Torelli - Culto imperiale e spazi urbani in età flavia

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Monsieur Mario Torelli Culto imperiale e spazi urbani in età flavia. Dai rilievi Hartwig all'arco di Tito In: L'Urbs : espace urbain et histoire (Ier siècle av. J.-C. - IIIe siècle ap. J.-C.). Actes du colloque international de Rome (8-12 mai 1985). Rome : École Française de Rome, 1987. pp. 563-582. (Publications de l'École française de Rome, 98) Riassunto Si esamina il progetto domizianeo di inserimento del culto dinastico dei Flavii nel tessuto urbanistico della città di Roma. I rilievi Hartwig appartengono al tempio della Gens Flavia costruito da Domiziano sul sito della casa natale dell'imperatore, appartenente allo zio T. Flavius Sabi- nus : il tempio che appare forse sul rilievo Terme-Laterano e certamente su una moneta del 95/96 d. C, valorizza le origini « sabine » della gens e al tempo stesso innova profondamente nella prassi seguita per Augusto con i due templi del Palatium e delle scale anulariae. Così il Divorum in Campo Marzio è eretto sul luogo dove i due divi Vespasiano e Tito hanno dormito prima del trionfo giudaico, mentre il tempio del Foro al divo Vespasiano si contrappone idealmente al tempio del divo Giulio. L'arco dedicato a Tito divinizzato è invece posto accanto ad un tempio che si propone di identificare con l'aedes Iovis Propugnatoris in Palatio, sede delle riunioni dei sodales Flaviales e fa probabilmente parte di un programma più vasto, che comprendeva archi e templi dedicati a Iuppiter (Stator e Victor) e a Vespasiano e Domiziano e più in generale, vasti interventi miranti ad integrare in un sistema unico Fori imperiali, Velia e Palatino, carico di profonde valenze ideologico-dinastiche. Citer ce document / Cite this document : Torelli Mario. Culto imperiale e spazi urbani in età flavia. Dai rilievi Hartwig all'arco di Tito. In: L'Urbs : espace urbain et histoire (Ier siècle av. J.-C. - IIIe siècle ap. J.-C.). Actes du colloque international de Rome (8-12 mai 1985). Rome : École Française de Rome, 1987. pp. 563-582. (Publications de l'École française de Rome, 98) http://www.persee.fr/web/ouvrages/home/prescript/article/efr_0000-0000_1987_act_98_1_2986

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Monsieur Mario Torelli

Culto imperiale e spazi urbani in età flavia. Dai rilievi Hartwigall'arco di TitoIn: L'Urbs : espace urbain et histoire (Ier siècle av. J.-C. - IIIe siècle ap. J.-C.). Actes du colloque international deRome (8-12 mai 1985). Rome : École Française de Rome, 1987. pp. 563-582. (Publications de l'École française deRome, 98)

RiassuntoSi esamina il progetto domizianeo di inserimento del culto dinastico dei Flavii nel tessuto urbanistico della città di Roma. I rilieviHartwig appartengono al tempio della Gens Flavia costruito da Domiziano sul sito della casa natale dell'imperatore, appartenenteallo zio T. Flavius Sabi- nus : il tempio che appare forse sul rilievo Terme-Laterano e certamente su una moneta del 95/96 d. C,valorizza le origini « sabine » della gens e al tempo stesso innova profondamente nella prassi seguita per Augusto con i duetempli del Palatium e delle scale anulariae. Così il Divorum in Campo Marzio è eretto sul luogo dove i due divi Vespasiano e Titohanno dormito prima del trionfo giudaico, mentre il tempio del Foro al divo Vespasiano si contrappone idealmente al tempio deldivo Giulio. L'arco dedicato a Tito divinizzato è invece posto accanto ad un tempio che si propone di identificare con l'aedes IovisPropugnatoris in Palatio, sede delle riunioni dei sodales Flaviales e fa probabilmente parte di un programma più vasto, checomprendeva archi e templi dedicati a Iuppiter (Stator e Victor) e a Vespasiano e Domiziano e più in generale, vasti interventimiranti ad integrare in un sistema unico Fori imperiali, Velia e Palatino, carico di profonde valenze ideologico-dinastiche.

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Torelli Mario. Culto imperiale e spazi urbani in età flavia. Dai rilievi Hartwig all'arco di Tito. In: L'Urbs : espace urbain et histoire(Ier siècle av. J.-C. - IIIe siècle ap. J.-C.). Actes du colloque international de Rome (8-12 mai 1985). Rome : École Française deRome, 1987. pp. 563-582. (Publications de l'École française de Rome, 98)

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MARIO TORELLI

CULTO IMPERIALE E SPAZI URBANI IN ETÀ FLAVIA

DAI RILIEVI HARTWIG ALL'ARCO DI TITO

I rilievi Hartwig (fig. 1), con i tre preziosi frammenti esulati in America1, appartengono con quasi assoluta certezza (come aveva già visto lo stesso Hartwig un secolo fa) alla decorazione del Templum Gentis Flaviae, che, a giudicare dalle prime e frequenti menzioni fattene nel libro XI degli Epigrammata di Marziale e nei libri IV e V delle Silvae di Stazio2, deve essere stato dedicato alla fine del 95 ο nel 96 d.C, alla vigilia della morte di Domiziano, avvenuta il 18 settembre del 96 d.C; la data d'inizio per la costruzione del tempio, eretto da Domiziano sul luogo della casa ove egli era nato, è comunque posteriore all'89 d.C, data probabile della morte di Iulia figlia di Tito, le cui ceneri, teste Suetonio3, furono traslate nel tempio medesimo.

Sul suo aspetto esterno non abbiamo testimonianze precise. Tuttavia, credo che esistano tracce nella nostra documentazione che consentono di farci un'idea del complesso. Possiamo, in via preliminare, scartare vecchie ipotesi4 che, appoggiandosi ai versi di Marziale (e fraintendendoli), ricostruiscono l'edificio come tempio rotondo sulla scorta di una segnalazione di un «tempio ovato» visto da Flaminio Vacca presso le Quattro Fontane : i versi di Marziale, ove ricorre la parola polus nel senso di «cielo» e che suggerirebbero perciò una copertura rotonda, vogliono piuttosto alludere al «cielo» nel senso di apoteosi5. Mi sembra

ι Da ultimo, G. Koeppel in BJbb, CLXXXIV, 1984, p. 51 sq.; cfr. Id. in Bull. Michigan, 3, 1980, p. 141 sq.

2 Mart. IX, 1 ; 3; 20; Stat. Silv., IV, 3, 16 sq., e V, 1, 237 sq. 3 Suet., Dom., 17. Per la data di morte di Iulia, v. PIR2, F. 426, p. 189 s. 4 W. Altmann, Italische Rundbauten, Berlino, 1906, p. 88. 5 Mart. IX, 3, 12: «addita quid Latio Flavia templa polo?» (cfr. 1, 8-10: «manebit

altum Flaviae decus gentis / cum sole et astris cumque luce Romana. / Invicta quidquid

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invece opportuno prendere in considerazione due altri documenti iconografici, da tempo all'attenzione degli studiosi. Mi riferisco innanzi tutto ad un rilievo «storico» (fig. 2), ritenuto proveniente dall'area del Foro di Traiano e diviso attualmente tra Museo ex-Lateranense e Museo delle Terme, in cui compare la figura dell'imperatore, da Thorwal- dsen restaurato - su suggestione del preteso luogo di ritrovamento - come Traiano, accompagnato da littori sullo sfondo di un eccezionale tempio decastilo6 : nel timpano di questo tempio è raffigurata la leggenda di Marte e Rea Silvia, ciò che ha fatto spesso identificare l'edificio, non senza una ovvia logica intuitiva (ma non per questo meno fragile), con il tempio di Venere e Roma. Tuttavia, mentre la provenienza del Foro di Traiano è lungi dall'esser provata, dal momento che il nostro unico dato certo sul rilievo è la sua parziale (metà inferiore) conservazione fino al 1812 nella Villa Aldobrandini assieme - fra le altre cose - a due frammenti di sicura provenienza dal Foro di Traiano7, la datazione adrianea lo farebbe attribuire ad aggiunte fatte al complesso traianeo da Adriano, comunque dopo il 135 d.C, data della dedica del tempio di Venere a Roma. Come hanno visto P. Hommel8 ed E. Simon9, stilisticamente il rilievo si colloca assai meglio in epoca f la- via che in età adrianea, per non parlare di una datazione claudio-nero- niana, difficilmente sostenibile su semplice base antiquaria, proposta di recente da G. Koeppel10. Se la datazione adrianea viene a cadere, il tempio raffigurato sul rilievo non può che essere il tempio della Gens Flavia. Una possibile conferma di ciò ci è offerto dal verso di un raro sesterzio di Domiziano di zecca urbana, datato appunto al 95/96, sul quale si sono avute due interpretazioni, l'una di E. Nash11, che vi ha

condidit manus, coeli est»); 34, 1-2: «Iuppiter Idaei risit mendacia busti, / dum videi augusti Flavia templa poli». Stesso concetto in termini più recenti in Stat. Silv., IV, 3, 318-19: «Qui (seil. Domitianus) genti patriae futura semper/sancit lumina Flaviumque caelum ».

6L'editio princeps è di Petersen, in Rom. Mitt., Χ, 1895, p. 96, 244 sq., tav. 5; cfr. A. Ambrogi, in Museo nazionale romano. Catalogo delle sculture, I, 8, Roma, 1985, p. 104 sq. Non ha fondamento l'ipotesi di H. R. von Goette, in AA, 1983, p. 239 s.

7 Petersen, art. cit. (a nota 6). 8 P. Hommel, Studien zu den römischen Figurengiebeln der Kaiserzeit, p. 41 sg. 9 E. Simon, in Helbig, Führer durch die öffentlichen Sammlungen Klassischer Altertü

mer in Rom, Tübingen, 19634, p. 727 sg., n. 1013. !° G. M. Koeppel, in BJbb, CLXXXIII, 1983, p. 82 sq., 135 sq. 11 E. Nash, in Arch. CL, XI, 1959, p. 234 sq.

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Fig. 1.

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visto la raffigurazione dei complessi domizianei dell'area del ed. tempio di Augusto, e l'altra, di C. F. Giuliani 12, che ha proposto di leggervi la riproduzione della parte centrale, ufficiale, della Domus Flaviae.

La moneta mostra un tempio decastilo collocato sulla sommità di una duplice sostruzione via via rientrante e adorna di partiti architetto-

Fig. 2.

nici : le due peraltro generose ipotesi sono smentite, oltre che dall'aspetto esterno dei monumenti in questione, dalla logica architettonica e dalla statica. Non è infatti pensabile ad un coronamento di sostruzioni cave - che tale è di certo l'aula regia della Domus Flavia - ο anche voltate, ma pur sempre vuote - come il ed. tempio di Augusto - con una poderosa struttura naomorfa decastila. Tanto per la statica; ma ancor più nel caso dell'aula regia, appare problematica la logica architettonica, per la quale un colossale edificio di tipo templare verrebbe a fare da inedito lucernaio ad una sala sottostante. Malgrado i

12 C. Giuliani, in Rom. Mitt., LXXXIV, 1977, p. 91 sq.

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richiami di E. Simon13 al fastigium aggiunto, in spregio alla norma consuetudinaria e sacrale, alla casa di Cesare, l'edificio della moneta non può che essere un tempio e questo tempio - sia esso quello raffigurato nel rilievo Terme-Laterano, come io credo, ο altra cosa - non può che essere il tempio della Gens Flavia. La coincidenza tra la cronologia della moneta, quella del IX libro degli Epigrammata di Marziale e quella dei libri IV e V delle Silvae di Stazio dove compaiono le menzioni del templum Gentis Flaviae, sempre il 95/96, è un dato troppo cogente per rifiutare l'identificazione dell'edificio raffigurato sulla moneta con il templum Gentis Flaviae.

Ma abbiamo ancora qualche altro elemento di giudizio. La moneta presenta il tempio decastilo solidamente piantato su duplice sostruzione rientrante. Ora il tempio della Gens Flavia si trovava sul Quirinale e la sua forma pesantemente sostruita si attaglia in maniera perfetta alle pendici di un colle che, soprattutto sulla vallis Sallustiana, era (e ancor in parte è) assai scosceso. I dati di trovamento dei rilievi Hartwig sono purtroppo assai vaghi («bei dem Bau des grossen halbrunden Palastes an der Nordseite der Exedra der Thermen des Diocletians », sono le parole di Hartwig)14 e localizzano il trovamento nel grande plesso di edifici, virtualmente unitario, tra piazza Esedra, via delle Terme, largo S. Susanna e via Torino. Ma due altri dati sembrano poter inchiodare questo edificio in un'area più ristretta. Si tratta di un cippo scoperto nel sec. XVI nella vigna Sadoleto del Quirinale15 dove si legge Inter duos / parietes / ambitus privat(us) / Flavi Sabini, e di una fistola plumbea con l'inscrizione T. Flavi Sabini16; ora se la vigna Sadoleto è di difficile localizzazione17, la fistola acquarla proviene dallo scavo della chiesa scozzese di S. Andrew, dunque a poche decine di metri dall'area di ritrovamento dei rilievi Hartwig.

In questa zona si trovava dunque un predio di T. Flavio Sabino, certo da identificare con il praef. urbi 69 d.C. fratello di Vespasiano (e non con l'omonimo figlio di costui, console nell'82 d.C. e ucciso da Domiziano tra Γ82 e Γ87 d.C. ο con l'altro T. Flavius Sabinus cos. II 72

13 E. Simon, in Helbig4, cit. 14 P. Hartwig, in Rom. Mitt., XIX, 1904, p. 23. 15 CIL, VI, 29788 = ILS, 5988. 16 CIL, XV, 7451. 17 Cfr. R. Lanciani, FUR, tav. XVI.

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d.C.)18; si tratta senz'altro della stessa domus del prefetto urbano fratello di Vespasiano, teatro dei tumultuosi avvenimenti del 69 narrati da Tacito19. È dunque verosimile che Domiziano sia nato nel 51 d.C. nella casa del più influente e potente dei suoi adfines, che, secondo Sueto- nio20, precedeva Vespasiano per auctoritas, ricchezza e potere e al quale Vespasiano poco più tardi della nascita di Domiziano, nel 60 circa21, ipotecò tutte le sue proprietà.

Sappiamo che importanti resti di una ricchissima casa romana sono stati scoperti circa venti anni or sono sotto la caserma dei Corazzieri in via XX Settembre, poco lontano dal luogo di trovamento della fistola di T. Flavio Sabino; si tratta di una grande sostruzione in opera reticolata rivestita di mosaico policromo, che guarda la valle a NO del Quirinale. Di recente questa sostruzione è stata illustrata da F. Coarel- li22, il quale concorda con la mia ipotesi che questi resti facciano parte della domus di Sabino, da Domiziano trasformata in templum Gentis Flaviae, ciò che mi esime di illustrare partitamente questo notevole complesso. Oltre a sottolineare che tale decorazione si attaglia perfettamente all'epoca in questione, occorre osservare che, a giudicare dalla rappresentazione della moneta, il tempio della Gens Flavia si appoggiava con grande sostruzione alle pendici del colle Quirinale e che i resti sotto la caserma dei Corazzieri rappresenterebbero appunto una parte della sostruzione verso la vallis Sallustiana. Tuttavia le sostruzioni verosimilmente avvolgevano tutta questa sporgenza del colle e dobbiamo immaginare un complesso che si affacciava, con sostruzioni, criptoportici e ninfei (pensiamo al Claudianum del Celio), anche verso Sud : in

18 T. Flavius Sabinus praef. urb. 69 : PIR, IIP, n. 352, p. 166 sg.; T. Flavius Sabinus cos. II, 72 : PIR, IIP, n. 354, p. 169; T. Flavius Sabinus cos. 82 : PIR, IIP, n. 355, p. 169 s.

19 Tac, Hist., Ill, 69. La localizzazione sul Quirinale di questa casa è implicita nel fatto che il primo scontro dei Flaviani che « scendevano » dalla casa di Sabino con i Vitel- liani avviene presso il lacus Fundanus collocato, sulla scorta del luogo di trovamento di un'iscrizione (ILLRP, 352), nella zona tra via Quattro Novembre e via Magnanapoli (H. Jordan, Topographie der Stadt Rom in Altertum, Berlino, 1871-1907, I, p. 402 s.) : circa lacum Fundani descendentibus qui Sabinum comitabantur armatis occurrunt promptissimi Vitellianorum (Tac. loc. cit.).

20 Suet., Vesp., 2: «sumpta virili toga latum clavum, quamquam fratre adepto, diu aversatus est, nec ut tandem appeteret compelli nisi a matre potuit ea demum extudit magis convicio quam precibus vel auctoritate, dum eum identidem per contumeliam anteambulonem fratris appellat».

21 Suet., Vesp., 4. 22 F. Coarelli, Roma sepolta, Roma, 1984, p. 147 sq.

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questa direzione infatti è logico supporre forse l'orientamento del tempio, certo l'ingresso principale al complesso. Questo ingresso era perciò volto verso l'Alta Semita (secondo il cui asse paiono orientati i muri superstiti sotto la caserma dei Corazzieri) e, sempre se seguiamo la moneta, qui si apriva il grande arco centrale di accesso al recinto. A questo arco si debbono riferire con grande probabilità i frammenti Hartwig, trovati - in conformità con questa ricostruzione - sulle pendici meridionali del colle, non lungi perciò sia dal lato Ν dell'esedra delle terme dioclezianee indicato come luogo di trovamento dei rilievi, sia dal sito del ritrovamento della fistola acquarla di Flavius Sabinus.

I pochi frustuli di questo arco sono, malgrado tutto, sufficienti per indicare con qualche approssimazione il quadro dei significati e dell'ideologia delle raffigurazioni. La decorazione dell'attico, presentava attendenti del culto (ricordiamo qui un giovanetto con simpulum) e significative colonne, di ben precisa ascendenza ellenistica, dal fusto in forma di palma e dal capitello con il fogliame spazzato dal vento, una forma cioè che evoca ad un tempo la palma triumphalis e l'albero-sim- bolo della Iudaea capta, riprodotta sistematicamente sulle monete del triumphus Iudaicus di Vespasiano e Tito23. Nei pannelli ricorrevano scene di argomento militare e civile, destinate a decorare le due tradizionali partes, quella militaris e quella civilis, degli archi trionfali romani; abbiamo infatti, da un lato, come nell'arco di Tito in Circo Maximo24, e nell'arco di Tito fra Palatium e Velia25, ed in altri monumenti trionfali domizianei26, figure di soldati (in genere pretoriani) e l'imperatore Vespasiano con corona trionfale sul capo, e, dall'altro una scena religiosa di grande interesse ideologico, pure da paragonare a consimili scene di altri monumenti domizianei27. Questa scena, ambientata sul Quirinale presso il tempio di Quirino e alla presenza del flamen Quiri- nalis, deve essere considerata come la scena del sacrum di fondazione del tempio della Gens Flavia : la testa del flamen, volta verso sinistra, doveva guardare il sacrificio (cui va attribuita la parte anteriore a noi conservata della hostia taurina proveniente da sinistra) che è dunque in

"BMC, Vespasian, XXX, XLV, tav. II, 10 e 14; XIII, 7 e 9; XVIII, 20; XIX, 4; XX, 5 ss.; etc.

24 E. La Rocca, in Boll. Mus. Cap., XXI, 1974, p. 1 sq. 25 M. Pfanner, Der Titusbogen, Magonza, 1983, p. 50 sq. 2· G. M. Koeppel, in BJbb, CLXXXIV, 1984, n. 12-14, p. 38-40, n. 17, p. 44-6 n. 28-30,

p. 61-4. " Ibid., n. 15, p. 40-2, n. 19, p. 46-9.

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atto in quella direzione. Ciò non solo conferma in linea di massima la nuova collocazione proposta di G. Manca28 per i templi di Salus e di Quirino, rispettivamente presso le Quattro Fontane (donde provengono le note iscrizioni di re e popoli asiatici Salutis ergo)29 e presso S. Maria della Vittoria (dove sono stati scoperti il noto deposito arcaico e terre- cotte architettoniche di ordine dorico, dello stesso ordine cioè dellW- des Quirini), ma soprattutto ci aiuta a comprendere il senso ideologico riposto per questo grande complesso di culto imperiale.

Domiziano, scegliendo questo luogo, da un lato si rifaceva alla consolidata tradizione augustea della localizzazione del tempio del culto familiare nel luogo della nascita del princeps, ma dall'altro profondamente innovava; l'area prescelta per il templum non era infatti quella che aveva dato i natali ai due divi della gens, Vespasiano e Tito, nati rispettivamente nel vicus di Falacrinae e in sordidae aedes presso un non meglio identificato Septizonium, bensì quella della propria nascita, la casa dei Flavii Sabini sul Quirinale. Gesto più evidente per una divinizzazione della sua stessa persona ancora vivente, non era possibile. Il modello da Domiziano inaugurato, riprendendo quello giulio-claudio, coscientemente vi si contrapponeva, pur con l'uso di uno strumentario ideologico molto simile.

I templi di Augusto divinizzato sono notoriamente due30, quello in Palano consacrato da Livia nel 22 d.C. come sacrarium (e perciò come sede del culto privato affidato ai f lamines Augustales e ai sodales Augu- stales, e solo più tardi pubblicizzato da Claudio nel 42 con la consecratio della nonna Livia), e quello costruito da Tiberio e consacrato da Caligo- la, noto ufficialmente come templum divi Augusti, ma più comunemente come templum novum divi Augusti, destinato al culto pubblico del divus. Il primo tempio sorgeva ad Capita Bubula, sul sito della casa di nascita di Augusto, il secondo sul luogo della prima casa di abitazione del giovane Ottaviano Cesare fino al 30 a.C, iuxta Forum Romanum supra scalas anularias ; un altro tempio ad un divus della gens, piuttosto imbarazzante per la verità, il divus Iulius, era stato eretto da Augusto nel foro sul luogo della cremazione di Cesare.

28 G. Manca, in Ann. Fac. Lett. Perugia. St. Cl., in stampa. 29ILLRP, 175-77. 30 M. Torelli, Typology and Structure of Roman Historical Reliefs, Ann Arbor, 1982,

p. 73 s.

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La politica di Domiziano si appropria del modello e in larga misura lo stravolge, sottomettendolo ai propri progetti dinastici e di domina- tus. Al templum divi Augusti in Palatio egli fa corrispondere, con la profonda innovazione semantica or ora veduta, il templum Gentis Flaviae in Quirinali : alle origini troiano-eneadiche, implicite nella localizzazione del colossale edificio palatino ed esaltate nella decorazione frontonale a noi nota dai rilievi della ed. Ara Pietatis31, si contrappongono le origini «sabine» della dinastia flavia, sottolineate dalla collocazione sul colle «sabino» di Roma dell'altrettanto colossale tempio domizianeo (decastilo contro l'ottastilo di Livia e l'esastilo di Tiberio ο l'esastilo del divus Claudius) e ulteriormente enfatizzate dalla vicinanza del tempio di Romolo divinizzato con il nome «sabino» di Quirino. Al templum novum divi Augusti, prima residenza urbana del princeps Giulio, fa pendant la porticus Divorum 32 con le due aedes Divi Vespasiani e divi Titi nel Campo Marzio, prima «residenza urbana» dei due Flavii assurti al rango di triumphatores, ossia la Villa Publica, ove Vespasiano e Tito dormirono in attesa di celebrare il loro trionfo33, e messa ostentata- mente in asse ed in rapporto stretto con il naiskos circolare di Minerva Chalcidica e con il Serapeo e l'Iseo. Questa duplice relazione chiarisce in qualche misura anche il significato attribuito da Domiziano al complesso di culto imperiale del Campo Marzio. La Minerva Chalcidica è ad un tempo la grande dea personale di Domiziano, quant superstitiose colebat34 e, in virtù dell'attributo di Chalcidica, duplicazione della Mi-

31 Ibid., p. 77 ss. Colgo l'occasione per segnalare che, vera ο falsa che sia l'identificazione da me proposta per il tempio ottastilo nel rilievo Claudio come tempio palatino del divus Augustus, la figura centrale del timpano non può essere Marte Ultore per i seguenti motivi : innanzi tutto non conosciamo iconografie di Marte Ultore (e in genere di Marte) come quella del rilievo, stante, seminudo e - secondo questa interpretazione - galeato con elmo dal triplice lophos (laddove in realtà si tratta di una corona radiata) ; in secondo luogo, la coincidenza di questa iconografia e di quella di Livia- Venere Genitrice nel timpano del Tempio ottastilo dell'Ara Pietatis e nel rilievo di Ravenna è tale da rendere ogni perplessità sull'identificazione superflua. Che la figura di Augusto (ovvero «Marte Ultore») nel timpano dell'Ara Pietatis abbia la barba è solo una delle tante inesattezze di J. Pollini, in AIA, LXXXVII, 1983, p. 573, che assieme alle sue «deduzioni» sul rilievo di Ravenna, in Rom. Mitt., LXXXVIII, 1984, p. 117 ss., vanno messe nell'armamentario della pseudo-scienza.

32 S. B. Platner-T. Ashby, Topographical Dictionary of Ancient Rome, Oxford, 1929, p. 152 s.

33 Joseph., Bell. lud., VII, 5, 4. La felice ipotesi è di F. Coarelli, Roma sepolta, cit., p. 153.

34 Suet., Dom., 15.

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nerva cui era intitolato il Chalcidicum annesso alla Curia35: ne consegue perciò che il Divorum, secondo gli intenti di Domiziano, doveva diventare la sede per le riunioni extrapomeriali del senato per la concessione dei trionfi all'imperatore, sotto la protezione - come la Curia Iulia - della «sua» Minerva, ribadendo con forza l'implicito nesso tra trionfo ed apoteosi, ma sempre nella cornice del nomen Flavium. Il carattere pubblico del templum novum divi Augusti si caricava così, nel pendant flavio, di una squisita valenza in direzione del trionfo, matrice di apoteosi. La seconda connessione, questa non cercata, ma emergente dallo stesso contesto topografico, con il Serapeo e l'Iseo, mentre riaffermava il crescente prestigio del culto orientale (che Domiziano rendeva esplicito con la colossale ricostruzione dopo l'incendio dell'80 d.C.)36, ricordava a tutti Yauspicium imperii offerto a Vespasiano dal Serapeo di Alessandria37, di cui quello di Roma era verosimilmente una copia38.

La simmetria del nomen Flavium con il nomen Iulium era già stata in qualche modo anticipata dal regno di Tito, quando venne iniziato il tempio del Divo Vespasiano alle pendici del Campidoglio, ma brevitate imperii di Tito, destinato ad essere completato ancora una volta da Domiziano39. Il sontuoso tempio, che accolse come σύνναος anche Tito divinizzato, è un pendant quasi perfetto, ο almeno quanto lo permetteva il preesistente tempio della Concordia, deìi'aedes Divi Iulii : i fondatori delle due dinastie si venivano a fronteggiare nell'area forense40, richiamando subito agli occhi della turba forensis ed ai partecipanti agli iudicia la maiestas dei capostipiti delle due casate succedutesi nell'z'ra- perium. Ma il programma di Domiziano andava ben oltre. Per comprenderlo, occorre partire più da lontano.

35 L'ipotesi che nel Chalcidicum fosse una statua (e verosimilmente un culto pubblico) di Minerva è la sola capace di accordare il testo di Res Gestae Divi Augusti, 19, ove si parla della realizzazione di Augusto di un Chalcidicum, Curiae continens, con il testo di Cass. Dio, LI, 22, che ricorda la costruzione di το τε 'Αθήναιον το Χαλχιδικον ώνομασμέ- νον και το βουλευτήριον το Ίουλίειον. Cfr. F. Zevi, in Rend. Line, XXVI, 1971 p. 237 sq.

36 S. Β. Platner-T. Ashby, Topographical Dictionary, cit. p. 238 sq. ; per l'incendio dell'80 d.C, cfr. Cass. Dio, LXVI, 24, 2.

37 Suet. Vesp. 7. 38 Cfr. A. Roullet, The Egyptian and Egyptianizing of Imperial Rome (EPRO, 20), Lei-

da, 1972, p. 23 sq. 39 S. B. Platner-T. Ashby, Topographical Dictionary, cit., p. 556. 40 Sull'estensione fino alle radices Capitola del Forum Romanum, v. H. Jordan, Topo

graphie, cit., I, 2, p. 192 ss.

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Nessuno, che io sappia, si è mai posto il problema del perché l'arco di Tito si collochi dove ancor oggi tutti noi lo vediamo. Anche la bella monografia di M. Pfanner41, così esaustiva in tutti i più minuti dettagli, ha eluso il problema, pago della vecchia ed erronea identificazione con Yarcus in Sacra Via summa (sul quale torneremo fra poco) e della scoperta di una generica allegoria intorno al concetto - di per sé ovvio - tra triumphus e consecratio. In realtà, l'arco, mentre innova alquanto rispetto alla viabilità precedente, sulla quale si impianta, stravolgendola, con i suoi poderosi piloni42, si innesta su di un asse che collega strettamente l'asse del Foro con la Meta Sudans, monumento questo di cruciale importanza in quanto cardine assai probabile della divisione deW'urbs in regiones43. Ma poiché, in antico come oggi, urbanistica e ideologia sono un nesso indissolubile, la collocazione di un arco trionfale in quel punto deve trovare una motivazione meno teorica ed astratta di un sistema di assi e di spazi ideologicamente neutrali come quello disegnato or ora. La spiegazione ci viene fortunatamente offerta dalla presenza, certo non fortuita, accanto all'arco, di un edificio templare, il quale addirittura allinea la sua fronte colonnata con la vera fronte dell'arco, che, giusta la logica del monumento e del senso di marcia delle figurazioni all'interno del fornice, è quella (per noi meno interessante, perché meno conservata) prospiciente l'area del Foro.

Il tempio è rimasto per noi disperatamente ignoto e di questo suo anonimato risentono anche le nostre informazioni, ferme a pochissime notizie nella letteratura corrente, che lo identifica con il tempio di Giove Statore44. Come ha dimostrato F. Coarelli45, questa identificazione, come quella della Sacra Via summa con il tratto di strada varcato dall'arco di Tito (e dunque anche quella di quest'arco con Yarcus in Sacra Via summa del rilievo degli Haterii), è da ritenersi erronea. Credo, però, che esista una possibilità di riconoscere in questo tempio un edificio sacro noto dalla tradizione. Vi è un gruppo di iscrizioni, noto attraverso codici e da scavi ottocenteschi del Foro (con una non grande dispersione dei frammenti, dai SS. Luca e Martina alla basilica Giulia), in cui sono registrate le cooptazioni di un collegio sacerdotale46.

41 Cfr. nota 25. 42 M. Pfanner, Der Titusbogen, cit., p. 13. 43 F. Coarelli, Roma, Bari, 1980, p. 183. 44 S. B. Platner-T. Ashby, Topographical Dictionary, cit., p. 308 s. 45 F. Coarelli, // Foro Romano, Roma, 1983, p. 11 sq., partie, p. 26 sq. « CIL, VI, 2004-9 (cfr. ILS, 466).

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L'esclusione di numerosi collegia, sia perché noti, sia perché obbedienti ad altra normativa nella cooptazione, ha indotto l'editore del Corpus W. Henzen (né altri hanno dopo di lui espresso giudizi contrari)47 a formulare l'ipotesi che nelle iscrizioni si debba riconoscere l'album dei sodales Flaviales Titiales; ai sintetici argomenti di Henzen, si può aggiungere che il sodalizio ripete chiaramente l'organizzazione in decu- riae48 tipica dei sodales Augustales e che i nomi dei membri a noi conservati ci indicano un prestigio relativamente modesto del collegio tra II e III sec. L'identificazione di questo album (che dai luoghi di trova- mento doveva essere affisso àìì'aedes Divi Vespasiani) ci fornisce un'informazione preziosa, dal momento che indica come luogo di riunione Yaedes Iovis Propugnatoris in Palano. Per collocare sul terreno questa aedes, non conosco miglior candidato del nostro tempio presso l'arco di Tito.

La cronologia dell'edificio è tutt'ora incerta, ma per tecnica costruttiva non deve oscillare oltre il termine alto del tardo I sec. a.C. e quello basso della fine del I sec. d.C.49, mentre i pochissimi resti di decorazione architettonica apparentemente pertinenti al tempio50 confermano una cronologia di epoca flavia.

Il nesso topografico strettissimo, tra arco e tempio, invera reciprocamente funzione e ideologia delle due costruzioni. L'arco al Divus Titus sorge in quel punto, perché lì è il luogo di riunione della sodalitas dei Divi, mentre la collocazione in quel punto dell' aedes Iovis Propugnatoris, nuova creazione di Domiziano si giustifica probabilmente in quanto luogo di nascita di Tito, che sappiamo da Suetonio essere in Palano51, certo con la vicinanza della colossale sostruzione domizianea contenente il tempio del primo Divus del principato, Augusto, così

47 Ibid. ; nulla di nuovo sull'argomento è nel lavoro fondamentale di K. Scott, The Imperiai Cult under the Flavians, Stoccarda-Berlino, 1936, e in L. Schumacher, Prosopo- graphische Untersuchungen zur Besetzung der römischen Priesterkollegien in Zeitalter der Antoniner und der Severer (96-235 d.C), Diss. Mainz, 1973.

48 Cfr. ad es. CIL, VI, 2009 (= ILS, 466), dove sono le cooptazioni supra numerum di tutti gli imperatori ο dei loro figli come principes iuventutis o Caesar es, da Caracalla (197 d.C.) a C. Giulio Vero figlio di Massimino ; al contrario CIL, VI, 2004 registra cooptazioni di nuovi membri tra 180 e 200 d.C. con sostituzioni di semplici senatori.

49 Per la tecnica, cfr. G. Lugli, La tecnica edilizia romana, Roma, 1957, p. 426 sq., par- tic, p. 436 (periodo flavio-traianeo).

50 Un frammento di lacunare marmoreo, posto sul podio e apparentemente pertinente al tempio, è un lavoro tipicamente flavio.

51Suet., Tit., 1.

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come vicino al templum novum di quest'ultimo si trova il tempio forense del Divus Vespasianus. Si scorge così un lembo di grandioso programma edilizio destinato a saldare in un solo sistema ideologico, il vecchio nucleo «storico» del centro forense tutto «segnato» dal nomen Iulium, il complesso palatino di Augusto e Tiberio, e i fori di Cesare e di Augusto, e fino all'ormai onnipresente Circus Maximus, con un anello di costruzioni destinate ad esaltare il nomen Flavium nel centro del potere senatorio e imperiale deW'urbs, culminante, anche in forma visiva, con il ricostruito Capitolium. Il faraonico programma copriva in maniera completa le pendici del Capitolium, della Velia e del Palatium e trovava i suoi centri immediati di interesse nel punto mediano con Yequus Domitiani52 e nel Foro Transitorio con il suo templum Miner- vae; quest'ultimo monumento istituiva un inedito asse genericamente N-S di tale immenso plesso, in un'ideale relazione con X Athenaeum, ingresso monumentale palatino intitolato alla stessa dea Minerva cara al principe e simbolicamente alle spalle dell' aedes Castorum, da tempo assurta ad immagine degli iuvenes destinati ad essere principi e senatori, istruiti appunto alle arti liberali nel retrostante Athenaeum. D'altro canto, lo «spostamento» (o meglio la duplicazione) dello Ianus Quadri- frons al centro del Foro Transitorio sottolineava lo spostamento dei principia urbis dalla vecchia alla nuova sede, con un preciso annuncio per la renovatio temporum flavia. L'altro asse, approssimativamente ortogonale al precedente, era centrato suW'aedes divi Vespasiani, con la Concordia, gli dei consentes e il divus Augustus ai lati e visualizzava in forma immediata le coordinate politiche domizianee, il nuovo divus Vespasianus nella theôn agorà degli dei consentes, attorniato dalla parola d'ordine di Concordia e dal continuismo del carisma augusteo; centro del nuovo assetto del grandioso nuovo cuore deli'urbs, naturalmente, Yequus Domitiani. A questo lato ne corrispondeva l'altro opposto ad oriente, quello dove sorge l'arco di Tito divinizzato e Yaedes Iovis Pro- pugnatoris, sede della sodalitas dei Flaviales, di nuovo vicino ad un tempio del Divus Augustus, appositamente rinnovato da Domiziano. Ma la simmetria indubbia del programma ci appare in qualche modo zoppa proprio in questo punto. Perché mai un arco del solo Tito (e non anche di Vespasiano) in quella zona? La risposta andrebbe cercata nell'enfasi sul trionfo giudaico, celebrato da Tito e commemorato anche dal tripli-

52 SuW'equus Domitiani, v. C. F. Giuliani-P. Verduchi, Foro Romano. L'area centrale, Firenze, 1980, p. 45 s.

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ce arco di trionfo eretto da Domiziano nell'81 d.C. al centro della sphendone del Circo Massimo in memoria del solo Tito53. In questo caso, il nostro arco, come quello del Circo, si collocherebbe sulla linea del percorso trionfale e segnerebbe il limite della nuova area del centro monumentale lungo questo percorso. Ma perché l'arco palatino è dedicato al divus Titus, mentre quello circense lo è a Tito vivente? Vi è tuttavia un'altra possibilità di interpretazione, che sottopongo volentieri alla discussione.

Come abbiamo visto, il rilievo degli Haterii presenta fra le costruzioni realizzate per conto di Domiziano da questo ricco redemptor un arcus in Sacra Via summa che non può - come ben argomentato da Coarelli - essere identificato con l'attuale arco di Tito. È un arco ad un sol fornice, simile, ma al tempo stesso diverso da quello di Tito; sempre seguendo Coarelli nella sua ridefinizione del percorso della via Sacra, l'arco del rilievo degli Haterii verrebbe così a trovarsi nell'area fra i (futuri) edifici della Basilica di Massenzio e del tempio di Venere e Roma, e in prossimità del tempio di Giove Statore, sempre della fase premassenziana. Mi domando se questi due edifici, arcus in Sacra Via summa e tempio di Giove Statore, non siano fra loro collegati in una simmetria (che nell'attuale impossibilità di localizzare con esattezza arco e tempio resta del tutto ideale) con V arcus Divi Titi e il possibile tempio di Iuppiter Propugnator : X arcus in Sacra Via summa sarebbe così da intendere come arcus Divi Vespasiani in Sacra Via summa. In tale prospettiva, si avrebbe anche un eventuale recupero delle valenze ideologiche dei due templi : Iuppiter Stator, il dio che avrebbe « fermato» i Sabini nel loro mitico assalto contro i Romani sulla Via Sacra, come Vespasiano aveva «fermato» i rivoltosi Iudaei; Iuppiter Propugnator, il «Giove che guida all'assalto» (verosimilmente una «invenzione» flavia), così come Tito aveva guidato l'espugnazione di Gerusalemme. Sempre idealmente al centro di questa simmetria topografica fra le due apoteosi flavie opportunamente connotate e poste all'ingresso sud- orientale del nuovo centro monumentale domizianeo, doveva collocarsi il colosso della Domus Aurea, situato, come ci informa Cassio Dione54, έν τη ίερα όδφ, sulla Sacra Via, con tutta evidenza non troppo lontano dalla sede definitiva attribuitagli da Adriano per far posto alla sua creazione neoaugustea del tempio di Venere e Roma.

" CIL, VI, 944 (= ILS, 264). 54Cass. Dio, LXV, 15.

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Fig. 3.

Se è esatta questa ricostruzione, acquista nuovo valore un frammento di rilievo storico55 scoperto nello scavo - tutt'altro che casualmente - della Via Sacra, nel quale è ben riconoscibile il profilo di Tito, che vi compare non coronato e perciò forse come il Divi Vespasiani filius, appropriatamente perciò in un arco celebrante l'apoteosi del fondatore della dinastia. È questo un frammento deìì'arcus in Sacra Via summa, forse distrutto da Massenzio con il tempio di Giove Statore, per la costruzione della Basilica Nova? Se così fosse, avremmo di fronte anche la dimensione dello stile aulico dei marmorarii al seguito del redemptor Q. Haterius Tychicus : il confronto con i marmi del sepolcro di quest'ultimo - e con altri rilievi «storici» come il rilievo, a mio avviso anch'esso domizianeo, dei cosiddetti vota decennalia, oggi agli Uffizi56 (fig. 3) - conforta ulteriormente quest'ipotesi e al tempo stesso separa

55 G. Koeppel, in BJbb, CLXXXIV, 1984, p. 18 sq., fig. 5. 56 I. Scott Ryberg, in MAAR, XXII, 1955, p. 132 s., fig. 71, tav. XLVI.

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questo atelier dagli altri due attivi nella Roma di Domiziano, quelli, per intenderci, responsabili l'uno dei rilievi della Cancelleria e l'altro - destinato a diventare il grande atelier traianeo - dell'arco di Tito, dell'arco in Circo Maximo e dei rilievi Hartwig.

Alla luce di queste considerazioni, possiamo forse meglio comprendere il significato di un altro arco domizianeo, posto a pochi passi da quello di Tito sul Clivo Palatino : l'arco, mai soddisfacentemente pubblicato57, è ridotto ad una fondazione a sacco con rivestimenti laterizi, posta accanto all'ingresso monumentale del templum divi Augusti, il ed. Pentapylum58, e rappresenta il solenne accesso dal Foro alla sistemazione domizianea del Palatium. Esso viene inoltre a formare con il Pentapylum e l'arco di Tito un sistema organico di collegamento tra ciglio del Palatino e valle forense ; esso infatti provvede a creare un nesso urbanistico di cerniera tra le rettifiche domizianee della domus Tibe- riana e le nuove aggiunte della domus Flavia e della domus Augustana e a sottolineare la valenza ideologica unitaria del plesso arcus divi Titi - aedes Iovis Propugnatoris - templum Augusti, come nucleo di culto imperiale in ianua Palatii contrapposto all'altro nucleo ad radices Capitola. Il tempio del divo Augusto viene così a collocarsi all'ingresso della residenza imperiale inquadrato fra due archi f lavii : parafrasando una celebre frase di Augusto stesso59, si potrebbe quasi dire che il fondatore dell'impero diventava una sorta di ostiarius del terzo imperatore flavio. Ma c'è forse anche di più. In questa propagine del Palatino così poco e così male esplorata, a pochi metri a SO dell'arco di Domiziano, si conoscono (ma ne manca una qualsivoglia descrizione scientifica) i resti di un poderoso basamento cementizio di forma rettangolare, di solito collegato con la vasta fortezza dei Frangipane, che abbracciava tutta quest'area con l'arco di Tito e Y aedes Iovis Propugnatoris00. C'è da chiedersi se questo basamento non sia, almeno in parte, antico ed eventualmente riadoperato nella struttura medioevale allo stesso modo del podio deìì'aedes Iovis Propugnatoris, com'è noto trasformato in sostegno della turris chartularia. Sarebbe assai attraente la possibilità di

57 G. Lugli, Roma antica. Il centro monumentale, Roma, 1946, p. 524. 58 S. B. Platner-T. Ashby, Topographical Dictionary, cit., p. 389. 59 Suet., Aug., 91 (a proposito del tempio di Iuppiter Tonans rispetto a quello di Iuppi-

ter Capitolinus). 60 A. Bartoli, in Rend. Ace. Line, XVIII, 1909, p. 532 s.; G. Carettoni, in St.Rom., IX,

1961, p. 508 ss.

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identificare questo basamento con Yaedes Iovis in Palatio, tempio votato da Fabio Rulliano nel 295 a.C, bruciato nel 42 a.C. e ricordato due volte nelle vicende del regno di Caligola e di Claudio e ancora dai «Cataloghi Regionari»61.

Il tal senso saremmo in presenza di una concezione fortemente unitaria e conclusa sul piano ideologico, con tre archi di accesso alla parte meridionale della valle forense, intitolati rispettivamente al divo Vespasiano, al divo Tito e al vivente Domiziano, presso ognuno dei quali sorgeva un tempio dedicato a Iuppiter : gli epiteti del dio dovevano essere immediatamente evocativi delle qualità «trionfali» di ciascun titolare del vicino arco, Stator per Vespasiano, Propugnator per Tito, come si è visto, e infine Victor per Domiziano. Tra i due archi dei due divi Flavi si ergeva - si è già visto - il colosso neroniano del Sole : di qui si passava per chi volesse accedere al Foro dalla Velia e dalla valle del Colosseo, mentre il terzo arco dedicato a Domiziano costituiva il solenne ingresso del Palatium, ormai tutto occupato dalle fabbriche palatine. La triplice presenza di Iuppiter presso questi ingressi verrebbe a sancire l'identificazione dei triumphatores Flavi con la somma divinità del pantheon romano; in particolare, l'epiteto di Victor del tempio palatino verrebbe ad assumere il significato di una «qualità», di una permanente virtù, dell'imperatore vivente, che sembra - al pari della statua colossale del Sol, opportunamente riadoperata - presagire ancora una volta le tendenze ideologiche tardo-antiche.

Il nomen Flavium, con lo strumento dell'apoteosi dei divi e del culto imperiale ormai in chiave dinastica, veniva così a marcare tutti i colli «storici» dell'urta (fig. 4), il Quirinale «sabino» con il templum Gentis Flaviae, il Palatino con Yaedes Iovis Propugnatoris e Yarcus Divi Titi e forse con Yaedes Iovis Victoris e Yarcus Domitiani, la Velia con Yaedes Iovis Statoris e Yarcus Divi Vespasiani, mentre l'asse della dea personale Minerva collegava, attraverso Yequus Domitiani, Fora e Palatium, incrociandosi di nuovo con l'altro asse forense dominato daìYaedes Divi Vespasiani e biforcato in direzione di due (o tre) templi «recuperati» all'ideologia del culto imperiale all'estremità sud-orientale del nuovo centro deìYurbs, a loro volta inquadranti - omen di futuri sviluppi tar- do-antichi - il colosso del Sole. Che questo particolare sistema non sia una nostra ricostruzione del tutto astratta ci viene confermato dalla duplicazione che dei termini essenziali dell'organizzazione si è fatta nel

Fonti in S. B. Platner-T. Ashby, Topographical Dictionary, cit., p. 306 s.

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Fig. 4. - La ristrutturazione urbanistica domizianea del centro m

onumentale (a tratteggio gli edifici augustei, a reticolo quelli

domizianei ο in generale flavii, puntinati quelli dom

izianei di incerta localizzazione). Disegno arch. G. Giannoni. 1.

Tempio di Giove Capitolino;

13. Area della domus liberiana ;

2.Portico degli Dei Consenti;

14. Rettifica domizianea della fronte del Palatium

; 3.

Tempio dei Divi V

espasiano e Tito;15· A

edes Jovis Vicions; 4.

Equus Domitiani;

16· Arcus Dominarli;

5.Ianus Quadrifrons ;

17· Templum

Divi Augusti in Palatio ;

, „

„18. Dom

us Flavia; 6.

Forum Transitonum

;,Λ

_.

19. Domus A

ugustana ; 7.

Tempio di M

inerva ;20

Aede$ Jovis Propugnatoris .

8.Tem

plum Pacis;

21. Arcus Divi Titi; 9.

Aedes Pacis;

22. Colossus Solis (nella localizzazione adrianea); 10.

Bibliotheca e Forma Urbis;

23. Collocazione ipotetica dellW

ws Divi Vespasiani in Sacra

1 1 .Athenaeum

;Via sum

ma ;

12.Tem

plum N

ovum Divi Augusti;

24. Collocazione ipotetica deìl'aedes Jovis Statoris.

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microsistema dell'area classica delle realizzazioni trionfali, il Campo Marzio, con il Divorum. Anche qui uno spazio pubblico, la Villa Publica, non a caso ancora una volta adiacente ad un luogo di culto imperiale di Augusto, il Pantheon, viene riplasmato, in funzione del particolare significato ideologico della zona medesima, con lo strumento del culto dinastico, organizzando sull'asse della dea « personale », Minerva Chalci- dica, il complesso della porticus, con la stessa geminazione dei templi dei due divi subordinati al passaggio - questa volta unico - dell'arco trionfale a tre fornici e fino a ricomporsi nell'edificio all'estremità opposta, purtroppo per noi ignoto, (un'ara Gentis Flaviae?), ma certo carico (vista la sua collocazione enfatica al fondo del complesso) di forti valori ideologici tutti connessi con il culto imperiale.

La plasmatura di tutta l'urbanistica della città dotata di contenuti monumentali, già sperimentata da Augusto, ma in maniera per così dire frammentaria (ad onta del colossale sforzo da questi fatto per unificare nel nomen Iulium l'area forense), viene da Domiziano indirizzata verso una scala colossale, che, triplicando lo spazio del centro monumentale, veniva ad avvolgere in una cintura unica le aree politicamente qualificate e qualificanti, dal Circo alla Suburra, dal Campidoglio alla Velia. La chiave di ciò non era più la finzione repubblicana della dedica dell'edificio sotto il semplice nome del magistrato dedicante, che peraltro come ci ricorda Suetonio62 Domiziano tenne in non cale nei suoi restauri (omnia sub titulo tantum suo ac sine ulla pristinis auctoris memoria), ma l'esaltazione della dinastia, sia acquisendo dimensioni pristine al nuovo progetto, sia - soprattutto - valorizzando con gli aspetti religiosi del culto imperiale spazi, accessi privilegiati, eminenze fisiche. Se, citando ancora una volta Suetonio63, «ianos arcusque cum quadrigis et insignibus triumphorum per regiones urbis tantos ac tot extruxit, ut cuidam Graece inscriptum sit "arci"», è anche vero che questo programma urbanistico, tutto scritto in chiave religioso-dinastica, lascia ampiamente presagire le forme del dominato : e non è senza significato che gli antichi ne ebbero coscienza, dal momento che quello stesso passo in Suetonio ne precede, direttamente e senza soluzione di continuità, uno assai più famoso, che suona: «pari arrogantia, cum procuratorum suorum nomine formalem dictaret epistulam, sic coepit : Dominus et deus noster hoc fieri iubet».

Mario Torelli

62 Suet., Dom., 5. "Ibid., 13.