Ulloa - Unificazione non Unità d'Italia - vers. 1

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    Unione non Unit d'ItaliaAl signor conte di G... Parigi

    Ho buttato gi un po' di scarne osservazioni, neppur ancora rifinite, sulla questione

    romana, che si pu ben considerare una questione scottante. La vostra saggezza, rettitudine

    ed equit vi fanno pi d'ogni altro degno di presiedere questo augusto tribunale che tuttiinvocano. Un uomo come voi, del resto, ama la franchezza e, quanto a me, io odio ladissimulazione. Troppo grande violenza a si farebbe se si dovessero soffocare i propri pen-

    sieri, in una questione che ci tocca cos intimamente. Una questione che ha a che fare con le

    nostre sollecitudini pi care, la nostra fede e la nostra patria. Mi dovrete dunque

    perdonare, e spesso. Ma ricordate quel che diceva Pope: riconoscere d'aver sbagliato non

    significa forse d'essere pi saggi di ieri?

    10 novembre 1867marchese Pietro Cala Ulloa

    Le vostre truppe sono arrivate appena in tempo a salvare Roma dall'invasione che laminacciava. L'intervento francese era una esigenza di ordine, di dignit e di onore. Finoraera stato l'esercito pontificio, di grande valore, a difendere Roma dalla pi brutale esacrilega delle invasioni. Questo manipolo di valorosi, come moltiplicandosi e gareggiandoin dedizione e coraggio, aveva risparmiato a Roma l'oltraggio di vedere gli unni e i vandalidalle camicie rosse. Ma i nuovi longobardi erano l gi pronti a varcare le frontiere e idifensori dello stato pontificio non avrebbero potuto far nulla se non lasciarsi falcidiare sottole mura di Roma, come a Castelfidardo. Ora gli invasori con le camicie rosse sono statirespinti, sconfitti, dispersi. Le truppe piemontesi si allontanano. I soldati italiani sono entratie usciti a modo loro, come compiendo un proprio dovere.

    IIE tuttavia cosa si far di questa vittoria? Se la spada di Carlo Magno si fosse levata solo per

    battere Garibaldi, sarebbe gi stata di per s cosa degna di nota. Ma se la caduta del poteretemporale della Santa Sede che si voluto evitare, lasservimento di Roma allunit dItalia, questa lora, o mai pi, di comporre il destino della penisola. Tutto ci che accaduto erafacile prevederlo e nondimeno troppo ci si lasciati andare al caso e all'imprevisto, perlunghi sette anni. Bisogna ormai orientarsi su di un principio ben definito e su una politicachiaramente formulata. Tutti si chiedono e cercano di spiegarsi quale possa essere oggi il

    pensiero segreto della Francia. E nessuno pu contestare il dovere e il diritto della Francianella questione romana, che vi impegnata nei confronti delle potenze cattoliche. Erarestata a Roma per sedici anni in virt di una Convenzione che aveva riconosciuto nellasovranit temporale un requisito assolutamente necessario per il bene della chiesa. E ne erauscita in forza di un'altra Convenzione che aveva riconosciuto, anch'essa, che il capo dellachiesa deve sedere sul proprio trono nel proprio regno e reggere da sovrano indipendente larepubblica cristiana. Ignorata e violata questa Convenzione, non un intervento, quellodella Francia, ma la ripresa di antichi impegni e il ripristino della situazione antecedente, nelcontesto della cattolicit. Lo stesso linguaggio del vostro ministro una prova che laquestione non puramente ed esclusivamente francese o italiana; egli sostiene che tutte le

    potenze sono interessate quanto la Francia a far prevalere in Europa i principi dell'ordine edella stabilit. Sono i principi della Convenzione di Gaeta del 1849: allora come oggi ladifesa del potere temporale era fortemente voluta da tutta la cattolicit nel suo insieme.

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    Allora si riconobbe che i cattolici, in qualsivoglia parte del mondo fossero, avevano bisognodell'indipendenza e della sovranit del papa. Il capo della chiesa non pu esser suddito dialcun potere, la sua voce, alta, potente, libera da ogni influsso e arbitrio, deve farsi sentiredai popoli e dai principi. Ed quanto voleva anche unassemblea nazionale scaturita dalsuffragio universale.

    IIIMa oggi che garanzia possono dare le potenze cattoliche? Un tempo, forse, questa garanziaaveva un certo suo valore. Diventava un dovere di onore e di coscienza. Al giorno d'ogginon neppure un impegno, per dirla con lord Stanley. Si potrebbe far ricorso a uncongresso? Non lo so, se un congresso sarebbe accettato da Roma. Il papa non pu venirgiudicato da principi non ortodossi e assai poco preoccupati dell'indipendenza morale emateriale del capo della chiesa cattolica. Ce ne fu uno nel 1815, ma si trattava di una restau-razione generale in Europa. Pu trattarsi della stessa cosa ora, con delle potenze cattolichecontrarie o paralizzate? Si pu mai immaginare un congresso che si occupi esclusivamentedella questione romana, qualora il Piemonte vi venisse a riprendere il suo atto d'accusa delCongresso di Parigi? Potrebbe Roma accettare un tale arbitrato? Il papato ha un diritto chenessuna convenzione pu in alcun modo alterare.

    IVMa quale autorevolezza possono avere dei trattati, da che si ripete che la vera logica quelladel fatto compiuto e lEuropa s premurata di riconoscerlo in Italia e in Germania!? Quale

    potrebbe essere la sanzione di trattati stilati ai tavoli delle conferenze, redatti tra le paure e legelosie dei governi europei? I trattati cadrebbero nell'oblio, con ogni probabilit, come quel-lo di Westfalia, o sarebbero ignorati, come quello di Vienna, o altri ancor pi recenti chesonnecchiano nelle cancellerie. Nessuna potenza pu volere, con gli unita-ri in Roma,l'umiliazione del papa fatto oggetto di ossequio farsesco e insolente venerazione. N vi alcun uomo politico che possa seriamente affrontare l'idea di un papa cappellano di sovranio, ancora, il tema della conciliazione fra il papa e l'Italia. Sono forse in grado le diplomaziedi elaborare una soluzione migliore della Convenzione del 15 settembre? E voi ne firmeresteforse una con questa Italia che avete appena richiamato al rispetto dei trattati e della fededata? In realt, la proclamazione del re Vittorio Emanuele significa per gli italiani che,ritornata la calma, si tenter l'accordo con la Francia per una soluzione definitiva allaquestione romana. Forse quella proclamazione stata solo un'espressione ambigua e fallace

    per scongiurare la tempesta, l'espediente estremo di una politica in difficolt e di un poterein pericolo. L'imperatore, invero, non dovrebbe intervenire per salvare e Firenze e Roma?Di fatto la monarchia italiana non meno minacciata di quanto non lo fosse test il poteretemporale della Santa Sede. Ma la monarchia italiana potrebbe anch'essa contare poi su unatale buona sorte? In questo caso potrebbe ben congratularsi con se stessa della propriaaudacia e della propria sconfitta. Ma voi potreste credere che il suo nuovo impegno sarebbesincero, e che nella patria Machiavelli non si sia voluto far altro che prender tempo? Permolto tempo avete creduto di non pot recare offesa al governo italiano dubitando della slealt. I fatti hanno appena finito di dimostrare e potevate essere meno scrupolosi e avete

    peccato deccesso di precauzione. Non bisogna confondere gli italiani con gli uomini dellarivoluzione. Tutti i governi di Firenze potranno servirla nel migliore dei modi, ma non

    potranno abbatterla. Ormai non pu pi esserci a Firenze un governo saggio, moderato,

    paterno. La rivoluzione del 1860 la si poteva pure considerar morta sotto le mura diCapua15, ma da due anni le si lasciato briglia sciolta, la si incoraggiata, sovreccitata. E ilgoverno si vede costretto a mettersi dietro al carro della rivoluzione, a costo anche di

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    trascinare lo stato nel baratro. Non vi un solo uomo politico, oggigiorno, che abbia ilcoraggio di guardare in faccia la situazione. Nessuno potr mai tenerla sotto controllo; sitrover sempre alle prese con tutte le difficolt che corruzione e follia hanno accumulato insette anni. Tutti devono confessare la propria impotenza a porre riparo ai grandi errori, e aigrandi crimini, compiuti da tutti. E allorquando non si contano pi le cause delladissoluzione e della morte, potr forse un governo impegnarsi seriamente per il futuro?Potrete forse voi nutrire ancora la vostra incredibile fiducia nelle sue parole? Lo stesso rerischia di diventare lo strumento coronato della rivoluzione e di restare inerme davanti adessa. Tutto ci il frutto dell'unione adultera fra il regno e la demagogia.

    VSe il partito degli estremisti e temerari ha voluto assestare questo suo ultimo colpo, anchecontro di voi, che non far quando sar padrone del campo? Cosa non oserebbe fare, qualoravi vedesse impegnati in una guerra continentale? I francesi, che oggi vengono difensori deitrattati e protettori di san Pietro, potranno un giorno venire vendicatori? Se vi lasciaste pren-dere al laccio delle assicurazioni fiorentine, non fareste il bench minimo passo avanti.Chiara ormai l'inefficacia della Convenzione, potreste forse rinnovare continuamente ilvostro intervento? Eppure con una nuova convenzione tutto sarebbe da rifare. Continueretea restare in ci che rimane degli stati pontifici? E se un giorno quest'Italia, che voi aveteformato col vostro sangue e il vostro denaro, rivolgesse le sue armi contro la Francia?Prolungherete all'infinito l'occupazione di Roma, per fermare l'Italia e impedirle diabbandonarvi? Ma sarebbe una piaga sempre aperta, una preoccupazione senza fine chedistrarrebbe le forze della Francia e ne decimerebbe le risorse. Vi potrete ancora illudere chevi siano in Italia due sovranit distinte? Ma se sono l'una e l'altra minacciate allo stessomodo e l'Europa intera con loro! Quando sarete riusciti a restaurare il patrimonio di sanPietro, ed questo il sentimento profondo e incrollabile della cattolicit, gli stati pontificinon resterebbero sempre un enclave del regno d'Italia? Resterebbe sempre accanto al suoirriducibile nemico, n il recupero delle province sottratte con l'inganno o la forza alla SantaSede fornirebbe forze sufficienti per garantirsi. Sono i fatti a provarlo. Il papato oggiavrebbe trionfato solo per vedersi apprestar la rovina da parte della diplomazia e cadere ungiorno o l'altro sotto i colpi della rivoluzione. Non bisogna dimenticare che la rivoluzione hafatto del rovesciamento del papato la conditio sine qua non dellindipendenza nazionale. Dadove dunque incominciare, se si vuol difendere la monarchia italiana e salvare il papato?

    VILa chiave di volta non la salvezza di Roma, bens la soluzione della questione italiana. la questione italiana non la romana, che deve preoccupare la Francia e l'Europa. Quali chesiano le illusioni della diplomazia, dalla crisi attuale si pu uscire soltanto o abbandonandoil papato al suo destino o ponendo fine all'unit italiana. l'unit italiana che minaccial'unit cattolica. L'interesse della cristianit ha bisogno del papato, ultima ancora di salvezzadella civilt del mondo. L'interesse dell'Italia di prendere Roma per uscire, sia purtemporaneamente, dalla miseria e dall'anarchia. Una volta posto il principio dell'inviolabilitdella sovranit temporale, si vedr facilmente che l'unico ostacolo l'unit italiana. E chequesta non la si pu che confinarla fra le pazzie. L'Europa che si affrettata a riconoscerla si fatta sedurre da questo unitarismo latino, da questa unit per la quale l'Italia stata scon-volta e l'indipendenza dei suoi stati distrutta. proprio in questo che l'intervento francese

    la soluzione della questione italiana. una questione che si pone di nuovo, dopo sette annialla radice: o la rivoluzione presto o tardi finir col conquistare Roma oppure l'Italia siformer federata. questa l'alternativa che si presenta oggi nella penisola. Tutti sono

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    convinti, dopo penosa esperienza, che bisogna sostituire l'unione all'unit, federata puessere per lindipendenza del papato e la pace in Europa.

    VIILe vostre legioni scesero le Alpi nel 1859 per far guerra all'Austria e consentire lacostituzione di una federazione italiana. La pace di Villafranca' offriva la transazione picompleta e soddisfacente per tutti gli interessi in campo. Realizzava l'unit italiana nellaforma pi concreta e immediata: la confederazione sotto la presidenza del papa. Si trattavadella politica tradizionale della Francia, era il pensiero di Enrico IV che riappariva adistanza di secoli, era la soluzione che corrispondeva a interessi reali e stabili. L'unitd'Italia attraverso la federazione era la sola possibile, perch nell'ordine naturale, storicoed etnologico della penisola. L'Italia confederata significava un'Italia in pace e la crescitadel prestigio morale del papato, che sarebbe assurto a tutta la grandezza della sua missione.La monarchia pontifcia, monarchia cristiana, opera dei secoli, che grazie alla suaindipendenza ha favorito lettere, scienze e arti e promosso quella civilt che sta a cuore allacoscienza della gente, alla distensione fra i popoli e alla pace nel mondo, sarebbe stata il

    pilastro centrale del nuovo edificio politico. Due grandi regni si sarebbero avuti, attraversola confederazione, uno al nord e 1altro a sud; al centro, piccoli stati che avrebbero attuatogli attriti. E il papa avrebbe steso la sua mano stili Italia per benedirla e difenderla; l'Italiasarebbe stata protetta dalla sua forza, dal suo equilibrio, dalla sua stessa sicurezza. Lafederazione avrebbe avuto il suo punto forza nel popolo e nell'appoggio reciproco degli staticonfederati. Solo la federazione poteva conferire a penisola un'esistenza sicura e durevole.Uno stesso tipo, all'incirca, di governo; l'unione doganale; facilit delle comunicazioni;convenzioni monetarie; unit di pesi e misure: ecco gli strumenti forti dell'avvicinamento fragli stati. Si sarebbe trattato di riforme pratiche e concrete, che avrebbero avuto il vantaggiodi istituire stretti legami fra i popoli italiani, lasciando a ciascuno di essi la propria identitstorica. Ma ci si attenne al programma di Villafranca?

    VIILa confederazione la sola cosa possibile in Italia, perch poggia sul genio della nazione.La sua divisione, precedente alla dominazione romana, nasceva dalla configurazione stessadella penisola. Era confederata 1Italia, per secoli, prima della conquista romana, che

    possiamo considerare come la prima invasione barbarica della penisola. Crollato l'imperod'Occidente, 1Italia torn spontaneamente alla sua costituzione naturale. E fu allora chedivenne l'anima e lo spirito del mondo. I difensori pi illustri dell'indipendenza italianalhanno sempre intesa, e servita, attraverso leghe e confederazioni. Era quasi un istinto diconservazione, nella consapevolezza che per l'Italia essere una significava era schiavizzata.L'unit pu dare forza, ma non indipendenza. Lunit una schiavit ragionata, la peggioredelle schiavit. Per quanti amano veramente la loro patria lindipendenza non pu cheessere nella coscienza. E certamente in questi ultimi tempi costoro hanno dato prova disaper combattere.L'Italia composta da popoli differenti per origine costumi, lingua, abitudini. Fra di loro vi solo l'unit della religione, della letteratura e della gloria. Lo spirito italiano pereccellenza uno spirito di rivalit e antagonismo. Questa l'opera dei secoli. da pi di unmillennio che questo antagonismo sempre vivo e costante, fra il nord e il sud della

    penisola; ed esisteva sin dalle rivalit fra la razza greca e romana, da una parte, e quella

    allobroga e gallica, dall'altra. Nato il regno longobardo, la storia ci mostra il papa semprecircondato e difeso dagli stati del sud contro gli invasori del nord. I longobardi - ipiemontesi dei nostri giorni non riuscirono mai a insediarsi stabilmente nelle province che

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    formano il regno di Napoli. La stessa rivoluzione sembr per un momento capire taleesigenza di federazione, quando si era figurata una suddivisione dell'Italia in regioni. Certole regioni, senza i loro principi legittimi, sono della realt illusone; ma si poteva sperare neltempo, col mutare dei tempi... Gli atteggiamenti incerti incoraggiano sempre i temerari.Trionfarono gli unitari oltranzisti, ma hanno cantato troppo presto vittoria. Col miraggio diuna grande potenza, hanno creato solo un'immensa schiavit. E dopo essersi impantanatinella melma della rivoluzione, gli italiani si son messi a recitare la commedia delle antichegrandezze. Si invocata l'unit per giustificare la violenza. Ma quand'anche fossero riuscitia fare lunit d'Italia, non si pu assolutamente sostenere che avrebbero fatto l'unione degliitaliani.

    IXLa costante resistenza del regno di Napoli, l'insurrezione di Palermo e i torbidi siciliani'avrebbero dovuto convincere i pi ostinati. La stessa Torino ha mostrato, appena tre anni fa,quante passioni infuocate covino sotto la cenere; e vi scorse anche il sangue. Ma non potevacancellare le tracce di quello versato a Gaeta e a Castelfidardo: qui che i combattentioffrirono l'autentica immagine eroica del dovere e dell'onore. vero, la citt di Torino dopoha cercato di mascherare il proprio egoismo ruvido e focoso, le sue ambizioni localistiche,con l'aspirazione verso Roma. L'opinione dei giornali, il consiglio della provincia, la citt eil suo municipio, le associazioni con le loro risoluzioni, lamentarono ad alta voce i sacrificidi sangue e di denaro fatti dal Piemonte; ma la meta era Roma, si diceva, solo Roma, a cuila rivoluzione italiana non pu rinunciare: la rivoluzione non pu abdicare. E nondimeno,andando un po' pi a fondo, si sarebbe visto con facilit cosa voleva davvero Torino. Lamenzogna di Roma era soltanto un orpello, una concessione che si accordava alle esigenzemunicipali. La Roma che richiedevano i caudatari del conte di Cavour non avrebbe colpitoal cuore Torino meno di quanto non lo faccia oggi Firenze. E non sar la Permanente a potersmentire. Torino insorgeva perch non voleva perdere n il titolo n le prerogative dicapitale.Si capisce benissimo il malcontento dei torinesi. La secolare capitale di Casa Savoiadecaduta al rango di citt di provincia.! Ma dopo aver aspirato e faticato ad annettersi glialtri tenitori d'Italia, dopo aver misconosciuto e rimescolato tanti interessi, dopo essersiarricchita con le spoglie di altri popoli, questa citt poteva mai credere di essere a suo voltacancellata? Se era vero che l'aspirazione era Roma, l'unit d'Italia con al centro Roma,Torino doveva pur aspettarsi che il governo vi sarebbe stato trasferito. E Napoli, la citt diFederico II e Alfonso dAragona, Firenze, la citt dei Medici e dei Lorena, Milano, la cittdei Visconti e degli Sforza: tutte queste capitali, la cui storia, i monumenti, le leggi, i ricordierano stati come depennati dalla forza, dovevano, loro s, farsi assorbire da Torino?mare senza sponde. E noi, la cui vita da quattro anni soltanto un brivido di terrore,scagliati come siamo nell'inquietudine senza fine del dolore e dell'angustia, fummo i soliforse a deplorare il decadimento di casa Savoia!

    XGli autori di Una rivoluzione iniziano con l'essere colpevoli e finiscono vittime. Torinoferita al cuore ora in grado di capir? quali sono state le sofferenze di Napoli, quando dalrango di una delle pi splendide capitali d'Europa si vide ridotta alla condizione di citt di

    provincia. Noi non siamo cosi poco magnanimi da non capire le angosce odierne di Torino,

    anche se Torino aveva spinto la sua cruenta ironia fino a prendersi gioco delle tendenzeautonomistiche dei napoletani. Ma presto la legge Pica fu applicata anche a casa Savoia:allontanata dal proprio suolo, strappata alle proprie radici, fu condannata a un domicilio

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    coatto. venne a cercare a Palazzo Pitti il riposo un goduto nel castello di Moncalieri. Ma nonaveva capitale. Il re che dopo Villafranca avrebbe potuto dirigere il movimento italiano,deve ora subirlo; e oggi si sar accorto che il conte di Cavour l'ha trascinato in un maresenza sponde. E noi la cui vita da quattro anni soltanto un brivido di terrore, scagliati comesiamo nellinquietudine senza fine del dolore e dellangustia, fummo i soli forse a deplorareil decadimento di casa Savoia!

    XIII fatto che il regno d'Italia non pu combattere contro quelle che sono le conseguenze del

    principio su cui si basa. Il Piemonte si avventato sul regno di Napoli, che non volevaessere assorbito da quell'unit che avrebbe fatto scomparire la sua differenza etnica, letradizioni e il carattere. Non ha capito che l'esistenza di un popolo si deve fondare sulla

    propria coscienza: una coscienza che si ha solo per i propri costumi, le proprie tradizioni, lapropria storia. Si poteva forse illudere di far dimenticare la storia di Napoli e di Firenze, oquella di Venezia? La stessa Inghilterra non ancora riuscita, malgrado il lungo possesso, aunire perfettamente le soie britanniche: i contadini irlandesi ancora oggi chiamano sassonigli inglesi. La Spagna, la cui unit fu fatta senza violenza, non ce l'ha fatta, nonostante lasua grandezza, ad assorbire gli altri regni della penisola iberica; e dei nostri giorni laresistenza della Biscaglia e a Navarra. E anche la Francia vi appena riuscita, dopo lunghisecoli, dopo tante lotte e col sangue di una tremenda rivoluzione.Da quando ha dovuto subire la legge del taglione, Torino diventata, come Napoli, una

    piaga sui fianchi dell'Italia; gli odi municipali, che si credevano sopiti, si sono risvegliati.Dal giorno della reazione di Torino e della sanguinosa rivolta di Palermo, dieci diverse cittsi disputano in segreto l'onore di diventare sede del governo. Nel trasferimento della capitaled'Italia non si avuta certo quell'accortezza che hanno avuto gli inglesi nell'abbandonareCalcutta 2'... E se la stessa cosa succedesse poi a Firenze? E cosa succederebbe il giorno incui Napoli volesse punire i piemontesi d'aver sostituito all'Italia il Piemonte, allafederazione l'unit? Gli unitari forse potranno osservare che un popolo oppresso di rado fa larivoluzione. Ma si ricordino del popolo di Masaniello: che quando Dio ha deciso laliberazione di un popolo, sa ben suscitare una circostanza esterna da cui fa nascere laredenzione. Non c' in Italia un solo uomo, serio e giudizioso, che non intraveda davanti as un terribile avvenire. E molti sono gli italiani che ripetono Super flumina Babylonisquesto salmo mesto e profondo che esprime tutto il dolore dell'esilio, un canto che piangelungo i secoli la patria perduta. Tutti in Italia pensano, in una tristezza senza fine,all'umiliazione e alla miseria della patria: una patria che evoca tanti ricordi dolci o amari,tanti pensieri tristi o lieti, scuote in fondo al cuore le fibre pi delicate. E questa patria sichiama Napoli, Palermo, Firenze, Modena, il triste biasimevole spettacolo delle quali oggisotto gli occhi di tutti. Gli esuli lo leggono soltanto nelle lettere dei familiari e degli amici,che rileggono cento volte e bagnano di lacrime di dolore e di indignazione. E i pi vecchi, eio sono fra questi, non sanno se la loro patria potranno un giorno chiamarla loro tomba.Quanto a noi, sappiamo che Napoli da sette interi anni un paese invaso, i cui abitanti sonoa merc dei loro padroni. Hanno davanti agli occhi questi terribili procuratori piemontesi,che hanno capito assai bene il compito loro assegnato da svolgere. il fondo ferocedell'antico longobardo. Se pure han concesso agli oppressi di piangere in silenzio, se fracarcere, deportazioni e fucilazioni, hanno deposto per un po' la scure del boia, solo perch

    i nostri non sono pi giorni delle carneficine di Cromwell (Cromwell slaughter-house) eda tribunali rivoluzionari. Non che manchino loro gli Jeffrey o i Fouquier-Tinville. Esperano ancora col tempo di rendere pi pesanti le catene sul collo di questo disgraziato

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    paese.XII

    Qual dunque questa monarchia italiana che si vorrebbe salvare insieme a Roma? Non v'chi non veda il suo triste stato, lo spettacolo desolante dell'anarchia pi completa neldispotismo pi assoluto, in ogni sede, dal basso in alto, delle strutture governative. Da quan-do, or sono sette anni, l'Italia passata sotto le forche Piemontesi, tutti gemono nel vederlaoppressa da un governo militare immorale e dissipatore del pubblico denaro. Un governoarbitrario in ogni direzione; e poi una melma di attitudini nefande, macchiata di sangue,sensualismo scettico che snerva le intelligenze. Tutta opera di un potere che si illude direstare in piedi lontano da Dio. Questo Potere che si dice costituzionale, lo si vistodisprezzare le leggi, calpestare i popoli, offendere la Religione, spogliare ed esiliare preti evescovi, donne e bambini, o deportarli in massa. Tutti in Italia si convinti che l'ordinenella societ stia per estinguersi. Cos, a Napoli soprattutto, un odio profondo separa il

    popolo dai piemontesi e dai loro fautori. Ovunque ma soprattutto nelle Due Sicilie, si viveuna schiavit tanto pi pesante quanto pi mascherata di libert. I ribelli vanno colpiti, nonmeravigliati. Firenze, capitale d'Italia, fluttua nell'aria come le citt favolose degli ind. Mai mali piacciono pi dei rimedi. Le amarezze e le spine di oggi saranno le angosce e i

    pericoli di domani. Fra rivalit, diffidenze, animosit sospettose, gelosie ed esaltazionipolitiche (malgrado il disprezzo dell'autorit) e sconforti, si resta nell'atonia, si attende lamorte.

    XIIIE nondimeno si andati avanti, nella direzione che all'inizio si cercava di nascondere. Ederano la cupi gi e la conquista, che si travestivano con lostentazione del sentimentogeneroso della risurrezione italiana. Ma si accettava quel che aveva detto EmanueleFiliberto, che l'Italia era un carciofo, di cui egli sarebbe mangiato le foglie a una a una. Perquesto ritenne necessario appoggiarsi su una forte centralizzazione, su un esercitonumeroso, sul diritto della forza e della violenza, che oggi costituisce il nuovo diritto dellademocrazia. E si avr un bel negare, si avr un dare il cammino e stare attenti alla strada:non si potr pi governare n far appello alla libert e allunit per giustificare l'oppressione.L'influsso della rivoluzione, il discredito degli uomini di stato, la disonest dei funzionari,l'indifferenza, lindifferenza o il disprezzo dei principi religiosi che si permesso

    prendessero il sopravvento nelle classi medie, la diffusione delle idee socialiste fra le classibasse, la corruzione dei costumi, l'aumento della criminalit: tutto spinge il regno d'Italiaverso una tremenda catastrofe. Sempre nelle rivoluzioni si visto il dispotismo succedereall'anarchia e l'anarchia al dispotismo. Gli stati non si sconvolgono impunemente. Ora, qualedovr essere il futuro di uno stato che vive alla giornata, prescindendo da quelle coordinateetiche che sono la ragione dell'ordine? L'avvenire di questo potere che da sette anni attingela sua forza in un partito tirannico quando si sente forte e che invoca indulgenza e libertquando debole? Un partito che colpisce a caso come Aiace nella sua collera, lo spinge suicampi di Novara nel 1849, a Custoza e Lissa nel 1866, e ultimamente contro Roma?Oggi l'abisso si apre sotto i nostri occhi. Si creduto di potersene allontanareintraprendendo una guerra, invadendo gli stati della chiesa, ma il baratro l con le suefauci spalancate. Se l'unit italiana non vi precipitata, sar la societ sconvolta che vitrover la propria tomba. Le colpe si pagano, solo si ignora il momento del castigo. Ma

    dopo l'invasione degli stati pontifici e dopo che il Vaticano ha domato le onde dellarivoluzione , vera arca nel diluvio, la punizione ormai segnata sul quadrante della vendettaceleste.

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    XIVNoi abbiamo gi altre volte lottato contro i giudizi ingiusti e sprezzanti dell'oppressione. Cisiamo sforzati di sottrarre il nostro paese a quella grande cospirazione contro la verit, chechiamano storia. Noi siamo armati di tutta la forza dei fatti, delle cifre e dei documentiufficiali, per denunciare i crimini. Vendicare la verit, nei confronti dell'infatuazione el'ostruzionismo delle opinioni, era un'opera difficile e forse coraggiosa. Ma vendicare laverit significava constatare ancora una volta l'impossibilit dell'unit italiana, da noi giformulata. Ora sono i fatti che l'hanno dimostrata. Non si pu dire quel che stato fatto,tutto ci che i nostri occhi hanno visto in quella terra cos nobile e cos tormentata che stata la nostra culla. Ora infatti su tutto il mondo, sui popoli come sui loro ministeri,

    balenala miseranda lugubre esperienza di questo settennio. L'unit d'Italia un gorgo in cuisi voluto scagliare delle nazionalit gelose della propria identit, dove tutto si contrapponea tutto, le idee, le aspirazioni dei patriottismi, le convinzioni di fede. Gli amici veridell'Italia si sono dovuto coprire il volto per l'orrore. E donde viene quest'ansia crudele cheesplode a ogni piccola scintilla che si accende nella penisola? Anche se, come sempre incasi simili, l'interesse, la paura, ladulazione servile del partito al potere e il fanatismo delleopinioni hanno alimentato le illusioni, non alcun dubbio che l'Italia sia divorata da un

    profondo, incurabile. La libert, l'ordine, la sicurezza, il prestigio, tutto quanto costituisce lavita dei popoli e degli individui, abbandonato al furore di passioni turbolente. Dappertutto,contraddizioni morali e politiche, dappertutto anarchia profonda nel paese. Col tempo i

    problemi si sono aggravati e complicati, le azioni si son fatte pi tese e aspre. L'insurrezionedi Palermo stata la rivelazione palese di uno stato violento che non da pi spazio adiscussioni e accomodamenti. Si pu quindi prevedere che dalla torbida effervescenza deglispiriti, soprattutto nelle Due Sicilie, scaturir qualcuno di quei movimenti disperati chemandano in aria ogni calcolo politico. Una scintilla pu fecondare un gran fuoco e non sitratter di un incendio da nulla.

    XVChe potr fare allora questo potere che a Firenze, un potere senza domani? Se ne givista la debolezza nella guerra e nell'invasione degli stati pontifici, debolezza in cui tuttihanno visto complicit. Ogni cosa ha come il tono d'un ultimo appello, per il governo e ilPopolo. E non sar una di quelle insurrezioni che da trentaquattro anni si affacciano ognitanto al di l dei Pirenei: li il regno e la monarchia li si sempre rispettati, l la monarchiagode il prestigio di un diritto che le viene dalla tradizione, quindi non stata maiminacciata. Si tratta sempre dell'antica lealt castigliana... Quando il popolo di Masanielloinsorse, nel 1647, accese dei ceri davanti alle immagini del re Filippo. Era passato un secoloe mezzo dal rovesciamento della dinastia aragonese e la monarchia vi aveva gettato radici

    profonde. Avverrebbe lo stesso oggi che i popoli portati alla disperazione volgono gli occhi,in ogni stati della penisola, ai loro legittimi principi? .In Italia ormai alla prima scossa sar la stessa monarchia ad esser messa in discussione. Inquale partito potrebbe trovare sostegno e forza per agire? Il partito cosiddetto moderato si suicidato con le sue mani, ha perso il prestigio rinnegando il passato e le proprie idee. Aducciderlo sono state le leggi Pica e Crispi. Il giorno in cui si e posto contro la legalit e hagovernato con la violenza, s messo fuori dal potere reale e della politica. E non ha altrarisorsa che lasciarsi andare a un violento assolutismo. Il partito progressista ha ormai rotto

    con qualsiasi idea di monarchia. Respingendo l'azione legale, si butter presto nellecospirazioni e in ogni tipo di tentativi. Se ora si astiene, in breve la sua astensione si muterin una dichiarazione di guerra.

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    Se non vi sar una rivolta da parte dellesercito, linsurrezione vittoriosa di oggi diventerguerra civile domani. E il popolo, che non ha le stesse leggi, n gli stessi fini, che nonaccetta -conoscendoli sufficientemente- i demagoghi, il popolo stanco non rester inerte ad.attendere il nuovo destino che gli si vorr dare. Il ruolo pi sorprendente sar quello del

    partito autonomista, forte della sua intelligenza, del suo acume politico, delll'integrit dellasua reputazione. Un unico possibile legame fra questi partiti cosi diversi: la guerraallattuale monarchia. E sar la sconfitta prevista e annunziata della dinastia.Questa non ha alcun prestigio agli occhi del paese, non lo ha neppure del tutto conservatoin Piemonte. Si compromessa ovunque, ovunque ha usato della sua effimera popolarit; esi vede in questo momento, minacciata, vacillante, screditata, alla merc dei partiti. l'esito previsto del suo stesso principio, il risultato di una serie continua di deviazioni ederrori, perseguita con una pessima logica violenta.

    XVISo bene che non si diventa indulgenti alla scuola del dolore e delle prove. Ma vi sono deidoveri di giustizia da cui un uomo politico non pu prescindere, storicamente. La miaseverit quindi spontanea, ma tutt'altro che irragionevole. Non credo che gli eventi, o lesofferenze dell'esilio, mi abbiano cambiato o reso ingiusto. Se l'unit italiana la si dovesse ai

    plebisciti, non esisterebbe, che senza Roma i plebisciti non sono validi. Ma se l'unit fossestata possibile, avrebbe incontrato un'opposizione minore fra genti legate alla e dalla pietreligiosa. stato detto, anticamente, che voler fondare una societ senza religione equivalea costruire una citt sulle nuvole. Il sentimento religioso quanto ci sia di pi vitale, di pisolido nell'animo umano. il fondamento delle idee, delle volont e delle passioni, edovrebbe essere la base della vita e della politica dei governi italiani. il cristianesimo cheha formato le azioni moderne. la chiesa che stata il custode della libert.E sar il Vangelo, sempre, la legge fondamentale degli Stati italiani. La nostra civilt cresciuta all'ombra del Soglio di Pietro. Allorch lItalia, fiduciosa in se stessa, ritrov ilsignificato della propria esistenza per venir fuori dalla barbarie, furono gli sforzi individualila sorgente della prosperit di tutti. Tutte le repubbliche e i principati della penisoladivennero centri attivi, focolari di poesia, arte e sapienza. Gli uomini di quei tempi furonovalorosi soldati, audaci marinai, onesti illuminati mercanti. Accanto ai capolavori dell'arte edella letteratura, il commercio ricevette un impulso formidabile II fatto che allora il popoloitaliano aveva una genuina enorme forza di coesione nella sua religione La grandezza diRoma era la grandezza d Italia. Pur in mezzo a lotte fratricide si sentiva circolare la vita IIcommercio, l'agricoltura, le arti espandevano a gara fra loro ricchezze e benefici influssi.Architettura, pittura e letteratura lasciavano modelli sempre pi ammirati. Era l'anticaGrecia, con la quale l'Italia rassomiglia per tanti aspetti. Nelle loro arti e nell'insegnamentodi esse, componenti vitali dell'Italia di allora era la fede, la scienza e la libert.

    XVIIOra, dopo sette anni e sin dal primo momento, si e voluto dimenticare che il popolo italiano profondamente cattolico, che la religione guida degli uomini. che la politica miglioreconsiste nel rispettare ; coscienza dei popoli. Se si voleva distruggere il seno mento deldiritto e della giustizia, bisognava di conseguenza distruggere o indebolire la religione. E

    poich le dinastie sono l'opera dei secoli e soprattutto della Provvidenza, ci si sforz di fardimenticare, o attutire, quel sentimento religioso che era la forza della legittimit. cos che

    il nuovo potere ha sperato di far dimenticare quel discendente di Luigi XIV, il discendentedi Luigi XVI morto sul patibolo, il nipote del duca di Berry assassinato, il figlio di MariaCristina. La rivoluzione ha la chiaroveggenza del suo odio. E la monarchia? Forse l'avrebbe

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    protetta, la religione, avesse potuto servirsene come scudo o strumento di polizia; ma nonpotendola avere come complice, l'ha perseguitata. Il governo sembr vittorioso e trionfante,restando solo in piedi in mezzo alle popolazioni in ginocchio. In sette anni ha fatto di tutto

    per emulare quel mondo pagano cos duro, intollerante, ingiusto e crudele verso la fedecristiana agli albori. Ha esaltato preti rinnegati e li ha colmati di onorificenze. L'impero diBisanzio non ebbe forse preti di corte come eunuchi? Quanto agli altri preti, all'inizio li siammazz o li si lasci ammazzare; in seguito si chiusero i seminari, si confiscarono e sivendettero i beni ecclesiastici; e non potendo riesumare gli eccidi inglesi o rinnovare lescene cruente del monastero delle carmelitane parigine, si imprigion, si scacci, si deport.

    Nuove leggi, iniqua applicazione delle vecchie, misure amministrative: tutto servito controi frati, i parroci e i vescovi. La legge sul reclutamento, l'insegnamento ateo, la stampasacrilega e immorale, le violenze contro la stampa conservatrice e i sacri predicatori: tutto stato messo in atto. Anacronistici iconoclasti, a Napoli han distrutto le immagini sacre, un

    pizzico di follia furiosa della dinastia isaurica. E mentre il primo dovere d'un uomo di stato di rimuovere le cause delle discordie, della discordia religiosa principalmente, fra tutte la

    pi funesta, il governo italiano ci ha soffiato sopra. I sacerdoti sono stati strappati ai loroaltari, gli oratori scacciati dai pulpiti, le immagini della Vergine: disordini e crimini semprerimasti impuniti! Non ci si rendeva conto che, scomparso lo spirito cristiano in Italia nonsarebbero restati che i deliri della tirannia, in alto, e in basso i capricci dei sanguinari. Cisarebbe stato lo spazio per un cesare presto tramutato in un Caligola nemico del popolo, e

    per un tribuno scalzo fra il popolaccio.XVIII

    Si era promessa un'Italia grande e rispettata. Grande non la si fatta e sin dal primomomento quanta corruzione, quanti furti, quante bestemmie. Solo tanta indifferenza attornoad essa, abbandonata al suicidio. Guardate, da sette anni in qua, questo gran ballo di avide

    passioni orgogliose, nel quale tutti danzano con le loro maschere sul volto. chiaro, il contedi Cavour, con tutti i suoi artifizi da basso impero, doveva pur ricompensare i suoi complici.E chi erano questi complici? Non siedono forse in Parlamento tanti di questi focosi unitari,che dalla lontananza del loro esilio facevano pervenire periodicamente a Gaeta i loromessaggi? Senza dimenticare che questi Blondin della corda politica non avevano rinunciatoa intendersi con Mazzini. C' un deputato cos modesto da prendere insieme a mille franchiun pugnale per ammazzare Carlo Alberto. Parecchi sono fra i deputati le ibridazioni fradelazione e istrionismo e ogni sorta di apostasia. Urlano, si agitano, campioni di libert eumanit, e si vantano d'aver preso in braccio l'Italia, come un bimbo malato cui farriacquistare la salute. Si professano deboli, se fanno i ministri, si sentono leggeri quandofanno i semplici deputati, per colare a picco. Unico loro rimorso, mancare 1a fortuna. Persette anni si son disputato un premio, eh non precisamente il prix Montyon. E non si soncerto piccati di puritanismo. noto a tutti il losco affar dei fucili, i furti negli arsenali, quelvergognoso trafilenelle ferrovie, gli enormi aggi sui prestiti. Un ministro, pi famoso, maanche il pi modesto, non ha preso per s che il due per cento. Ci si lanciati sui benidemaniali: i arraffano preferibilmente boschi e foreste. Sono noti g. intrighi del ministro cheha messo gli occhi sulla foresta di Persano; a tutti noto l'affare della Pineta di Ravenna oquello delle foreste di Montevergine e di s. Guglielmo.C' della previdenza, in tutto questo:nell'eventualit d una restaurazione, si restituiranno nude rocce. Si sono impadroniti delle

    terre dissodate di Mondragone, per una somma che ne tocca appena le rendite di tre anni.XIX

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    I meno intraprendenti sono quelli che si son buttati a capofitto sul pubblico impiego. Leassunzioni nei pubbliciuffici si fanno col patrocinio dei deputati. E deputati, che sono essistessi forniti di un ufficio pubblico, da sette anni a questa parte, del loro impiego conosconosoltanto gli stipendi. I deputati hanno passato gli uffici che non gli garbavano ai loro parenti,agli amici dei parenti e ai parenti degli amici. I deputati avvocati sono stati difensori in tuttii processi politici. In qualit di avvocati, hanno difeso coloro che perseguivano e

    biasimavano come legislatori. Sono stati essi stessi a fissare la somma delle lorocompetenze per no far chiudere un convento, non richiedere delle verifiche contabili, evitareuna rimozione ovvero provocarla spettacolo di tutti i giorni vedere il tal deputatoatteggiarsi a protettore di questo patriota sotto accusa o di quell'altro accusatore. E imagistrati sono l a sostenere che non vi sono leggi che impediscano di proteggere coloroche fanno le leggi. Un ministro di grazia e giustizia ha fatto annullare per decreto untestamento che lasciava i beni di un defunto a un ospedale; come avvocato, il ministro avevasostenuto le pretese di due lontani parenti del testatore. Un ministro che rende giustizia aisuoi clienti. E poich bisogna andare avanti, e spediti, quando si ha libert d'azione, si sonviste nascere in pochi anni fortune inattese e scandalose. E con la fortuna tutta questa maniadi monopolisti sperano di ricevere onori, essi indegni di stima. Poich la morale ilsuccesso, v' come un'onta per chi non vi perviene. Quel tale deputato, noto per le sue ideeesaltate, passa a bandiera spiegata dalla sinistra alla destra, al prezzo delle terre di unaabbazia. Quell'altro vota la fiducia al ministero che gli ha assicurato le terre che ha usurpato.Il regno d'Italia non morir certo come il conte Ugolino! Ha gi dato prova di non averalcuna ripugnanza a divorare i propri figli. Li vedete questi focosi deputati, che gridano,gesticolano, si minacciano coi pugni? Il disordine della piazza penetra nel maniero dellalegge. Le oche Campidoglio, che erano emigrate nel Palazzo Cariganno, non sidanno tregua nel Salone Cinquecento. Sono uomini che non rappresentano per nullal'Italia nella sua maturit e nella sua intelligenza e prudenza; sono solo gli esponenti deivecchi odi fra guelfi e ghibellini. Sono stati soltanto capaci, in sette anni, di sconvolgere iministeri e portarli alla crisi finanziaria pi nera. E tuttavia, se li si sta a sentire, sembra chel'Italia prima di loro non esistesse neppure o che come Epimenide, fosse finora immersa inun sonno profondo. Avrebbe dormito dodici secoli e i suoi principi avrebbero approfittatodel suo sonno per imporle le pi barbare fra le istituzioni. Secondo loro, necessario che adogni costo l'Italia si liberi degli stracci del vecchio mondo romano. Che nondimeno, primadi morire, era caduto dall'estrema licenza all'estremo asservimento. Forse per imitazioneche i deputati rinnovano ogni forma di dispotismo e concedono amnistie a tutti gli abusi.Sono delle iene politiche quelle che sanzionano la legge Pica, la legge Crispi, le fucilazioni,tutte le repressioni, tutte le atrocit. Che importa loro del passato o del futuro? Il passato perloro non conta e se alla posterit lasciano solo debiti di infamia, bene, se ne preoccupi la

    posterit. E al peggio non c' fine. Indifferenti a ogni disprezzo, vanno avanti e acquistanocastelli in Svizzera, piazzano le loro fortune in fondi pubblici all'estero. Questi ministri edeputati, artefici di pubblico aggiotaggio, possono ben ridersela fra loro, come quegli auguridi cui parla Cicerone.

    XXE chi sono i funzionari pubblici italiani? Tutti dello stesso stampo, inquinano e disonorano

    tutto quel che toccano. Sono dei vampiri che ambiscono uguagliare i deputati. Ci silamentava il secolo scorso dei nobili che governavano, ora abbiamo dei plebei ai posti dicomando. Non v' ufficiale della Guardia nazionale o sindaco che non giochi il ruolo di

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    piccolo tiranno. Il principio d'autorit insopportabile per la rivoluzione, perch proclamainsieme ordine e libert, i funzionari italiani lo ammettono solo riferito a se stessi. Ogni ideadi giustizia si riassume per loro nel diritto di punire, e nella necessit di punire. I migliorihanno solo quelle virt che non gli precludono la promozione al Senato. Tutti questiPolicrate, questi Verre, questi Pisone, che degli antichi posseggono la furia e la tronfiezza,sgambettano o schiacciano quanti possono ritardare il loro cammino. L'unica cosa checonoscono l'unit e l'unita acquistata al prezzo del dispotismo.

    XXI Non si tratta soltanto di ignoranza, bens della venalit sistematica in tutti i livelli dellagerarchia. Partiti dal fondo, giunti in alto, pieni di fiducia in se stessi e di disprezzo per tuttoil resto, hanno semplicemente capito che con un'esistenza modesta non si fa molta strada.Sperperi, malversazioni, furti nell'amministrazione, nelle banche, nelle casse pubblichesono fatti noti di tutti i giorni. Ricevitori, cassieri, direttori di posta agenti di cambio sidanno giornalmente alla fuga portandosi via i depositi che hanno presso di loro. Impiegati di

    banca rubano i gioielli che vi sono custoditi; altri rubano i depositi e li impegnano unaltravolta. Impiegati svuotano le casse, delle fabbriche di tabacco; doganieri condividono ilcontrabbando su larga scala. Impiegati di uffici giudiziari sottraggono somme enormi dallecasse degli uffici. Si potuto osservare che in certe provincie diarie di viaggio, perizie eindennit giudiziarie superano quelle di tutto il resto del regno. Ma il saccheggio quotidianoe impunito quello che si esercita nellamministrazione delle propriet sequestrate ai

    principi deposti dei beni demaniali, dei beni ecclesiastici, delle istituzioni di beneficenza. Non si potr mai valutare quello che sfato rubato nelle residenze reali di Modena esoprattutto, di Napoli. Al momento dell'incameramento ci si era ben guardati dal compilareun qualsiasi inventario. E si son fatti degli inventari postumi, quando i furti ormai erano statidenunciati alla giustizia. Ma non sono solo poveri impiegati d'estrazione plebea cheanticipano in tal modo il governo. Ci sono anche degli aristocratici che, per timore che leloro mostrine si possano arrugginire, non esitano di lustrarsele a nuovo. Il conte di Trapani,che doveva alla cassa d'ammortamento 25 mila franchi, ipotecati sul suo appannaggio, si visto condannare dal governo in tribunale: si deliberato che lo stato ha il diritto di tenersi i

    beni del conte e che il conte deve restituire i 25 mila franchi di cui quei beni sono garanzia.Contro il duca di Modena, a cui si erano confiscati i beni, si aperto un processo: si vuole larestituzione delle medaglie del museo, prestate dal duca ma mai donate dagli Este allo stato.Per il governo italiano, dunque, i furti compiuti diventano titolo di propriet. cos che si

    pensa di unire alla finezza ateniese l'inflessibilit di Sparta.XXII

    La legge Pica e quella Crispi, con l'aria che hanno di misure da comitato di salute pubblica,non hanno fatto altro che offrire innumerevoli occasioni di vergognosi mercati. Si

    potrebbero citare molti funzionari, molti generali che non hanno esitato ad usare minacce alsolo scopo di farsi comprare la loro protezione. Molti proprietari nel regno di Napoli,colpevoli solo d'essere ricchi, hanno abbassato umilmente la testa per elemosinarmisericordia: senza denaro la misericordia si sarebbe fermata per lasciar passare l'ordine diconfino, o la punizione militare.Tutti questi farisei politici si inginocchiano davanti all'altare del potere e se ne fannoincensatori, nella speranza di non dover sempre respirare soltanto incenso. II governo li ha

    cercati fra i condannati politici e g esuli. Voleva dei sostenitori e se li trovati fra dispera tidella rivoluzione e preti apostati. con questi vassalli che si creduto di poter andare avantie suscitare il patriottismo degli italiani. E nondimeno non ci si di costoro, come costoro non

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    si fidano dello Anche quelli che vivono di saccheggio e di rapina, stano il governo e lomaledicono. Tutti questi Tersite dell'unit, questi Falstaff, principi dei vigliacchi, oggimendicanti di stellette e croci , domani si getterebbero ai piedi di un altro sovrano.E non siopporrebbero neppure a una dittatura atea e pagana, se fossero sicuri di restare, magarisoltanto loro, a galla. Vedendo tanto loro zelo, chi mai potrebbe aspettarsi di trovarli in ogniistante cos maligni e infidi nei confronti di coloro stessi dei quali sono al servizio?

    XXIIIE invece tutti quelli che non sono stati chiamati al banchetto della fortuna sono diventatiostili. Temerari, orgogliosi, avidi delusi, gridano che 'l'Italia e la rivoluzione sono statetradite e vendute. Vorrebbero fare una rivoluzione coronata di esili, confische, massacri.Brucerebbero le chiese con i registri delle ipoteche e del debito pubblico. Si sentono capacidelle follie giacobine del 1793. E proprio i piemontisti sarebbero l a tarmare il primo stratodell'ecatombe; sono costoro gratti che hanno nelle loro mani il potere e la ricchezza dellostato. Il governo sa bene che questo partito idra che dorme con un occhio solo e saapprofittare e sa approfittare talvolta della febbre di questi Babeuf in agguato, agitandolacome strumento di intimidazione in politica estera: quando il governo afferma di essere

    pressantemente preoccupato e impaurito dalle conseguenze terribili di una nuova esplosione.E qui il mistero della spedizione compiuta contro Roma. Il governo ha cercato appoggi nellastampa. Ora, chi non sa che la penna in mani corrotte un pugnale? E un veleno? E cheimporta!? E intanto gli scritti perversi sono stati presto lievito funesto di crimini. Lo spiritodella gente, senza prospettive, stato abbandonato a se stesso. E i funzionari, nell'interessedel potere e del proprio, hanno incoraggiato i giornali, che sono su un tono costantementesovreccitato. Hanno permesso che si vendessero libelli abominevoli, libri immondi. Si tollerata la rappresentazione di drammi sconci e irreligiosi; si fatto sfoggio e vetrina deidisegni pi ignobili. Si sono tollerate le case da gioco e la prostituzione pi sfrontata. In

    breve tempo i trovatelli si sono talmente moltiplicati, che non bastano pi i sei milionistanziati per provveder loro. Si deliberano milioni peri sifilocomi - e i conventi soppressi atal fine - e si aprono strade spaziose alla licenza dei costumi. E, tutto precipita, da sette anniin qua, nello stereo. Ohim, la societ muore, diceva Donoso Cortes, perch l'hannoavvelenata. In Italia l'avvelenatore il governo

    XXIVI risultati sono sotto gli occhi di tutti. I misfatti pi atroci si moltiplicano giorno per giorno.Furti, furti sacrileghi, assassini, infanticidi, incendi, parricidi, si in pieno XV secolo. Intutte le citt italiane il crimine vive fianco a fianco dei cittadini, e veglia quando dormono. Ilnumero dei suicidi supera ogni vetta finora raggiunta, le statistiche mediche constatano idanni spaventosi della follia, mentre il duello raggiunge diffusione straordinaria. Si fa dellaviolenza un diritto del vizio un onore.Guardate con quanta solennit si inaugura a Salerno la statua di Pisacane. E l'apoteosi, perquesto infelice corsaro. Si presenta una donna allo scoprimento del monumento. Chi ? Ladonna che Pisacane ha tolto al legittimo marito. Garibaldi aveva dato una pensione al fruttodel loro adulterio, esaltando l'adulterio come aveva premiato il regicidio nella famiglia diAgesilao Milano. E il governo ha religiosamente mantenuto queste pensioni. Le paga forsecon la cassa ecclesiastica! Considerate ancora: in quella solenne cerimonia, presente ladonna colpevole, la figlia che scopre la statua del padre. Autorit, deputati, i figli

    di Garibaldi sono l a rendere pi significativa la cerimonia. Non so se la tenera donna avevainvitato il marito alla festa, ma la si vista piangere quando la figlia ha scoperto la statuadel suo complice... Commovente! Speriamo almeno che il paese che ha partorito i ministri

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    che han permesso questo spettacolo non sar un giorno costretto a portarne le statue.Sarebbe un castigo eccessivo.E cos che si voluto staccare i popoli dal proprio Passato. Col risultato di farlorimpiangere, questo passato, mentre si rendono le genti indocili ad ogni legge ai morale egiustizia. Ohim, il passato il rimorso, il Presente l'oblio di quella massimainconfutabile, secondo la quale sul crimine nulla si pu fondare. per il vizio che le societmuoiono nell'ignominia. E la si spinta cos avanti l'Italia su questa china, che ai si pudubitare assai che si riprenda. Con l'unit si era voluto l'impero romano, ma si solorisvegliato il popolo dei cesari. Ebbene, questo popolo avr presto come l'antico, tutti gliistinti dei suoi padroni. Nei giorni di Catone e di Virgilio, nel secolo pi vigoroso delle arti,si prepararono i giorni vergognosi in cui i veri templi d'Italia divennero il circo e il lupanareE fu allora che l'Italia mori nella schiavit.

    XXVLa sconfitta dei garibaldini e la vittoria delle truppe pontificie non sono soltanto un fattomateriale. Avranno un esito morale e scoraggeranno del tutto gli istigatori e gli autori diquesta impresa sacrilega e violenta. Ma la sconfitta di Garibaldi offrir all'Italia uno di queimomenti in cui i governi sanno riprendere la loro libert di azione? No, la rivoluzionematerialmente non ha vinto. Constater l'impossibilit di rialzarsi presto da questa sconfittae tuttavia lascia negli animi un'emozione sinistra, una scossa morbosa, una situazionegravida di minacce. Potr il governo di Firenze cogliere l'occasione per ridurre per sempreall'impotenza i partiti, radunare le forze scoraggiate, regolarizzare la vita nel paese? No,d'ora in poi, fra il malessere e la costernazione generale, vedr ogni giorno di pirestringersi i ranghi dei difensori devoti, per qua possano oggi essere, essendo ormai lasituazione pericolosa. Vedr formarsi focolai di ostilit. covano odio e vendetta. Vi sarannomovimenti, sordi forse, inquietudini facili ad infiammarsi, cospirazioni rivolte. Si farguerra alla dinastia per rancore, passione, interesse, ambizione, per l'impazienza di farequalcosa. Si far una guerra con tutto l'ardore che sanno conferire l'amor proprio risentito,lambizione delusa e non appagata. E con la povert, il malcontento diffuso, la bancarottaimminente, la rivoluzione ha delle considerevoli opportunit. La dinastia si trover pi chemai nel dilemma di vincere, vincere sempre e la forza delle armi, o perire in un'insurrezionetrionfante. quanto successo in Spagna, dove per l'unit l'opera dei secoli e la posteritdi Filippo V rispettata e venerata.

    XXVIMa pu forse il potere tracciare il cerchio di Popilio e dire: tu non ne uscirai? Una politicaoltranzista snaturerebbe una monarchia, quale questa venuta fuori dalla storia degli ultimianni e dai presunti plebisciti. No, la monarchia sabauda non pu rinchiudersi in questocerchio fatale che, da settantacinque anni, passa dalla rivoluzione alla reazione e dallareazione alla rivoluzione. Significherebbe rinnegare il proprio principio, spogliarsi dellaforza di cui s' creduto di vestirsi quando si e voluto incarnare un'Italia nuova, e davantiimmagine coronata della sovranit democratica e Polare E qui che ci si lusingati distabilire una solidariet fra casa Savoia e la nazione. Dove trovare una forza capace e

    possente fra tanti popoli offesi nelle loro credenze religiose nel loro orgoglio nazionale,schiacciati dalle tasse, e costretti a piegare il collo?Sar invece la rivoluzione ad attingervi una forza indomabile levando il grido

    dell'indipendenza. Mentre si distruggeranno tutti gli elementi che costituivano la sicurezza eil prestigio della monarchia unitaria al suo nascere, i partiti si ridurranno a un coacervoondeggiante e incoerente. Ma impazienti, tenaci, coordinati avranno un legame, ma

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    bandiera. La monarchia unitaria si scontrer con l'irriducibilit di quel partito che ovunquevede il suo trionfo nel sovvertimento delle basi della societ.Si dovranno combattere tutti quelli che nell'esilio, e nelle avventure garibaldine, hannoguadagnato i loro galloni; ormai, dopo la loro sconfitta negli stati pontifici, evidente laloro opera di cospirazione. Da un lato ci saranno gli autonomisti,che rinunceranno all'asten-sione sistematica e assoluta che mantengono da sette anni; dall'altro, i cattolici, che sisentono minacciati dall'unit nella libert della loro fede. Sar una dichiarazione di guerracomune fatta contro la monarchia unitaria.

    XXVIIMentre la cospirazione nutre le sue speranze, e il governo di Firenze le sue difficolt, dovequesti trover il suo punto d'appoggio? Quando il mondo, come nel secolo, ha solo la forzadi distruggere, chi vorr portare il peso di uno stato che crolla e di cui si vede inevitabile ladistruzione? Non resta che l'esercito, qual questo esercito italiano di cui si sono tanto tantimodi cantati i trionfi futuri? I piemontesi sono popolo devoto e coraggioso. Il loro esercito avolte stato sfortunato, ma stato sempre valoroso. La posizione del Piemonte fra l'Austriae la Francia, e le frequenti guerre causate dalle gelosie delle due potenze, hanno contribuitonon poco ad alimentare lo spirito militare del paese. L'aristocrazia piemontese ha sempreconservato il valore delle armi come un tesoro di famiglia, parte delle stesse glorie della

    patria. Si pu dire lo stesso dell'esercito italiano? L'esercito piemontese stato sciolto e si come stemperato in quello unitario. L'aristocrazia se ne allontana e quei pochi aristocraticiche vi rimangono si tengono appartati. Sono delle individualit, non pi un corpo, il cuionore si impegni a pagare i debiti della gloria. In tutti i ranghi e i gradi si sono inseriti icompagni mercenari di Garibaldi, addestrati alla scuola dell'insurrezione. Vi sonoimbrattacarta, giornalisti, preti, speziali. Si tratta di un elemento rivoluzionario che l'anticospirito piemontese disprezzava. I due terzi di questo esercito son formati da giovani soldati.Venendo dagli strati sociali popolari, conservano lo spirito proprio del loro paese. Hannotutti lingua, tradizioni, affetti e interessi diversi, e anche vero che il valore del soldatorisiede esclusivamente tutto nella sua dimensione morale, quando questo esercito sar messoalla prova, i soldati avranno Presente nella propria mente una patria differente, rimpianta eindimenticabile. Vi sono napoletani e siciliani, e nellesercito si computano solo perguardarsene. Non si osato formare con loro dei reggimenti, come con i lombardi e deiveneti. Li si sparsi nei vari corpi. Solo a malincuore si son formati soldati di secondacategoria nelle provincie meridionali. Guardateli, questi Cipai dellesercito italiano! Semprea gruppetti chiusi tra di loro, rifiutano contatti e legami con i compagni dell'Italia del nord.Hanno sempre una fede incrollabile nella risurrezione della loro patria. Avvicinatevi aquesti soldati, ascolterete i sospiri che non riescono a soffocare o le minacce che covanocontro i loro oppressori. Vi chiederanno subito, con le lacrime agli occhi, notizie del loro re,e il loro re Francesco II. Cos dunque la diffidenza fra questi soldati e il governo cosareciproca. Si sa, e ci sarebbe poco da dubitarne, che i garibaldini non hanno certo portatonell'esercito ordine e disciplina. Si sa che la maggior parte dei seguaci di Garibaldi, diquesto occasionale Masaniello, hanno sempre la testa sovreccitata e si nutronocostantemente delle idee strampalate e pericolose di ogni novit. Al tempo del secondosbarco di Garibaldi in Sicilia ventisei ufficiali e parecchi sottufficiali si rifiutarono dicombattere. Che sarebbe successo se Garibaldi si fosse impossessato di Napoli? Si potr

    forse contare nella severit della disciplina? Ma non ci pu essere disciplina quando ilcomando viene lasciato alla forza bruta. Quando si sono spinti dei battaglioni in camiciarossa nel regno di Napoli e negli stati pontifici, allora che si sono poste le basi della

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    disorganizzazione, le occasioni di fondo delle diserzioni. Di recente a Frosinone un battaglione di bersaglieri si rifiutato di rientrare nei confini, e intendeva marciare suRoma; per riportarli allobbedienza si ricorso ad esortazioni e preghiere! Una circolare delministro della guerra ha ultimamente ordinato agli ufficiai maggiori di sorvegliare i soldatichiamati alle armi, ch partendo per il servizio militare li si sentiti pronunciare frasisediziose. Sono i terribili germi dell'anarchia: e l'esercito l'unico segno, espressione dellavita nazionale italiana.Un solido esercito non si improvvisa, ma un esercito ben compatto pu disfarsi in pocotempo. Ora, che sostegno pu fornire questa armata ibrida, rosa intimamente dalle antipatienazionali e dalle divisioni politiche? E tuttavia l'unit italiana condannata dalla sua stessaorigine a cedere a ispirazioni bellicose. Sia che resti semplicemente complice naturale dellarivoluzione, sia che debba far fronte alle esigenze dei vicini, l'unit italiana ha il bisogno diun esercito numeroso. Vuoi salire sul Campidoglio anche attraverso la strada delleGemonie55. con l'esercito che fa ancora credere a questo fascio di differenti stati che essiconservano le proprie tradizioni storiche e le loro capitali, fino a ieri centri di ricchezza edeleganza, di scienze e studi. Ma si potranno contenere ancora a lungo queste citt spogliatedella loro indipendenza e della loro prosperit? Si potr ancora a lungo tenerle a bada con lelegioni distrlitze umiliarle col terrore? Si sicuri a Firenze che l'esercito non cambier laspada del soldato con la sciabola, che l'ascia del carnefice? Obbedir, l'esercito, e marcersenza mugugnare contro il popolo? Gi il partito d'azione al lavoro e provoca ladiserzione; gi diffonde proclami a non finire fra i ranghi. Il torrente segue sempre la suachina, pester l'esercito fedele e incrollabile? Ma cosa succeder il giorno in cui le legioni sisaranno accorte che sono loro a disporre dei destini della patria? Si vedranno allorasuccedersi le rivolte militari come in America e in Spagna Chi pu credere di avere lamissione e la forza di stornare i pericoli? Che fare allora se non mischiare insieme crudelt eridicolo, per sottrarre questo nuovo impero romano ai mercenari o strapparlo ai cospiratori?Importer poco ai nuovi pretoriani che si tratti di Galba o di Valentiniano. Se non si fattifuori da un colpo di spiedo, sar una vera fortuna; e ci si coprir di ridicolo. Non si dovr faraltro che proda mare la libert e bruciare le citt: i pretoriani serviranno d'appoggioall'insolenza della tirannia, se non sosterranno l'insolenza delle fazioni. Il dispotismomilitare succeder a quello della rivoluzione. Questa indietregger come il mare con la

    bassa marea e lascer pi terreno di quanto non ne avesse prima coperto.XXVIII

    Ma si potr mantenere un esercito numeroso, perch il governo che lo paga possaconservare la sua preda? La situazione in Europa e nel regno delle Due Sicilie non permettedi ridurre i ranghi. Ma uno stato non pu pagare un esercito numeroso senza paralizzare losviluppo dell'economia del paese. sul rispetto che si fonda la fiducia fra gli stati, lalegittimit che fa l'ordine e la forza di una societ politica al suo interno. Proprio la stabilitche ispiravano dispensava prima i vari stati italiani dal circondarsi di apparati di difesa

    permanenti e onerosi. Ma il regno della forza porta in s stesso il principio della propriaerosione. Cos la rivoluzione sentendo mancarle il terreno sotto i piedi crede di affermarsicon nuovi sconvolgimenti. Ha attaccato Venezia e si trovata davanti le aquile austriache,ardito attaccare Roma e si trovata in presenza delle aquile francesi. Il governo stesso hafatto la voce grossa parlando del suo esercito. Ma nota a tutti la favola dei bastoni

    fluttuanti. E nondimeno potrebbe venire il giorno in cui il potere di Firenze dovr gridare aGiuseppe Mazzini: Varo, rendimi le mie legioni.Nell'attuale situazione il governo italiano non in di scongiurare la tempesta. La situazione

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    ambigua irritante. Non pu contare su se stesso, farsi aiutare dalla propria saggezza e dai propri sforzi, onde porre l'Italia nelle condizioni di una nazione che sa governarsi emoderarsi. Sta per presentarsi alla Camera e sa di camminare sulle sabbie mobili di unatempesta parlamentare che si va preparando. Il governo non pu colmare l'abisso politico etanto meno quello finanziario. Il parlamento potr flagellare con le pi sferzanti correggerela politica del ministero caduto e quella del gabinetto che gli succeder. Ma cosa potr maidire di tutti quei ministri che han trattato le finanze come i fanciulli i fiori, sgualcendoli,schiacciandoli, sparpagliandoli a caso, ad arbitrio? E il parlamento non pu disconoscere le

    proprie responsabilit. Da sette anni in qui ogni discussione sulle finanze si risolve in unverdetto di colpevolezza. Ora tutta la schiuma che le onde avranno portato senza inghiottirlasar dalle stesse rigettata su una spiaggia sudicia e abbandonata. L'Italia rigenerata devescontare la rovina finanziaria che si tentato fino and ora di mascherare. Un'attivit sterile,un'impotenza fatta di agitazione e sussulti hanno fatto capire che lo stato, delle finanze disastroso e minaccioso. Si deve confessate ora che a sua rovina spaventosa. Ci si divertiti quasi ad aggrovigliare e mescolare tutti gli interessi. Si convertito in un unicodebito tutti gli antichi debiti degli staiti italiani. Su tutto si passati sopra per arrivareall'unit.

    XXIXSi venduto tutto quel che c'era ancora da vendere, anche con sacrifici micidiali. Non si osa

    parlare di prestiti, che il credito non esiste pi. Dove sono le economie che si eranopromesse? Dov' l'incremento delle risorse di cui si parlava? Dove sono andate a finire lericchezze del regno di Napoli? E si era avuto il coraggio di dichiarare che nel sud ilPiemonte credeva di entrare in una nuova California. Ci che incontestabile che nelregno di Napoli ci si comportati come nel paese di Cuccagna.Cosa hanno fatto, in questi sette anni, tutti quei ministri delle finanze, quegli amministratori,a partire da quel Farini61 che aveva fatto voto di morire povero? In realt solo lui, circondatoda un fasto insolente, pervenuto alla pi tremenda delle povert, quella dell'intelligenza! Sison mangiato tutto. L'Italia ha sette miliardi di debito, i comuni non hanno una lira, le

    provincie non hanno risorse: e tutto questo denaro scomparso senza che si conosca l'usoche se n fatto. Mai si son presentati dei conti. Nei bilanci han figurato crediti inesistenti esono scomparse uscite inconfessabili. Cos, per fare un esempio, in nessun bilancio si

    parlato di quei 500.000 franchi di rendita confiscati al re di Napoli e delle altre sommesottratte alla famiglia reale. Le imposte son state votate dal parlamento, come nelleamministrazioni comunali, da coloro che non le pagavano, e pagate coloro che non leavevano votate.Le necessit e i gravi problemi dell'agricoltura e l'industria, la costruzione e la riparazionedelle strade tutte in rovina, le dighe sui fiumi, gli edifici degli edifici dei trovatelli e degliospizi dei vecchi, tutto in abbandono. E nondimeno si andati avanti sulla via dellosperpero di denaro, con una progressione stupefacente. Tutti i bilanci sono passati in

    parlamento dopo battaglie facili e ingloriose. Ma leggete i resoconti dei dibattiti, ascoltate lastampa, di qualsiasi tendenza essa sia, a proposito dei bilanci, e vi renderete conto che solol'infamia pu esser coronamento all'insulsaggine.

    XXXMa a che servono i bilanci? Ci sono stati dei ministri che hanno speso cifre enormi per voci

    non comprese nei bilanci. E perch poi gli altri ministri non dovevano approfittare dellostesso privilegio? La nave dello stato doveva navigare e s' sempre trovata come la flotta deigreci in Aulide: per ottenere il favore dei venti, bisognava compiere dei sacrifici. E che gli

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    sarebbe costato, a dei ministri sempre sotto minaccia di un colpo apoplettico? Il popolo eramalato e tutti andavano a scuoia del dottor Sangrado. Si speso per feste, balli, e non socosaltro: i limiti del mio francese non mi permettono di spiegarmi pi chiaramente. E a

    Napoli i balli a Palazzo li si finanziati attingendo alla cassa ecclesiastica. Si sono spesesomme favolose in viaggi: un viaggi: un viaggio a Foggia venuto a costare cinque milioni,da Napoli a Palermo, su un vapore del governo, un milione. Sono i cittadini dunque chehanno pagato gli archi di trionfo, gli applausi, le luminarie, il lirismo della stampa nazionaleed estera, l'entusiastica devozione della Guardia nazionale. E tuttavia l'enorme deficit che

    pesa sul regno non pu essere il risultato soltanto di spese folli. l'immoralitdell'amministrazione che ha distrutto tutto, la prosperit del passato, la ricchezza del

    presente e le risorse del futuro. Si pagato la camorra come i plebisciti, le elezioni come icomitati e gli agenti rivoluzionari. Settanta milioni sono stati divorati per mantenere la

    polizia segreta: sembra proprio che i popoli, che si sono lasciati entusiasmare dall'unit,debbano essere attentamente sorvegliati. Quali somme non sono state disseminate nelVeneto, in Ungheria e persino in Grecia!? Quali somme non sono state spese perun'accozzaglia di farabutti, con i quali gli stessi ministri erano in rapporto, per sollevareRoma!? Se pure tutte le somme non sono giunte a destinazione, il tesoro nondimeno le hatutte versate. Si comprato, e a caro prezzo, ogni tipo di protezione. Si messo a prova ognispecie di coscienza e pagati tutti i vizi: le Frine, i Narcisi, le Aspasie, i Batili. E si dice chein mezzo a tutto questo pantano non ci siano soltanto italiani.

    XXXISi sono cercate tutte le risorse straordinarie, le si trovate nelle imposte pi pesanti, in

    prestiti rovinosi, nei beni demaniali, nei beni ecclesiastici. Le si trovate nella cartamoneta,gi di per s un enorme disastro, senza riuscire ad allontanare la rovina finale; e dopo questiassegnati, se ne rodato il corso forzoso. E ci si lanciati nella guerra, nell'infamia diun'invasione di Roma. Tante sono le rovine accumulatesi che si giunti alla disperazione.Tutto disordine e incertezza; e non ci si deve meravigliare se il governo non trova pi deiministri delle finanze. Nel regno d'Italia le persone di carattere sono rare come i talenti, mail calcolo lo si trova sempre: se si scova qualcuno che ardisca caricarsi di un fardello cosschiacciante, lo far perch pensa di sistemare le proprie finanze, almeno, non potendorisanare quelle dello stato. Tutte le armi si sono come sbriciolate nelle mani dei ministri. Chigliene dar delle altre? Quelli di prima, gladiatori feriti, si sono pur salvati nel circo; gli altrinon vorranno correre i rischi mortali ai quali si vedrebbero esposti. Non resta che il suicidio,la bancarotta, l'infamante bancarotta che ormai alle porte. E la bancarotta assai pi

    pericolosa e spaventosa di Catilina.Il fatto che il governo italiano aveva un'enorme spina ai fianchi. Era la rivoluzione che lospingeva e lo trascinava con s. Ed la rivoluzione che ovunque implica despotismo eanarchia e porta lo stato all'impotenza e alla morte. Se anche il governo avesse volutoresisterle, sarebbe stato sempre costretto a inchinarsi davanti ad essa e ad obbedire. Ilgoverno esistito solo a condizione di essere il braccio della rivoluzione. La rivoluzione erail suo fato.

    XXXIIE ora l'unit, che ha distrutto tutto in Italia, nulla ha costruito, nulla prodotto, si vedeminacciata da un'ultima e pi tremenda rivoluzione. La democrazia si dice tradita, si dice

    venduta alla politica del doppio gioco Tutte le grandi citt gi offrono lo spettacolo obbro-brioso del disordine e dell'anarchia. Qua e l si gi innalzata la bandiera rossa e anchel'immagine della santa ghigliottina. Si urla contro il re Vittorio Emanuele cose che si urlava

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    contro suo padre a Milano nel 1848. Lo si accusa di non esser stato esplicitamente un com-plice, si irritati per aver egli sconfessato il partito d'azione, di cui diventato irriducibileavversario. La rivoluzione furiosa perch le stato impedito di rapinare gli ultimi brandellidella sovranit pontificia, di quest'angolo di terra dove si sono rifugiate la giustizia e lalibert. E il governo che aveva abdicato davanti alle camicie rosse, non ha pi l'autorit, perquanto ci tenti, n la forza per contenerle. Ha esitato davanti all'urgenza di riunire laCamera. Trema all'idea di trovarsi di fronte una sinistra che sar impietosa e, peraltro, non sichiede neppure cosa far se arrivasse al potere. Sciogliere la Camera significherebbeaumentare le agitazioni della penisola e trovarsi in presenza di una Camera ancora piimplacabile. Ricorrere a un colpo di stato equivale ad affrettare l'esplosione di unaspaventosa rivoluzione. I giorni di Moncalieri sono da tempo passati. La rivoluzione chesembrava seguire il re, essa che ora lo spinge. Egli deve completare l'opera, ch lo siaccusa di essere un vassallo dell'impero. Deve far di tutto per montar sugli scudi inCampidoglio, ma vede ormai sotto di s la rupe Tarpea. La rivoluzione finanziaria siassocier a quella ideologica. E la rivoluzione degli interessi materiali ben altrimentiterribile di quella delle idee. Unite insieme, scuoteranno la penisola dalle sue fondamenta. Esar un terremoto che si far sentire fino ai confini estremi dell'Europa. I giorni pi tristi deiregni infamati da Tacito erano gi venuti con la rivoluzione dell'emancipazione. Ormai sologuerra civile, terrorismo e patibolo potranno scaturire da unga rivoluzione fatta di vendette edemagogia.

    XXXIIIGli eventi precipitano in una sequela e secondo una logica che non concedono pi di restaresenza pericolo sullo stesso terreno. Roma si salvata, s, ma dai garibaldini; sola li haaffrontati e sola se ne sbarazzata. Ma chi la liberer dagli italiani unitari, che sono i suoiveri nemici? La sorte di Roma non riguarda soltanto i cattolici, ma interessa in alto gradotutti gli uomini d'onore di tutte le sfumature politiche e religiose. Ora, a una nuova scossa, aun pi tremendo sommovimento dell'Italia, la posta in gioco sar la sconftta o il trionfodella rivoluzione, la rovina o la consolazione della societ, del diritto e della giustizia .Siamo arrivati, dopo sette anni, a una crisi decisiva. Bisogna pronunciarsi frarivoluzionarismo unitario o federazione riparatrice. Soltanto i principi spodestati possonoapportare all'Italia la pace e l'indipendenza che ne sono state esiliate, sostituite dal disordine,dalla Pace e Indipendenza no state esiliate, sostituite dal disordine, dall'odio, dalla miseria edalla bancarotta. Il trattato di Zurigo dorme ma non morto. il suo risveglio che pugarantire la tranquillit nella penisola. Ed la Francia che pu aver l'ambizione di aspirareall'onore di compiere un grande atto di riparazione e di giustizia, e di annullare una causa

    perenne di torbidi e di pericoli per l'Europa. La Francia ha il diritto e il dovere di spezzarequest'unit che la minaccia e di restituire ai popoli d'Italia la loro libert, alla cattolicit la

    pace e a se stessa sicurezza. La Francia ha appena steso il suo braccio per coprire Romadella sua protezione, legata come era agli impegni ai quali non poteva mancare senza suodisonore. Ma anche il trattato di Zurigo le imponeva degli impegni non meno sacri. Si soncambiate le carte, sui destini della penisola, in base ai fatti compiuti. malgrado la Franciache si realizzata l'annessione dell'Italia centrale, contro l'intenzione e gli interessi dellaFrancia che si attaccato il regno delle Due Sicilie, in opposizione alle riserve francesi chesono state invase e usurpate le Marche e l'Umbria. Il fatto che lo stesso trattato di Zurigo

    vi aveva imposto il non intervento e ora l'Italia vi ha costretti a intervenire. E cos quel cheera un ostacolo diviene ora un titolo e un diritto. La Francia ha ora una di quelle occasionidecisive che raramente si presentano. Non sfruttarla sarebbe un errore irreparabile e in-

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    scusabile. il momento di bandire ogni esitazione; non bisogna farsi illusioni, n averecedimenti. il momento di una risoluzione ferma e senza ritorno. Si tratta di liberare l'Italiae l'Europa da una piaga che le divora.

    XXXIVIl terreno ormai ben sgomberato davanti alla Francia. t'esercito pontificio, queste legionitebane del papato, ^n messo il papa nella condizione di esigere una garanzia solida; e laFrancia indugia a reclamarla. La spada ha fatto il suo lavoro; ora tocca al diritto, alla ragionee alla coscienza politica fare il proprio. Sapere ora approfittare della vittoria significa farnesortire la riparazione e la giustizia. Se la questione romana un problema che la Francia nonvuoi pi risolvere da sola, e si appella all'Europa, deve convincersi che non sono pi

    possibili, ormai, accordi con l'Italia. Se pu riunirsi una conferenza, convocare la qualespetta alla Francia, non potr che far riconoscere il diritto. E il diritto lo si riservato anchenegli atti che riconoscevano il regno d'Italia. I gabinetti devono sempre avere principi saldi einflessibili. E ora non possono pi credere all'Italia, n come forza, n come unit, poichessa ha perduto il suo carattere storico. Ora una conferenza, un congresso sono sempreobbligati a riconosce un diritto pubblico. E i trattati esistenti, che possono servir di base auna soluzione della questione italiana, sono soltanto quelli del 1815 o quello di Zurigo, sonogli unici atti internazionali. E nella questione italiana vi qualcosa di pi alto, di pi vasto edi pi sacro, dellesistenza dell'unitarismo italiano. L'affrancamento dellItalia sar unarealt vera solo con la piena sovrasta del papa. l'indipendenza del papa che fa l'indigenzadell'Italia. Lo stesso lord Palmerston l'ha dichiarato nel 1857.

    XXXVE nondimeno la speranza pi alta dei cattolici e degli italiani la Francia. La Francia ha undiritto e un dovere ereditari, per rispondere a una questione che riguarda il. mondo intero ela giustizia universale. D'altronde in Europa si sente ovunque, da sette anni in qua, lastanchezza e il tedio di iniqui trionfi. In una situazione critica necessario abbandonare lecongetture politiche e le ipotesi oziose. La forza delle cose si pronuncia con sintomi moltogravi. E si metter alla testa degli eventi. L'Italia unitaria ha potuto supporre per unmomento di riuscire ad accelerare la crisi finale del potare temporale. Ma avevasottovalutato la potenza e la forza del cattolicesimo. Gli sviluppi test cosi temibili controRoma, si son rivolti alla causa della giustizia. Mai la rivoluzione resta sempre come unnaufrago ingannato da un miraggio: si sa quel che essa spera e attende ancora dalla Francia.Il voto del Parlamento italiano sotto gli occhi di tutti e il governo non rinuncia, alle sueaspirazioni nazionali. A Firenze si crede che la trancia col suo intervento ha voluto soltantoimpedite una soluzione rivoluzionaria, ma che la vorr risolvette diplomaticamente nelsenso delle aspirazioni e delle cupidigie italiane. sempre la stessa corrente di idee, disperanze e illusioni che regna. Il governo non pu rinunciare, di fronte alla rivoluzione, allesue brame su Roma. Rifiutando di accettare il risultato dei plebisciti dei paesi occupati, siriserva evidentemente invocarli in seguito per far trionfare le sue pretese annessionistiche. Ilfatto che la rivoluzione e desta al suo fianco. Se gli italiani, da un lato, anche per istinto dirazza, sentono che la vera religione e la vera libert sono condizione l'una dell'altra, larivoluzione dal canto suo, rester attenta e sempre pronta a varcare il Rubicone. Il passato ciimpone il dovere di temere di tutto.

    XXXVI

    La spada della Francia ha gi accelerato la rivoluzione della questione e ora deve renderladefinitiva. Come le altre potenze, anche la Francia deve capire la necessit di un ordineregolare e stabile, che conservi la pace, per quanto possibile. Un ordine e una stabilit che

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    non possono non venire dalla restituzione integrale e dalla inviolabile neutralit dei territoripontifici. E questo trono, pietra angolare dell'ordine sulla terra, che dev'essere riinnalzato,cos com'era prima, e la sua neutralit dovr esser riconosciuta come quella dellaSvizzera, del Belgio e della Romania. La stabilit in Italia non pu che provenire dalmantenimento e dal ripristino della sovranit pontificia nei suoi possessi, nella suaamministrazione, nelle sue rendite, della sua '"dipendenza. Il papa dev'essere restauratonell'integrit dei suoi antichi possedimenti. Il suo patrimonio 811 necessario pergarantirgli le condizioni di una sovranit indipendente. Qualsiasi altra garanzia non a che unespediente provvisorio, una rabberciatura rimetter mano in continuazione. La stessagaranzia effettiva dell'intera Europa potrebbe rendere solo difficile, ma non impossibile, unnuovo attacco delle cupidigie italiane. I vari stati della penisola non avevano forse anch'essila garanzia delle potenze firmatarie dei trattati di Vienna? Quanti equivoci e congiuntureambigue! Significherebbe esporsi ancora una volta ai pericoli che codesto sistema fatto diesitazioni e incertezze porta con s. Per l'Italia unitaria sarebbe solo una di quelle mascheremeschine e sforacchiate dietro le quali la rivoluzione nasconde ovunque la propriaimpotenza del momento.E compito quindi della Francia assicurare agli interessi politici e religiosi del mondo questagaranzia solida e durevole di stabilit. L'unit d'Italia non pu coesistere con la sovranit del

    papa; minaccerebbe sempre la piccola enclave romana, se ne impadronirebbe in pochi giorniallo scoppio di una guerra di pi vaste proporzioni. Un trattato sarebbe impotente come lo stata la Convenzione del 15 settembre. Il sangue scorrerebbe inutilmente e la Francia

    perderebbe la sua dignit. Un trattato significherebbe solo una tregua, e forse fornirebbeun'occasione di rivincita alla rivoluzione. La restituzione dei suoi stati al papa l'unicasoluzione in grado di garantire la totale sicurezza del potere temporale del capo della chiesa.Un ulteriore pericolo, fosse anche passeggero, che dovesse minacciarlo, sarebbe unfallimento radicale per la politica francese. venuto il momento di scegliere fra l'Italiaunitaria e la sovranit temporale. Non si capisce come possano coesistere entrambe. Bisognascegliere: o l'Italia sai a mente armonizzata nelle sue antiche componenti, i su antichi stati, oRoma che presto o tardi diventer il centro del movimento repubblicano nella penisola e inEuropa. Anche il solo pensare alla possibilit di abbandonare il papato a se stesso, sarebbegi un disonore per la Francia. La Francia sente che la questione Roma tocca nell'intimo pi

    profondo la coscienza dell'umanit. Se si tolgono al papato Roma e il potere temporale, iprincpi stessi dei rapporti fra le chiese e gli stati n sarebbero infranti e sconvolti, in tutti ipaesi civili. Sarebbe il sogno di Cavour al contrairo, una chiesa schiava in uno stato schiavo.La chiesa la testa e il cuore del genere umano. la chiesa che ha generato l'ordine nelmondo, la libert nell'ordine., e la grande idea della fraternit del genere umano nella fede. qui il futuro dell'Italia e del mondo. Oggi la politica si trincera dietro la religione. Non ha, vero, la forza e l'energia del XVI secolo, ma pu ugualmente provocare gravi disordini e

    produrre altre crudeli lacerazioni. Se Roma cade nelle mani della rivoluzione, il pianta prigioniero, tutti gli stati, i cattolici e quelli che non lo sono, sarebbero macchiati daun'onta indelebile. Esiliato il papa, quale vuoto non lascerebbe in Italia e in Europa?Susciter Dio ancora una santa Caterina che possa riportarlo a Roma? E quale forza nonconferirebbe il sovrano pontefice allo stato che lo avesse accolto facendosene il nobiledifensore?

    Una politica cauta e troppo prudente non sarebbe degna della Francia; questa politica potrebbe avere tutte le finezze del pensiero greco e anche italiano, ma non sarebbe unagrande politica. Deve ricordarsi che lItalia, cos come si formata, stata riconosciuta

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    soltanto sotto espresse molteplici riserve. E una conferenza, un congresso non potranno maiconsacrarne le spoliazioni e ratificarne le usurpazioni. E la Francia non pu lasciare, acustodire i confini pontifici, quegli stessi che, disprezzando tutti i trattati, li hanno due voltevarcati. Proprio cos: restituire al papa le province usurpate significherebbe ilcapovolgimento dell'unit italiana.Le mancherebbe il titolo e il diritto, ammesso che esistano, che hanno presieduto alla suaformazione. I pretesi plebisciti mancherebbero della loro condizione di fondo.Significherebbe spezzare la continuit, la coesione e le comunicazioni fra le varie partid'Italia L'Italia unitaria diverrebbe come il regno longobardo di Pavia e il ducato diBenevento. Non avrebbe pi frontiere, la sua forza non potrebbe pi irradiarsi dal centro alla

    periferia. Agli stati delle due Sicilie si dovrebbe badare come la Francia bada all'Algeria...Ma con la restaurazione del papa negli stati che gli sono stati usurpati, l'unit italianagiungerebbe alla sua fine naturale. Ci sarebbe un ritorno a Villafranca, a Zurigo, all'Italia

    precedente l'annessione della Toscana e l'invasione del regno delle Due Sicilie. Si vedrebbein un solo momento un totale capovolgimento di idee ed eventi, e la federazione, che lacostituzione naturale dell'Italia, diverrebbe ancora possibile.Sar una soluzione naturale, nei confronti della quale sono da temere pi i compromessi e icedimenti della diplomazia che le violenze della rivoluzione. E nondimeno, dopo sette annidi crudele esperienza, i governi sembrano gi disposti a considerare con indifferenza ilcrollo dell'unit italiana; si convinti che cadr fatta a pezzi dalla rivoluzione. Nessuna vocequindi si lever per protestare contro la sentenza che la colpir a morte. L'unit italiana, nonlo si dimentichi mai, non lascerebbe alcun vuoto in Europa.

    XXXVIISarebbe forse proprio la Francia a voler sostenere per una sorta di affetto maternoquest'Italia unita? Non so se la Francia avesse contato sulla gratitudine dell'Italia; ma sonoconvinto che se si dovesse cominciare da capo quest'opera di fondazione, la Francia non civorrebbe pi metter mano. L'unit italiana un'idea di Pitt e quindi sostanzialmenteantifrancese, come l'unit tedesca. Invano tentai di farlo capire a Parigi nel dicembre186072. I fatti che sono seguiti lo hanno dimostrato abbondantemente e si dovrebbe esserciechi per dubitarne, oggi. Sono gli eventi che si sono incaricati di provarlo. Sarebbe dunqueindispensabile per la Francia, dal punto di vista nazionale, religioso e militare, tornare allafederazione. Si pu invocare l'interesse politico, per giustificare il mantenimento in Roma diun presidio militare, la cui importanza strategica diviene enorme con le complicazioni che sivanno annodando in Europa e in Oriente. Ma nel futuro? Conservare un'Italia unitariasignificherebbe preparare, nel caso di una guerra sul Reno, una nemica della Francia e unalleata della Prussia. Conosciamo tutti cos' la gratitudine in politica... Se la Francia hadimenticato Filippo v al quale Luigi XIV aveva dato la corona di Spagna, l'impero non puaver dimenticato gli avvenimenti del 1814. Intrecciate con tutta la politica francese da CarloVII a Luigi XIV e Bonaparte, costanti sono state le cupidigie ereditaarie di casa Savoia.Questa si sempre ingrandita la Francia a spese dell'Austria e con IAustria a spese dellaFrancia. Non si deve dimenticare la lealt di quel Vittorio Amedeo II che un secolo fa tentdi dar quellesempio che la Sassonia ha poi seguito a Lipsia.

    XXXVIIIMa se anche casa Savoia non volesse stupire il mondo con l'enormit della sua ingratitudine,

    sar la rivoluzione a costringervela. Sar il focoso mondo militare che attornia il re a palazzo Pitti e ostenta la pi viva avversione per l'alleanza con la Francia. Si ricordi lacampagna del 1859 e l'insolente occupazione di Venezia. Ma, sia impotenza nei confronti

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    della rivoluzione o sua propria mala coscienza, non appena si pronuncer la parolacoalizione, ecco l'Italia unitaria sar contro la Francia. Allora, tradita da questa unit italianache ha avuto l'imprudenza di creare, premuta dall'unit tedesca che n