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XV. Parentela, famiglia, genere

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Antropologia e parentela La parentela appare basilare:

• In quanto istituzione fondamentale, che viene prima di qualsiasi altra forma di relazione sociale

• In quanto vicina a una dimensione «naturale», o almeno a quelli che possiamo considerare «fatti generalissimi» della vita umana (la procreazione, la sessualità, etc.)

Lo studio della parentela ,e del modo in cui si organizza in sistemi più o meno coerenti nelle diverse culture, è uno dei «punti forti» della tradizione della disciplina, e ha sviluppato un lessico specialistico abbastanza articolato.

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Discendenza, affinità, collateralità

I tipi fondamentali di relazione sono: - La discendenza, che indica le relazioni di

filiazione. - La collateralità, che indica i rapporti fra

individui che (senza discendere l’uno dall’altro) hanno un antenato comune.

- L’affinità indica i legami parentali acquisti (tipicamente attraverso il matrimonio).

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Grafici di parentela

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L’antropologia usa un insieme di convenzioni grafiche, per rappresentare le relazioni di parentela:

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Forme di famiglia Rispetto alle regole matrimoniali, la famiglia può essere:

• Monogamica (si può avere un solo coniuge per volta)

• Poligamica • Poliandrica, ossia una donna può avere più

di un marito (piuttosto rara, si trova a volte in forma «adelfica», in cui i mariti sono fratelli)

• Poliginica (un uomo con più mogli), piuttosto diffusa, ad esempio nel continente africano

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Unilineare o bilaterale I sistemi di parentela nelle diverse società possono essere: - Bilaterali (come nella nostra società): sono

parenti sia gli ascendenti del lato paterno che di quello materno.

- Unilineari: in alcune società sono parenti a tutti gli effetti solo quelli dal lato paterno, in altre solo quelli dal lato materno.

- Cognatici, quando possono essere (in base ad altri fattori) gli uni oppure gli altri, ma non entrambi.

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Lignaggi I sistemi unilineari possono essere:

- Patrilineari (o agnatici), se valorizzano solo la discendenza paterna.

- Matrilineari (o uterini) se solo quella materna.

In molte società di interesse antropologico, la discendenza unilineare costruisce un «gruppo corporato» o lignaggio, un gruppo vero e proprio che condivide beni e status. Un insieme di lignaggi che riconoscono uno stesso antenato mitico è spesso chiamato clan.

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Matrilinearità e matriarcato Il «matriarcato» (o «ginecocrazia») è stato teorizzato dal giurista svizzero J. Bachofen nel 1861. L’ipotesi di una fase originaria della società umana, nella quale il potere è nelle mani delle donne, sembrava trovare conferma nel gran numero di società «primitive» caratterizzate da sistemi di discendenza matrilineari. Ma il fatto che i rapporti di parentela siano stabiliti in linea femminile non comporta affatto che nella società il potere sia detenuto dalle donne. Quello che di solito avviene è che la prole appartiene al gruppo della madre, ma l’autorità appartiene comunque agli uomini del gruppo.

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Unilinearità e relazioni fondamentali

Nella nostra tradizione culturale, il ruolo di «capofamiglia» e l’esercizio dell’autorità è riservato al padre. Al centro della teoria freudiana c’è proprio l’ambivalenza del rapporto con la figura paterna, da un lato oggetto d’amore, dall’altro di timore. Come sottolineato nel 1927 da B. Malinowski, in un contesto matrilineare il ruolo di capofamiglia spetta piuttosto allo zio materno, liberando la figura paterna dai suoi connotati autoritari. Inoltre in un sistema unilineare assume grande importanza – ad esempio a fini matrimoniali - una distinzione che noi trascuriamo completamente, ossia quella tra cugini paralleli (figli del fratello del padre, o della sorella della madre) e cugini incrociati (figli della sorella del padre, o del fratello della madre), che appartengono a un altro lignaggio.

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I termini di parentela L’antropologia ha dedicato molta attenzione allo studio dei diversi sistemi terminologici della parentela, nei diversi contesti culturali; ossia del modo in cui i soggetti distinguono i principali rapporti di parentela. L.H. Morgan, uno dei primi grandi studiosi della parentela, distingueva tra sistemi

• descrittivi, in cui ogni relazione di parentela viene indicata con una parola specifica;

• classificatori (secondo lui più evoluti), in cui si individuano classi di individui.

Ma in realtà sistemi descrittivi puri non esistono. Tutte le terminologie di parentela enfatizzano alcuni criteri di classificazione rispetto ad altri.

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I criteri di Kroeber L’antropologo americano A. Kroeber individua otto criteri principali di classificazione dei parenti:

1. Generazione 2. Genere 3. Consanguineità o affinità 4. Linea diretta o collaterale 5. Biforcazione (distinzione tra parenti dal lato paterno e

dal lato materno) 6. Età relativa 7. Parallelo o incrociato 8. In vita o defunto

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Principali tipi di terminologie Bilaterali:

1. Eschimese (come il nostro), distingue fratelli da cugini e genitori da zii (senza distinguere tra lato materno e paterno).

2. Hawaiano non mette in evidenza i diversi gradi di una stessa generazione: usa una stessa parola per fratello e cugino, per padre e zii, etc.

Unilineari:

1. Irochese, chiama allo stesso modo genitori e zii, ma distingue fra cugini incrociati e paralleli

2. Crow, chiama allo stesso modo la madre e le sue sorelle, il padre e i suoi fratelli (biforcazione), usando una sola parola per tutti i maschi del lignaggio materno (società matrilineari)

3. Omaha, usa una sola parola per tutti gli individui del lignaggio paterno (società patrilineari)

4. Sudanese, sistema a massima distinzione terminologica conosciuto, usa tutti i primi sette criteri di Kroeber

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«Atomi di parentela»? Famiglia e parentela non possono considerarsi istituzioni fondate semplicemente sulla «natura». Le loro regole e forme sono infatti culturalmente e storicamente variabili. In antropologia, si discute sull’esistenza di «atomi di parentela», elementi essenziali e universali alla base delle innumerevoli forme concrete. Ci sono però studiosi che non credono all’esistenza di questi principi universali e preferiscono analizzare la creatività dimostrata anche in questo campo dalle varie culture.

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Le teorie della discendenza e dell’alleanza

La teoria della discendenza, tipica dell’antropologia sociale britannica, vede nei gruppi corporati l’ossatura dell’organizzazione sociale. La discendenza unilineare che si ritrova in molte società «primitive» è dunque il fondamento della struttura economica e politica della società. La teoria dell’alleanza proposta da C. Lévi-Strauss (cfr. Appendice al capitolo V), si basa invece sul principio della reciprocità. Il tabù dell’incesto è la condizione per la costruzione di relazioni fra gruppi attraverso l’esogamia e lo scambio reciproco delle donne.

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Critica alle teorie classiche L’idea che la parentela sia la forma culturale primaria viene messa in discussione: - Da chi (ad es. da E. Leach e dall’antropologia marxista

di C. Meillassoux) sostiene che i suoi criteri di organizzazione non sono autonomi ma dipendono dai rapporti economici e di potere

- Da chi, come R. Needham e soprattutto D. Schneider, assume una posizione «scettica» rispetto all’idea che la parentela abbia un’essenza di fondo comune a tutte le culture. Questa presunta «essenza» sarebbe solo la nostra concezione etnocentrica della consanguineità come dimensione «naturale».

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La decostruzione della parentela Nell’antropologia successiva il focus passa da regole e principi strutturali alle pratiche di costruzione sociale della persona, del corpo, delle relazioni: da kinship a relatedness. M. Strathern (nei suoi studi sulla Melanesia) nega l’universalità della concezione occidentale di ciò che è un individuo, e introduce il concetto di dividualità: «Le persone sono spesso costruite come il luogo plurale e composito delle relazioni che le hanno prodotte. La singola persona può essere immaginata come un intero microcosmo sociale».

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La reciprocità dell’essere L’antropologo americano Marshall Sahlins ha proposto recentemente la nozione della parentela come «reciprocità dell’essere» (mutuality of being): essere parenti significa condividere una «esistenza comune», una essenziale partecipazione costruita culturalmente in innumerevoli modi diversi. In questo modo Sahlins - Condivide la critica alle concezioni universaliste e

«etnocentriche» della parentela - Ma cerca di contrastare la riduzione della creatività culturale

agli interessi o alle relazioni di potere

Un problema della tesi di Sahlins sta nella vaghezza del concetto di reciprocità dell’essere, così generale e variabile da potersi applicare quasi a qualsiasi forma di relazione (anche non parentale).

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Il «problema delle donne» L’antropologia classica sembra trattare le donne come soggetti secondari, subordinati all’autorità maschile o «scambiati» tra i gruppi come meri oggetti. L’antropologia dagli anni ‘70 in poi prende in considerazione la necessità di cogliere le forme di agency che le donne manifestano anche in presenza di un’asimmetria dei ruoli. Si sottolinea, inoltre, che proprio l’asimmetria dei ruoli maschili e femminili fa sì che anche la ricerca sul campo non possa che svolgersi diversamente a seconda che il ricercatore sia un uomo o una donna.

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Il dominio maschile «Non sono le necessità della riproduzione biologica a determinare l’organizzazione simbolica della divisione sociale del lavoro e, successivamente, di tutto l’ordine naturale e sociale; è piuttosto una costruzione arbitraria del biologico, e in particolare del corpo, maschile e femminile, dei suoi usi e delle sue funzioni, soprattutto nella riproduzione biologica, a offrire un fondamento in apparenza naturale alla visione androcentrica della divisione del lavoro sessuale e della divisione sessuale del lavoro, quindi di tutto il cosmo. P. Bourdieu, Il dominio maschile, 1998

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Bourdieu e la naturalizzazione Secondo Bourdieu la diseguaglianza maschile-femminile – nella nostra come in altre società – non poggia su una credenza, ma su un insieme di pratiche e di classificazioni che vengono naturalizzate, sembrando così inevitabili (tanto agli uomini che alle donne). In un certo senso, la società costruisce soggetti «giusti» per questi schemi. La stessa contestazione del dominio maschile non può che partire da quegli stessi schemi che di fatto lo fondano (da questo punto di vista lo schema di Bourdieu fatica a spiegare il mutamento culturale).

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Il sesso e il genere Fin dagli anni Ottanta, si è diffuso il concetto di genere (gender) in alternativa a quello di sesso. In questo modo si sottolinea il modo in cui non siamo davanti solo a delle differenze biologiche, ma anche al modo in cui queste differenze sono plasmate all’interno di specifici sistemi di relazioni sociali e simboliche. In quest’ottica, l’antropologia ha generalmente contribuito a combattere i pregiudizi sul carattere «contronatura» di quegli orientamenti sessuali e forme di unione che si indicano talvolta con l’etichetta LGBT.

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L’amore romantico Nella nostra società è dominante, fino ad essere naturalizzato, il modello dell’«amore romantico», che mette insieme

- L’idealizzazione del partner - L’intesa sessuale - L’istituzionalizzazione (matrimonio)

Si tratta in realtà di un modello occidentale, diffusosi lentamente nelle classi dominanti e generalizzatosi solo in epoca contemporanea. Pratiche che ci sembrano assurde e disumane, come quella dei matrimoni combinati, dipendono da modelli culturali differenti, che possono tenere separati i piani dell’amore, del sesso e del matrimonio.

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Individualizzazione e «relazioni pure»

Nella società moderna si indeboliscono i vincoli comunitari e spariscono i gruppi corporati. Si afferma un’individualizzazione dei modelli di relazione, per cui l’amore diventa un contratto liberamente scelto in base a un sentimento personale. Secondo A. Giddens si va oggi al di là dello stesso modello romantico e bisognerebbe parlare piuttosto di relazione pura, che non dà più importanza all’esito matrimoniale, e subordina la stabilità alla dimensione sempre reversibile della scelta.

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Dimensioni della famiglia • Famiglia nucleare, composta solo dai

coniugi e dai loro figli • Famiglia estesa, quando si aggiungono

alcuni parenti non sposati • Famiglia multipla (o polinucleare) in cui

convivono più nuclei: quello dei genitori e dei figli sposati, o le famiglie di più fratelli. Un modello diffuso, ad esempio, nella società mezzadrile dell’Italia centro-settentrionale fino al dopoguerra.

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La reinvenzione della famiglia Oltre al cambiamento storico delle forme di famiglia, quest’ultima è stata oggetto soprattutto nel dopoguerra di una radicale contestazione in quanto istituzione necessariamente repressiva. L’obbligatorietà e la stabilità dei rapporti familiari risulta indebolita, ma non la loro importanza

• Nella crezione di legami interpersonali • Come luogo di valori «sacri» per gli individui • Nel campo dell’economia, soprattutto per quanto riguarda la

dimensione del consumo e quella dell’economia morale. La famiglia sembra rafforzarsi culturalmente e moralmente quanto più si distacca dal piano dell’obbligo esterno e normativo.

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