Equipes Notre Dame LA VITA NON È UNAFUGA€¦ · 10122 Torino Tel. 011.5214849 Fax 011.4357937...

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lettera end 135 135 l ettera end periodico bimestrale ottobre 2005 novembre Poste Italiane - Spedizione in A.P. - Art. 2 Comma 20/C Legge 662/96 - D.C. - D.C.I. - Torino- n. 5/2005 Taxe Percue Equipes Notre Dame amare, accogliere, capire LA VITA NON È UNA FUGA

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  • letteraend135135

    letteraendperiodico bimestrale

    ottobre 2005 novembre

    Poste Italiane - Spedizione in A.P. - Art. 2 Comma 20/CLegge 662/96 - D.C. - D.C.I. - Torino- n. 5/2005

    Taxe Percue

    Equipes Notre Dame

    amare, accogliere, capire

    LA VITANON È

    UNA FUGA

  • indice

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    Dagli EquipiersC’era una voltaLa famiglia è mai stataun nucleo protetto?Se il figlio di Dio non è sceso dalla croce,come può scenderne il ladrone?Un aiuto concreto dagli équipiersI tre specchiConsiderazioni sulla Sessioneprimaverile di SassoneReportage da NoceraPillole di SessioneCome pregare in coppia?L’esperienza dei SalmiEquipe Notre Dame, ti ringrazio

    ForumLa spiritualità della coppianel mondo attualeAutorità e magistero della Chiesa

    Sestante

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    Note di redazione

    Editoriale

    Corrispondenza ERIUn’esperienza di vitaall’interno dell’ERIIn memoria di Giovanni Paolo IILa Segreteria Internazionale

    Notizie dal mondoIl Collège delle END all’isola Mauritius

    Notizie dall’ItaliaDalla riunione di Equipe Italia

    Formazione permanente“Lasciate che l’una e l’altrocrescano insieme”Contro i punti di fuga occorreriattivare la memoria dell’origine

    Vita di coppia nel quotidianoNon è solo con lo sballo che i giovanicercano punti di fugaPapà ci accompagni in discoteca?

  • uesto numero della Lettera ha come tema la Coppia e laFamiglia nei confronti dei punti di fuga dei figli dallafamiglia stessa, cioè di come si possa dialogare in manie-ra efficace con le attrazioni esterne che rischiano di por-

    tare la famiglia fuori dalla sua reale essenza di nucleo di crescita peri figli.Nell’ Editoriale, Equipe Italia riprende un tema già più volte trat-tato che è quello dell’ospitalità. Con riferimenti puntuali a branidell’Antico e del Nuovo Testamento ci porta a riconsiderare ilmatrimonio come una condizione di ospitati ed ospitanti insieme,accogliendo il coniuge, i figli, i genitori e il mondo che ci circon-da. Quanto ci stimola all’accoglienza la nostra appartenenza alleEND? In questa Lettera si è dato molto spazio ai contributi internazio-nali, che sottolineano l’importanza di fare parte di un Movimentointernazionale. In particolare la Corrispondenza ERI contieneuna testimonianza portata dai Responsabili della zona Eurafricasulle difficoltà concrete incontrate durante il loro servizio giuntoal termine. Inoltre i Responsabili della Segreteria Internazionale cidescrivono la loro attività poco visibile ma molto necessaria. PadreFleischmann ricordando la figura di Giovanni Paolo II ci invita ariflettere su due brani del Vangelo a lui cari.In Notizie dal Mondo Carla e Roberto Vio ci portano la testi-monianza sul Collège svoltosi in agosto all’Isola Mauritius e sullavita della comunità cristiana minoritaria in un paese multietnico.Padre GianMario Redaelli prosegue il cammino di FormazionePermanente: prendendo spunto dal brano del Vangelo di Matteo13,30 sulla Parabola della zizzania affronta il tema di questaLettera sulle difficili situazioni che coppia e famiglia si trovano adover far fronte nella realtà quotidiana, rispetto ai modelli propo-sti dalla società moderna, che troppo spesso sono in conflitto coni principi di noi credenti. Ci propone allora un breve percorso edu-cativo a cui i genitori si possono ispirare per orientare la vita dei

    LE DIFFICILI REALTÀ QUOTIDIANE

    DELLA COPPIA

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    ioneLettera delle Equipes Notre Dame

    Periodico bimestrale della “Associazione Equipes NotreDame”

    Amministrazione e RedazioneVia San Domenico, 4510122 TorinoTel. 011.5214849Fax 011.4357937www.equipes-notre-dame.it

    Direttore responsabileLuigi Grosso

    Equipe di redazioneMaryves e Cris CodrinoMaria Angela e Silvano BenaAnna e Sergio BozzoPaola e Sandro CodaCinzia e Sergio MondinoDon Ermis Segatti

    Progetto graficoSergio Bozzo

    Traduzione dal franceseMaryves e Cris Codrino

    StampaLitografia GedaV. Fr.lli Bandiera, 45 - Nichelino (To)

    Reg. n.3330 del Trib. di Torinoil 4/10/1983

    Numero 135ottobre - novembre 2005

    Spedizione lettera n. 13420 luglio 2005Chiusura redazionale Lettera 13530 settembre 2005

    Jacopo Carucci detto il Pontormo Madonna col Bambino

  • i sembra che se c’è una temati-ca intorno alla quale, nelnostro Movimento, si è già

    tante volte riflettuto, è proprio quelladell’accoglienza, offerta e ricevuta,ovvero dell’ospitalità. Abbiamo cerca-to di ripercorrere le nostre esperienzedi vita lasciando che la Parola di Diofosse “lampada ai nostri passi” e moti-vo di conversione. Così tanti numeridi questa Lettera ci hanno offertotestimonianze e occasioni per pensaree ripensare alle nostre esperienze, allescelte e agli orientamenti che impri-mevamo alle nostre vite. Anche leSessioni Nazionali, che quest’annovedono la chiusura della trilogia diZaccheo, ci presentano quest’uomoaccogliente nei confronti di Gesù e diconseguenza, inevitabilmente, dispo-nibile al cambiamento, ad una inver-sione di rotta così impensabile in unocome lui. L’atteggiamento di Zaccheoera stato chiaramente suscitato dallostesso Gesù che lo aveva cercato, avevacercato un odioso pubblicano, avevaamato per primo qualcuno che nonera né amabile né amato.Ma perché proprio un Movimentocome il nostro si sente così interpella-to da un tema come quello dell’ospita-lità? Non è difficile cogliere come esso

    costituisca un vero fil-rouge, una lineaspartiacque nella geografia della nostraesistenza di coppie. Ognuno di noi,come coniuge, come ministro delsacramento che ha celebrato e celebra,è strutturalmente, costituzionalmentenella condizione dell’ospite, cioè del-l’ospitato e dell’ospitante insieme. Eognuno di noi sa bene quanta fatica equanta gioia insieme comporti l’in-contro delle nostre alterità: scegliendoquesto stato di vita abbiamo fatto ilnostro più grande investimento su talecondizione. Ci siamo accollati unrischio, convinti dalla Parola di Diodi guadagnare una risorsa, una risor-sa che scaturisce dal far spazio, esse-re spazio d’amore l’uno per l’altro.Ci siamo – più o meno consapevol-mente – inseriti in una logica che sov-verte l’idea che risorsa è ciò che si riescead accaparrare, su cui si esercita un pos-sesso e attraverso cui si gestisce unpotere.È avvincente leggere la Bibbia, comefa Carmine di Sante in un articolo del2003 comparso sul periodico “Matri-monio”, come un “trattato di ospitali-tà”. Già dai racconti della creazione ein particolare dal senso del Giardinodell’Eden si coglie la chiamata origina-ria dell’uomo a vivere in una realtà

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    Patrizia e Marco Rena - Equipe Italia

    figli, mettendoci in guardia sull’eventualità di fallimenti, ma invi-tandoci a considerare il lavoro fatto come un “seme di speranzadeposto nel cuore dei figli”.In Vita di Coppia nel Quotidiano troviamo la testimonianzadella sofferenza di coppie che hanno incontrato difficoltà nei rap-porti con i figli e riescono a recuperare il dialogo attraverso fatichee dolore.Ricca di testimonianze è la Rubrica Dagli Equipiers. Evidenziamo il racconto fantastico di cosa possa accadere, come inuna favola, nel villaggio di “c’era una volta”, quando la tranquilli-tà viene scossa da viandanti che seminano zizzania, trasformando-lo nel villaggio di “adesso non c’è più”. Infine un ConsigliereSpirituale, riportando una sua omelia tenuta nel corso dellaSessione estiva di Nocera, ci fa riflettere sull’identità della coppia edi come sia riflessa in tre specchi diversi.Tre contributi ci riportano alle Sessioni Nazionali di Sassone eNocera.La rubrica Forumriprende vigore einteresse: ci sono duecontributi sul temadella spiritualità dellacoppia nel mondoattuale e sull’inter-vento del magisterodella Chiesa.

    Con questa Lettera,che è l’ultima primadelle festività natali-zie, l’Equipe di Re-dazione augura a tuttigli équipiers e alleloro famiglie un Av-vento di amore, spe-ranza e gioia per ilBambin Gesù chenasce per tutti noi.

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    OSPITI...

    Nella pagina precedente: Andrea della Robbia - Adorazione del Bambino

  • insensibili agli altri perchéconcentrati su se stessi,pieni di paura per sé. Nonsono realistici quadrettiidilliaci di nonni tuttiproiettati verso le nuovegenerazioni, ma ancorauna volta la logica dell’o-spitalità può diventarerisolutiva perché mette alriparo da ogni invasionedi campo e rivendicazio-ne di proprietà.Poi c’è il vastissimocampo delle relazioniextrafamiliari: ci sonotanti contesti, abitativi,lavorativi, civili ed eccle-siali che mettono allaprova la nostra “ospitalità

    strutturale” e già sperimentata inambito familiare, lo scontro o l’indif-ferenza sembrano essere, nella sostan-za dei fatti, le uniche due modalità sucui impostare le relazioni, per cui soloun “recinto” ben chiuso sembra darepossibilità e garanzia di sopravvivenza.E la dimensione dell’ostilità torna afarsi forte perché rassicurante. Non c’ènulla da “provare”, da verificare, damettere in discussione, c’è solo, e piùsemplicemente, un nemico da com-battere. Abbiamo l’impressione che latanto sbandierata socializzazione (adesempio nella scuola) o la relazionali-tà da curare sui posti di lavoro, conl’utenza…, non abbiano dato vita aduna società dove tutti vivono meglioaccanto agli altri, anzi ci si ritira volen-tieri nella propria casa, nella propriaristretta cerchia familiare, nel proprioprivato… Ed anche questo rifluire,ritirarsi, richiudersi sempre più nonporta beneficio alla coppia, alla fami-

    facendo loro sperimentareche possono essere amatian-che quando non sonoamabili, perché il Signorefa così con tutti i suoifigli. Come coppie avre-mo allora trasmesso l’es-senza stessa della nostravita, del nostro stare insie-me e avremo contribuitoa cercare quella disposi-zione all’ospitalità di cuinoi stessi abbiamo biso-gno. Certo, perché anchei genitori hanno bisognodi essere accolti dai figli,di sentirsi amati pursapendo di non esseresempre amabili… E poi cisono i “nostri” genitori,più o meno avanti negli anni, più omeno presenti nelle nostre realtà dicoppie e di famiglie. Sono spesso chia-mati ad aiutarci con i figli, a supplirealle nostre assenze, ai nostri ritmi lavo-rativi assurdi… qualche volta speri-mentiamo, anche con fastidio, chenon accettano del tutto questo ruolo,che chiedono spazio e tempo per sé, esoprattutto attenzione nei loro con-fronti. I bisogni materiali crescono coltempo e sono legati alla salute, maanche ad un senso di marginalizzazio-ne che la nostra società occidentale,comunque, determina. Loro che,dopo Dio, ci hanno ospitato perprimi, hanno diritto non alla restitu-zione di un debito, ma alla certezzache non sono diventati clandestininelle nostre vite, servi dei nostri figli oladri nel nostro scarso e preziosotempo… La fragilità, anche fisica, iltrascorrere degli anni possono diven-tare motivo di egoismo che rende

    SOLO UN RECUPERATO

    SENSO DELL’OSPITALITÀ

    PUÒ FUNZIONARE DAFARMACO ALLE

    FERITE DELMONDO

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    nostro cammino, come noiattraversiamo quello diqualcun altro. Anche ilSignore ama queste nostrestrade, ama condividere icammini umani, farsi pre-sente quando l’incontroavviene nel suo nome, cioèsecondo la logica d’amoreche Egli stesso ha incarna-to. Il “nome”- così inteso-non è un recinto in cuichiudersi al sicuro, ma unorientamento di vita.Nelle nostre coppie speri-mentiamo quotidiana-mente la chiamata alla

    paternità e alla maternità, la chiamataa farci ospiti di bambini e ragazzi incerca di radici e prospettive, e poco cidovrebbe importare se sono o menonostri figli naturali… Sono figli ebasta, affidati a noi, su cui, ci dispiac-cia o meno, non possiamo rivendicarediritti di possesso. Essi vivono con noiin questa società che fa del bisognomateriale una necessità assoluta, unbisogno enormemente amplificato etotalizzante, alimento perfetto di unconsumismo che divora la terra e isuoi abitanti. Essere genitori allora èfarsi educatori di quel bisogno di sen-tirsi voluto, curato, ascoltato, sostenu-to, incoraggiato, anche contraddetto,ma sempre libero e mai disconosciuto.Così dobbiamo giustamente occupar-ci di ciò che i figli indossano o man-giano, della cultura e delle conoscenzedi cui dispongono, della salute piutto-sto che delle prospettive lavorative, malasciando intendere tutto come donoda condividere perché non si trasformiin un ingiustificato privilegio.Dobbiamo dialogare con i nostri figli,

    ospitale dove egli è accol-to gratuitamente. Il para-diso terrestre comunica lalogica dell’ospitalità el’uomo precipita nell’alie-nazione quando vi sosti-tuisce quella del possessoe rivendica un diritto intal senso. Dio è l’Ospiteche insegna l’ospitalitàcome modalità di relazio-ne e vita.Poi vi è la storia diAbramo, il “senza terra”,il quale, in Genesi 18, èprotagonista dell’acco-glienza dei tre ospiti che,nell’ora più calda, si recano alla suatenda. Accogliendo loro Abramoaccoglie la promessa di vita da parte diDio che si concretizza nel dono delfiglio Isacco.Ancora significativo è il raccontodell’Esodo: Dio libera il suo popolooppresso e sfruttato, istituisce con luiun’alleanza di fedeltà reciproca e lointroduce in una terra dove vivrà come“inquilino” (Lc 25, 23). Già, perché ilvero possesso, secondo Dio, è para-dossalmente rinuncia al possesso.Come non ripensare, qui, alle paroledi Gesù che ci ricorda: “Chi cercherà diconservare la sua vita la perderà, e chiavrà perduto la sua vita per me, la tro-verà”.Così interpellate, anche noi coppietentiamo di percorrere, pur tra milledifficoltà e cadute, la via del farci ospi-ti, del farci accoglienti e del lasciarciaccogliere, di sottrarre spazio alla ten-tazione del possesso per aprirci la viaall’incontro con il Signore. Le nostrevite assomigliano molto a strade pienedi incroci: qualcuno attraversa sempre il

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    riale OGNUNO DI NOI

    COME MINISTRODEL SACRAMENTO

    CHE HA CELEBRATO E

    CELEBRA È NELLACONDIZIONE DELL’OSPITE

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  • prima di tutto accolto.Chi è affezionato alla let-tura degli editoriali diquesta lettera noterà laripetizione, ma la naturaleconclusione di questo (eforse di ogni altro) nostrodiscorrere è ancora inMatteo 25, quando ilSignore ricorda ai disce-poli e a tutti come si vaincontro alla Salvezza:“Avevo fame…, avevosete…, ero ignudo, malato,carcerato,… Ogni voltache avete fatto questo aduno di questi miei fratellipiù piccoli…”

    Poiché il tema è quellodell’ospitalità, permette-teci, come Equipe Italia,

    ancora un pensiero di autentica grati-tudine a tutti gli équipiers che, nellenostre riunioni in giro per l’Italia, cihanno accolto presso di loro, hannospartito con noi il loro tempo e lo spa-zio delle loro case, hanno condiviso ilcibo e soprattutto un po’ della lorovita, delle loro gioie e delle loro diffi-coltà. Con loro abbiamo potuto gode-re della presenza del Signore Parola ePane.

    Noi di Equipe Italia traiamo da questiincontri una vera linfa vitale, la spintaa mettere a disposizione le nostre purlimitate forze perché questo Mo-vimento sia sempre più profetico diuna “umanità altra”, la quale credeche la Salvezza ha le coordinate del-l’ospitalità.

    dicare nessuno, di nonraccogliere pietre da terra,di non sguainare la spada,ma di seguirlo fino in cimaal Calvario per comunica-re all’uomo il senso dell’e-sistere e il destino di eter-nità cui è chiamato.Ma abbiamo iniziato ilnostro discorso cercandodi capire perché il temadell’ospitalità tanto citocca anche come Mo-vimento: quanto sappia-mo esercitare questa con-dizione imprescindibiledel nostro essere coppieche vogliono amarsi se-condo l’amore di Cristo?Quanto facciamo del-l’END un luogo privile-giato di questo esercizio,un’occasione grande che ci vieneofferta in questo senso? Quanto lenostre équipes sono luogo in cui ibisogni degli altri trovano spazio, ibisogni che, sono certo, di pensieri eparole condivisi ma anche di aiutomateriale coi figli, con gli anziani?Quanto ci mettiamo alla prova diquell’accoglienza a tutto tondo di cuiil Signore ci parla nel suo incontro conMarta e Maria? Perché Marta e Mariasono due facce della medesima meda-glia: non si può guardare veramenteall’uomo, alla sua concretezza, allastessa materialità dei sui bisogni senzaavere lo sguardo rivolto a Cristo,senza la giusta tensione verso la suaParola e la comprensione degli oriz-zonti di vita che apre, senza le aper-ture di accoglienza di chi si sente

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    leggere con attenzione lastoria si ha l’impressioneche gli uomini si sianosempre molto impegnati arestringere il numero dicoloro che potevano fre-giarsi del “titolo” diuomo. Così esercitare ilpossesso e il potere diven-tava più facile, menodestabilizzante rispettoalle coscienze…Certamente meno desta-bilizzante e più rassicu-rante di una continuaricerca, del confronto coldubbio, con la propriainadeguatezza, dell’infini-ta pazienza che Dio cichiede nella comprensio-ne della sua Parola, dellasua volontà, del suo pro-

    getto d’amore. Ci chiede di non giu-

    glia, che diventano luoghidi aperte o sorde ostilità.Solo un recuperato sensodell’ospitalità può funzio-nare da farmaco alle feriteche l’ostilità provoca.Viviamo un tempo dilacerazioni: la grande,recente bagarre del Re-ferendum sulla legge 40,ce ne ha offerto un elo-quente saggio…Eppure l’infinita delica-tezza del tema esigeva benaltri toni, ben altra dispo-nibilità alla ricerca dellaverità più importante ditutte, quella sull’uomo,sulla sua grandezza, digni-tà, inviolabilità… Qualcuno ha scritto cheora è tutto finito con lafine della vicenda referendaria e invececrediamo che oraè tempo di inter-rogarsi, confron-tarsi con la Parolae con le paroledegli uomini (leparole della scien-za, quelle dell’eti-ca, ecc.), chieder-ci che ospitisiamo non solodella vita “tutta”(dal concepimen-to alla morte, conl’impegnativo ar-co che tocca i dueestremi e – per ilcredente – siproietta nell’eter-nità), ma dellavita di tutti. A

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    CI SI RITIRAVOLENTIERI

    NELLA PROPRIACASA, NELLA

    PROPRIARISTRETTA CERCHIA

    FAMILIARE, NEL PROPRIO PRIVATO“

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    NON SI PUÒGUARDAREVERAMENTEALL’UOMOSENZA LE

    APERTURE DIACCOGLIENZA DI

    CHI SI SENTEPRIMA DI TUTTO

    ACCOLTO“

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    Nella pagina precedente: Luca Signorelli - La comunione degli apostoli

  • Spagna, l’Italia, la Siria evari paesi dell’Africa fran-cofona.Le Equipes Notre Damesono un vero miracolo.L’amore, l’amicizia, l’o-spitalità dei responsabili,degli équipiers e deiConsiglieri Spirituali sonouna testimonianza viventedello spirito di Cristo.Non potremo mai dimen-ticare tutti gli amici che cihanno accolti nei varipaesi. Tutti sono neinostri cuori e nelle nostrepreghiere. Un grazie atutti!

    Per concludere, una parola per dire ilnostro meraviglioso ricordo dell’in-contro della Super Regione Ispano-america a Bogotà, la nostra città nati-va, nell’anno 2004. Ci siamo riuniticon i nostri cari amici dell’EquipeResponsabile Internazionale. È stata un’altra esperienza indimenti-cabile per noi ma è stato anche moltoimportante per le équipes di quellaSuper Regione, tanto è vero che ora siparla di un prima e di un dopo rispet-to a quell’incontro.

    Riassumendo, siamo entrati nell’ERIchiedendoci cosa avremmo potutodare e questo non lo sapevamo. Siamosolamente coscienti di tutto quelloche abbiamo ricevuto!Un grande ringraziamento al Signoreche ci ha chiamati e ai nostri amicidell’ERI che ci hanno accolti!

    ni di lavoro, molto fatico-se ma molto produttive.Dobbiamo dire che quiabbiamo imparato a lavo-rare in collegialità nell’in-ternazionalità e cioè aprendere delle decisionialla luce dello SpiritoSanto. Un’esperienza magnifica!Il Collège, che si riunisceuna volta all’anno, è statoun’altra esperienza impor-tante sotto vari aspetti: diordine spirituale, religio-so, culturale, intellettuale,di conoscenze geografi-che, storiche, folcloristi-che e perché no, gastronomiche!Abbiamo conosciuto delle personalitàimportanti nei loro vari paesi maanche delle persone meravigliose perla loro umiltà e per il loro senso delservizio.Non possiamo non fare riferimentoalla nostra esperienza come coppia dicollegamento con la Zona Euroafrica.Questo ci ha permesso di sperimenta-re la forza dello Spirito.Ogni visita ad una Super-Regione o aduna Regione collegata all’ERI, ci hafatto veramente sentire tenuti permano da Dio. Il Signore ha fattomeraviglie!Ci siamo espressi in varie lingue chenon conoscevamo molto. Ci siamoarricchiti delle varie culture e nellostesso tempo ci siamo stupiti dell’uni-tà che esiste tra tutti gli équipiers deivari paesi della Zona: il Portogallo, la

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    TUTTO È INIZIATO CON UNA

    “CHIAMATA” DAPARTE DELLA

    COPPIARESPONSABILE

    INTERNAZIONALE

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    opo i sei anni passati al serviziodelle Equipes Notre Damecome membri dell’Equipe

    Responsabile Internazionale (ERI) ealla fine della nostra responsabilità, ci èsembrata importante una visioneretrospettiva.Tutto è iniziato con una “chiamata”da parte della coppia responsabileinternazionale.Una grande sorpresa!Sentimenti opposti si sono manifesta-ti: soddisfazione, incapacità, timore…,perché noi? Altre coppie nel mondosono più capaci di noi!...Alla fine un sentimento di servizio ciha portati alla serenità. Grazie Signoredi averci considerati con amore!Ci sono state molte preghiere e dis-cussioni, seguite da momenti di silen-zio, molte notti insonni e finalmente èvenuta la luce dello Spirito Santo:“non voi avete scelto me, ma io ho sceltovoi”.Abbiamo accettato, dunque, conumiltà, con piena fiducia nel Signore enello stesso tempo pieni di gioia.Le prime riunioni sono state moltodifficili: di fronte all’ignoto, la paura ciha dominato. La difficoltà della linguaè stata un ostacolo impegnativo dasuperare. Quante cose incomprensibilied inimmaginabili ci ha portato la

    UN’ESPERIENZA DI VITAALL’INTERNO DELL’ERI

    conoscenza degli altri! Persone, cultu-re, paesi, metodi di lavoro molto diffe-renti, esperienze buone e menobuone! Tutto questo ci ha aiutato adaccettare gli altri con le loro debolez-ze e ad apprezzare i loro sforzi.Quando ci siamo accettati gli uni e glialtri…, quando la fiducia ha vinto ladiffidenza…, un’amicizia profonda ènata attorno al Cristo e da allora è cre-sciuto un sentimento fraterno e si ècreato un affetto reciproco. Questa èla comunità di fede!Come è possibile questo? Siamo certiche ciò sia il risultato di due pratichefondamentali: la preghiera e la com-partecipazione.Infatti, sin dall’inizio la coppia respon-sabile ha insistito sulla loro importan-za per ritmare le nostre giornate dilavoro: una preghiera all’inizio dellagiornata, un’altra alla fine e in piùl’Eucaristia; tutto questo ha garantitola presenza dello Spirito.In più una messa in comune moltoprofonda ci ha permesso una cono-scenza approfondita di tutti. In questocampo dobbiamo sottolineare il ruoloimportante del nostro caro Consiglie-re Spirituale.Il lavoro…? Si svolge nei quattro gior-ni di riunioni che abbiamo tre volteall’anno, con delle lunghissime sessio-

    Costanza e Alberto Alvarado - ERI - Responsabili della zona Euroafrica

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  • Dio, quando ci è trasmes-sa dalla Chiesa?Al Cenacolo dove gliApostoli riuniti aspettava-no la venuta dello Spirito,tutti erano assidui e con-cordi nella preghiera insie-me con alcune donne e conMaria, la madre di Gesù(At 1, 14). Ricordiamoqui l’uomo GiovanniPaolo II per il quale lapreghiera era vitale, inunione con Maria, a cui

    Gesù sulla Croce ha affidato la mater-nità universale. Equipes Notre Dame, custodiamol’immagine di questo Papa totalmentededicato a Maria che conduce i suoifigli verso il Cristo Salvatore!Prima ho citato spontaneamente unafrase del Concilio Vaticano II spessoripresa nei testi di Giovanni Paolo II.È l’occasione per ricordare la suafedeltà all’insegnamento del Concilio.Ci ha anche richiamati al pentimentoper la nostra poca accoglienza delConcilio. Questo impegno deve pro-seguire.

    L’entusiasmo dei fedeli ha portato adiniziare il processo di canonizzazionedi Giovanni Paolo II. Ci uniamo aquesto movimento nel desiderio diessere fedeli alle sue intuizioni fonda-mentali che qui ho solo tratteggiato.Sappiamo pure che Papa BenedettoXVI ci guida sulla stessa strada.Ascoltiamolo con la stessa fiducia.

    non era abbastanza gene-roso per seguire Gesùrinunciando alla sua ric-chezza. E noi? Ci mettia-mo da parte, assai tristi?(rif. Lc 18, 18-23)

    Un altro brano spessocommentato: il BuonSamaritano. Gesù propo-ne questa parabola perilluminare la nostra rela-zione con il prossimo. IlBuon Samaritano, carita-tevole e misericordioso, è la figura diGesù, modello per convincerci adamare il prossimo come noi stessi.Quante volte Giovanni Paolo II ci hainvitati ad essere dei “BuoniSamaritani”?Dio infatti ha tanto amato il mondoda dare il suo Figlio unigenito, perchéchiunque crede in lui non muoia, maabbia la vita eterna. (Gv 16,13). Lasalvezza dell’uomo, la vita intera dellaChiesa provengono dal dono fonda-mentale dell’Incarnazione. Il CristoGesù è al centro in qualche modounito ad ogni uomo (rif. Vaticano II,GS n. 22. 2). Che si possa accoglieresempre meglio la sua presenza all’in-terno delle coppie!Quando verrà lo Spirito di verità, eglivi guiderà alla verità tutta intera (Gv16,13). Il Papa, di continuo, ci hainvitati a riconoscere la verità, di Dio,dell’uomo… Non ci converrebbeogni tanto meditare sul modo in cuiaccogliamo la verità, quando viene da

    CUSTODIAMOL’IMMAGINE DIQUESTO PAPATOTALMENTEDEDICATO A MARIA

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    a morte di Giovanni Paolo II el’elezione di Benedetto XVI cihanno segnato. I commenti

    sono stati numerosi. Le lettere delleEND ci hanno ricordato i messaggiche il Papa ci ha inviato. Dopo qual-che mese, mi sia permesso di evocaresolamente qualche tratto della suamemoria; prendiamo questa parola

    nel senso profondo di quello che rite-niamo per la nostra vita ecclesiale.Una certa familiarità con gli scritti e leparole di Giovanni Paolo II mi sugge-risce di partire da qualche passaggiodelle Scritture che ha spesso citato.Dio creò l’uomo a sua immagine; aimmagine di Dio lo creò; maschio e

    femmina li creò (Gen 1, 27). Siamostati colpiti dall’insistenza del Papasulla dignità dell’uomo, giustamentefondata da questa somiglianza con ilCreatore, con Dio Trinità; la capacitàdel mutuo dono con lo scambio diamore tra l’uomo e la donna si avvici-na alla vita di amore infinito in Dio.Tale somiglianza è anche la sorgente

    dell’esigenza morale: che l’uomo siadegno della sua condizione di esserestato creato a immagine di Dio.Giovanni Paolo II rievocava spessol’incontro di Gesù con l’uomo, o l’uo-mo giovane, che aveva dei beni e cheosservava i comandamenti. Gesù, fissa-tolo, lo amò (Mc 10, 21). Ma l’uomo

    Lcorrisp

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    RI IN MEMORIA DI

    GIOVANNI PAOLO II

    Padre François Fleischmann, Consigliere Spirituale ERI

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  • ma mentre vi scriviamo lanostra aiutante, Astrid, ciha lasciato per seguire suomarito in Nuova Cale-donia… e la sostituta nonè ancora arrivata!Vorremmo approfittare diquesta occasione per rin-graziare tutti gli équipierscon i quali siamo stati incontatto per il mondo,membri dell’ERI, respon-sabili di Super Regioni,Regioni e settori collegatiall’ERI, responsabili dellesegreterie, tesorieri, re-sponsabili della comuni-cazione e di tutti gli équi-piers in genere, per la lorogentilezza, la loro acco-

    glienza e la loro disponibilità allenostre domande. Sentiamo attraverso questo servizioche uno stesso spirito ci anima e che èper Lui che lavoriamo.

    Con la nostra fraterna amicizia per voitutti équipiers del mondo intero e inunione di preghiere.

    e dei cambiamenti deiresponsabili costituisconougualmente una dellenostre occupazioni…Non saremmo precisi se cidimenticassimo del con-trollo delle quote e dellefinanze del Movimentoche ci permettono di vive-re e di aiutare i paesi piùpoveri a sviluppare le loroéquipes e anche a parteci-pare alle riunioni interna-zionali; ci sono anchel’aggiornamento conti-nuo del sito Internetinternazionale, l’archivia-zione di tutta la docu-mentazione e delle pub-blicazioni dei vari paesi.La nostra missione è anche una mis-sione di accoglienza e con immensopiacere riceviamo gli équipiers di pas-saggio a Parigi che vengono a trovarci.Come ogni servizio per le END, ilnostro dura 6 anni. Assicuriamo ilcoordinamento della segreteria inter-nazionale, composta da noi e da unapersona stipendiata a tempo parziale;

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    QUANDO TUTTOAPPARE

    NATURALE EFACILE AGLIEQUIPIERS,ALLORA IL

    LAVORO DELLASEGRETERIA È

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    cosa può servire una segreteriainternazionale? Sicuramentetutti i responsabili delle segrete-

    rie delle Super-Regioni e delle Regionisi sono confrontati con la stessadomanda. Sanno quanto è indispensa-bile questo lavoro nell’ombra e sannoche questo servizio agli équipiers per-mette a tutto il movimento di viverearmoniosamente. Quando tutto appa-re naturale e facile agli équipiers, allo-ra il lavoro della segreteria è efficace.Ma riusciamo ad immaginare tutti glisforzi che occorre sviluppare per orga-nizzare una riunione di responsabili disettori, di équipes oppure per pubbli-care il tema di studio in tempo per l’i-nizio del nuovo anno?Uno dei primi lavori della segreteriainternazionale è l’organizzazione delleriunioni dell’Equipe Internazionaleche si tiene tre volte l’anno (di cui duesi svolgono a Parigi al 49 rue de laGlacière: sede internazionale delleEquipes Notre Dame dal 1988) equella del Collège Internazionale cheriunisce l’insieme dei responsabili delmovimento, circa una cinquantina dipersone, che si ritrovano ogni anno inun paese diverso, accolti da équipiersdel paese ospite.Durante questi incontri e per essi sipreparano un certo numero di docu-

    LA SEGRETERIAINTERNAZIONALE

    menti di lavoro e di conferenze, deiquali occorre evidentemente assicura-re e coordinare la traduzione nellequattro lingue ufficiali del movimentoche sono: francese, inglese, spagnolo eportoghese.A proposito, leggendo queste righe, seavete qualche competenza in questocampo, non dimenticate di farvi viviperché il lavoro è tanto… e gli operaipochi!L’avvento dell’informatica durante glianni ha considerevolmente modificatol’organizzazione del lavoro. I numero-si scambi si fanno ora esclusivamentecon Internet ed è un guadagno ditempo non indifferente e ci permettedei contatti più facili e più frequentigrazie alla velocità di trasmissioneanche dall’altra parte del mondo! Peresempio i nostri traduttori si trovanoin Inghilterra, in Brasile, in Columbia,in Australia, in Argentina, negli StatiUniti, ecc… e comunichiamo tramitee-mail con loro.Capirete che non è d’obbligo abitare aParigi per aiutarci.L’organizzazione materiale di unasegreteria di associazione ordinariacon uno statuto (Consiglio di ammini-strazione e Assemblee generali), latenuta dell’annuario e delle statistichedei membri, il controllo delle nomine

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    Ricordiamo a tutti gli équipiers che solo gli articoli firmati dall’ERI e da EquipeItalia esprimono la posizione del Movimento; tutti gli altri sono proposte che pos-sono essere oggetto di riflessione e confronto nel rispetto di un fraterno pluralismo.La redazione si riserva il diritto di condensare e ridurre i contributi pervenuti.

  • la formazione all’utilizzodei metodi naturali per laprocreazione. Solo duenumeri per dimostrarel’importanza di questaattività:- il 66% degli utenti dellaAction Familiale sonostate coppie indù omusulmane;- il tasso di crescita dellapopolazione è passato da31,6 per 1000 nel 1956 acrescita zero nel 1988;- Mons. Piat, l’attualevescovo dell’isola, nostroospite durante i lavori delCollège, nel suo inter-vento ha detto: “Le ENDhanno apportato un con-tributo decisivo per per-mettere alla Action Fa-miliale e al CPM di gio-care un ruolo chiave inun periodo drammaticodella storia della nostraisola”.Oggi nell’isola, che è unaRegione direttamentecollegata all’ERI, ci sono40 équipes con circa 380équipiers, di cui 20 consi-glieri spirituali. Se si pensache sull’isola sono presen-ti in tutto circa 85 presbi-teri compresi i religiosi,vuol dire che più del 20%di questi sono CS!Tutte gli équipiers dell’i-sola si sono mobilitatiper accogliere il Collègecon una celebrazioneeucaristica iniziale vera-mente partecipata, per

    sembra importante ricor-dare alcune cose: la genteè di una dolcezza incre-dibile, povera (stipendiomedio l’equivalente di200/300 euro) ma senzadegrado, sempre prontaa sorridere e a rendersidisponibili. Quando tiincontrano ti salutanoportandosi una mano apugno chiuso sul petto; èun gesto simbolo di unafrase di accoglienza: “tiporto nel cuore!”.I bambini quando vannoa scuola sanno già quat-tro lingue: inglese e fran-cese lingue ufficiali (ascuola si parla indistinta-mente l’una e l’altra),oltre al creolo e l’indù,dialetti familiari. Il creoloè un francese semplifica-to dagli schiavi; abbiamopartecipato ad una Messacon preghiere, omelia ecanti in creolo, che èstata di piuttosto difficilecomprensione ma digrosso impatto emotivo.I luoghi sono belli ma allafine forse alcune dellenostre isole lo sono anco-ra di più; sicuramente ciòche porta là tante personesono le spiagge splendidee poco affollate... e i prez-zi davvero incomparabilicon i nostri.La popolazione contaoggi circa 1.100.000unità, la maggioranzainduista. I cattolici sono

    300.000, e la sensazioneforte che abbiamo prova-to è di essere minoranza,ma proprio minoranzatotale, sia dal punto divista religioso e sia dalpunto di vista razziale.Abbiamo voluto comin-ciare con questa lungapresentazione dell’isola edel suo contesto permeglio capire perché ilMovimento ha deciso diaccogliere l’offerta cheormai due anni or sono èstata fatta all’ERI perospitare il Collège.Le Equipes Notre Damesono state introdottenell’isola Mauritius nellontano 1953, insieme alCPM, dal CardinaleMargéot, allora vicariogenerale della diocesi eche attualmente ultrano-vantenne vive ancora nel-l’isola. Le END sonostate uno dei pilastri fon-damentali di un organi-smo da lui fondato nel1963, denominato A-ction Familiale, in unperiodo di travolgentesviluppo demografico aseguito alla campagna dibonifica dalla malarianegli anni ’50, situazioneche aveva portato l’isolasull’orlo del tracollo eco-nomico.Action Familiale ha lavo-rato su due fronti: lacoscientizzazione allapaternità responsabile e

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    ul mappamondo èun piccolo puntonell’Oceano In-

    diano, a circa 550 km adest del Madagascar;5.000 km la separano daBombay in India e 6.000circa da Perth, in Au-stralia. Per raggiungerlada Parigi ci voglionocirca 12 ore di volo.Avvicinandosi con l’ae-reo, si scopre poi chenon è solo un piccolopunto, e non è nemme-no un atollo simile aquelli delle Maldive odelle Seychelles.Mauritius è una solaisola, estesa su un terri-torio poco più grandedella provincia di Roma;svettano qui e là monta-gne vulcaniche piuttostoalte e dalle forme al-quanto strambe. Il terri-torio è coltivato al 90% acanna da zucchero, laprincipale risorsa interna;un’altra risorsa importan-

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    Carla e Roberto Vio - Responsabili Equipe Italia

    te è il té, la cui produzio-ne viene destinata al 25%all’esportazione.Grazie ad un programmadi diversificazione eco-nomica iniziato neglianni ’70 e agli incentivicreati per attirare capitalistranieri, si è impostonegli ultimi anni il setto-re artigianale-industrialecome alternativa all’agri-coltura. Fiorente so-prattutto il campo tessilee il modellismo navale.I primi europei a imbat-tersi nell’isola sono statigli olandesi che nel 1598la colonizzarono e le die-dero il nome attuale inonore del principe Mau-rice di Nassau. Nel 1710sono subentrati i france-si; ma la posizione strate-gica dell’isola convinsegli inglesi che era neces-sario conquistarla, cosache avvenne nel 1810.Nel 1885 viene promul-gata la prima costituzio-

    ne; nel 1968 viene rico-nosciuta dal Regno Uni-to la sovranità dell’isola,che entra a far parte delCommonwealth.Agli effetti della politicacoloniale britannica sideve il profilo socio-cul-turale odierno dell’isola;abolita la schiavitù nel1835, si rese necessarioincentivare l’immigrazio-ne di manodopera per lefiorenti attività produtti-ve avviate dai francesi.Indiani e cinesi andaronoin successione ad affian-care le etnie europee eafricane già residenti,creando la base per l’o-dierna pacifica mescolan-za di popoli, religioni eculture.A margine del Collège, cisiamo fermati quattrogiorni con Maria Carla eCarlo Volpini. Abbiamovoluto visitare l’isola,ovunque possibile avvici-nare gli abitanti, e ci

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    IL COLLÈGE DELLE ENDALL’ISOLA MAURITIUS

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    gendo la frase degli Attidegli Apostoli, possiamodire che “… siamo brasi-liani, francesi, indiani,italiani, australiani eudiamo tutti noi annun-ziare nelle nostre lingue legrandi opere di Dio”. E infine… siccome siamosicuri che leggerannoquesta Lettera, voglia-mo, a nome di tutti gliéquipiers italiani abbrac-ciare e ringraziare Con-stanza e Alberto Alva-rado, colombiani di Bo-gotà, che dopo sei annilasciano l’ERI e laresponsabilità della no-stra Zona Eurafrica. Li abbiamo frequentatiforse poco, ma sonosubito diventati cariamici e tali resterannoper sempre nei nostricuori. Nello stesso tempo dia-mo il benvenuto a MariaConsuelo e Francisco (omeglio, Maru y Paco)Nemesio-Gonzalez, cheli sostituiscono nell’ERIe quindi nella responsa-bilità della Zona. A loroil nostro incoraggiamen-to e il nostro sostegno. Illoro nome e cognometradisce chiaramente laprovenienza: sono spa-gnoli della vicina Valen-cia, e con loro percorre-remo, con l’aiuto delloSpirito, un lungo pezzodi strada insieme.

    organizzare dal punto divista logistico i nostrilavori, per allietarci nellaserata di amicizia.Quest’ultima è stata par-ticolarmente significati-va, perché si sono alter-nati sul palcoscenicomomenti rappresentatividelle varie culture pre-senti sull’isola. E gliéquipiers che sono venu-ti a farci festa erano vera-mente tantissimi!Due parole sul Collège,per gli équipiers cheforse non conosconoalcuni meccanismi difunzionamento del no-stro Movimento. Il Collège è formato,oltre che dai membridell’Equipe ResponsabileInternazionale (ERI),dalle coppie responsabilidelle 10 Super Regionidel mondo - ovvero Bel-gio, Brasile, Francia,Ispano-America, Italia,Oceania, Portogallo, Spa-gna, Usa e dalla neo-nataAfrica Francofona - e dallecoppie responsabili delleRegioni o dei Settori iso-lati, collegati direttamenteall’ERI. Questi ultimisono invitati ad annialterni e quest’anno eraprevista la partecipazionedella Gran Bretagna,dell’Irlanda, della Siria,dell’India e naturalmen-te dell’Isola Mauritius.Il Collège si riunisce fisi-

    camente una volta all’an-no in luoghi diversi ed èuna specie di Parla-mento, di cui l’ERI èl’organo esecutivo; il suoscopo è favorire la cono-scenza, il confronto deglistimoli e delle esigenzederivanti da vissuti diver-si, che tendono al comu-ne obiettivo di vivere laspiritualità di coppia, alfine di adottare quelledecisioni che di volta involta si ritengono neces-sarie per proseguire ilcammino e garantire l’u-nità nella comunione.Il ritmo di lavoro, comesempre, è stato moltointenso, anche per farfruttare al massimo i cin-que giorni a disposizio-ne; si iniziava puntual-mente alle 7.30 con lapreghiera del mattino, eanche dopo cena si lavo-rava in équipes miste perla valutazione dei docu-menti proposti durantela giornata.Sul contenuto dei lavoridel Collège torneremonelle prossime Lettere,man mano che si renderànecessario. Prima di terminare peròvorremmo condividerecon tutti voi lo spirito diamicizia e di fraternitàche si vive nei lavori delCollège. Sembra vera-mente un cenacolo, in cui,parafrasando e capovol-

    ome di consueto, il primoincontro dell’anno, che prece-de la Sessione per le Coppie

    Responsabili di Settore, segna ilmomento del passaggio di consegnetra chi lascia e chi prende il testimonedel servizio. Dopo quattro anniFranca e Ugo Marchisio lasciano laresponsabilità della Regione NordOvest A ad Antonella e Aldo Pizzini, acui tutta Equipe Italia ha dato un fra-terno benvenuto nella lunga messa incomune del giovedì sera. Il passaggio del servizio è sempre unmomento in cui si mescolano senti-menti contrastanti; da un lato la tri-stezza di dover salutare amici che cisono diventati cari, dall’altro la gioiaper una nuova amicizia che nasce eche ci permette di allargare, ancorauna volta, la rete di relazioni che il ser-vizio ci dona.La preghiera che ha accompagnato ilpassaggio di consegne è particolar-mente significativa per tutti noi chenel Movimento svolgiamo un servi-zio a termine: “Qui infatti si realizzail detto: uno semina e uno miete. Io viho mandati a mietere ciò che voi nonavete lavorato; altri hanno lavorato evoi siete subentrati nel loro lavoro”(Gv 4, 34-38).Uno semina e uno miete: è la “buona

    DALLA RIUNIONEDI EQUIPE ITALIASassone, 23 e 25 settembre

    notizia” del servizio nel nostroMovimento, che si rinnova ad ogni pas-saggio, dalla coppie responsabile delleéquipes di base fino alla coppia respon-sabile dell’ERI. Per il prossimo annoEquipe Italia è quindi così composta, inordine di anzianità di servizio:- Dora e Bruno Convertini, responsa-

    bili della Regione Sud Est- Luigina e Francesco Scassellati,

    responsabili della Regione Centro- Irene e Francesco Palma, responsabi-

    li della Regione Sud Ovest- Padre Salvatore Zanda, Consigliere

    Spirituale- Luisa e Francesco Banfi, responsabi-

    li della Regione Nord Est A- Rita e Mirko Pizzoli, responsabili

    della Regione Nord Est B- Patrizia e Marco Rena, responsabili

    della Regione Nord Ovest B- Carla e Roberto Vio, responsabili di

    Equipe Italia- Antonella e Aldo Pizzini, responsa-

    bili della Regione Nord Ovest A

    Abbiamo iniziato il venerdì mattinacon la preghiera di Santa Teresad’Avila, scandendo ad uno ad uno isuoi versetti. “Nulla ti turbi, nulla tispaventi, solo Dio basta”: è con questasicurezza che poi abbiamo iniziato adaffrontare gli impegni per l’animazio-

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  • dei Vedovi e le Settimane di preghieradi Troussures.Durante il Collège di fine luglio l’ERIha chiesto a tutte le Super Regioni diraccogliere le testimonianze di coloroche, tra gli équipiers della prima ora,l’hanno conosciuto e hanno lavoratocon lui, per avere una visione la piùcompleta possibile della sua personali-tà e della sua opera. Allo scopo è stato preparato un appo-sito questionario che, tramite leCoppie Responsabili di Settore, verràdato ai potenziali testimoni. La rispo-sta deve essere: scritta, datata e firma-ta, e la firma deve essere autenticatada una autorità ecclesiastica locale(diocesi). Le testimonianze dovrannoessere private e confidenziali e in talsenso saranno trattate dalla Associa-zione.Tutti gli équipiers che ritengono dipoter testimoniare sono invitati a met-tersi in contatto con i loro Responsa-bili di Settore.

    Verso le sei di sera “da mille stradediverse” cominciano ad arrivare allaspicciolata le Coppie Responsabili diSettore e noi di Equipe Italia ci predi-sponiamo alla loro accoglienza. Iniziail giorno e mezzo del loro incontroannuale.

    E per il 2006?È l’anno del Raduno internazionale, ein un primo tempo Equipe Italia avevapensato solo a Sessioni regionali atema. Fermo restando che le Regioniche ne sentono la necessità farannoanche queste, sull’onda della veragioia e della vera fraternità delle dueSessioni di quest’anno abbiamo peròtutti insieme pensato che la Sessionenazionale è un vero dono per chi vipartecipa, e vogliamo dare a tutti colo-ro che per qualche motivo non posso-no partecipare a Lourdes l’opportuni-tà di ritrovarsi insieme, per fare uncammino parallelo sullo stesso tema.Vorremmo quindi ancora ritrovarci aNocera Umbra subito dopo Ferragosto(stiamo perfezionando insieme alla casale prenotazioni). Il sito, la Lettera, lecoppie responsabili di Settore daranno lenecessarie informazioni.

    Causa di canonizzazione del PadreCaffarelCarla e Roberto Vio informano che èstata fondata la Associazione Amicidel Padre Caffarel, che ha l’obiettivodi sostenere la causa di canonizzazio-ne. Ad essa partecipano, oltre natural-mente le END, altre realtà che hannoavuto il dono del Padre Caffarel, comead esempio il Movimento Spirituale

    (di cui quasi la metà sotto i 40 anni) eben 130 ragazzi (di cui 8 fino a 2anni, 28 fino 5 anni, 52 fino a 11anni, e 42 fino a 18 anni). Certo, visto (purtroppo) anche l’abi-tudine a prenotare ben oltre la data discadenza, praticamente fino al giornoprima, abbiamo dovuto fare i saltimortali per ospitare (quasi) tutti: cidispiaceva veramente dire di no atante coppie, e i responsabili della casadi soggiorno si sono dimostrati vera-mente aperti e flessibili. Questo dimostra però che anche lecoppie giovani con bambini piccolipossono partecipare alle Sessioni, epartecipare veramente, perché tutti ibambini, dai più piccoli ai più grandi,sono stati affidati alle cure degli ani-matori con buona, se non ottima, sod-disfazione di tutti. Chi di noi ha partecipato si porta nelcuore la gioia di quei giorni, testimo-niata anche da alcuni contributi nellepagine di questa Lettera. Forse la cosache ci rimarrà più nel cuore è il “rac-conto” delle giovani coppie dellaéquipe Bastia 1, con una mamma cheallattava al tavolo dei relatori l’ultimonato da poco più di un mese, e allafine gli altri 15 (diconsi quindici!)figli, dopo avere ascoltato i loro geni-tori in (quasi) silenzio, hanno intona-to sulle note di una nota canzone unaloro composizione intitolata “Lanostra KIP”.Le relazioni scritte delle due Sessioni2005 sono disponibili sul sito internetnazionale, all’indirizzo www.equipes-notre-dame.it; come novità assoluta,stiamo anche cercando di approntareun DVD con i filmati degli interventipiù importanti. Vi faremo sapereappena pronto come prenotarlo.

    ne del nostro Movimento, che sonosempre tanti. Qui di seguito riportia-mo quelli di interesse più generale.

    Raduno internazionale di Lourdes,16 -21 settembre 2006A luglio sono state chiuse le preiscri-zioni. Più di 8.700 équipiers, di cui770 italiani, sono già idealmente incammino verso questo grande evento.Ora, oltre che idealmente, bisognacominciare a definire come fisicamen-te raggiungere Lourdes, e le coppiereferenti regionali si attiveranno percontattare tutti gli iscritti per sapere seintendono raggiungere Lourdes conmezzi collettivi appositamente ap-prontati o con mezzi propri.Abbiamo poi definito le procedure perraccogliere i fondi per la solidarietàinternazionale, il cui obiettivo è allar-gare il più possibile la partecipazionedegli équipiers da ogni parte delmondo, cosa che richiede uno sforzopiù sostenuto tenuto conto dellarecente diffusione del Movimento neipaesi a reddito minore. Uno sforzoparticolare è richiesto alle Super Re-gioni che sono vicine a Lourdes perchéle loro spese di viaggio sono inferiori.La solidarietà viene richiesta a tutte leéquipes, ma in modo particolare quel-le che non inviano in missione unacoppia o un consigliere spirituale.

    Sessioni nazionaliAlla Sessione nazionale dell’agostoscorso, che a 8 anni di distanza daldisastroso terremoto si teneva dinuovo a Nocera Umbra, è successo unfatto inaspettato. A fronte delle 250prenotazioni effettuate sulla base deglianni precedenti, abbiamo avuto 430presenze, così distribuite: 300 adulti

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    A tutti i lettori (e scrittori) della Lettera ENDricordiamo che i contributi per la Lettera vanno inviati a:

    [email protected] e Cris Codrino

    Via Panizza, 9 - 10137 Torino - Tel. 0113097425La brevità degli articoli consente la pubblicazione di un maggior numero di contributi.

  • mento vicendevole, maanche, non poche volte,occasione di conflittualitàche genera incomprensio-ni e sofferenze.La coppia e la famiglia,tuttavia, non sono realtàisolate, al contrario, essesono parte integrante deltessuto della storia dove“offrono e ricevono, pla-smano e rimangono pla-smate”, in positivo e innegativo.Nel “campo” del mondobene e male convivono ecrescono insieme, proprio come ilbuon grano e la zizzania della citataparabola di Gesù. La parabola è unvero inno alla pazienza di Dio, là doveperò pazientare non è sinonimo di ras-segnazione, nè tanto meno di disim-pegno, bensì di attesa amorosa perchètutti arrivino ad accogliere il vangelodi salvezza; una pazienza ancora chenon è cedimento al male, ma espres-sione di realismo di chi convive conesso per distruggerlo, salvando chi neè insidiato. Lungi da me voler giudica-re bontà o meno dei diversi sistemieducativi, ma non mi pare fuori luogoapplicare l’immagine della parabolaalla grande sfida che coppia e famigliadevono sostenere nell’accompagna-mento educativo dei figli. Di quantapazienza necessitano i genitori nellaloro quotidiana missione educativa!Una pazienza messa a dura prova dal-l’influsso non sempre positivo che lasocietà esercita sugli individui. Più diuna volta i genitori si trovano a speri-mentare tutta la loro impotenza difronte al bombardamento di messaggiriversati dai mass media che impongo-

    no alla famiglia un com-portamento che esalta ilprotagonismo e spingead un consumismo sfre-nato, moltiplicatore dinecessità, dove il super-fluo diviene “rigorosa-mente” necessario con ledolenti conseguenze chesono sotto gli occhi ditutti.Quante volte, nelloscambio di opinioni, perstrada, al mercato, inufficio risuonano espres-sioni divenute ormai

    uno stereotipo: “lo ha detto anche laTV… ne hanno parlato i giornali, miè capitato sotto gli occhi, navigandosu internet”; raramente invece sisente dire: “ne hanno parlato i mieigenitori…”.È uno spaccato del nostro modo direlazionare che fa tastare il polso dellasituazione. La famiglia fatica a regge-re il confronto in campo educativo espesso è travolta dall’invadenza dialtre realtà. Ma in questo confrontoche, talvolta, rasenta la lotta per lasopravvivenza famiglia e coppia nondevono abbassare la guardia né tantomeno battere in ritirata.“Non è il tempo di essere rinunciata-ri, ma di giocare in attacco la grandepartita educativa”. Lo affermavo nelnumero precedente, lo ripeto ora.Coppia e Famiglia hanno le risorsenon solo per sopravvivere, ma perincidere sul cammino educativo deifigli e reggere il confronto con le altrerealtà. E’ una lotta faticosa che esigepazienza, ma con l’aiuto di Dio esostenute dalla grazia del sacramentocelebrato possono farcela. Sempre

    asciate che l’una e l’altro cresca-no insieme” (Mt 13, 30).Sono parole tratte dall’incisiva

    parabola dellazizzania semina-ta in mezzo albuon grano,proclamata nelcorso dell’estate,nella 16ma do-menica del tem-po ordinario. Esse mi riaffiora-no alla mentementre mi accin-go a rifletteresul tema delladifficile relazio-ne che quotidia-namente coppiae famiglia si tro-vano ad intesse-re con la realtàin cui sono im-merse.Come prima cel-lula vitale deltessuto sociale,la famiglia nonpuò vivere senon in relazione,anzi essa stessa èrelazione!

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    tePAZIENTARE NONÈ SINONIMO DI

    RASSEGNAZIONE,NÉ TANTO MENODI DISIMPEGNO,BENSI DI ATTESA

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    “LASCIATE CHE L’UNAE L’ALTRO CRESCANO

    INSIEME” (MT 13, 30)

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    Infatti, uomo e donna prima, genitorie figli poi, portano ognuno quell’ori-ginalità che diviene fonte di arricchi-

    Padre GianMario Redaelli

    Nella pagina precedente: Lucas van Gassel - Parabola del grano e della zizzania

  • che ad una società, strut-turata in termini di produ-zione-consumo, poco im-porta. Eppure è una sfidache vale la pena di racco-gliere, indipendentementedai risultati, coltivando lasperanza che si può risalireuna corrente dalla forzatravolgente. Ecco qualchepercorso educativo su cui igenitori possono rifletteree confrontarsi per orienta-re la vita dei figli, nonchiedendo loro di “copia-re” i loro comportamenti,ma aiutandoli a percepire ivalori nel loro modo dicomportarsi.

    Educare al senso dellapersona umana.Aiutare cioè il figlio, attra-

    verso l’esempio di una serena relazio-ne di coppia, a capire che l’essere e ivalori umani vengono prima dell’ave-re e delle cose. La gioia che la coppiasi comunica attraverso i profondi sen-timenti dell’amore, della tenerezza,della disponibilità, dell’attenzionereciproca, della gratuità, incidono piùdi tante parole nel far comprenderequanto sia insensato sacrificare l’uma-no all’attività produttiva. Un papà euna mamma che riescono, attraverso illoro vissuto quotidiano, a far percepi-re ai figli questi valori, trasmettono aifigli il segreto per essere soddisfatti divivere.

    Educare al senso di responsabilità.Aiutare cioè a valutare e capire qualesignificato e valore hanno per la vitacomportamenti, atteggiamenti e cose

    sa “discarica”. Chi pensa ancora allasapiente annotazione del-l’autore del primo librodella Bibbia: “Dio collocòl’uomo perché lo custodisse elo coltivasse”? (Gn 2, 15)Che mondo stiamo con-segnando alle nuovegenerazioni? Che giudiziodaranno le generazionifuture di questa nostraepoca?I genitori, primi responsa-bili delle creature che siaffacciano alla vita grazieal loro amore, hannodiritto di porre alla socie-tà questi interrogativi e di“farli entrare in rete”.Non solo, ma se essi anzi-ché resistere si adeguano aquesto tipo di vita pur disopravvivere, cosa possono insegnareai figli?Onestà, rispetto dell’altro, la supre-mazia dell’essere sull’avere, i valoriumani, quello della vita intangibile esacra perché destinata all’eternità,secondo la fede cristiana, sembranonon trovare spazio, anzi per una certacultura dominante sono considerati“protagonisti inutili e scomodi”.Oggi l’uomo sembra vivere per le cosee per la produzione-consumo di ciòche produce. Non è forse reale il peri-colo che anche i genitori assimilinoquesta mentalità inquinata al punto da“sognare” figli affermati, cioè in fun-zione del sistema?Sembra esserci poco spazio per l’uo-mo e per i valori di cui è portatore.Ho parlato, sopra, di sfida perchéeducare ai valori è educare a qualcosa

    LA COPPIA NONPERDA DI VISTA

    CHE I FIGLIDOVRANNOCOMUNQUE

    LOTTARE CONUNA MENTALITÀ

    SPESSO OPPOSTA AI VALORI

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    smessi da famiglia, scuola,gruppi e altre realtà concui i figli entrano in rela-zione. La famiglia devefare i conti con le millecontestazioni che, incampo educativo, le ven-gono dagli ambienti fre-quentati dai figli. Quantepaure, sospetti, interroga-tivi nella mente dei geni-tori mentre accompagna-no i figli all’incontro conla società! Timori dettatidall’impressione (spessoanche fondata) che in que-sti ambienti essi possano“perdersi”. Discoteche, stadi, palestre,paradisi artificiali esercita-no un fascino su ogni gio-vane che gradualmente sidistacca dalla famiglia e

    spesso sono veicolo di modelli in con-flitto con quelli della famiglia. È unpo’ come se si spezzasse il rapporto tragenitori e figli perché vivono in mondidiversi pur ritrovandosi ogni giorno incasa.La diversità di contenuti in campoeducativo costituisce certo un proble-ma perché può creare urti anche vio-lenti con le convinzioni dei genitori,ma il vero pericolo, apparentementeinnocuo ma letale, è lo stile di vitaimposto da una società sempre piùricca di cose, ma purtroppo semprepiù povera di relazioni. Mi riferisco alperverso e subdolo ingranaggio chefinalizza tutto e tutti alla produzione eal consumo, favorendo il comporta-mento “dell’usa e getta”. Stiamoinquinando lo stupendo giardino delmondo trasformandolo in una immen-

    tornando alla parabola,vorrei invitare i genitori,soprattutto quelli chesono tentati dalla dispera-zione per scelte sbagliatedei figli, a guardare all’ot-timismo di Dio il quale,proprio perché operanella storia, realizzerà inpienezza il suo progetto,che è progetto di salvezzaofferto a tutti indistinta-mente.Va evitato l’errore di sen-tirsi unici educatori deifigli o di vivere nellapaura degli influssi chederivano dall’impatto conla società che comunquepuò dare di più di quantonon possono dare duepersone o un nucleofamiliare, di per sé limita-ti. È pura illusione pensare di tenere ifigli sempre “sotto le ali materne epaterne”. Si osservi la natura: la chioc-cia tiene i pulcini sotto le ali il temponecessario per renderli indipendenti;così i piccoli delle rondini, essi riman-gono nel nido il tempo necessario perimparare a volare poi lo abbandona-no e si avventurano nel cielo. È ilmistero della vita! Tornando ai figli,l’importante è fornire l’attrezzaturaper il lungo viaggio della vita. Oggi, ifigli sono sottratti ancora piccoli, pergran parte della giornata, all’influssodella famiglia. A partire dall’asilo nidoe per tutto il tempo della scuola del-l’obbligo, essi sono comunque sottol’influsso di altri educatori. Ora, ilvero problema più che la diversitàsono la discontinuità e la visione spes-so opposta dei contenuti educativi tra-

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    te COPPIA E FAMIGLIAHANNO LE

    RISORSE PERINCIDERE SUL

    CAMMINO EDUCATIVO DEIFIGLI E REGGEREIL CONFRONTOCON LE ALTRE

    REALTÀ“

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  • pianificazione economicae, pertanto, non possonoessere valori “trattabili”economicamente con chili possiede o li dona.

    Educare alla partecipa-zione.L’aprirsi agli altri, entrarein relazione con le perso-ne, i movimenti, i gruppipiù svariati è il normalerespiro di chi vuole viveree crescere come persona.Avvertire poi il senso diresponsabilità nei con-

    fronti degl’altri e della realtà in cui sivive è condizione irrinunciabile percostruire una “comunità umana”.E anche quando tutto questo è statomesso in atto, la coppia non perda divista, con sano realismo, che i figlidovranno comunque lottare con unamentalità opposta a quei valori tra-smessi e che va messo in conto anchel’eventuale fallimento. Quand’anche così fosse, la coppia con-sideri il suo lavoro “un seme di speran-za” deposto nel cuore dei figli, resoinquieto magari dal male sfacciato edilagante; coltivi la certezza che l’ulti-ma e decisiva parola della storia è ilBene, non il male, come insegna laparabola evangelica da cui abbiamopreso le mosse per questa riflessione.

    che si possiedono. Si è persone maturequando non ci si sentecondizionati da mode,opinioni e stili di compor-tamento che si impongo-no. E’ urgente abituare ifigli a saper leggere larealtà che li circonda perevitare il rischio di essere“ripetitori acritici” dimodelli e comportamentiche si impongono conprepotenza.

    Educare al sacrificio.Parola poco familiare al vocabolariodella società. I valori veri si radicanonell’animo grazie ad un lavorocostante e paziente. I valori dell’amo-re, della solidarietà, della lealtà, piùche dimenticati, forse non riusciamopiù a radicarli in noi e negli altri per-ché non si ha più la pazienza di colti-varli e di attendere che maturino gra-dualmente.

    Educare alla gratuità.È questa la sfida rivolta ad una societàche valuta tutto, persona compresa, intermini di moneta. L’amore non sicompra, si dona! Solidarietà, onestà,stima, rispetto, il senso del bello, lagioia di vivere e di spendersi per glialtri non sono “il prodotto” di una

    enza ovviamente alcuna pretesadi generalizzare, un caratteristi-co «punto di fuga» che oggi

    sembra coinvolgere con sempre mag-giore forza le coppie è la dimenticanzadi quella che dovrebbe essere l’essenzadi ogni famiglia: la consapevolezza dei

    coniugi che la loro decisione di spo-sarsi è stata una vera e propria sceltaesistenziale, ossia la realizzazione con-creta di una specifica e definitiva voca-zione che riempie di senso l’adempi-mento del loro «compito della vita».Quanto più tale coscienza è chiara nel

    marito e nella mo-glie, tanto più o-gni membro delnucleo familiaretrarrà beneficiodal corretto ecoerente atteggia-mento del partnero dei genitori. Alcontrario, l’offu-scamento di que-sto aspetto origi-nario dell’avventu-ra matrimoniale,caratterizzato edesplicitato me-diante il segno delsacramento cristia-no, porta a ricer-care in altri ambitiun possibile col-lante dei legamifamiliari, quandonon viene addirit-tura aperto unospiraglio alla

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    CONTRO I PUNTI DI FUGAOCCORRE RIATTIVARE

    LA MEMORIA DELL’ORIGINEAnna e Saverio Gaeta - Roma 74

    LA COPPIA CONSIDERI ILSUO LAVORO “UN SEME DISPERANZA”

    DEPOSTO NELCUORE DEI FIGLI

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    Nella pagina accanto: Adriaen van Ostade - Interno di famiglia contadina

  • iamo una giovane coppia di vec-chi sposi.Giovani, in quanto tali ci sentia-

    mo, ma trentanove anni di matrimo-nio ci permettono di collocarci nellacategoria “coniugi collaudati”.Abbiamo 2 figli, rispettivamente di 38e 36 anni, e siamo in équipe da ven-t’anni.Siamo stati molto combattuti se porta-re o meno la nostra testimonianza allaLettera poi, visto l’argomento di que-sto numero, abbiamo pensato chemagari potrebbe tornare utile alle gio-vani coppie (in questo caso veramentegiovani) che hanno figli piccoli o in etàpost adolescenziale.Un paio d’anni or sono la nostra équi-pe aveva adottato come tema di studiole Parabole evangeliche e quando ci ècapitata la Parabola del Figliol prodigoabbiamo fatto questa riflessione.

    Quando i nostri figli erano più giovani,abbiamo vissuto sulla nostra pelle l’espe-rienza della parabola. Le nostre attenzioni, le nostre preoccu-pazioni erano rivolte quasi esclusiva-mente al figlio che a noi sembrava piùdebole, più bisognoso di aiuto, trascu-rando l’altro apparentemente più forte,dando per scontato che questi non avevabisogno di noi, poteva farcela da solo.

    I nostri sforzi bene o male hanno avutoun discreto successo in quanto siamosempre riusciti a recuperare la pecora ea riportarla all’ovile ricucendo strappiche alle volte sembravano irreparabili,con grande dispendio di energie fisiche,morali e anche materiali.Facendo questo però l’altro figlio si èsentito abbandonato, così come nelFigliol prodigo quello che era semprestato vicino al padre si era sentito tra-dito da un trattamento a parer suoingiusto.Certo che è consolante sapere il Signorevicino a noi anche quando non lovogliamo o non lo meritiamo, sapere chenon ci disprezza se sbagliamo ma cicompatisce, cioè patisce con noi le nostresofferenze, ma è consolante anche perchi si comporta correttamente sapere chenon viene trascurato; infatti, nellaparabola della pecora smarrita primadi andare alla ricerca di quella persamette al sicuro le altre, anche loroprima o poi avranno bisogno dell’aiutodel Pastore.Parlando fuor di metafora o di parabo-la pensiamo che noi come genitori cer-tamente abbiamo sbagliato nei confron-ti del secondo figlio, non l’abbiamomesso al sicuro, non siamo riusciti acapire la sua solitudine di quei momen-ti, il suo bisogno di essere cercato.

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    ianoNON È SOLO CON LO SBALLO

    CHE I GIOVANICERCANO PUNTI DI FUGA

    Una coppia di équipiers

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    sopraffazione da partedegli atteggiamenti edegli stili proposti dallacultura dei mass-media.Quest’ultima eventualitàè agevolata soprattutto daun fattore che a moltiappare sempre più invasi-vo: la mancata accettazio-ne delle responsabilità checompetono singolarmen-te a ciascuno dei coniuginei confronti del partner edei figli, riassumibili nelconcetto di «compitoeducativo». Un impegno– troppo spesso delegatoad altri (dall’insegnante,al catechista, se non allababysitter!) – che non ha a che faresoltanto con il mero insegnamentodelle regole e con l’aiuto nella crescitamateriale, ma piuttosto con il radicalecoinvolgimento nel destino dell’altro,per realizzare il vero bene nella dimen-sione dell’eternità.È proprio qui che la società dei consu-mi (con la sua logica dell’«usa egetta») e la società dell’immagine (conl’affermazione che «esiste soltanto ciòche appare») riescono non di rado aprevalere sui più faticosi modelli del-l’amore per il creato e del rispetto diogni individualità. Ma qui viene nelcontempo messa in gioco la coscienzapersonale nel valorizzare l’uno piutto-sto che l’altro lato della medaglia: nonsiamo, in sostanza, impotenti, là dove lanostra maturità e il nostro raziocinio sifanno carico dell’opportuno giudizio.In effetti, le occasioni offerte dalla vitasociale per tacitare quanto vorrebbe

    emergere dal nostro inti-mo sono molteplici. Leopportunità di svago, didivertimento, di distrazio-ne sono aumentate espo-nenzialmente negli ultimidecenni. Ma spesso si rive-lano realmente come èimplicito nella loro etimo-logia: cioè una possibilitàdi diversione, con il più omeno consapevole obietti-vo di evadere dal quotidia-no per non dover fare iconti con quanto non cipiace o ci risulta eccessiva-mente faticoso.È così facile riempirsi dicose da fare, allo scopo di

    annullare il rischio di ritrovarsi soli conse stessi, alle prese con quelle doman-de di senso che non si ha voglia diaffrontare... Con metodi diversi, lostesso oblio si può raggiungere imbot-tendosi di qualcuna delle tante droghedisponibili sul mercato, piazzandosidinanzi al televisore per fare zappingcon il telecomando, frequentando luo-ghi che soltanto a parole sono «diaggregazione», aderendo a dottrine ea teorie che propongono rispostetroppo parziali per soddisfare piena-mente il cuore umano.La soluzione non può consistere inuna ricetta magica o in una facile sca-letta da bestseller psicologico. Ma cer-tamente la dinamica dell’ascolto reci-proco e dell’accoglimento positivo deicontributi di ogni membro della fami-glia è un primo ed essenziale passo chefacilita il raggiungimento della meta:dal punto di fuga, il ritorno all’origine.

    È FACILE RIEMPIRSI DICOSE DA FAREALLO SCOPO DI

    ANNULLARE IL RISCHIO DIRITROVARSISOLI CON SE

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  • zio verso il prossimo, nel-l’impegno sociale e neigruppi della comunitàparrocchiale dove svolge-va il Servizio Civile.A questo punto dov’era ilproblema? Sembrava unasituazione perfetta, quasiinvidiabile. Purtroppo lecose non sono mai comesembrano, non bisognamai fermarsi alla superfi-cie, infatti, come si saràcapito dalla nostra rifles-sione sulla parabola, sistaccava sempre di più enoi invece, tranquillizzatida questi suoi nobiliimpegni e dal suo com-portamento esemplare,

    non avevamo capito la sua angoscia eil suo rancore che lo avevano portatoad avere verso di noi dei rapporti solopiù formali.Ora molte cose si sono chiarite, ten-sioni e incomprensioni sono notevol-mente diminuite forse anche grazie aquesta riflessione che qualche tempofa gli abbiamo fatto leggere.

    Dopo queste esperienze non diamopiù nulla per scontato, abbiamo capi-to che tante volte quello che all’iniziosembra nero può trasformarsi in bian-co e viceversa e non è detto che ipunti di fuga dei giovani siano soltan-to discoteche e sballi vari. Se non vogliamo perdere i figli, nondobbiamo mai chiuder loro la portama lasciare sempre uno spiraglio.

    to il suo stile di vita men-tre, da parte nostra, vole-vamo continuare a dialo-gare, ricucire un rapportoche sempre più sembravadeteriorarsi in manierairreversibile.Quante notti passate a di-scutere tra noi due percercare di capire, vedere seriuscivamo a trovare solu-zioni! Notti di pianti, dipreghiere, passate in bian-co nell’attesa di una tele-fonata, di una porta che siapriva, di angosciate chia-mate agli ospedali persapere… Tutto questo portava aconclusioni senza speran-za: non lo recuperiamo più, non cam-bierà mai, abbiamo sbagliato tutto,non siamo stati capaci di mettere deipaletti quando lo si poteva fare, nonsiamo una famiglia, ecc.Come si capisce non è stato un perio-do molto tranquillo con questo figlio,però non lo abbiamo mai rifiutato,specialmente la mamma gli è semprestata vicino, magari con scontri ancheferoci, ma senza mai interrompere ildialogo, cosa questa che ci è stata rico-nosciuta in seguito.Il figlio più giovane invece (non sap-piamo se per la legge del contrasto, seper differenziarsi dal fratello o chealtro) in quel periodo dedicava la suavita totalmente agli altri, cercando isuoi punti di fuga non nelle discote-che, nello sballo o altro ma nel servi-

    Tutti vorremmo che qual-cuno ci venisse a cercareanche se non ci siamo persi,o perlomeno si accorgesseche ci siamo anche noi, cheesistiamo pur nel silenzio,anche se non ci mettiamoin evidenza.In questa confusa riflessio-ne pensiamo che sia moltodifficile per noi comunimortali capire chi e in chemisura qualcuno ha biso-gno del nostro aiuto: giu-stamente siamo portati astare vicino ai più deboliin quanto pensiamo siano indifesi, maquante volte invece chi crediamo fortenasconde la sua angoscia, la sua dispe-razione dietro una maschera, vuoi perun mal riposto senso dell’orgoglio o pernascondere la propria insicurezza o per

    non esser di peso ad altri?Questi non gridano, nonchiedono aiuto, ma vorreb-bero essere cercati e quandociò dovesse accadere ancheper loro, crediamo, che incielo si farebbe gran festa.

    Per far capire il perché diquesta riflessione voglia-mo solo raccontare som-mariamente l’antefatto. Il periodo a cui ci riferia-mo, vale a dire dai 17 ai30 anni circa, il più grandedei nostri figli si è impa-

    dronito letteralmente della propriavita con mattane ed esperienze divario genere. Sordo, o meglio, total-mente insofferente ai nostri continuirichiami, alle minacce che spesso fini-vano in scontri, manteneva imperterri-

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    QUANTE VOLTECHI CREDIAMO

    FORTE NASCONDE LA

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    DISPERAZIONEDIETRO UNAMASCHERA

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    iano TUTTI

    VORREMMO CHEQUALCUNO CI

    VENISSE A CERCARE

    ANCHE SE NONCI SIAMO PERSI

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    Guercino Il ritorno del figliol prodigo

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    PAPÀCI ACCOMPAGNI

    IN DISCOTECA?

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    apà ci accompagni in discoteca?Ecco che finalmente la domandaa lungo attesa è arrivata! Per

    quanto tempo ci siamo illusi chenostro figlio fosse diverso dagli altri,che non apprezzasse quanto scelto evoluto dagli altri suoi coetanei. E inve-ce no! Anche lui vuole uscire dallanostra famiglia, andare in un ambienterischioso, per nulla positivo. Se ne sen-tono e se ne vedono di tutti colorisulle discoteche.Posso andare alla partita? Ci doman-diamo perché la domenica pomeriggionostro figlio non scelga un’attivitàdiversa, vissuta egiocata che lopossa distrarre efar divertire inmaniera attiva esana. La televisione cifa vedere conti-nuamente imma-gini di scontri tratifosi. Si parla diferiti, di tifosi chesi fronteggiano,di forze di poliziain assetto di guer-ra; qualche voltaci sono scontri,ogni tanto ci

    scappa il morto. E tutto per vederesemplicemente giocare a pallone duesquadre di calcio.Sono due esempi di ambienti che noinon abbiamo frequentato, anzi ce nesiamo sempre ben guardati dall’avvici-nare. E questo messaggio a parole enei fatti l’abbiamo sempre espresso inmaniera chiara. Perché ora, nell’etàdell’adolescenza, quanto detto non halasciato nessuna traccia? Perché orapensano sia arrivato il momento difare scelte diverse dalle nostre? Cosa liattrae in questi luoghi diversi? Nonsarebbe meglio per loro se scegliessero

    PRita e Giovanni Sandri - Verona 13

    si sposti su quella persona-le, di genitori ex-adolescen-ti e ci si rifà al proprio vis-suto. Oppure si opponeuna riflessione su quelloche sarà, o meglio, si vuoleche sia dei propri figli anco-ra piccoli, pensando diriuscire ad indirizzarli fin daora verso scelte coincidenticon le proprie. Da che cosadiscendono i nostri pregiu-dizi sugli ambienti, consi-derati non positivi, ma fre-quentati dai nostri figli? Probabilmente abbiamodato maggior valenzapositiva ad altri luoghi, adambiti diversi, da noi fre-quentati sia durante l’ado-

    lescenza sia dopo. Anzi rimangono pernoi ancora positivi. Di conseguenzaquesti luoghi in cui anche gli adulti siimpegnano a fondo automaticamenterendono positivo l’impegno in essiprofuso. Certe volte ci affiora il dub-bio che l’impegno, anche eccessivo, dinoi adulti in questi ambiti assomigli aquello dei nostri figli: un modo perlasciare alle spalle persone che la pen-sano diversamente da noi, un modoper non affrontare problemi personalidi coppia, un modo per chiamarsifuori dalla propria quotidianità.Non esistono luoghi assolutamentepositivi o assolutamente negativi.Esistono modi di vivere le relazioni:quando si scappa dalla relazione, rifu-giandosi o cercando spazi fuori dallapropria quotidianità, intesa comefamiglia, ogni ambiente e attività puònon essere luogo di crescita e dicostruzione della persona e delle rela-zioni, ma alibi.

    di fare volontariato e siinserissero in qualchegruppo “impegnato”?Ovviamente esageriamo,anche se a noi risulterebbepiù normale, date lenostre esperienze giovani-li, più logico e pacificovederli spendere il propriotempo in queste occupa-zioni positive. Non riusciamo a capirefino in fondo perché orafanno scelte così diverse.Forse per diversificarsi danoi, staccarsi dal nostromodo di vedere le cose omagari per rifiutare quantotrasmesso e vissuto in fami-glia; forse è il tentativo diesprimere un pensiero autonomo edoriginale o quanto meno di cercare difarlo o, al contrario, di sentire comeproprio il pensiero di quasi tutti gli altriper tentare di omologarsi e così essereben accettati. Forse è uno dei primitentativi per trovare una propria collo-cazione fuori dalla famiglia. O forse no?È in questi momenti che farebbe pia-cere poter avere altre coppie di geni-tori disponibili al confronto, a parlaredi noi, dei nostri figli, dei nostri pre-giudizi, delle nostre paure. Genitoriche vivono o che hanno vissuto espe-rienze simili. Ci capita, a volte, di nonessere ben compresi: la giovane età deifigli delle altre coppie non permetteloro di aver già avuto esperienze simi-li. Le nostre considerazioni, qualchescelta che può sembrare errata, posso-no a volte non aver adeguato riscon-tro. Abbiamo l’impressione qualchevolta di essere degli apripista. Capitache la riflessone sull’esperienza dei figli

    NON ESISTONOLUOGHI

    ASSOLUTAMENTEPOSITIVI O

    ASSOLUTAMENTENEGATIVI.

    ESISTONO MODIDI VIVERE LERELAZIONI“

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    Maria e Angelo Semeraro - Tortona 3

    era una volta, tanto tempofa, in una regione lontana, ilvillaggio di “c’era una volta”,

    dove abitavano molte famiglie labo-riose e felici. L’armonia e la concordiaregnavano in ogni casa; le mogli sioccupavano con dedizione delle fac-cende domestiche e dei figli e aiutava-no i loro mariti nel duro lavoro deicampi. I figli crescevano nel rispettodei loro genitori, in un clima d’impe-gno e di serenità. Leleggi civili si fondava-no su quelle morali eun profondo sensoreligioso in tutti al-bergava. Il parrocodel villaggio ricorda-va sempre a ciascunoil senso e il valore delproprio ruolo, pergarantire l’unità e laconcordia di tutti.Un brutto giorno,giunsero nel villaggiodi “c’era una volta”alcuni viandanti pro-venienti da regionilontane che si ferma-rono per qualchegiorno in paese.Essi furono moltosorpresi nel vedere

    l’ordine e l’armonia che regnava inogni casa e nell’intero villaggio e nefurono così colpiti da provarne invidia.Iniziarono allora a seminar zizzania tragli abitanti del paese. Ai fanciulli e aigiovani raccontarono delle meraviglieche si potevano vedere nelle grandicittà lontane, delle mille forme di diver-timento, delle possibilità di successo edi carriera, della reale possibilità didiventare ricchi, famosi, potenti; alleragazze e alle donne parlarono di pari-tà e di diritti, di libertà e d’indipenden-za, d’emancipazione e di autodetermi-nazione; agli uomini presentarono lemille possibilità di guadagnare tantisoldi e di vivere senza problemi, pernon parlare delle comodità e delle pos-sibilità di soddisfare i propri desideri. Dopo alcuni giorni i tre uomini parti-rono salutando e ringraziando tuttiper la loro cortesia. Allora il villaggio

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    sLa storia potrebbe e forsedovrebbe finire così, maci è stato detto che daqualche parte, in questacittà, un gruppo di giova-ni si ritrovi abitualmenteper condividere un pasto. Sono ragazzi e ragazze,diversi per origini, abitu-dini, cultura e censo.Ciò che li accomuna è ildesiderio di vedersi, diconoscersi, di scoprirsi.Ciò che li unisce è unasincera e profonda ami-cizia.Ciò che li sorprende è laconsapevolezza di nonessere abitanti di “c’erauna volta” e neppure cit-

    tadini di “adesso non c’è più”.Essi non chiedono a nessuno di essere“istituiti”, per essere protetti e garan-titi, ma neppure cercano di fuggire daciò che è responsabilità e impegno.Non costruiscono steccati per difen-dersi da chi è diverso, la diversità è laloro ricchezza. Non hanno paura della libertà perchéè da essa che scaturisce l’amore.Se qualche nemico li minaccia cercanodi affrontarlo là dove esso si annida:nel proprio egoismo, nella propriaindifferenza, nella propria arroganza.Essi sono, o forse saranno, in questacittà, qualcosa di nuovo e di diverso,che non è facile vedere, ma che inmille modi si fa percepire, come quellievito, perso in quella pasta, che span-de il suo profumo per tutta la stanza,come quel sale che si perde, perchéogni cosa possa avere sapore.

    riprese la sua vita di sem-pre, ma con un velo di tri-stezza e di malinconia:come se quello che erasempre stato, all’improvvi-so, non fosse più abba-stanza. Ognuno iniziava a perce-pire che la serenità e l’ar-monia di “c’era una volta”erano il frutto di millerinunce e mille sacrificiche impedivano a ciascunodi essere quel che avrebbevoluto essere.I giovani iniziavano a con-testare i loro genitori e leistituzioni chiedendo piùlibertà, più diritti, piùautonomia, i mariti rinfac-ciavano alle mogli e ai figli tutto quel-lo che avevano fatto per loro, le moglirivendicavano più libertà e autonomia.In poco tempo ciascuno vide nell’altroun limite ed un impedimento per affer-mare se stesso e iniziò a percepire lapropria vita come insopportabile. Daquel momento tutto cambiò e il villag-gio di “c’era una volta” si trasformònella città di “adesso non c’è più”.In questa città non ci sono più le fami-glie serene di “c’era una volta”; non cisono più la pace e l’armonia. Non c’èpiù religione né senso morale e nean-che rispetto per le leggi che, in pocotempo, si sono adeguate alla nuovamentalità. Il successo, i soldi, il potere,il sesso, il divertimento sono l’unicovero desiderio che accomuna i cittadinidi “adesso non c’è più” e ciascuno vivenella paura che qualcun altro possa sot-trargli la possibilità di essere di più.

    LA FAMIGLIACHE SI GENERA E

    SI RIGENERAAPRENDOSI ALLA

    MATERNITÀ EALLA PATERNITÀ,SEMBRA ESSERE

    DIVENTATAUN’ECCEZIONE“

    “C’ERAUNA VOLTA

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    LA FAMIGLIAÈ MAI STATAUN NUCLEO PROTETTO?

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    Laura e Paolo Cabiati - Alessandria 9

    i ritiene che la famiglia oggi nonsia più, ammesso che lo sia maistata, un nucleo protetto dalle

    influenze della società, ma sia conti-nuamente soggetta al bombardamen-to di stimoli esterni che la rendonospesso impotente. Ci sembra in realtà che la famiglia nonsia mai stata un nucleo a sé stante per-ché la società stessa è costituita di fa-miglie in un dialogo continuo di reci-proche influenze. La stessa trasforma-zione dei modelli di famiglia nel tempodimostra come essa si sia adattata via viaalle condizioni: così ad esempio ilmodello patriarcale è stato alla base del-l’organizzazione economica della socie-tà agricola, mentre la famiglia nucleare èinvalsa nella società industriale.Se è vero che ogni società si basa su unmodello di famiglia, è anche vero cheuna fetta cospicua di popolazione (chevuol dire migliaia di persone, spesso lepiù povere) è stata spinta in ogniepoca dalla società o dagli eventi adallontanarsi molto dal modello fami-gliare. Pensiamo alle popolazioni rivie-rasche i cui uomini facevano i marinaimancando da casa anche per anni, o aimigranti più o meno stagionali dellenostre montagne: fra i più poverierano i figli a venire affittati a stagionecome servi... e con che famiglia cre-

    scevano? Pensiamo anche a qualifamiglie esistessero in tempi di guerrefrequenti che si portavano via gliuomini per mesi ed anni e forse persempre.Ora noi viviamo un periodo abbastan-za stabile e florido dal punto di vistaeconomico (anche adesso che c’è larecessione proviamo solo a guardareoltre i confini europei...), sono 60anni che le guerre non ci tormentanoin casa e non coinvolgono tutta lanazione, la miseria è un ricordo deinostri nonni ed anche chi lavora lonta-no da casa dispone di molte possibilitàdi comunicazione e spostamenti rapidiche riducono distanze ed assenze; ciònonostante la famiglia appare minac-ciata da numerose influenze esterne. Siadditano i mass-media, che impongo-no uno stile di vita basato sul consu-mismo sfrenato e sul protagonismo, ipunti di aggregazione quali le discote-che, gli stadi, le palestre, i vari luoghidi divertimento, portatori di modellitalvolta conflittuali con quelli dellafamiglia; le vecchie e nuove droghe.Francamente pensiamo che le influen-ze della società non abbiano le carat-teristiche di forza maggiore che lafamiglia può avere subito in altritempi. È vero che i mezzi di comuni-cazione di massa entrano in maniera

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    sIn primo luogo dovrem-mo riconoscere che ilnostro modello famigliarenon è necessariamentel’unico possibile, né è unvalore in quanto tale, mapotrebbe ancora evolverenel tempo così come èsuccesso nella storia del-l’umanità; ciò che va dife-so sono i valori più pro-fondi che si realizzanoprima di tutto nella fami-glia per irradiarsi poi nellasocietà: la difesa dei piùpiccoli, il rispetto recipro-co, l’uguaglianza tra lepersone, l’amore comecaposaldo della propriavita.

    In secondo luogo forse dobbiamoavere la forza di complicarci un po’ lavita, nella fatica del discernimento e,cosa più difficile, regalando qualchedifficoltà anche ai nostri figli, qualcheoccasione in cui dover scegliere,rinunciare, costruire.

    massiccia nelle nostrecase, ma è anche vero chetrovano spesso la portaaperta. E ci pare piùopportuno parlare diseduzioni che si impongo-no perché piacciono,sono delle facili scorcia-toie ad una felicità fittiziao quanto meno ci consen-tono di crogiolarci in unapassiva e consolante irre-sponsabilità. Forse questoè il prezzo da pagare per ilbenessere materiale; lafacilità con cui, rispetto adun tempo, vediamo soddi-sfatti i nostri bisogni pri-mari, lascia degli spazivuoti, di tempo e di pen-siero, che chiedono di essere colmati.Difficile scegliere dei “contenuti”impegnativi quando sono tanto nume-rosi ed accessibili quelli superficiali.Tuttavia possiamo avere un ruolo atti-vo su questo, per noi stessi e per inostri figli.

    DIFFICILE SCEGLIERE DEI“CONTENUTI”IMPEGNATIVI

    QUANDO SONO NUMEROSI EDACCESSIBILI

    QUELLI SUPERFICIALI

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    s SE IL FIGLIO DI DIO NON ÈSCESO DALLA CROCE, COMEPUÒ SCENDERNE IL LADRONE?Un équipier

    Premessa.

    hiedo a tutti coloroche riceveranno que-sto messaggio di

    prenderlo con la massimaserietà, non è affatto unoscherzo, non è affatto una ritor-sione, non è dettato da spirito

    di rivalsa o

    q u a n t ’ a l -tro, è invece frutto diuna riflessione e di unapreghiera, ovviamenteuna preghiera che nonsempre si fa in chiesa oseguendo una proces-sione, casomai con labanda di paese chesuona. Spesso si fa pian-gendo e sudando, avolte anche bestem-miando, sicuramentecon gli altri, quelli che ti stan-no vicino, che dormono opensano ai loro problemi(non fanno nulla di male,ognuno ha i suoi).

    Comunque, sicuramente, èuna riflessione che voglio esento di dovere condividerecon tutti voi, fatene quelloche volete, la cosa migliore

    che potete farne è non tenerneaffatto conto, tanto è una rifles-sione MIA!

    Lettura.Partito di lì, si avviòverso le zone dellaGiudea e oltre il Gior-dano, mentre di nuovo lefolle accorrevano a Luied egli di nuovo, secondoil suo solito, le istruiva. Eavvicinatisi alcuni fari-sei, per metterlo allaprova gli domandaronose fosse lecito ad un uomo

    ripudiare la propria moglie.Egli domandò loro: «Che cosa viha comandato Mosè?». Risposero: «Mosè permise di scri-vere il libello di ripudio e di

    C

    Cimabue Crocifisso

    dagl

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    smandarla via». Ma Gesùdisse loro: «A causa dellavostra durezza di cuoreegli scrisse questo precetto;ma al principio della crea-zione Dio li fece maschio efemmina. Per questo l’uo-mo lascerà suo padre e suamadre e si unirà a suamoglie, e i due sarannouna carne sola. Sicché nonsono più due, ma una solacarne. Dunque: ciò che Dioha unito, l’uomo non sepa-ri». (Mc 10, 1- 9)

    Riflessione.Io e M. siamo per sempre marito emoglie, non saremo mai separati davan-ti a Dio, chi afferma che “è finita midevo rassegnare” bestemmia controquel Vangelo che ho citato! QuelVangelo non l’ho scritto io, purtroppo!Magari non fosse stato mai scritto!Ma è stato scritto, e il mio matrimonio

    è diventato la croce a cuisono rimasto inchiodato!Qualcuno mi disse ungiorno “Tu da quella crocedevi scendere”.Guarda caso non si accor-se di avere ripetuto unafrase già detta, ma se ilFiglio di Dio non è scesodalla croce, come puòscenderne il ladrone?Non posso e, per il Van-gelo in cui credo nellasua totalità, non devo

    rifarmi una vita, come si intendecomunemente: “trovati un’altra edimenticati M.”

    Il mio perdono nei suoi confronti èquesto: continuare tutti i giorni dellamia vita ad aspettare che lei torni conme! Se la dimenticassi avrei smesso diperdonarla: in questo credo ferma-mente anche alla luce degli ultimi guaiche sto vivendo.

    IL MIO PERDONO È

    CONTINUARE AD ASPETTARE

    CHE LEI TORNI

    IL GRUPPO DEGLI INTERCESSORIPregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di

    suppliche nello Spirito (Ef 6,18)

    Essere intercessore all’interno del Movimento fa seguito all’invito che il PadreCaffarel nel lontano 1960 fece alle coppie di allora: dedicare, una volta al mese,un’ora di pre