Storia d'Italia Vo. 7 l'Italia in Camicia Nera

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    Piano dell'opera:

    STORIA D'ITALIAVoi. I

    476-1250

    STORIA D'ITALIAVoi. II

    1250-1600

    STORIA D'ITALIAVoi. Ili

    1600-1789

    STORIA D'ITALIAVoi. IV

    1789-1831

    STORIA D'ITALIAVoi. V

    1831-1861

    STORIA D'ITALIAVoi. VI

    1861-1919

    STORIA D'ITALIAVoi. VII

    1919-1936

    STORIA D'ITALIAVoi. VIII

    1936-1943

    STORIA D'ITALIAVoi. IX

    1943-1948STORIA D'ITALIA

    Voi. X1948-1965

    STORIA D'ITALIAVoi. XI

    1965-1993

    STORIA D'ITALIAVoi. XII

    1993-1997

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    M O N T A N E L L I C E R V I

    STORIA

    D'ITALIA1919 1936

    INDRO MONTANELLI

    L'ITALIA IN CAMICIA NERADal1919al spennalo192$

    INDRO MONTANELLI | MARIO CERVI

    L'ITALIA LITTORIADal 1925al1936

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    STORIA D'ITALIA

    Voi. VII

    EDIZIONE PER OGGIpubblicata su licenza di RCS Libri S.p.A., Milano

    2006 RCS Libri S.p.A., Milano

    Questo volume formato da:

    Indro MontanelliLItalia in camicia: nera

    1976 Rizzoli Editore, Milano 1999 RCS Libri S.p.A., Milano

    Indro Montanelli - Mario CerviEltalia littoria

    1979 Rizzoli Editore, Milano 1999 RCS Libri S.p.A., Milano

    Progetto grafico

    Studio Wise

    Coordinamento redazionale:Elvira Modugno

    Fotocomposizione:Compos 90 S.r.l., Milano

    Allegato a OGGI di questa settimana

    NON VENDIBILE SEPARATAMENTEDirettore responsabile: Pino Belleri

    RCS Periodici S.p.A. Via Rizzoli 2 - 20132 MilanoRegistrazione Tribunale di Milano n. 145 del 12/7/1948

    Tutti i diritti di copyright sono riservati

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    ~Y~^alla violenta irruzione del fascismo nella vita politica italia-

    m mna, alla sua trasformazione in regime, alla sua conquista to-

    JL^r tale dello Stato e dei suoi apparati, a quelli che Renzo De Fe

    lice defin gli anni del consenso, alla vittoriosa impresa d'Abissi-

    nia, alla proclamazione dell'Impero. Questi anni di storia d'Italia

    coincidono con la vicenda personale di Benito Mussolini - un oscu

    ro maestro di provincia che era stato, di volta in volta, un agitatore

    socialista, un deciso avversario della campagna libica, un ecceziona

    le giornalista, un convinto interventista, un irriducibile avversario

    dei socialisti e della sinistra rivoluzionaria nell'immediato dopoguer

    ra. Mussolini conquista il potere attraverso un simulacro di rivolu

    zione che sarebbe stato facilissimo evitare se ci che rimaneva dello

    Stato liberale e Casa Savoia avessero avuto il coraggio di ordinareall'esercito di disperdere la massa sbandata di camicie nere che mar

    ciava su Roma forte solo della altrui debolezza. Cos non fu e Mus

    solini prese il potere, benedetto anche da quei liberali che pensavano

    di servirsene e poi di scaricarlo. Si sbagliarono: Mussolini era un

    animale politico dal fiuto incredbile. Si impadron dello Stato, so

    pravvisse alla crisi del delitto Matteotti, istitu di fatto il regime con

    il famoso discorso del 3 gennaio 1925, avvi una politica economica

    che diede buoni risultati, avvi la grande stagione delle opere pub

    bliche (soprattutto la bonifica dell'Agro Pontino), istitu lo Stato corporativo... In Europa e nel mondo personaggi insospettabili (Chur

    chill, per esempio) lo ammiravano e stimavano, l'opposizione antifa

    scista era, come disse Giorgio Amendola, ridotta a un pugno di idea

    listi perseguitati in Italia e all'estero. Mussolini avrebbe potuto co

    gliere quel momento per giungere a una pacificazione definitiva del

    Paese (perfino i suoi oppositori pi strenui sembravano rassegnati

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    ad accettarla), invece, inebriato dal successo della guerra d'Africa,

    si illuse che l'Italia fosse una grande potenza militare e su questo, co

    me un giocatore d'azzardo, punt tutto: nel giro di pochi anni avrebbe perso tutto e condotto alla rovina l'Italia.

    INDRO MONTANELLI (Fucecchio 1909 - Milano 2001) stato il pigrande giornalista italiano del Novecento. Laureato in legge e inscienze politiche, inviato speciale del Corriere della Sera, fondatore del Giornale nuovo nel 1974 e della Voce nel 1994, tornato nel 1995 al Corriere come editorialista. Ha scritto migliaiadi articoli e oltre cinquanta libri. Tra i suoi ultimi successi, tuttipubblicati da Rizzoli, ricordiamo: Le stanze (1998),Lltalia del Novecento (con Mario Cervi, 1998), La stecca nel coro (1999), Lltalia del

    Millennio (con Mario Cervi, 2000), Le nuove stanze (2001).

    MARIO CERVI nato a Crema (Cremona) nel 1921. Laureato in legge, ufficiale di fanteria durante il secondo conflitto mondiale, permolti anni stato inviato speciale del Corriere della Sera, articolista e inviato del Giornale e della Voce. E stato direttore

    del Giornale dal 1997 al 2001. Tra le sue opere ricordiamo Storia della guerra di Grecia (1965; ed. BUR 2001), Mussolini - Albumdi una vita (Rizzoli 1992), / vent'anni del Giornale di Montanelli(con Gian Galeazzo Biazzi Vergani, Rizzoli 1994).

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    Indro Montanelli

    L'ITALIA

    IN CAMICIA NERA

    (1919-3 gennaio 1925)

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    AVVERTENZA

    Sebbene io non dia molta importanza alla cosiddetta periodizzazio-ne, mi parso giusto racchiudere in un volume la vicenda dellaconquista del potere da parte di Mussolini dalla fondazione dei Fa

    sci (1919) alla instaurazione della, dittatura (3 gennaio 1925), enon alla marcia su Roma, che d quella conquista fu soltanto unepisodio. La vera svolta infatti non fu quella, come credo di averspiegato in questo libro, ma il discorso col quale, dopo le convulsioni provocate dal caso Matteotti, il riluttante Mussolini liquid ilvecchio regime e ne fond, o credette di fondarne, uno nuovo.

    Naturalmente questo non che il prologo alla storia dell'Italiafascista, e ne prevede la continuazione. Ma non so pi quando potr darla al lettore. Scrivo queste parole alla vigilia del 20 giugno

    [1976], e molto dipende - si capisce- dall'esito di queste terrbilielezioni. Ma in qualunque modo vadano, la situazione a cui daranno avvo certamente di quelle che concederanno ben scarsomargine per lo studio e la riflessione a un giornalista impegnato come me nella battaglia politica, fino alla cima dei capelli.

    Non so quindi, caro lettore, quando torneremo a incontrarci sulbanco di libreria. Ma sappi che la mia non una diserzione; soloun trasferimento - speriamo temporaneo - di "servizio" in zona pi

    disagiata.

    I. M.

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    CAPITOLO PRIMO

    L'UOMO NUOVO

    Il 31 dicembre del 1920, moki italiani dettero addio all 'anno che finiva convinti che con quello nuovo sarebbe cominciata la normalizzazione. La crisi economica era tuttoraacuta. Le industrie stentavano a riconvertirsi alla produzione di pace ed erano minacciate dalla penuria di materie prime, e specialmente del carbone, perch i Paesi fornitori neavevano ridotti gli approvvigionamenti. La spinta inflazionistica, con la conseguente svalutazione della moneta, eraforte, e soprattutto le categorie a reddito fisso ne erano gravemente colpite. Lo Stato era indebitato fino al collo. La disoccupazione in aumento. Ma sei mesi prima era tornato al

    governo Giovanni Giolitti. E tutti pensavano che il vecchionavigatore non avrebbe ripreso il timone della barca se nonfosse stato sicuro di poterla rimettere in rotta.

    Sebbene avesse gi settantotto anni e gli ultimi sei li avesse quasi tutti trascorsi nel suo rifugio piemontese al di fuoridella mischia, Giolitti dimostrava, oltre alla solita assolutapadronanza della macchina governativa, il fiuto e il tempismo dei suoi giorni migliori. Le elezioni amministrative

    da lui indette in autunno avevano segnato lo stallo, e qua el il declino dei socialisti, che dalla fine della guerra in poiavevano tenuto in subbuglio il Paese coi loro scioperi selvaggi, le loro violenze, il loro insurrezionalismo velleitario eparolaio. E il 4 novembre le cerimonie per il secondo anniversario della vittoria, che l'anno prima Nitti si era rifiutatodi celebrare per paura di disordini sovversivi, si erano svolte solennemente e senza incidenti.

    Ma la prova pi convincente della generale volont di

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    pace l'aveva offerta la liquidazione dell'avventura fiumana.Nitti non aveva osato scacciare D'Annunzio dalla citt: era

    sicuro che non solo i nazionalisti avrebbero messo a soqquadro le piazze, ma che anche l'Esercito, o almeno alcuni suoireparti , avrebbero disobbedito e solidarizzato col Poeta.Giolitti ritenne che questo pericolo fosse ormai dileguato, ei fatti gli dettero ragione. Quando il generale Caviglia gl'in-giunse di sgombrare la citt, invano il Poeta lanci un drammatico appello all'Italia perch scendesse per le strade a impedire il Natale di sangue o a vendicarlo. Stanca dei suoi

    istrionismi, l'Italia non si mosse, i soldati fecero il loro dovere, e i l Poeta dovette malinconicamente rit irarsi nella suavilla di Gardone biasciando invettive contro una patria a cuile feste sembravano stare pi a cuore dell 'italianit di Fiume.

    Quest'ultima mossa, che ci riaccreditava presso gli Alleatie segna va la fine di una pericol osa tensi one con la Ju go sl avia, Giolitti non l 'aveva tuttavia improvvisata. Essa era il

    frutto di una lunga e delicata manovra sotto banco, intesa aisolare D'Annunzio da Mussolini. Questi era stato, almeno aparole, i l pi grande sostenitore dell ' impresa fiumana. MaGiolitti si era accorto che si trattava appunto solo di parole.In realt Mussolini aveva dato a D'Annunzio il suo appoggio perch questo attirava molte reclute sotto la bandieradella forza politica ch'egli aveva cominciato a organizzarefin dal marzo del ' 19: ilFascio.Ma di D'Annunzio voleva ser

    virsi, non servirlo. Per cui dapprincipio ag come suo luogotenente; ma poi, via via che la sua forza cresceva e gli entusiasmi per Fiume s ' intiepidivano, cominci a prendere dalui le distanze, anche se non scopertamente.

    Di questa complessa vicenda, daremo maggiori dettaglipi avanti. Ma per ora si pu, all'ingrosso, riassumerla cos.La prima seria frizione fra i due uomini avvenne al momento del trattato di Rapallo che lasciava la Dalmazia - meno

    Zar a - alla Jugo sl av ia , e faceva di F iu me una citt libera,cio un piccolo Stato indipendente. Mentre D'Annunzio de-

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    finiva questo trattato un tradimento, Mussolini sul Popolod'Italia lo salutava come il minore dei mali. Questo gli valse la defezione di alcuni seguaci, indignati dal voltafaccia,

    ma gli procur un alleato, Giolitti, che della rottura fra i dueuomini approfitt per isolare e liquidare quello ch'egli considerava il pi pericoloso. Naturalmente Mussolini insorsecontro il Natale di sangue e denunzi con parole di fuocoil fratricidio. In realt era ben contento della ingloriosa fine dell 'avventura fiumana, che lo liberava di uno scomodoalleato e di un pericoloso rivale.

    A Mussolini, Giolitti non dava molta importanza. Eraconvinto che il suoFascio non fosse che uno dei tanti gruppuscoli nati nel disordine del dopoguerra e destinati a dissolversi con la normalizzazione. Anzi si proponeva di strumentalizzarlo per tenere in rispetto i socialisti. E lo disse anche a Sforza, che invece se ne mostrava preoccupato: Sonodei fuochi d'artificio, che fanno molto rumore ma si spengono rapidamente.

    E mai pronostico ebbe una pi clamorosa smentita.Benito Mussolini era nato nell"83 a Dovia, una frazione

    di Predappio in quel di Forl. Suo padre Alessandro venivada una famiglia di piccoli coltivatori diretti che, andati inrovina, avevano dovuto vendere il podere, e gestiva un'officina di fabbro, ma ci si dedicava poco, tutto preso com'eradalla politica. Militava nel partito socialista, che allora sichiamava internazionalista e che ancora non si era liberato dalla sua matrice anarchica. Di questa matrice portavaegli stesso ben visibili le stigmate nel suo acceso massimalismo, che gli valse prima l'ammonizione, eppoi la prigione per

    sei mesi. Ammiratore di Costa e di Cipriani, ebbe anchequalche parte nella politica locale fino a diventare prosindaco. Ma come padre di famiglia lasciava piuttosto a desiderare. A mandarla avanti provvedeva la moglie, Rosa Maltoni,che faceva la maestra elementare e teneva scuola in casa, inuna stanzuccia annessa alla cucina. Di estrazione e formazione piccolo-borghese, essa era l'antitesi del marito: devota

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    alla Chiesa e attaccata all 'ordine tradizionale. Aveva volutoil matrimonio religioso (e Alessandro se n'era scusato coi

    compagni dicendo: Sono un ateo, ma un ateo innamorato)e il battesimo dei figli. Ma, quanto alla loro educazione, aveva lasciato fare al marito.

    Molti storici dicono che Alessandro cont molto per laformazione di Benito. Ma questo ci sembra che valga soloper il carattere, i cui segni ereditari sono evidenti. Lo stessonome gli fu dato in omaggio a Benito Juarez, il rivoluzionario messicano che pochi anni prima aveva fatto fucilare l'im

    peratore Massimiliano, cos come suo fratello ebbe quello diArnaldo in omaggio ad Arnaldo da Brescia. Ma sul pianoideologico non si vede che cosa Alessandro potesse insegnare al figlio perch nella sua testa c'era soltanto una granconfusione, come risulta dai pochi scritti in cui si ciment, enei quali si leggono pensieri di questo genere: Il socialismo la scienza e l'excelsior che illumina il mondo. E una sublime armonia di concetti, di pensiero e d'azione che precede

    al gran carro dell 'umano progresso nella sua marcia trionfale verso alla gran mta del bello, del giusto e del vero.Molto pi che di questi aforismi, il rivoluzionarismo di

    Mussolini dovette nutrirsi della miseria e delle frustrazioniche lastricano la sua fanciullezza e adolescenza. Sua sorellaEdvige racconta che il bambino rimase muto fino a tre anni,tanto che lo portarono da un dottore, i l quale avrebbe r isposto: Parler, state tranquilli, parler anche troppo: un

    oroscopo che ci sembra un po' costruito a posteriori, e checomunque dapprincipio non t rov conferma. Fino a l l 'e tdei pantaloni lunghi, il ragazzo parl poco e quasi soltantosotto lo stimolo dell'ira. Solitario e scontroso, trascorreva lesue giornate sui campi senza altri rapporti coi suoi coetaneiche di risse e cazzottate. Quando tornava pesto a casa, suopadre l'aizzava a vendicarsene. E questi furono i veri influssi ch'egli esercit su di lui.

    Per fargli finire le elementari, sua madre dovette mettercela tutta. Dopodich essa esigette che il ragazzo fosse man-

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    dato al collegio dei salesiani di Faenza, il quale provvide adare l 'ultimo ritocco alla sua protervia. Abituato a dormirecol fratello in cucina su un materasso imbottito di foglie di

    granturco e a mangiare mattina e sera una zuppa di piada edi verdura, Benito soffr non della ferrea dieta del refettorio e del pane pieno di formiche, ma della divisione dellamensa in tre reparti secondo la classe sociale degli allievi, edella sua relegazione in quella dei poveri. Nemmeno fra diessi si fece degli amici. Per i suoi continui atti di ribellionepass da un castigo all'altro, finch un giorno ricorse al coltello ficcandolo nella coscia d'un compagno. E fu espulso.

    A continuare gli studi lo mandarono al Giosu Carducci di Forlimpopoli, diretto dal fratello del poeta, Valfredo.Benito ci arriv con l'aureola dell'accoltellatore, che in Romagna sempre molto apprezzata, ci r imase sette anni, ene usc nel '901 col diploma di maestro. Anche qui trov ilmodo di farsi espellere per indisciplina; ma Carducci, cheaveva un debole per lui, gli consent di seguitare a frequentare le lezioni come esterno. Dalle testimonianze dei suoicompagni di scuola, risulta ch'egli non ne cerc mai l'amici

    zia, ma solo la sottomissione. Non voleva essere amato, masolo temuto e ammirato, e per questo ricorreva a gesti teatrali come quando, incaricato dagl ' insegnanti di commemorare Verdi, ne prese spunto per uno sproloquio politicocontro la borghesia e il capitalismo che mise nei guai il povero Carducci. Come proftto, se la cavava abbastanza bene,ma senza molto applicarsi. Fin da allora rivelava una straordinaria facilit a impadronirsi subito d'un argomento riducendolo all'essenziale: il che gli evitava Io sforzo di approfondirlo. Ma sui libri di testo ci stava poco. Preferiva iromanzi, soprattutto quelli sociali di scuola francese, daHugo a Zola; e per leggerli in pace si ritirava nella torrecampanaria. Ma seguiva anche i giornali, quando riusciva aprocurarsene .

    Sui sedici anni prese contatto con la locale sezione socialista, ma non risulta che vi abbia militato attivamente. Infat-

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    ti non ostent mai il distintivo d'obbligo dei socialisti romagnoli: la cravatta rossa. Rimase sempre fedele a quella nera,

    ch'era i l distintivo, altrettanto d'obbligo, dei repubblicani.Anche come letture, alla politica non dedicava molto tempo, forse svogliato dai cattivi compendi di marxismo che suopadre gli aveva propinato da bambino, e oltre i quali sarebbe andato poco anche da grande. Il suo socialismo era quello de /miserabili, nonch degli opuscoli e degli articoli di Costa, di Cafiero, di Cipriani e degli altri internazionalistiche allora andavano per la maggiore. Forse l 'unico classicodel socialismo che gli entr nel sangue come il pi congeniale fu Babeuf, di cui lesse quasi tutto e su cui compose anche delle catt ive poesie di stampo carducciano. Come nonebbe amici, cos non ebbe amori. La sua scuola di galanteriafu il bordello, di cui conserv sempre lo stile grossolano espicciativo. Orgoglioso della propria virilit, la trovava incompatibile con l 'abbandono e la tenerezza. Delle moltedonne della sua vita, non si concesse a nessuna, tranne forse l 'ult ima, Claretta. Le prendeva come il gallo prende la

    gallina.Il diploma di maestro con cui torn a casa nel '901 non

    gli serv a trovare un posto. Cerc di rendersi utile dandouna mano al padre nell'officina, ma con poco costrutto perch entrambi detestavano il lavoro; e intanto prendeva lezioni di violino da un maestro locale, un certo Montanelli,che bene o male gl 'insegn a strimpellarlo. Sebbene seguitasse a proclamarsi socialista, attivit politica non ne svolse.

    Le sue ambizioni sembravano pi che altro letterarie perch la maggior parte del tempo lo passava a buttar gi abbozzi di romanzi che poi lasciava regolarmente a mezzo. Finalmente il comune socialista di Gualtieri gli offr una supplenza, che gli serv solo a capire di essere poco vocato allapedagogia. Alla fine dell'anno scolastico egli scrisse all'unicocompagno di scuola con cui era rimasto in corrispondenza,Bedeschi, che lasciava il posto perch non lo pagavano ab

    bastanza. Ma mentiva. Non gli rinnovavano l 'incarico per-

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    che, appena arrivato, aveva sedotto una giovane sposa che,cacciata di casa dal marito, era andata a vivere con lui: cosache aveva scandalizzato anche i socialisti, propugnatori del

    libero amore, purch praticato lontano dalle loro mogli.Fu allora che decise di emigrare in Svizzera.

    Vi giunse nell'estate del '902, e ci rimase quasi due anni emezzo, salvo un breve rimpatrio per una malattia di sua madre. Fu, per la sua formazione, un periodo importante, manon per l'esperienza proletaria vissuta e sofferta deliberatamente, come dicono alcuni suoi apologeti. Mussolini feceanche il manovale, il magazziniere e altri umili mestieri perch le circostanze qualche volta ve lo costrinsero. Ma inrealt sin dapprincipio egli cerc di mettere a frutto la propria superiorit d'intelletto e di cultura sugli altri emigrati- povera gente analfabeta o semianalfabeta - dandosi ad attivit organizzative e propagandistiche. Che la politica seguitasse a interessarlo relativamente, lo dimostra il fatto ch'eglinon cerc contatti con l'ambiente internazionale dei rivoluzionari europei, che allora avevano in Svizzera una delle lo

    ro pi fiorenti centrali. Fra gli altri c'era anche Lenin, concui pare che una volta si sia incontrato ma senza sapere chifosse perch portava un altro nome. Mussolini non era attratto dai loro problemi dottrinari. Voleva soltanto risolverequello suo personale con qualche attivit che lo esentasse dallavoro manuale. E perci prese contatto col sindacato italiano dei muratori da cui ebbe un sussidio, e col giornale L'avvenire del lavoratore, di cui ottenne la collaborazione. Furonoquesti i primi effettivi rapporti ch'egli strinse col partito so

    cialista, e lo fece per sbarcare il lunario. I proventi che ne ricavava erano scarsi. Ma ebbe modo di rivelarsi anche a sestesso, come un efficace comiziante e un polemista incisivo.Sebbene poveri di contenuto e ancora pieni di smagliature,sul livello medio della pubblicistica socialista di allora, i suoiarticoli facevano spicco per concretezza e polposit.

    Un incidente contribu a rendere vieppi popolare il suo

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    nome. Dopo un comizio a Berna in cui aveva incitato allaviolenza, fu arrestato e dopo due settimane di prigione ac

    compagnato alla frontiera. Ma in Svizzera le misure di polizia hanno vigore soltanto cantonale, cio regionale. Sicch l 'espulso pot rientrare da un altro Cantone, quello diLosanna, dove lo richiamava una bella studentessa polaccacon cui aveva intrecciato relazione. E fu qui che torn dopoil breve rimpatrio per la malattia di sua madre. In Italia nonvoleva restare perch di l a qualche mese la sua classe sarebbe stata chiamata di leva, ed egli aveva deciso di non presentarsi per manifestare pubblicamente i l suo antimili tarismo. Infatt i nell 'aprile del '904 fu dichiarato disertore econdannato a un anno di reclusione.

    Un altro episodio che contribu alla sua popolarit fu unpubblico contraddittorio con un pastore protestante sull 'esistenza di Dio. Raccolti in opuscoli, gli argomenti addottida Mussolini per negarla appaiono ben povera cosa. Ma cene fu uno che trascin dalla sua l'uditorio. Cavando di tascal'orologio, egli grid: Se Dio c', gli d due minuti di tem

    po per fulminarmi. E incrociando le braccia attese, impavido e teatrale, la folgorazione. Riscosse invece, al terminedel la suspense, uno scrosciante applauso. Fu uno dei suoiprimi riuscit i esperimenti di maga oratoria, che gli valseanche una qualifica di esperto di questioni religiose.

    In aprile fu di nuovo espulso perch, essendogli scadutoil passaporto e non potendo rinnovarlo per la sua condizione di disertore, ne aveva falsificato la data. Stavolta doveva

    no consegnarlo alla polizia italiana, che lo avrebbe avviatoalla prigione. Ma appunto per questo i compagni, sia italiani che svizzeri, organizzarono tali manifestazioni di protesta anche sulla stampa e in Parlamento che la misura furevocata, e il reprobo, dopo un breve soggiorno in Ticino ein Savoia, pot tornarsene a Losanna. Fu quella - dir pitardi nel breve saggio autobiografico scritto nel carcere diForl - un'estate di forte occupazione intellettuale. Mante

    nendosi alla meglio col solito lavoro propagandistico e inte-

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    grandone gli scarsi proventi con saltuari impieghi, s'iscrisseall'Universit per seguire i corsi di Vilfredo Pareto, il grande economista e sociologo italiano che sottoponeva a una

    critica demolitrice la democrazia e le ideologie che le fannoda supporto. Non vero ch'egli ebbe rapporti diret t i colMaestro, come dicono alcuni suoi biografi. Lo smentisce lostesso Pareto in una lettera a Placci: Mussolini venne aimiei corsi, ma io non lo conobbi personalmente. E veroper che il giovanotto rimase fortemente impressionato dalle sue lezioni: non tanto forse per la profondit del pensieroeh'egli non era in grado di penetrare, quanto perch essefornivano un puntello dottrinario alle sue intuizioni. Il disprezzo per le teorie umanitarie, la giustificazione della violenza come forza motrice della Storia e il concetto che questa avesse a protagoniste le minoranze e non le masse, egligi li aveva nel sangue, ereditati dal padre. Ma Pareto glielimise in bella copia, debitamente autenticati sul piano culturale.

    Ora non frequentava pi soltanto i poveri manovali, maaveva allacciato rapporti con persone destinate a contare sul

    seguito della sua avventura politica. Una di queste era Giacinto Menotti Serrati, un socialista di Oneglia di poca scuolae di scarse e abborracciate letture, ma reduce da avventurealla Jack L on do n. A ven t'a nni er a gi deleg ato al pri mo congresso del partito, quello di Genova che aveva proclamatola scissione dagli anarchici, dei quali egli fu poi sempre ilbersaglio. Lo consideravano un traditore e non smisero maidi denunziarlo come agente provocatore e delatore al servizio della polizia: un'infame calunnia. Tutta la sua vita erastata un andirivieni fra tribunale e prigione, intramezzatoda espatrii e rimpatrii clandestini. Aveva fatto il mozzo, loscaricatore di porto a Marsiglia, il terrazziere nel Madagascar, il gio rna lis ta a New York, e finalmente er a a pp r oda toin Svizzera in qualit di propagandista e organizzatore degliemigrati italiani. La sua amicizia con Mussolini - destinata asfociare dieci anni pi tardi nella pi accanita e irriducibile

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    inimicizia - nacque soprattutto da una certa affinit di temperamento. Anche Serrati era un autodidatta e un massi

    malista, senza originalit di pensiero e istintivamente avverso ai Turati, ai Treves e agli altri intellettuali del partito.Ma, a differenza di Mussolini, sapeva anche ridere, almenofin quando non s'impermaliva perch era suscettibilissimo eincapace di controllare i propri furori. Un personaggio insomma di mediocre levatura, ma rispettabile sul piano umano: coraggioso, generoso, onesto, sincero. Lo dimostr conMussolini aiutandolo fraternamente a scalare nel partito po

    sizioni sempre pi alte, senza mai ingelosirsene, cosa rarafra i politici. Romper con lui unicamente per ragioni ideologiche, e da allora gli sar nemico nella stessa misura in cuigli era stato amico.

    Un altro utile incontro fu per Mussolini quello con Angelica Balabanoff, personaggio gi di notevole rilievo nelsocialismo internazionale. Era una russa di buona famigliaborghese, che fin da giovanissima si era imbrancata conquella intellighenzia rivoluzionaria da cui venivano anche iLenin, i Trotzky, e gli altri futuri grandi del bolscevismo. Aspingercela era stata la ribellione contro la meschinit, losnobismo provinciale, il sussiego di casta, i tab del suo ceto. Essa stessa ha raccontato che, per una cerimonia nuziale,suo zio aveva fatto fermare un treno per dare tempo agl'invitati di fare i brindisi d'uso mentre gli altri viaggiatoriaspettavano rassegnatamente seduti sui loro bagagli. A ventidue anni era espatriata e aveva girovagato per i Paesi occidentali, guadagnandosi la vita come traduttrice perch aveva, come tutti i russi, gran disposizione alle lingue, e ne parlava correntemente otto. Gli anni pi felici li aveva trascorsiin Italia, dove fra l'altro aveva seguito le lezioni di AntonioLabriola, il pi serio interprete di Marx. Ma, a differenzadella sua co mp at ri ot a Anna Kuliscioff con cui non fu mai inbuoni rapporti nonostante la comunit di origine e di idee,non era soltanto un'intellettuale del socialismo. Lo pratica

    va da militante, vivendo da proletaria fra i proletari.

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    Fu cos che nel 1902, mentre teneva a Ginevra un piccolo comizio a un gruppo di emigrati italiani, vide fra i suoiascoltatori un giovanotto dagli occhi sbarrati e dal volto ca

    daverico sotto la barba mal rasata. Scesa dal podio, volle conoscerlo. Mussolini le si present come un disperato, minato dalla sifilide e da una tabe ereditaria, e incapace di sopportare qualsiasi lavoro. Non si mai saputo con certezza sela sifilide l'avesse davvero. Ma si sa ch'egli se ne faceva quasi un vanto, come di una garanzia di virilit e di successocon le donne. Ad Angelica disse anche che gli avevano offerto cinquanta franchi per la traduzione di un opuscolo di

    Kautsky, ma che doveva rinunziarci perch non conoscevaabbastanza il tedesco. Angelica, che invece lo sapeva benissimo, si offr di aiutarlo. E cos fra i due nacque un'amicizia dicui difficile stabilire l'esatta natura.

    Angelica non era bella, non aveva la grazia eterea edesangue di Anna. Ma non era nemmeno sgradevole, nonostante i fianchi massicci e gli zigomi pronunciati, eppoi erarussa, cosa che faceva grande effetto al piccolo provincialedi Predappio. Anche se fra loro non divamp la passione

    che aveva legato Anna ad Andrea Costa, qualcosa ci fu, edebbe la sua importanza. Angelica cerc d'incivilire quel selvaggio trasandato che passava da ostinati mutismi a interminabili sproloqui conditi di orrende bestemmie. Lo sfamava, gli lavava la biancheria, lo iniziava, sia pure con pocosuccesso, al marxismo, lo difendeva dalle accuse di un'anarchica italiana, Maria Rygier, che lo detestava e diceva di averle prove ch'egli era al servizio della polizia francese: un'ac

    cusa che ogni poco sarebbe tornata a circolare contro di luie che aveva lo stesso fondamento di quella lanciata controSerrati . Tuttavia anche Angelica piano piano si rese contoche nel socialismo di Mussolini pesava pi l'odio verso i ricchi che l 'amore verso i poveri, mentre Mussolini diceva dilei che nel suo corpo i succhi circolano, ma nella sua mentele idee si disseccano.

    Il fatto che, pur legato a lei sul piano umano, Mussolini

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    repugnava alla sua ideologia. Dopo Pareto, le sue grandi scoperte erano Kropotkin e Sorel. Sono scelte significative. Kro-potkin era il grande teorico dell'anarchia che vede nel socialismo un figlio bastardo e degenerato, e Sorel l 'esaltatoredella violenza come levatrice della Storia. Questi incontrinon rimasero senza effetti. Da allora egli cominci a seguirecon attenzione il movimento sindacalista rivoluzionario e isuoi araldi: Arturo Labriola, Olivetti, De Ambris, Panunzio,Corridoni, Orano, alcuni dei quali ritroveremo in posizionedi precursori nel composito calderone fascista. Fin allora essiavevano militato come ala rivoluzionaria del partito sociali

    sta. Ma nel '904 ne uscirono e per accentuare la propria indipendenza fondarono un giornale , Avanguardia socialista.Mussolini cominci a collaborarvi. Non risulta che s'iscrivesse al movimento. Ma che vi aderisse ideologicamente non c'dubbio, ed egli stesso lo dichiar in una lettera a Prezzoline

    Alla fine di quell 'anno 1904 un fatto nuovo gli permisedi rientrare in Italia. La Regina Elena aveva dato alla lucel'erede al trono, e come sempre capita in occasione di questi

    fausti eventi era stata promulgata un'amnistia di cui beneficiavano anche i disertori a patto che si presentassero al distretto. Mussolini decise di farlo. La famiglia, che pass a salutare prima di rivestire i panni militari, lo trov poco cambiato: gli stessi occhi spiritati nel volto ossuto, pallido edeternamente mal rasato, la stessa scontrosit, gli stessi cupisilenzi interrotti da scoppi di collera a base di turpiloquio.

    Fu arruolato tra i bersaglieri e destinato a un reggimentodi Verona dove, su segnalazione della Questura di Forl, lotennero sotto stretta sorveglianza. Ma la sua condotta fuesemplare. Di l a poco ebbe una licenza per accorrere al capezzale di sua madre, ma non fece in tempo a vederla.Quanto profondo fosse l'affetto che lo legava a lei, non si mai saputo con certezza. Qualcuno dice ch'egli l 'amava teneramente e ne subiva molto l'influenza, ma non ne esistono prove. Nel settembre del 1906 termin la sua ferma senza il minimo incidente, tanto che insieme al congedo gli ri-

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    lasciarono un certificato di buona condotta: a un amico, ilquale lo aveva invitato a svolgere propaganda socialista fra icommilitoni, aveva scritto una lettera di rifiuto.

    In famiglia si trattenne due mesi, poi part per Tolmezzodove gli avevano offerto un posto di maestro, e fu un altrofiasco. Per sua stessa ammissione, il futuro dittatore non riusc a tenere in pugno i ragazzacci che gli avevano affidato,ma forse non fu tanto mancanza di energia, quanto di vocazione: alla scuola non era portato, e per di pi anche a Tolmezzo incapp in un'avventura galante che fece scandaloperch si concluse a bastonate fra lui e il marito dell'adulte

    ra. Dovette tornarsene a Dovia e aspettare i l febbraio del1908 per avere un altro incarico, stavolta a Oneglia.E curioso che in tutto questo periodo egli non facesse

    nulla per allacciare rapporti pi stretti col partito, come sealla milizia politica repugnasse. Ma Oneglia gli offr nuoveprospettive. Il Comune era retto dai socialisti, e a farvi ilbuono e il cattivo tempo erano Manlio e Lucio Serrati, fratelli del suo buon amico di Svizzera. Essi accolsero Mussolini con calore, e Lucio, che dirigeva La Lima, lo invit a col

    laborarvi.La Lima era una rivista scalcagnata, ma scrivere era per

    Mussolini l'unico esercizio che veramente lo appassionasse.Al punto che per gli articoli trascur come al solito gli allievi, e riperse il posto. Siccome La Lima non pagava, pur continuando a collaborarvi egli dovette tornare a casa, ma stavolta non vi rimase a macerarsi in lunghe passeggiate solitarie. Era in atto nelle campagne del forlivese una complicata

    faida fra mezzadri e braccianti per la gestione delle trebbiatrici. Mussolini v'intervenne parteggiando nei suoi articoliper i bracciant i , ch 'erano l 'e lemento pi turbolento edestremista. Cos si trov coinvolto in un tafferuglio che glivalse l 'arresto e una condanna a dodici giorni di prigione,ma anche una certa popolarit.

    Ora i Mussolini non stavano pi a Dovia perch Alessandro si era consolato della sua vedovanza unendosi con una

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    certa Anna Guidi con cui aveva aperto un'osteria a Forl. Benito rimase con loro due mesi, sempre impegnato a scriverenon pi per La Lima, ma per Pagine libere, una rivista che ilsindacalista Olivett i pubblicava a Lugano, e per i l Pensieroromagnolo, organo del la federazione repubblicana, e occupandosi pi di letteratura che di polit ica. Infatt i composeanche un lungo saggio sulla narrativa di Beltramelli, che adire il vero non rivela molto acume critico. Pi interessante una sua postilla a una conferenza di Treves su Nietzsche.Anni dopo egli disse a un intervistatore che Nietzsche egli

    10 aveva letto e profondamente meditato in Svizzera. Ma finallora non ne aveva mai parlato. E il sospetto che lo conoscesse solo superficialmente e di seconda mano ci sembraconfermato dai tre art icoli che gli dedic su Pagine libere,piuttosto rozzi e approssimativi. Certamente gli piacque l 'e-saltatore della forza e lo spregiatore della democrazia, qualeegli stesso si sentiva. Ma altro non fu capace di vedere in lui.Tuttavia significativo questo passaggio: Le opere di

    Nietzsche mi hanno guarito del mio socialismo... Mi ha fattoparticolare impressione la frase: vivete pericolosamente.

    Nel febbraio del 1909 part per Trento, e stavolta senzaimpegni scolastici. A quanto pare erano stati Serrati e la Ba-labanoff a pro cu ra rg li la dir ezi one del pe rio dic o socialistalocale, LAvvenire del lavoratore. Fu la sua prima missione diparti to, e non si presentava di facile assolvimento. Trentoallora non era austriaca solo perch c'era un Prefetto di

    Vienna. Lo era anche culturalmente. Il parti to di gran lunga pi forte era quello popolare, cio cattolico, che aveva11 suo leader in Alcide De Gasperi, deputato al Parlamento diVienna e direttore del quotidiano // Trentino. La sua lotta indifesa dell'italianit della provincia non andava oltre l'ambito amministrativo. I cattolici trentini si battevano per l 'autonomia, non per la liberazione dal giogo austriaco, e perquesto la loro base era cos forte: in sostanza erano dei

    conservatori strettamente legati ai poteri costi tuit i , cio alVescovo e all 'Imperatore.

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    I socialisti erano una esigua minoranza che faceva capo aCesare Battisti e al suo giornale // Popolo; ma che, pi che

    dal socialismo, traevano la loro forza dall ' irredentismo. Laloro bandiera era il tricolore anche se al posto dello stemmasabaudo avrebbero preferito la falce e martello. Questo, isocialisti italiani non comprendevano, ma lo comprese Mussolini , che all ' i rredentismo non si convert mai, ma se neserv per i suoi fini di parte. Solo impostando la lotta sul piano della difesa della lingua e della cultura italiana, si potevasottrarre il socialismo trentino all'influenza emolliente dellasocialdemocrazia tedesca, da un pezzo convertita agl'idealie alla pratica del riformismo e del parlamentarismo. Perchle bestie nere di Mussolini seguitavano ad essere queste:nella socialdemocrazia tedesca egli combatteva Bissolati, Turati, Treves, insomma i notabili del socialismo italiano.

    Questa campagna egli la concluse con una violenza chegett lo scompiglio nell'ambiente locale avvezzo a tutt'altrogalateo polemico. Pare che consideri la vita pubblica comeun torneo d'insulti e di bastonate scrisse il giornale di De

    Gasperi, che di Mussolini era il bersaglio preferito. E lo stesso Battisti mostr qualche volta un certo disagio a tenere leparti di quello scomodo e irruente alleato. Mussolini nondava tregua e non se ne dava. In sei mesi scrisse pi di cento articoli, note, corsivi, e perfino racconti. Il giornale era lasua passione: ci passava dodici ore al giorno, in poche settimane ne aveva quasi raddoppiato la t iratura e, per quantosgradita ai pi e ai meglio, la sua prosa aggressiva era riu

    scita a scuotere la tradizionale apatia di quella citt. Misono imposto scriveva al suo amico Torquato Nanni.

    Con De Gasperi, oltre a quelli giornalistici, ebbe unoscontro diretto in un pubblico contraddittorio a Untermais,e l'antitesi fra i due uomini si rivel stridente: all'argomentazione serrata ma incolore di De Gasperi, Mussolini oppose un'eloquenza millenaristica, e il successo di platea fu suo.Nemmeno la colleganza professionale riusc a gettare unponte fra loro. Fin dal primo giorno si detestarono, n po-

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    teva essere altrimenti, visto che incarnavano non due ideologie, ma due concezioni morali e di vita diametralmente

    opposte.Le autorit cominciarono a preoccuparsi di quell 'arruf-

    fapopolo, e nello spazio di pochi mesi gl'inflissero ben seicondanne, e undici sequestri al suo giornale. In giugno ilProcuratore di Stato sollecit da Vienna un decreto diespulsione, ma Vienna lo condizion a una giusta causache per il momento mancava. A fornirla fu una perquisizione nell'abitazione di Mussolini in seguito a un furto in una

    Cooperativa, col quale naturalmente egli non aveva nulla ache fare. Vi trovarono alcuni numeri dell'Avvenire del lavoratore che non avrebbero dovuto esserci perch colpiti da sequestro, e questo bast per provocare l 'arresto e la denunzia. Il processo si svolse due settimane dopo a porte chiuse,ma nonostante le pressioni di Vienna per una condanna chegiustificasse l'espulsione, il Tribunale assolse l'imputato e losfratto gli fu ingiunto per il mancato pagamento di una pre

    cedente ammenda. A Trento ci furono proteste , anche rumorose, ma lo sciopero indetto dai socialisti fu un mezzo fiasco. In realt la grande maggioranza della popolazione nonera affatto scontenta di quella misura che la liberava da unoscomodo ospite. L 'espulsione era stata una vera e propriacrisi di rigetto dell'ambiente. E c' chi dice che lo stessoBattisti trasse un respiro di sollievo.

    Per mancanza di soldi dovette riparare nuovamente a Forl,dove invano tent di farsi assumere come redattore alRestodel Carlino. A tempo perso, dava una mano nell'osteria, e fucos che l'occhio gli cadde sulla figlia della compagna di suopadre, Rachele. La conosceva sin da bambina, ma d'improvviso - come succede alle ragazze di quell'et - la ritrovavadonna fatta, e fatta bene. Le fece la corte a modo suo, cioal modo di un uomo che non era abituato a farla. Una sera

    la condusse in una balera e, siccome lei ball con un altroperch lui non sapeva, sulla via del ritorno le fece le braccia

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    nere di lividi, dopodich le ingiunse di lasciare l'osteria e ditrasferirsi in un paese vicino, presso sua sorella. Suo padree la madre di Rachele erano contrari a quell 'idillio. Non

    hai impiego, non hai stipendio, hai solo la politica che farsoffrire te e la donna che ti sar vicina. Pensa a quante ne hapassate tua madre gli disse Alessandro. Per tutta risposta,Benito trasse di tasca la pistola. Se Rachele non mi vuole- disse -, qui ci sono sei colpi: uno per lei, gli altri cinque perme. Come potesse uccidersi cinque volte, Dio solo lo sa, maera una frase delle sue, che mirava all'effetto, e l'ottenne.

    L'indomani raggiunse Rachele entrando come una ven

    tata nella sua stanza, e le disse di sbrigarsi perch aveva molta premura. Essa fece alla svelta fagotto delle sue poche robe, ruppe il salvadanaio, e si lasci portare dove lui voleva:in due fatiscenti stanzucce di via Merenda a Forl. Lo racconta lei nel suo libro di memorie e - forse con qualche ritocco, forse con qualche omissione -, probabile che tuttoandasse veramente cos. Si sposarono civilmente solo cinqueanni dopo, quando gi Edda ne aveva quattro, perch per isocialisti il matrimonio era un rito borghese. Quello reli

    gioso lo celebrarono nel '25, quando lui era gi Duce e rimuginava il Concordato con la Santa Sede.

    La luna di miele, egli la trascorse arrabattandosi con lapenna per metter d'accordo i l desinare con la cena, e nonsempre ci riusc. Cos nacque, su ordinazione di Battisti cheglielo pubblic a puntate sull 'appendice del suo giornale,Claudia Particella l'amante del Cardinale. Le amanti dei Cardinal i non portano fortuna agl i autori che le prendono per

    eroine. Ne aveva gi fatto l 'esperienza Garibaldi, che su unadi esse aveva confezionato un polpettone da oscurare la gloria di Calafatimi. A Mussolini non and meglio, anche sequel centone alla Zvaco, abborracciato e volgare, lo aiut asbarcare il lunario. Un orribile libraccio egli stesso dir alcuni anni dopo a Ludwig, dopo aver ordinato alla polizia difarne scomparire fin l 'ultima copia.

    Ma curioso, e indicativo del suo polivalente tempera-

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    mento, che proprio nello stesso periodo egli desse allestampe anche un saggio politico sul Trentino, che appartie

    ne invece alla miglior pubblicistica del tempo. A suggerirgliene l 'idea era stato Prezzolini, il direttore della Voce fiorentina. Da parecchio tempo Mussolini era assiduo lettoredi questa rivista, che aveva dato un profondo scossone allacultura italiana mettendone in fuga le tarme, e in cui egliritrovava molti motivi a lui congeniali: la denuncia dei viziaccademici della nostra cultura, la critica spietata del positivismo con tutti i suoi derivati umanitari e pacifisti, l 'apertura alle pi mo de r ne co rre nti di pen sie ro da Ja me s a Nietzsche e a Sorel, ma forse pi ancora l'aggressivo stile polemico. Quanto a mestiere di giornalista, egli impar moltodalla Voce, e specialmente da Papini e da Salvemini. Quando arriv a Trento, si mise in contatto con Prezzolini. E questi, che dei talenti aveva un fiuto rabdomantico, scopr Mussolini prima ancora che Mussolini scoprisse se stesso, e loinvit a collaborare suggerendogli una serie di articoli sull'ambiente locale e i suoi problemi. Tutto preso dal suo Avvenire, Mussolini non trov il tempo di scriverli, o forse nonlo ritenne opportuno. Ma, tornato a Forl, si mise al lavoro.E cos nacque il Trentino veduto da un socialista, un asciutto libello che rivelava un Mussolini ben diverso da quello, toni-truante e grossolano, che aveva appena firmato Eamante delCardinale: un Mussolini d 'annata, penetrante e senz'adipe.Di soldi, il saggio gliene rese meno del romanzo che gli aveva reso ben poco. Ma lo qualific come scrittore politico di

    un certo rango.Quello del 1909 fu un ben triste Natale dir pi tardi.

    Edda non aveva ancora tre mesi e dormiva nel letto dei genitori, scricchiolante di foglie di granturco, perch non avevano potuto comprare neanche una culla . Curiosamente,Mussolini seguitava a restare piuttosto appartato dai compagni di Forl, e ormai si stava rassegnando a concorrere aun post icino al l 'anagrafe di Argenta, quando si produsse

    l'avvenimento che doveva dare la svolta alla sua vita. A Forl

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    il partito socialista languiva, soverchiato da quello repubblicano che gli chiudeva ogni spazio. Sono repubblicani anche i ciottoli delle strade scriver Nanni, primo biografo di

    Mussolini. I dirigenti pensarono che bisognava fare unosforzo, e lo sforzo non poteva essere che un giornale. Officiarono come direttore il loro esponente pi in vista, Bona-vita; ma questi , oberato dai suoi impegni d 'avvocato, declin. E cos si pens di ripiegare su Mussolini. Perch loconsideravano un ripiego.

    Mussolini scelse come testata La lotta di classe, e condusseil giornale come aveva condotto quello di Trento: scriven

    dolo quasi tutto di propria mano e assumendo le posizionipi estreme con una violenza che fece colpo persino nelpubblico romagnolo, alla violenza assuefatto da sempre. Finda principio egli impegn battaglia su due fronti: da unaparte contro i repubblicani , dal l 'a l t ra contro la direzionecentrale del suo stesso partito, allora in mano ai riformisti.Il netto rifiuto di qualsiasi alleanza e compromesso non eracerto la tattica pi adatta a far proseliti. Ma di questo non sicurava, e non ne fece mistero. Alla quantit noi preferiamola qualit scrisse riecheggiando la tesi sorelliana e paretia-na delle lites. Secondo lui, solo un pugno di uomini risolutiavrebbero potuto fare la rivoluzione: le masse avrebbero seguito.

    Queste erano le sue convinzioni, ma erano anche le tesiche meglio si adattavano alla situazione locale. Un partitoesiguamente minoritario, qual era quello socialista di Forlnei confronti dei repubblicani, non poteva battersi che sul

    l'intransignza. Infatti, con quest'arma, egli conquist subito il cosiddetto apparato con la nomina a segretario della Federazione. Era la prima carica ch'egli ricopriva nel partito,ma dimostr di sapersene servire.

    Come al solito, le campagne romagnole erano in subbuglio per l'annosa faida delle trebbiatrici contese fra le Cooperative dei mezzadri e quelle dei braccianti. Sebbene il rapporto di forze fosse favorevole ai primi, Mussolini fu per i secon-

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    di perch pi turbolenti e quindi pi facilmente manovrabilisu posizioni massimaliste. Perse la battaglia, ma rafforz la

    propria base nella lotta di correnti all'interno del partito,ch'era il suo vero obbiettivo. La seconda battaglia fu quella,che allora metteva a soqquadro tutta l'Italia, contro la massoneria. Il partito era diviso perch parecchi suoi esponenti erano massoni. Nonostante il suo irriducibile anticlericalismo,Mussolini fu per l'incompatibilit fra le due professioni di fede, e lo fu al suo solito modo intransigente e categorico: Ilsocialismo movimento; la massoneria immobilit. Il primo operaio, la seconda borghese. Sebbene rozzo e sommario,il giudizio colpiva nel segno. La massoneria era la roccafortedei grandi notabili, di cui coloro che vi entravano finivanope r subire il contagi o. Er an o le logge le gr an di anima trici della politica dei blocchi, cio delle alleanze con cui le forzeconservatr ici cercavano di s temperare nel compromessoquelle rivoluzionarie. Non si era ancora giunti a una decisione. Ma il problema costituiva un pomo di discordia, cui unuomo di rottura come Mussolini non poteva rinunciare.

    Nel settembre del '10 si tenne a Milano un congresso nazionale, nel quale Mussolini si schier, contro la direzioneriformista, con la frazione rivoluzionaria di Lazzari, convinto di avere con s tutti i romagnoli. Il suo discorso non fuun successo: un giornale parl di lui come di un autenticocontadino dall'oratoria a scatti. Ma, quel che peggio, i romagnoli si divisero: i forlivesi rimasero con Mussolini, ma iravennati si schierarono coi riformisti che vinsero largamen

    te. Mussolini voleva che la sua federazione rompesse subitocol partito. Vi rinunzi solo per dare tempo alla frazione rivoluzionaria di preparare una battaglia su scala nazionale.E appena tornato a Forl riprese in toni ancora pi aspri lasua polemica antiriformista. Era chiaro che, per proclamare

    10 scisma, aspettava soltanto l'occasione.L'occasione gli fu offerta dalla crisi del governo Luzzatti.

    11 Re, come voleva la prassi, convoc in Quirinale i capi dei

    vari partiti, e Bissolati ci and in rappresentanza dei sociali-

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    sti. Non indoss l'abito di cerimonia con le code, come prescriveva l'etichetta, ci and vestito da passeggio, perch alla

    liturgia i socialisti italiani sono sempre stati molto pi sensibili dei preti. Ma anche compiuto senza code, il suo gestopr ov oc tr a lor o il finimondo. Muss olin i pr es e la palla albalzo. Liquidate giolittiano, monarchico, realista Bissolatio cinquanta sezioni federazione forlivese abbandonerannoil partito telegraf alla Direzione. E sul giornale sciolse lebriglie al suo solito stile di rottura, fatto di perentorie edrammatiche alternative: o con noi o contro di noi, o colQuirinale o col Socialismo eccetera.

    Bissolati non fu - per il momento - liquidato, e Mussolini tenne parola trascinando la federazione forlivese alla rottura col partito. Il giuoco era pericoloso, ma la posta grossa:se Lazzari e gli altri rivoluzionari lo avessero seguito, eglisarebbe diventato il capo dello scisma su scala nazionale.Non lo seguirono. Anzi, pur apprezzandone le intenzioni,deplorarono il suo gesto come intempestivo, e cercarono difarlo recedere mandandogli anche, in missione di pace, la

    Balabanoff. Mussolini fu irremovibile: capiva che, dopoaver tanto predicato l ' intransigenza, non poteva proprio luiscendere al compromesso. Ma capiva anche che l ' isolamento non era, alla lunga, sostenibile. A trarlo dalla scomoda situazione furono gli eventi.

    Preparata in gran segreto da Giolitti, la bomba dellaimpresa di Tripoli coglieva di sorpresa i partiti. Solo quellonazionalista, da poco costituitosi, vi consentiva pienamente.Gli altri erano divisi, perch divisa era l'opinione pubblica:

    genericamente favorevoli la media e piccola borghesia; contrarie le classi popolari, ma con molte sfumature e incertezze, di cui anche i partiti risentivano. Quello repubblicano siera spaccato, ma anche quello socialista era in crisi: la maggioranza dei sindacalisti erano favorevoli all'impresa, i riformisti disposti ad accettarla. Ma Giolitti non dette alle polemiche il tempo di svilupparsi, ponendo il Paese di fronte alfatto compiuto.

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    Per Mussolini, era la grande occasione di uscire dal vicolo cieco in cui si era cacciato, e non se la lasci sfuggire. Perboicottare l'impresa, lanci l'idea dello sciopero generale, estavolta non esit a far blocco coi repubblicani che a Forlcondividevano la sua posizione estremista, capitanati da ungiovane tribuno di facile e vigorosa oratoria: Pietro Nenni.Con lui Mussolini aveva sempre violentemente polemizzato,ma in maniera assai diversa che con De Gasperi. Si odiavano, ma come fratelli, perch a dividerli era soltanto l'ideologia. Ogni qual volta le circostanze ci permettevano di evadere dalle beghe locali, subito ci trovavamo d'accordo per

    promuovere, come si direbbe adesso, l 'unit d'azione scriver Nenni nel '47, e son parole che gli fanno onore perchin quel momento avrebbe avuto convenienza a dire il contrario. Il 26 settembre insieme essi arringarono, gareggiando in estremismo, una folla oceanica, e insieme venneroarrestati pochi giorni dopo per istigazione alla violenza e atti di sabotaggio.

    Il processo si svolse a met novembre nella stessa Forl,

    ed ebbe una cornice di pubblico da grande prima. Difronte a quella imponente e fremente platea, Mussolini lafece da mattatore, chiudendo la propria autodifesa con lafamosa frase: Se mi assolvete, mi fate un piacere; se mi condannate, mi fate un onore, che venne accolta da un cro-sciante applauso. Lo condannarono, come Nenni, a un anno, che poi la Corte d'Appello ridusse a cinque mesi e mezzo. E fu la sua fortuna. Mentre in cella egli ingannava il tem

    po scrivendo un 'autobiografia che a tut t 'oggi r imane unodei documenti pi credibili sul suo conto per sincerit, distacco e senso di misura, dentro il partito socialista il rapporto di forze fra le correnti si capovolgeva, e i rivoluzionari prendevano il sopravvento sui riformisti. Sicch quando,con l'aureola del martire, egli riprese il suo posto in Federazione e al giornale, pot tranquillamente dire ai compagni forlivesi: Non siamo noi che torniamo nel partito, il

    partito che torna a noi.

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    Il rientro fu sancito in aprile (del T2) perch di l a duemesi doveva svolgersi a Reggio Emilia un congresso nazionale che si annunziava decisivo per il regolamento dei conti

    fra riformisti e rivoluzionari. E difficile dire se Mussolini sirese esatto conto che l si giuocava la sua sorte. Ma sappiamo con certezza che durante la vigilia non pens ad altro.Durante la prigionia, Rachele ed Edda si erano salvate dallafame grazie ai sussidi dei compagni, e suo padre, colpitoda paralisi, era morto. Il fatto che Mussolini non abbia maiparlato dei propri dolori e crucci, o lo abbia fatto con estremo pudore, non esclude che ne fosse duramente provato.

    Ma il suo pensiero dominante restava la lotta politica: tuttele sue energie erano concentrate l. Sulla tattica che intendeva seguire al congresso non faceva misteri: Vi partecipiamo - scriveva - allo scopo di provocare l'espulsione dal partito dei riformisti, deputati o no, tripoleggianti e giolittiani.Era insieme il tasto pi popolare e il modo per dimostrarech'egli non defletteva dalla sua linea.

    Il congresso si apr il 1 luglio, e Mussolini parl il pomeriggio dell '8. Quando sal sul podio, molti si chiesero chifosse. I suoi casi non avevano avuto nessuna risonanza nazionale perch di rotture e ricuciture col partito la storia socialista era gremita, e quanto ad arresti e processi non c'eradirigente che non ne avesse subiti. Fuor di Romagna, egliera noto solo ai capi della corrente rivoluzionaria: Lazzari,Serrati , la Balabanoff. Le sue prime parole caddero nellagenerale indifferenza, ma poi di colpo l'ambiente si scald.Il congresso era aperto al pubblico, che vi era accorso in

    massa, gremiva palchi e loggione, e manifestava la sua appass ionata par tecipazione applaudendo, f i schiando, in ter rompendo. Questa atmosfera di comizio era la pi congeniale a Mussolini che al pubblico, pi che ai delegati, immediatamente s i r ivolse in terpretandone per fet tamente gl iumori barricadieri .

    E qui - crediamo - la chiave del suo strepitoso successo.Con la sua oratoria a scatti in cui le pause sembravano con-

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    tare anche pi delle parole, col suo secco e perentorio fraseggiato, punteggiato di battute ad effetto facilmente orec

    chiabili , egli svolse la sua argomentazione assumendosi laparte che pi piaceva a quella platea: la parte della ghigliottina. Chiese l 'epurazione dal partito dei traditori, ene fece i nomi: Bissolati, Bonomi, Cabrini e Podrecca. Sapeva di perorare una causa gi vinta, ma la battaglia si svolgeva sulla formula della scomunica. I riformisti, accorgendosidi essere ormai in minoranza, si erano spaccati in due sottocorrenti: quella di destra che cercava disperatamente di sal

    vare i quattro reprobi, e quella di sinistra che si sarebbe contentata d'impedirne la squalifica morale dichiarando che ilpartito li considerava fuori della sua concezione politica.Alternando l 'invettiva al sarcasmo, Mussolini chiedeva invece ch'essi fossero espulsi per gravissima offesa allo spiritodella dottrina e alla tradizione socialista.

    La clamorosa ovazione che salut la fine del suo discorsodimostr che la base l'aveva conquistata. Ma ora si tratta

    va di vedere cosa sarebbe successo in sede di votazione, dove la parola era riservata ai delegati. Ma proprio qui Mussolini dimostr di non essere soltanto un mattatore da podio.Fra correnti e gruppi egli si mosse, dietro le quinte del congresso, con l'abilit di un consumato professionista per assicurare la maggioranza al suo ordine del giorno. E l 'ottennecon largo margine. L'indomani la stampa di tutta Italia parlava di lui come deU'uomo nuovo del socialismo italiano,

    della stella nascente; e anche all'estero la sua vittoria veniva commentata con parole elogiose. L'unico che se ne mostr insoddisfatto e trov da ridirci fu colui che Mussoliniconsiderava il proprio maestro e ispiratore: Sorel.

    Durante il congresso un giornale aveva scritto che l 'obbiettivo di Mussolini era la direzione dell'Avariti! Coglievanel segno, ma solo per induzione, perch Mussolini si eraben guardato dal dirlo. Egli si mostrava soddisfatto dellapromozione a membro del la Direzione nazionale - quellache oggi si chiama Comitato Centrale - ormai saldamente

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    in mano ai rivoluzionari, e non aveva mosso obbiezioni alladesignazione di Bacci alla guida del giornale. Capiva che sitrattava d'un momentaneo ripiego perch Bacci, vecchio e

    malandato, non era che la controfigura del vecchio direttore, Treves che, uscito sconfitto dal congresso, non poteva pimantenere quella posizione. Infatti i l problema torn sultappeto dopo tre mesi, che Mussolini non aveva sprecati.

    Tornato a Forl dopo il trionfo di Reggio Emilia, aveva ripreso il suo posto, ma oltre a dirigere La lotta di classe, egliora collaborava alla Folla di Paolo Valera nascondendosi sotto lo pseudonimo Ehomme qui cherche per muovere al partito

    delle critiche poco compatibili con la sua qualifica di membro della direzione. Fra queste critiche ce ne furono anchealla conduzione economica dell'Avariti! che, secondo lui, eraridotto al lumicino dai troppo grassi s tipendi e indennitche distribuiva ai suoi collaboratori. Mussolini era maestronel mescolare moralismo e demagogia. C' stato un tempo- scriveva - in cui il socialismo non era pratico, non era industriale, non era cooperatore, non era bancario; c ' statoun tempo in cui il socialismo significava disinteresse, fede,

    sacrificio, eroismo. Allora c'erano dei socialisti innamoratidell'ideale, oggi ci sono dei socialisti - i molti, i pi - innamorati del denaro. La botta era diretta a Treves che seguitava a percepire uno stipendio - allora considerato scandaloso - di 700 lire. E sulla base faceva effetto.

    In ottobre Bacci gett la spugna. Fu interpellato Salvemini, sebbene nel partito ci stesse sempre con un piede dentro e uno fuori, ma Salvemini rinunci. Serrati fu scartato

    per non provocare la collera e le polemiche degli anarchiciche seguitavano a denunziarlo come traditore e spia, sebbene una rigorosa inchiesta avesse dimostrato l'assoluta infondatezza di queste accuse. Mentre si seguitava a proporrecandidature e a bocciar le , La Folla pubblicava a puntate ildiscorso di Mussolini a Reggio Emilia, che sui militanti lombardi, i quali ne avevano letto solo qualche riassunto, fecegrande impressione.

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    La Balabanoff dice che a pr op o r r e Mussolini fu Lazzari ,cogliendo tutti di sorpresa, e che pi sorpreso di tutti si mostr Mussolini, il quale si fece anche pregare. Ci si pu anche credere. Come giuocatore, lo era di razza.

    Mussolini assunse la direzione dell'Avariti! i l 10 dicembredel '12. A Milano si era trasferito da solo, lasciando Rachelee la bambina a Forl con l'ordine di non muoversi. Non aveva ancora trent 'anni. Il suo primo gesto fu quello di ridurreil proprio stipendio da 700 a 500 lire e di nominare come

    capo-redat tore aggiunto la Balabanoff per usar la comeostaggio: essa contava moltissimo nella corrente rivoluzionaria, di cui la sua presenza garantiva l 'appoggio. Mussolinine aveva bisogno per liberarsi delle influenze riformiste, acominciare da quella di Treves, che seguitavano a pesare sulgiornale.

    L'operazione non era facile perch i riformisti, anche seavevano perso la Direzione Centrale, avevano ancora in ma

    no molti centri di potere: il gruppo parlamentare che faceva capo a Turati, Critica sociale - la pi importante rivista dicultura socialista - e soprattutto la Confederazione Generale del Lavoro che, per strano che oggi possa sembrare, erain mano al riformista Rigola su posizioni pi moderate diquelle del partito. Per mettere insieme una squadrasua, eglicerc collaboratori anche fuori del campo socialista, specialmente fra i sindacalisti, ma anche fra i repubblicani, e persi

    no tra gli anarchici. A queste scelte non lo sospinse soltantoil calcolo tattico, ma anche le vecchie simpatie e un naturalerispetto per i talenti. Di questi, molti gliene sugger Prezzo-lini, ma altri li scopr lui, e cos YAvanti! divent la palestrain cui affinarono le armi i giovani destinati a costituire igruppi pi avanzati del pensiero socialista: Ordine nuovo aTorino e Soviet a Napoli. Bordiga, che fu di questi, scriveva:I giovani sono quasi tutti con lui, su cui contano per un rin

    novamento del partito. E anche Gramsci gli riconobbe questo merito.

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    Coi vecchi notabili, dapprincipio fu cauto. I pi duri attacchi contro di loro li sferr, sotto il solito pseudonimo, sulla Folla che seguitava a mettergli a disposizione le sue pagi

    ne per i bassi servizi. Per l'attacco frontale aspettava l'occasione, e questa gli fu fornita dalle repressioni nelle campagne continuamente in subbuglio. Quando in Ciociaria settebraccianti caddero sotto il fuoco dei gendarmi, s i scaten.

    Assassinio di Stato, La politica della strage, Il silenzio della vergogna, erano i titoli degli editoriali di Mussolini, che di titoliera maestro. La sua prosa incendiaria colpiva e moltiplicavai lettori. E fu facendo leva su questo successo di pubblicoch'egli impose alla Direzione le sue tesi estremiste, come

    quella che la risposta agli eccidi popolari non poteva essereche lo sciopero generale, in aperta polemica con Turati eTreves. Costoro, spinti dalla Kuliscioff, cercarono di organizzare, all ' interno del partito, un fronte contro di lui. EMussolini r ispose suY Avanti! accusandoli di essersi messicontro il partito, del quale cos si atteggiava ad unico interprete.

    Stavolta anche i suoi amici rivoluzionari cominciarono a

    preoccuparsi, e lo stesso Serrati, che lo aveva sempre sostenuto, si dissoci da lui. Ai primi di marzo la Direzione siriun per risolvere il caso. In una lettera a Turati, la Kuliscioff si diceva sicura che ormai contro Mussolini si era formata una maggioranza, e forse era vero. Ma Mussolini aveva in tasca due briscole invincibili: un processo in corso peristigazione alla violenza, che costringeva moralmente il partito a confermargli la propria solidariet, e il massiccio aumento della tiratura del giornale, che dimostrava la presa

    esercitata dal suo direttore sul pubblico. Mussolini usc confermato. E da allora fu un seguito di colpi uno pi spericolato dell'altro, ma che obbedivano a un preciso disegno tattico: scavalcare a sinistra anche la Direzione rivoluzionariaappellandosi direttamente alla base.

    Lo si vide dalla disinvoltura con cui liquid la Balabanoff- che pure era stata una delle sue maggiori sostenitrici -,

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    non epurandola, ma mettendola in condizione di andarsene, e dall 'atteggiamento che prese nei confronti dei sindacalisti . L'anno prima costoro avevano secessionato anchedalla Confederazione del Lavoro per costituire l 'usi, ciou n a Unione Sindacale Italiana indipendente da l par t i to . I lsuo animatore era Fil ippo Corridoni , un giovane tr ibunoche esercitava sulle masse un forte fascino e che infatti aveva gi raccolto sotto le proprie bandiere oltre 100.000 seguaci . I l part i to naturalmente era per la Confederazioneche, sebbene tuttora in mano al riformista Rigola, manteneva con esso dei legami almeno ideologici. Mussolini dappri

    ma non prese posizione. Ma quando Rigola sconfess unosciopero bandito dall'usi, egli a sua volta sconfess Rigolaappoggiando Corridoni . I r i formist i tornarono nuovamente all'attacco di Mussolini chiedendone la testa. Ma proprioin quel momento l 'arresto e la condanna di Corridoni provocavano la violenta reazione della massa operaia che, infischiandosi della Confederazione, inizi un altro sciopero, dicui Mussolini assunse risolutamente il patronato.

    Definito il neo-Marat dell'Avanti!, sub attacchi feroci.Che - si domandava Turati su Critica sociale - questa vocee questa parola, che vorrebb'essere voce e parola d'un partito d'avanguardia? Religione? Magismo? Utopia? Sport? Letteratura? Romanzo? Nevrosi? Ma agli operai il senso diqueste domande sfuggiva, mentre non sfuggiva quello degliarticoli di Mussolini che la via per colpire il cuore e l'immaginazione del lettore la trovavano sempre. Quando in luglio

    la Direzione si riun per pronunciarsi sulla linea politica del-YAvanti!, questa fu approvata con sette voti favorevoli - fracui quello del Segretario Generale, Lazzari -, tre contrari edue astension i: quelle della Balabanoff e dello stesso Mussolini. Il quale, non contento della vittoria ai punti, present ledimissioni per farsele respingere all 'unanimit. Il successopopolare lo rendeva intoccabile, e l'apparato vi s'inchinava.

    A questo punto per si vide che Mussolini non era sol

    tanto l'uomo che si esalta nell'ardore della folla, s'illude e

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    s'inebria se vede in piazza cento persone che gridano, come lo definiva il suo amico-nemico Zibordi. Lungi dall 'u-briacarsi di quel trionfo e da perdervi il senso della misura,

    egli ve lo ritrov. In vista delle elezioni che si dovevano tenere in autunno, egli si alline disciplinatamente sulle posizioni del partito. Quando i sindacalisti indissero un nuovosciopero, non ne prese le parti. E quando lo sciopero fall, liattacc con la stessa violenza con cui pochi mesi prima liaveva sostenuti. Accett anche di portarsi candidato nel collegio di Forl - dove sapeva di non poter nulla contro il rivale repubblicano -, lui che a Milano avrebbe stravinto. Ma il

    fatto che al seggio parlamentare non teneva: i l suo traguardo era il partito.Le elezioni furono, per i socialisti, un notevole successo.

    Malgrado l 'amputazione dell 'ala bissolatiana, essi passaronodall '8 all ' 11 per cento e mandarono in Parlamento 53 deputati. Mussolini esalt la vittoria con articoli trionfalistici, e neaveva di che: quella vittoria era in gran parte sua, cio dellalinea politica seguita dall'Avanti! Ora si trattava di tradurlain un'adeguata posizione di potere. E l 'occasione stava perpresentarsi: i l congresso nazionale che doveva tenersi adAncona nella primavera del '14. Non mancavano che pochimesi.

    In questo intervallo egli bad soltanto a presentarsi comel'alto interprete del socialismo rivoluzionario, e per non lasciarsi coinvolgere in beghe di correnti e di gruppi scrissepochi articoli, e cos pacati che non sembravano nemmenodella sua penna. Gran parte del suo tempo prefer dedicarlo

    a una rivista, Utopia, di cui evidentemente voleva fare il contraltare di Critica sociale, l 'organo dei riformisti, per batterlisull 'unico terreno di cui essi erano tuttora gl ' incontrastatipadroni: quello ideologico. Ma l ' iniziativa riusc soltanto adimostrare i limiti di Mussolini che, efficacissimo e rullantecome un tamburo nell 'articolo di battaglia vergato a caldosotto lo stimolo degli avvenimenti, quando si trattava di elevarsi sul piano della dottrina perdeva il filo e annaspava.

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    Gliene mancava la cultura cui, dai tempi della Svizzera, aveva aggiunto ben poco. Di libri per mano glien'erano passati.Ma per sua stessa ammissione ne leggeva solitamente tre

    pagine al principio, tre nel mezzo, e tre in fondo. Gli autoriche pi spesso citava, oltre i soliti Sorel e Pareto, erano Kaut-sky e la Luxenbourg, ma c' da dubitare che li conoscesse veramente. Quanto a Marx, pi che quello che aveva detto, sapeva quello che gli attribuivano i suoi divulgatori, e forse ipi superficiali. Qualcuno dice che per il lavoro meditato e alungo respiro gli mancava il fiato. Questo non vero.Quando poteva derivarne la materia dall 'osservazione e dal

    l 'esperienza, Mussolini era capace di saggi notevoli comequello sul Trentino, ed autentiche qualit di scrittore riveleranno pi tardi certe pagine del suo Parlo con Bruno. Ma ilsuo disagio evidente, per mancanza di puntelli e di riferimenti, sul piano concettuale. Di suo, su Utopia scrisse poco enon riusc nemmeno a scegliere dei collaboratori che le dessero una linea. Ancora una volta i migliori successi li ottennecome oratore, quando si mise in giro per l'Italia come confe

    renziere. Anche sul pubblico dei teatri, molto pi esigente diquello delle piazze, il suo sapiente dosaggio di raffiche e pause fece effetto. Perfino Salvemini e Prezzolini, che lo udironoa Firenze, ne riportarono una profonda impressione.

    Alla vigilia del congresso, stese il bilancio del giornale.Nei pochi mesi della sua direzione, la tiratura era passatada 30 a 70 mila copie con punte di 100 mila. Dopodichpart per Ancona. Il congresso si apr il 26 aprile con la soli

    ta relazione del Segretario Generale Lazzari , piuttosto pedestre. Nemmeno quella di Mussolini fece spicco. Ma il fatto che non ci fu battaglia per mancanza di avversari. Allegando ragioni di salute, Turati aveva datoforfait, e degli altri riformisti l 'unico che tenne la posizione fu Treves: Modigliani si alline con la maggioranza, e Zibordi oscill. La polemica si accese soltanto sulla questione dei massoni, e siconcluse con la piena vittoria di Mussolini che impose l 'espulsione.

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    I risultati del congresso non lasciavano dubbi. Lazzariera confermato, ma in quanto aveva fino in fondo sostenutole tesi di Mussolini, che da quella prova usciva da trionfato

    re e vero padrone del parti to. Non per nulla, a commentoconclusivo, Azione socialista scriveva che la coppia non poteva essere meglio assortita; ma che, se fosse sopravvenuto ildivorzio, la base avrebbe seguito Mussolini, soggiogata etrascinata da quella figura d'asceta, da quel gesto di persona come agitata da un incubo, da quella voce a mormorio diforesta.

    Quando l 'arciduca Ferdinando d'Asburgo cadde a Sarajevosotto le revolverate dei terroristi serbi, Mussolini dette allanotizia poco risalto. Nell'intervallo l'Italia era stata scossa daviolente agitazioni ch'erano culminate nella famosa settimana rossa di Ancona, e in cui per la prima volta Mussolini siera mostrato esitante. Dapprincipio aveva capeggiato conCorridoni le dimostrazioni di piazza, ma poi aveva invitatogli operai a cessare lo sciopero. Gli argomenti non gli man

    cavano. Quello sciopero, la Confederazione del Lavoro non10aveva voluto; lo aveva soltanto subito, e poco dopo disdetto, sicch ora rischiava di sbriciolarsi in iniziative slegate. Ma11 Mussolini di qualche mese prima non si sarebbe lasciatoinfluenzare da queste incertezze, anzi ne avrebbe approfittato per assumere ancora pi risolutamente la parte di protagonista. Pu darsi che, col potere, fosse cresciuto in lui il senso di responsabilit. Ma forse c'entrava anche una certa delusione, che del resto trapela da alcune sue lettere di questoperiodo. Non amava il partito: lo dimostrava la scarsa partecipazione che aveva sempre dato alla sua vita, e il modo stesso in cui lo aveva conquistato, dal di fuori, non dal di dentrodell'apparato, come avevano fatto e facevano gli altri dirigenti. Probabilmente non credeva nel potenziale rivoluzionariodei socialisti, e considerava le loro agitazioni delle quarantottate senza costrutto. Nel fare il bilancio della settimanarossa egli ritrov i suoi toni taglienti e perentori, ma solo per

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    chiedere la testa di Rigola, che infatti fu costretto alle dimissioni. Altrettanta grinta mostr contro un rinnovato attacco

    dei riformisti. Ma insomma crediamo che valga il giudizioespresso dopo la sua morte da Nenni: Plebeo era, e parevache volesse restare, ma senza amore per le plebi. Negli operai ai quali parlava vedeva non dei fratelli, ma una forza, unmezzo, del quale potrebbe servirsi per rovesciare il mondo.Ora il mondo voleva ancora rovesciarlo, ma in quella forzacominciava a perdere fiducia. Non - intendiamoci - cheuna supposizione. Ma ci sembra abbastanza fondata.

    Le revolverate di Sarajevo erano esplose il 28 giugno, eper quasi tutto luglio YAvanti! seguit a parlarne come di unepisodio doloroso, ma spiegabile, dando poco risalto aglisviluppi diplomatici dell'avvenimento. Solo alla fine del mese, quando giunse la notizia dell 'ultimatum austriaco alla Serbia, Mussolini prese una posizione decisa con un articolo intitolato Abbasso la guerra! che trov consenziente tutta la sinistra italiana, fermamente risoluta anzitutto a non lasciarsi

    coinvolgere in un eventuale conflitto dalla parte dell'Austria,cui eravamo legati dal trattato della Triplice Alleanza. Nonun uomo, n un soldo scriveva Mussolini. E il partito lo approv. Ma quando ai primi d'agosto l 'Europa prese fuoco,tutte le Potenze scesero in lizza, e all'invasione austriaca della Serbia segu quella tedesca del Belgio e della Francia, fraMussolini e l'apparato cominciarono le pr ime incr inature.l'apparato era neutralista in senso assoluto, Mussolini con al

    cune riserve che trasparivano dagli stessi titoli del suo giornale: Lorda teutonica scatenata su tutta Europa, La sfida germanica contro Latini, Slavi e Anglosassoni eccetera. Mussolini nonera ancora interventista, ma aveva preso atto del fallimentodei partiti socialisti europei, che non solo si erano mostratiincapaci di prevenire il conflitto; ma, una volta scoppiato, sierano schierati coi rispettivi governi borghesi sposandone lacausa nazionale. E la conclusione che ne traeva era questa:

    che, restando sulla sua posizione neutralista, il socialismo italiano s'isolava da tutti gli altri e dalla stessa Storia.

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    Di questo dissidio, ancora latente, il primo sintomo loforn il caso Herv, il socialista francese che si era arruolato volontario. Mentre i dirigenti del partito italiano lo de

    nunciavano come traditore, Mussolini scriveva: No, Hervche definisce - come noi pure la definiamo - "immonda" laguerra, non un guerrafondaio anche se andr alla frontiera, cos come non un delinquente il pacifico cittadino chedeve d'un tratto ricorrere alla Browning per difendersi dall 'attacco del bandito. Il militarismo prussiano e pangermanista , dal '70 ad oggi, il bandito appostato sulle strade della civil t europea. Insomma, secondo lui, c 'era guerra e

    guerra: quella difensiva, nemmeno i socialisti potevano rifiutarla a priori.Fu questo il punto su cui, via via che l'incendio si propa

    gava, il fronte della Sinistra si ruppe. Essa aveva unanimemente riecheggiato i l grido Abbasso la guerra! finch era invigore la Triplice che ci avrebbe costretto a combatterla afianco degli austro-tedeschi. Ma ora che il governo Salan-dra, pur senza denunciare quell 'alleanza, se n'era ufficialmente disimpegnato proclamando la neutrali t, i repubbli

    cani, i radicali e i socialisti riformisti cominciarono a direche la neutrali t non poteva essere che un temporaneoespediente, alla lunga insostenibile. I democratici, scrivevaSalvemini, devono rifiutare e combattere l'idea nazionalistadi una guerra per scopi imperialistici. Ma, aggiungeva, perresistere al nazionalismo, bisogna mettersi sul terreno deiconcreti interessi nazionali che esigevano l ' intervento alfianco dei popoli che lottavano per la difesa dei nostri stessi

    valori di civilt e libert.A met agosto ci fu un colpo di scena. I sindacalisti, che

    erano la pattuglia avanzata della sinistra rivoluzionaria, avevano indetto un grande comizio. Mancava Corridoni, arrestato pochi giorni prima. Al suo posto, prese la parola suocognato De Ambris, che non pronunci la parolaguerra, mala fece traudire in tutte le pieghe del suo discorso: Anche iltacere, di fronte a certi delitti, significa complicit... Compa-

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    gni, vi pongo la domanda: se domani la grande lotta richie

    desse il nostro intervento per impedire il trionfo della reazione feudale, militarista, pangermanica, potremo noi rifiutarlo?

    Le sue parole provocarono il f inimondo: una parte dell'uditorio acclam, l'altra - forse la pi numerosa - insorsegridando al tradimento, e l 'organizzazione sindacale - l 'usi -si spacc. Anch'essi divisi, i capi ottennero un colloquio conCorridoni in carcere. Ricordo ancora - scrive De Ambris -

    la commozione che c' invase, quando ai nostri accenni piuttosto cauti, Corridoni proruppe in una delle sue belle risate. S, la guerra era un dovere nazionale e rivoluzionario.S, dovevamo volerla e farla.. . All 'uscita dal carcere, il 6settembre, Corridoni lo conferm: La neutralit dei castrati disse. Quasi contemporaneamente si rompeva ancheil fronte degli anarchici libertari: Rocca, Dinaie, e perfinoMaria Rygier si dichiaravano per l ' intervento. Arroccati suuna posizione di netto rifiuto, restavano i socialisti, ma isolati da tutto il resto della Sinistra, e condannati a una imbarazzante alleanza con la maggioranza silenziosa delle forze moderate e conservatrici che facevano capo all 'esecratoGiolitti.

    Mussolini si trovava di fronte a una scelta drammatica:is t into e temperamento lo portavano al la guerra, ma laguerra lo avrebbe portato alla rottura col partito e alla per

    dita della sua tribuna: il giornale. Per la prima volta la suacondotta si mostr esitante e ambigua. Pubblic su Utopiaun articolo di Panunzio in cui si sosteneva che la guerraavrebbe dato al socialismo la vittoria in tutta l'Europa, e sul-VAvanti! confut questa tesi in nome dell'ortodossia di partito. Il doppio giuoco non pass inosservato. La diplomaziadiventa sempre pi diffcile per Mussolini - scrisseAzione socialista -, anzi per i due Mussolini, che un bel giorno, riscal

    dandosi l 'ambiente, finiranno col litigare sul serio. Chi deidue vincer? Morso sul vivo, Mussolini reag r incarandosul proprio pacifismo con un'aggressivit che dimostrava

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    quanto poco lo avesse nel sangue. Per tenerlo in riga la Direzione gli aveva messo alle costole la Balabanoff, ringhiosa

    guardiana delle direttive del partito. E ancora alla fine disettembre egli dichiarava guerra ai guerrafondai nel lorostesso tonitruante linguaggio.

    Il 18 ottobre (del T4), la Direzione socialista si riun aBologna per fare il punto della situazione. Per strada, mentre si recavano al convegno, i partecipanti comprarono l'A-vanti!, e rimasero di stucco. C'era un lungo editoriale diMussolini, il cui titolo Dalla neutralit assoluta alla neutralitattiva ed operante gi diceva di tutto. Con molta abilit vi erasostenuta questa tesi: che il dilemma - o guerra, o rivoluzione - era pretestuoso e artificioso: Chi vi assicura che il governo uscito dalla rivoluzione non debba cercare appuntoin una guerra il suo battesimo augurale? E concludeva ponendone un altro a risposta obbligata: Vogliamo essere, come uomini e come socialisti, gli spettatori inerti di questodramma grandioso? O non vogliamo esserne, in qualchemodo e in qualche senso, i protagonisti?

    Mussolini, che partecipava alla seduta, si trov immediatamente nell'occhio del ciclone, quasi completamente isolato sotto una grandine di accuse. Le pi violente gli furonomosse dai vecchi amici di un tempo: Serrati e la Balabanoff.Egli rispose a suo modo, attaccando invece di difendersi.Ma se aveva sperato di costringere il partito a cambiar rottamettendolo di fronte al fatto compiuto, dovette amaramente ricredersi perch si trov del tutto isolato. Con uno dei

    suoi soliti scatti, rifiut la proposta di abbandonare per tremesi la direzione del giornale allegando motivi di salute, erassegn su due piedi le dimissioni.

    Che a quella decisione dovesse arrivare, erano in molti aprevederlo. Ma perch l 'avesse a tal punto precipitata, dalgiorno all ' indomani, senza un minimo di preparazione, senza nessun tentativo di trarre dalla sua qualche compagnodel direttorio, era e rimane un gran mistero. Il giornale, perlui, era non soltanto il mezzo per far sentire la sua voce, ma

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    anche la sua unica risorsa di vita. Infatti, dalla sera alla mattina, si trov sul lastrico, senza una lira in tasca, e pot tirare avanti solo grazie a duemila lire mandategli dal segretario della Federazione dei Lavoratori del Mare, il sindacalista Giulietti. Contravvenendo all 'ordine di non muoversi daForl, accorse Rachele con la bambina, per essere accantonel momento difficile al suo uomo, ma anche per recuperarlo. E ora bisognava provvedere anche a loro.

    Molti storici, fra cui anche De Felice, avanzano il dubbio cheil suo non fosse stato affatto un salto nel buio in quanto aveva gi solide garanzie di poter lanciare un nuovo giornale.Chi scrive crede di poterlo escludere sulla base delle confidenze fattegli in tempi non sospetti (1937) da colui che gliele avrebbe fornite, Filippo Naldi, allora fuoruscito a Parigi.Naldi era nel '14 direttore del Resto del Carlino di Bologna.Secondo qualcuno, sarebbe stato lui a lavorare Mussoliniper indurlo a passare dalla parte dell'interventismo su incarico del Ministro degli Esteri San Giuliano. Con me, Naldi

    sment questa voce e me ne dimostr l'infondatezza con dueargomenti che mi sembrano inoppugnabil i : egli era uomodi Giolitti, non di San Giuliano, e questi non era affatto interventista. Da quanto mi disse, le cose si erano svolte cos:

    Quando Mussolini lasci VAvanti!, sebbene ne fosse statoricoperto d'ingiurie, Naldi si precipit a Milano, e si offr difinanziargli un nuovo giornale. Solo chi non ha conosciutoNaldi pu stupirsi dell'offerta e annusarci sotto Dio sa quali

    intrallazzi. La verit che Naldi avendo il fiuto degli uomini, e specialmente dei giornalisti, aveva capito che su Mussolini c'era da puntare. E, sebbene soldi non ne avesse nemmeno lui, era sicuro di poterne trovare per il lancio d'uncavallo di quella razza. Altrettanto sicuro era di poterlo domare e strumentalizzare come elemento di rottura del fronte socialista. Infatti, anche quando il fascismo lo costrinse ariparare all 'estero, seguit sempre a parlare di lui, con un

    misto di dispetto e di tenerezza, ma senza mai venature di

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    odio, come di un ragazzaccio fuorviato da cattive compagnie.

    Mussolini, sulle prime, non voleva nemmeno riceverlo, e

    all 'offerta di denaro si adombr. Ma Naldi, ch'era una sirena, provvide subito a rassicurarlo: sarebbe stato, disse, denaro pulito e senza condizionamenti: Mussolini sarebbe stato libero di difendere le cause che voleva, senza risponderne a nessuno. E su questa condizione l 'intesa fu raggiunta.Resta da sapere dove Naldi attinse il mezzo milione che poivers a Mussolini. A me disse che lo raggranell da varieparti interessate non all 'intervento, ma alla rottura del fronte socialista. Ma neg recisamente di averlo avuto dall 'ambasciatore francese, Barrre, e di questo sono oramai tutti ,o quasi tutti persuasi. Dai francesi ricevette aiuti pi tardi,ma gli vennero dai socialisti. Mussolini non cambi idea perprendere dei soldi. Prese dei soldi per difendere la sua idea.

    E su questa idea, caso mai, che forse commise un errore.Lanc iando II popolo d'Italia, egli credeva probabilmente ditrascinarsi dietro il partito socialista, o almeno di crearviuna forte scissione. Glielo aveva fatto credere la valanga di

    consensi che gli era piovuta addosso da parte di quei gruppi sindacalist i , r iformisti , repubblicani ed anche anarchiciche si stavano convertendo all 'interventismo. Ma aveva sottovalutato la compattezza del partito con cui ora doveva fare i conti.

    Il popolo d'Italia usc i l 15 novembre, venticinque giornidopo le dimissioni di Mussolini a\YAvanti! In tre settimaneNaldi aveva trovato una vecchia tipografia e allestito una redazione di poche stamberghe ammobiliate con casse e cassette. In due ore era gi esaurito nelle edicole, e nei giornisuccessivi la tiratura non fece che aumentare fino alle 100mila copie. Sotto la testata, esso recava la dicitura: Quotidiano socialista. Ed era soprattutto questo a disturbare 'A-vanti! che pass alla controffensiva lanciando il ritornello:Chi paga?

    Il 24 Mussolini fu convocato di fronte alla sezione sociali-

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    sta milanese, cui era iscritto, per rispondere del tradimento. E vi si present. Fu una scena da tribunale del popolo

    che tuttavia non dovette dispiacere al suo teatrale temperame nt o. Alla pr es en za di Ser rat i, Bala banof f e altri massimidirigenti, egli fu sottoposto a un autentico linciaggio in uncoro d'insulti, fischi e schiamazzi. Quando fu chiamato sulpalcoscenico per difendersi, fu bersagliato da una grandinedi monetine che volevano dire: Venduto. Invano Serrati,per dargli modo di parlare, si sbracciava a chiedere silenzio.Terreo in volto e mdido di sudore, Mussolini riusc solo afar traudire qualche frase smozzicata: Sono pronto a sottomettermi a qualsiasi commissione d' inchiesta. . . Sono e rimango un socialista... Alla fine, alzando la voce fino a dominare il tumulto, grid: Voi credete di perdermi. V'illudete. Voi mi odiate perch mi amate ancora... Le ultimeparole si persero fra urli e sghignazzate.

    Cinque giorni dopo la Direzione si riun al gran completo per esaminare i l caso. Alcuni proposero di sot toporre

    Mussolini a inchiesta, ma l'espulsione era ormai decisa: restava solo da sceglierne la motivazione. Zerbini ed altri chiesero che venisse pronunciata per indisciplina. Ma Serrati ela Balabanoff fur ono irremovibi li e tras ci nar ono la mag gi oranza: Mussolini veniva radiato per indegnit morale.

    Una certa reazione in seno alla base ci fu. Al CircoloCattaneo 30