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Storie @ Storia

Via Divisione Folgore n. 1331 70 Pordenone - PNCF/IVA 91 01 6720939Tel. 0434 20 90 08Fax 0434 08 1 6 49

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Anno 1 Numero 3

Settembre 201 4Fondato da Marco Pirina

A quasi settant’anni dal suo inabissamento allargo di Grado, il relitto del bombardiereamericano Consolidated B24 Liberator cominciaa restituire i resti dell’equipaggio.Giuliano Felluga, subacqueo coordinatore deivolontari della Protezione civile di Grado, nelcorso di un’immersione programmata nell’ambitodelle attività di gestione diving dell’AssociazioneTursub, trovò un frammento di scatola cranica,

quasi certamenteappartenuto a unodegli uominid’equipaggio delbombardiere.«Stavamo effettuandoun’immersione sul

Perché un WEB-NOTIZIE?

Un sito non può esseresolamente il “museo” di unIstituto, ove si conservanole memorie degli eventi,l’elenco delle pubblicazioni,che trasportano nella“STORIA” le “storie”. Un

sito “storico” deve generare dibattito, non blogsterili che vengono gestiti dai soliti ignoti,trasformandosi in piccoli o grandi club, né essereil supporto di “profili”o di gruppi di “amici”. Unsito “storico” attraverso la comunicazionereciproca, via e-mail, deve personalizzarel’approfondimento, la scoperta, la ricerca dellaverità , preda dei “silenzi dei vivi”, delle“rimozioni”, delle “negazioni”. Un sito “storico”

deve concorrere alla costruzione della ricerca enella distribuzione della ricerca per rendere vivoil concetto della libertà, che è soprattuttocammino per un confronto da condividereattraverso i risultati del dibattito. Da qui l’idea dicostruire un notiziario bimestrale per ritrovare ipopoli e la loro Storia. Il notiziario avrà unpercorso su canali di interesse che simodificheranno in ogni numero, ma che siproporranno nelle pagine. A seconda dell’e-mailsuggerito sarà risposto a tutti, vista la complessitàdegli argomenti entro 2 o 3 giorni . Ed ora Vi la-sciamo alla lettura ed ai Vs, commenti, a presto!

Centro Studi e Ricerche Storiche“Silentes Loquimur”

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GRADO – a distanza di quasi 70 anni operazioni congiunteItalia/USA per riportare alla luce l’equipaggio di un B-24 americano

colpito nel febbraio 1945 e disperso sino a oggi.di Bruno Vajente

In questo numero

GRADO - Recupero del B-24 americano

Sentiero storico Quota 28

La tragedia del Titanic asburgico

Vittime del Confine Orientale

Generale Pilota Roberto Di Lollo

Foiba N. 149

Papa Francesco a Redipuglia

Prima dichiarato sovversivo e poi al V.M.

Pubblicazioni da segnalare

Continuano le iniziative

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relitto come da programma - racconta Felluga,che si è immerso innumerevoli volte su ciò cherimane dell’aereo - quando abbiamo pensato dieffettuare una ricognizione nei dintorni».«A circa venti metri dalla parte posterioredell’apparecchio - continua Felluga - spuntavadalla sabbia il frammento di teschio, lo abbiamoraccolto e appena a terra sono stati informati icarabinieri».È la prima volta che il relitto del bombardiere,che giace a 14 -15 metri di profondità e del qualerimangono solo le ali e parte della cabina dipilotaggio, restituisce resti umani.Precipitando in mare l’aereo si spezzò in due, laparte posteriore non è mai stata trovata (moltoprobabilmente fu raccolta negli anni Cinquantada un’impresa di recuperi), mentre la parteanteriore, scoperta nel 1987, è stata più voltesaccheggiata dai subacquei e danneggiata dalleturbo soffianti da pesca.L’aereo in base alle ricerche più recenti dovrebbeessere un apparecchio del 449th Bomb Groupassegnato al 716th Bomb Squadron, di stanzaall’aeroporto di Grottaglie, a Taranto, e abbattutoil 28 febbraio 1945..Il B24 fu colpito dalla contraerea duranteun’incursione sui cieli di Bressanone, ma riuscìad arrivare fino al Golfo di Trieste tentando undisperato ammaraggio.Il suo equipaggio era composto dal pilotaHoward Hanson, il copilota Edward H. Betz, ilnavigatore Clarence L. Dragoo, il navigatoreRichard M. Horwitz, il puntatore Jarrell E.German, l’operatore radio Lawrence F. Nally,

l’aiuto operatore radio Thomas M. McGraw, ilmotorista Lawrence W. Brady, l’aiuto motoristaAdolph Turpin, l’armiere Albert Acampora el’aiuto armiere James S. Cox.Nessuno degli undici membri dell’equipaggiosopravvisse all'abbattimento, solo i corpi diquattro di essi (Turpin, German, Betz e Cox)furono trovati tra Grado e Chioggia, mentre glialtri sette, Hanson, Dragoo, Horwitz, Nally,McGraw, Acampora e Brady sono a tutt'oggiconsiderati Missing in action, cioè dispersi.Quasi certamente la calotta cranica ritrovataappartiene a uno di loro, sempre cheeffettivamente si tratti del bombardiere abbattutonel febbraio del 1945. Dopo l’8 settembre 1943,con l'occupazione tedesca del Nord Italia, gliAlleati intensificarono le incursioni aeree anchesul Friuli Venezia Giulia.Gli apparecchi decollavano dalle basi dellaPuglia per raggiungere obiettivi qualiCampoformido, Villaorba, Aviano, Lavariano,Maniago e altri.A più riprese sui cieli della regione si svolserocruente battaglie aeree.Di bombardieri ne caddero diversi nelle acquedell’Alto Adriatico: una lista parziale stilata sullabase dei Missing Air Crew Reports, indicaalmeno 25 aerei solo del tipo B24 perdutinell’Adriatico tra il 1944 e il 1945. Di alcuni si èsaputo il destino, di altri no. Alcuni equipaggi sisalvarono, altri no.Del resto il Defense Pow/Missing PersonelOffice (Dpmo) del Dipartimento della Difesadegli Stati Uniti, è già al lavoro da tempo perrecuperare i corpi dell’equipaggio di un altro

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bombardiere B24 del 449th Bomb Group,soprannominato Dumbo II, precipitato infiamme nella laguna di Grado, sull’isola diMorgo, il 30 gennaio 1944.Alcune settimane fa per interessamento della449th Bombardment Group Association,l'associazione che raccoglie reduci e parenti degliequipaggi della formazione, è iniziato il prelievodel Dna ai parenti prossimi degli scomparsi, invista di una comparazione qualora venisseroritrovati i resti degli uomini del B24 caduto aMorgo.Dopo 66 anni il Dipartimento della Difesa degliStati Uniti ha deciso di riportare a casa queiragazzi, e due funzionari del DefensePow/Missing Personell Office (Dpmo), l'istitutoche si occupa di rintracciare tutti i prigionieri e i"missing in action", gli scomparsi incombattimento delle Forze armate statunitensinelle varie guerre del mondo, avevacompiuto un

sopralluogo nella valle di Morgo per raccoglierequanti più dati possibili utili alle operazioni direcupero delle salme. Mark Russel, 37 anni, eStephen Johnson, 51 , entrambi storici diprofessione dipendenti del Dpmo, sono arrivatidirettamente da Washington con il compito diindividuare il punto esatto dove precipitò ibombardiere, effettuare misurazioni e rilievi,ascoltare testimoni e riferire al Pentagono.   Ildipartimento per cui lavorano è perennementeimpegnato nella ricerca dei soldati e marinai chenon hanno fatto ritorno a casa dalla secondaguerra mondiale alla Corea, dal Vietnam allaGuerra del Golfo fino all'Afghanistan. Dei 16milioni di americani impegnati a vario titolo solonel secondo conflitto mondiale 406milamorirono sul campo, mentre 79mila mancanoancora all’appello.«Di questi - spiega Mark Russel - 1470 sonoscomparsi in Italia, compresi gli aviatori chestiamo cercando qui a Grado».  «Recentemente - aggiunge Stephen Johnson, - ilCongresso ha stanziato nuovi fondi perintensificare la ricerca dei "missing in action", eil nostro compito è di trovare e riconsegnare allefamiglie i resti dei loro congiunti». Così, a più dimezzo secolo di distanza da una delle battaglieaeree più violente combattute sui cieli della

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nostra regione, con l'abbattimento di cinquebombardieri alleati, tre caccia italiani e unaquarantina di Messerschmitt tedeschi - tuttiprecipitati in mare o nell'entroterra - i duefunzionari della Difesa Usa sono arrivati all'isoladi Morgo a bordo del Castorino II, la motobarcadi Stefano Caressa, operatore subacqueoprofessionista e profondo conoscitore dei misteridel nostro golfo. Assieme a loro l'assessore allaCultura del Comune di Grado, Giorgio Marin, ilricercatore Giorgio Pietrobon, espertospecializzato in storia dell'aviazione, e AlfredoFurlan, anche lui appassionato storiogafo, cui sideve la ricostruzione puntigliosa di quantoavvenne il 30 gennaio 1944, durante la battagliaaerea cui partecipò il B-24 oggi sepolto nel fangodella valle di Morgo.  Testimone chiave della vicenda è un vecchiopescatore gradese, Mario Troian, che aveva 12

anni e viveva in laguna quando il B-24 sischiantò sui bassi fondali a non più di duecentometri da dove si trovava lui. Troian haaccompagnato i funzionari statunitensi insopralluogo a Morgo, nel tentativo di individuareil punto esatto dove giace la bara di metallo con isette aviatori, all’interno di una proprietà privata.  Citiamo i ricordi: «Avevo solo 12 anni - dice -, evidi questo enorme apparecchio in fiammeprecipitare nella laguna, proprio vicino a dove mitrovavo; non sono stato l'unico testimone, e dopol’abbattimento nessuno si poteva avvicinare alrelitto perché c’erano i tedeschi; l'aereo poco allavolta è sprofondato nel fango, negli anniqualcuno recuperò alcuni pezzi, poi il terreno hacambiato varie volte proprietario e ha subitomolti lavori; spero di essere ancora utile allaricerca». L'equipaggio del B-24 del 449th BombGroup caduto in laguna, soprannominato DumboII, ebbe un unico superstite: Harvey ElwoodGann, 91 anni, vive nel Texas, e segue lericerche di Grado.Gann, che si salvò lanciandosi con il paracadutee fu poi catturato dai tedeschi, ha raccontato lasua esperienza e l’abbattimento del bombardierenel libro di memorie "Escape I Must! - WorldWar II Prisoner of War in Germany"(Woodburner Press).  

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Sentiero storico Quota 28 "Punta Bratina" e Monte Ermada

Dal mese di settembre nell’ambito dellamanifestazione che si tiene al Villaggio delPescatore “Vele bianche e pesceazzurro”  all'interno del progetto Ermada 1914Voci di Guerra in Tempo di Pace, il  GruppoErmada Flavio Vidonis  in collaborazione conil  Gruppo Speleologico Flondar  propone unaserie di escursioni Storico Naturalistiche suiluoghi della Grande Guerra.Si parte dal Sentiero di  Punta Bratina.Il sentiero di Punta Bratina si estende tra ilVillaggio del Pescatore ed il corso del Timavo,con esso si raggiungono una serie di puntinotevoli presenti sul territorio. Si tratta inparticolare di opere risalenti alla Prima GuerraMondiale. L’importanza storica di punta Bratinaè dovuta principalmente all’azione che gli italianisvolsero per la conquista dell’altura indicata dalnemico come  Quota/Kote  28, di grande valenzastrategica per la posizione rispetto alla dorsaledel Flondar, lungo la quale, gli italiani cercavanodi avvicinarsi all’Ermada.  Si trattò purtroppo di un’operazione organizzatasottovalutando le difficoltà e la preparazionedell’avversario.Con le sue tre cime e 323 m di altezza il MonteErmada si trova nella parte nord-occidentaledella provincia di Trieste, nel territorio delcomune di Duino Aurisina, mentre le suepropaggini orientali sono in territorio sloveno.

Durante il primo conflitto mondiale il MonteErmada, situato in territorio austro-ungarico,costituì  un insuperabile baluardo contro il qualesi infransero senza successo gli assalti dei soldatiitaliani.L’esercito austro-ungarico, meglio organizzato, loaveva trasformato in una munitissima edagguerrita fortezza, dotata di artiglierieimpressionanti per numero e potenza.Il Gruppo Speleologico Flondar, nell'ambito delprogetto, con guide specializzate si occuperàdelle visite guidate e delle escursioni sui sitilegati alla Prima Guerra Mondiale proprio sututto il monte Ermada. (info: 3886449114)

del Gruppo Ermada Flavio Vidonis

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La tragedia del Titanic asburgico

Il porto di Trieste rappresentava, nei primi annidel ‘900, il principale porto commercialedell’Impero Austro-Ungarico. Risultava inoltrestrategico per quanto riguardava i collegamenticon gli avamposti della Dalmazia, quali Ragusa eCattaro, importanti sia dal punto di vistaeconomico che da quello militare. Per garantireCostruito in Scozia nel 1908, il Baron Gautsch

era un piroscafo che seguiva la rottaLussingrande e Trieste. Nell’ultimo viaggiotrasportava oltre 400 persone che stavanoscappando dalla Jugoslavia per raggiungerel’Austria a seguito della dichiarazione di guerra.Il Lloyd Austriaco (Osterreichischer Lloyd, la piùimportante società di navigazione dell’Austria)propose l’ampliamento della flotta con nuovitraghetti veloci, commissionando ai cantierinavali scozzesi Gourlay Brothers & Co. diDundee. La costruzione di due dei tre traghettiveloci di lusso da 82 metri, con 2.069 tonnellatedi stazza, scafo in acciaio, caldaie a nafta e dimacchina alternativa a triplice espansione percomplessivi 4600 cavalli vapore su tre assi chesviluppavano la velocità di 16,5 nodi, navi cheavrebbero collegato la Dalmazia con Trieste: il“Baron Gautsch” (nome dato in onore del

barone Paul Gautsch von Frankethur, che fuministro dell’Educazione e poi degli AffariInterni dell’Impero) ed il “Prinz Hohenlobe”

(che nel 1921 mutava il nome in Friuli e venivamantenuto in servizio fino al 1927 quandoandava venduto ad un armatore delle Filippine),mentre la terza nave gemella, il “Baron Bruk”

(leggermente più piccola, 1 .965 tonnellate distazza, prendeva poi il nome di Palatino e nel1926 venduto alla Società di Navigazione S.Marco di Venezia, poi Adriatica, venendoaffondato nel 1941 ) fu costruita nel 1913 dalcantiere navale S.Rocco di Muggia.Da un documento custodito presso i Lloydemergeva che i citati piroscafi potevanotrasportare complessivamente 539 passeggerisoltanto nei viaggi nelle acque nazionali. Inoltrerisultava che a bordo si trovavano mezzi disalvataggio per 590 persone, cioè 235 posti nelle8 scialuppe, 355 cinture di salvataggio e 12salvagente anulariEntrato in servizio nel 1908, immediatamentedopo lo scoppio del conflitto mondiale, il 17luglio 1914, il Baron Gautsch venne requisitodalla Regia Marina Imperiale austriaca edimpiegato per il trasporto delle truppe verso il

di Mario Conforti

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Cattaro e, durante il ritorno a Trieste, perfacilitare l’evacuazione dei civili verso le regionidel nord Adriatico. Il piroscafo, terminatal’esigenza l’11 agosto 1914, tornò in possesso delLloyd nel porto di Cattaro. Da qui avrebbedovuto seguire la rotta verso Trieste - molo S.Carlo (futuro Molo Audace) trasportando iprofughi della Bosnia ed Erzegovina oltre aivilleggianti delle isole. Venne sostituito ilcomandante militare della nave con uno civile eprima della partenza l’autorità militare convocòuna riunione presso il quartier generale dellaMarina, alla quale partecipò il secondo ufficialeGiuseppe Tenze (inviato dal nuovo comandantedella nave Paul Winter), ove venne informatodella rotta da seguire per evitare un ampio campominato che era stato allestito in difesa del portodi Pola. Per ragioni di sicurezza, le autoritàmilitari austriache non fornirono la posizioneesatta delle mine. La nave salpò dal porto diLussingrande in orario alle 11 .00 del 13 agosto1914 diretto verso Trieste, dove era previstol’arrivo per le ore 18.00. Quel giorno lecondizioni meteo erano ottime ed il mare eracalmo. Alle ore 13.45 il primo ufficiale Luppispassò il comando al secondo ufficiale Tenze perrecarsi a pranzo. Questi, fiducioso della suaesperienza, procedette tranquillo nellanavigazione. Al fine di arrivare in orario aTrieste, desiderio consono allo spirito asburgico,il Tenze anticipò il cambio di rotta in modo dapassare più vicino alla costa percorrendo la viapiù breve, attraversando così il campo minato.Un attimo prima dell’urto, Tenze corresse la rottaverso ovest convinto di aver ormai superato ilcampo minato, ma invece rimaneva l’ultimamina. Poco prima, tra l’altro, era passatocontrobordo al Prinz Hohenlohe, che navigavaparecchio più al largo. Alle ore 14.45 urtò con illato sinistro, sotto la linea di galleggiamentoall’altezza delle caldaie, tra la cucina e ladispensa di prima classe la mina messa dalComando austriaco a difesa delle coste diRovigno e del porto di Pola, a 7 miglia dall’Isoladi Brioni (Croazia). La nave si inclinò sul latosinistro, rendendo impossibile l’aleggio di tutte lescialuppe, affondando in 7 minuti con la perdita

di circa 180 persone, tra cui numerose donne ebambini. Vennero soccorse e tratte in salvo 159persone dalle cacciatorpediniere Triglav, Balatone Csepel accorse immediatamente da PolaIl capitano era nella sua cabina a dormire, ilprimo ufficiale a pranzo in prima classe,l’ufficiale in seconda venne colto dal panico unavolta realizzato quanto era accaduto e sipreoccupò di mettersi in salvo senzapreoccuparsi della sorte dei passeggeri.Lo stesso giorno il posamine austro-ungaricoBasilisco stava preparando il campo minato,gettando ad intervalli regolari le mine nel mare. Imarinai del posamine si accorsero subito che labella nave passeggeri si stava dirigendo ad altavelocità proprio verso il campo minato; il suonostridulo dei fischi e le bandiere di allarme subitoissate sull’albero non vennero visti o capiti dalTenze. L’equipaggio osservò a tre miglia didistanza, impietrito ed impotente, la navepasseggeri attraversare il campo minato per poiesplodere. Nel mare coperto da uno spesso stratodi olio combustibile, molti naufraghi morironoper aver inghiottito tale sostanza mentrelottavano per rimanere a galla.La causa dell’affondamento, una mina austriaca,all’inizio venne taciuta; la censura impedì aicronisti di scrivere ciò che tutti sapevano,imputando la causa ad un improvviso gorgo, perevitare effetti devastanti sul morale dellapopolazione.Sul ponte vi erano 8 scialuppe di cui solo unapoté essere messa a mare, due si rovesciarono.Però una cassa di salvagente era chiusa a chiaveaffinché quelli della terza classe non li usasserocome cusciniQueste furono le prime vittime civili dellaGrande Guerra visto che poche ore prima che ilBaron Gautsch saltasse sulla mina e colasse apicco, l’ambasciatore inglese Maurice de Bunsenaveva consegnato al governo di Vienna ladichiarazione di belligeranza di Gran Bretagna eFrancia. Così il conflitto tra l’Austria diFrancesco Giuseppe e la Serbia si eratrasformato nella Prima Guerra Mondiale. Perquesto motivo fu battezzata “tragedia del TitanicAsburgico”, avvenuta due anni dopo

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l’affondamento del più celebre transatlantico,venne dimenticata. Di fatto è rimasto il piùtragico naufragio di un’imbarcazione civile nelmar Adriatico nel XX secolo.I parenti dei morti, dopo la fine della guerra,fecero causa al Lloyd per i decessi e per leperdite di bagaglio, che andò avanti per quattroanni (fino al 1918), senza ottenere alcunindennizzo. La maggior parte del casellariogiudiziale relativo alla vicenda sparì a causa di uncerto numero di disordini politici in Austria ed ilvortice della nuova guerra mondiale. Tutti gliufficiali vennero messi sotto accusa, processati,ma assolti e subito tornarono al comando di navi.

Il relitto, che ha una lunghezza di quasi novantametri per oltre dieci di larghezza, venne ritrovatosolo 44 anni dopo (nel 1958) grazie allacaparbietà del cacciatore di relitti triestinoLibero Giurissini. E’ molto famoso nel mondosubacqueo perché giace a 40 metri di profondità,in assetto di navigazione, perfettamenteconservato e completamente colonizzato da unarigogliosa fauna marina; viene visitato ogni annoda una media di 2-3.000 subacquei. Tuttecondizioni per le quali l’immersione èconsiderata una delle dieci più suggestived’Europa e tra le cinquanta migliori al mondo.

VITTIME DEL CONFINE ORIENTALE

del C.S.R.S. "Silentes Loquimur"

69 anni fa Trieste e Gorizia, vivevano l’esperienzadrammatica dell’occupazione titina, durante laquale le truppe del IX Corpus, alle quali si eraaggregata la “Guardia del Popolo”,circa 400comunisti italiani, prelevavano tutti colorofossero potenzialmente avversari dell’annessionedell’Istria, della Venezia Giulia e del territoriofriulano fino al confine sognato sulle sponde delTagliamento. A nulla era valso il sacrificio dicentinaia di uomini armati, appartenenti all’interaLegione della Guardia di Finanza, alla GuardiaCivica, operante in stretto contatto con il CLN diTrieste, al Corpo dei Vigili del Fuoco e agliaderenti al Corpo Volontari della Libertà., nelledue giornate di scontri e di lotta armata contro itedeschi, che furono costretti a ritirarsi nelTribunale e sul Colle di San Giusto. Terminata labattaglia tutti furono messi in fila per due, daipartigiani jugoslavi ed avviati alla deportazione.Pochissimi tornarono, i più fecero poca strada,finendo nella Foiba di Basovizza e di Roditti, irimanenti raggiunsero i campi, che nulla avevanoda invidiare ai lager tedeschi: Borovnica,Skofja

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Loka, Lepoglava,Lubiana,Aidussina,Idria,Vipacco,Maribor, aiconfini conl’Ungheria.La furonoconsunti e morironoper deperimentoorganico, tifopetecchiale,violenze etorture di ogni genere.Appesi al palo dellamorte, rinchiusi nei

triangoli chiodati, costretti a mangiare pastoniimmondi ed a vivere con gli scoli dei pozzi neri,che attraversavano i campi circondati da altepalizzate di filo spinato.I civili furono deportati verso l’interno a migliaia,come testimoniato dai documenti degli inglesi,nelle relazioni del maggio 1945 e dell’ottobre1945 che, per la prima volta, appaiono nella loroveste integrale. E a migliaia non tornarono.La redazione del Registro delle Vittime delConfine Orientale, rende loro giustizia e dignità,nei confronti dei vergognosi negazionisti cheriducono gli infoibati a poche decine e gliscomparsi ad alcune centinaia . I dati degliAlleati, che non avevano il controllo dell’interaIstria, ma solo della città portuale di Pola, percirca due anni, ed erano altresi carenti, sia deidati di Fiume, sia della prima mattanza compiutadalle truppe titine nel periodo 1943-1944, inVenezia Giulia, in Istria, a Fiume, in Dalmazia,siattestano intorno ai 4.900 scomparsi o infoibati-

A questi dati sidevono quindiaggiungere i 550fiumani scomparsi,nel periodo 1943-1945, i circa 500uccisi ed infoibati nelperiodo 1943-1944,della zona istriana,compresi nellarelazione Zacchi,preziosissimodocumento, in copia

consegnato al SIM di Milano, documentatobrogliaccio del Registro, insieme alle schededell’Associazione Congiunti Deportati inJugoslavia, centinaia di storie, senza ritorno, edancora i dati dei Dalmati e del loro genocidio edi tutti quei prigionieri militari, che, in undocumento di Giovanni Battista Montini, alloraSegretario di Stato di Pio XII, ed in seguito PapaPaolo VI, sono indicati in circa 10.000,comprensivi di quelli scampati ai lager tedeschi,che finirono in un nuovo meccanismo disterminio, questa volta comunista.Una forbice numerica che conta tra 15 e 20.000 imancanti, in quell’area travolta dall’odio e dallaviolenza. Tra le vittime sono da ricordare, quelliche vengono considerati nel resto d’Italia,i”perdenti”, ma che nel confine orientale, ancorasono ricordati come i “difensori”: partigiani“dell’Osoppo”, Carabinieri, Agenti di Polizia,Alpini del ReggimentoTagliamento,Bersaglieri, Militi diDifesa Territoriale,Battaglioni Costieri,Marinai, Marò dellaX^MAS, che, ultimi,attesero invano losbarco promesso dagliAlleati e sepperomorire tutti in silenzioe dal silenzio dei vivifurono sepolti.Questo è il significato del Registro delle Vittime,scritto con il lavoro di ricercatori di 4 Stati:Italia, Slovenia, Croazia, Serbia, per chiudere unastoria di odio, con le pagine della memoria, nonun elenco telefonico, ma nomi che compongonoun mosaico, del quale sono le tessere che fannola Storia.Nei quattro volumi i nomi sono accompagnati,con una innovativa chiave di lettura, da foto,documenti relativi agli scomparsi, intervallati dadocumenti inediti di fonti, italiane, slovene,croate, serbe, tedesche ed inglesi,che accendononella scenografia di una elencazione i riflettori suuna storia, a lungo negata e nascosta, trascinandoil lettore nel pathos di una verità, che si rivela.

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FOIBA n° 149(detta anche Brljanovsca, Pozzo Erebo o Foiba di Opicina) e di Basovizza

Il 22 febbraio 1980, al termine di una proceduraavviata ancora nel 1977 dall’onorevole triestinoGiorgio Tombesi, il Ministero per i Beniambientali e culturali, ai sensi della legge 1giugno 1939 n° 1089, dichiarò la Foiba n° 149 equella del Pozzo della Miniera di Basovizza, “diinteresse particolarmente importante perchétestimonianza di tragiche vicende accadute

alla fine del secondo conflitto mondiale,

divenuta fossa comune per un numero

rilevante di vittime, civili e militari, in

maggioranza italiani uccisi ed ivi fatti preci-

pitare”.Tutto l’iter per la concessione del riconoscimentoè sintetizzato nell’articolo “L’azione dell’on.Tombesi per il riconoscimento. – Monumentonazionale le foibe dell’altopiano.” Apparso sulquotidiano Il Piccolo del 20 giugno 1980, che siriporta integralmente (Allegato 19):“Si è provveduto per le foibe di Basovizza e diMonrupino (n° 149), a conclusione eperfezionamento di una istruttoriaparticolarmente delicata che ha richiesto tempilunghi di attuazione a seguito del riconoscimentodella sussistenza dei requisiti specificatamenterichiesti dalla legge, ad emanare decreti divincolo ai sensi della legge 1 giugno 1939 n°1089.”Con queste parole il ministro dei beni culturali edambientali, Biasini, ha dato comunicazione all’on:Tombesi della conclusione, favorevole, dellapratica da lui promossa, fino dal 1977, perottenere, per le foibe di Basovizza e diMonrupino (n° 149), lo stesso riconoscimentoattuato per la Risiera di San Sabba.L’iter della concessione è stato lungo ancheperché sono stati interessati dell’argomento,congiuntamente, il ministero dell’interno e quellodegli affari esteri, e perché nel frattempo aldicastero competente dei beni culturali si sonosucceduti più titolari.La pratica è infatti iniziata con il ministro Pedini;si è perfezionata col ministro Antoniozzi, è giunta

a conclusione con il ministro Ariosto ed ora ne danotizia il il ministro Biasini.Nella motivazione dei due decreti è precisato chele foibe sono testimonianza di tragiche vicendeaccadute alla fine del secondo conflitto mondialein quanto fossa comune di un rilevante numero divittime civili e militari, in maggioranza italiani,uccisi ed ivi fatti precipitare:La zona di tutela per la foiba di Basovizza siestende per venti metri attorno alla pietratombale e per quella di Monrupino (n° 149) perdieci metri e comprende per quest’ultima anche ilviale d’accesso.Nell’esprimere il suo compiacimento per questidecreti, l’on. Tombesi ha sottolineato che con essisi è eliminata l’ingiustizia che discriminava deimorti, vittime tutti degli orrori della guerra edella crudeltà degli uomini, e che con questo attonon si vogliono acuire odi e passioni , ma rendereun pietoso omaggio che serva daammaestramento alle generazioni future.”

Il vero “mistero” della foiba 149

Non vi possono essere dubbi né sul fatto chequesto abisso fu la tomba per diverse centinaia dipersone, né sul fatto che, dal dicembre 1947, inesso non vi siano più resti umani.Inoltre si è accertato che le 309 salme sepolte nelcimitero triestino di S. Anna il 26 giugno 1945,non provengono da questa voragine, bensì dallecaserme, dagli Ospedali e dagli edifici pubblici diTrieste.Rimangono perciò senza risposta gli interrogativisu quando siano state recuperate le centinaia disalme precipitate nella foiba e dove esse sianostate inumate.Mentre sul secondo interrogativo non è possibileformulare alcuna risposta, in merito al primo,tenendo conto di alcune risultanze oggettive, sipuò avanzare un’ipotesi.La prima esplorazione della foiba 149, fatta neldopoguerra di cui si ha notizia certa, è quellacompiuta il 18 ottobre 1945 dagli speleologi della

di Giorgio Rustia

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Società Alpina delle Giulie. La scena che sipresentò agli occhi degli esploratori non ècompatibile con la presenza di centinaia di corpisul fondo dell’abisso; gli speleologi inoltre, sicalarono in esso senza la protezione dellamaschera antigas o “dell’autoprotettore”,attrezzature queste sempre usate dal MarescialloArnaldo Harzarich dei Vigili del Fuoco di Polanelle operazioni di recupero salme dalle foibeistriane nel periodo dall’ottobre al dicembre1943, ed indispensabili in presenza di centinaiadi salme in decomposizione.Ciò porta a dedurre che la quasi totalità deicorpi, sicuramente precipitati nell’abisso, deveessere stata recuperata nel periodo compreso trala metà di giugno del 1945 (datadell’allontanamento delle truppe jugoslave daTrieste) e la data dell’esplorazione deglispeleologi della Società Alpina delle Giulie.Esistono, a tale proposito, “voci” riguardanti unrecupero di salme dalla Brsljanovca. Nel libro dispeleologia “- 100”, di Marco Gherlizza il qualeillustra la morfologia degli abissi del Carsotriestino che sprofondano nelle viscere della terraoltre i cento metri, con riferimento ad essa, silegge:“Nel 1945 vennero gettati nell’abisso i corpi disoldati tedeschi prelevati dall’Ospedale militaredi Trieste, in numero imprecisato ma moltominore di quanto si andò dicendo; qualche mesedopo gran parte delle salme venne recuperata

ed infatti nel 1950 (quindi primadell’esplorazione Spangher-Becinka nds) il livellodel fondo non mostrava sostanziali mutamentirispetto a quello risultante dal riievo del 1894.”L’ipotesi di un recupero operato in segreto dagliAlleati è avvalorata da quanto è emerso, dopo glianni Novanta, su un’analoga operazione direcupero per mezzo di una benna, condottanell’estate del 1945 dal Comando inglesenell’altro Sacrario Monumentale, quello delPozzo della Miniera di Basovizza.Esiste, sino dal settembre 1945, una relazione delprofessor Diego de Castro, allora ufficiale dicollegamento tra le Forze Armate italiane equelle Alleate a Trieste, nella quale egli riferiscedella riesumazione dal Pozzo della Miniera di

Basovizza operata quell’estate da truppe inglesi,di un considerevole numero di salme, valutatoattorno alle 500.Lo studioso ha sempre ribadito tale evento, sianei suoi libri “Il problema di Trieste” e “Cennisul problema giuliano nell’ultimo decennio”pubblicati nei primi anni Cinquanta, sia inoccasione di in terviste e colloqui da lui rilasciatisull’argomento, come nel caso dell’intervista conil professor Guido Rumici del 4 gennaio 2002,riportata alla pagine 271 e 272 del libro“Infoibati”. Nell’archivio della nostraAssociazione, inoltre, è conservata una lettera delprofessore nella quale, in data 8 maggio 2000,egli ribadisce di essere “uno dei pochi ancoraviventi che ha assistito personalmente” a taleoperazione di recupero.Dopo 50 anni dai fatti, quando ormai lepolemiche legate alle stragi (ed alla colpevoleinerzia con cui gli Alleati vi assistetteroimpassibili) avrebbero dovuto essere superate, lastoriografia ufficiale ha timidamente cominciatoad ammettere che riesumazioni “segrete” alPozzo della Miniera, eseguite a mezzo di unabenna, vi furono sia nel luglio 1945 (250 kg diresti umani, secondo fonti jugoslave) sia nei mesidi ottobre – novembre 1945 (una decina di corpi,secondo fonti inglesi). (Allegato 21 ).Esistono delle fotografie dell’epoca cheriprendono l’incastellatura che sorreggeva labenna e, nell’articolo “Questa è la foiba diBasovizza” scritto da Giovanni D’Alò per ilGiornale della Sera il 30 novembre 1945(Allegato 22), si legge ”….il C.L.N. dellaVenezia Giulia,….., rilevando che la benna

adoperata per le estrazioni (del peso di circa

una tonnellata, notevolmente aumentata dalla

velocità di caduta) provocava un orribile

strazio dei cadaveri, si da compromettere

ogni tentativo di identificazione delle vittime”Ed è proprio questo accenno allo strazio deicadaveri che riporta a mente la diversità assoluta,risultante dalle relazioni degli speleologi, tra lecondizioni delle salme recuperate dagli altriabissi (deteriorate dal tempo ma comunqueancora praticamente complete) e le singole ossadisarticolate emerse dalla “Brsljanovca” il

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19/12/1947.Appare cioè plausibile l’ipotesi che i miseri restireperiti quel giorno altro non siano che quanto lostrumento meccanico, dopo aver straziato i corpinel suo impatto, non è riuscito a portare insuperficieAl fine di verificare la fondatezza di tale ipotesisarebbe necessario analizzare i rapporti stilatiall’epoca dal Reparto Scientifico della DivisioneCriminale dalla Polizia Civile della VeneziaGiulia per ciascuna operazione di recupero, esoprattutto sarebbe fondamentale, una voltaeseguita la ricerca, sottoporre i risultati ottenutiall’attenzione del dott. Giorgio Galazzi (oggiColonnello dell’Arma dei Carabinieri in congedo,che, essendo stato il principale collaboratore delprofessor Renato Nicolini, l’illustre patologo emedico legale del “Forensic Laboratory dellaCivil Police, partecipò in prima persona a tutte lemeste operazioni medico - legali sui resti umanirecuperati da foibe e fosse), il quale potrebbefornire il suo certamente autorevole parere inmerito a questa ipotesi.Dall’esame dei documenti reperiti, risulta quindiaccertato che la Foiba n° 149 fu la tomba perdiverse centinaia di esseri umani che vi furonoprecipitati nei giorni immediatamente successivialla fine del 2° conflitto mondiale dalleformazioni partigiane comuniste italo - slave agliordini del Maresciallo Tito.Il tremendo uso di questa voragine, fatto dalleforze d’occupazione jugoslave, non costituì uncaso isolato.Nella sola Venezia Giulia, pur non considerandole uccisioni avvenute davanti ai due SacrariMonumentali di Basovizza e della Foiba 149, daabissi, fosse ed edifici pubblici della città diTrieste, risultano recuperate (dai Vigili delFuoco, dai Rastrellatori Bombe e Mine e dallesquadre di speleologi agli ordini della PoliziaCivile della Venezia Giulia) oltre mille salme,così come sostenuto dalla nostra Associazioneancora nel 2001 e recepito e certificato dagliillustri storici accademici Raoul Pupo e RobertoSpazzali nel loro “Foibe” edito da BrunoMondadori nel 2003. (Allegato 23).Da articoli apparsi sulla stampa negli ultimi 15

anni, si è avuta la certezza dell’esistenza di altrecentinaia e centinaia di salme insepolte ancoragiacenti sul fondo delle voragini della regione,come quelle dei 91 bersaglieri della R.S.I. nellagrotta tra Tolmino e Gabrje; come quelle giacentinelle grotte Vzenca Jama, Jama Spirnica, eVilenca Jama, tutte presso Prapoce, nella SvetaJama e nella Socerbska Jama za Vrom pressoSocerb, nella Bremce presso Cernotice, tuttegrotte site nel Carso di Podgorje a sud est diTrieste (; come quelle dell’abisso di Montenerod’Idria; come quelle della voragine di Apriano -Veprinac; come quelle della fossa comune diMucici come quelle della foiba di Hribce inCicceria come quelle della fossa comune di Ustjepresso Aidussina, che rappresentano unacampionatura largamente incompleta dei luoghiove furono compiuti eccidi a guerra finita suprigionieri inermi, militari e civili.Tale prassi, inoltre, non ebbe costanteapplicazione solo nella Venezia Giulia. Essa fupraticata su scala enormemente più grande sia inSlovenia che in Croazia, tanto che al Convegnointernazionale di Speleologia, tenutosi aPostumia nel settembre 1993, fu presentata unarelazione in cui si afferma che dai dati delregistro delle grotte della Slovenia risultano 71cavità contenenti resti umani, ma probabilmenteil numero reale supera le cento foibe e vieneprodotta una cartina della vicina Repubblica conindicate le posizioni di queste “sepoltureanomale”.Già dal luglio 1990 era nota l’esistenza dellafoiba di Sosice e di quelle del Kocevski Rog,dove persino il Presidente Kucan si era recato arender omaggio alle vittime, ma fu nell’estate del1999 che si ebbero le clamorose conferme difonte giornalistica delle stragi avvenute.Nel mese di giugno si seppe delle decine dimigliaia di scheletri giacenti nella ex trinceaanticarro alla periferia di Maribor, in agosto siseppe del rinvenimento di una fossa comune neicampi denominati Osredki nelle vicinanze delvillaggio di Mostec a nord del corso della Sava edi un’altra a Slovenske Konice nei pressi delmonastero di Zica in settembre di una fossacomune con almeno 212 scheletri a Slovenska

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Districa in ottobre di un’altra presso Radovlijca,una cittadina sita a pochi chilometri a est del lagodi Bled tanto che il giornale Glas Istre di Polascrisse che la Slovenia tutta “è una delle piùgrandi fosse comuni della seconda guerra

mondiale”.Alla luce di tutto ciò, non si comprendono leattuali rimostranze di alcuni isolati esponentidella minoranza slovena (i quali, di fatto,rappresentano poco più di se stessi) in merito allaelevazione della Foiba n° 149, al rango di

Monumento Nazionale. Non si comprendeneppure come mai ogni tanto qualche “patriota”,magari investito di importanti carichenell’Amministrazione comunale di Trieste, parlidi esso come se fosse ancora oggi una tomba. IlSacrario della Foiba 149, rappresenta il luogosimbolico ove chiunque abbia perduto unfamigliare nella tragedia delle deportazioni difine guerra, sia egli italiano, tedesco o slavo nonimporta, può deporre un fiore in ricordo di chi fuvittima di tempi feroci.

PAPA FRANCESCO A REDIPUGLIAEstratto dal programma ufficiale della Prefettura della Casa Pontificia

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Prima dichiarato sovversivo e

poi medagliato al Valor Militare.di Giovanni Pietro Crosato*

Per una volta vogliamo fare una cosa diversa dalsolito. Solitamente, quando si parla di unpersonaggio storico si parte dalle sue generalità equindi si descrive quello ch'egli compì di talvalore da ritenerlo degno, nel bene o nel male,d'essere menzionato. In questo caso, invece,partiamo dal fatto della persona che venneinsignita della onorificenza. Il nostropersonaggio è un genovese, e precisamente diStella (in provincia di Savona). Ferventesocialista era naturalmente di posizionineutraliste. Il suo neutralismo derivava da unapiena adesione ai principi sanciti nella Secondainternazionale dei lavoratori. Se il socialismo (almotto lavoratori di tutto il mondo unitevi) aveva

superato i nazionismi allora era certamenteassurdo partecipare ad una lotta tra Stati. Con lamorte, ucciso da un fanatico nel 1914, del leadersocialista Jean Jaurès venne ad essere abortitaquella teorizzazione di una unione totale deimovimenti europei sotto quell'internazionalismosocialista. Risultato fu che il partito socialistatedesco, infatti, votò per la concessione deicrediti al Governo e quello francese entrerà a farparte dello stesso Governo, avendone dueministeri. Quella seconda internazionale,ovviamente, si sciolse immediatamente. Sequesta posizione rappresentava una larga fetta delpartito è d'altra parte vero che vi era unacomponente che, al contrario, aveva iniziato ad

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avere una posizione interventista. Si deveosservare che se da questo versante troviamo unBenito Mussolini che dall'ottobre del 1914 mutaprogressivamente parere dall'altra vi ritroviamoanche delle figure del movimento socialistarivoluzionario, o sindacalisti rivoluzionari oanarchici. Chi era nell'area rivoluzionaria avevapreventivato che questa guerra, che naturalmentesarebbe stata ipotizzata contro gli odiati Impericentrali visti quali nemici del proletariato,avrebbe accelerato quella frattura del sistemapolitico – sociale imperniato sulla borghesia. Allaluce del 1917 russo non si può dire che questateorizzazione campata in aria. Il nostro era unfervente socialista dell'area neutralista, ma ancheper lui venne inviata quella tanto odiata cartolinaprecetto che lo chiamava alle armi. Essendo inpossesso di patente di guida (ma solo comemotociclista) venne inviato al 25° Rgt. Artiglieriadi Torino come automobilista. Da qui venneiviato al Comando Motociclisti di Verona equindi a Vicenza. Fino ad allora, pur essendodiplomato, aveva sempre rifiutato, come altrisocialisti neutralisti, di frequentare un corso edivenire ufficiale. Si arrivò, però, ad unacircolare del 1917 con cui il generale Cadornarendeva rendeva il corso obbligatorio per idiplomati e laureandi e pertanto egli dovette, suomalgrado, frequentare tra la primavere e l'estatedel 1917 un corso accelerato a Peri, paese vicinoa Verona, sull'Adige. Di questo periodo lascerà,tra l'altro, uno ricordo in un libro scritto daClaudio Angelini. Ricorderà che sul suo fascicolopersonale c'era scritto che era fermamentecontrario alla guerra. Veniva aggiunto, adabundantiam, ch'era neutralista, socialista esovversivo. E quella ultima parola era anchesottolineata tre volte. Concluso il corso fuassegnato a Brescia dapprima come sottotenentee poi come tenente dei mitraglieri. Nell'agostodel 1917 viene inviato a rinforzare la BrigataMilano impegnata nella battaglia sulla sinistradell'Isonzo. Di quel periodo rammenterà: “…hovissuto la vita orrenda della trincea fra il fango,fra i pidocchi. Sparavamo agli austriaci, cheerano giovani soldati, giovani ufficiali come

noi.”. Quello, per il regio Esercito, non era unperiodo tranquillo. Dopo un qual sciopero nelletrincee era aumentata la paranoia di attisovversivi. Ad aumentarla erano anche quellenotizie provenienti dalla Russia che non facevanocertamente che aumentare i timori di attirivoluzionari. Si colpirono, pertanto, duramentequei focolai socialisti all'interno del regioEsercito, temendo nuove sommosse o diserzioni.Possiamo solo immaginare quale sia stato ilcontrollo effettuato nei suoi controlli, in quantogià dall'arruolamento segnalato comesimpatizzante socialista e frequentatore deicircoli operai genovesi. Era scattata quella chenella mente del generale Cadorna avrebbe dovutaessere la spallata decisiva dell'Isonzo:l'undicesima. Quella di effettuare una grandeoperazione era anche una idea degli alleatidell'Intesa che volevano ovviare aquell'improvvisa presenza di armate austriacheche erano state rese libere dalla disfattadell'esercito russo. Una battaglia questa che erainscrivibile sulla tattica solita cadorniana. Unastrategia che, come disse un generale italiano, erapresumibile per l'avversario nel suo evolversi giàal primo colpo di cannone dell'artiglieria. Perquesta vennero impiegati numeri da primato, inquanto vi parteciparono 600 battaglioni sugli887 disponibili al momento, con circa duemilabocche da fuoco. Questa necessità di uomini e direparti ad ogni costo aveva portato a che "IlComando Supremo, per formare nuove unità

da impiegare nella prossima offensiva, 11°

battaglia dell'Isonzo, dispose che le quarte

compagnie di ciascun battaglione sul fronte

trentino fossero destinate alla costituzione di

nuove unità. . . . . . . . . […. ] I corpi in costituzione

esistevano sulla carta; i reparti che li dovevano

costituire, provenienti dai vari reggimenti

dislocati nel Trentino e nel Cadore, erano in

marcia verso il luogo di radunata. "   (da Unpugliese nella Brigata Vicenza, ricordi delcapitano Francesco Ricci a cura di P. Pozzato eM. Passarin). Si arrivò quasi alla disfatta degliaustriaci, con questi ultimi ben consci che allaprossima, o anche al solo proseguimento della

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stessa, non avrebbero avuto scampo. Ma con inostri che si ritrovarono al limite e che dovevanoattendere molto tempo per potere rimettere inforze i reparti, anche tenuto conto delle migliaiadi caduti. Durante quella battaglia dell'Isonzoebbe a partecipare a durissimi scontri contro ladorsale dei monti Jelenik. Una zona in cui non sifatica a capire quanto la guerra difensiva portataavanti dagli austriaci trovava un buon alleatonella conformazione stessa del terreno e nelcontrollo di quelle aree dominanti sul fiume. Perquei combattimenti egli venne proposto dal suocomandante per una Medaglia d'Argento al Valormilitare colla seguente motivazione: “Durante

tre giorni di violentissime azioni offensive,

senza concedersi sosta alcuna, animato da

elevatissimo senso del dovere, con superlativa

audacia e sprezzo del pericolo, avanzava primo

fra tutti verso le munitissime difese nemiche, vi

trascinava i pochi suoi uomini e debellava una

dietro l’altra le mitragliatrici avversarie

numerosissime e protette in caverne.

Contribuiva così efficacemente alla conquista

di ben difesa posizione nemica catturando

numerosi prigionieri e bottino importante.

Bellissima figura di eroismo ed

audacia."Descla- M. Cavallo- Jelenik, 21, 22,

23 agosto 1917”. Ma quella medaglia rimarrà alungo una semplice proposta. Dopo pochi mesiavvenne quella rotta di Caporetto e parecchiincartamenti vennero ad essere se non distrutti,almeno insabbiati nella ritirata. Terminata laguerra il nostro si iscrisse al Partito Socialista econtinuò gli studi laureandosi in giurisprudenza escienze politiche. Poi venne il fascismo che lovide acerrimo nemico e, a maggior ragione,quella proposta, anche se fosse venuta alla luce,sarebbe divenuta addirittura impresentabile. Ilnostro seppe del conferimento solo quando ebbea divenire Presidente della Repubblica, dopoalcune ricerche dello staff dello Stato Maggiore.Ma egli rifiutò di farsela consegnare in quantoebbe ad affermare un “sono stato proposto per la

medaglia d’argento. Non me la diedero perché

mi ero opposto all’intervento” Gli verràconsegnata, infatti, dall'allora Presidente del

Senato Giovanni Spadolini solo allorché ebbeterminato il suo mandato. Per chi non lo avesseancora capito questa è l'avventura bellica diquello che oggi verrebbe chiamato Presidenteemerito della Repubblica Sandro Pertini (1896 –1990). Era uno dei tanti che erano certamentesubirono quella guerra. Persone che però, unavolta nel mezzo, non si persero d'animo el'affrontarono compiendo sempre il propriodovere. Dovremmo ricordare quei soldati chevissero e morirono nelle condizioni più tragiche.Dei veri uomini e dei veri italiani da cuiavremmo solo da trarre l'esempio. Persone chepotrebbero, parafrasando una celeberrima frasedi un altro nostro eroe quasi dimenticato, ovveroil Fabrizio Quattrocchi, affermare di avere benindicato come vive e anche come muorecoraggiosamente un italiano. Termino questomio con una frase in cui l'allora tenente SandroPertini, pur neutralista e sovversivo, aveva inpoche battute tratteggiato tutta quella tatticaperdente di un esercito che combatteva unaguerra del novecento con delle tattiche chederivavano dall'800. “Ricordo – ebbe a dire -quei massacri. Per prendere una collina,

mandavano all’assalto i battaglioni inquadrati,

ufficiali in testa con la sciabola sguainata. La

sciabola brillava alla luce del sole e quegli

ufficiali diventavano sagome per un tragico

tiro al bersaglio. Ma in luogo di adottare una

più intelligente tattica di assalto, fu deciso di

brunire le sciabole”. Perché in quelle giornate diguerra, come ebbe a dire il poeta soldatoUngaretti, si stava come d'autunno sugli alberi lefoglie.

* Ricercatore storico del Centro Studi e Ricerche

Storiche Silentes Loquimur.

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Volume 21 “1943-1956 DALLEFOIBE… ALL’ESODO”

“1943-1956 Dalle Foibe… all’Esodo” conun’appendice tremenda e drammatica: “Il perchédel silenzio dei vivi…” 98 pagine in cui vengonoriportati documenti, provenienti dagli Archivi diLubiana, di Belgrado, del CLNAI, dell’ArchivioCentrale dello Stato, dagli Atti del Processo deifatti di Porzus, da Atti delle Missioni Inglesi, daAtti della Missione Slovena in Italia, dadocumenti del Ministero degli Esteri , dalCarteggio Mons,. Nogara – G.B.Montini –Vaticano, conservati nella Curia di Udine e diGorizia, tutti riguardanti: “Il tradimento dellepopolazioni istrovenete ed italiane “.Un percorso che evidenzia come la tragedia dellefoibe e dell’esodo fu un “CRIMINE CONTROl’UMANITA’ “, programmato subito dopo l’8

settembre 1943 e realizzato via via, condeliberati, ordini e accordi, con la complicità ecollaborazione del popolo vittima. Questa analisidocumentata dei progetti e dei fatti, dà unarisposta definitiva alle tesi dei negazionisti e deigiustificazionisti, sulla presunta equazione:italiani-fascisti-vendetta popolare- foibe-esodo.I documenti elencati nell’allegato, ricostruisconogli scellerati accordi tra il CLNAI e ilMovimento di Liberazione Jugoslavo, chedelegano i Comandanti delle formazioni“garibaldine” ad affrontare e risolvere ilproblema dei confini orientali, che finanziano ilsuddetto Movimento di Liberazione Jugoslavo eriforniscono, tramite la RAF od aerei della RegiaAeronautica le Armate di Tito, con materialemilitare e logistico, grazie al quale fu acceleratal’annessione dei territori italiani della VeneziaGiulia, Istria, Fiume e Dalmazia, primadell’arrivo delle truppe alleate e reso possibile ilprelievo di migliaia di uomini e donne istrovenetied italiani, destinati alle foibe ed ai campi disterminio jugoslavi, nei primi giorni di maggiodel 1945.A questi vergognosi accordi, seguono i silenzi suideportati nei cosiddetti “campi di lavoro erieducazione jugoslavi” del tutto simili al “laogaicinesi” e sui “controllori ed educatori del PCI”,le cui relazioni si possono leggere negli Archividi Belgrado ed ancora sulla storia degliANCORA VIVENTI nel 1962 INJUGOSLAVIA di PRIGIONIERI “politici”,silenziosamente, tramite un accordo italo-jugoslavo, SEGRETO, rifocillati e vestiti dallaCRI ( vedi accordo 1957-1962 ) per concluderecon l’infamia delle pensioni, concesse agliinfoibatori, tuttora vigenti, nonostante le ripetutedenunce pubbliche, con reversibilità al 100% ,con il Trattato di Osimo…

Pubblicazioni da segnalare

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Storie@Storia - C.P. 335 , 33170 Pordenone (PN)

Foglio informativo trimestrale web gratuito a cura delCentro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur”(Istituto di notevole interesse regionale, L.R.n.17/2008,Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e Patrocinio dellaRegione Veneto, Provvedimento 5.2.2009).

www.silentesloquimur.it

Anno 1 . Numero 3 . Settembre 2014

Direttore responsabile: Gianfranco Baldas

Direttore editoriale: Bruno Vajente

Grafica e digitalizzazione: Franz Zanne

Autorizzazione del Tribunale di PordenoneRegistro della stampa n. 43 del 23/05/2013

E-mail: [email protected]

* Catalogo della Mostra "I Forti della Prima Guerra Mondiale" realizzata dal Centro Studi e Ricerche Storiche

"Silentes Loquimur" con il contributo della Regione Friuli Venezia Giulia - N. 11 Pannelli 70X100 cm.

Continuano le iniziative:

Mostra “dalle foibe all’esodo…” (curatore Dott. BrunoVajente) e “I Forti della Prima Guerra Mondiale"(curatore Dott. Leonardo Malatesta) al Museo storicoAeronautico Friuli Venezia Giulia – Fiume Veneto (PN).

Collaborazione nel progetto “Ermada 1914: voci di guerrain tempo di pace”, organizzato dal Gruppo Ermada FlavioVidonis con la compartecipazione di A.N.A Trieste-CircoloCulturale Alpini, Associazione Femines Furlanes Fuartes,Associazione Culturale “Erasmo”, Centro Studi CarloAlfredo Panzarasa, Comune di Farra d’Isonzo, Comune diMonrupino, Comune di Sgonico, Comune di Spilimbergo,Consorzio PromoTrieste, Coro S.Ignazio, L’Armonia, Ajser2000, Castello di Duino, Comune di Terracina, Museo delRisorgimento di Bologna, Società Alpina delle Giulie,Provincia di Treviso, Lions Club Duino Aurisina, LionsClub Terracina, Gruppo Speleologico “Flondar”, ASDSistiana- Duino Aurisina, Comune di Villach (Austria),Associazione corale “R.M.Rilke”.

Continuano le visite su zone di interesse storico come:malga Bala, Porzus, Carso Triestino, Bus de la Lum e zonadel Cansiglio, Foibe e zone dei campi profughi, Risiera diSan Sabba.