est tout ensemble un étourdissement

et un éblouissement. Il y a comme un bruit de cloche qui ébranle les cavités de mon cerveau, et autour de

moi je n’aperçois plus cette vie plane et tranquille que j’ai quitté, et où les autres hommes cheminent

encore, que de loin et à travers les crevasses d’un abime.13

Quest’ultima sezione, creando continuamente cambiamento, produce anche stupore e

imprevedibilità, come se il destino ormai programmato e consapevole del condannato prenda una

svolta inaspettata, quasi inattesa.

Trois heures sonnaient, on est venu m’avertir qu’il était temps. J’ai tremblé, comme si j’eusse pensé à

autre chose depuis six heures, depuis six semaines, depuis six mois. Cela m’a fait l’effet de quelque chose

d’inattendu.14

A battuta 155 Kleynjans riprende il motivo base, questa volta con la variante sonora dell’étouffé,

sempre con due linee, quella inferiore che sale cromaticamente mentre quella superiore forma

una linea curva. Nell’ultima battuta continua il movimento cromatico delle due linee che

13 Ibidem, pag.266. “Di colpo l’enorme campana rintoccò; una vibrazione profonda scosse l’aria e fece oscillare la pesante torre. […] Vacillai per via del suono, quasi da cadere e scivolare sulle tettoie di ardesia in pendenza. Dal terrore mi adagiai sulle assi stringendole fortemente con entrambe le braccia, senza voce, senza fiato, con un incredibile rintocco nelle orecchie e un precipizio sotto ai miei occhi, la piazza dove si incrociavano numerosi passanti tranquilli e che invidiavo. Ebbene, mi sembra di trovarmi ancora nella torre del campanone. È insieme uno stordimento ed un abbaglio. Sento come un rumore di campane che scuote le cavità del mio cervello, e intorno a me non vedo più quella vita piana e tranquilla che ho lasciato, dove gli altri uomini camminano ancora, se non da lontano e attraverso le fessure di un abisso.“ 14 Ibidem, pag.278. “Suonarono le tre e vennero ad avvertirmi che era giunto il momento. Tremai, come se avessi pensato ad altro da sei ore, da sei settimane, da sei mesi. Mi ha fatto l’effetto di qualcosa di inatteso.“

Page 11: Francis Kleynjans: “A l’aube du dernier jour” · PDF fileA l’au e du dernier jour di Nikita Koshkin è un brano di musica a programma che dipinge l’angoscia che assale un

terminano sulla nota mi, la cui intonazione viene distorta con il bending15 che la innalza a fa.

Questo suono, insieme allo stridore provocato dallo sfilare dell’unghia sulla corda bassa, vuole

forse imitare il rumore metallico della ghigliottina che viene preparata per l’esecuzione. Per

concludere, la percussione della corda traduce il colpo finale che pone fine alla vita del

protagonista creando il silenzio.

15 Il bending, termine inglese che significa "piegatura", è un effetto di glissando che mira ad alterare una nota musicale di partenza fino a portarla a una più alta o bassa nota di arrivo. L'intervallo tra le due note spazia dal semitono ai due toni, a seconda dei limiti fisici dello strumento utilizzato.