Download - Storia d'Italia dal dopoguerra ad oggi. Paul Ginsborg.

Transcript

1 MATERIA Storia contemporanea

PROFESSORE Paolo Colombo

ANNO DI CORSO -

NOTE Riassunti de “storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi”- P.Ginsborg

QUESTI APPUNTI LI TROVI SU WWW.SVILUPPOEPACE.IT

STORIA D’ITALIA DAL DOPOGUERRA A OGGI

PAUL GINSBORG

L’ITALIA IN GUERRA

POLITICA E GUERRA: ’43 - ‘44

- La decisione di entrare in guerra con Hitler si dimostrò fatale per il fascismo italiano: le truppe italiane furono umiliate e in patria

il consenso si sgretolò; Mussolini dichiarò ai dirigenti di partito che il fascismo era ritornato indietro di vent’anni e Hitler definì

inconcepibile una simile insubordinazione

- Dopo il 10 luglio ’43 il re capì che la monarchia e l’Italia potevano essere salvati solo recidendo ogni legame col fascismo: per

non perdere il trono decise di complottare contro il duce; dopo nove ore di discussione del Gran Consiglio (Grandi ammise di

esservi andato con due bombe a mano) fu approvata una mozione critica nei confronti del duce, che però la minimizzò

- Il 25 luglio Vittorio Emanuele III chiese a Mussolini le dimissioni, sostituendolo con Badoglio

- Il fascismo veniva rovesciato non da una rivolta popolare, ma da un colpo di stato dall’alto

- Le sedi fasciste vennero date alle fiamme, a Milano 4000 operai marciarono chiedendo la fine immediata della guerra

- La nuova dittatura militare non sapeva cosa fare: da un lato la paura della Germania, dall’altro i lenti negoziati con gli alleati

- Le autorità repressero nel sangue vari cortei, a Napoli e a Milano, di operai in sciopero per chiedere la pace immediata

- Mentre il re esitava le truppe tedesche, durante il mese di agosto, si erano riversate in Italia

- Il 3 settembre 1943 fu firmato l’armistizio segreto, le clausole erano molto dure: l’Italia doveva areendersi senza condizioni e non

veniva accolta tra gli alleati, ma nell’ambigua condizione di “cobelligerante”

- Fallì il tentativo di liberare Roma, perché Badoglio non sostenne gli americani, che decisero allora di sbarcare a Salerno

- Tuttavia una parte della popolazione tentò una disperata resistenza, 600 italiani furono uccisi

- L’ 8 settembre fu reso pubblico l’armistizio, ma non furono impartiti ordini tranne quello di “respingere eventuali attacchi di

qualsiasi provenienza”; I soldati lasciarono le caserme per tornare a casa, ma più di mezzo milione furono fatti prigionieri dai

tedeschi. → Fu questo il momento più buio nell’intera storia italiana: la penisola invasa da nord e da sud e incertezza ovunque

- La fuga poco coraggiosa a Brindisi permise di mantenere intatta l’autorità del re, e aprì la strada alla creazione del Regno del sud

- I tedeschi liberano Mussolini dal Gran Sasso, tornato al nord fonda la repubblica (fantoccio) di Salò e Hitler diede l’ordine di

deportare più ebrei italiani possibile

Era iniziata la prima delle tre fasi che Henri Mller usa per dividere la guerra partigiana: la fase de “rifiuto a sottomettersi”

- La resistenza: 1) quella dell’antifascismo tradizionale, quello politico guidato dai comunisti (le brigate Garibaldi), ma anche le

brigate “Giustizia e libertà” del Partito d’Azione (Ugo La Malfa e Ferruccio Parri), anche i socialisti di Pietro Nenni

parteciparono alla resistenza, mentre il Pli e la Dc diedero un contributo quasi inconsistente; 2) la spontanea reazione di molti

giovani educati sotto il fascismo, ma che videro il 25 luglio non come l’inizio di una nuova vita, ma come l’inizio della vita

stessa; 3) l’antifascismo dei fascisti, quelli che volevano abbandonare la nave che affondava

- Il 9 settembre si formò a Roma il Comitato di liberazione nazionale (Cln)

- Mentre anche i partigiani che costituirono la “Resistenza spontanea” erano consapevoli della loro scelta storica

- Alla fine del ’43 c’erano circa 9000 partigiani

LA SOCIETÀ ITALIANA DEI PRIMI ANNI ‘40

- In questo periodo tutti i cittadini dovevano affrontare scelte decisive sul piano morale e politico da cui poteva dipendere la vita

1) Capitale e lavoro al nord.

- Torino: le famiglie operaie avevano una struttura ristretta, anche se con forti legami di parentela e un crescente senso della

comunità si sviluppava all’interno dei cortili e dei quartieri delle città, si sviluppò una rete di scambi “di vicinato”; negli anni ’20

la classe operaia torinese fu l’avanguardia del movimento socialista; una volta distrutte le organizzazioni socialiste le famiglie si

rinchiusero in sé stesse; la resistenza fu limitata a una serie di gesti simbolici.

- Milano: era ormai la capitale finanziaria e commerciale d’Italia, quindi la presenza di ceti medi urbani, impiegati e di terziario,

era maggiore che a Torino; vi era un a condizione di grave sovraffollamento, la classe operaia nelle città (45%) era costretta a

vivere nel 30% degli alloggi esistenti.

- Genova: durante il fascismo ebbe una grande crescita il settore pubblico (l’Iri controllava l’Ansaldo che dava lavoro a 20000

persone); molti erano costretti a 12 ore di lavoro al giorno nelle industrie belliche; nel ‘43-‘44 aumenta la disoccupazione e gli

operai ritrovano la forza e l’unità che non trovarono nel ventennio fascista, malgrado l’orario prolungato

- Molti operai sospettati di organizzare la resistenza furono areestati e spesso deportati, tuttavia i nazisti avevano bisogno della

produzione delle fabbriche italiane e furono così costretti a fare concessioni alla classe operaia che non era disposta a farsi

terrorizzare (scioperi e sabotaggi alle macchine)

- Attendismo: la ferocia delle rappresaglie tedesche incoraggiò il movimento operaio a una politica di resistenza limitata nell’attesa

della liberazione per mano degli Alleati; i drammatici eventi del ’43-’45 diedero origine ad un fenomeno di solidarietà collettiva

2 - Guerra civile: perfino nei quartieri operai le famiglie si dividevano tra fascisti e antifascisti

- Nel marzo ’44 lo sciopero si diffuse e gli impiegati di basso livello fecero causa comune (contro il filofascismo degli alti livelli)

- Gli industriali temevano ancora i tedeschi, ma vista l’immminente fine della guerra non volevano inimicarsi gli operai per paura

di future ritorsioni

2) I mezzadri nell’Italia centrale: (mezzadria: i contadini mettono il lavoro, il proprietario il terreno e poi il raccolto si divide)

- Tranquillità sociale: i mezzadri, a differenza dei contadini, godevano della relativa sicurezza della terra → era un mondo statico

- La struttura famigliare era verticale e vivevano più coppie e più di due generazioni sotto lo stesso tetto; il capoccia era l’unico a

controllare il denaro e i rapporti tra la famiglia e il mondo esterno, mentre la massaia, la donna più vecchie, esercitava un notevole

potere all’interno della casa; quindi unità e sottomissione della generazione più giovane

- Le famiglie avevano sviluppato un ricco reticolato di aiuti reciproci, ad esempio l’aiuterella, ossia lo scambio di favori tra le

famiglie nei momenti cruciali del calendario agricolo

- Alla sera ci si radunava nella stalle per raccontare storie e il bucato era una delle faccende domestiche più faticose

- Le campagna era popolata da un considerevole numero di vagabondi, straccioni, zingari e venditori ambulanti

- A causa delle imposte dovute allo Statuto unitario, i mezzadri scesero in sciopero nel 1902 e in modo maggiore nel 1906; nel

1920 i mezzadri toscani costrinsero i proprietari a un “pattto rosso” che diede ai contadini la certezza del godimento della terra, la

cancellazione dei debiti e un certo controllo sulla conduzione della proprietà

- Dopo la carta mezzadrie del ’35 il fascismo impose ai contadini la coltura del grano per gli amassi statali, inoltra la mobilitazione

bellica costrinse il regime a rompere le barriere che mantenevano separate città e campagne ed un flusso di contadini in cerca di

lavoro si riversò nelle città

- Dopo l’ 8 settembre invece il flusso si invertì (soldati che ritornato) e il mezzadro si scoprì padrone di scegliere chi aiutare: spesso

aiutavano quelli che erano in fuga, visto che la liberazione sembrava imminente e visti i risentimenti contro il regime

3) Il sud agricolo: nel 1936 il 60% della popolazione attiva nel Mezzogiorno lavorava ancora la terra; c’era il fertile Sud “alberato” e

il Sud “nudo”, che era terra di pascolo

- Il latifondo: i contadini non erano sistemati tranquillamente su un pezzo di terra che coltivavano da generazioni, ma erano alla

ricerca permanente di lavoro; coltivavano la loro terra, in genere molto piccola, affittavano da diversi padroni annualmente strisce

di terra da coltivare, anche distanti tra loro, lavoravano come braccianti stagionali nelle grandi proprietà

- L’assenza della garanzia di lavoro spiega la mancanza di case sparse e l’esistenza di grandi cittadine agricole, dalle quali

ogni giorno prima dell’alba i contadini partivano con i propri utensili, la zappa (non c’erano macchinari)

- Le donne erano l’ultimo gradino sociale: non possono salire sul mulo, seguono il marito scalze, nutrono gli animali, prendono la

legna, “una donna a trent’anni è già vecchia”; le spigolatrici si diffondono in questo periodo

- La ricerca di terreni da coltivare aveva fatto diminuire il numero di greggi e quindi della concimazione naturale

- Spesso vivevano in un'unica stanza senza finestre assieme agli animali

- Vi furono ribellioni di intere cittadine e in cui l’azione si è poi propagava per intere regioni (ex: i Fasci siciliani del 1893-94)

- Non era comunque la solidarietà il comportamento dominante, quanto la continua competizione tra le famiglie

- Mafia: le relazioni verticali (protettore e beneficiario) erano più importanti di quelle orizzontali: la mafia è principalmente

un’agenzia che offre garanzie o protezione in un contesto caratterizzato dalla sfiducia reciproca

- I gabellotti (fittavoli) si erano man mano impossessati della terra dei proprietari assenteisti e i primi mafiosi furono

coloro che offrirono protezione armata contro qualsiasi minaccia al potere dei gabellotti

- Per i ceti medi diventare mafioso, per quanto pericoloso, era un modo per guadagnarsi uno status, potere e ricchezza

- Mussolini cercò di annientare la mafia, ma le strutture profonde della società rimasero immodificate

- Nel periodo ’18 - ’26 in tutta Italia le masse rurali soffrivano per una tassazione eccessiva, per il sistema degli ammassi, per la

caduta dei prezzi agricoli, per la continua inflazione (causata soprattutto dall’immissione di denaro esagerata da parte degli alleati)

e la diffusione del mercato nero

- Il governo militare alleato (Amgot) non portò maggiore giustizia sociale, ma la sua politica fu: “mantenere l’amministrazione

esistente e moderare con discrezione la defascistizzazione”

3) Napoli: accanto a una piccola schiera cittadina che viveva nel lusso esisteva un largo strato di famiglie immiserite, una imponente

massa di disoccupati o di poveri sottoccupati; 250 mila persone vivevano in 50 mila bassi (abitazioni senza finestra al piano terra)

- Nel settembre ’43, dopo l’armistizio, i tedeschi occuparono per breve tempo la città e ordinarono il lavoro obbligatorio, ma solo

150 uomini si presentarono; i rastrellamenti indiscriminati fecero scoppiare in rivolta la città; per quattro giorni ci fu un’aspra

battaglia per le strade; il 30 settembre i tedeschi si ritirarono per l’arrivo degli alleati

- L’occupazione alleatà durò fino al dicembre ’49 e fu un disastro assoluto: il 60% delle merci arrivate al porto furono dirottate sul

mercato nero con la connivenza dei livelli più alti di comando militare; solo il 3,4% delle derrate alimentari era disponibile per la

popolazione; la maggior parte delle donne (anche a 12, 13 anni) più povere fu costretta alla prostituzione; gravi epidemie di tifo e

di malattie veneree si propagavano

- L’Italia nel 1994 era un paese in cui tutte le certezze erano state frantumate dagli orrori dell’occupazione e della guerra (il

culto enfatico della nazione e del suo leader, la ricerca dell’autarchia e dell’impero)

- Nel sud inglesi e americani accolti come liberatori palesarono ben presto tutte le ambiguità di questa liberazione; Harold

Macmiller (l’alto commissario alleato dell’Italia meridionale) scrisse: “la duplice esperienza di essere occupati dai tedeschi e

liberati dagli Alleati… E’ difficile dire quale dei due processi fu maggiormente penoso e scoinvolgente”

RESISTENZA E LIBERAZIONE

GLI ALLEATI

3 - Tre forze si contesero il dominio del paese: gli Alleati, i comunisti e la Democrazia cristiana

- Coro antiitaliano: quando Churchill incontrò Stalin nell’ottobre del ’44 per dividersi l’Europa, affermò che “era il popolo italiano

che aveva prodotto Mussolini” e Stalin concordò; Churchill, che in passato era stato un ammiratore di Mussolini, in quanto aveva

salvato l’Italia dal comunismo e l’aveva portata in una posizione mai raggiunta prima, non era interessato a sradicare il fascismo,

anzi Vittorio Emanuele III e Badoglio costituivano la migliore continuità dell’ordinamento tradizionale; dietro al disprezzo si

nascondeva un’intenzione punitiva, doveva “essere l’Italia a guadagnarsi il biglietto di ritorno” nel consenso delle nazioni civili

- Gli americani invece si rifiutarono di considerare Badoglio e il re i soli rappresentanti dell’Italia antifascista; Roosevelt capì, a

differenza di Churchill, che la presa di posizione dei comunisti (che irritava l’inglese) era dovuta alle condizioni in cui si trovava

il paese, anche per questo aprì una linea di crediti e organizzò lo smistamento per gli aiuti

- Resistenza: gli inglesi divennero intransigenti quando videro il numero crescente di brigate partigiane, guidate dalla sinistra e

spesso dai comunisti; visto anche la Jugoslavia, dopo aiuti dati a Tito, egli non si lasciò distogliere dall’intento di formare uno

stato comunista e in Grecia l’Inghilterra dovette intervenire militarmente in appoggio dei monarchici per vincere i comunisti

→ La strategia degli Alleati nei confronti della resistenza era quella di minimizzarne il più possibile il ruolo politico

I COMUNISTI

- Nel marzo 1944 Togliatti ritornò in Italia (fuggito in Russia per il fascismo) e propose un fronte di “unità antifascista” che

comprendesse i socialisti, ma anche la Dc e che salisse al governo monarchico che controllava il sud; si trattava di lottare per

quella che chiamò “democrazia progressiva”: la classe operaia sarebbe divenuta la forza politica trainante del paese e avrebbe

portato ad una serie di riforme, tra cui quella agraria e una battaglia contro il capitalismo monopolistico

- Diversamente che in Jugoslavia tentare una insurrezione socialista armata sarebbe stato un suicidio (come disse

Togliatti), dato che la penisola era mezza occupata dagli alleati e che questi sarebbero intervenuti a favore del re

- Gramsci capì inoltre che i rapporti tra stato e società civile in Occidente erano diversi da quelli in Oriente, quindi i

rivoluzionari occidentali dovevano comportarsi diversamente: “in Oriente lo stato era tutto, la società civile era

primordiale e gelatinosa; nell’Occidente c’è un giusto rapporto e nel tremolio dello Stato si scorgeva una robusta

struttura della società civile”, quindi i comunisti occidentali dovevano perseguire dapprima una “lunga guerra di

posizione” dall’interno della società, per portare la classe operaia in egemonia in tutti i settori

- La scelta di entrare nel governo Badoglio assicurò al Pci la legalità e pose fine all’isolamento peso politico del Cln; ma fu anche

accettata la legittimità del Regno del Sud, fino a quel momento contestata accanitamente dai partiti democratici

- Quindi se è certo che la rivoluzione era impossibile, l’errore dei comunisti fu la strategia dei due tempi: prima la

liberazione e poi le riforme sociali; questa permise agli Alleati di disperdere il potenziale di forza rappresentato dalla

Resistenza e dalle agitazioni operaie

LA DEMOCRAZIA CRISTIANA

- La Dc ebbe una piccola parte nella Resistenza e una parte solo simbolica nel Cln; tuttavia molti dei fondamenti della sua

successiva supremazia vanno ricercati in questo periodo: l’appoggio del vaticano, l’apparizione di un dirigente di rilievo come

Alcide De Gasperi, un crescente consenso presso tutti gli strati della società italiana - Il programma: la fratellanza andava di pari passo con la difesa della proprietà contadina e del piccolo commercio; inoltre

la partecipazione degli operai alle aziende, la riforma del latifondo e una generica opposizione al capitalismo plutocratico

- De Gasperi vide la collaborazione con i comunisti un rapporto innaturale (dopo aver fatto sedici mesi di carcere a causa del

fascismo, aveva giustificato l’appoggio della chiesa tedesca nel ’37 al nazismo, per la sua lotta al bolscevismo), comunque accetto

l’alleanza in quanto il suo partito era ancora agli inizi e invece i comunisti predominavano nelle fabbriche e nella Resistenza

- Statista capace, intuì subito (dopo l’esperienza di don Sturzo) la possibilità di un successo elettorale oltre che nell’attivismo seppe

trovare una giusta via di mezzo tra il conservatorismo del Vaticano e il cristianesimo più radicale della sinistra del partito

- La chiesa: i privilegi garantiti alla Chiesa cattolica dai Patti Lateranensi del ’29 pesavano certo più degli oltraggi temporali

perpetrati dal regime e andavano difesi, i particolare nell’Italia invasa e sconvolta; dal ’43, man mano che crebbe il potere dalla

Resistenza e dei partiti democratici Pio XII si mosse verso la Dc di De Gasperi (trecentomila votanti)

- Un altro contributo venne dalle organizzazioni fiancheggiatrici create allo scopo di radicare il nuovo partito nella società; la più

importante fu la Coldiretti (fondata da Bonomi nel ’44), associazione cattolica dei coltivatori proprietari, che sfruttò l’ostilità dei

coltivatori del sud verso lo stato; anche l’Acli, associazione lavoratori cattolici, risale a questo periodo

- Ora la Dc doveva dimostrare di essere la genuina rappresentante degli interessi del capitale

Se c’è un tema che si ripropone nell’Italia del dopoguerra è quello della necessità di riforme e dell’incapacità di attuarle

- Il vecchio ordine era stato scosso: i ceti più poveri delle campagne chiedevano fosse posta fine al loro sfruttamento, gli operai

scioperavano, non solo per motivi antifascisti, ma soprattutto per chiedere migliori condizioni materiali → “In nessuna nazione

civile il distacco fra le possibilità vitali e la condizione attuale è così grande. Tocca a noi colmarlo”

- I comunisti scelsero di giocare d’attesa e raccolsero molti frutti, ma la riforma della società italiana non fu fra questi

- Gli inglesi non erano interessati a riformare, ma a restaurare; lo stesso il re e Badoglio (il colpo di stato del 25 luglio ’43 li aveva

messi al comando dell’Italia meridionale):

i due anni di vita del Regno del Sud lo emarginarono dai progressi del nord, isolarono le proteste dei contadini meridionali,

assicurarono la continuità della burocrazia fascista e soffocarono le fragili forze della democrazia del meridione

I PARTITI E LA POLITICA NELL’ESTATE 1944

- Il 22 aprile ’44 i rappresentanti dei partiti del Cln, eccetto quelli del Partito d’Azione, entrarono nel governo Badoglio e giurarono

fedeltà al re; Vittorio Emanuele III spinto dagli alleati abdica a favore di Umberto

- Il 4 giugno ’44 gli Alleati entrarono a Roma: fu un delle poche grandi città che non tentò di insorgere prima dell’arrivo alleato;

dal massacro alle fosse Ardeatine (il24 marzo furono uccisi per rappresaglia 335 prigionieri) la Resistenza non riuscì a riaversi

4 - Con la presa di Roma cambiò anche il governo: il Cln costrinse Umberto a mettere Ivanoe Bonomi, vecchio antifascista liberale

e presidente del Cln centrale, al posto di Badoglio come primo ministro

- Churchill fu irritato da questa “banda estremamente sleale di ex fuoriusciti politici, non eletti da nessuno” e ottenne il consenso di

Stalin per sostituire questo governo appena possibile, ma non ne aveva motivo:

- Bonomi era contrario alle innovazioni quasi quanto gli inglesi: egli comprese la necessità di stabilire con chiarezza i principali

caratteri dello Stato italiano prima che il Nord venisse liberato e soprattutto prima che la Resistenza potesse gettare il suo peso

sulle scelte del governo centrale. In questo senso Bonomi era il vero precursore di De Gasperi

- Il Pci traeva beneficio dal sou passato di Resistenza, ma soprattutto dall’essere il rappresentante italiano della Russia, il cui

carisma non può essere sottovalutato (miglia di lavoratori vedevano nella Russia un modello), inoltre la maggioranza pensava che

Togliatti, non appena gli eserciti Alleati se ne fossero andati, avrebbe proclamato i suoi obiettivi rivoluzionari

- Il Psi di Nenni era consapevole del probabile successo elettorale, ma anche della divisione e disorganizzazione del partito

LA CRESCITA DELLA RESISTENZA E LA CRISI INVERNALE DEL 1944

- Sebbene i superstiti delle prime bande erano pochissimi, l’organizzazione della Resistenza cresceva di mese in mese e in alcune

zone, dove ottennero il controllo completo, istaurarono delle proprie “repubbliche” (ex: quella della Carnia nel nord-est)

- Nell’agosto ’44 i partigiani liberarono Firenze, che fu posta sotto il controllo del Comitato toscano di liberazione nazionale

- Questa era l’iniziativa più indipendente che la resistenza avesse mai preso e portò all’immediata reazione degli Alleati:

l’Amgot negò al Ctln qualsiasi potere che non fosse consultivo, ma fu costretto ad accettare la nomina di un sindaco

socialista (Gaetano Pieraccini); il conflitto era stato simbolico, ma aveva mostrato chiaramente la forza della Resistenza

- Dietro la linea gotica la lotta partigiana continuava: i braccianti emiliani rifiutarono qualsiasi aiuto alle forze d’occupazione e

condussero una lotta al tempo stesso antitedesca e antipadronale; la marcia della morte di Walter Reder cominciò il 12 agosto a

Sant’Anna di Stazzema (560 uomini, donne e bambini massacrati) e finì il 1 ottobre a Marzabotto (1836 abitanti uccisi)

- Le repubbliche partigiane caddero una ad una e la Resistenza dovette fronteggiare la prova più severa quando le truppe tedesche

si riversarono nelle vallate e nelle colline del Piemonte e del Veneto; inoltre nello stesso momento Alexander, generale alleato,

annunciò alla radio che non ci sarebbero state offensive alleate fine alla primavera e suggerì ai partigiani di nascondersi

- Le interpretazioni più sospettose delle intenzioni britanniche, visto che l’Urss aveva impedito agli alleati di sostenere

l’“opposizione interna” a Versavia, lasciandola alla repressione tedesca, la videro come un occhio per occhio: la

Resistenza doveva essere liquidata durante l’inverno e gli Alleati non avrebbero più avuto la preoccupazione politica

di un movimento di massa al nord

- La Guardia nazionale fascista aiutata dai tedeschi dette inizio ad una sistematica caccia all’uomo nelle montagne del nord

- La Resistenza non morì perché ebbe il buon senso di scendere nelle valli, piuttosto che salire più in alto, passando tra le

linee nemiche a piccoli gruppi per rifugiarsi nelle valli e nelle città vicine

- Il 26 dicembre ’44 vennero siglati i Protocolli di Roma: il generale Wilson accetto di garantire alla Resistenza un sussidio mensile

di 160 milioni di lire e di assicurare la “massima assistenza”, in cambio il Clnai promise che dopo la liberazione avrebbe obbedito

al governo alleato, mentre Cadorna, generale dell’esercito italiano, avrebbe assunto il comando militare supremo nel settentrione

- I Protocolli di Roma segnarono una sostanziale sconfitta della Resistenza: tutte le possibilità di negoziare da una

posizione di forza al momento della liberazione svanivano

- Il socialista Sandro Pertini denunciò i Protocolli come “la sottomissione della Resistenza alla politica inglese”

- Nel febbraio 1945 il quartier generale alleato ordinò che gli aiuti dovessero essere concentrati in scorte di beni non

militari e che le armi fossero consegnate a elementi selezionati per compiti speciali

- Bonomi si dimise il 26 novembre con l’intenzione di tornare al governo rafforzandogli elementi moderati del suo governo; non

consegnò le dimissioni al Cln da cui era stato designato, ma a Umberto; questo comportamentò irritò il partito d’azione che si

rifiutò di continuare a collaborare con lui; Togliatti fu dapprima d’accordo, ma poi decise che la continuità della presenza del Pci

nel governo era più importante di qualsiasi altra considerazione

- Nel nuovo governo Bonomi, Togliatti divenne vicepresidente e De Gasperi ministro degli esteri

- Il 26 dicembre ’44 Bonomi riconobbe il Clnai non come governo del nord, ma come “organo dei partiti antifascisti nei

territori occupati” → la linea ispirata al principio di continuità prevalse su quella che tendeva al rinnovamento dello Stato

- Il Partito d’Azione cercò di formulare un nuovo programma comune per evitare il completo disarmo della Resistenza e il 30

novembre inviò una lettera agli altri partiti del Cln: l’obiettivo comune doveva essere quello di ristrutturare lo Stato e la società

utilizzando tutte quelle forze di rinnovamento che solo essi potevano raccogliere, spezzando la continuità col vecchio ordine - La Dc affermò che un governo basato sui Cln avrebbe sostituito una dittatura con un’altra, “perché non liberatamene

scelto dalle masse popolari”, quindi le proposte del Partito d’Azione finirono nel nulla

- La resistenza si avvicinò al momento della liberazione con un solo programma: quello stipulato a Roma con gli Alleati

LA SITUAZIONE DEL SUD, 1944 - 45

- Liberali e Monarchici avevano ancora il potere maggiore, anche se la Dc stava crescendo grazie all’appoggio della chiesa

- Miseria e repressione crescerevano: il 19 ottobre ’44 a Palermo l’esercito gettò bombe a mano contro una folla di operai in

sciopero e di donne con i loro bambini che protestavano contro le ingiustizie e gli abusi del sistema di razionamento (30 morti)

- Ci furono, in particolare in Sicilia (venne fondato il Mis, movimento per l’indipendenza della Sicilia che all’inizio

sembrò essere appoggiato dagli Alleati) molte rivolte, anche guidate da fascisti o separatisti, ma vennero tutte represse

- Il ministro comunista dell’agricoltura, Fausto Gullo, cercò con una serie di decreti di spezzare l’equilibrio esistente nei rapporti di

classe nel Meridione; sebbene erano di scarsa importanza furono il solo tentativo della sinistra di attuare delle riforme

- Voleva una riforma dei patti agrari, il 50% della produzione ai contadini, permesso di occupazione dei terreni incolti,

proibizione di intermediari tra contadini e proprietari, in modo da eliminare figure di mediazione come i gabellotti)

5 - Questa proposta provocò una risposta dei contadini per due ragioni: l’atteggiamento legalistico dei contadini stessi,

abituati a lottare per la giustizia, si videro per la prima volta prese in considerazione dallo Stato; la legge, imponendo ai

contadini di organizzarsi in cooperative, fu il maggiore incentivo a una loro azione collettiva

- L’obiettivo era non smobilitare, ma mobilitare i contadini a superare il fatalismo e l’isolamento

- Nel frattempo Giuseppe Di Vittorio, dirigente comunista della ricostruita Cgil (Confederazione generale italiana dei lavoratori)

promuoveva una solerte e lungimirante strategia sindacale: cercò di imporre due politiche, l’Imponibile (obbligava il proprietario

terriero ad avere un preciso numero di braccianti in base all’estensione della terra) e il collocamento (regolava il modo in cui

venivano reclutati i braccianti) → l’Imponibile controllava il numero di braccianti a cui si poteva dar lavoro e il collocamento i

criteri con cui distribuirlo

- La mobilitazione grazie ai decreti di Gullo e al programma della Cgil fu la più estesa che si fosse mai vista nel Meridione

- Questo attivismo del ’44-’47 inserì per la prima volta nella politica nazionale i contadini meridionali

- [Pag 80: incidente a Villalba: i contadini si ribellano al boss] Tutto il coraggio dei comunisti locali non poteva

mascherare la subordinazione delle lotte meridionali alla complessiva strategia di Togliatti: “i dirigenti comunisti

incoraggiavano il movimento, ma al tempo stesso vorrebbero scongiurare una radicalizzazione che possa diventare

elemento di disturbo al difficile equilibrio governativo” (Paolo Spriano, storico ufficiale del Pci)

- Il compromesso del Pci a Roma, la sua riluttanza a mettere a repentaglio l’alleanza con la Dc implicò la sconfitta nel Meridione

L’INSURREZIONE NAZIONALE NEL NORD, APRILE ‘45

- Undici gradi sotto zero, bombardamenti aerei, il carburante scarseggiava, c’era penuria di cibo e la tubercolosi si diffondeva

- Il 16 giugno ’44 tutti gli operai scesero in sciopero e vanificarono i progetti tedeschi; a causa del diffuso sabotaggio e della

mancanza di materie prime la produzione e l’occupazione errano drasticamente cadute nei primi mesi del ’45 (ex: alla Fiat

Mirafiori la produzione di carri era scesa da settante di due anni prima a dieci al giorno; a Torino c’erano 12 mila disoccupati)

- Il gruppo partigiano, sopravvissuto all’inverno, crebbe con rapidità, superando le centomila unità nell’aprile ’45 (ex: i quartieri

operai di Torino erano diventati impraticabili per i tedeschi); le rappresaglie contro le azioni del Gap erano sempre spietate, una

delle più note fu quella avvenuta il 9 agosto ’44 a Milano in piazza Loreto

- Gli Alleati esortarono i partigiani a non intraprendere azioni indipendenti e a concentrare le loro forze nel salvataggio di

installazioni elettriche e industriali dalla politica tedesca di “terra bruciata”; i progetti alleati per i partigiani erano: trasferire le

unità in campi per rifocillarle, rivestirle e consegnargli eventuali premi in denaro, ritirare le armi e rimandarli a casa

- I partigiani concordavano nel salvaguardare le industrie, ma si rifiutavano di accettare un ruolo secondario nella

liberazione: i comunisti e il Partito d’Azione prepararono piani per la liberazione delle maggiori città; l’obiettivo era

dimostrare la forza della Resistenza e porre fine all’occupazione tedesca in modo che sarebbe stato difficile dimenticare

- Togliatti: “Bisogna lottare per l’annientamento totale di tutte le forze tedesche… contro ogni tentativo di frenare l’insurrezione”

- Il 1 aprile gli alleati iniziarono l’ultima offensiva; mentre il 13 il generale Mark Clark ammonì i partigiani dicendo che il

momento per l’azione non era ancora giunto, due giorni prima i comunisti avevano già diffuso la famosa direttiva n. 16 in cui si

ordinava di prepararsi all’azione insurrezionale [Genova, Torino e Milano pag 85]

- Entro il 1 maggio l’Italia settentrionale era liberata e il carattere popolare e insurrezionale della Liberazione restò nella memoria

- Per un politico come Macmillan la situazione in Italia sembrava contenere tutti gli ingredienti per un successo totalitario:

disoccupazione di massa, inflazione, diffusa presenza di armi; l’unica differenza era che questa sarebbe stata rossa e non nera

- Coloro che auspicavano l’insurrezione pensarono che essa fosse solo rimandata in vista di quella doppiezza proclamata dal Pci

- La resistenza non fu mai servile agli Alleati, ma fu certamente ad essi subordinata; tuttavia aveva raggiunto un impressionante

grado di forza militare: 250 mila fucili, 12 mila mitra, 5 mila mitragliatrici pesanti, 760 bazooka, 217 cannoni e 12 autoblinde

- L’abile tattica di affiancare garanzie economiche per la classe operaia all’immediato disarmo dei partigiani e alla completa

autorità militare, servì agli Alleati per creare un efficace antidoto all’ebbrezza seguita alla Liberazione

- Dal punto di vista della sofferenza umana il costo fu enorme: il rifiuto della politica dell’attendismo comportò lo scontro frontale

e la repressione tedesca; tuttavia il sacrificio della resistenza non fu vano: i partigiani ripulirono l’offuscata immagine dell’Italia

(che aveva appoggiato Mussolini) e diede agli italiani fiducia in se stessi, riuscendo a costruire una duratura tradizione antifascista

- Paolo Spriano ha scritto che l’insurrezione nazionale fu “i momento di rottura con il passato che aprì la strada alla

partecipazione delle masse popolari nello sviluppo politico e sociale, fu una spinta rivoluzionaria democratica”

- Questo è quello che i partigiani volevano che fosse, non quello che fu: malgrado il loro eroismo non riuscirono a creare una

così profonda rottura con il passato

L’ASSETTO POSTBELLICO, 1945 - 48

- L’elezione di Parri, membro del Partito d’Azione, fece credere che la Resistenza fosse giunta al potere, ma in realtà i tre anni

successivi che videro Parri e poi De Gasperi furono lungi dall’assistere agli ideali della Resistenza

- Si fronteggiarono due schieramenti: attorno al mondo padronale la Dc e gli Usa, mentre attorno alla classe operaia i

comunisti e l’Unione Sovietica

IL FRONTE CAPITALISTA

- Gli industriali erano stati abili nel fare il doppio gioco, accontentare i tedeschi, ma sovvenzionare i partigiani, inoltre in Italia

l’apparato industriale era stato abbastanza preservato; si resero conto presto che l’idea di una rivoluzione prossima era infondata

- L’apparato industriale era caratterizzato da piccole fabbriche e da laboratori artigianali e c’era una singolare concentrazione di

capitali; i settori dominanti erano l’idroelettrico, il tessile e l’alimentare; poi si svilupperà quello metallurgico, Fiat e della gomma

6 - Attraverso la Confindustria gli imprenditori presentavano i loro obiettivi in modo compatto: volevano fosse ripristinato il

principio di autorità (liberta di controllo sul lavoro) e che non ci fosse una pianificazione statale da parte dei partiti di sinistra

- La parola divenne il gioco di mercato, ma lontano tanto da Stalin quanto da Attlee (Inghilterra)

- Alcuni imprenditori avrebbero preferito uno stato più interventista che proteggesse le loro posizioni

- La Dc: lo strumento politico a cui guardavano sempre più per realizzare i propri obiettivi fu la Dc: non più i liberali che non erano

riusciti ad adattarsi alla nuova Italia ed a capire la necessità di essere un partito di massa (come fece la Dc)

- La propaganda politica della Dc era rivolta alla classe media urbana: disillusa da Mussolini e penalizzata dall’inflazione,

avversa ai comunisti (avrebbero spinto per un livellamento verso il basso), vedeva nella Dc la salvaguardia della morale

cattolica, della proprietà e dell’iniziativa privata, nonché dei valori familiari (la chiesa e la Dc fornivano aiuto alle

famiglie provate dai traumi della guerra)

- Il programma di De Gasperi fornì coesione al partito e permise di raccogliere il successo alle prime elezini: morale

cattolica, anticomunismo, adesione al sistema capitalistico e una particolare attenzione ai ceti medi e alle famiglie - De Gasperi era un uomo di centro e seppe resistere agli eccessi: il Vaticano che chiedeva di essere più di destra e di

Dossetti (componente della sinistra della Dc) che voleva un partito più anticapitalista; De Gasperi era convinto

dell’essenzialità dell’appoggio della classe imprenditoriale quanto dell’alleanza con le forze democratiche di sinistra

- La Dc fu favorita anche dall’indebolimento dell’Inghilterra (quasi in bancarotta alla fine della guerra) e dalla guerra fredda, che

vede negli Usa di Truman, salito nel ’45 dopo la morte di Roosvelt, un appoggio economico e politico in chiave anticomunista

- Grew, segretario di stato Usa: rafforzare l’Italia economicamente e politicamente così che gli elementi democratici

possano resistere alle forze che minacciano di spingerlo verso un nuovo totalitarismo

IL MOVIMENTO OPERAIO

- Rimanevano importanti problemi: se i contadini autosufficienti e i mezzadri stavano meglio, i braccianti vivevano in condizione

di miseria, in particolare quelli del sud, che prendevano meno della metà rispetto a braccianti di altre regioni; la situazione nelle

aree rurali era aggravata dalla sovrappopolazione e dall’esodo in massa dalle città; inoltre nel 1947 i disoccupati erano 1,6

milioni (in Puglia un terzo della forza lavoro agricola non riusciva a trovare occupazione) → migrazione verso gli Usa

- Il proletariato industriale non mostrò una coscienza rivoluzionaria generalizzata: la Resistenza era stata un movimento enorme ed

importante, ma minoritario rispetto alla Liberazione alleata, inoltre l’esperienza della seconda guerra mondiale aveva dimostrato

la dipendenza internazionale, quindi si diffuse il sentimento che, come la liberazione nazionale era giunta dagli Alleati, così la

liberazione della classe operaia sarebbe giunta con i carri armati di Stalin - Tra la classe operaia rimanevano due fattori determinanti: un desiderio di ricostruzione dopo le tremende distruzioni

degli anni di guerra e una diffusa attesa di profonda riforme economiche e sociali

- Il desiderio di un mutamento tra capitale e lavoro era una speranza largamente condivisa e il Pci sembrava rispondere

perfettamente ai bisogni del movimento operai, sostenendo che una rivoluzione era impossibile, ma non le riforme

- Tra il ’45 e il ’47 il Pci fece concessioni su concessioni per mantenere l’alleanza con la Dc, la quale diventava sempre più la

rappresentante di tutte quelle forze per cui la concezione di una democrazia progressiva era un’assoluta minaccia

- Secchia, dirigente del Pci, criticò Togliatti per la sua “tendenza a impostare troppo spesso i problemi in termini di

insurrezione o d’acquiscenza. Esiste invece una terza strada, che era quella si servirsi con più coraggio, sia pure con

qualche rischio, di una spinta dal basso”

- Tuttavia il partito nel 1945 aveva più di 1.760.000 iscritti e la strategia gramsciana di penetrare nella società civile poteva

diventare adesso una realtà

- Il Pci cercò di contrastare l’attivismo della Dc sul tema della famiglia, proponendo il modello sovietico: molti figli, morale rigida,

diritti alle donne e cooperazione tra le famiglie per un maggior benessere collettivo

- Tuttavia gli oppositori evidenziarono subito che nel Manifesto si parla di abolizione della famiglia

- Nenni non ripetè sempre l’importanza dell’unità del proletariato, ma a lui mancavano le qualità del grande dirigente

politico, l’abilità strategica sia di De Gasperi che di Togliatti, che fece del Pci una “grande chiesa” di opinioni socialiste

- Tuttavia al XXIV Congresso del Psiup nell’aprile ’46 ci furono almeno tre gruppi di opposizione, la più importate fu quella di

Giuseppe Saragat: a favore di un “marxismo umanista”, il socialismo occidentale doveva evitare di essere subalterno al modello

sovietico, autoritario e antidemocratico, per seguire la tradizione del socialismo italiano che aveva avuto come leader Turati - Nella politica italiano c’era il bisogno di una forza antistalinista, socialdemocratica ed esplicitamente riformista

- Alla Cgil mancò la necessaria autonomia dai partiti politici, dato che era diretta in eguale modo da tutti e tre i partiti

- Il miraggio di una prossima liberazione da parte dei russi non poteva durare a lungo contro la promessa di un’immediata

salvezza americana che si stava rapidamente trasformando in realtà; inoltre la fiducia nella salvezza dall’esterno privò la clase

operaia di qualsiasi possibilità di elaborare una strategia rivoluzionaria basata sulle proprie forze

- Finché lo stalinismo fu sinonimo di socialismo un gran numero di italiani continuò a preferire il sistema capitalista,

malgrado tutte le sue ingiustizie → Emerge quindi l’inferiorità del movimento operaio rispetto al fronte capitalista

- De Gasperi e Togliatti continuarono a fronteggiarsi alla pari in un pacato ma incessante confronto di personalità

PARRI E DE GASPERI, GIUGNO ’45 - MAGGIO ‘46

Politica e istituzioni

- Il governo Parri durò dal giugno al novembre ’45 e diede la costante impressione di non essere all’altezza della situazione:

coraggioso, onesto e rispettato, Parri non aveva la stoffa di un presidente del consiglio, si lasciò sopraffare dagli eventi

- Dietro il personale fallimento di Parri stavano i limiti del suo partito o della sinistra in generale: il partito d’Azione,

diviso tra l’ala moderata di La Malfa e i l’ala socialista di Lussu si scioglierà nel ’46; inoltre anche se nel governo Parri

la sinistra aveva la maggioranza su Dc e liberali, non ne fece alcun uso positivo, anzi credendo che avrebbe

tranquillamente vinto le elezioni fece concessioni alla Dc, tra cui il rinvio delle elezioni (le politiche furono fissate dopo

le amministrative, per la primavera del ’46, più tardi di ogni altro paese che aveva sofferto l’occupazione nazista)

7 - Nel novembre ’45 i liberali decisero di sbarazzarsi di Parri, si ritirarono dal governo e la Dc li seguì, cosicché Parri fu costretto a

dimettersi; né i comunisti né i socialisti si rammaricarono, visto che stavano già pensando di sostituirlo con De Gasperi

- Il 10 dicembre De Gasperi era presidente del Consiglio, Nenni vicepresidente, il socialista Romita ministro degli esteri e

Tgliatti ministro di Grazia e Giustizia; tuttavia il Pci aveva optato per De Gasperi per arrivare alle elezioni senza crisi

politiche, ma dovette subire un paio di sorprese sgradevoli per la sinistra:

- De Gasperi negò il potere legislativo alla nuova Assemblea costituente, a cui era stata affidata la stesura la nuova costituzione,

inoltre si ostinò affinché la questione istituzionale fosse decisa da un referendum a non dall’Assemblea Costituente

- Il referendum servì a De Gasperi, non per tentare di salvare la monarchia, ma per nascondere la divisione interna

alla Dc e a gran parte dei monarchici, che erano prevalentemente per la repubblica

- L’epurazione antifascista fu pressoché disastrosa: lasciò liberi alcuni tra i maggiori responsabili del fascismo e incriminò il

personale dei livelli più bassi; per questo il tribunale assolse il maggior numero possibile di imputati

- Nel giugno ’46 Togliatti promulgò un’amnistia che segnò la fine dell’epurazione: grazie alle sue norme anche i

torturatori fascisti sfuggirono alla giustiziaà

- Alla fine l’unica epurazione effettiva fu quella condotta dai ministri democristiani contro i partigiani e gli antifascisti che erano

entrati nelle amministrazione statale e nella polizia subito dopo l’insurrezione; De Gasperi li sostituì con prefetti da lui nominati

Problemi economici e sociali

- L’Italia soffriva da sempre la mancanza di materie prime, ferro e petrolio e cercava di coprirne i costi aumentando l’esportazione

- Socialisti e comunisti non seppero mai offrire un’alternativa sul terreno di politica economia: Togliatti stesso giudicò utopistica

l’idea si un piano economica nazionale e sollecitò a lottare per far pagare le tasse ai ricchi, “la lotta si impegna non nella lotta

contro il capitalismo in generale, ma contro forme particolari di speculazione e di corruzione”

- Si assistette ad un processo spontaneo di ricostruzione gestito dal settore privato

- Non mantenendo il controllo sul mercato degli scambi il governo incoraggiò la speculazione, mentre permettendo che metà della

valuta ottenuta dagli scambi con l’estero sfuggisse al controllo, i ministri lasciarono cadere ogni tentativo di governare l’economia

- Il ministro delle Finanze, il comunista Mauro Scoccimaro, propose la sostituzione di una nuova lira con le cento lire vecchie e una

tassazione progressiva, primo passo per una tassazione straordinaria sulla ricchezza, ma tutto finì in nulla perché fu ostacolato: i

liberali bloccarono la proposta, poi scomparvero le matrici, infine Banca Italia si rifiutò di distribuire il denaro

- Anche le battaglie sociali videro il movimento operaio perdere terreno nei confronti della classe padronale: nel febbraio ’46 la

Cgil fu costretta a cedere e 240 mila operai furono licenziati (il 13% della forza-lavoro settentrionale

- La Cgil fu costretta anche ad accettare, nel dicembre ’45, i nuovi contratti, che prevedevano una clausole che obbligava

le commissioni interne ad accettare gli accordi nazionali e di non cercare miglioramenti di propria iniziativa

- Significativo fu il fallimento sindacale nel far passare uno dei progetti più voluti, quello sui consigli di gestione

- Vennero introdotte la scala salariale nazionale unica, che limitava la differenza permessa tra i salari minimi nelle varie

regioni, la tredicesima e il periodo minimo di vacanza, però il prezzo pagato fu altissimo, le organizzazioni di fabbrica

del sindacato vennero private di responsabilità e di iniziativa

- Discorso a parte merita l’introduzione della scala mobile: un sistema di salvaguardia dei salari reali contro l’inflazione, introdotto

nei contratti nazionali dal ’45-46; gli imprenditori la videro come strumento per proteggere la classe operaia, quindi la produttività

LA REPUBBLICA A LA FINE DELLA GRANDE COALIZIONE, GIUGNO ’46 - MAGGIO ’47

Le prime elezioni e la Costituzione

- Il 2 giugno 1946 con 12.717.923 voti (54%) contro 10.719.284 (45%) l’Italia divenne una repubblica [questione delle schede

nulle non contate; doveva esserci la maggioranza assoluta]; questo fu il più importante risultato ottenuto dalle forze progressiste

- Il 13 giugno il “re di maggio”, Umberto, volò in esilio e il 28 Enrico da Nicola fu eletto capo provvisorio dello Stato

- Le elezioni per la costituente (2 giugno) videro la Dc primeggiare con 35% dei voti, seguivano socialisti (20%) e comunisti (19%)

- La costituzione definì una forma di Stato e governo conforme ai canoni tradizionali della democrazia rappresentativa [pag 131]

- La Corte stabilì una distinzione tra le parti che erano di immediata attuazione (le norme prefettizie) e quelle da realizzarsi

solo in un futuro indeterminato (le norme programmatiche); così facendo gli articoli innovatori rimanevano lettera

morta e alcune leggi e codici antifascisti in palese contraddizione con la Costituzione non furono mai abrogati

- Tra i partiti minori il più importante fu il Fronte dell’Uomo Qualunque, fondato da Giannini, che ottenne oltre un milione di voti:

incoraggiava a dare battaglia contro ogni cosa che minacciasse l’“italiano qualunque”, il governo di coalizione antifascista, gli

Alleati, i decreti di epurazione; il sostegno finanziario veniva dai signorotti meridionali, ex fascisti non ammessi nei liberali

- La chiesa difese strenuamente il Concordato firmato nel ’29 con Mussolini e Togliatti il 24 marzo ’47 spiegò che i comunisti

dovevano difendere il concordato per rafforzare la pace religiosa nel paese e mantenere un dialogo con i cattolici

- Il socialdemocratico Umberto Grilli però volle che non fosse fatto riferimento alla indissolubilità del matrimonio nel

testo dell’articolo 29 della Costituzione (quello sulla famiglia), presentò un emendamento che passo 193 voti contro 191

La politica dei partiti

- Il 12 giugno De Gasperi formò il suo governo e mantenne l’alleanza con la sinistra

- La Dc entrò in un periodo di grave crisi: le classi medie urbane, non protette dalla scala mobile, accusarono De Gasperi di

eccessiva indulgenza verso i partiti di sinistra, soprattutto perché Luigi Einaudi (governatore della Banca d’Italia) aveva

popolarizzato la spiegazione che l’inflazione era causata principalmente dalle spese del governo, quali la sovvenzione per il pane

- Dopo le elezioni amministrative di novembre e gli avvertimenti che avevano dato circa lo spostamento a destra della

classe media (a Roma e a Napoli i voti della Dc si dimezzarono), furono fatte grosse pressioni su De Gasoeri perché

rompesse con i comunisti e i socialisti, in primo luogo da Pio XII; De Gasperi non cedette

8 - Il rapporto con gli americani non era ancora del tipo “io ordino e tu obbedisci”, la dottrina Truman sarebbe entrata in

vigore nel ’47, per ora agli Usa interessava solo contrastare l’ascesa delle sinistre, non controllare la coalizione di

governo; quindi De Gasperi ottenne un nuovo prestito di 100 milioni di dollari

- Il Pci reclutava nuovi elettori e la conferenza di partito, a gennaio ’47 a Firenze, diede nuovo impeto e organizzazione al partito

Lotte sociali

- In agosto ci fu la “rivolta” di ex partigiani che chiedevano la revoca dell’amnistia, la messa al bando del Partito dell’Uomo

Qualunque, la fine dei licenziamenti e la creazione di posti di lavoro: l’intervento del Clnai persuasi i partigiani a tornare a casa

- Le agitazioni contadine: per assicurare l’attuazione del decreto Gullo ci furono agitazioni contadine, che raggiunsero il culmine

nell’autunno ’46; la causa politica della sconfitta fu l’insistenza della Dc e del Pli affinché le commissioni locali che dovevano

decidere sulla legittimità dell’occupazione delle terre, fosse composta dal presidente della Corte d’Appello, da un rappresentante

dei proprietari e uno dei contadini, quindi a meno di rari magistrati illuminati vi era una maggioranza contro i contadini

- La Dc, preoccupata che la popolarità di Gullo facesse perdere voti al sud, mise al suo posto il democristiano Antonio Segni

- Gli oppositori alla riforma agraria non avrebbero trionfato senza l’areendevolezza di Togliatti: sebbene avesse accolto con favore

i decreti di Gullo ela massiccia mobilitazione contadina, se ne discostò quando iniziò a minacciare l’ordine e l’alleanza con la Dc

- Molti tribunali, pieni di giudici che avevano seguito il fascismo per vent’anni, dichiararono illegale il decreto Gullo e infine lo

fece anche la Corte di Cassazione → Tutto il peso della “continuità dello stato” gravò sul movimento contadino meridionale

- Le cooperative furono destinate al fallimento, dato che gli aiuti economici garantiti da Gullo non mai (tranne 15 trattori sovietici)

- Nel maggio ’45 i rappresentanti dei mezzadri compilarono un elenco di rivendicazioni: il possesso di almeno il 60% del prodotto,

il diritto a partecipare alle decisioni dell’impresa in condizione di parità, la giusta causa per la disdetta, la fine delle “regalie”

- Era soprattutto la Federterra (il sindacato agricolo della Cgil) a voler continuare con determinazione la lotta

- Nacquero i consigli di fattoria (tipica della Toscana, il podere diviso tra più mezzadri aveva come centro di produzione la fattoria)

e malgrado l’opposizione dei proprietari tra il ’45 e il ’47 si formarono 1900 consigli e in molti casi presero la direzione

- L’arma principale dei mezzadri era l’intimidazione al momento del raccolto per ottenerne di più

- Per ingraziarsi il popolo molti proprietari iniziarono a devolvere le regalie (conogli, selvaggina, uova) agli ospedali

- Nel marzo ’46 passò il lodo De Gasperi, con il quale i proprietari dovevano dare il 24% del reddito di un anno per riparare ai

danni di guerra, ma essendo giuridicamente non impegnativo non fu seguito

- Nel giugno ’47 fu firmato un accordo preparato da Segni: ai mezzadri spettava il 53% della produzione e i proprietari dovevano

accantonare il 4% del reddito annuale per le migliorie; nelle campagne dell’Italia centrale ritornò una parvenza di pace

- La lotta dei mezzadri si concluse con un fallimento, anche se non totale; tuttavia si era imposta una tradizione di azione e

cooperazione collettiva, famiglia e collettività erano state intrecciate ed i governi avevano contestato il potere dittatoriale dei

vecchi, la campagna quello della città

- E’ i questo periodo che risale il solido supporto elettorale del centro Italia rurale al Pci

La cacciata delle sinistre

- De Gasperi riconosceva il ruolo frenante delle sinistra, ma era consapevole che una opposizione avrebbe rischiato la guerra civile

- L’impopolarità del presidente aumentò alla fine del ’46: il Trattato di pace fu pesantissimo e l’inflazione toccò il 50%

- Alle regionali, il 21 aprile ’47, il blocco del popolo (Pci, Psi e Partito d’Azione) aumentò del 25%

- Le elezioni siciliane confermarono la tendenza della chiesa a distaccarsi dalle Dc, che avrebbe causato la fine della Dc

- Le elezioni erano prossime e la presenza della sinistra nel governo era quasi insostenibile; inoltre tutto ciò che De Gasperi aveva

sperato di ottenere dalla coalizione antifascista era stato realizzato

- All’inizio di maggio due episodi internazionale incoraggiarono la Dc ad agire: il 5 maggio in Francia i comunisti furono cacciati

dal governo per la prima volta dalla fine della guerra; in marzo era stata resa nota la dottrina Truman, l’appoggio anticomunista

- Il 1 maggio ’47 i contadini di tre paesi erano riuniti a Portella della Ginestra (Palermo), quando Salvatore Giuliano aprì il fuoco

con una mitragliatrice per conto della mafia, a ricordare chi avesse davvero il potere nella provincia; 11 morti e 65 feriti

- Il dirigente comunista fece una discorso all’Assemblea Costituente sulla responsabilità dei proprietari terrieri

- Il 13 maggio ’47 De Gasperi si dimise: De Nicola diede l’incarico formare un nuovo governo all’antifascista Francesco Saverio

Nitti, ma al nuovo primo ministro fu impossibile creare una maggioranza parlamentare attorno alla sua candidatura

- L’incaricò tornò quindi a De Gasperi che annunciò che avrebbe formato un governo di centro fidando nell’appoggio

parlamentare dei partiti di destra; il 31 luglio con 274 voti contro 231 l’Assemblea Costituente diede il voto di fiducia

- La coalizione antifascista era finita e De Gasperi rinviò le elezioni politiche all’aprile ’48

Il confronto, giugno ’47 - aprile ’48

1) La politica economica di Einaudi: il nuovo governo aveva due ministri chiave, Mario Scialba agli interni, conservatore inflessibile

di cui aveva bisogno la Dc in un clima di crescente tensione e Luigi Einaudi ministro del tesoro e vice-presidente del Consiglio

- Einaudi riuscì a fare quello che Scoccimarro era sempre stato impedito a fare: intervenne con decisione nell’economia con una

politica deflazionistica, riducendo la quantità di moneta in circolazione; l’inflazione calò e la crisi dei cambi fu controllata

- La restrizione del credito, provocando un complessivo declino degli investimenti e quindi della produzione, colpì la piccola e

media industria; al che i padroni reagirono con massicci licenziamenti, all’inizio del ’48 i disoccupati superarono i 2 milioni

- La politica deflazionistica causò per questo feroci critiche, soprattutto dalla sinistra

- Ritorno di favore per la Dc: le classi medie urbane, con stipendi fissi, videro un tentativo di salvaguardare il loro livello di vita, le

sinistre erano state cacciate e l’economia sembrava sotto controllo, quindi l’Uomo Qualunque e i partiti di destra persero consenso

2) Il partito comunista: Togliatti aveva reagito con moderazione all’espulsione, sperando che De Gasperi capisse l’errore

- Era finito ormai il tempo delle coalizioni antifasciste, era iniziato quello della guerra fredda:Stalin impose una linea uniforme

di opposizione intransigente, i comunisti dell’occidente dovevano opporsi senza compromessi all’espansione del capitalismo

9 - Alla riunione del Cominform, nel ’47, i Pci e quello francese furono messi sotto accusa per essere stati troppo

concilianti

- Nonostante la riluttanza di Togliatti, molti provarono sollievo nella nuova linea di aperta opposizione al governo

- In settembre 600 mila braccianti della Pianura Padana scesero in sciopero per dodici giorni, la Federterra (riluttante allo sciopero

perché la Pianura Padana produceva ingenti scorte agricole) approfitto della situazione: rivendicò con successo la giornata di otto

ore, il riconoscimento della scala mobile in tutte le regioni, l’imponibile e il collocamento, l’aumento degli assegni familiari e la

“giusta causa” per la rescissione del contratto, ma non ottenne le migliorie per le tenute

- Nel dicembre ’47 comunisti e socialisti fondarono il Fronte Democratico Popolare per partecipare alle elezioni uniti

3) Le elezioni del 1948: mai gli avvenimenti internazionali furono così influenti; l’intervento americano lasciò senza fiato per la sua

grandezza, astuzia e flagrante disprezzo per tutti i principi di non ingerenza negli affari interni di un altro paese: furono concessi

prestiti per 176 milioni di dollari e all’arrivo di ogni nave, sempre in porti diversi, seguiva un discorso dell’ambasciatore Dunn

- Nell’eventualità che il messaggio (di votare Dc) non fosse chiaro, il 20 marzo 1948 George Marshall ammonì che nel caso di

una vittoria comunista tutti gli aiuti sarebbero stati sospesi - Nel frattempo la Cia preparava diversi schemi nell’eventualità di una vittoria del Fronte Popolare

- I sovietici avevano poco da offrire come contropartita: il colpo di stato comunista a Praga costituì un danno enorme per la

possibilità della sinistra; inoltre lo smacco principale del trattato di pace era stato risolto, Trieste era tornata all’Italia

- Il 28 marzo Pio XII avvisò i romani che “l’ora della coscienza cristiana era suonata” e che era peccato mortale votare i “senzadio”

- De Gasperi nel corso di comizi elettorali parlò della necessità di riforme fondamentali e appena prima del 18 aprile la

Confindustria approvò un rilevante aumento salariale agli impiegati

- I risultati superarono le più azzardate previsioni, la Dc raggiunse il 48,5% dei voti e la maggioranza assoluta alla Camera, sia a

spese della sinistra che della destra, mentre i socialisti subirono un crollo catastrofico

L’attentato a Togliatti

- Il 14 luglio un fanatico isolato, Antonio Pallante, sparò a Togliatti ferendolo seriamente; quando la notizia si diffuse fu

interpretato come un attacco alla sinistra, come un secondo delitto Matteotti per il ritorno al fascismo

- Scoppiarono scioperi e le piazze si riempirono; a Genova il movimento di protesta assunse il potere

- Un sindacalista comunista: “mentre noi stabilivamo lo sciopero di 48 ore per protesta… la folla aveva prevalso sulla

polizia, aveva catturato l’autoblindo e praticamente eravamo in guerra civile”

- Era possibile in quella situazione una rivoluzione? Tutti i dirigenti comunisti risposero veementemente no; forse sarebbe stata

possibile al nord, ma il sud, tranne eccezioni, era calmo, l’Italia sarebbe stata spezzata in due

- Già il 16 luglio i dirigenti comunisti cercavano di convincere i propri militanti a ritirare le barricate ed a tornare al lavoro

- Il 18 luglio De Gasperi scatenò un’ondata di repressione contro quelle zone che avevano reagito con maggiore vigoria

- Anche se non c’era alcuna possibilità di un ritorno al fascismo, la battaglia iniziata nel settembre ’43, che aveva spinto molti ad

arruolarsi nelle Brigate Garibaldi e a combattervi, era stata definitivamente perduta nell’estate del ‘48

LA RIFORMA AGRARIA

- Comunisti e socialisti volevano una riforma di struttura; i seguaci di Rossetti, all’interno della Dc, misero in evidenza al

congresso della Dc di giugno ’49 la necessità “di inserire nella casa dello Stato la parte più dinamica del popolo, la gente povera”

- I tre decreti riguardanti l’agricoltura approvati nel ’50 furono una delle poche vere e proprie riforme del dopoguerra

AGITAZIONI CONTADINE

Il movimento contadino dai decreti di Gullo alla strage di Melissa

- Le condizioni in Calabria erano penose, analfabetismo, un posto ospedaliero ogni 1500 persone, assenza di scuole

- La strage di Melissa: il 29 ottobre la polizia intervenne contro una manifestazione di protesta dei contadini a Melissa, tre persone,

di cui una donna, furono uccise, tutte con colpi di arma da fuoco alle spalle

- Quando gli inviati dei quotidiani giunsero sul posto si furono sbigottiti dalla miseria dei contadini

- Sull’onda di Melissa il movimento si diffuse in tutta l’Italia meridionale

- Il comunismo compreso in questo contesto si univa a elementi utopistici e religiosi presenti nella cultura contadina, ma la

solidarietà collettiva, il “femilismo amorale”, non poteva durare a lungo: “tentammo di avviare una gestione collettiva, ma si

scatenarono invidie e dissensi e fummo costretti a lottizzare a sorteggio”

- Il movimento contadino del ’44 - ’47 e quello del ’49 - ’51 furono tentativi per spezzare il modello si una società frantumata dalla

sfiducia; individualismo e collettività, famiglia e solidarietà si rapportarono in una mescolanza di aspirazioni e delusioni

- Negli Abruzzi la protesta si concentrò sulla proprietà Torlonia (fu del principe Torlonia, adesso della discendenza assenteista)

- Il 30 aprile ’50 le guardie private dei Torlonia spararono in mezzo alla folla uccidendo due contadini

- Anche i braccianti settentrionali, tra il ’48 e il ’50 si impegnarono con grandi scioperi, in particolare l’area più povera, il delta del

Po, dove vivevano in condizioni di grande miseria in capanne di paglia, fu l’unica che sarebbe stata investita dalla riforma agraria

La Dc e la riforma

- L’impegno della Dc per una riforma agraria sembrava impraticabile nel ’46 ed anche nel ’48 fu annunziato essere in preparazione,

tuttavia dopo i fatti di Melissa ld Dc non poteva più posticipare a lungo; anche gli Usa premevano per una sistemazione del Sud

- Si stava diffondendo la filosofia del “contadinare”, già praticata dagli Usa in Giappone: dare terre ai contadini per contrastare la

diffusione del comunismo

- Il 9 gennaio ’50 De Gasperi decise di formare un nuovo governo senza i liberali, che si erano sempre opposti alla riforma e

riconfermando Dossetti, che controllava un terzo del partito, come vicesegretario; la strada per la riforma agraria era libera

10 - Dopo continue battaglie interne al partito, la riforma di Segni fu approvata con 196 voti, ma 109 astenuti

CONTENUTI E RISULTATI DELLA RIFORMA

Uno sguardo d’insieme: il provvedimento più importante delle tre leggi agrarie, calabrese, siciliana e la legge stralcio, fu

l’espropriazione di una parte dei grandi latifondi senza migliorie e la relativa distribuzione ai contadini, che fu chiamata “podere”

se il contadino non possedeva altar terra o “quota” se già aveva un piccolo appezzamento

- L’indennizzo per il proprietario erano buoni del tesoro e un piccolo affitto per trent’anni, ma molti latifondisti divisero la terra,

alcuni la vendettero, oppure sfruttarono l’ambiguità del “senza migliorie” costruendo rudimentali fienili

- Il problema maggiore fu che non ci furono abbastanza terre per soddisfare tutte le famiglie di braccianti

- Per questi motivi i comunisti votarono contro la legge, ma poi, vedendo che non sarebbe stata applicata, furono costretti “a lottare

per l’applicazione della legge in modo da migliorarla”

- I comunisti avevano guidato le rivolte contadine, ma era la Dc a portare a termine la riforma e la fece funzionare a modo suo

Il caso calabrese, la “Legge Sila”: la terra costiera era fertile ed irrigata, mentre sui monti della Sila era uno dei peggiori terreni

agricoli di tutta l’Italia, quindi i poderi interni (il 90 % dei poderi confiscati) non davano alcuna possibilità di autosufficienza

- L’ente di riforma assicurò materie prime, semina e mezzi per la coltivazione, con prestiti lunghi a interessi bassissimi, ma nel

1957-’58 questi crediti finirono e furono rifiutate ulteriori concessioni a coloro che erano già debitori

- Solo le aziende contadine economicamente funzionanti, quasi tutte costiere, poterono far fronte alle nuove disposizioni

- Tuttavia, nel ’68, solo il 10% dei contadini aveva abbandonato la propria terra, che rimaneva un contributo al bilancio

mensile, anche se la parte principale dei redditi familiari diventò ben presto l’industria edilizia o l’emigrazione

- I comunisti fecero notare che se la legge sulla Sila fosse stata applicata rigorosamente, almeno 40.000 ettari di terra in più

sarebbero stati espropriati

Le altre aree di riforma: ci furono aree di riforma che raggiunsero risultati considerevolmente migliori rispetto alla Calabria, come la

Maremma, dove le aree in pianura prosperarono, anche se quelle in collina ebbero lo stesso destino di quelle calabresi; altre aree

invece ebbero risultati peggiori, come in Sicilia dove dilagò la corruzione nell’Eras (ente siciliano di riforma) , la distribuzione

delle terre procedette lentamente, i progetti per l’irrigazione rimasero per il 90% non realizzati e un quarto dei lotti scomparvero

- Vi sono alcune caratteristiche diffuse in quasi tutte le aree: fu fatto il tentativo di spostare i nuovi contadini proprietari in case

cornice o piccole frazioni isolate, spesso costruite con materiali inadatti al clima, come il cemento, ma fallì a causa dell’abitudine

alla vita comunitaria, della scarsa fecondità di molti appezzamenti di terreno e della possibilità di lavoro in città nei mesi invernali

- L’eccessiva burocrazia: alcuni enti di riforma arrivarono a spendere un terzo del bilancio per l’amministrazione

- Molti enti mostrarono un atteggiamento autoritario verso gli stessi contadini, uno di loro disse: “dovrebbe essere il

contadino che riceve l’aiuto dall’ente e non il proprietario contadino ad essere alle sue dipendenze”

- Malgrado tutto l’ammontare di terra coltivata era aumentato da 680.000 a 850.000 ettari

CONCLUSIONI

- La riforma fu il primo tentativo dello Stato di modificare i rapporti di proprietà in favore dei contadini poveri

- Barberis (direttore dell’istituto nazionale di sociologia): “fu forse l’atto legislativo più importante dell’intero dopoguerra”

- Manlio Rosi-Doria, un esperto, nel 1957 ricordò quanto la riforma fosse stata limitata e quanto malamente applicata

- La terra espropriata non fu sufficiente a soddisfare i bisogni dei contadini, senza contare che una parte notevole di

essa era già in loro possesso come risultato dei decreti della legge Gullo

- Dopo il ciclone della protesta contadina, la confisca di una quantità limita di terra scadente ai baroni meridionali e la sua

redistribuzione su basi individuali a una fascia selezionata di coltivatori diretti, ristabilirono nel meridione la legittimità

dei tradizionali rapporti di proprietà

- La riforma spezzò soprattutto quei tentativi di cooperazione, aggregazione e solidarietà che avevano ispirato le agitazioni

contadine del ’44 - ’50, le cooperative che si erano moltiplicate dopo la legge Gullo cessarono di esistere

- La riforma costituì una parte importante della strategia generale che assicurò alla Dc il potere nel Mezzogiorno

- In risposta al tentativo comunista di cooperazione ed egualitarismo, Bonomi creò un associazionismo cattolico che

esaltare le famiglie contadine individualmente intese e la loro proprietà, garantendo al contempo la protezione dello stato

- Alla fiducia in un’azione dal basso la Dc rispose attuando una riorganizzazione e un riorientamento dall’alto

LA DEMOCRAZIA CRISTIANA, LO STATO, LA SOCIETÀ

LE ELEZIONI DEL 1953

- La Dc propose una nuova legge elettorale secondo cui ogni coalizione ci partiti che ottenesse il 50% dei voti più uno alle

elezioni politiche avrebbe guadagnato i due terzi dei seggi alla Camera; così se la coalizione Dc, repubblicani, socialdemocratici

e liberali avesse preso il 50% più uno dei voti, la Dc essendo i primo partito avrebbe ottenuto almeno la metà dei seggi

- L’opposizione la soprannominò la “legge truffa”evidenziando come essa sembrasse la legge Acerbo di Mussolini

- Le elezioni del ’53 videro la coalizione prendere il 49,85% dei voti e furono importanti per due ragioni: segnarono la fine di della

carriera politica di De Gasperi e l’emergere dei neofascisti del Msi (dal 2 al 5,8%); la legge truffa fu abrogata l’anno successivo

- Il Msi di Giorgio Almirante faceva leva sull’autoritarismo e sul nazionalismo, in particolare la questione di Fiume

LA DC E LO STATO

- Gli anni ’50 furono il periodo cruciale in cui ld Dc pose le basi del proprio sistema di potere nello Stato, conquistando il consenso

della società italiana

L’eredità prerepubblicana

- Nei comuni non erano i consigli comunali eletti ad avere maggior potere, ma i prefetti, rappresentanti del governo centrale

11 - Esistevano circa 100 mila leggi e direttive che avrebbero dovuto regolare l’attività amministrativa, ma esse si rivelarono essere

più una camicia di forza e lo Stato, oltre che centralizzato, divenne lento ed inefficiente

- Aumento della burocrazia: subito dopo l’unificazione i funzionari statali erano 50 mila, nel 1910 erano 377 mila e

divennero più di un milione nel 1941

- La situazione mutò quando molti giovani diplomati del Nord e del Centro iniziarono a cercare lavoro nel più

remunerativo settore privato, mentre al Sud l’impiego statale rimaneva l’alternativa più sicura alla disoccupazione

- L’amministrazione fu caratterizzata dal fenomeno delle “burocrazie parallele”, istituzioni semi-indipendenti che si affiancavano o

sostituivano quelle statali, soprattutto nel periodo fascista, ad esempio nella gestione dei servizi pubblici o il caso più famoso, l’Iri

- Nel 1950-51 l’esercito italiano venne rapidamente riequipaggiato dagli Usa in chiave Guerra fredda, si creò una spaccatura tra

carabinieri, che fanno parte dell’esercito e la Pubblica Sicurezza: in pratica gli incarichi portavano ad una sovrapposizione dei

compiti, col risultato di inefficienze e conflitti considerevoli

- La burocrazia agiva sulla base di un potere non imparziale, ma discrezionale, a causa della raccomandazione personale fino alla

corruzione: questo rapporto deformato tra cittadini e Stato basato sulla capacità individuale di spinger avanti la propria pratica

con tutti i mezzi, sarebbe divenuto uno degli aspetti permanenti dello Stato repubblicano

- Il sistema in realtà era caotico e selettivo: i loro sportelli furono caratterizzati da code interminabili e proteste

- Affianco a queste strutture esistevano centinaia di piccole istituzioni di assistenza sociale, di sport e di altre attività

- La responsabilità di vigilanza urbana, sanità e trasporti competeva ai comuni e alle province, che spesso avevano limitate

retribuzioni in campo fiscale e le tasse comunali risultavano inadeguate ai loro propositi

La strategia della Dc

- Alcuni dicono che la Dc ha “occupato” lo Stato, altri che l’ha “colonizzato”, altri che è stata una “simbiosi”

- La continuità del potere non significa che il partito è sempre stato capace di agire come un corpo politico unitario

- Le caratteristiche politiche e la longevità dimostra un aspetto fondamentale degli stati moderni, la natura diffusa del potere statale

e la lotta tra le sue diverse componenti; la Dc ottene il controllo dell’Imps, il più potente degli istituti del parastato

- L’immagine di un parlamento repubblicano come principale promotore delle grandi riforme cedette il passo a una realtà più

meschina: ci furono un elevato numero di leggi e decreti di limitata importanza, che andavano incontro a interessi

particolarissimi (la legge per i sottotenenti della Guardia di Finanza) o addirittura individuali (la legge di costruzione del Centro

studi leopardiani), inoltre queste leggine furono approvate non in seduta plenaria, ma nelle commissioni parlamentari

- Gli anni ’50 videro la Dc rafforzare il proprio potere di fronte a due forze della società su cui fino a quel momento aveva fatto un

forte affidamento: la gerarchia ecclesiastica e il capitale privato

- De Gasperi e i suoi successori cercarono di rendere il partito stesso uno dei principali centri del potere economico

- Nel 1955 Alighiero De Micheli sostituì Costa alla guida della Confindustria e decise di sfidare l’espansionismo

democristiano creando la Confintesa, che doveva raggruppare le élites industriali, agrarie e commerciali

- Comunque Banca Italia mantenne la propria autonomia e ciò non si potrebbe spiegare se i comportamenti della Dc

fossero stati parte di un’implacabile marcia verso il controllo globale dell’economia (forse per divisioni interne)

Lo stato italiano nel contesto internazionale

- Dalla rottura della coalizione antifascista, nel ’47, l’Italia fu destinata ad entrare integralmente nella sfera di influenza Usa - Un aiuto venne da Pio XII: “non possiamo rimanere in un’indifferenza passiva”; mentre Dossetti sostenne che la Dc

avrebbe potuto cercare di promuovere un’unione pacifica del continente al di fuori dei blocchi militari

- I funzionari americani che operarono in Italia per tutta la durata del programma (il piano Marshall), si lamentarono del fatto

che il governo non avesse sfruttato gli aiuti per correggere le molteplici lacune del sistema fiscale italiano

- I fondi furono usati soprattutto per comprare macchinari per l’industria, pubblica e privata (Fiat, Edison)

- De Gasperi si impegnò in favore dell’unità politica europea, non solo perché spinto dagli Usa, ma perché avrebbe promosso la

pace sul continente e soprattutto perché avrebbe giovato all’economia italiana

- Quando fu creata la Ceca De Gasperi e La Malfa, ministro del commercio estero, promisero la partecipazione immediata

dell’Italia, nonostante l’opposizione degli industriali privati dell’acciaio, preoccupati della fine del protezionismo

- Il cammino europeo continuò (’53 Ced, ’57 Cee), ma il contributo italiano fu meno significativo e dinamico che sotto de Gasperi

Le innovazioni degli anni ‘50

- La Dc non scelse di puntare su un’immediata industrializzazione, ma piuttosto su un vasto programma di opere pubbliche

concentrate in aree agricole

- Nel sud i vecchi notabili terrieri furono sostituiti dai capi locali della Dc, burocrati, speculatori edilizi e avvocati che ricevevano le

sovvenzioni e i fondi provenienti dal governo e mediavano tra lo Stato e le comunità locali

- Enrico Mattei, uno dei più interessanti personaggi, lottò, con l’aiuto di De Gasperi, contro gli imprenditori privati per ottenere lo

sfruttamento in esclusiva delle risorse energetiche della Val Padana vinse e il 10 febbraio ’53 creò l’Eni

- L’Eni fu però un feudo di Mattei e la sua direzione un esempio drammatico dell’abuso del potere statale

- Il personale tecnico eccelse al punto da acquisire una reputazione mondiale e Mattei venne definito “ministro degli esteri

ombra” per via dei numerosi contatti che aveva all’estero; morì in un incidente aereo nel ‘62

- Il piano di Ezio Vanoni, ministro delle Finanze, doveva coprire il decennio 1955-’64 e aveva come obiettivi: la piena

occupazione, la graduale diminuzione dello squilibrio economico tra Nord e Sud e l’eliminazione del deficit nella bilancia dei

pagamenti; esso venne citato come risposta alle accuse alla Dc di favorire una politica di laissez-faire

- Ma mentre il piano Vanoni voleva orientare l’economia in una direzione la creazione del Mercato Comune la spingeva

dalla parte opposta: gli imprenditori compresero che il mercato offriva grandi offerte all’esportazione di certi beni, in

gran parte beni di consumo di massa, ma non di altri; ciò alterò il quadro revisionale su cui si era basato Vanoni

12

Conclusioni

- L’impegno di De Gasperi verso l’America e verso l’Europa, spesso dato per scontato, fece dell’Italia il paese dell’Europa

meridionale, più integrato nelle strutture economiche, politiche e militari dell’Occidente; i frutti si vedranno nel ‘58

- La Dc spostò l’equilibrio a favore dei rappresentanti politici rispetto ai baroni dell’economia: il settore pubblico dell’economia

si sviluppo brillantemente e la sfida degli elementi conservatori della Confindustria venne decisamente respinta

- Si erano venuta a creare una rete di centri di potere semi-autonomi e con scarsi collegamenti reciproci, tra cui spiccavano per

importanza alcuni grandi enti pubblici; tale struttura tendeva a servire più i vari interessi di corrente o di coalizione che non le

direttive del governo in carica

- Il clientelismo divenne una prassi corrente nelle nomine dei pubblici funzionari

LA DC E LA SOCIETÀ CIVILE

- Non vi è una così netta distinzione tra Stato e la società civile, il primo si è intrecciato e sovrapposto sempre più con la seconda

Fanfani e il nuovo partito: nel ’54 Amintore Fanfani divenne segretario della Dc; egli era convinto che la sconfitta elettorale del ’53

fosse dovuta a un insufficiente radicamento del partito nella società civile, all’eccessiva dipendenza dalla chiesa cattolica e alla

mancanza di un’efficiente organizzazione paragonabile a quella dei comunisti

- Lanciò così una serie di impetuose campagne di tesseramento, che videro gli iscritti salire a 1.341.000 il più alto numero dal ’45;

gli aumenti più significativi avvennero al Sud

La Chiesa cattolica nella società italiana: né il partito, né la Chiesa pensarono mai di prendere strade separate dopo la vittoria del ’48

- Il tentativo di Fanfani di fare della Dc un partito di massa mostrò il fatto che per tutti gli anni ’50 il partito fece affidamento sulla

profonda penetrazione della Chiesa nella società italiana

- La parrocchia era un centro di propulsione d’azione, il parroco era responsabile delle scuole, biblioteca, oratori e molte altre cose

- A fianco delle parrocchie e strettamente collegata ad esse si muoveva l’Azione cattolica, che nel ’54 aveva 2.655.000 membri

- Esisteva una robusta rete di cooperative cattoliche italiane, organizzate nella Confederazione delle cooperative italiane (Cci)

- Per decenni la Chiesa aveva costruito un’importante rete di ospedali, case di cura e case di riposo per gli anziani

Le organizzazioni collaterali della Dc: non erano del tutto democristiane, erano piuttosto organizzazioni cattoliche che avevano tre

punti di riferimento, a volte conflittuali: il partito politico, la gerarchia ecclesiastica e le loro autonomie come gruppo separato

- La più potente e riuscita era la Coldiretti, che Bononmi aveva fondato nel ’44: l’ideologia della Coldiretti era rudimentale, ma

efficace, dava grande importanza alla “famiglia rurale, che è la cellula di ogni società capace di alimentare una civiltà”

- Bonomi: “il comunismo non si argina con discorsi o opere pubbliche, ma attivando le masse attorno a un credo preciso”

- La categoria dei piccoli agricoltori sentì, non senza motivo, che i propri interessi erano stati rappresentati

- Nell’estate del ’49 Fanfani, come ministro del lavoro, propose una serie di drastiche limitazioni al diritto di sciopero, inclusa la

proibizione di ogni sciopero che non fosse “politico” o “di solidarietà”; sebbene non furono mai tramutate in legge, queste

proposte non dettero un’immagine positiva dell’atteggiamento democristiano vero i sindacati, specialmente agli occhi del

proletariato industriale dalla coscienza di classe così sviluppata come quello italiano

La famiglia cristiana, priorità della famiglia sulla società civile: in una gerarchia di valori la società era subordinata alla famiglia,

“essendo un mezzo per assicurare alla famiglia, e per esso all’individuo, ciò che è indispensabile per raggiungere il proprio fine”

- Nelle relazioni tra famiglia e collettività, la famiglia cristiana aveva dunque più diritti che doveri

- Le organizzazioni cattoliche erano la più importante difesa alla famiglia

- Una tale ideologia poteva essere accusata di andare incontro al familismo, di isolare la famiglia dalla società, di sottolineare le

virtù private più che quelle pubbliche; il teologo cattolico Elisio Ruffini affermò: “essa esagerava una visione privatistica della

salvezza, in cui non esisteva il senso della comunità al di là della propria famiglia, troppo spesso definita ‘nucleo della società’”

- Il grido di Gonnella al primo congresso della Dc, “la famiglia è una fortezza che non si difende stando dentro la fortezza” esprime

il desiderio di superare l’isolamento della famiglia e di difenderla con un rapporto attivo con la Chiesa e con la società

La Dc nel nord e nel sud Italia: nel nord l’associazionismo cattolico attirava le famiglie in una rete di attività e organizzazioni, mentre

al sud era il clientelismo statale ad agire come calamita nei confronti delle strategie individuali familiari

- La Dc ottenne moltissimi suffragi prevalentemente per via delle organizzazioni cattoliche di massa che le stavano dietro, per

questo Lanaro ha affermato che la Dc non esisteva affatto, mentre Allum l’ha chiamata “il partito dell’identità ideologica”

- Non bisogna tuttavia esagerare la reale portata di questa sub-cultura cattolica (Azione ebbe il 15% nelle regioni con più iscritti)

- L’assegnazione per via clientelare dei posti di lavoro era diffusa e una volta dentro la mobilità interna e le promozioni erano frutto

più di preferenze politica che di competenza professionale

- Segretari cittadini e notabili di partito facevano affidamento sui “grandi elettori”, personaggi influenti locali capaci di

raggiungere più di un gruppo sociale, mentre i “capi-elettori” erano coloro che potevano raggiungere solo un gruppo sociale

- Nelle campagne meridionali i comunisti avevano cercato di creare un sistema di valori che incoraggiasse le famiglie a unirsi in

una battaglia collettiva per un futuro migliore; la Dc rispose con un appello a valori più tradizionali e a un sistema che offriva

soluzioni individuali all’interno di una rete clientelare

L’ITALIA DELLA DC

- De Gasperi aveva scelto l’America, ma cosa più importante l’America aveva scelto l’Italia: la guerra fredda a l’anticomunismo

da crociata sostenuto anche da Pio XII, contribuirono in maniera rilevante a formare l’opinione pubblica dell’epoca - I giovani di tutta Italia si lanciavano alla conquista delle novità: jeans, juke-box, flipper, il rock, J. Dean e M. Monroe

- Cattolicesimo, americanismo e fordismo insieme crearono un’improbabile, ma formidabile base per l’ideologia dominante

13 - L’interclassismo della Dc non fu un’illusione, anche la vecchia aristocrazia del Sud che si vide abbandonata all’epoca della

riforma agraria, trovò consolazione nelle generose indennità per la terra confiscata, reinvestibili nella speculazione edilizia

- Le piccole imprese prosperavano dal momento che la tassazione a loro carico era minima e non esistevano i sindacati - I ceti medi difficilmente avrebbero potuto passarsela meglio, diversa era la situazione per la classe operaia, proletariato

nel nord e nel centro e braccianti al sud, costituirono lo zoccolo duro delle sinistre

- Il grosso dei sostenitori era concentrato in alcune zone del paese, il Meridione e le zone “bianche” del nord-est, ma è vero anche

che negli anni ’50 la Dc controllava, con coalizioni centriste, tutti i consigli comunali delle principali città, tranne Bologna;

- Malgrado ciò la Dc non esercitò mai un’efficace direzione morale, intellettuale e politica sull’intera società - Il cittadino non si sentiva vincolato ad uno Stato che non riusciva a garantirgli funzionari onesti e servizi pubblici

decenti, maggiore giustizia e democrazia, una migliore tutela delle libertà civili: molti principi della costituzione

repubblicana restavano ancora dei miti scritti sulla carta

- Quando il consenso era al culmine la Dc fece ben poco per migliorare la situazione e parecchio per accentuare le peggiori

caratteristiche

LA SINISTRA E IL MOVIMENTO OPERAIO NEGLI ANNI ’50

- Negli anni ’50, gli “anni duri”, nelle principali fabbriche erano all’ordine del giorno licenziamenti in massa: tra il ’46 e il ’52

75.000 operai persero il lavoro e nel ’51 c’erano 2 milioni di disoccupati; furono licenziati o emarginati gli attivisti conosciuti e

quando ci fu bisogno di nuova manodopera vennero assunti operai giovani che non avevano partecipato alle lotte del ’43-’47

LA CGIL E LE LOTTE OPERAIE

Il piano di lavoro: la Cgil cercò di rispondere ai licenziamenti con un programma nazionale di occupazione, il Piano del Lavoro, che

prevedeva la nazionalizzazione dell’industria elettrica e il suo potenziamento soprattutto al Sud, come secondo l’avvio di un

programma di bonifica e irrigazione, come terzo un piano edilizio immediato per far fronte alla drammatica carenza di case

- Il Piano voleva essere un’occasione per riprendere forza e iniziativa

- Malgrado i suoi meriti fu un fallimento completo, perché il governo non aveva scarsi motivi per accettarlo

- Di Vittorio per difenderlo disse, nel ’52, che la Cassa del Mezzogiorno era figlia del Piano

Le lotte difensive al centro e al nord: il Piano costituiva la fallita offensiva, ma il periodo fu in realtà dominato da una serie di azioni

difensive, nell’industria pesante i licenziamenti in massa furono bloccati facendo ricorso alla serrata (occupazione)

- Processi radicali erano avvenuti nell’economia e senza una adeguata analisi diventava difficile raggiungere l’unità del proletariato

- L’altro elemento ideologico che blocco la Cgil in questo periodo fu la costante subordinazione al modello sovietico

Sconfitta e autocritica: sul piano politico il fallimento della “legge truffa” segno un’inversione di tendenza, in campo economico gli

anni più duri per la Cgil dovevano ancora venire

- Nel ’55 dalla contrattazione centralizzata si passò alla contrattazione articolata, settore per settore, azienda per azienda: non

c’era modo migliore per ricucire la distanza tra dirigenza e base

- Quando nel ’55 si tennero le elezioni delle commissioni interne alla Fiat la Cgil per la prima volta, perse la maggioranza assoluta

I PARTITI DELLA SINISTRA

Il Psi, ’49-’55: dopo la sconfitta del ’48 finirono in una vera e propria ibernazione politica; ogni anno veniva rinnovato il contratto col

Pci, ma in concreto unità voleva allora dire subordinazione, anche se il Psi dichiarò la neutralità nel contrasto Urss-Usa

- Socialisti e comunisti promossero, durante la guerra di Corea, numerose manifestazioni per la pace e contro le armi nucleari

Il Pci e la sua cultura politica: nel ’52 il ministro delle Finanze decise che tutti gli edifici in cui erano situate la Case del Popolo

dovessero essere messi all’asta; malgrado le proteste di massa tra il ’53 e il ’57 le Case del Popolo vennero chiuse

- Dai primi anni ’30 le Feste dell’Unità divennero i principali momenti di raccolta di fondi per sostenere il quotidiano del partito

- Oltre alle sezioni del partito e del sindacato, c’erano organizzazioni collaterali a cui parteciparono assieme comunisti e socialisti

- In questo modo il partito sviluppò una subcultura molto forte eoffriva una concezione del mondo alternativa

- Un tema fondamentale su cui si preferiva fare silenzio ara quello della famigli: i comunisti non elaborarono mai una teoria del

rapporto fra famiglia e società civile che potesse servire da contrappeso alla robusta egemonia della concezione cattolica

- Il 6 marzo 1953 il titolo dell’Unità diceva: “E’ morto l’uomo che più ha fatto per la liberazione del genere umano”, Stalin era

presentato come una figura paterna e la Russia come il “primo paese in cui gli uomini sono liberi e no c’è disoccupazione”

- Gli oppositori ricordarono però che già ai tempi della Terza Internazionale Stalin aveva mostrato l’abitudine a ricorrere a

sfacciate menzogne e falsificazioni storiche

Togliatti e Secchia: Nel ’50 Togliatti era a Mosca e Stalin gli chiese di abbandonare il suo ruolo in Italia e assumere la guida del

Cominform; Togliatti non voleva, ma era difficile dire di no; la direzione del partito approvò che egli partisse, ma appena

possibile, nel ’52, tornò a Roma

- Secchia desiderava un partito organizzato più fortemente, un partito leninista, con una maggior attenzione alla classe operaia,

tuttavia Secchia non costituì mai una valida alternativa a Togliatti; inoltre nel ’54 Giulio Seniga, il più stretto collaboratore di

Secchia, scomparve portando con sé del denaro e dei documenti confidenziali; questo causò la caduta di Secchia, che venne

emarginato da ogni posizione di prestigio e Togliatti divenne il leader incontrastato del partito fino alla morte, 1964

- Il Pci poteva sfruttare il prestigio dell’Urss per la vittoria Hitler e soprattutto per la creazione della strategia delle alleanze sociali

Il Pci a livello locale: la “cintura rossa” dell’Italia centrale forniva un numero straordinario di consensi

- L’Emilia Romagna era una regione prevalentemente agricola e l’impegno comunista a favore dei mezzadri fu un momento

cruciale della loro politica; inoltre appoggiando i loro scioperi ottenne anche l’appoggio dei braccianti

- All’inizio degli anni ’60 le cooperative costituivano uno dei pilastri del potere comunista in Emilia, controllando una notevole

quantità produttiva e commerciale, nonché un numero crescente di operai, tecnici e amministratori

- Artigiani, commercianti e piccoli imprenditori furono rassicurati che l’azione non sarebbe stata contro di loro

14 - Malgrado il richiamo da parte della Dc di Dossetti e una potente campagna elettorale, il comunista Dozza ottenne una vittoria

schiacciante e Bologna fu indicata come esempio concreto in cui i comunisti stavano iniziando a realizzare la transizione verso

il socialismo

IL 1956

- Il ’56 fu un anno di radicali cambiamenti per la sinistra italiana, causati dal Rapporto che Chruscev presentò al Pcus

- Il Pci inizialmente reagì con reticenza e Togliatti cercò di minimizzare l’importanza delle rivelazioni

- Togliatti criticò i dirigenti comunisti no per aver fatto le rivelazioni, ma per non essere andati abbastanza avanti: chiedeva loro

come e perché in una società socialista fosse stato possibile a Stalin fare ciò che essi denunciavano - Nella stessa intervista Togliatti introdusse per la prima colta il concetto di policentrismo: il movimento socialista

internazionale non doveva più ruotare solamente attorno all’Urss, ma doveva andare progressivamente articolato e

doveva per ciò avere un carattere policentrico

- Pochi mesi dopo i fatti in Polonia e in Ungheria resero ancora più agitate le acque del Pci: l’insurrezione operaia a Poznan costò la

vita a 38 operai e 277 furono feriti; la Cigl espresse immediatamente la sua solidarietà agli operai polacchi, ma il partito

disapprovò e preferì all’inearsi con Mosca, a favore dell’invasione sovietica, Secchia e Alberganti, i “due anziani stalinisti”

entrarono gridando “viva i carri armati sovietici”

- Durante l’ottavo Congresso del partito, a dicembre ’56 Antonio Giolitti, nipote del famoso presidente del consiglio, deputato di

Cuneo, fece tre richieste: libertà di opinione e di discussione dentro il partito; che la direzione diconoscesse l’importanza vitale

della libertà democratica e ammettesse l’errore di aver definito il regime ungherese legittimo; che il Pci raggiungesse una piena

autonomia nei suoi rapporti con gli altri partiti comunisti

- Togliatti, pur considerando valido l’ultimo punto, non poteva accettare i primi due e non potette che lanciare un violento

contrattacco contro Giolitti e gli altri “revisionisti”

- Ci furono defezioni i nmassa, tra il ’55 e il ’57 circa 400.000 iscritti abbandonarono il partito

-

- Il risultato fu un Pci più centralizzato, più eurocentrico e più aperto al mondo esterno, aspetti che si contraddicevano l’un

l’altro e che costituirono uno dei principali motivi di tensione nello sviluppo successivo del Pci

- Furono accettate pienamente la libertà civile e politica racchiuse nella democrazia parlamentare e non più la loro

semplice approvazione ai fini di un’utilità tattica

- Anche nel Psi il ’56 causò enormi cambiamenti: fu il primo anno in cui i socialisti si rifiutarono di rinnovare il patto di unità

d’azione con il Pci e nelle amministrative del ’56 Psi e Psdi guadagnarono, mentre il Pci per la prima volta ebbe un calo

- Inoltre, quando Togliatti paragonò l’intervento in Ungheria a quello in Spagna durante la guerra civile, Nenni denunciò il

confronto come assolutamente falso

- Il Psi aveva iniziato a comportarsi come un soggetto autonomo

IL “MIRACOLO ECONOMICO”, LA FUGA DALLE CAMPAGNE, LE TRASFORMAZIONI SOCIALI, 1958 - ‘63

- L’industria poteva vantare di un certo successo nei settori dell’acciaio, dell’auto, della gomma, ma era limitata al

nord-ovest

- La proprietà della terra, il sogno dei contadini italiani, si era diffusa parecchio, ma le sue condizioni e la sua

estensione offrivano solo mezzi per sopravvivere, non certo per prosperare

- Una valvola di sfogo era costituita dall’emigrazione, negli Usa, in Australia, in Canada, in Argentina, ma anche Francia

e Belgio

- Tra il ’58 e il ’63 l’Italia smise di essere un paese con forti componenti contadine e diventò una delle nazioni più

industrializzate dell’Occidente

IL MIRACOLO ECONOMICO

Le origini: lo scambio di manufatti aumentò di sei volte, la produzione in serie, il fordismo e il consumismo si diffusero di

pari passo

- L’industria italiana aveva raggiunto un livello di sviluppo e diversificazione tale da reagire alla creazione del Mercato

Comune e la fine del protezionismo dunque portò beneficio; solo il 30% lavorava nell’agricoltura, mentre il 32% nel

terziario

- L’Italia era divenuta il maggior produttore europeo di lavastoviglie e lavatrici, la Candy ne produceva ogni 15

secondi

- Dietro questa trasformazione vi era un gran numero di fattori: l’abilità imprenditoriale dei proprietari delle nuove

fabbriche e la loro capacità di autofinanziarsi; lo sfruttamento del basso costo del lavoro e dell’alta produttività; la

tenacia nell’utilizzare nuove tecnologie e nel rinnovare continuamente gli impianti; l’assenza, fino al ’60, di una

significativa organizzazione sindacale

Gli squilibri:

15 il “boom”del ’58-’63 si realizzò rispondendo direttamente al libero gioco delle forze del mercato e dando luogo,

come risultato, a profondi scompensi strutturali

- Una crescita orientata all’esportazione comportò un’enfasi sui beni di consumo privati e di lusso, senza un

corrispettivo sviluppo dei consumi pubblici, scuole, ospedali, trasporti e beni di prima necessità restarono

parecchio indietro

- Il “boom” aggravò il dualismo insito nell’economia italiana: da una parte vi erano i settori dinamici a ad alta

produttività; dall’altro i settori tradizionali, con grandi intensità di lavoro, ma bassa produttività

- Il “boom” aggravo anche il divario tra Nord e Sud: il miracolo fu un fenomeno essenzialmente settentrionale

L’emigrazione:

[la famiglia di Antonio Antonuzzo, pag 293] la famiglia, che aveva provato l’ostilità dei contadini toscani, tutti comunisti,

decise di iscriversi alla Dc; grazie ad una raccomandazione della Dc trova un posto di lavoro a Milano

- Centinaia di migliaia di famiglie che avevano vissuto per generazioni, abbandonarono il mondo immutabile

dell’Italia contadina e iniziarono nuove vite nelle dinamiche città dell’Italia industrializzata

Modelli e statistiche di emigrazione: l’emigrazione più massiccia ebbe luogo tra il ’55 e il ’63, la tendenza si bloccò per

poi riprendere negli anni ’67-’71; in tutto tra il ’55 e il ’71 compirono migrazioni interregionali 9.140.000 italiani

- Il Sud, in particolare Puglia, Sicilia e Campania, si spostò verso il centro europeo, Germania in particolare e vero il

Nord

Partenze e arrivi: le agevolazioni creditizie si ridussero drasticamente e i contadini si accorsero che i loro piccoli

appezzamenti terrieri non erano più in sufficienti a sostenerli

- La prospettiva di un salario regolare e di un regolare orario di lavoro era allettante per i contadini che avevano

sempre lavorato come bestie in tempi di raccolto, ma che avevano poco da fare e le tasche vuote nei mesi

invernali

- Gli emigranti si dividevano in “cittadini”, che parlavano abbastanza bene l’italiano e, avendo più contatti in città,

trovavano più facilmente lavoro e guardavano con una punta di disprezzo i cugini della campagna

Il mercato del lavoro: molti emigranti trovavano lavoro grazie alle “cooperative”, il lavoratore pagava una tassa

d’iscrizione e iniziava a lavorare senza alcun contratto ufficiale e senza che il datore i lavoro versasse i contributi,

quindi la cooperativa teneva almeno la metà dello stipendio; si trattava di uno dei classici sistemi per dividere la

forza lavoro, dal momento che gli operai settentrionali vedevano minacciato il loro potere da questi che facevano lo

stesso lavoro per un terzo della paga

- Un numero rilevante di donne entrò nelle fabbriche, perché il lavoro domestico presso un’altra famiglie era

malsicuro; molte ragazze meridionali vissero l’esperienza della fabbrica come una forma di emancipazione

Casa e servizi sociali nelle città del nord: le città settentrionali erano assolutamente impreparate per un afflusso così

massiccio e le famiglie immigrate erano perciò costrette a vivere, proprio negli “anni del miracolo”, in condizioni

estremamente precarie

- In periferia di Milano sorsero le cosiddette “coree”: gruppi di case edificate di notte dagli immigrati, senza alcun

permesso

- Senza un progetto urbanistico comunale, ogni famiglia immigrata era costretta ad arrangiarsi ed a pensare a se

stessa

- Molti bambini immigrati parlavano solo dialetto stretto e capivano ben poco di quello che veniva detto a scuola,

inoltre spesso rispondevano con ostilità ai tentativi di integrazione

Germania e Svizzera: a differenza dell’emigrazione nel nord Italia, molti consideravano la loro presenza temporanea

- Per dieci mesi all’anno vivevano lontano dalle famiglie, i padri dovevano accettare che i figli crescessero senza di loro

16

IL SUD NEL MIRACOLO ECONOMICO

- Nel ’62 Pasquale Saraceno, economista, disse: “stiamo risolvendo i problemi del Meridione più che in ogni altro

momento”, sottolineando l’enorme ammontare degli investimenti e di reddito che stava circolano a Sud, con il

risultato che il tasso locale di crescita aveva raggiunto livelli mai registrati, il 5,7% annuo tra il ’55 e il ’61

- Grazie alla Cassa per il Mezzogiorno furono investiti capitali ingenti nell’agricoltura, nella costruzione di

strade, in acquedotti e in bonifiche; nonché il 40% degli investimenti totali dell’Iri

- Per altri, come Emilio Colombo, leader Dc lucano, le opere di infrastruttura della Cssa non erano più sufficienti, era

ormai tempo che si applicassero anche al Meridione i valori della tecnocrazia e che l’industria moderna lo

rivoluzionasse

L’industria e le città: vi furono degli investimenti da parte delle grandi industrie del nord, Fiat, Olivetti che aprirono

fabbriche al Sud

- Cattedrali nel deserto: spesso i grandi stabilimenti industriali ad alta intensità di capitale, e non si lavoro,

contribuirono assai poco a risolvere il cronico problema della disoccupazione e si guadagnarono il soprannome di

“cattedrali nel deserto”, dato che sorgevano tra piccoli paesisemiabbandonati

- Le più grandi città del Sud conobbero trasformazioni notevoli, in particolare dal ’51 al ’61 costituirono una calamita

par la gente dei campi, tuttavia non della stessa intensità di quelle verificatesi a Roma o nelle città del Nord

L’agricoltura: i paesi del sud, dove l’agricoltura non avrebbe mai permesso la sopravvivenza di tutta la popolazione,

furono abbandonati da un numero di giovani molto maggiore della soglia giudicata fisiologica, rischiando un degrado

irreversibile

- C’è chi sostenne che emigrazione fosse un segnale positivo del cambio di mentalità, ma non dobbiamo dimenticare

che chi lasciò le proprie case non lo fece volontariamente

- Rossi-Doria propose di coltivare le aree di latifondo estensivamente a grano, attraverso la costruzione di cooperative

di contadini, ognuna responsabile di 600-1000 ettari di terra, ma era ormai troppo tardi

- La classe contadina, che a dispetto delle difficoltà, era cresciuta fino agli anni ’20, venne così fermata bruscamente,

mentre tra il ’61 e il ’70 la superficie di terra coltivata era diminuita di 1.500.000 ettari

LA TERZA ITALIA E IL “MIRACOLO ECONOMICO”

- La generazione più anziane delle famiglie mezzadrili continuò ad occuparsi della terra per soddisfare le esigenze

famigliari piuttosto che per produrre per il mercato, mentre i giovano partirono per cercare fortuna nelle grandi

città

- L’industrializzazione della terza Italia, il centro e il nord-est, fu caratterizzata dalla diffusione di piccole fabbriche con

meno di 50 e spesso di 20 dipendenti; queste aziende prosperarono nei settori tradizionali, abbigliamento, calzature,

mobilio, ceramiche

- La crescita industriale non fu dunque confinata nelle grandi città, ma si diffuse in questi piccoli centri e nelle

campagne limitrofe; la crescita economica di questi centri iniziò con il “boom” economico, ma raggiunse il

culmine negli anni ’70

- Diversamente che nol Mezzogiorno l’industria pubblica non intraprese un vasto programma di investimenti: il ruolo

del governo centrale fu permissivo piuttosto che propulsivo

I MUTAMENTI NELLA STRUTTURA DI CLASSE

- Paradossalmente il mutamento più significante fu il netto declino della forza-lavoro attiva, il 42% nel ’51 divenne il

35% nel ’71

- Anche le donne, considerate forza-lavoro attiva nell’agricoltura, non trovò piena occupazione nelle città

- Il lavoro sempre più meccanico e ripetitivo degli operai ne abbassò lo status sociale

- In Italia troviamo un’approssimata parità numerica tra settore pubblico e settore privato, in contrasto con i vicini

paesi europea dove il settore privato era molto più forte

17 - L’industrializzazione italiana rimase caratterizzata dalla presenza di piccole e medie aziende, solo il 20% della

forza lavoro era occupata in aziende con più di cento addetti

- Il numero complessivo di disoccupati, sottoccupati e lavoratori occasionali diminuì sensibilmente nelle campagne,

ma non il loro peso relativo: nelle baraccopoli di Palermo e Napoli, nelle borgate di Roma, negli squallidi sobborghi di

Milano e di Torino, decine di migliaia di famiglie continuavano a vivere in condizioni spaventose

CULTURA E SOCIETÀ NEL “MIRACOLO ECONOMICO”

- Il reddito pro capite in Italia crebbe più velocemente che in tutti i paesi europei, tranne la Rft, passando da 100, ’52 a

234 lire ’70

- Il miracolo si rivelò un fenomeno squisitamente privato, riaffermando la tendenza storica di ogni famiglia italiana a

contare quasi esclusivamente su se stessa per il miglioramento delle proprie condizioni di vita

La televisione: nessuna novità ebbe impatto più grande sulla vita di tutti i giorni; tipici erano i quiz (Lascia o raddoppia?)

e i varietà

- I figli andavano a letto dopo il Carosello, contestato dal papa perché trasmettevavalori non cattolici

- Il televisore rappresentava una forma di intrattenimento collettivo

- Il cinema italiano fu molto produttivo, La dolce vita di Fellini, Rocco e i suoi fratelli di Visconti raccontavano la realtà

Tempo libero e mobilità: erano d’abitudine le scampagnate domenicali, mentre le ferie pagate crescevano lentamente

ma significativamente, insieme alla tendenza a viaggiare

Donne, famiglia, costumi sessuali: soprattutto per le famiglie emigrate, la mancanza di feste, di piazze come luogo

d’incontro, di rapporti interfamiliare costituì un cambiamento profondo; la privacy delle strutture urbane era spesso

una vera liberazione

- Gli anni ’60 segnarono una svolta nel ruolo della donna all’interno della famiglia: con il nuovo accento posto sulla

vita di casa molte donne si ritrovarono ad essere casalinghe a tempo pieno; la quantità di forza-lavoro femminile

continuò a decrescere

- Ciò causò la segregazione delle donne nella loro vita privata, allontanandole dalla vita politica e pubblica

del paese

Il declino della religiosità: una delle conseguenze più significative dell’esodo dalle campagne e dell’urbanizzazione, fu il

drammatico declino dell’influenza della Chiesa, soprattutto nelle periferie delle città

Speculazione edilizia e distruzione del paesaggio: molti centri storici furono trasformati per sempre, i sobborghi

crebbero come caotiche giungle di cemento e migliaia di chilometri di costa furono rovinati dagli speculatori che si

arricchirono con alberghi e seconde case; boschi, valli e villaggi di pescatori furono inquinati, distrutti o resi

irriconoscibili

- E’ fondamentale rendersi conto che questa situazione tristissima non era inevitabile, ma era frutto di precise

scelte politiche: i governi degli anni ’50 - ’60 lasciarono la massima libertà all’iniziativa privata nel settore edilizio,

così come ad ogni altro settore del “miracolo”, tranne quello radiotelevisivo che fu invece tenuto sotto stretto

controllo

- A differenza di Germania, Olanda e Germania, si fece molto poco per venire incontro ai bisogni dei settori più poveri

mediante lo sviluppo dell’edilizia pubblica e comunale

UN MODELLO NUOVO DI INTEGRAZIONE SOCIALE?

- Il miracolo economico contribuì all’atomizzazione della società civile: la modernizzazione portava ad una maggiore

prosperità materiale, ad un interesse sempre maggiore per i beni di consumo e ad uno spiccato individualismo,

diminuendo di conseguenza l’interesse per la politica ed escludendo la possibilità di un’azione collettiva contro

l’ordine esistente

- Si era realizzato il sogno americano, introdurre in Italia un nuovo modello di integrazione sociale

LA RIPRESA DEI CONFLITTI SOCIALI

18 - Negli anni ’60 la produzione in serie prese la forma di un lavoro meccanico, ripetitivo e molto veloce, con meno

pause durante la giornata; gli operai comuni reagirono duramente e chiesero modifiche dei ritmi e dei salari

- Nel ’62 venne il momento di rinnovare i contratti ai metalmeccanici e il sindacato chiese la riduzione da 44 a 40 ore

settimanali, distribuite su cinque giorni anziché sei; spesso furono i giovani meridionali a guidare la lotta, molto

accesa a Torino

- Per tutti gli anni ’50 i lavoratori sediziosi e turbolenti erano stati licenziati e nel 1959 nessuno degli undici scioperi

proclamati in diversi reparti della Fiat avevano avuto successo

- Mentre prima gli scioperanti furono qualche migliaio, per la prima volta il 23 giugno ’62 la maggioranza dei lavoratori

della Fiat (60.000 su 90.000) rimase fuoori: era l’alba di una nuova e tumultuosa epoca nelle relazioni industriali in

Italia

- Gli scontri con la polizia si protrassero fino al 7 luglio e mostrarono che i sogni di uno sviluppo sociale

armonioso erano profondamente sbagliati e che le spinte sovversive nelle classi popolari italiane erano ben

lungi dall’essere scomparse

IL CENTRO-SINISTRA, 1958 - ’68

- Il paese non era mai stato così ricco, ma questo “miracolo” poneva una serie di gravi problemi sociali, che pretendevano una

risposta politica immediata

LE ELEZIONI DEL ’58, LA NASCITA DEI DOROTEI, IL GOVERNO TAMBRONI, IL LUGLIO 1960

- Le elezioni del ’58 furono senza sorprese e testimoniarono la stabilità dell’elettorato italiano

- Non era tutto così tranquillo all’interno della Dc, dove Fanfani diventava sempre più potente e impopolare: fin dal luglio ’57

andava sostenendo la necessità di un’apertura a sinistra per la creazione di un asse Dc-Psi per isolare il Pci

- Nel gennaio ’59 il governo Fanfani cadde e lui si dimise da segretario del partito

- Nel marzo ’59 spuntò nella Dc un’altra corrente, quella dei dorotei, dal convento di Santa Dorata, secondo i queli non era ancora

tempo di un’apertura perché non c’erano le garanzie favorevoli per soddisfare il ceto imprenditoriale e la gerarchia ecclesiastica

- Divenne e rimase per tutto il decennio successivo la corrente dominante all’interno del partito

- Spalleggiati da Andreotti e da Scelba ottennero come nuovo segretario Aldo Moro, barese, cattolico e fevervente

- La lira ottenne l’oscar dal Finncial Times nel gennaio ’60 come monete più stabile dell’anno ’59

- Nel 1960 Giovanni Grocchi, presidente della repubblica, designò un democristiano i secondo piano, Fernando Tombroni, a

formare il nuovo governo;

- Egli ottenne la fiducia solo grazie all’appoggio dei monarchi e dell’Msi, ottenendo così l’etichetta di uomo di destra

- Nel ’60 il Msi tenne il suo congresso a Genova, il carattere provocatorio della scelta fece scoppiare la risposta della popolazione:

il 30 giugno decine di migliaia di persone attraversarono le strade e si scontrarono con la polizia

- Tambroni volle riaffermare la propria autorità ad ogni costo e diede alla polizia il permesso di sparare in “situazioni di

emergenza” contro i dimostranti antifascisti e antigovernativi

- Il 5 luglio la polizia uccise un manifestante e ne ferì altri; la Cgil proclamò subito uno sciopero generale che ottenne

un’adesione massiccia; ma la polizia continuò a sparare

- Tambroni fu persuaso a dimettersi e venne chiamato Fanfani per costruire un governo ad interim, formato solo dalla Dc con

l’appoggio esterno di repubblicani e socialdemocratici

- La vicenda Tambroni chiarì quello che doveva essere una costante nella storia politica italiana: l’antifascismo era divenuto

parte integrante dell’ideologia egemone, specialmente nel Nord e nel Centro

- Ogni tentativo di svolta autoritaria avrebbe trovato la massiccia opposizione, guidata dalle forze comuniste, ma non solo

LE BASI DEL CENTRO-SINISTRA

Gli Usa e il centro sinistra: Harriman presentò a Kennedy il centro-sinistra come unica soluzione possibile per l’Italia: opporvisi o

restarvi neutrale sarebbe solo servito a far tornare il Psi nelle braccia del Pci

Giovanni XXIII (1958-1963) e la Chiesa degli anni ’60: “era in gioco non una questione particolare di salario, ma un principio

fondamentale di libertà dell’organizzazione cristiana di fronte all’organizzazione potente del capitale

- La Chiesa mantenne la sua opposizione al centro-sinistra

- Dall’estate 1961 egli rese evidente che non solo guardava con favore l’apertura a sinistra, ma che era favorevole che la Chiesa

abbandonasse la prassi, seguita fin dal ’46 di intervenire direttamente nelle vita politica della Repubblica; i Comitati civici

cessarono di esistere; l’Azione Cattolica fu relegata a compiti spirituali e sociali, e il suo presidente, Luigi Gedda, fautore delle

“crociate” e antisocialista fu destinato ad un altro incarico

- Nell’ottobre del 1962 inaugurò il Concilio Vaticano II (il I fu nel 1870)

- Nel luglio 1963 promulgò la sua più famosa enciclica, “Pacem in terris”: neutralità della Chiesa e rifiuto di accettare le barriere

imposte dalla guerra fredda → l’enciclica era indirizzata a “tutti gli uomini di buona volontà”

- Lo spirito era l’esatto contrario di quello di Pio XII, la guerra santa contro l’Est ateo:

- L’integralismo di Pio XII fu sostituito da una diversa concezione della Chiesa, piuttosto legata al suo ruolo pastorale

e spirituale che non alla sua vocazione politica anticomunista

19 Il Psi e la Dc tra il 1960 e il 1962: con Kennedy alla Casa Bianca Nenni abbandonò la sua posizione di stretto neutralismo e

dichiarò che il Psi sarebbe stato a favore della Nato

- Nenni sosteneva che: “per instaurare il socialismo in Italia era necessario camminare, bisogna creare gli strumenti civili

per la conquista dello Stato alla democrazia e per la conquista della democrazia al socialismo

- L’intervento dello stato e il suo potere di controllo erano cresciuti notevolmente: compito dei socialisti era saperli usare

- La Dc non aveva alcuna intenzione di farsi spingere al di là di quanto avesse già deciso: l’economia abbandonata ai propri

meccanismi non aveva risolto i problemi, piuttosto li aveva inaspriti; per assicurare un più equilibrato sviluppo economico lo

Stato sarebbe dovuto intervenire attraverso meccanismo di pianificazione economico

- L’alleanza col Pci serviva anche per creare stabilità dentro il Parlamento e fuori, inoltre se si fosse riusciti a tagliare i

legami tra Psi e Pci, i comunisti si sarebbero trovati in completo isolamento e anche la Cgil sarebbe stata messa in crisi

Il ceto imprenditoriale e il centro-sinistra: in testa all’imprenditoria vi erano Fiat, Olivetti e Pirelli

- Due aspetti del centro-sinistra li attraeva: la programmazione economica nazionale sembrava favorire la crescita dei loro settori; e

la presenza socialista al governo avrebbe aiutato a contenere le tensioni che montavano nelle fabbriche del Nord

- Molti imprenditori erano ben consapevoli del fatto che i propri profitti negli anni del “miracolo” si basavano sulla mancanza di

organizzazione operaia

- L’importanza in questi settori della borghesia non deve essere sottovalutata: i monopoli dell’industria elettrica erano molto

legati al mondo dell’alta finanza e gli elementi conservatori controllavano la maggior parte della stampa del paese; la base di

massa di questo conservatorismo era costituita da quella borghesia provinciale che era stata uno dei protagonisti del

“miracolo”

RIFORME E RIFORMISMO

- C’erano tre modi di concepire le riforme:

- Modo correttivo: dei “riformisti”, come Ugo La Malfa, repubblicano e Saraceno, democristiano: lo sviluppo capitalistico è fuori

discussione, ma bisogna correggere le distorsioni e gli squilibri propri del caso italiano

- Modo strutturale: i principali esponenti del Pci e del Psi, come Nenni: bisogno di una serie di riforme strutturali, non correttiva

- Dal momento che gli oppositori alla riforma di struttura erano i grandi monopoli, Fiat, Olivetti, esisteva una base

oggettiva per un’alleanza tra il movimento operaio e il capitale “progressista”

- Modo minimalista, quella anche di Aldo Moro: l’idea delle riforme correttive, ma non certo fino al punto di permettere che il

fervore rivoluzionario indebolisse l’unità della Dc o il suo controllo delle leve statali

- Le riforme erano quindi un obiettivo secondario, subordinato alle esigenze strategiche del partito

IL PRIMO GOVERNO DI CENTROSINISTRA, 1962 - ’63

- Nel marzo 1962 Amintore Fanfani formò il primo governo di centrosinistra, comprendente Dc, socialdemocratici e repubblicani

- Il Psi si astenne nel voto di fiducia e Nenni chiarì che l’avrebbero continuato a fare putchè venissero attuate tre riforme:

la nazionalizzazione dell’industria elettrica, la scuola media unica e la creazione delle regioni

- La Malfa, ministro del Bilancio sostenne la necessità di una pianificazione statale per creare il giusto equilibrio tra

industria e agricoltura e tra le diverse classi soociali

- Il nuovo presidente della repubblica fu Segni, diffidente verso qualsiasi governo di centro-sinistra, che era il candidato

democristiano ufficiale, sostenuto da Moro, mentre Fanfani avrebbe voluto Saragat

- I giorni di lavoro persi per sciopero nel ’62 erano saliti a 182 milioni contro i 79 milioni del ’61 e i 46 milioni del ’60

- Nel ’62 in alcuni settori produttivi del Nord si manifestava il fenomeno, assolutamente nuovo, di un eccesso della domanda di

forza-lavoro, mentre i salari tendevano a oltrepassare i tetti fissati dai contratti nazionali di categoria e mantenevano un ritmo

di crescita che cominciava a superare l’aumento della produttività

- Gli imprenditori scaricavano sui prezzi gli aumenti salariali, quindi l’inflazione per la prima volta dagli anni ’40

divenne un problema significativo

- Proposta di Sullo: riguardava le concessione agli enti locali del diritto di esproprio preventivo di tutte le aree fabbricabili incluse

nei rispettivi piani regolatori; gli stessi enti locali avrebbero provveduto a creare le opere di urbanizzazione, strade, acquedotti,

fogne, e avrebbero poi rivenduto i terreni così attrezzati a un prezzo più alto, ma controllato

- Fu il primo e l’ultimo serio tentativo di fare i conti con i problemi della speculazione fondiaria e del cautico sviluppo

urbano che tanto ha tormentato l’Italia contemporanea

- Il 28 aprile 1963 ci furono le quarte elezioni della storia della Repubblica: la Dc scese per la prima volta sotto il 40%, i liberali

salirono dal 3 al 7%, i monarchici quasi scomparvero, il Psi calò impercettibilmente, il Psdi aumentò dal 4,6 al 6%, il reale

vincitori della sinistra fu il Pci che ottenne il 25,3% dei voti, contro il 22, soprattutto grazie ai nuovi immigrati nelle città del Nord

IL PRIMO GOVERNO MORO, 1963 - ’64

- Nel dicembre ’63 dopo una gestazione di oltre sei anni, i socialisti entrarono finalmente a far parte del governo. Moro divenne

presidente del consiglio e Nenni vicepresidente; l’ex comunista Antonio Giolitti ministro del Bilancio

- All’inizio del ’67 Carli ed Emilio Colombo, una coppia che avrebbe dominato la politica italiana nei successivi dieci anni,

introdussero decise misure deflazioniste

- La politica deflazionista produsse i suoi soliti effetti: crebbe le disoccupazione, e le donne furono le prime a perdere il

posto di lavoro; parecchie piccole fabbriche chiusero o furono assorbite da aziende più grandi; i consumi furono

soppressi; il potere contrattuale dei lavoratori diminuì

- Moro sostenne che non era possibile attuare le riforme prima di aver ridato vigore all’economia

20 - Anche se la ragione ufficiale fu la crisi economica, non si può sottrarre l’impressione che fossero certi grandi

potentati economici, l’industria dell’edilizia, i baroni della finanza, le lobby agrarie di Bonomi, a spingere Moro

L’AFFARE DE LORENZO E IL SECONDO GOVERNO MORO

- Nell’estate del ’64 vi fu il primo e non certo l’ultimo tentativo di sovvertire l’ordinamento democratico

- Segni diede l’incarico a Moro di formare un nuovo governo e il 15 luglio convocò al Quirinale il comandante dei

carabinieri, generale De Lorenzo

- All’inizio del 1964 De Lorenzo preparò il piano “Solo”, che si presentava come un piano antiinsurrezionale, ma era esso stesso

sovversivo: si dovevano redigere liste di persone “pericolose per la pubblica sicurezza” e prepararne l’arresto e la detenzione

- Nel giugno De Lorenzo aveva dato l’ordine che il piano “Solo” fosse preparato a livello locale in ogni dettaglio

- Remo Aurigo, generale dei carabinieri: “Ci indicò gli obiettivi da occupare includendovi le prefetturee aggiunse che se il

prefetto avesse fatto resistenza lo si doveva sequestrare, pistola alla mano se necessario; tutti noi sconcertati ci dicemmo

a vicenda: ma allora dobbiamo fare un colpo di stato?”

- Segni non era interessato ad un colpo di stato, ma cercava di portare fine al centro-sinistra, puntando ad un governo “non politico”

e, forse, ad un accrescimento dei poteri presidenziali secondo il modello gollista; voleva evitare un’altra disfatta come quella del

1960 e aumentare la capacità di risposta dello Stato ai problemi di ordine pubblico

- Nenni e i socialisti vollero evitare la più grave crisi di tutta la storia della Repubblica, ritirarono subito ogni obiezione contro un

loro ingresso in un governo presieduto da Moro

- Nenni non aveva idea di cosa stesse preparando De Lorenzo, ma aveva paura della destra e nutriva dei sospetti su Segni

- Il secondo governò Moro durò tre volte più a lungo, fino al 1966, ma realizzò altrettanto poco

- Il Psi mise in sordina il tema delle riforme, puntendo su una presenza stabile nel governo

- Nenni (Psi) e Saragat (Psdi) cominciarono a parlare di riunificazione per collocarsi alla pari tra Dc e Pci

- La cooperazione dei due partiti ricevette una spinta sostanziale dall’elezione di Saragat a Presidente della Repubblica

IL TERZO GOVERNO MORO

- Nel febbraio ’66 il secondo governo Moro cadde, ma fu subito sostituito dal terzo

- La principale caratteristica, ancora una volta fu l’immobilismo, per il quale vi erano meno scuse che in passato

- Nel ’68 due importanti decreti fissarono gli standard urbanistici e i limiti di edificabilità affianco alle strade

- Nel ’66 Psi e Psdi si unificarono nel Psu (Partito socialista unito)

- Nel 1968 era ormai chiaro che il modo minimalista di interpretare le riforme aveva trionfato

- Anche l’istituzione delle regioni, così spesso promessa come una “assoluta priorità” non era stata portata a termine

- Solo una sinistra unita, con un grande appoggio popolare, avrebbe potuto tradurre in realtà i sogni di Lombardi

- Il distacco tra ideologia e azione, da sempre un problema nella politica italiana, era macroscopico nel caso dei socialisti

- Fuori dal parlamento Fiat, Eni e Iri sembravano a favore di un programma di modernizzazione e di pianificazione, ma nel periodo

1962-68 non riuscirono a imporre la loro egemonia sull’insieme del mondo capitalistico

- Fanfani aveva una personalità meno attraente, scostante e arrogante, mentre Moro era riflessivo e cortese, tuttavia ottenne più

risultati Fanfani nell’anno in cui capeggiò il primo governo di centrosinistra che i tre governi di Moro nei cinque successivi

- Il dinamico sviluppo economico del 1958-’68 costituì una grande opportunità politica mancata: quasi nessuna

riforma era stata posta in atto e presto se ne sarebbero viste le conseguenze

LO STATO NEGLI ANNI ’60

Il declino dell’impresa pubblica:

- Negli anni ’50, nonostante non sia stata gestita in modo impeccabile, l’impresa pubblica funzionò bene

- Potere politico e direzione industriale divennero sempre più intrecciati con risultati disastrosi: un numero sempre maggiore di

posti nelle industrie pubbliche venne assegnato non per merito ma in base alla lealtà di partito o di corrente

- Guido Carli, governatore della Banca d’Italia dal ’60 al ’75 disse che questo periodo fu testimone della crescita di quella

che egli chiamò “borghesia di Stato”: ai livelli più alti della gerarchia si insediò una nuova generazione di

imprenditori e amministratori pubblici, legata assai strettamente ai partiti politici dominanti, che deteneva un potere

considerevole e stornò anche grosse somme di denaro pubblico per le mani

- Esempio più spettacolare fu quello del successore di Mattei all’Eni, Eugenio Cefis: i soldi dell’Eni (denaro pubblico)

erano stati utilizzati in gran parte per ottenere il controllo della Montedison senza alcuna discussione

Paralisi dell’amministrazione pubblica: il 95% dei funzionari di grado superiore era entrato in servizio prima del ’43, per loro non era

tanto la vita politica, quanto la democrazia in sé e per sé che non era congeniale

- L’inattuazione amministrativa dei programmi diventa sistematica, gli stanziamenti di bilancio per la realizzazione dei programmi

restano, in misura crescente inutilizzati

Il rafforzamento del clientelismo in Meridione: il dominio clientelare esercitato dalla Dc nel Sud lungo tutti gli anni ’60 discendeva in

gran parte da quattro fonti economiche essenziali: il boom edilizio; i nuovi poli di sviluppo industriale sovvenzionati dalla Cassa

del Mezzogiorno; le risorse finanziarie degli enti locali e la distribuzione dei fondi da parte del governo; la gestione di queste

risorse permise ai dirigenti meridionali di creare un sistema di potere assai maggiore di quello che esisteva precedentemente

- Se in parlamento è possibile distinguere le promesse di riforma di Fanfani e il minimalismo dei dorotei, a livello locale il

comportamento politico era identico → la reputazione politica di Fanfani era sminuita dai suoi luogotenenti palermitani

- Non ci dobbiamo sorprendere se la riforma urbanistica di Sullo non vide mai la luce, né Fanfani, né Moro, né Andreotti avrebbero

mai abbandonato un modello urbanistico simile a quello palermitano perchè la sua utilità politica era troppo grande: anche se

implicava corruzione, collusione con la mafia e sfrenata speculazione edilizia, rappresentava un potente meccanismo per

conquistare consensi in tutti gli strati della popolazione (i borghesi avevano i loro appartamenti e i meno abbienti le case comuni)

21 - Dal ’65 la pianificazine complessiva dell’intervento nel Sud fu centralizzata nella Cassa del Mezzogiorno, che non dimostrò

grandi capacità strategiche, ma riuscì a pompare grosse somme di denaro statale nelle casse dei vari enti e consorzi di sviluppo,

guidati dalla classe dirigente locale, che gestiva così tangenti e raccomandazioni

- Nel ’75 al 34% della popolazione del Sud affluivano il 31% di tutti i pagamenti pensionistici, circa il doppio di quelli che

avrebbero dovuto ricevere in relazione alla loro popolazione lavoratrice

- Per tutti questi motivi la riforma dello Stato, di cui si parlava incessantemente negli anni ’60, era in realtà in contrasto con il

modo di governare democristiano

IL PCI NEGLI ANNI ’60

- Tra il ’56 e il ’66 i lPci perse un quarto degli iscritti, passando da 2.035.000 a 1.570.000; molte istituzioni della subcultura

comunista entrarono in crisi, come le case del popolo in seguito alle rapide trasformazioni sociali

- Il 10% della stampa italiana era controllata dal Pci: “l’Unità” vendeva più copie di ogni quotidiano, tranne il “Corriere”

La morte di Togliatti: il leader aveva guidato il Pci in maniera estremamente valida, avvantaggiata dal periodo post-bellico favorevole,

trasformandolo da un piccolo gruppo di militanti nella più vasta organizzazione comunista del mondo occidentale → il suo più

grande successo fu proprio la costruzione di un partito di massa

- Inoltre esortò i partiti comunisti ad allargare i propri orizzonti culturali, non criticando subito la Cina: “dobbiamo diventare noi i

campioni della libertà della vita intellettuale, della libera creazione artistica e del progresso scientifico”

- Attorno a lui si creò un culto della personalità, derivato dalla tradizione staliniana

- La cosa più importante fu che nel ’64, al momento della sua morte, non esistevano ancora elementi sufficienti per chiarire se la

“via italiana al socialismo” avesse un significato concreto al di là delle semplici affermazioni di principio

- Il perno della strategia di Togliatti era realizzare una serie di riforme radicali che avrebbero aperto la strada alla transizione verso

il socialismo senza giungere ad uno scontro aperto, nel quale la sinistra avrebbe potuto contare sull’appoggio di solo un terzo

degli italiani; il secondo dubbio riguarda le capacità del Pci di mantenere gli ideali di partenza anche nel caso i cui avesse

navigato per molto tempo nelle acque tranquille della Dc

Amendola e Ingrao: dopo la morte di Togliatti Luigi Longo diventò segretario, am era chiaro che era in attesa dell’emergere di un vero

successore; la sinistra e la destra del partito si scontrarono nella più dura battaglia del dopoguerra

- Per Amendola e i suoi alleati (destra) l’apertura a sinistra era stata chiaramente un fallimento: non vi erano state riforme e i

problemi della società italiana erano troppo complessi per poter essere risolti da una piccola banda di riformatori

- Il Pci e il Psi avrebbero dovuto formare un’alleanza riformista, ma il suo contenuto era essenzialmente correttivo

- Per Ingrao il vero problema non era l’esclusione dal parlamento, ma il graduale scivolamento verso posizioni socialdemocratiche

- Criticava la natura autoritaria e gerarchica del “centrismo democratico” comunista e auspicava più ampia democrazia

interna → il Pci avrebbe dovuto reagire energicamente al canto delle sirene del riformismo progressista

- Con il XX Congresso divenne evidente che la sinistra era in netta minoranza, inoltre Ingrao stesso era riluttante a fare il leader e,

cosa ancora più importante, i dirigenti di partito, Longo e Enrico Berlinguer erano più vicini ad Amendola

L’Emilia Romagna negli anni ’60: le “regioni rosse” del Centro furono le sole dove i comunisti poterono esercitare un potere reale

- In queste regioni , come disse Fanti nel ’59, il capitale monopolistico aveva un controllo paralizzante sull’intera economia, quindi

esistevano le condizioni per un’alleanza tra quasi tutti i settori della popolazione regionale, compresi gli imprenditori e gli

industriali, contro il capitale monopolistico

- L’alleanza tra datori di lavoro e operai era giustificata da una ridefinizione degli obiettivi comunisti: la rinuncia all’eguaglianza

economica come obiettivo collocò i dirigenti emiliani dentro l’ala del partito

- Il comunismo dell’Est sembrava interessarli poco, mentre periodicamente si rivolgevano alla “forza rivoluzionaria del

movimento operaio emiliano”, il loro reale interesse risiedeva nell’incanalare il rapido processo di modernizzazione che

stava avendo luogo nella loro regione

- Tele linea non poteva che portare ad uno stretto rapporto di collaborazione con la borghesia locale

- Nello stesso tempo venne fatto uno sforzo reale per non esiliare la classe operaia nell’estrema periferia della città, che Indro

Montanelli definì “baracche di cemento color vomito”: nel settembre 1960 il consiglio comunale divise la città (Bologna) in

quindici quartieri, ciascuno con il proprio consigliere di quartiere, in modo da incoraggiare la vita comunitaria e combattere

l’isolamento e l’alienazione tipiche delle aree di recente urbanizzazione

- Gli obiettivi, mai pienamente realizzati a livello nazionale, furono attuati in un contesto locale dai comunisti

- Il riformismo umano e moderato di La Malfa fondato su alleanze interclassiste e su buone relazioni industriali e sulla

spesa dei servizi sociali, trovò la sua patria nella rossa Bologna

- L’esperienza delle giunte emiliane per lìItalia degli anni ’60 fu un risultato considerevole, in stridente contrasto con il fallimento

del centro-sinistra sul piano nazionale

L’EPOCA DELL’AZIONE COLLETTIVA

- Il 1968 e gli anni che seguirono fu un periodo di straordinario fermento sociale, la più grande stagione di azione collettiva della

Repubblica; non eguagliò per intensità il “maggio francese”, ma il movimento di protesta in Italia fu più profondo e più duraturo

LA RIVOLTA DEGLI STUDENTI

Le origini del movimento studentesco: vi erano pochi professori universitari e raramente erano tutti presenti in università, poiché il

loro obbligo ammontava a sole 52 ore di lezione l’anno e poi erano liberi di esercitare un’altra professione (medici, architetti…)

- La condizione di studenti lavoratori era particolarmente intollerabile, lo stato non dava alcun sussidio tranne rare borse di studio

- La liberalizzazione dell’università le rendeva aperte a tutti, ma in realtà raramente i più poveri riuscivano a laurearsi

- Oltre a queste basi materiali ve ne erano altre di tipo ideologico: l’individualismo, il potere totalizzante della tecnologia, la corsa

ai consumi erano i valori dominanti nell’Italia del “miracolo” economico

22 - Il vestire in modo diverso, l’ascoltare musica rock e il viaggiare erano modi per sottrarsi alla prospettiva di un ruolo

già prestabilito nella società contemporanea: questo senso di rifiuto trovò un fertile terreno nelle minoranze che

contestavano le due ortodossie dominanti, quella cattolica e quella comunista

- Il ’68 fu dunque molto di più di una protesta contro la miseria della condizione studentesca, fu una rivolta etica, un rilevante

tentativo di rovesciare i valori dominanti dell’epoca: dopo la Cina di Mao, anche in Italia sembrava maturo il momento di

iniziare una rivoluzione culturale dalla base contro le gerarchie e i valori costituiti

Il corso degli avvenimenti: Trento e Torino, pag 410

- A differenza di quanto avvenne nel “maggio francese” nessun consistente gruppo di docenti si schierò con gli studenti

- Il febbraio ’68 segnò una svolta, l’occupazione dell’Università di Roma portò alla “battaglia di Valle Giulia” contro la polizia, da

allora in poi polizia e studenti si odiarono reciprocamente e presero l’abitudine di scendere in corteo già attrezzati per combattere

I valori del movimento: il movimento criticava la chiusura su di sé della famiglia moderna, il suo estraniarsi dalla società, la sua

sfiducia verso il mondo esterno, i suoi valori basati soprattutto sul rafforzamento materiale della famiglia stessa

- Il movimento non aveva ovviamente un programma ben formulato, ma i suoi principi ispiratori erano facilmente riconoscibili

- La democrazia diretta: per controllare, nei limiti del possibile, l’esercizio del potere

- Ogni decisione doveva essere presa da assemblee di massa e i delegati eletti da essa erano soggetti alla revoca se e

quando se ne fosse sentita la necessità

- Il modello di democrazia a cui si ispirava non era la Costituzione italiana, ma la Costituzione di Parigi del 1871

- Il movimento era collettivista, ma anche libertario: nessuna autorità centrale doveva controllare le azioni individuali,

ogni individuo doveva essere lasciato il più possibile libero di determinare le proprie scelte private; la liberazione

sessuale diventò allo stesso tempo un obiettivo e una delle regole del movimento

- Marxismo: i libri di Marcuse, Mao e Marx furono tra i libri maggiormente letti, tuttavia il movimento italiano non si

preoccupò seriamente di elaborare delle tesi teoriche, come fece quello tedesco

- La giusta violenza dei rivoluzionari: anche se si trattava di un movimento pacifista, la violenza fu accetta come

inevitabile ed entrò nei valori e nelle azioni del movimento; inoltre la giusta violenza dei rivoluzionari, quella di Mao,

del Che e dei vietnamiti, veniva contrapposta a quella dei capitalisti

- Il movimento studentesco poneva grandi problemi al Pci: nel giugno ’69 Giorgio Amendola diede sfogo a un sentimento diffuso

all’interno del partito attaccando il movimento come “irrazionale e infantile” e auspicando una battaglia su tutti i fronti, “contro il

potere capitalista e contro l’estremismo studentesco”

Conclusioni: i movimenti di protesta guidati dal Pci nel ’45-’48 erano strettamente conformi al modello ideologico di Stalin, anche gli

studenti del ’68 erano in senso lato marxisti, ma la loro era una lettura libertaria e iconoclasta del materialismo storico

- L’università aveva un bisogno disperato di riforme, borse di studio, nuovi piani di studio, ma si trattava di un orizzonte troppo

ristretto ed economicistico per un movimento che pensava in grande: era il sistema a dover essere cambiato, non una sua parte

- Che cosa vogliamo? Tutto! (uno slogan)

LE LOTTE OPERAIE, 1968 - ’73

Le origini dell’“autunno caldo” del 1969: gli studenti si erano dati il compito di “andare verso il popolo” per realizzare un profondo

mutamento sociale

- L’emigrazione dal Sud non si era arrestata, dopo il calo nel ’65-’66

- La grande ristrutturazione seguita agli avvenimenti del ’64-’65 aveva portato ad una maggiore meccanizzazione e a un crescente

aumento di ritmo di lavoro; la diffusione del cottimo aveva creato tra gli operai ulteriori differenze: i capisquadra avevano adesso

un maggiore potere nel distribuire favori e tipi di lavoro; si era anche intensificata la sorveglianza della direzione aziendale sui

dipendenti; inoltre aumenta il divario tra le associazioni sindacali e gli operai

- Nel ’68-’69 gli operai comuni non avendo una rappresentanza adeguata, risposero prendendo nelle loro mani la difesa dei

propri interessi

Le lotte operaie e i gruppi rivoluzionari: le principali battaglie operaie non si verificarono nelle grandi fabbriche, ma in aree

periferiche e soprattutto nelle fabbriche dove i sindacati erano tradizionalmente deboli

- La lotta degli universitari parigini e il grande sciopero generale del maggio ’68 in Francia, con la sua fugace dimostrazione di

potere operaio, suscitarono una profonda impressione in Italia

- Nel momento in cui gli studenti abbandonarono le università e cominciarono a picchettare i cancelli delle fabbriche il

movimento perse il suo carattere spontaneo e libertario: si cercava adesso di porre le basi per un nuovo partito rivoluzionario

che potesse strappare al Pci il consenso della classe operaia; anche in questo gli avvenimenti francesi ebbero molta influenza

- Nell’autunno ’68 nacque così la Nuova Sinistra italiana, una sinistra che in realtà non era affatto nuova, ma vecchia almeno

quanto la rivoluzione russa: il leninismo divenne il modello di organizzazione dominante per quasi tutti i nuovi gruppi e le

discordie che avevano caratterizzato quarant’anni di comunismo si riproponevano ora su scala ridotta in Italia

- I gruppi erano convinti dell’imminenza della rivoluzione in Occidente e della possibilità di generalizzare all’Italia intera

l’esperienza di alcune fabbriche del nord; nessuno analizzò in profondità la natura della società italiana degli anni ’60 e i possibili

ostacoli alla diffusione di una coscienza rivoluzionaria

- Tra l’autunno ’68 e quello ’69 i gruppi vissero il loro momento magico: un numero considerevole di operai fu attratto dalle loro

idee; i questi mesi nelle principali fabbriche del settentrione i sindacati furono frequentemente scavalcati dall’iniziativa dei

comitati di base, formatisi spontaneamente o grazie all’attivismo dei gruppi

- Come per gli studenti anche per gli operai l’assemblea divenne il momento più importante per prendere le decisioni: erano

incoraggiati a parteciparvi per non lasciare ai dirigenti sindacali il compito di condurre la lotta

- Ciò che aveva reso possibile questa situazione era una nuova solidarietà, a livello di reparto, che confondeva

profondamente la direzione: in molte fabbriche i capi-squadra, i capetti e dirigenti di basso rango, venivano picchiati

fuori dalla fabbrica da gruppi di operai, i cosiddetti “Pestaggi di massa”

23 - I gruppi rivoluzionari sopravvalutarono la crisi in due punti: la coscienza anticapitalista non era poi così diffusa come essi

pensavano o speravano e la tradizionale fedeltà della classe operaia ai sindacati e ai maggiori partiti della sinistra non sarebbe

venute meno tanto facilmente

- Per quanto una minoranza teorizzasse un sindacalismo rivoluzionario, la maggioranza vedeva il sindacato come veicolo di riforme

- Le nuove richieste e forme di lotta che venivano dalla base non dovevano essere rifiutate come estremiste, ma

piuttosto essere incanalate in una strategia sindacale che portasse verso una vittoria duratura nel mondo del lavoro

- Nel dicembre 1969, alla fine dell’“autunno caldo”, fu firmato il nuovo contratto nazionale che rappresentava una

significativa vittoria per i sindacati e per il nuovo attivismo

- Mentre in Francia, dopo il grande sciopero di maggio si riaffermò il potere degli imprenditori, in Italia l’ondata della protesta non

accennava a placarsi; l’estate 1970 fu un momento di apparente calma, in autunno gli operai delle più grandi fabbriche mossero di

nuovo all’offensiva, la crescita del sindacato sembrava inarrestabile, Cgil e Cisl passarono da 4 a 5,3 milioni di iscritti nel ’72-‘75

- La strategia sindacale però fallì l’obiettivo probabilmente più importante: non riuscì a costringere il governo a varare quelle

grandi riforme che interessavano la vita di ogni lavoratore, dalla casa alla sanità, dalla scuola al sistema fiscale

Il movimento operaio: nel ’71 con la crisi economica e la politica deflazionistica del governo, la congiuntura favorevole era ormai

giunta alla fine, la difesa del posto di lavoro e il mantenimento dei salari divennero gli obiettivi e non il tentativo di cambiamento

- Alla fine del 1973 era chiaro che le spinte controculturali del ’68-’69 non erano affatto estinte e che pur di fronte alla recessione

economica il movimento operaio era più solidale e attivo che mai

I MOVIMENTI SOCIALI FUORI LE FABBRICHE, 1968 - ’73

- Per la prima volta fu messo in discussione il modus operandi di numerosi settori dell’apparato statale

- Nuovi collettivi e comitati di funzionari statali tentarono di democratizzare strutture e mentalità; il caso più noto fu Magistratura

Democratica, che raccoglieva molti giovani magistrati influenzati dal clima intellettuale del ’68 e che cercavano di riformare

l’antiquato sistema giudiziario e di favorire forme di giustizia meno classiste

- I gruppi rivoluzionari lanciarono iniziative in due settori mai toccati in precedenza: l’esercito e le carceri

- La rubrica “Lotta continua” pubblicava lettere e informava sulle condizioni delle carceri

- L’iniziativa più importante fu senza dubbio il movimento per la casa: migliaia di italiani si trovarono assieme, anche se solo

momentaneamente, in una dura battaglia su scala nazionale per ottenere abitazioni e affitti più equi

- Nelle grandi città i gruppi rivoluzionari incoraggiarono i senzatetto ad occupare palazzi ed enti pubblici disabitati

- Nei centri storici era assai improbabile che le agitazioni ottenessero un risultato soddisfacente

- Tuttavia era il settore privato che dominava l’industria edilizia e solo una riforma a carattere nazionale poteva sperare di

soddisfare la richiesta di affitti più equi, di servizi adeguati e di un’abitazione decente per tutti

LA MEDIAZIONE POLITICA ED ECONOMICA DELLA PROTESTA COLLETTIVA, 1968 - ’73

Riforme: nel maggio ’68 si tennero le elezioni politiche: la Dc guadagnò lo 0,8% il Pci l’1,6, raggiungendo il 26,9%; chi perse di più

fu il Psu che ottenne il 14%, cioè il 5% di Psi e Psdi prima dell’unificazione

- Gli stabili e sonnolenti governi di Moro degli anni ’60 appartenevano ormai al passato, la Dc era più divisa che mai e dal ’68 al

’72 si succedettero una serie di governi di breve periodo, per lo più coalizioni di centro-sinistra, tre dei quali furono presieduti

dall’insipido democristiano Mariano Rumor

- Questo dimostra il nervosismo politico e l’incapacità a trovare una stabile formula di governo

- Nei primi anni ’70 i politici cercarono di mediare alle proteste con una politica, forse inadeguate, ma riformatrice

- I passi più importanti furono l’istituzione delle regioni e l’introduzione del referendum, a scopo abrogativo

- Le regioni ottennero stanziamenti e personale insufficienti, inoltre non furono accompagnate dal tentativo di eliminare le

peggiori realtà della pubblica amministrazione

- La casa ancora una volta dimostrò di essere il settore chiave in cui la riforma si arenava di fronte agli interessi consolidati e

alla burocrazia statale; i sindacati proclamarono scioperi generali, che durarono tutto il ’70-’71

- L’intero sistema dell’edilizia pubblica fu semplificato e demandato agli enti locali e furono stanziati mille miliardi per un

nuovo progetto di edilizia pubblica

- A riprova di quanto detto, nel -74 risultavano spesi solo 42 dei 1062 miliardi stanziati

- Mentre per i lavoratori dipendenti le tasse venivano dedotte alla fonte, non si introdusse un metodo altrettanto efficace per i

lavoratori autonomi, favorendo una massiccia evasione fiscale

- Nel Sud si continuò a investire in grandi aziende ad alta intensità di capitale, soprattutto nei settori petrolchimico e siderurgico; tra

la metà e la fine degli anni ’70 entrambi i settori mostrarono che si era fatta una scelta disastrosa rispetto ai bisogni dell’economia

- Tuttavia non si può negare il grandissimo stimolo che l’economia meridionale ricevette da questo impegno dell’industria

pubblica

La politica economica e la risposta degli imprenditori:

- Le autorità economiche reagirono all’ondata di aumenti salariali del ’69 con una moderata politica deflazionistica

- Le misure deflazionistiche scoraggiarono una classe imprenditoriale già di per sé intimorita

- La svalutazione della lira appare ancora oggi essere stata non solo una scelta sfortunata, ma anche in partenza una scelta

sbagliata: la maggior gravità per l’Italia della recessione del 1074-’75 rispetto a tutti gli altri paesi occidentali ha senza dubbio

questa causa La strategia della tensione: un’ultima risposta all’“autunno caldo”, la più insidiosa di tutte, l’opinione pubblica italiana stava

diventando sempre più convinta che si stava tramando un complotto contro la democrazia, una serie di attentati e di altri

crimini, dopo Piazza Fontana, avrebbe propagato incertezza e panico, creando le precondizioni per un colpo di stato

- Questa era stata la strategia di tensione impiegata con successo dai colonnelli in Grecia e che adesso si cercava di

riprodurre in Italia ad opera dei neofascisti e di alcuni ambienti dei servizi segreti

24 - Il grado di esaltazione della destra è confermato dal colpo di stato tentato tra il 7 e l’8 dicembre 1970, che però si rivelò

un’impresa ancora più farsesca del piano “Solo” di De Lorenzo

La svolta a destra, 1972-’73: dopo il ventesimo inutile ballottaggio la Dc lanciò il suo candidato Giovanni Leone, che venne eletto alla

vigilia di Natale del 1971, grazie all’appoggio determinante del Msi

- Dopo che il Parlamento aveva varato la legge sul divorzio le organizzazioni cattoliche raccolsero rapidamente le firme e il

referendum per l’abrogazione fu fissato per la primavera del ‘62

- La Dc temeva l’isolamento dai suoi tradizionali alleati, i partiti laici e socialisti: sembrò preferibile indire nuove elezioni e

rinviare il refendum di almeno un anno

- Il Pci rimase fermo; il Psiup perse drasticamente scendendo dal 5 al 2% senza porre nemmeno un deputato; la Dc

mantenne il 38%; i liberali entrarono nel governo per la prima volta nel ’57; mentre il Psi passò all’opposizione

- Il nuovo governo ebbe una fisionomia marcatamente antioperaia e il suo atto più rimarchevole fu quello di offrire condizioni assai

generose per i pre-pensionamenti volontari dei più anziani funzionari dello stato

- Per la prima volta da anni la Dc formò un governo di centro-destra presieduto da Andreotti, con il Pli e il Psdi

IL MEZZOGIORNO

- Sarebbe un errore immaginarci il Sud immune dall’“autunno caldo”: la battaglia contro le “gabbie salariali” vide un elevato

livello di combattività

- La struttura delle classi sociali divenne più stratificata, si era formato un ceto medio tra contadini e proprietari terrieri

- Le rigide gerarchie familiari si frantumarono, come i codici di condotta della collettività lasciarono il posto all’individualismo

La rivolta a Reggio Calabria: tra il ’69 e il ’73 il Sud fu lacerato da una serie di proteste riflesso della precarietà della società istaurata

- Reggio era una delle città più povere d’Italia; aveva sempre votato destra, era monarca dal ’46, sempre vinse la Dc e il Msi

arrivava dove la Dc non osava spingersi → in molte aree urbane del Sud i neofascisti venivano considerati i veri rappresentanti

dei settori emarginati della società

- Per sopperire alla disoccupazione si annunciò la costruzione del grandioso stabilimento siderurgico Gioia Tauro, che fu la più

spettacolare “cattedrale nel deserto” anche a causa del crollo del mercato mondiale dell’acciaio degli anni ’70

- Quando fu annunciato che la sede del nuovo governo regionale sarebbe stata Catanzaro, la situazione degenerò, tutti i treni da e

per la Sicilia furono bloccati; la rivolta continuò per oltre un anno, con attacchi alla prefettura e svariati crimini

CONCLUSIONI

- La maggioranza della classe operaia sarebbe stata disposta a seguire questi imperativi rivoluzionari: il lavoratore deve

concepire se stesso come produttore; deve avere coscienza di classe e diventare comunista; deve rendersi conto che la proprietà

privata è un peso morto, è un ingombro che bisogna eliminare

- Ma la tradizionale fedeltà ai sindacati fu un ostacolo quasi insormontabile

- La cultura politica clientelare del Sud urbanizzato e la frammentazione sociale resero più probabile uno sbocco di destra alla

protesta, come si è visto a proposito di Reggio Calabria

- La “rivoluzione culturale” appare come un tentativo straordinario ma vano di sfidare i valori dominanti di una società in

rapido cambiamento, ma le strutture pubbliche non vennero mai trasformate

- Oggi ci sembra chiaro che le tendenze a lungo periodo della società italiana erano diametralmente opposte ai progetti

sociali e politici della generazione del ’68

- Significativa è la mancanza di iniziativa politica dimostrata in questi anni dal Pci, i cui militanti partecipavano anche

attivamente alle lotte sindacali della Cgil: alcune delle riforme più importanti, come lo Statuto dei Lavoratori e la legge sul

divorzio furono varate in gran parte grazie all’azione decisiva dei deputati socialisti

- Reggio Calabria dimostrò quanto fossero deboli i sindacati nelle aree più povere del paese

- All’inizio degli anni ’70 appariva chiaro che prima delle altre riforme occorreva riformare lo Stato, nelle cui pieghe

burocratiche e istituzionali stavano crescendo sempre più sprechi ed inefficienze

- L’inerzia e l’incapacità dello Stato si rivelò in varie occasioni (pag 468 ad Andreotti: “la prego di interessarsi di noi”)

CRISI, COMPROMESSO E “ANNI DI PIOMBO”, 1973 - ’80

LA DC E IL REFERENDUM SUL DIVORZIO

- La tradizionale base rurale si era indebolita, ma si era allargata quella della nuova Italia urbana; al XII Congresso, nel ’73, il 34%

dei delegati erano gli ex dorotei, guidati da Rumor e Piccoli, la corrente Fanfani il 20%, il gruppo Andreotti-Colombo il 16%, la

Base il 10% e i seguaci di Moro il 10%

- All’inizio del 1074 il partito fu scosso da scandali di grosse dimensioni: il primo scoppiò in seguito alle rivelazioni di un

magistrato genovese, secondo il quale alcune compagnie petrolifere avevano versato dei soldi a personaggi politici,

prevalentemente Dc, in cambio di misure favorevoli; il Parlamento approvò frettolosamente la legge sul finanziamento pubblico

dei partiti, sarebbero stati finanziati dallo Stato in proporzione alla loro presenza in parlamento;

- Il secondo riguardava le attività dei servizi segreti: emerse che un’organizzazione neofascista, la “Rosa dei venti”, in previsione di

un colpo di stato, avesse agganci tra le forze armate e i servizi segreti; vi furono alcuni arresti, anche di generali

- Questi due scandali provocarono un ondata di critiche sull’integrità morale e la capacità politica della Dc

- Referendum sull’aborto: Paolo VI decise di rimanere in disparte, sebbene la posizione fosse netta, per mantenere la “pace

religiosa”; molti dirigenti della Cisl si dichiararono a favore; socialisti e partiti laici erano inequivocabilmente favorevoli; il Pci in

vece fu un po’ più timoroso, temendo che l’Italia non fosse ancora pronta per una simile battaglia civile, inoltre volevano evitare

di allargare il fossato con la Dc nel momento in cui Berlinguer stava per lanciare la proposta del compromesso storico

- Il 12 maggio 1974 la legge sul divorzio trionfò inaspettatamente con il 59,1% dei voti contro

25 - Il processo di modernizzazione della città aveva trasformato anche le opinioni e i valori correnti

LA CRISI ECONOMICA

- Nell’autunno del ’73 i paesi dell’Opec decisero di aumentare del 70% il prezzo del petrolio e diminuirono del 10% le esportazioni

- il prezzo del petrolio alle stelle contribuì in modo fondamentale nel favorire la recessione del 1974, segnando così la fine di un

lungo periodo di prosperità nel commercio e l’inizio di un decennio di stagnazione e diffusa disoccupazione

- Il fenomeno prevalente era quello della Stagflazione: stagnazione e inflazione

- In Italia la scarsità di risorse energetiche, si era convertita in un’eccessiva dipendenza dalle importazioni di petrolio: in mancanza

di una politica energetica adeguata il petrolio arrivò a soddisfare nel ’73 il 75 % del fabbisogno energetico nazionale, contro

una percentuale del 33.6 % nel ’55

- Inflazione galoppante, crescita del “sommerso” diminuzione della produzione e un gonfiarsi del disavanzo pubblico

- La Banca d’Italia dovette attuare una rigida politica deflazionistica e restrinse il credito, provocando così una grave

recessione: la produzione si fermò, parecchie fabbriche dovettero chiudere e la disoccupazione aumentò lentamente

- Nel frattempo la spesa pubblica, nei settori della sanità, educazione e assistenza era aumentata drasticamente: dal 43% del ’73

sarebbe arrivata al 55% nell’82, la più alta percentuale tr tutti i paesi dell’occidente europeo

IL COMPROMESSO STORICO

- Berlinguer, segretario del Pci, comprese che l’immobilismo dignitoso degli anni precedenti non poteva più

continuare e nell’ottobre ’73 lanciò l’idea del “compromesso storico fra i tre principali partiti: Pci, Dc e Psi

Il segretario comunista sottolineava anche l’importanza cruciale di una più stretta alleanza a livello sociale tra la

classe operaia e gli svariati settori dei ceti medi, per sottrarre questi ultimi a ogni tentazione reazionaria (come

era appena successo in Cile con il rovesciamento del governo democratico di Salvador Allende). Lo stesso stava

succedendo in Italia con la strategia della tensione da parte dell’estrema destra che cercava di creare un clima di

esasperata tensione che aprisse la strada a un governo autoritario o perlomeno a una svolta durevole a destra.

Berlinguer sottolinea inoltre l’importanza di una stretta alleanza tra la classe operaia e i settori dei ceti medi per

sottrarre i ceti medi a ogni tentazione relazionaria.

Inizialmente il compromesso aveva natura difensiva. Poi lo presenta come una grande strategia in cui comunisti

e cattolici avrebbero potuto trovare un comune codice morale ed etico su cui porre le basi per la salvezza

politica e sociale dell’Italia. Austerità divenne anticamera della salvezza invito a fare sacrifici.

Proposta ha due obiettivi: 1. Pci viene messo al centro della scena politica dopo molti anni di assenza; 2. Serve a

salvaguardare la democrazia italiana, isolando la dc e i ceti medi da qualsiasi tentazione autoritario

- Tra fini e mezzi si aprivano 3 contraddizioni:

o 1. Il compromesso era basato su un’errata valutazione della Dc, che aveva occupato e trasformato lo

stato diventando il partito conservatore e capitalista italiano, come antitesi del progetto di Berlinguer;

o 2. Appello a un’Italia più giusta e collettivista e austera cade nel vuoto perché in scarsa dintonia con le

radicali trasformazioni che avevano avuto luogo nella società dal ’45.

o 3. il compromesso storico avrebbe dovuto condurre verso un maggiore egualitarismo, una più ampia

democrazia e solidarietà interna, ma gli strumenti per raggiungere questi obiettivi erano due “chiese”, il

Pci e il Psi, che non brillavano certo per democrazia interna né si dimostravano particolarmente

tolleranti verso coloro che contestavano la loro linea

Insomma, il compromesso storico non portò alcun contributo alla differenziazione tra riforme di struttura e riforme

collettive.

LOTTE OPERAIE, GRUPPI RIVOLUZIONARI, MOVIMENTI SOCIALI, 1937 - ’76

Il movimento sindacale

I sindacati attraversavano, nel ’73-’76 un momento di crisi, l’impeto degli anni precedenti si era esaurito, i problemi più

rilevanti erano adesso l’inflazione, la chiusura delle fabbriche e il decentramento produttivo

Il rinnovo contrattuale dei metalmeccanici e dei fisici fu la prima sconfitta sindacale dai tempi dell’“autunno

caldo” potere passa di nuovo ai datori di lavoro

26 - I consigli di fabbrica perdono importanza. Le direzioni sindacali guardavano apertamente all’intervento delle forze

politiche e di governo come modo migliore per risolvere i problemi del momento: la direzione sindacale, come il Pci,

fu estremamente restia a farsi coinvolgere in azioni illegali

- Il movimento operaio rimane forte al nord

- Modo per combattere aumento dei prezzi è l’autoriduzione = es. pagamento della vecchia tariffa del biglietto

dell’autobus

- Fenomeni di disobbedienza civile appoggiate da alcune strutture periferiche del sindacata e da tutti i gruppi

rivoluzionari, mentre la direzione sindacale fu estremamente restia a farsi coinvolgere in azioni illegali e anche il Pci

condannò il movimento come avventurista.

- Istituzione dei consigli di zona come forme di solidarietà nei quartieri della grandi città Pci insiste perché i delegati

venissero scelti proporzionalmente alla forza locale di ogni partito strumento di controllo in mano ai partiti

I gruppi rivoluzionari

I gruppi dovevano mettersi in rapporto con le istituzioni, i sindacati e le elezioni. Anziché cercare strutture alternative

essi scimmiottarono le strutture tradizionali del movimento operaio tradizionale, e il centralismo ebbe la meglio

sulla democrazia. Gruppi diventano gerarchizzati e autoritari. I loro servizi d’ordine paramilitari si scontravano nelle

strade con le squadre di giovani neofascisti che cercavano di controllare zone di Milano.

Nel giugno ’74 Soffri, di Lotta continua, disse che “si sta operando nelle masse una svolta di portata

prerivoluzionaria”, in realtà non c’era un gran che per legittimare questa fiducia

- Il movimento studentesco non riacquistò mai nelle università la forza del ’67-’68, ma quello che esisteva nelle scuole

secondarie, controllato dalla sinistra rivoluzionaria, viveva allora il suo momento culminante

- Gruppi rivoluzionari nelle fabbriche del nord dove organizzavano sezioni e cellule.

Il terrorismo rosso, origini e attività iniziali

il 20 ottobre 1970 le Brigate Rosse annunciarono la loro costituzione, come organizzazione operaie autonome, pronte

a lottare contro i padroni sul loro stesso terreno” lotta armata al primo posto

modelli dei terroristi rossi:

1. Movimenti sudamericani di guerriglia urbana

2. Movimento partigiano italiano

La diffusa giustificazione di una violenza proletaria e rivoluzionaria, presente nell’azione collettiva dei quegli anni

rappresentò un terreno fertile per il fiorire del terrorismo. Dato che il mito della reviluzione imminente tardava

a realizzarsi, molti militanti decisero che un atto finale decisamente volontaristico avrebbe potuto accelerarne

l’avvento.

- I gruppi rivoluzionari capirono che per cambiare la società bisognava agire in profondità, dall’interno della società

civile stessa, cercando di costruire un movimento di massa e di mutare le coscienze; invece i terroristi scelsero la

clandestinità e l’azione violenta, ponendosi fuori dalla realtà e isolandosi in un mondo tutto loro; i comunicati che

essi mandavano erano un esempio dell’ideologia astratta, con le cui formule si copriva la mancanza di una qualsiasi

analisi sociale. Erano incapaci di valutare il bilancio delle loro azioni.

- Inizialmente le loro azioni furono di propaganda armata a Milano e Torino con obiettivi sindacalisti di destra,

amministratori e capisquadra.

- Altro gruppo di estrema destra era il Gap di Giangiacomo Feltrinelli che voleva costruire la base per la resistenza

armata contr un colpo di stato della destra.

Cambio di metodo: 18 aprile 1974 (giorno in cui Giovanni Agnelli viene eletto presidente della Confindustria) rapimento

del giudice di genova Sossi, durò 35 giorni e diede notorietà nazionale alle Brigate Rosse. Venne liberato indenne

- Rivolte nelle carceri con richiesta di migliori condizioni. Ma le forze della sinistra tradizionale condannarono il

movimento, tuttavia il governo fece ben poco per porvi rimedio

- Presero vita i Nap, nuclei armati proletari, ex detenuti che imitavano le Brigate Rosse, ma che furono smantellati

dalla polizia.

- Polizia comincia sistematicamente a tenere d’occhio i movimenti dei terroristi: poliziotti infiltrati nelle Br arrestano

molti brigatisti e scoprono molti nascondigli. Ci sono molti conflitti a fuoco con la polizia.

27

I movimenti sociali nel Meridione:

tentarono davvero di trasformare le strutture e le condizioni di vita del Meridione.

La protesta urbana meridionale ebbe un carattere municipalista e corporativo, guidato dall’estrema destra e

subordinata alla cultura politica dominante; il movimento napoletano dei disoccupati organizzati fu l’esempio più

sorprendente di questa nuova realtà. Si organizza su base democratica e viene riconosciuto dai sindacati. Fa ripetute

manifestazioni che bloccavano il traffico.

- I disoccupati organizzati non combattevano solo la base clientelare e politica dalla quale dipendevano le opportunità

di impiego, ma si battevano, come aveva fatto Di Vittorio con i braccianti agricoli, contro il controllo padronale sul

mercato del lavoro.

- Movimento per la casa occupa edifici pubblici e privati con appoggio dei gruppi rivoluzionari. I quartieri periferici

erano l’esempio estremo dell’atomizzazione, alienazione e isolamento. Forza trainante erano le donne dei quartieri

popolari, anche se c’era forte discriminazione nei confronti delle donne disoccupate.

Il femminismo

“si sa che le donne in politica non capiscono, perciò devono lasciar fare all’uomo” era questa la mentalità nel ’60

- I sindacati erano maschilisti e assai indietro nel difendere i diritti delle donne sia nel modificare i propri

atteggiamenti. Nonostante dal ’68 la presenza femminile nel mondo del lavoro fosse aumentata molto, i loro salari

esano sempre più bassi di quelli degli uomini

- Dopo il 1975 il movimento delle donne acquistò rilievo nazionale, raggiungendo il suo apice negli anni seguenti e due

fenomeni contribuirono:

o 1. Inversione di tendenza nella crescita del livello di vita in conseguenza al forte tasso di inflazione e

della stagnazione economica. C’è una presa di coscienza collettiva, e le donne vengono coinvolte in

quasi tutte le lotte sociali: escono dalla dimensione privata per assumersi un ruolo direttivo dell’azione

collettiva.

o A partire dal 1970 crescita dei gruppi femministi. Si ispirano al femminismo americanocon enfasi sul

separatismo e crescita della coscienza. Tem dell’ugualianza con l’uomo e della diversità delle donne. Ma

si concentrano soprattutto sull’analisi della propria sessualità, l’oppressione maschile con richieste

riguardo a una vera e propria sfera di diritti delle donne.

La liberazione doveva iniziare subito nel privato, nei rapporti quotidiani tra donne, uomini e bambini. Si

tenta di ridefinire le basi stesse della politica.

La rivolta femminile denunciò il matrimonio e la famiglia come il luogo della dominazione maschile,

Lotta femminista lanciò lo slogan “salario alle casalinghe”, mentre l’Udi (unione donne italiane) pose

l’accento sull’intervento dello Stato per alleviare l’oppressione delle donne, rafforzare la loro

autonomia.

Grande manifestazione a Roma il 6 dicembre 1975.

Nascita di collettivi femministi. Ci sono anche tensioni e conflitti fra i vari gruppi, che però vengono

meno al momento della discussione della legge sull’aborto: raccolgono 800 mila firme per la

legalizzazione, rendendo l’argomento da una questione sui diritti civili a una vasta discussione sulla

condizione femminile sulla società italiana. Referendum bloccato dalle elezioni politiche del ’76.

PARTITI, RIFORME ED ELEZIONI, 1974 - ’76

- Nella primavera del ’75 vede due importanti riforme:

o venne finalmente riformato il diritto di famiglia, con l’introduzione di nuove norme: con questa nuova

legge si stabilì il principio della parità tra i coniugi, eliminando definitivamente la supremazia del

maschio come capofamiglia responsabile del comportamento e dell’attività della moglie; norme sul

28 rapporto genitori-figli con il dovere di mantenerli e garantire loro gli studi, ma anche tenere conto

delle loro capacità e inclinazioni; viene abolita ogni discriminazione giuridica sui figli al di fuori dal

matrimonio.

o Riforma del sistema scolastico: vengono introdotti organi elettivi ad ogni livello, dando rappresentanza a

genitori, insegnanti e studenti ma è solo un potere consultivo

- Fanfani, nonostante la sconfitta al referendum, rimase alla testa della Dc ed era ancora convinto che avrebbe potuto

vincere le elezioni del ’75 e del ’76 facendo appello ai valori tradizionali e all’anticomunismo

Nel paese regna la violenza: il 28 maggio ’74 otto persone morirono per lo scoppio di una bomba in una

manifestazione antifascista a Brescia, in Piazza della Loggia; mentre nel ’75 si moltiplicarono gli scontri durante le

manifestazioni

- Il Pci intraprese una campagna elettorale assai efficace, puntando il dito contro la corruzione e il caos tra le file della

Dc; la Dc invece dice di essere l’unico partito in grado di mantenere l’ordine pubblico

- Le elezioni regionali del ’75 segnarono una grande vittoria del Pci, che raggiunse il 33% dei voti, mentre la Dc calò al

35% moltissime giunte di sinistra

- Il Psi si accordò con il Pci per formare giunte unite di sinistra

- Il pericolo della Dc, mai messo in discussione era adesso seriamente minacciato, solo il 2% di voti in più del Pci

- L’intento di Moro era di rispondere al momento giusto alla richiesta di alleanza di Berlinguer ,in termini

favorevoli

- Dc reagisce ed elegge Benigno Zaccagnigni al posto di Fanfani, con l’appoggio decisi vo di Moro. La sua nomina risponde a due obiettivi:

o 1.dar vita a una nuova e più decente immagine del partito o 2.aprire la strada a un dialogo costruttivo col Pci

- Ma dopo la nomina dell’ “onesto Zac” scoppiò uno scandalo: da un’inchiesta del Senato Americano emerse che la

compagnia aerospaziale lockheed aveva pagato tangenti a vari uomini politici di tutto il mondo industrializzato per

procacciarsi commesse di propri aerei: coinvolti Rumor e Gui (DC) e Tanassi, socialdemocratico. Rumor assolto,

Tanassi pena detentiva.

- Dc tiene il suo XIII Congresso: i sostenitori di Zaccagnini, i cd “rinnovatori” ebbero di poco la meglio sui “moderati”.

Zaccagnini è un uomo di moro, lento nel rinnovamento.

- I partiti cercano di raggiungere un accordo riformando la legge esistente per evitare il referendum sull’aborto.

Presentata legge dove aborto è ancora crimine -> Psi ritira fiducia nuove elezioni

- La situazione nel ’75-’76 era causa di forti preoccupazioni per gli Usa: il Portogallo nella rivoluzione, in Spagna il

regime di Franco stava finendo, in Francia la sinistra stava per prendere il potere, Grecia e Turchia erano ai ferri corti

per Cipro, e adesso in Italia la Dc era stata raggiunta e sembrava sul punto di cedere al Pci

- Lo sviluppo dell’eurocomunismo accrebbe i timori: nel corso del ’75 i partiti comunisti europei (Fr, I, Spagna) si

avvicinarono sempre di più e ribadirono il loro impegno per una via democratica al socialismo e la loro autonomia

dall’Urss

- Berlinguer fece del suo meglio per contrastare l’atteggiamento americano, affermando che se il Pci avesse

vinto non avrebbe tolto l’Italia dalla Nato, “mi sento più sicuro stando qua”

- Ancora violenza: neofascisti uccidono il giovane comunista Luigi de Rosa; le BR uccidono il magistrato genovese

Francesco Cocco, che aveva rifiutato di negoziare con le BR al tempo del sequestro Sozzi.

- I risultati del 20 giugno ’76 sorpresero tutti: il Pci aveva ottenuto il 34,4%, la Dc era stabile, il 38,7%, il Msi scese al

6%

La Dc mantenne la sua posizione perché la maggior parte dei ceti medi e la grande borghesia fecero quadro su di

essa; la maggior parte di coloro che avevano paventato le conseguenze nazionali di cuna vittoria comunista

avevano votati Dc; Indro Montanelli, il più famoso giornalista conservatore, aveva incoraggiato a “turarsi il naso

ma votare Dc”

- Nasce un nuovo gruppo: Cl, misto tra attivismo giovanile e valori cattolici.

- Ragioni del successo del Pci:

o Ceto medio attirato dalla prospettiva di una grande coalizione volta a far uscire il paese dal tunnel della

crisi e al tempo rassicurata nei suoi timori dell’impegno del Pci verso la Nato

29 o La leadership carismatica di Berlinguer + fatto che siano stati chiamati alle urne i giovani dai 18 anni

o Lungo processo di azione politica e mobilitazione nella società civile speranza di un sorpasso verso

una nuova dinamica politica

I GOVERNI DI SOLIDARIETÀ NAZIONALE, 1976 - ’79

Il tempo delle decisioni

La sinistra aveva ottenuto il 47% dei voti, ma Berlinguer sapeva che la crisi italiana era troppo profonda per tentare una

rischiosa avventura delle sinistre; inoltre il Pci non poteva governare da subito il paese, ma poteva costruire

un’opposizione compatta e preparare il terreno per una vittoria decisiva alle prossime elezioni: doveva cercare

quindi il compromesso con la Dc.

- Però, perché la spinta dal basso al cambiamento ed alla mobilitazione degli anni ’68-’76 potessero trovare uno

sbocco, era indispensabile un’opposizione convincente; infatti, sarebbe stato impossibile portare a termine serie

riforme correttive, come quella dello Stato, insieme alla Dc: una parte del partito si mostra quindi opposto a quella

strategia e sostiene che il partito avrebbe dovuto utilizzare il movimento di protesta della società civile e affrettare

la costruzione di un’alternativa alla politica della dc.

- Un errore di Berlinguer era il dare per scontata una posizione subordinata, all’interno della sinistra, del Psi al Pci

- Nel ’76 il partito socialista sostituisce Bettino Craxi a Francesco De Martino come segretario del partito. Inizialmente

il partito appoggia l’alternatvia di sinistra sperando in un equilibrio tra socialisti e comunisti, ma Craxi decide che per

sopravvivere il partito di doveva acquisire più autonomia ed essere meno filocomunista.

- Nell’estate del ’76 si presentò una possibilità, per quanto irta, di costruire un’alternativa alla Dc, ma non fu colta,

e una simile possibilità non sarebbe più tornata: nel 1976 la sinistra era incomparabilmente più forte, sia in

parlamento sia nella società. La distanza tra i due principali partiti aumenta.

Gli obiettivi della Dc e del Pci

Psi e Pci concordi, non fecero parte del governo, ma non ne provocarono la caduta, in cambio di venire consultati sulla

stesura del programma. Andreotti lo chiamò “governo della non-sfiducia”: resse fino al gennaio ’78, quando lo

sciolse e ne formò un altro, fino al gennaio ’79

- I due governi Andreotti furono chiamati “di solidarietà nazionale”: egli era discepolo di De Gasperi, l’uomo ideale per

un lento logoramento dei comunisti e dietro di lui c’era Moro (il “grande tessitore”) che sperava di compiere col Pci

la stessa operazione attuata negli anni ’60

Si sarebbe favorita l’entrata del Pci al governo: nella consueta tradizione del trasformismo, il Pci avrebbe a poco

a poco assunto le sue obiezioni alle politiche governative e sarebbe entrato a far parte del governo

- Ma Berlinguer, cosciente della differenza dagli anni ‘60 scriveva: “ormai la classe dominatrice non è più in grado di

imporci i sacrifici ,ora ce li deve chiedere” e in cambio di questi sacrifici la classe operaia sarebbe giunta ad

esercitare la propria egemonia nella società e avrebbe dato luogo a “un mutamento profondo nelle strutture

sociali ed economiche dello Stato, dei rapporti di potere e del modo di vita del Paese” alleanza con Dc vista

come trampolino per profonde riforme strutturali.

ANNI DI PIOMBO

Terrorismo e disperazione:

Il governo di solidarietà nazionale dovette dedicare quasi tutta la sua attenzione alla lotta la terrorismo. 3 fattori

contribuiscono alla lotta al terrorismo:

1. Crisi dei gruppi rivoluzionari dopo il disastro elettorale. Lotta continua tiene il suo secondo congresso,

avvenimento straordinario. Operai da una parte e donne dall’altra: vincono le donne che trasformano le

discussioni politiche in momenti di autocritica, e i dirigenti del gruppo riconoscono che il loro approccio alla

politica doveva essere ripensato da capo. Questo segna la fine dei gruppi che si sciolgono sotto il peso

dell’autocritica e della demoralizzazione. Gruppi hanno compiuto molti errori, ma erano contro la violenza.

30 Negli anni ’70 si creò un vuoto politico, creato dal Pci, vuoto che cercò di occupare Autonomia operaia, una

indefinita federazione di collettivi di base noti soprattutto per la loro violenza: dietro di essa si nascondevano le

bande terroristiche.

2. Frattura tra Pci e ceto giovanile urbano e universitario che gli aveva dato appoggio cruciale alle elezioni di giugno

Pci diventa difensare delle tradizionali misure di legge e di ordine, anziché farsi campione dei diritti civili.

Qualsiasi opposizione al compromesso storico veniva qualificata come atteggiamento deviante.

- Si creò un terribile paradosso: i comunisti volevano prevenire l’estendersi della violenza, ma la loro politica creava

un terreno fertile per i terroristi

- Nel ’76 le BR sembravano scomparse, ma fu permesso a loro e ad altri gruppi terroristici di crescere

nuovamente grazie a un mancato intervento della polizia che, o credeva che il terrorismo fosse già estirpato,

oppure fu semplicemente permesso al terrorismo di espandersi per condizionare il clima politico e il Pci in

particolare.

Il movimento del 1977:

la crisi causava disoccupazione. I giovani del moviemento del ’77 differivano completamente dai loro idealisti e

ideologizzati predecessori del ’68. Il moviento prese mossa dai bisogni reali dei suoi componenti: l’autoriduzione

praticata non per le bollette ma per i biglietti dei concerti pop. Si occupavano edifici e li si trasformava in centri sociali

con attività come laboratori di fotografia, yoga etc.

Si divideva in due tendenze:

o 1. La prima spontanea, creativa, sensibile al discorso femminista, incline a creare strutture alternative

più che sfidare quelle presenti indiani metropolitani per il loro abbigliamento

2. La seconda, “autonoma” e militarista, intendeva valorizzare la cultura della violenza degli anni precedenti e

organizzare i “nuovi soggetti sociali” per una battaglia contro lo Stato. Questa strategia venne teorizzata e

praticata da gruppi di “autonomia organizzata” che comprendevano al loro interno anche intellettuali ex leader

di Potere operaio, come Negri e Scalzone.

- Nel febbraio una manifestazione di 60 mila giovani studenti a Roma che occuparono l’università, degenerò i una

battaglia urbana con armi da fuoco. Manifestazione a Bologna diventa campo di battaglia.

- La maggioranza di questi giovani ingrossò le fila del “riflusso”: ritirata alla vita privata, abbandono dell’azione

collettiva e la penosa resa dei conti con la sconfitta

Le Brigate Rosse e il rapimento di Moro, 16 marzo 1978:

(pag 517).le Br speravano che il terrorismo diventasse un fenomeno di massa. La fase di attività delle Br che va dal 77 al

78 fu soprannominata “strategia di annientamento”: azioni indiscriminate, mirate a colpire professionisti e servi

dello stato, con obiettivo di terrorizzare interi settori delle classi dominanti e dei loro fautori, in modo da impedire il

regolare funzionamento dello stato. La Dc era il principale obiettivo, ma il pericolo principale non era più il gollismo,

bensì il Pci. Vi furono moltissime uccisione e feriti di poliziotti e magistrati, giornalisti come Indro Montanelli e Carlo

Casalegno. Principali colonne delle Br erano a Milano, Torino, Genova e Roma.

Il giorno in cui Andreotti avrebbe dovuto presentare alla Camera il nuovo governo, con i comunisti inseriti per la prima

volta nell’area di governo, Aldo Moro venne rapito nella sua auto e la sua scorta uccisa.

Alla notizia i sindacati annunciarono lo sciopero generale e inneggiarono moti come “contro ogni terrorismo per

migliorare questo stato”, ma anche “io non condanno nessuno, sono contro il terrorismo, ma so che bisogna subito

fare delle riforme”.

Per 54 giorni le BR tennero Moro prigioniero sotto la direzione di Mario Moretti. Dilemma: bisognava trattare per la

liberazione di moro, dimostrando che lo stato era debole, oppure scegliere la via della fermezza e non patteggiare?

Socialisti: Craxi vuole trattare. Secondo lui ciò non avrebbe indebolito lo stato democratico

Comunisti pensano che ogni arrendevolezza verso i terroristi li avrebbe legittimati e incoraggiati ad ulteriori

azioni dello stesso genere: non si doveva trattare. Anche fra i democristiani prevalse questa idea, nonostante i

più vicini a Moro volessero liberarlo. Era terribile, si trattava di sacrificare la vita di un uomo o di perdere la

Repubblica, i democratici non ebbero dubbi. Moro venne ucciso il 9 maggio 1978, il suo cadavere fu trovato ne

bagagliaio di un’auto in via Caetani a Roma, a metà fra la direzione del Pci e della Dc.

31 La crisi del terrorismo italiano prese l’avvio dall’uccisione di Moro. Avevano ragione i paladini dell’intransigenza:

se moro fosse stato scambiato contro uno o più terroristi in prigione, le Br sarebbero apparse invulnerabili e

propense al compromesso, facendo aumentare il loro fascino.

Le uccisioni continuarono es. Walter Tobagi e Vittorio Bachelet

- La decisione di uccidere Moro creò gravi dissensi all’interno delle Brigate Rosse, mentre all’esterno si creò un

senso di ripulsa

- Fu nominato a coordinare l’offensiva antiterrorismo un generale dei carabinieri molto abile, Carlo Alberto Dalla

Chiesa, il quale dedicò ogni sforzo a convincere i terroristi disillusi a diventare pentiti e a cooperare; molti lo fecero

grazie all’introduzione di una nuova legge che permetteva una forte riduzione della pena ai pentiti in cambio di una

loro collaborazione.

- I terroristi non avevano raccolto molti consensi: sebbene vi era una profonda sfiducia verso il governo, c’era una

scarsissima convinzione che uccisioni e rapimenti avrebbero risolto i problemi del paese; dopo la morte di Moro la

democrazia italiana non solo si difese, ma si rafforzò.

- Vi furono molte violazioni dei diritti civili: condanne di molti innocenti ; persone in prigione per anni in attesa di

processo, mentre i pentiti pagavano pene cortissime. Molti arresti fra docenti e alunni di scienze politiche.

LA RIFORMA TENTATA

- I comunisti nutrivano molte aspettative nella cooperazione con la Dc, quindi è necessario analizzare le misure riformatrici

Lo Stato: venne introdotto qualche cambiamento all’interno del Parlamento

- L’iniziativa più importante del Pci fu il tentativo di trasmettere alle regioni poteri reali: solo dopo una lunga battaglia le norme

di legge divennero realtà, un gran numero di “enti inutili” venne abolito e le regioni ottennero l’autonomia finanziaria

- Tuttavia nella divisione delle poltrone all’interno della Rai, delle banche più importanti e negli altri settori dello stato il Pci

sembrò comportarsi come tutti gli altri partiti La politica economica: nonostante la proclamazione della classe operaia come classe di governo, il Pci sembrava ansioso di

collaborare a salvare l’economia in modo tradizionale

- Le fiammate dell’attivismo operaio poterono essere spente dagli appelli di Berlinguer ai sacrifici e all’austerità

- Nel ’78 La Malfa si dichiarò favorevole ad una riduzione dei salari in cambio di una riduzione della disoccupazione

- Non meno importante fu il ruolo giocato dalla disponibilità sindacale al compromesso

- Ancora una volta, come nel ’45-’47 il Pci fu riluttante ad usare il considerevole peso della mobilitazione di massa per

costringere la Dc a fare concessioni effettive e accettò la logica capitalista di salvare l’economia senza una strategia

economica alternativa Edilizia e urbanistica: durante i governi di solidarietà nazionale vi furono tre leggi importanti per l’edilizia e la pianificazione

- L’edificabilità dei suoli, del gennaio ’77: ogni permesso edilizio obbligava ad un contributo alle spese di urbanizzazione e ogni

comune doveva rispettare rigorosamente il proprio piano regolatore, che tiene conto dei bisogni della collettività

- La legge sull’equo canone, luglio ’78: frutto di un laborioso compromesso rappresentò il primo tentativo dalla fine della guerra di

controllare gli affitti sia nel settore pubblico che nel privato; parallelamente però prosperò il mercato nero

- Il piano decennale per l’edilizia residenziale pubblica, agosto ’78: tentò di semplificare i processi burocratici e tecnici per la

costruzione di nuovi appartamenti, ma sfortunatamente vi fu un abisso tra la teoria e la pratica

La salute: nel ’78 la legge Basaglia chiuse i manicomi, ma le uove strutture create furono insufficienti

- Nel dicembre fu istituito il sistema sanitario nazionale, un progetto di cui si parlava dal ’48; vi erano profonde differenze, al Nord

ogni 1000 abitanti c’erano 10 posti letto ospedalieri, al Sud 5; la legge cercò di porvi rimedio, istituendo la Usl, unità sanitaria

locale, organismo responsabile dell’assistenza sanitaria sul tutto il territorio, con sedi distaccate in ogni comune

- Inoltre venne istituito un sistema di ticket, accrescendo però in modo incontrollato i guadagli delle multinazionali

L’aborto: frutto di compromesso fu anche la legge sull’aborto, la Dc accettò di togliere qualsiasi clausola che giudicasse l’aborto

volontario come un crimine (causando i dissensi della Chiesa) e il Pci accettò che venissero posti dei limiti alla libertò di scelta

della donna (causando dissensi nel movimento femminista)

Un bilancio:

- I servizi creati erano numerosi e imponenti, dall’assistenza sanitaria, ai nidi dell’infanzia, agli impianti sportivi, ma erano

generalmente amministrati malamente ed erano sempre legati ad interessi del partito

- In termini economici i risultati furono incoraggianti, ma in un periodo di crisi i benefici del neo-corporativismo, non solo in

Italia, si rivelarono del tutto unilaterali: la parziale discesa dell’inflazione fu magra ricompensa per lo sforzo di collaborazione

della Cgil

L’ESPERIENZA DELLE GIUNTE ROSSE, 1975 - 80

- A partire dal ’73 la vita dei governi locali si era fatta più difficile, per effetto di una norma cruciale della legge di riforma fiscale

che abrogava il diritto dei comuni di imporre tasse ai propri residenti

Bologna: nel ’72 il sindaco introdusse un piano radicalmente nuovo per il traffico, dando priorità assoluta ai mezzi pubblici; fu

potenziato il tempo pieno nelle scuole; fu offerto lavoro ai portatori di handicap; furono istituiti mentale

- Il centro di Bologna rimase un modello che il resto d0Italia avrebbe dovuto imitare, ma che invece non imitò

32 - Il Pci stava perdendo potere, i consigli di quartiere erano frequentati più da esponenti di partito che dai cittadini

Napoli: la popolazione era cresciuta rapidamente dagli anni ’60 e il fabbisogno di case non era mai soddisfatto, inoltre spesso si

verificarono crolli di palazzi costruiti con materiali scadenti

- Il Pci comunale si trovava in una posizione impossibile: doveva giungere ad un accordo con le persone che cercava di cambiare,

inoltre la Dc stessa faceva di tutto per sabotarlo

- Il desiderio della Dc di non allinearsi spinse la giunta a tenere un atteggiamento sospettoso e talvolta ostile verso i

movimenti sociali che avevano svegliato la città dal ’74 in poi; soprattutto non seppe trovare un accordo con i

disoccupati organizzati Torino: il Pci locale stava cercando di raggiungere un accordo con la Dc e si pensava che le elezioni locali dei consigli di quartiere

avrebbero accentuato le differenze e avrebbero indebolito il partito, quindi le elezioni promesse dal Pci per l’ottobre ’77 fallirono

- Nel 1983 la città fu scossa da un grosso scandalo: personaggi di rilievo della giunta di sinistra (in prevalenza socialisti) furono

accusati di corruzione e arrestati

ALCUNE CONCLUSIONI

- Saragat osservò: “accanto al cadavere di Moro c’è anche quello della prima Repubblica”

- Ciò non avvenne, la Repubblica continuò ad esistere all’incirca nella stessa maniera di prima; la democrazia sopravvisse, ma non

vi furono mutamenti radicali nei rapporti tra società e Stato

- Tra il ’76 e il ’79 il movimento di protesta che aveva animato il ’68 fu distrutto; il terrorismo porta con sé un gran parte delle

responsabilità per l’abbandono dei traguardi collettivi e per il trionfo del riflusso - Gli “anni di piombo” produssero un mutamento profondo nell’atteggiamento di un’intera generazione verso la violenza;

man mano che si susseguivano gli omicidi, i fautori della violenza “rivoluzionaria” (parte così interna all’esperienza

del ’68) rimasero isolati tra gli stessi giovani

LA FINE DI UN’EPOCA

- All’inizio del 1979 i comunisti ne avevano ormai abbastanza: non erano vicini al governo più di quanto lo fossero due anni prima;

Carter, il nuovo presidente degli Usa, dapprima disponibile al loro ingresso al governo, aveva assunto nel gennaio ’68 una

posizione di netta contrarietà; il compromesso con la Dc non stava dando risultati

- Il 31 gennaio ’79 il governo Andreotti diede le dimissioni e il Pci disse chiaramente che sarebbe passato all’opposizione

- Il 3 giugno il risultato più evidente fu la perdita di voti del Pci, dal 34,4 al 30%, mentre la Dc rimase sul 38%

- Nel novembre Berlinguer annunciò la fine del compromesso storico e la nuova strategia di “alternativa democratica”:

un’aleanza tra Pci e Psi mirante a togliere il potere alla Dc

- Trai i sessantuno licenziamenti la Fiat inserì anche molti attivisti che non avevano nulla a che fare con l’attivismo, ma a tutti

furono attribuiti gli stessi reati e era difficile fare una distinzione tra i due gruppi

- Molti operai detestavano la politica e l’attività di Autonomia operaia ed erano contenti di vedere licenziati i suoi attivisti

- Il 18 settembre 1980 la Fiat si preparò all’attacco decisivo: annunciò che 24 mila operai sarebbero stati posti in cassa integrazione

per 15 mesi, al temine dei quali la metà sarebbe stata licenziata; tra i 24 mila vi erano tutti quelli che avevano occupato un posto

di primo piano nelle lotte sindacali dal 1969 in poi

- Tre giorni più tardi la Fiat prese misure ancora più drastiche, annunciando il licenziamento di 14 mila operai

- I sindacati reagirono con uno sciopero ad oltranza e con il blocco totale delle fabbriche Fiat, una cosa molto anomale nel

sindacalismo italiano; lo stesso Berlinguer si recò ai cancelli di Mirafiori per confermare l’appoggio del Pci agli scioperi

- Il 27 settembre la Fiat annunciò la sospensione di tutti i licenziamenti e solo 3 mesi di cassa integrazione per i 24 mila dipendenti

- Fu una mossa accorta che divise i lavoratori: la minaccia di licenziamento immediato era scomparsa, i lavoratori in cassa

integrazione avrebbero ricevuto il 90% dello stipendio e molti operai, senza soldi dopo le vacanze estive, non erano

preparati a scendere in sciopero; fu necessario chiamare attivisti di altre fabbriche per mantenere i picchetti

- Il 14 ottobre 1980 a Torino ci fu una manifestazione di 30-40.000 persone tra dirigenti, capisquadra e operai, che rivendicavano il

diritto di tornare al lavoro: “Novelli fai aprire quei cancelli”

- Il 15 ottobre i sindacati firmarono un accordo con la direzione Fiat: fu una capitolazione, ma non era possibile altra scelta

- Giovanni Agnelli ottenne una straordinaria vittoria e fissò il modello di relazioni industriali per il futuro decennio

L’ITALIA NEGLI ANNI ’80

- Mentre la società ha conosciuto ulteriori rapide trasformazioni, il sistema politico e la forma dello stato non hanno saputo

adattarsi velocemente o di superare le loro storiche deficienze

LA SOCIETÀ ITALIANA NEGLI ANNI ’80

L’economia: i primissimi anni ’80 furono caratterizzati dal persistere del quel clima recessivo, l’inflazione toccò il 21% nell’’80 e nel

’83 era ancora al 15%, a differenza degli altri paesi in cui scese molto più rapidamente

- Gli anni successivi però videro una rapida ed intensa crescita in tutti i settori; questa appariva influenzata dall’ottimismo

dell’economia americana

- Il clima di fiducia venne accentuato dal declino del terrorismo e dalla stabilità politica, che stava dimostrando la coalizione di

governo guidata da Bettino Craxi

- Il risultato fu il “secondo miracolo” economico: l’inflazione scese al 4,6% nel ’87 e il tasso di crescita si mantenne alto

- Giunse a compimento in quegli anni una massiccia ristrutturazione produttiva, con il conseguente calo dell’occupazione

e la diminuzione dell’incidenza del costo del lavoro sul fatturato

- La borsa di Milano nel 1982-’87 quadruplicò la propria capitalizzazione e la compravendita di azioni divenne un

fenomeno di massa, più di tre milioni di italiani giocavano in borsa

33 - Le favorevoli condizioni e la dinamica direzione di Romano Prodi hanno permesso il risorgere dell’industria pubblica

- Prodi, a capo dell’Iri dall’ottobre ’82, è riuscito a combinare privatizzazioni discusse (quella dell’Alfa Romeo alla Fiat)

con ristrutturazioni radicali e grossi investimenti, consentendo così all’Iri, per la prima volta dagli anni ’60, la chiusura

con un bilancio in pareggio

- La ristrette elite del capitalismo italiano si è recentemente accresciuta in ampiezza e in vigore grazie all’arrivo di nuovi

personaggi: De Benedetti, Berlusconi, Luciano Benetton, tanto da far parlare i circoli finanziari europei di una nuova epoca di

“condottieri” italiani → “La cultura dell’impresa” della Thatcher ha trovato nell’Italia la sua dimostrazione naturale

- Tuttavia il deficit del settore pubblico ha continuato a crescere per tutti gli anni ’80 senza che i governi riuscissero a controllarlo

- Rimangono anche dei dubbi su un’economia così fortemente basata sulla conversione di materie prime importate in beni di

consumo da esportare, in quanto una simile situazione dei rende particolarmente vulnerabili alla fluttuazione dei prezzi delle

materie prime; scarseggiano inoltre industrie di alta tecnologia e molti negozi si barcamenano sulla sussistenza

-

Le classi sociali: l’istituzione delle regioni e l’attuazione delle riforme sociali ha portato ad una crescente presenza di professionisti,

tecnici e intellettuali nel pubblico impiego

- E’ cambiata l’immagine stessa della classe operaia: essa non è più vista come uno dei grandi protagonisti della vita sociale

italiana; il ruolo di avanguardia collettiva nel processo di trasformazione della società è svanito

- I punti di vista del produttore di servizi e dei consumatori si sono venuti sempre più allontanando man mano che una lunga serie

di scioperi nei settori pubblici essenziali veniva causando enormi disagi nella vita quotidiana

- Tre gruppi di persone erano identificate a richio di scendere sotto la soglia della miseria: gli anziani, i giovani delle periferie

urbane, minacciati anche dal flagello della droga e i lavoratori immigrati

La famiglia: il declino dei valori collettivi e la vigorosa ricerca del benessere materiale ha portato a una ripresa del familismo e ad

un interesse più tenue per i problemi della collettività; questa tendenza ha caratterizzato senza dubbio il presente decennio

- Lo stereotipo della famiglia italiana chiusa in sé, tutta dedita al lavoro, allo stare insieme e ai rapporti con i parenti ha

ceduto il passo ad una realtà in cui i singoli membri tendono sempre più a socializzare con il mondo esterno

- L’unità della famiglia rimane salda a livello della produzione del reddito e delle scelte di fondo

- Grazie alle riforme degli anni ’70 le famiglie hanno la possibilità di accedere ad un maggior numero di servizi pubblici , asili per

l’infanzia, assistenza medica e farmaceutica, impianti sportivi e ricreativi

- Gad Lerene: “nel ’69 non smettevi di pensare che avevi problemi in famiglia, ma la famiglia veniva dopo, prima c’era

l’obiettivo, oggi no, la famiglia viene al primo posto”

- I nonni partecipano in misura notevole alla cura dei nipoti, inoltre non appena la generazione più vecchia è minacciata da

problemi o malattie riceve attenzioni e assistenza

- Le donne hanno sempre più cercato di trovarsi un’identità di lavoro propria, spesso nel mondo impiegatizio

- Nel Sud è la maggioranza e no la minoranza come al Centro e al Nord, che deve fronteggiare gravi problemi ogni giorno: la

maggior grandezza dei nuclei familiari evidenzia come persiste ancora la mentalità dell’avere più braccia per lavorare

- Il forte esodo dalle campagne ha provocato la “disintegrazione delle strutture produttive”, nonostante che il sistema di assistenza

all’agricoltura sia è evoluto e un flusso costante di pagamenti raggiunga i paesi delle regioni interne (ex: assegni familiari)

- In molte cittadine meridionali il paesaggio assomiglia ad un enorme cantiere

POLITICA E IDEOLOGIA NEGLI ANNI ’80

Un sistema politico bloccato: dopo il breve esperimento degli anni di solidarietà nazionale, la politica è rimasta dominata

dall’alleanza tra Dc e Psi, per più di venticinque anni, con rari intervalli Dc e Psi hanno formato la base del governo

- L’elezione nel ’79 di Sandro Pertini, noto antifascista e socialista, a Presidente della Repubblica si è dimostrata una facile scelta

- Fu Pertini che nel 1981 prese l’iniziativa di incaricare il repubblicano Giovanni Spadolini di formare un nuovo governo:

era la prima volta dall’epoca di Parri che non era un esponente della Dc a guidare il paese

- Le elezioni del 1983 videro la caduta della Dc al 32% dei voti, di netto il peggior risultato dal ’48: il nuovo segretario Ciriaco De

Mita si era presentato con un programma neoconservatore di tagli alla spesa pubblica e lotta al clientelismo, che il tradizionale

elettorato non gradì; la strada era aperta perché Bettino Craxi diventasse il primo presidente socialista della storia italiana

- La sua personalità aggressiva, la capacità tattica e l’innata abilità politica gli permise di restare al governo fino al 1987

- L’alleanza tra Pci e Dc non era comunque basata sulla fiducia reciproca, sulla parità o su un accordo programmato, ma su una

intesa lacerata dal sospetto, dalla rivalità personale e da interminabili giochi di potere

- Gli anni ’80 offrivano le basi materiali per le riforme, in primis la ripresa economica, ma i politici del centrosinistra si

lasciarono sfuggire l’occasione: mancando la pressione dei movimenti sociali come quella del ’68 -’78, la spinta verso le riforma

dei due governi Craxi è stata assai modesta, inoltre egli si è rivelato più abile nella strategia per il suo partito che per il paese

- Galasso, sottosegretario al ministero dei beni culturali, introdusse una riforma che obbligava ogni regione a stilare un

piano territoriale paesistico regionale, co nl’obiettivo di difendere la fascia costiera italiana e altri ambienti dal degrado

- Per il Pci gli anni ’80 sono stati un declino, a partire dalla sconfitta Fiat nel ’80 e dal declino dei partiti fratelli in occidente;

inoltre la morte improvvisa di Berlinguer nel ’84 lo privò dell’unica persona con abilità politica e statura internazionale

Il cittadino e lo stato: dal 1970 lo Stato è intervenuto con maggiore efficacia che in passato in aiuto del cittadino allargando la quantità

e la qualità dei servizi sociali e il decentramento regionale ha favorito questo processo

- Un criterio essenziale dello Stato moderno è la natura relativamente trasparente degli affari che intercorrono tra cittadini e

pubblica amministrazione, allora l’Italia rimane in fondo alla lista degli Stati europei moderni

- Per reggere la sfida europea del 1992 l’Italia deve riformare con urgenza la gestione di servizi pubblici, come le poste e i

telefoni, e deve anche ridurre i tempi lunghissimi necessari oggi alla burocrazia per lo svolgimento delle proprie mansioni

- Inoltre l’unica riforma di rilievo nel settore dell’istruzione, della scuola e dell’università risale al 1963

34 - Amato, 1988: “i singoli ministeri sono molto poco partecipi alla volontà collegiale del governo: il governo decide una cosa per

i brigadieri, ma il ministero competente va in commissione Difesa e decide il contrario”

- In alcune zone l’autorità dello Stato democratico è ancora dubbia, anche se il terrorismo e la tensione scemarono notevolmente

negli anni ’80; la tragedia più terribile fu lo scoppio di una bomba a Bologna nel 1980 con 85 morti

- Nel 1981 fu scoperta l’esistenza di una loggia massonica eversiva, la P2: ne facevano parte figure di spicco dell’esercito, del

mondo degli affari e del mondo politico; gli obiettivi sono rimasti oscuri, ma è certo che il suo capo, Lucio Gelli, stava cercando

di costruire una rete anticomunista di controllo e di aiuto reciproco dentro i più elevati settori dello Stato

- Il 3 settembre 1982 il generale Dalla Chiesa e la moglie vennero uccisi a Palermo dalla mafia: il generale aveva già un ruolo

centrale nello smascherare i gruppi terroristici ed era stato inviato a combattere le cosche in Sicilia solo da pochi mesi

- L’uccisione del generale e del comunista siciliano Pio La Torre spinsero il governo a incoraggiare contro queste

organizzazioni una lotta assai più dura che in passato, che culminò col maxiprocesso a Palermo nel 1987

- Tuttavia l’esito di questa battaglia è lungi dall’essere determinato: Domenico Sica, Alto Commissario per la lotta alla mafia, nel

1988 ha affermato che tre regioni, Campania, Calabria e Sicilia, non sono più sotto il controllo dello Stato, inoltre statistiche

dimostrano che il 12,5% del Pil del ’86 è stato frutto di attività criminali

IL CAMBIAMENTO DEI VALORI

- Negli anni ’50 e ’60 i ceti medi, attirati dallo splendore del consumismo e dalla possibilità di avanzamento individuale, erano

diventati degli stabili fautori del mantenimento di un moderato e democratico status quo

- Negli anni ’80 questo consenso si è generalizzato alla società intera: i valori tradizionali della famiglia si sono spostati a quelli

della democrazia parlamentare e del consumismo capitalistico - Un modello dalle forti influenze americane, intensamente contestato tra il ’68 e il ’73, sembra aver trovato negli anni ’80

la sua età d’oro

- Gianni De Michelis, vicepresidente del consiglio, nel ’89, ha parlato del 1968 come del “crepuscolo degli dei”, dell’ultimo

grande momento collettivo della storia italiana, della fine di ogni sogno di nuova era

- Tuttavia no si può credere che la forte tradizione di azione collettiva nella storia italiana, sia improvvisamente morta o

che il capitalismo abbia risolto “l’enigma della storia”

- Resta ancora da vedere se i valori degli anni ’80 saranno duraturi o se visioni alternative potranno ancora avere un ruolo più che

minimo nella storia della Repubblica italiana