Editoriale Percezioni controllate di Ottaviano Tenerani · 2005. 5. 7. · di scelte? Il fatto è...

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Giornale di informazione e di cultura musicale a cura della Scuola di Musica Giuseppe Bonamici Numero 13 Via Matteucci, 20 - 56100 PISA - Telefono e Fax: 050.540450 - [email protected] - www.scuolabonamicipisa.it Aprile/Maggio 2005 Editoriale Percezioni controllate di Ottaviano Tenerani E’ di qualche giorno fa su L’Espresso un’inter- vista a Uto Ughi nella quale il noto violinista dice la sua a proposito della situazione musi- cale in Italia. Parla di una riforma che muta i Conservatori in non si sa cosa, ma soprattutto che non definisce e realizza le strutture dalle quali vi si potrà accedere e non garantisce con quale qualità si potrà uscirne. Di come - anche in ambienti di una certa pretesa culturale - si parli di musica avendo come solo punto di riferimento il Festival della Patata Fritta. Di come si diminui- scano ancora i fondi destinati alla musica, con conseguente abbassamento qualitativo di edu- cazione, stagioni e orchestre. Di come anche la Chiesa si sia adeguata con lestezza ad abolire i vari Palestrina, Monteverdi, Mozart e Beethoven a favore di un repertorio che scimmiotta il peg- gio del pop. Allarmismo? Forse no, se assistiamo al disorientamento di studenti e insegnanti dei conservatori; se i nostri politici e tutti i sapienti che pontificano da ogni dove, hanno come idea- le musicale italiano - da offrire ed esportare - sempre e solo l’eterno e avvilente accostamento spaghetti/pizza/mandolino; se abbiamo visto chiudere tutte le orchestre Rai, ex fonti di cul- tura per il paese sapendo che un Festival canoro costa per sei giorni più di un’orchestra per un anno; se chi si avvicina alla musica non riesce più a rendersi conto della differenza tra un sano livello dilettantistico e un impegno vero in un’ar- te tra le più belle, appaganti e profonde; se nella nostra liturgia, sempre più si fanno largo Club della Grattugia, fiammanti tastiere elettroniche (nella chiesa del mio paese volevano dismettere un organo con duemila canne per sostituirlo con un bel surrogato da passeggio, che però “…fa i ritmi…”) e applausi a fine brano. E’ un problema di scelte? Il fatto è che - da anni ormai - a pro- posito di cultura non c’è neanche la percezione che esista un qualcosa tra cui scegliere. Ragion per cui, niente paura: forse il problema non esi- ste già più. [email protected] Ecco, ora ve lo rac- conto, di come ab- biamo intervistato Paul McCandless. Ci sono tante cose da dire. Ci sono prima, e forse per liberar- sene, le notizie uffi- ciali. L’occasione è il tour degli Oregon in Europa. Gli Oregon festeggiano i loro 35 (trentacinque!) anni di carriera insieme.(Sì, c’è anche da ribadire trentacinque! con tanto di punto esclamativo.) Gli Oregon sono accezione ful- gida e raffinata di quella che si chiama World Music Fusion , nel loro caso confluenza di musica jazz, pop, classica, ma anche folk ed etnica. continua a pagina 5 Le interviste di Continuum Paul McCandless di Silvia Faggian Dalla nostra corrispondente dalla Svizzera Italiana, Patricia B. Bissegger Patricia Barbetti Bissegger: “Music is an open sky”: la musica è un cielo aperto. Una frase celebre, almeno negli ambienti del jazz, firmata da Sonny Rollins, e che Pat Metheny ci consegna come una delle sue citazioni/ definizioni preferite. Un’immagine che evoca grandi spazi 1 in movimento, aper- ture a 360°, visione che ben calza alla musicalità a tut- to tondo di questo musicista “stellare”, uno dei più innova- tivi dagli anni ‘80 in poi. Tanto originale quanto, in fondo, accessibile, godibile dal vasto popolo degli amanti della buona musica. Non a caso Pat Metheny è da circa 25 anni uno dei musicisti più amati e coccolati da pubblico e discografici. 2 L’argomento, scottante, lo introduce lui, ed è pe- raltro ben noto: la costante migrazione – talvolta definitiva – di musicisti jazz dal Nord America al- l’Europa, in cerca di nuovi stimoli e collaborazioni, certamente, ma anche di ingaggi economicamente interessanti. Gli chiedo allora cosa pensi al momen- to della situazione culturale negli Stati Uniti e cosa facciano le istituzioni per sostenere il jazz. Era forse più facile 30 anni fa, quando più o meno ha iniziato lui? Pat Metheny: [..] Non è mai stato facile, ma di- rei che ora è ancora più difficile. Perché, almeno in America, il livello generale di consapevolezza culturale verso cose che richiedono molto impegno, che durano nel tempo e che non sono affatto evi- denti – tutte qualità proprie del jazz – ecco, la tol- leranza e l’interesse verso tutto questo sono molto, molto bassi. Non c’è opportunità per noi musicisti jazz di prender parte al mondo della cultura. Per la maggioranza di noi è così. Quindi dobbiamo far affidamento moltissimo su Europa e Giappone. In realtà è sempre stato così, lungo tutta la storia del jazz, ma forse lo è ancor di più adesso di quanto lo sia stato negli ultimi 30 anni. E in fondo credo che qualsiasi luogo o contesto culturale per il jazz non sia mai appropriato, mai adatto. Questo perché la musica stessa, come si è già visto in passato, è sempre avanti rispetto ai tempi. La maggior parte della gente che apprezzerà questa musica un gior- no, al momento non presta ancora attenzione, non è preparata. Il jazz tende ad essere una mu- sica che dura nel tempo. Devo ammettere di aver accumulato una cer- ta frustrazione, all’inizio, per il fatto di essere un chitarrista. Avrei veramente voluto suona- re la tromba o il sax tenore, il pianoforte, il basso o la batteria. Intendo dire, la maggior parte dei chitarristi che entrano nel mondo del jazz sembra dover accettare che il suo strumento non sia uno degli strumenti prin- cipali del jazz. Ed io, personalmente, mi sono sempre interessato a cercare nuove vie, per rendere la chitarra più accessibile, più adatta allo spettro di sonorità del jazz, più vicina ai suoni che per me sono interessanti. Cerco sempre nuovi modi per inserire le sonorità della chitarra e uno di questi modi è sperimentare l’uso di diversi tipi di chitarre. Ogni volta che do vita a un nuovo brano di musica, uno dei miei primi obiettivi è sperimentare le possi- bilità sonore che possiedo, come chitarrista. E sono veramente moltissime, se pensi che hai tutto a di- sposizione: dalla chitarra acustica ai suoni più forti, elettronici, con tutto ciò che sta nel mezzo. continua a pagina 2 In questo numero Le triosonate per flauti e basso continuo pag. 2 Recensione: Mirco Mariottini - “Nugae” pag. 3 Recensione: JazzItalia.net pag. 3 Liberal Arts pag. 4 Coordinamento Scuole di Musica Pisa pag. 4 La Bonamici: quantità, qualità pag. 6 Interviste: Stefano Agostini pag. 7 Le interviste di Continuum Pat Metheny Nello scorrere un prezioso documento la- sciato da Gino Dell’Ira sulla tradizione li- rica pisana, dal titolo “Il firmamento lirico pisano”, in cui si trovano immortalati i più grandi cantanti d’opera nati e vissuti a Pisa tra la fine dell’Ottocento e il Novecento (e sono veramente tanti, e tutti molto noti), ho potuto scorgere il nome di una grande pianista della seconda metà dell’Ottocento, Gemma Luziani Nervi (Pisa, 1867 - Rio de Janeiro, 1894) che, dopo aver debuttato al- l’età di sette anni alla Sala Ducci di Piazza San Gaetano in Firenze ed essersi esibita nel nostro Teatro il 4 Novembre 1882 sotto la direzione di Giuseppe Menichetti, tenne con- certi, durante la sua breve ma brillante car- riera, nei maggiori teatri d’Europa. Le cronache dell’epoca la ritraggono come una beniamina del pubblico, di cui si apprez- zavano le doti virtuosistiche. In una recen- sione del 15 Marzo 1888 1 si legge che “Una mattinata musicale ebbe luogo di questi giorni a Nervi, dove (da) parecchi anni vie- ne a svernare Marco Sala (…). La direzione fu affidata al M° Severino Noli 2 , col gentile concorso della Luziani, di Camillo Sivori 3 e dell’Urban (…). Camillo Sivori e la Luziani poi furono oggetto di meritate ovazioni e seppe- ro ridestare il solito entusiasmo”. Per la cro- naca, il ricavato del concerto fu devoluto al locale asilo infantile. Colto da un’irresistibile voglia di saperne di più, ho svolto una rapida ricerca su Internet, scoprendo che sulla pianista in questione esiste una biografia, presentata al pubbli- co presso la Cantinetta del Teatro Verdi nel Giugno del ’95, grazie ai tipi delle Edizioni ETS. continua a pagina 5 Novecentomusica Gemma Luziani e Marta Nervi: storia di due pianiste di origini pisane di Paolo de Felice

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  • Giornale di informazione e di cultura musicale a cura della Scuola di Musica Giuseppe Bonamici Numero 13Via Matteucci, 20 - 56100 PISA - Telefono e Fax: 050.540450 - [email protected] - www.scuolabonamicipisa.it Apri le/Maggio 2005

    EditorialePercezioni controllatedi Ottaviano Tenerani

    E’ di qualche giorno fa su L’Espresso un’inter-vista a Uto Ughi nella quale il noto violinista dice la sua a proposito della situazione musi-cale in Italia. Parla di una riforma che muta i Conservatori in non si sa cosa, ma soprattutto che non definisce e realizza le strutture dalle quali vi si potrà accedere e non garantisce con quale qualità si potrà uscirne. Di come - anche in ambienti di una certa pretesa culturale - si parli di musica avendo come solo punto di riferimento il Festival della Patata Fritta. Di come si diminui-scano ancora i fondi destinati alla musica, con conseguente abbassamento qualitativo di edu-cazione, stagioni e orchestre. Di come anche la Chiesa si sia adeguata con lestezza ad abolire i vari Palestrina, Monteverdi, Mozart e Beethoven a favore di un repertorio che scimmiotta il peg-gio del pop. Allarmismo? Forse no, se assistiamo al disorientamento di studenti e insegnanti dei conservatori; se i nostri politici e tutti i sapienti che pontificano da ogni dove, hanno come idea-le musicale italiano - da offrire ed esportare - sempre e solo l’eterno e avvilente accostamento spaghetti/pizza/mandolino; se abbiamo visto chiudere tutte le orchestre Rai, ex fonti di cul-tura per il paese sapendo che un Festival canoro costa per sei giorni più di un’orchestra per un anno; se chi si avvicina alla musica non riesce più a rendersi conto della differenza tra un sano livello dilettantistico e un impegno vero in un’ar-te tra le più belle, appaganti e profonde; se nella nostra liturgia, sempre più si fanno largo Club della Grattugia, fiammanti tastiere elettroniche (nella chiesa del mio paese volevano dismettere un organo con duemila canne per sostituirlo con un bel surrogato da passeggio, che però “…fa i ritmi…”) e applausi a fine brano. E’ un problema di scelte? Il fatto è che - da anni ormai - a pro-posito di cultura non c’è neanche la percezione che esista un qualcosa tra cui scegliere. Ragion per cui, niente paura: forse il problema non esi-ste già più.

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    Ecco, ora ve lo rac-conto, di come ab-biamo intervistato Paul McCandless. Ci sono tante cose da dire. Ci sono prima, e forse per liberar-sene, le notizie uffi-ciali. L’occasione è il tour degli Oregon in Europa. Gli Oregon festeggiano i loro 35 (trentacinque!)

    anni di carriera insieme.(Sì, c’è anche da ribadire trentacinque! con tanto di punto esclamativo.) Gli Oregon sono accezione ful-gida e raffinata di quella che si chiama World Music Fusion , nel loro caso confluenza di musica jazz, pop, classica, ma anche folk ed etnica.

    continua a pagina 5

    Le interviste di ContinuumPaul McCandless di Silvia Faggian

    Dalla nostra corrispondente dalla Svizzera Italiana, Patricia B. Bissegger

    Patricia Barbetti Bissegger: “Music is an open sky”: la musica è un cielo aperto. Una frase celebre, almeno negli ambienti del jazz, firmata da Sonny Rollins, e che Pat Metheny ci consegna come una delle sue citazioni/definizioni preferite. Un’immagine che evoca grandi spazi 1 in movimento, aper-ture a 360°, visione che ben calza alla musicalità a tut-to tondo di questo musicista “stellare”, uno dei più innova-tivi dagli anni ‘80 in poi. Tanto originale quanto, in fondo, accessibile, godibile dal vasto popolo degli amanti della buona musica. Non a caso Pat Metheny è da circa 25 anni uno dei musicisti più amati e coccolati da pubblico e discografici. 2 L’argomento, scottante, lo introduce lui, ed è pe-raltro ben noto: la costante migrazione – talvolta definitiva – di musicisti jazz dal Nord America al-l’Europa, in cerca di nuovi stimoli e collaborazioni, certamente, ma anche di ingaggi economicamente interessanti. Gli chiedo allora cosa pensi al momen-to della situazione culturale negli Stati Uniti e cosa facciano le istituzioni per sostenere il jazz. Era forse più facile 30 anni fa, quando più o meno ha iniziato lui?Pat Metheny: [..] Non è mai stato facile, ma di-rei che ora è ancora più difficile. Perché, almeno in America, il livello generale di consapevolezza culturale verso cose che richiedono molto impegno, che durano nel tempo e che non sono affatto evi-denti – tutte qualità proprie del jazz – ecco, la tol-leranza e l’interesse verso tutto questo sono molto, molto bassi. Non c’è opportunità per noi musicisti jazz di prender parte al mondo della cultura. Per la maggioranza di noi è così. Quindi dobbiamo far

    affidamento moltissimo su Europa e Giappone. In realtà è sempre stato così, lungo tutta la storia del jazz, ma forse lo è ancor di più adesso di quanto lo sia stato negli ultimi 30 anni. E in fondo credo che qualsiasi luogo o contesto culturale per il jazz non sia mai appropriato, mai adatto. Questo perché la musica stessa, come si è già visto in passato, è sempre avanti rispetto ai tempi. La maggior parte della gente che apprezzerà questa musica un gior-no, al momento non presta ancora attenzione, non

    è preparata. Il jazz tende ad essere una mu-sica che dura nel tempo.Devo ammettere di aver accumulato una cer-ta frustrazione, all’inizio, per il fatto di essere un chitarrista. Avrei veramente voluto suona-re la tromba o il sax tenore, il pianoforte, il basso o la batteria. Intendo dire, la maggior parte dei chitarristi che entrano nel mondo del jazz sembra dover accettare che il suo strumento non sia uno degli strumenti prin-cipali del jazz. Ed io, personalmente, mi sono sempre interessato a cercare nuove vie, per rendere la chitarra più accessibile, più adatta allo spettro di sonorità del jazz, più vicina ai

    suoni che per me sono interessanti. Cerco sempre nuovi modi per inserire le sonorità della chitarra e uno di questi modi è sperimentare l’uso di diversi tipi di chitarre.

    Ogni volta che do vita a un nuovo brano di musica, uno dei miei primi obiettivi è sperimentare le possi-bilità sonore che possiedo, come chitarrista. E sono veramente moltissime, se pensi che hai tutto a di-sposizione: dalla chitarra acustica ai suoni più forti, elettronici, con tutto ciò che sta nel mezzo.

    continua a pagina 2

    In questo numeroLe triosonate per flauti e basso continuo pag. 2

    Recensione: Mirco Mariottini - “Nugae” pag. 3

    Recensione: JazzItalia.net pag. 3

    Liberal Arts pag. 4

    Coordinamento Scuole di Musica Pisa pag. 4

    La Bonamici: quantità, qualità pag. 6

    Interviste: Stefano Agostini pag. 7

    Le interviste di ContinuumPat Metheny

    Nello scorrere un prezioso documento la-sciato da Gino Dell’Ira sulla tradizione li-rica pisana, dal titolo “Il firmamento lirico pisano”, in cui si trovano immortalati i più grandi cantanti d’opera nati e vissuti a Pisa tra la fine dell’Ottocento e il Novecento (e sono veramente tanti, e tutti molto noti), ho potuto scorgere il nome di una grande pianista della seconda metà dell’Ottocento, Gemma Luziani Nervi (Pisa, 1867 - Rio de Janeiro, 1894) che, dopo aver debuttato al-l’età di sette anni alla Sala Ducci di Piazza San Gaetano in Firenze ed essersi esibita nel nostro Teatro il 4 Novembre 1882 sotto la direzione di Giuseppe Menichetti, tenne con-certi, durante la sua breve ma brillante car-riera, nei maggiori teatri d’Europa. Le cronache dell’epoca la ritraggono come una beniamina del pubblico, di cui si apprez-zavano le doti virtuosistiche. In una recen-

    sione del 15 Marzo 18881 si legge che “Una mattinata musicale ebbe luogo di questi giorni a Nervi, dove (da) parecchi anni vie-ne a svernare Marco Sala (…). La direzione fu affidata al M° Severino Noli 2, col gentile concorso della Luziani, di Camillo Sivori 3 e dell’Urban (…). Camillo Sivori e la Luziani poi furono oggetto di meritate ovazioni e seppe-ro ridestare il solito entusiasmo”. Per la cro-naca, il ricavato del concerto fu devoluto al locale asilo infantile. Colto da un’irresistibile voglia di saperne di più, ho svolto una rapida ricerca su Internet, scoprendo che sulla pianista in questione esiste una biografia, presentata al pubbli-co presso la Cantinetta del Teatro Verdi nel Giugno del ’95, grazie ai tipi delle Edizioni ETS.

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    NovecentomusicaGemma Luziani e Marta Nervi: storia di due pianiste di origini pisanedi Paolo de Felice

  • 2 NUMERO 13 ARTICOLI E INTERVISTE

    Anonimo - Triosonata in sol maggioreLa Triosonata in sol maggiore di autore anonimo che fa parte di questa singolare raccolta è con-servata in manoscritto a Ghent presso la Rijk-suniversiteit Centrale Bibliotheek con segnatura Ms. 3898 (22) e titolo “Sonata a flauto, traversa e basso”. Si presenta in quattro tempi: Adagio, Allegro, Largo, Allegro. Nulla purtroppo ci fa in-tuire qualcosa a proposito di una possibile attri-buzione, anche se l’opera pare più accomunabile con i modelli di estrazione tedesca o italiana. Mo-dellato su sistemi molto limpidi sia dal punto di vista melodico che contrappuntistico, questo trio risulta ben scritto per i due strumenti: tonalità e tessiture comode, felice impasto di suono che denota una precisa coscienza riguardo alle ca-ratteristiche foniche e strutturali dei due flauti, melodie brevi e incisive. La sonata si apre con un primo tempo breve e sereno, basato su un tema affettuoso che i due strumenti si porgono all’inizio lungo il consueto percorso tonica/domi-nante, per poi riprenderlo - dopo qualche gioco - in chiusura, guidandoci verso la cadenza sospe-sa che introduce il secondo tempo. Anche qui, come nel quarto tempo in forma di danza non ci si allontana dal generale carattere luminoso. I due strumenti si muovono in prevalenza su successioni armoniche consonanti e per figura-zioni omoritmiche; sono praticamente assenti gli spunti imitativi tranne piccoli incisi che si esau-riscono nell’arco di una misura. A turbare, ma solo marginalmente, il clima - come l’ombra di una nube passeggera - è destinato invece il terzo movimento, un largo in mi minore. Pur non allon-tanandosi la scrittura dall’omoritmia è possibile qui abbandonarsi di più al gusto per le asprezze. Come si è detto, niente di grave; quel tanto che basta a intristirci un po’ e farci meglio godere del bel sol maggiore ritrovato.

    Trio in Do minoreMolti dubbi di paternità suscita la Trio Sonata in do minore a flauto diritto, traversiere e basso in quanto attribuita da una fonte (Brussel, Conser-vatoire Royal de Musique) a Johann Christoph Schultze, da un’altra (Schwerin, Mecklenburgi-sche Landesbibliothek) a Pierre Prowo, com-positore e organista tedesco nato e morto ad Altona, Amburgo (8 Aprile 1697 – 8 Novembre 1757). Pur non sapendo molto di lui, lo si suppo-

    ne appartenente a una famiglia di musicisti e lo si sa organista della Chiesa Riformata ad Altona dal 1738 ca. fino alla morte. Le sue composizioni, quasi tutte ancora manoscritte e inedite, com-prendono musica strumentale tra cui Concerti a sei per strumenti a fiato (2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti e basso continuo), 12 trio sonate a 2 flauti dolci, la sonata oggetto della registrazione, ancora 12 sonate a flauto diritto e basso, 6 sonate per tra-versiere, violino e basso, oltre a musica vocale di varia natura. Nel confronto tra le due fonti di questa sonata, riportiamo i titoli per esteso.Bruxelles: Sonata / a 3 / Flauto Travers: / Flau-to a bec / con / Basso / del Sigr: Schultze.Schwerin: Sonata. 3 / Flaûte. A bec. / Flaut Tra-vers. / et / Basso. Continuo / Sig P. Prowo.Della versione di Bruxelles esistono anche due stampe in edizione moderna (una di queste riporta solo i primi tre tempi), che attribuiscono quindi la sonata a Schultze, ma nessuna ci aiuta a far luce sulla dop-pia attribuzione e neppure ci dà particolari in più sul presunto autore tranne, su una, riguardo ai suoi estremi anagrafici (1733 – 1813).Ci risulta esistere invece una terza edizione nella cui prefazione si espone un’interessante teoria secondo cui il nome Prowo derivi dall’originale francese Pre/vôt o Pre/vôst, termine che avrebbe come traduzione tedesca Schultzheiss o Schulz, con il significato di borgomastro (anche in lingua italiana si pensi ai termini “prevosto” o “propo-sto” impiegati per indicare cariche sia religiose sia civili). Quindi Prowo potrebbe essere stato conosciuto anche come Schultze, o aver pro-dotto questa “trasformazione di nome” il copista di turno. Oppure, con percorso contrario, e con riferimento proprio alla sua “appartenenza” alla chiesa francese riformata, potrebbe essere sta-to iscritto negli archivi di questa con la versione francese dell’originale cognome tedesco. L’ipotesi non sarebbe del tutto da scartare se pensiamo che lo stile piuttosto antico, anche come scrit-tura, di questa composizione (chiave di violino francese per il flauto a becco, due bemolle in chiave) non collima molto con lo stile del più tar-do Johann Christoph Schultze a cui è attribuita dalle due edizioni citate solo in base all’indicazio-ne “del Sigr: Schultze”.Questo trio in do minore ha una struttura ordina-ta secondo il modello in quattro tempi con alter-

    nanza lento/veloce; in questo caso Adagio, Alle-gro, Dolce, Allegro. La specifica “Menuetto” che si trova dopo l’indicazione Dolce in una delle due moderne edizioni, non è presente nei manoscritti e quindi è da attribuirsi alla revisione.Il primo tempo si presenta con un andamento ritmico/melodico che ricorda i modelli, spesso riconoscibili anche in Vivaldi e Scarlatti, spesi a evocare il mormorio delle fronde. I flauti si muo-vono con una sostanziale omogeneità in frasi ampie su un basso statico e cadenzato, e un po’ tutto sembra tendere ad una situazione di quieta immobilità. Il carattere di questo primo tempo, la sua breve durata e il suo chiudere sospeso sulla dominante, sono elementi che preludono ad un secondo tempo di assoluto contrasto. L’Allegro che segue è infatti un 6/8 bipartito e ritornella-to, il cui “tema” è costituito e caratterizzato da incisi brevi che si alternano un dialogo serrato e speculare tra i due flauti. Il basso, sede ac-cogliente per lo statico preambolo, diventa ora elemento motore che partecipa, con gli stessi contrasti delle voci superiori, a creare un clima di tensione che attraversa tutto il tempo e in-terrotto da un unico squarcio di sereno dato da un’improvvisa quanto breve escursione, nella seconda parte, ad una sequenza in progressione di soluzioni armoniche più distese. E’ utile quindi il terzo movimento (Dolce), anch’esso bipartito, ritornellato e strutturato sul tipico percorso ar-monico minore – maggiore - minore, a riportare il livello emotivo su più miti posizioni e ad intro-durre l’ultimo Allegro. A differenza dei molti casi in cui l’ultimo tempo delle sonate quadripartite è in forma “danzante”, qui troviamo un fugato in 2/4 tipicamente più frequente per i secondi tem-pi, imperniato su un tema di sei battute (2+2+2) di cui le ultime due, una volta esaurite le prime tre entrate “espositive” scompaiono nelle ripre-se tematiche indicando la loro natura di coda e lasciando il tema di sole quattro battute. Nono-stante la tonalità di do minore e la forma colta impiegata, l’autore non dà l’idea di ricercare un clima austero ma costruisce piuttosto un morbido e discorsivo succedersi degli eventi che attraver-so un gradevole equilibrio tra momenti imitativi e parti libere conduce al finale.

    continua nel prossimo numero

    Le triosonate originali per flauto diritto, flauto traverso e basso continuo.Alcune considerazioni sui compositori e sulle opere della raccolta

    (seconda parte)di Ottaviano Tenerani

    È il brano stesso che mi dice con quale chitarra dovrà essere suonato; alla fine la scelta mi è sempre molto chiara. C’è una relazione fra il punto in cui finisce la composizione e quello in cui comincia l’improvvisazione, nel senso di ciò che mi succede al momento in cui suono. Per me la cosa più importante è far nascere qualcosa che abbia una sua forza melodica intrin-seca, sia che lo faccia come compositore o come musicista che improvvisa. Voglio, desidero che la mia musica abbia questo sentimento di inevitabilità: doveva esser così, dovevano essere quelle note in quel momento. Quella risonanza, quella specie di piccola verità che trovo ogni tanto…ecco, è pro-prio questo ciò che io cerco. Che questo avvenga quando scrivo musica o quando suono, in fondo è esattamente la stessa cosa. Le due cose si completano.PBB: Disponibilità, sorriso aperto e calore umano è ciò che resta nell’aria alla fine di questa chiacchierata con Pat Metheny. E aggiungerei anche una sorta di eleganza che ben si accorda con la sua musica, o almeno buona parte di questa. Musica di cui è difficile non parlare con lui, musica intesa nella sua funzione più elevata, nella sua universalità. Ed è così che ci sa-luta:PM: Per me la musica è un po’ come un sintomo. È qualcosa che rappre-senta, che ci ricorda altre cose. Quando la musica è ottima musica, quando ha un effetto, quando ti colpisce, c’è una sorta di comunità che si crea fra la

    gente che partecipa, che suona e che ascolta. E’ lo stimolo che ci ricorda da dove veniamo e dove stiamo andando. In fondo io credo che la musica, per molti versi, sia uno strumento di valore per capire perché siamo qui.

    Patricia Barbetti [email protected]

    © RTSI – Radio Nazionale Svizzera Italiana – Luganoha curato la redazione: Matteo Rainieri – Scuola Bonamici – Pisa

    [email protected]

    Pat Methenysegue dalla prima pagina

    (Footnotes)1 Il Missouri, dove è nato.2 Esordì come leader del suo primo trio nel 1976 con l’album “Bright Size Life” (ECM), affiancato da Bob Moses e Jaco Pastorius: “Sono stato mol-to fortunato ad avere quest’opportunità. Avevo solo 18 anni quando mi hanno fatto questa offerta ed era un periodo straordinario per l’etichetta ECM, intendo dire che praticamente ogni disco che pubblicava era qual-cosa di molto speciale, qualcosa da ascoltare. Dunque mi sono sentito molto fortunato ad avere la possibilità di registrare per loro. E poi io amo molto venire in Europa a suonare.[..] Qui ci sono molti grandi musicisti e ci sono sempre stati. Credo che per tutti noi l’Europa sia una sorta di spina dorsale del jazz mondiale.

  • 3NUMERO 13RECENSIONI

    Jazzitalia è un sito internet completamente dedica-to al jazz e ai suoi molteplici aspetti. L’obiettivo con cui, il 28 giugno 2000, ha iniziato al sua attività è quello di rendere il jazz più “democratico” nel senso strettamente etimologico del termine: offrire a tutti gli operatori del settore (musicisti, case discografiche, produttori di strumenti musicali, giornalisti, studiosi, ecc.) un’opportunità seria e professionale per essere presenti su internet e per poter liberamente divulgare il proprio operato. Jazzitalia dispone di:• un archivio con oltre 5.000 indirizzi di scuo-

    le, negozi di strumenti musicali, CD, locali, agenzie, • un archivio con più di 4.500 eventi che comprendono oltre 20.000 con-

    certi effettuati da più di 50.000 musicisti,• più di 500 pagine personalizzate per musicista professionista,

    • più di 500 lezioni on line scritte da più di 50 professionisti per ogni stru-mento musicale,

    • migliaia di comunicati e news provenienti da tutto il mondo,• collaborazione unica ed esclusiva per l’Italia con la IAJE (International

    Association for Jazz Education) l’associazione internazionale più impor-tante al mondo orientata alla didattica nel jazz. Quest’anno Jazzitalia era l’unico portale italiano presente all’Annual Conference di New York con propri inviati,

    • Più di 2.000 utenti iscritti alla newsletter e alla mailing list,• Decine e decine di interviste esclusive effettuate a innumerevoli artisti

    provenienti da tutto il mondo,• Foto, quadri, articoli, recensioni, e altro ancora.

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    Continuum

    RecensioneJazzItalia.net

    Recensione – anteprima:Mirco Mariottini: “Nugae”in pubblicazione per SplashMirco Mariottini, clarinettiStefano Battaglia, pianofortePaolino Dalla Porta, contrabbasso

    E’ raro, in Italia, che i musicisti parlino gli uni de-gli altri, e fra loro, a differenza di quanto si cre-de; raro che scrivano gli uni degli altri. Invece, di questi tempi soprattutto, dobbiamo parlare. A me piace parlare della musica. Per questo amo scrivere recensioni e commenti del lavoro dei miei amici e colleghi.E’ stato un grande piacere ricevere in anteprima il master di Mirco Mariottini, grande talento, per-sonalissimo; sempre se stesso, colto e semplice al tempo stesso (Paul McCandless: “terrific!!”). Un jazzista “all’italiana”, se questa definizione ha qualcosa di buono (e lo ha), nella cultura perso-nale, nella tecnica strumentale, nel senso arti-stico, nella ricerca, in equilibrio con le tradizioni, nella luminosità diafana del sole toscano; com-plesso, come la cultura italiana, e puro come l’ac-qua. “E’ musica dell’ inconscio, delle immagini e delle forme interne. Elude i cliché, volutamente. E’ una ricerca, soprattutto interiore. Si può fare di meglio!... ma anche di peggio, credo” Così rac-conta Mirco. “Cerca di rispecchiare l’ autentico”. E questo lavoro è, intanto, autentico.Sblù, blues in 12 battute, è un po’ Bluesy, un po’ Stravinskij; lento e inesorabile, Hemiola nel-la scrittura, politonale nello sviluppo; Battaglia lavora su superimposizioni e polychords laceran-ti, e a tratti scale esagonali: si creano spazi e personaggi che ci vivono, e le loro vicende: cos’ altro è in fondo la musica? Le due Nugae (I, II) sono improvvisate con grande ascolto recipro-co e gusto armolodico (conosco Nuga VI, lirica, geniale, non inserita in questo CD, impressioni-stica come qui la “toccata alla francese” Fleurs D’Automne, in cui appare certo Messiaen); dopo un’intro di pianoforte e il tema, si improvvisa su una sezione speciale; GWG è seriale non dode-cafonico, omaggio a Eric Dolphy; Lyla è in sol m, Uscendo dalla Nebbia in Si b: “due tonalità in cui, una volta nella vita, bisogna pur scrivere un pezzo!”; giusto (Do e lam, sul clarinetto). Bello il Meditation di Paolino, in cui due bei soli (cl basso e contrabbasso), intramezzati da un interludio che è un frammento del tema, sprofondano nel grave; l’ostinato arpeggiato surreale di Battaglia ricorda il John Taylor del trio con Tony Coe e Norma Winstone; i doppi suoni di Mirco sono ben collocati, come tutti i suoi interventi sono ben gestiti, calibrati; il brano si impenna lentamente nei registri più acuti: ha toccato così un range ampissimo. Ballata, con il piccolo, ha echi me-dioevali (appare anche Morricone) e sognanti. Il grande amore sembra essere tutto il ‘900,

    dall’impressionismo alla serialità, dal Blues alle improvvisazioni sugli accordi. Questa strada la condivido profondamente. Folk, di Battaglia, echi di Gismonti e un intermezzo lidio, e un funky jarrettiano: il quadro è completo. Il ‘900 non ha

    affatto finito di dare. Anche perché il XXI secolo non ha ancora granchè cominciato, preso com’è da una stupida, costosissima, il-legale guerra che è già mondiale, e da varie ma-nipolazioni delle coscienze, che costano molto di più di quanto costerebbe finanziare la musica decentemente. In molti percepiamo l’oscuro, il niente che avanza. Non siamo affatto pessimisti, altrimenti non saremo ancora qui a fare musica: è la realtà.Si dice che ci sia in giro “un sacco di grande jazz italiano”. Mah. Molte produzioni sono cloni, foto-copie e imitazioni, o (è a volte è peggio) roba che sacrifica a un’originalità contorta, poco musicale, la bellezza. “C’è del bello e c’è del nuovo…pecca-to, che il bello non sia nuovo, e il nuovo non sia bello…”, diceva qualcuno, secoli orsono. Così è. E puntualmente la stampa specializzata italiana (che in tutto è specializzata meno che nella mu-sica, di cui in realtà ha una gran paura), svela come “grandi talenti” musicisti in realtà limita-tissimi e, spesso, di regime; e cita come “giovani promesse” o “curiosità” marginali musicisti che invece, da decenni (sic), lavorano a alto livello sulla musica, con curiosità, grande onestà, tecni-ca, conoscenze, gusto.

    continua a pagina 8

    Mirco Mariottini

    Diplomato in clarinetto col massimo dei voti, si è dedicato al jazz e alla compo-sizione partecipando a seminari quali quelli organizzati dalla I.A.S.J. (Int.l Ass.of Schools of Jazz) con D. Liebman, i Corsi di Alta Qualificazione Prof.le - Re-gione Toscana - Siena Jazz, con S. Lacy e, nell’ambito della classica, i Corsi di Perf.to di Fiesole. Ha fatto parte dell’Or-ch. Giovanile Italiana di Jazz diretta da B. Tommaso e G. Gazzani con la quale ha suonato con il trio di P. Erskine e con J. Newton (suite Black, Brown and Bei-ge di D. Ellington), dell’Ens. Ainulindale di A.Pellegrini, di Theatrum di S. Batta-glia. Ha inoltre collaborato con P.Fresu, P.McCandless, T.Scott, E.Dean, J.Dvorak, A.Tavolazzi, S.Richie, R.Fassi, G.Parfait Ludovic, E.Fioravanti, B.Morris ecc. Nel 1997, ospite del Salone della Musica di Torino, è stato presentato dall’ Italian In-stabile Orchestra come nuovo talento del jazz di ricerca in Italia. E’ docente di Cla-rinetto, Teoria Solfeggio e Musica Jazz presso la Scuola Comunale “I. Fazzi” di Castel del Piano (GR) e dal 2003 di Teo-

    ria ad Indirizzo Moderno presso la Scuola Comunale di Musica di Poggibonsi (SI).

    Incisioni:- Is Ensemble, P. Damiani, Via Veneto- Gesti, S. Battaglia, Theatrum, Spasch(s)- Mut(e)azioni, S. Battaglia, Theatrum, Spasch(s)- Rito Stagionale, S. Battaglia Theatrum, Spasch(s)- Middle Earth, Ainulindale Ens., A. Pelle-grini, P. McCandless, Symphonia- Vita Nova, Dinamitri Jazz Folklore, Phi-lology- Luna Bruna, Agromistico Trio, Iradidio- Musica con Vista, Agromistico Quartet, Le Carrozze- Things Left Behind, Iridescdente Ens., C. Riggio, P. Fresu, Symphonia- Folklore in Black, Dinamitri Jazz Folklo-re, T. Scott, Caligola- Originaria, S. Battaglia, Theatrum,Symphonia

    Info 0564/98625, 339/8764715 [email protected]

  • 4 NUMERO 13 ARTICOLI

    La ricerca di un’occupazione seria e possibil-mente ben retribuita per un giovane che si af-faccia al mondo del lavoro è veramente difficile. La maggior parte delle lauree, com’è noto, non assicura un posto di lavoro nell’immediato. Forse le cose migliorano quando ci si accontenta di un diploma di maturità, magari anche risicato, che può offrire tutt’al più un mestiere o un impiego nella pubblica amministrazione o nel privato. Ma se questo diploma è rilasciato da un Conservatorio o da un Istituto musicale pareggiato (parliamo dunque di diplomi musicali) la situazione diventa complicata. Ecco i motivi:- il diploma di Conservatorio senza un qualsiasi

    diploma di maturità, oggi come oggi, dovreb-be prepararti ad una professione concertistica (dunque non un’occupazione fissa): di fatto, non è così;

    - il diploma di Conservatorio conseguito insieme a un qualsiasi diploma di maturità dà la pos-sibilità di partecipare a concorsi pubblici – in questo caso è parificato ad una Laurea di II° livello – che potrebbero anche non riguardare il campo della musica;

    - il diploma di Conservatorio abbinato alla Laurea (escludendo il corso di Laurea del DAMS di Bologna e pochi altri) può non essere suffi-ciente per trovare impiego come insegnante di Conservatorio (massima aspirazione per chi ambisca ad un’occupazione seria e ben retri-buita, di cui sopra, nel campo della musica).

    Cosa fare dunque per assicurarsi un futuro e una vecchiaia serena e tranquilla, pari almeno a quel-la dei nostri cari, poveri nonni? Per rispondere a questa domanda occorrerebbe rivolgersi ad una “letiziosa” cartomante, sempre che un musicista disoccupato possa permettersela!Esiste tuttavia una Fondazione che si sta inte-ressando a tutto campo del problema per dare una risposta alle migliaia di musicisti diplomati. E lo fa gratuitamente! Si tratta della FONDAZIONE ALMA MATER, organismo appartenente all’Uni-versità degli studi di Bologna, che, in collabora-zione con CSEA (Consorzio per lo Sviluppo del-l’Elettronica e dell’Automazione) e con la promo-zione del Fondo Sociale Europeo e della Regione Lombardia ha realizzato, attraverso il progetto “Musica: Liberal Arts”, una ricerca per tentare di fissare un punto di chiarezza sull’attuale situa-zione delle professioni e del mercato musicale in Italia e prospettare linee di miglioramento delle opportunità formative e professionali dei musici-sti. Il progetto è articolato in due fasi. Nella pri-ma fase è stato raccolto materiale sotto forma di testimonianze di musicisti, interviste a diplomati nel campo della musica, indagini varie e raccol-ta di dati. Ricordiamo che la Fondazione fa capo all’Università degli studi di Bologna e CSEA è un Consorzio di professionisti che opera da anni sul territorio nazionale.Una volta ordinato e catalogato tutto il materiale raccolto, si è proceduto alla realizzazione della seconda fase, consistente in un seminario e un convegno nazionale sui temi “Nuove professioni

    musicali: la cultura d’impresa come valore ag-giunto” (tenuto al Conservatorio “Verdi” di Milano nei giorni 22-23 Settembre 2004) e “Le professio-ni musicali” (Conservatorio di Milano, 23 Ottobre 2004). Al convegno–seminario sono intervenuti esperti di marketing e fund raising, musicisti–imprenditori e organizzatori, agenti musicali e produttori che hanno introdotto gli uditori, tutti musicisti, nella mentalità e nel linguaggio “stra-tego–anglo–paralgebrico” del mondo imprendito-riale. Diamo qui di seguito alcuni esempi:Angela Annese, direttrice del “Corso Superiore di Management della Musica” presso il Conservatorio di Bari, ha illustrato gli aspetti creativi, organiz-zativi e legislativi che stanno alla base di un pro-getto musicale. Per presentare un progetto occorre innanzi tutto seguire alcuni punti fondamentali:1. Ideare il progetto, che dovrà essere il più ori-

    ginale possibile per distinguersi dagli altri;2. Documentarsi in maniera approfondita su

    tutto ciò che riguarda la musica, gli autori, l’epoca e via dicendo, non solo ai fini di una buona presentazione del progetto, ma anche in previsione dell’attuazione dello stesso;

    3. Cercare gli esecutori;4. Pensare all’organizzazione: programmi di

    sala, pubblicità, registrazioni audio-visive…;5. Cercare sale dove proporre e organizzare il

    concerto, definendo costi di affitto e di noleg-gio strumenti;

    6. Cercare uno sponsor interessato al progetto; 7. Comunicati-stampa.

    Stefania Borghini, PhD in Economia Aziendale e Management presso l’Università Bocconi di Milano, ha illustrato invece quali sono le strategie da seguire per proporsi sul mercato della musi-ca:A. Business concept:

    1. Idea chiara e originale2. Chiara visione da raggiungere3. Forte motivazione4. Necessaria propensione al rischio5. Conoscenza dell’ambiente e della doman-

    daB. Sfide:

    1. Definire missione, visione, identità2. Costruire (e mantenere) un’audience3. Attrarre e produrre risorse finanziarie:

    come finanzieremo l’attività? Come pro-durremo valore economico?

    C. Metodo secondo i principi “da manuale” ma-nagement:1. Definire la strategia2. Definire obiettivi funzionali3. Organizzare attività e risorse

    D. Il nodo cruciale per Arte & business:1. Viene prima il cliente o il prodotto?

    E. Conoscere il consumatore:1. Il consumatore deve essere educato e in-

    formato sul prodotto che gli si offreF. Ricerche di mercato:

    1. Prodotti2. Modalità di erogazione

    3. Luoghi4. Soggetti erogatori

    G. Conoscere il “nemico” e “posizionarsi” agli oc-chi del consumatore. Trovare la zona più ca-rente di offerta.

    H. Gestione operativaI. Il prodotto/servizio: scelto il prodotto/servizio

    (es. il concerto) occorre definire una strategia in base alla tipologia di clienti e definire pp/ss secondari (es. cd, corsi di formazione…)

    J. Definire il prezzo: Quale obiettivo vogliamo raggiungere?1. Massimizzare numero clienti? Allettare con

    offerte particolari: sconti, 3x2…2. “Fidelizzare” i clienti? Abbonamento, ridu-

    zione prezzo per clienti fedeli…3. Ridurre costo d’accesso? Ricerca donazio-

    ni…4. Arricchire il servizio o posizionarsi come

    “provider” distintivi? Aumentare il prez-zo…

    Confrontarsi con:1. Prezzi concorrenti2. Percezioni clienti3. Profitto obiettivo4. Bilanciamento donazione/fondi

    K. Finanziamento e sopravvivenza (prova del nove)1. Investimenti a lungo termine2. Modalità di finanziamentoL. Come comunicare e quale contenuto co-

    municare?1. Passaparola – Singolo evento2. Pubblicità media – Immagine – Pubbliche

    Relazione – PromozioniFulvio Liberatore, del Thomas Consulting Group di Bologna, ha spiegato il funzionamento del Fund Raising per le imprese artistiche. Fund Raising = Sponsor. Il FR è il complesso delle atti-vità che l’organizzazione non profit mette in atto per la creazione di rapporti di reciproco interes-se fra chi chiede risorse economiche, materiali e umane in funzione dello scopo statutario e chi è potenzialmente disponibile a donarle. Il FR tutela l’occupazione dell’artista.Massimo Marcelli, flautista e presidente dell’As-sociazione “Emilia Romagna Festival” ha esposto la propria testimonianza sull’organizzazione di festival musicali. I punti fondamentali riguarda-no: - la creazione di una rete di città per la circuita-

    zione dei concerti e l’abbassamento dei costi;- il tipo di programmazione che viene propo-

    sto. Serafino Rossi, titolare della casa discografica Tactus, ha parlato delle case discografiche esi-stenti in Italia. Ne esistono di due tipi:1. le Major, che producono principalmente musi-

    ca leggera e in minor misura musica classica, si distribuiscono con mezzi propri;

    2. le Indipendenti, generalmente più attente al settore musica classica, sono distribuite da etichette.

    continua a pagina 5

    LIBERAL ARTS. Nuove prospettive di lavoro nel campo della musica…

    E’ nata l’11 dicembre 2004, durante il Convegno sulla situazione dell’inse-gnamento musicale in Italia tenuto presso la Scuola Bonamici di Pisa, l’idea di riunire in un Coordinamento le Scuole di Musica della provincia. La propo-sta, lanciata dal jazzista Andrea Pellegrini (Dir. Art. della Bonamici), è sta-ta subito accolta con entusiasmo dall’Assessore alla Cultura della provincia, Nicola Landucci, presente al Convegno, e dalla sottoscritta, Coordinatrice della Scuola di Musica “Senofonte Prato” di Vecchiano. Abbiamo poi contattato le realtà presenti sul territorio della provincia. Hanno aderito fin’ora l’Associazione Mus.le “il Pentagramma” di S.Giuliano T., l’Acca-demia Mus.le di S. Miniato Basso, la Scuola di Musica “Boccaccio” e la Scuola di Musica F.A.F. di Pisa, il Music Artwork Village di Ponsacco. Lo scopo è realizzare intanto progetti concreti: circuitazione di saggi e concerti; un’Orchestra Giovanile Pisana; realizzare materiale pubblici-tario comune; un sito web; creare un database per sapere chi siamo e che cosa facciamo, per avere la possibilità di scambi anche di materiale come spartiti, materiale; confrontarci e informarci su temi didattici, e su questioni normative e legali.Il CSMP si riunisce regolarmente dal 31 gennaio 2005; per celebrarne la nascita, il 28 febbraio, presso la Sala Concerti della Bonamici, alcuni suoi membri, affiancati da insegnanti e collaboratori (Serena Donati, fl, Simona Casarosa, p, Scilla Lenzi, p, Elisabetta Casapieri, vc, Paolo De Felice, p, Marco Cattani, chit, Andrea Pellegrini, p, Fabrizio Desideri, Sax), hanno

    realizzato un Concerto di musiche di ogni stile, dall’800 alla contempo-ranea (Genin, da Verdi; Debussy; Saint- Saëns; Mingus; Baden Powell; Strayhorn; Cardini; M. Lenzi) per dare il LA alle attività del Coordinamento, appena nato, ma già ricco di idee, grazie alla partecipazione di persone bril-lanti per le quali la musica è al primo posto. Il mondo musicale sta vivendo un periodo di insicurezza; essere in contatto è importante perché l’unione fa la forza; è la forza che ci serve, per dare sempre il meglio e creare un ambiente costruttivo, stimolante e sano per tutti i ragazzi che si avvicinano allo studio della Musica. Il CSMP si è poi attivato per realizzare, il 14 maggio, a Pisa, presso il centro Concetto Marchesi (vicino al Liceo Buonarroti - info 338 63 46 037), un Convegno patrocinato dalla provincia di Pisa: per dare voce ai pro-blemi della professione Musicista e Docente di Musica, con riferimento alle province di Pisa, Lucca e Livorno. Il convegno occuperà tutta la giornata: la mattina, i relatori affronteranno diverse tematiche come i contratti ed ai trattamenti economici della categoria, la formazione, in riferimento alla Scuola dell’obbligo, ai licei, ai conservatori, alle Scuole presenti nella zona; la didattica. Il pomeriggio verranno formati dei gruppi di lavoro; la sera allievi e docenti delle Scuole del CSMP daranno un concerto.

    Serena [email protected]

    CSMP – Coordinamento delle Scuole di Musica della Provincia di Pisa.Scambi, collaborazioni; e un Convegno interprovinciale

  • 5NUMERO 13INTERVISTE E RECENSIONI

    E da aggiungere che il loro tour1 toccherà (tra il 16 Marzo e il 2 Aprile) Italia, Austria, U n g h e r i a , P o l o n i a , Germania, e Romania per poi tornare un’altra

    volta in Italia e concludersi a Palermo. Presentano in concerto alcuni nuovi pezzi, che incideranno a fine anno nel loro nuovo disco, dopo l’ultimo “Live at Yoshi’s” del 2002. Infine, gli Oregon sono Ralph Towner (piano, tastiere, chitarra), Glen Moore (contrabbasso), Mark Walker (batteria e percussioni) e - sono certa che chi non lo sapeva ora se lo aspetta - Paul McCandless. Paul McCandless suona almeno una decina di strumenti a fiato - tra i quali oboe, corno inglese, sax soprano e sopranino, clarinetto basso - con la perizia del musicista classico e la creatività di quello jazz. Chi è del mestiere ci assicura che suonare strumenti a fiato tanto diversi nell’arco di un concerto - e suonarli così - non è un gesto naturale quanto ci sembra mentre lo fa Paul sul palco del teatro di Quarrata. Se poi gli strumenti sono sei o sette, la questione comincia a sembrare prodigiosa.Il 13 Marzo, appunto, gli Oregon suonano a Quarrata, in provincia di Pistoia. Io sono lì insieme ad Andrea Pellegrini e ad altri amici e musicisti. World music, dicevamo, confluenza di stili. A chi suona e ascolta musica con senso critico è noto che non basta mettere insieme generi, stili e strumenti diversi - anche se la scelta degli ingredienti è originale e i musicisti preparati - per ottenere musica originale e, soprattutto, bella musica. Ecco, gli Oregon ne sono capaci.2 Non vogliamo raccontarvi il concerto, ma dirvi almeno questo: sul palco a Quarrata abbiamo visto

    quattro giganti.Così, le notizie ufficiali. Poi ci sono quelle da dire in rispettoso sottovoce. C’è da dire della trama che mi permette – o ci, noi Continuum - di avviarmi in funambolica trepidazione verso questa intervista: l’amicizia fra Andrea e Paul. Alla Bonamici, il nome Paul McCandless fa dire subito Andrea Pellegrini e Ainulindale, e quindi Middle Earth3.Infine c’è l’intervista. A fine concerto - lì, sotto il palco - attenderemo di intervistare Paul. Il teatro sarà quasi vuoto. Gli ultimi fan si faranno firmare gli ultimi autografi. Paul metterà i suoi strumenti sull’auto che attende di portarlo via, a Perugia. Quell’automobile sarà in strada col motore acceso e Paul chiederà all’autista se può attendere cinque minuti per la nostra intervista. Ma saranno invece quindici, e preziosissimi, allo scoccare della mezzanotte. Gli chiederemo di raccontarci qualcosa di sé e della sua musica al di là degli Oregon. Lui ci risponderà così.

    Tuo padre era oboista e, mi pare di capire, il tuo primo insegnante. In che modo ti ha avvicinato alla musica? (Annuisce.) Mio padre suonava l’oboe ed era anche direttore d’orchestra alla scuola superiore. Mia madre insegnava al junior college. Stavo sempre con i miei genitori e gli strumenti musicali erano i miei giocattoli: la nostra casa era piena di strumenti. Mio nonno li riparava per mestiere, e in negozio aveva ottoni di ogni tipo, sassofoni e molti altri strumenti. Alle superiori ero nella band della scuola e provavo a suonare tutto ciò che mi capitava a tiro: la tuba, il sassofono, il flauto, tutto.

    Possiamo dire che la tua famiglia ti ha trasmesso l’amore per la musica? La musica era semplicemente il mio mondo. Gli strumenti musicali i miei giocattoli.Raccontaci di quando eri studente di Robert Bloom.Era un grande oboista, primo oboista nell’orchestra di Toscanini. Ed è stato anche nell’orchestra di Filadelfia sotto la direzione di Stokowski, dove suonava il corno inglese.Quale pensi sia stato il suo contributo al tuo modo di suonare?Ci sono molte cose da dire. Una è questa: mi ha insegnato ad ascoltarmi, a sentire cosa facevo davvero e non solo a immaginare quello che stavo facendo. Inoltre mi ha insegnato a dare forma alla frase, a darle colore con l’espressione e con un senso della linea in cui una nota non resta mai ferma, e viaggia invece verso la nota successiva. Così si infonde vita alla linea. E’ un modo di suonare simile al belcanto. In seguito ho tentato di fare la stessa cosa nel jazz, di far sì che lo strumento canti, come una voce. La voce è

    sempre il mio modello.Hai lavorato con molti dei maggiori esponenti del jazz mondiale. Musicisti come Eberhard Weber, Wynton Marsalis, Jaco Pastorius, Carla Bley. Vuoi commentare qualcuna di queste esperienze? Penso che i miei strani strumenti mi abbiano aperto molte porte. Suonavo l’oboe e il corno inglese e – be’, ci sono davvero poche persone che suonano l’oboe

    e il corno inglese, o il clarinetto basso, e altri di questi miei strumenti inusuali. Questa è stata la base per molte opportunità. A questo si aggiunge il fatto che ho sviluppato la mia voce personale, il mio suono molto definito: quando qualcuno mi ascolta mi riconosce immediatamente. Ecco, questo mi ha dato l’opportunità di lavorare con tanti musicisti, ed è bello poter portare la propria voce nella musica di tante persone. Si tratti di Eberhard Weber, Jaco Pastorius, o Andrea Pellegrini.

    (continua sul prossimo numero)Silvia Faggian

    [email protected]

    (Footnotes)1 Le date del tour e numerose notizie sugli Oregon si trovano al loro sito ufficiale, www.oregonband.com.2 Nella stessa corrente, ma crediamo con meno talenti e gusto, si inserisce anche il Paul Winter Consort, la formazione pionieristica della world music nata pochi anni prima degli Oregon, in cui ha suonato, giovanissimo, lo stesso Paul.3 Andrea Pellegrini Ainulindalë Ensemble with Paul McCandless, “Middle Earth”, Bluesmiles Symphonia, 2000

    Paul McCandlessSegue dalla prima pagina

    La biografia, intitolata “Omaggio a Gemma Luziani (1867-1894) celeberrima pianista pisana”, è stata curata dalla nipote Milena Vukotic, altrettanto celebre attrice di tea-tro e cinematografica, e da Alessandro Panajia. Gemma Luziani aveva una figlia, di nome Marta, pianista e compositrice, nata a Rio de Janeiro nel 1894, della quale esiste una lirica per voce e pianoforte, “Il pleure dans mon coeur”, su testo del poeta impressionista Paul Verlain 4, edita da ETS e curata da un’attenta studiosa e musici-sta pisana: Giulia Perni. Ho incontrato la giovane musicologa nel suo ufficio, presso la sede della ETS in Piazza Carrara, a Pisa. Con Giulia, che già conoscevo in quanto insegnante di chitarra, è sorto subito un cordiale rapporto di collaborazione, nato sicuramente dalla comune volontà di (ri)valorizzare la tradizione musicale pisa-na. Da lei ho potuto apprendere ad esem-pio che è in preparazione un’altra raccolta di liriche inedite, composte da Marta Nervi su testi di Verlain e che la stessa Perni sta curando.Alcune di queste composizioni, non an-cora stampate, sono in possesso della fi-glia Milena. Si tratta di brani orchestrali e cameristici, che riflettono pienamente il gusto neoclassico dell’epoca, sicuramente impartito alla compositrice dai suoi cele-bri maestri: Ottorino Respighi e Alfredo Casella. Marta, inoltre, fu allieva di uno dei più grandi pianisti e compositori ita-

    liani del Novecento, Giovanni Sgambati, del quale conosciamo forse soltanto quei brani che Alfredo Casella inserì nei pro-grammi di studio per l’insegnamento del pianoforte nei conservatori. Dal profilo biografico riportato in terza di copertina, si apprende del suo matrimonio con un diplomatico jugoslavo, Jovan Vukotic, che seguì nei vari spostamenti di sede, accu-dendo ai tre figli, Vera, Giorgio e Milena, per i quali sacrificò la propria carriera con-certistica.

    Paolo De Felice

    Gemma Luziani e Marta Nervi: storia di due pianiste di origini pisaneSegue dalla prima pagina

    (Footnotes)

    1 Tratto dal carteggio di Camillo Sivori, a cura di Luigi Inzaghi, Zechini Editore2 Direttore d’orchestra e compositore genovese. Fu attivo e molto conosciuto in America.2 Camillo Sivori (Genova, 1810 – Versailles Szrejter Athanase, 1899) fu considerato l’erede di Paganini, di cui era stato allievo.3 “Il pleure dans mon coeur” ispirò anche Debussy che l’incluse, assieme ad altre poesie di Verlain, nella raccolta “Ariettes, paysages belges et aquarelles”, dedicata a Mary Garden, celebre Soprano scozzese, specializzata nel teatro d’opera di scuola francese.

    I canali di distribuzione sono:- grandi distributori: 50%- negozi specializzati: 35%- edicole: percentuale in crescita

    Riguardo al rapporto tra Artisti e Produttori è da tener presente:- la scelta di un repertorio specialistico- l’autofinanziamento, da parte degli artisti, della fase

    esecutiva.Giovanna Losco, artist manager presso lo Studio Musica s.r.l. di Modena, ha spiegato che l’agenzia è un’impresa commerciale di servizi che promuove varie forme di attività. Si pone come punto d’incontro tra domanda ed offerta occupandosi dell’intera organizzazione di un determinato evento. Esistono due tipi di agenzia:1. segretariato artistico (anche Personal Manager) che

    cura la carriera degli artisti e i suoi rapporti con gli enti scritturanti;

    2. artist management che svolge un ruolo di segretariato artistico per una lista di artisti facendosi carico di un progetto da immettere sul mercato. Le fasi seguite da un artist management sono:- scelta- promozione- piazzamento di un progetto.

    Un’agenzia tutela l’investimento del progetto attraverso una stipula di contratto d’esclusiva. Ha contatti con case discografiche, sale di concerti, enti.Se il paziente lettore è riuscito a seguire sin qui le fitte trame intrappolate nella logica di mercato, è a buon punto e può ritenersi un provvido imprenditore di se stesso che nulla ha da temere in fatto di strategie di mercato. Se, al contrario, non v’è riuscito, può ritenersi un musicista “sognatore e idealista” – altrimenti perché avrebbe fatto il musicista? – che nulla ha da temere in fatto di perizia e capacità artistiche.

    LIBERAL ARTS. Nuove prospettive di lavoro nel campo della musica…segue da pagina 4

  • 6 NUMERO 13 ARTICOLI

    La Scuola Bonamici ha apportato recentemen-te alcune modifiche al proprio assetto ammi-

    nistrativo e didattico, accompagnando l’attività tradizionale (consolidatasi anche grazie al lavoro delle precedenti gestioni, animate dai Direttori Carlo Deri, Leopardo Bartelloni, Ottaviano Tenerani e dalla presidenza di Paolo Bellatalla e Alessandro Bensi) con nuove iniziative nell’in-tenzione di consolidare i risultati raggiunti e di crescere ancora nella qualità.Questa lunga serie di cambiamenti ha avuto ini-zio nel settembre 2004, dall’elezione del nuovo Direttore Artistico, Andrea Pellegrini, prose-guendo col rinnovo del Consiglio Direttivo e la rielezione delle cariche statutarie; i soci riuniti in assemblea hanno eletto le cariche e votato l’approvazione del bilancio preventivo e delle li-nee guida della scuola. I 380 allievi, infatti, sono soci dell’Associazione che gestisce dal 1996 la Scuola, fondata nel 1979.Presidente è l’Ing. Giovanni Motta, dirigen-te dell’Autorità Portuale livornese; vice presi-dente il compositore e pianista Paolo De Felice; Segretario l’Ing. Davide Dente, pianista jazz, informatico; Cassiere Maria Rosaria Spizzirri, esperta di web; consiglieri (9 in tutto) il soprano Niki Mazziotta, il chitarrista e compositore Marco Lenzi, il Direttore Artistico A. Pellegrini; Franco Caroni, animatore della grande realtà di Siena Jazz; inoltre, sperando che questo indichi una maggiore collaborazione con il Comune, l’Archi-tetto Nicola Gagliardi, consigliere Comunale, ex presidente della Circ. n.5, nominato dal Sindaco come da Statuto. L’inserimento delle figure dei “soci collaborato-ri”, allievi che contribuiscono all’organizzazione della Scuola, va inquadrato nel tentativo di coin-volgere maggiormente gli allievi: Fausto Caricato (collaboratore al pianoforte); Paolo Benvenuti (accordatore); il dott. Giuseppe Prencipe (web master); Alessandro Baris (fonico, collaborato-re tecnico); la dott.ssa Monica Cicu (Segreteria Artistica). Anche i 31 docenti sono stati mag-giormente coinvolti; 3 di loro sono stati eletti nel Cons. Direttivo; dall’inizio dell’anno sono state convocate più di 15 riunioni, generali o di Dipartimento.E’ stato rafforzata la comunicazione: bache-che; comunicazioni scritte e circolari; email; ma-teriale informativo; rafforzamento del web: gu-setbook e bacheca (che invitiamo a visitare pe-riodicamente: www.scuolabonamicipisa.it). Nell’ ambito artistico-didattico, i docenti si sono visti impegnati in iniziative quali Lezioni Concerto e nuove attività di Compartimento, nuovi gruppi d’insieme, nuovi corsi sperimentali.Le Lezioni Concerto si sono svolte in 8 serate con programmi che spazia-vano dalla Musica Barocca (Ottaviano Tenerani, Marica Testi, Martino Noferi – “il Rossignolo” - in una esibizione di grande livello che ha entusiasmato,

    appassionato, divertito) alla Contemporanea (il neonato EST - Ensemble Solisti Toscani di Paolo De Felice, che ha eseguito musica “dav-vero contemporanea” di Carlo Deri, lo stes-so De Felice, Giuseppe Bonamici e Bonamici-Gottardo, con Luigi Pieri, Lucia Neri, Chiara Morandi, Roberta Monaco, Stefano Quaglieri, Claudio Degli Innocenti, Valentina Bois, Carlo Pernigotti), dall’ Improvvisazione (un solo di Dimitri G. Espinoza), al Jazz (il quartetto Stefano Franceschini, Andrea Pellegrini, Nino Pellegrini, Filippo Todaro che ha suonato standard e pezzi originali in una serata di grande coinvolgimen-to), per tornare all’età Classica: David Bacci in un formidabile piano solo; il duo Roberta Monaco (vc) – Angelica Ditaranto (p) in un interessan-tissimo excursus fra l’800 e la musica attuale; il Duo Luisa Di Menna (vl) – Chiara Mariani (p) che ha eseguito con grande professionalità sonate di diversi periodi; il ‘900 sudamericano e europeo con il noto Duo Mirabilis di Andrea Barsali (chit) e Lucia Neri (fl).L’EST Ensemble è nato con lo scopo di diffondere il repertorio cameristico contemporaneo, all’in-terno delle iniziative che hanno dato vita al nuo-vo Dipartimento di Musica Contemporanea e del relativo archivio di pubblicazioni musicali. Si collega anche a questo il potenziamento dello studio della musica del ‘900 e contemporanea in alcune classi di musica classica e di jazz, e l’approfondimento dello studio del musical (Niki Mazziotta). Alcuni allievi del corso di composi-zione hanno già eseguito in pubblico alcune pro-prie composizioni “contemporanee”, legate a vari stili: le performances di Laura Mascia, lo pseu-do-minimalismo di Giacomo Innocenti (Orch. Group_One) e Tommaso Novi. Nei corsi di jazz da anni si eseguono e si studiano anche brani scritti dagli allievi. Sale così a 6 il numero dei Dipartimenti: Antica, Classica, Contemporanea, Etnica, Jazz, Leggera. Tappa importante è stato inoltre il Convegno svoltosi l’11 dicembre, dal tema “La scuole di musica toscane: il passato, il presente, il futu-ro”. Dopo un momento introduttivo sulle Riforme in atto, che ha visto l’intervento di docenti (Riccardo Parrucci, Sc. Media Borsi, Livorno; Stefano Agostini, Ist. Mascagni, Livorno, oggi Direttore; Giovanni Carmassi, Cons. Cherubini, Firenze; Marco Lenzi, insegnante e composi-tore; Mario Piatti, Cons. La Spezia…), direttori (Francesca Marchesi, Sc. Com.le di Poggibonsi; Fabrizio Papi, Ist. Boccherini; lo stesso A. Pellegrini; Serena Donati, Sc. di Vecchiano),

    docenti universitari, musicisti e allievi, i parteci-panti si sono divisi in gruppi di interesse guidati da uno o più animatori (Mauro Grossi, jazzista, sul jazz nei conservatori; Giulia Perni, Casa Editrice ETS, Pisa; Ilaria Bellucci, sull’insegna-mento della mus. leggera; Ottaviano Tenerani, sulla mus. antica “come e perché”; G. Carmassi, P. De Felice sulla mus. contemporanea e su G. Bonamici); il tutto si è concluso con un dibatti-to sulle relazioni formulate dai vari gruppi. Tutti hanno evidenziato il momento di grande crisi dell’insegnamento della musica in Italia a tutti i livelli; riforme inattuabili e poco chiare, finan-ziamenti inesistenti: obiettivi “europei” con metodi e mezzi “all’italiana”. E’ stata inoltre inaugurata in via sperimentale una nuova organizzazione didattica “a rete”, che vede affiancarsi ai tradizionali dipartimenti, concepiti verticalmente per stile, una dimensione orizzontale di compartimento (strum. a tastiera; s. a fiato; voce; s. a corda; s. a percussione; bassi e contrabbassi). Alcuni docenti hanno avu-to così il compito di istituire attività con cadenza mensile, gratuite per gli allievi interessati, senza distinzioni di stile. Hanno visto la luce corsi come Storia del Jazz, il laboratorio di Finger Pickin’, il Coro di Voci Bianche di Angelica Ditaranto nuovi gruppi di musica d’insieme: Fusion, Strumenti a Corda. Sono stati realizzati, a febbraio, i saggi di metà anno. L’istituzione delle Jam Session, inoltre, punta al creare più occasioni possibile per far musica insieme. Sono Jam “globali”: è stato così possibile per esempio ascoltare Bach e Cardini, Ellington e Mozart.Il clima che si respira nella maggiore Scuola di Musica della provincia è di collaborazione, desi-derio di confrontarsi e di vivere insieme esperien-ze importanti e divertenti come l’apprendimento e la produzione della musica. Tutte queste inizia-tive permettono agli allievi di conoscersi, soprat-tutto nel fare musica, dando loro l’opportunità di non affrontare lo studio solo singolarmente, e di vivere la scuola, intesa come struttura e come persone, in modo sempre più costruttivo. Un’ulteriore incentivo è dato dal rapporto col direttore artistico (per la prima volta un jaz-zista), che va approfondendosi, anche grazie a incontri con gli allievi come quello del 19 marzo; tutto questo favorisce la circolazione delle idee, dei commenti, delle proposte e delle critiche, e consente di avere costantemente il polso della situazione, dando di conseguenza spazio alla na-scita di nuove opportunità.

    Sara Bianchi

    La Bonamici: quantità, qualità

    Tacet!“... con milioni e milioni di persone che sono lì per guardare

    la musica...”

    (un partecipante a Sanremo, RAI Radio 1, 2 marzo 2005,

    ore 22:17)

  • 7NUMERO 13 ARTICOLIBrevi

    P Hindemtih: l’”Olandese volante”...... certo, l’”Olandese volante” non è stato scritto da Hindemith ma da Wagner!Quello che Hindemith ha scritto è una ‘Ouverture da l’”Olandese volante” suonata a prima vista da un’orchestra di second’ordine ad una stazione termale alle sette di mattina’. Non si tratta qui di una parodia della musica di Wagner, piuttosto del modo di far musica descritto nel titolo. Hindemtih lo conosceva fin troppo bene per esperienza personale, avendo suonato in vari tipi di orchestra in gioventù. Non tutti sanno che, oltre che compositore, egli era un apprezzato violista, e aveva anche senso dell’umorismo, come si vede da questo ed anche altri suoi brani.Qui ci mostra come dei musicisti affaticati e disinteressati si fanno largo a stento in una partitura che probabilmente conoscevano, ma non avevano mai suonato assieme prima. Non scossi da intonazione incerta o da entrate sbagliate, i musicisti mostrano tutti i trucchi che usano per trovare la strada nel caos musicale da loro stessi creato. Infine scivolano in un altro pezzo che pare adattarsi loro meglio, ma poi con decisione terminano in un finale che fa rabbrividire! Il brano è scritto per quartetto d’archi ma è eseguibile anche con più strumenti.

    Per gentile concessione di: La Viola - Edizioni Musicali

    P W.A. Mozart: Trio K 498 per clarinetto, viola e pianoforte.Nell’ultimo periodo della sua vita (1783-1791) la produzione mozartiana di musica da camera mostra il suo particolare interesse per la viola. A parte i quartetti, compose i due Duetti per violino e viola, il Divertimento per violino viola e violoncello, i suoi quattro maggiori Quintetti con due viole e il Trio K 498 per clarinetto, viola e pianoforte. Secondo un aneddoto, Mozart avrebbe composto il Trio mentre giocava ai birilli con amici, da cui il soprannome “Kegelstatt” (o “dei birilli”). Nell’elenco autografo delle sue opere è inserito cronologicamente vicino (il 5 Agosto) a due Duetti per strumenti a fiato K 496a, sul cui autografo Mozart annotò “Vienna, 27 luglio 1786, mentre giochiamo ai birilli”. E’ quindi possibile che l’aneddoto abbia varie interpretazioni, poichè non si può respingere subito l’idea che la composizione del Trio risultasse almeno in parte da una di quelle riunioni della sua cerchia di amici. Secondo un’altra tradizione venne scritto, insieme ad altri brani di quel periodo, per la famiglia Jacquin, suoi amici, e in particolare per la loro figlia Franziska, allieva di pianoforte di Mozart. Sicuramente il Trio venne eseguito a casa Jacquin con al clarinetto Anton Stadler, dedicatario più tardi del Concerto e probabilmente Mozart stesso alla viola.

    Per gentile concessione di: La Viola - Edizioni Musicali

    Stefano Agostini, flautista, noto concertista, è il nuovo direttore dell’Istituto Musicale Pareggiato (Istituto d’Alta Cultura) “P.Mascagni” di Livorno.D- Stefano, come ti senti ad essere Direttore dell’Istituto Musicale che ti ha visto Docente giovanissimo della classe di flauto?R- Come uno che si è preso una grande responsabilità, e, nello stesso tempo carico, di entusiasmo, perché, malgrado le difficoltà e la situazione generale non certo favorevole alla musica, credo che il nostro istituto abbia notevoli potenzialità da esprimere.D- Oltre che direttore e, ancor prima, docente, sei un noto flautista con un curriculum d’eccezione: come riesci a conciliare il tuo ruolo attuale con l’attività concertistica?R- Non esagererei con la mole della mia attività concertistica: tra l’altro è sempre più difficile per i musicisti trovare occasioni soprattutto per praticare repertori in ambito “classico”. Non è facile al momento trovare il tempo per lo studio, ma voglio sentirmi prima di tutto un musicista ed un insegnante che si è assunto il compito di coordinare l’attività dell’istituto.D- Com’è iniziato il tuo percorso di musicista, e perché la scelta è caduta sul flauto?R- Ho iniziato a studiare musica insieme alla scuola della banda come molti strumentisti a fiato; il flauto, che non era presente nell’organico della filarmonica, mi fu proposto dal maestro che, per convincermi, mi parlò spesso di Severino Gazzelloni raccontandomi la sua vita.. Con me alla scuola si iscrisse anche il mio babbo: studiavamo assieme e questa è stata per me una bellissima esperienza. Credo che anche oggi la condivisione dell’esperienza musicale in ambito familiare sia necessaria per sviluppare più forti motivazioni negli allievi.D- Hai studiato con il Maestro di flauto per eccellenza, il M° Conrad Klemm: questa esperienza cosa ti ha dato, come musicista, come flautista e come uomo?R- Klemm è prima di tutto musicista, piuttosto che flautista; il suo insegnamento parte sempre dall’analisi musicale: sono la cura del fraseggio e dell’articolazione, l’analisi ritmica e la distribuzione consapevole degli accenti che richiedono lo sviluppo della tecnica necessaria. Come flautista mi ha insegnato a ricercare continuamente nuovi stimoli, a ripensare ogni volta ai vari aspetti del suonare affrontandoli da punti di vista diversi, a non dare mai niente per scontato, atteggiamenti molto utili anche nella vita. Ancora adesso, alla soglia degli ottanta anni, le sue lezioni sorprendono per l’energia che trasmette e per l’entusiasmo con il quale affronta i brani come se li insegnasse per la prima volta. E’ incredibile come sia riuscito in

    tutti questi anni a rielaborare idee sul flauto senza poter suonare a causa della malattia che lo ha colpito alla quale per altro ha reagito con una volontà e una forza non comuni.D- Nella letteratura flautistica qual è il periodo che preferisci, e perché?R- Indubbiamente la letteratura del 900 è molto stimolante, ha esplorato e sviluppato enormemente le possibilità tecniche ed espressive dello strumento ma non credo alle specializzazioni e trovo molto interessante confrontarsi con gli stili più diversi.D- Il linguaggio contemporaneo e il rapporto della musica con altre espressioni artistiche: cosa ne pensi?R- Mi interessano molto, anche se una certa musica contemporanea rischia di rinchiudersi in una forma sterile di accademismo. Ho eseguito molti autori contemporanei; questo mi ha permesso di costruirmi un bagaglio di sonorità e modalità espressive che posso riutilizzare in altri contesti, e questo lo trovo molto interessante. Il rapporto con altri linguaggi artistici è molto stimolante, ma deve esserci una vera contaminazione: non si tratta di fare la musica di accompagnamento o di sottofondo. In questi anni ho fatto esperienze per me molto importanti con il teatro, la poesia, la danza dalle quali ho imparato molto.D- Un grande filosofo disse: “ogni mattina sei un uomo nuovo”: tu ti senti un musicista nuovo ogni mattina?R- Sicuramente per quanto mi riguarda mi sento una persona che rinnova ogni giorno le proprie sensazioni ed emozioni rispetto a quello che fa; riguardo al sentirsi musicista vorrei dire polemicamente che per sentirsi musicista fino in fondo bisogna avere la possibilità di fare il musicista e questo è sempre più difficile. Si riducono gli spazi, le risorse; malgrado gli annunci, la musica scompare dalla scuola, c’è un problema di perdita di dignità della professione del musicista .D- Il mondo della musica e della didattica musicale in Italia sta cambiando: come Direttore dell’Istituto Mascagni e come musicista, quale contributo pensi di dare per migliorare la formazione dei musicisti futuri? R- Indubbiamente è cambiato il contesto culturale e sociale all’interno del quale il musicista deve agire e rapportarsi. Credo che sia ormai superato il concetto di un insegnamento della musica basato esclusivamente su un addestramento dell’allievo attraverso l’esercizio e il progressivo trasmettere una tecnica (spesso acquisita per imitazione dal maestro). Oggi è necessario formare un musicista più consapevole, capace di rapportarsi con i diversi

    stili musicali attraverso uno studio fondato sullo sviluppo della percezione, l’analisi, la capacità di interagire e relazionare con gli altri praticando fin da subito la musica d’insieme. Ho intenzione di contribuire a sviluppare il dibattito su questi argomenti per favorire l’ affermarsi di un nuovo tipo di offerta formativa (ndr: Stefano Agostini appare anche in un’intervista contenuta nel n. 0 – 2002 di Continuum. Gli interessati possono rivolgersi in redazione).

    Serena [email protected]

    Coordinatrice, Scuola di Musica “Senofonte Prato”, Vecchiano (Pisa)

    Le interviste di ContinuumStefano Agostini

  • 8 NUMERO 13 RECENSIONI E APPUNTAMENTIRecensione

    Nuvole in silenzio - Arnold Schönberg svelato

    Tito M. Tonietti – EDIZIONI PLUS, Università di PisaGli studi condotti da Tito M. Tonietti sulla figura di Arnold Schönberg e sull’influenza che questi ha avuto sulla musica del Novecento hanno trovato il loro ordine in questa nuova e particolareggiata biografia sul musicista viennese, la prima corre-data da un CD ROM allegato che approfondisce alcuni aspetti della musica del compositore attra-verso analisi e spiegazioni. “Nuvole in silenzio”, questo il titolo, è concepito come una sorta di ritratto documentario, scrit-to in una forma discorsiva, quasi colloquiale, per quanto concerne gli avvenimenti che hanno inci-

    so particolarmente sulla vita di Schönberg, com-provati da documenti lasciati dal compositore, ma al contempo con una precisione analitica, non eccessivamente scien-tifica, nella spiegazione delle sue opere, in rela-zione anche agli episodi che hanno influenzato le scelte dell’Autore. La biografia svela dunque un Arnold Schönberg a tutto tondo, ponendosi come una delle più com-

    plete ed esaurienti mai scritte sul suo conto.Tito M. Tonietti, aretino, dopo la Laurea in Fisica

    conseguita a Torino, si dedica alle relazioni tra le scienze e la musica, studiando in particolare Arnold Schönberg. Insegna Storia della scienza a Pisa (a chi fosse interessato, segnaliamo l’in-tervista rilasciata da Tito Tonietti a Continuum, n. 4, anno 0, Giugno/Luglio 2003, disponibile a richiesta, ndr).

    Paolo De [email protected]

    A questo dovrebbero servire le istituzioni pubbliche, e i media; a riequilibrare la situazione. Invece, niente. Le une e gli altri rafforza-no, anzi, la tendenza generale. Assurdo.Presentato da note di coperti-na pungenti e intelligenti scritte dall’amabilissimo, grande Bruno Tommaso (di cui segnalo, oltre ai suoi più recenti progetti, la collabo-razione con Stefano Franceschini, che continua), questo cd presenta pezzi che Mirco ha scritto in anni, e

    che per anni ha covato. Ho suonato con Mirco, in duo o in gruppi più grandi (Something For You si chiamava Gabrielle): energia, intuizioni assolutamente e genuinamente geniali; sprazzi visionari, incursioni nell’assurdo, fotografie interiori, ironia; sincerità, trasparenza, odio puro per l’ipocrisia e insofferenza per la musica brutta, da qualsiasi parte provenga.Grande tecnica, tecnica vera, quella che non ha pregiudizi, non ha limiti; curiosità; irritazione per l’ipocrisia, per l’ingiustizia; grande, anarchico sen-so di libertà; profondo, anarchico bisogno di senso. In questi anni Mirco ha lavorato alla musica “con una forza e una tenacia che può portare anche al completo isolamento in un ambiente meschino…”.Non l’ha portato all’isolamento: l’ha portato alla musica. Quanto meschino

    sia, l’ambiente, noi lo sappiamo. Così il jazz in Italia, sotto il fuoco incrociato di governi babbei, del tutto igna-ri, completamente in-consapevoli, e di tanti fra i musicisti stessi, servi di questo o quel principe, a creare ma-fiette, non alleanze, a cercare consensi, non condivisioni, e a suo-nare, attenzione, mu-sica spesso bruttina. ”Tu sai pienamente capire di cosa si tratta: é inutile che aggiunga niente” mi dice. ”Ascoltalo un’ altra volta…” Certo. Lo ascolto con gli amici, perché, Mirco, di amici si parla, ancora. Non è facile, ma noi ci siamo. Proprio Paolino mi disse: “Non mollare”. Nodo alla gola. Non abbiamo, ancora, mollato. “Sono mie immagini: dolci e terribili, felici e disperate, tutto ciò che sono riuscito a esprimere di quello che provo. E voglio condividerle con l’esterno, quello bello!”. Mirco! Non mollare.

    Andrea [email protected]

    Mirco Mariottini: “Nugae”segue da pagina 3

    Sabato 19 Marzo 2005Luca, Palazzo Ducale, Sala Maria LuisaOre 21 30David Bacci – piano soloMozart, Chopin, LisztAGIMUS – info 0583 3128778€ / 5€

    Sabato 16 aprile 2005Sala Concerti, ore 21.15Scuola BonamiciEST Ensemble Solisti ToscaniLucia Mencaroni, sopranoLucia Neri, flauto e ottavinoLuigi Pieri, clarinettoStefano Quaglieri, chitarraGiacomo Riggi, vibrafonoChiara Morandi, violinoMirco Masi, violaRoberta Monaco, violoncelloCarlo Pernigotti, pianoforte

    Paolo De Felice, direttoreProgramma:Karl Heinz Stockhausen: “Tierkreis”Paolo De Felice: “Poesia delle minime cose”, su testo di Margherita SergardiMarco Lenzi: “Non pervenuto”

    Domenica 17 Aprile ore 17.00Circolo Galliano MasiniP.zza Manin - Livorno (zona P.zza Cavour)Elisabetta Casapieri, vcScilla Lenzi, pBeethoven, Debussy, Fauréingresso libero

    Continuum - Anno 1, n.8 (n. progressivo: 13)Direttore responsabile: Francesco Ermini PolacciDirettore di redazione: Ottaviano TeneraniRedattori: Monica Cicu, Paolo De Felice, Davide Dente,Silvia Faggian, Andrea Pellegrini Constantini, Elena TalottaHanno collaborato a questo numero: Patricia Barbetti Bissegger, Sara Bianchi, Serena Donati, Matteo RainieriGrafica: Monica Cicu, Davide DenteEditore: Ottaviano TeneraniSede: Via Matteucci, 20 - Pisa - Tel. e Fax 050.540450Sito Internet: www.scuolabonamicipisa.ite-mail: [email protected] immagini pubblicate sono copyright degli aventi diritto. Il contenuto di questa pubblicazione è di proprietà degli autori ed è tutelato dalle vigenti leggi sul diritto d’autore.Per spazi pubblicitari tel. 050.540450Registrazione Tribunale di Pisa n˚ 17/2002 del 28/10/2002

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