Erba International · 2019. 4. 2. · Created Date: 1/19/2015 2:05:31 PM
SCRITTORI IN ERBA · 2017. 12. 24. · La mia città (parte quarta) SCRITTORI IN ERBA.2 La mia...
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Ciao a te che mi stai leg-
gendo.
Sono il giornalino redatto
dagli alunni della Scuola
Primaria del 2° Polo di Ga-
latone.
In questo primo numero i
bambini delle classi secon-
de, terze, quarte e quinte
hanno voluto farti conosce-
re alcuni momenti signifi-
cativi di un’esperienza ec-
cezionale. Grazie al pro-
getto “Musica in … testa
2.0”, infatti tutti loro sono
stati i protagonisti del film
“La iscilia ti Natale”, un
cortometraggio che è sta-
to preparato sin dai primi
giorni di scuola di quest’
anno scolastico e proietta-
to presso il Teatro Italia a
Gallipoli il 19 dicembre
scorso.
Lungo questo percorso i
bambini hanno vissuto mo-
menti unici, indimenticabili
e formativi. Attraverso
ricerche, interviste e foto
sono riusciti a fare un sal-
to nel passato e, da ricer-
catori attenti, hanno risco-
perto la cultura dei loro
avi, tesoro nascosto tra le
mura delle vecchie case,
tra le stradine nascoste
del centro storico e nella
memoria dei nonni.
Entusiasmante è stato per
loro riscoprire i valori di
quella semplice società
contadina, molto unita e
sensibile ai bisogni del
prossimo, capace di trova-
re nella fede il proprio
conforto e di riuscire a
vivere momenti di convivia-
lità, di condivisione, di gio-
ia nonostante le difficoltà,
le fatiche e i sacrifici quo-
tidiani: la famiglia era il
fulcro della vita e tutto
ruotava intorno ad essa.
Non mi resta ora che augu-
rarti buona lettura e buon
viaggio nel passato.
La mia città si chiama Ga-
latone e si trova in Puglia,
nel Salento. Oltre a esse-
re bella, la città è piena di
storia, di leggende e di
monumenti. Il suo centro
storico è carico di segni
della vita passata. Sono
ancora visibili le tracce del
passaggio dei nostri ante-
nati, del loro lavoro, di
quell'impegno e di quei
sacrifici che hanno con-
tribuito a renderla così
bella come la vediamo
oggi.
La mia città (parte prima)
La iscilia ti Natale
22 DICEMBRE 2017
Volume 1, Numero 1
SCRITTORI IN ERBA.2
Sommario:
La iscilia ti Natale
La mia città
1
La mia città (parte
II/III/IV)
2
La mia città (parte
V)
3
Allu Bambinieddhru
Filastrocche
3
Ricette 4
A cura degli alunni
delle classi II/III/
IV/V della Scuola
Primaria
IC GALATONE
POLO 2
Notizie di rilievo:
La iscilia ti Natale
La mia città
Testi poetici della tradi-
zione contadina
Ricette tradizionali
-
Galatone infatti un tempo aveva un
altro volto. Nei primi decenni del
1900, ad esempio, era molto piccola.
Le case erano concentrate quasi e-
sclusivamente nel centro storico ed
erano formate da una o due stanzet-
te, nelle quali vivevano anche fami-
glie numerose.
Per illuminare gli ambienti domestici,
venivano utilizzate delle lampade ad
olio o delle candele.
Gli arredi delle abitazioni erano ab-
bastanza semplici: un comò,uno o due
letti solitamente in ferro battuto,dei
quadri,una specchiera e un tavolo con
qualche sedia impagliata. La maggior
parte delle famiglie,non potendosi
permettere un armadio,riservava un
angolo della casa per appendere su
un filo di spago gli indumenti, i quali
erano nascosti da un lenzuolo. Il ca-
minetto veniva usato tutto l'anno per
cucinare, per bollire
l'acqua destinata al bu-
cato e per alimentare il
braciere durante la
stagione invernale.
Infatti , le botteghe iniziavano a
popolarsi di gente.
Percorrendo le vie del paese era fa-
cile incappare in mezzo a galline ed a
altri animali (pecorelle ,asini, cani e
gatti) e si potevano udire i rumori di
coloro che praticavano un mestiere.
Una delle botteghe più frequentate
era quella de " lu scarparu" insieme a
quelle di generi alimentari.
Le massaie iniziavano a lavorare e a
dedicarsi alle varie faccende dome-
stiche e a fare la spesa.
Per i possessori di carri e carretti
non poteva mancare una sosta al co-
siddetto "cconza trainu".
" Lu cistaru" svolgeva un lavoro mol-
to apprezzato da ogni famiglia.
Infatti, frutta, verdura, alimenti,
oggetti vari venivano riposti nei cesti
chiamati "panari" e non le buste di
plastica come invece avviene ai no-
stri giorni.
Pagina 2
La mia città (parte quarta)
SCRITTORI IN ERBA.2
La mia città (parte seconda)
La giornata lavorativa iniziava molto
presto. Prima ancora dell'alba i con-
tadini uscivano di casa per recarsi
nelle campagne mentre il fornaio era
già al lavoro da molte ore: doveva
preparare l'impasto del pane, il for-
no,la legna da ardere, gli strumenti
necessari al suo lavoro. Anche l'ad-
detto ai lampioni anticipava l'alba e
provvedeva a spegnere gli stoppini
che la sera prima aveva acceso. Que-
sto personaggio veniva chiamato
"lampiunaru".
Le persone lavoravano tutto il giorno
nei campi o nelle botteghe. Anche i
bambini lavoravano sin da piccoli e
pochi erano quelli che potevano stu-
diare.
Gli uomini erano abituati ad indossa-
re un cappello o un berretto, mentre
le donne si coprivano il capo con un
grande fazzoletto chiamato
"muccaturu".
La mia città (parte terza)
-
Nella bottega del tessutaio non
mancavano mai le donne le quali pra-
ticavano, all'interno delle loro case,
taglio e cucito, oltre al tombolo, ri-
camo ecc..
Tutte le persone vivevano in sempli-
cità facendo fronte, quotidianamen-
te, alle ristrettezze economiche e
talvolta, a vere e proprie situazioni
di indigenza.
Tuttavia, erano forti il senso dell'o-
nore, la dignità di ciascun individuo, i
valori di ogni famiglia i quali traspa-
rivano dai gesti, dalle tradizioni, dal-
le usanze.
Oggi siamo noi i depositari di quei
valori, custodi della città, della sua
bellezza e siamo parte
della sua identità.
Tu si’ natu pi ll'A-
more,
Bambinieddhru
rrubba core.
Ha rrubbatu lu
core mia
Bambinieddhru,
beddhru mia!
Allu bambinieddhru
Bambinieddhru mia ti core,
sta begnu cu ti ticu to parole:
cu nni tici alla mamma mia
cu nu mi tescia cchiui mazzate
ca l’ussiceddhe mia stonu totte spricu-
late.
Bambinieddhru nzuccaratu,
timme Te pircè si natu.
Maria lavava,
Giuseppe spandìa,
Ninellu chiangìa.
Cittu, Ninellu,
ca mo egnu e ti pigghiu,
ti cantu la nanna
e ti
mentu a
durmì.
Pettule e pittuluni
una cacci e una puni.
Ni ndi tò una a llu cane
cu mi sona li campane.
Ni ndi tò una a lla muscia
cu mi rampa e cu mi luscia.
Volume 1, Numero 1
Filastrocche
La mia città (parte quinta)
TESTI POETICI DELLA TRADIZIONE CONTADINA
Pagina 3
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I DOLCI TIPICI DI NATALE DEI NOSTRI ANTENATI
La cultura contadina dei nostri antenati ci ha lasciato in eredità delle ricette semplici per realizzare dolci natalizi veramente
squisiti. Tra questi ricordiamo li purciddhuzzi, le cartiddhate e le pitteddhe.
Lunedì, 11 dicembre, noi li abbiamo realizzati a scuola con l’aiuto dei ragazzi dell’Istituto Alberghiero “Moccia” di Nardò. E’
stato divertentissimo impastare, stendere, tagliare e poi successivamente gustare queste delizie del palato.
PURCIDDHUZZI E CARTIDDHATE
Per realizzare questi due dolci tipici di Natale, si inizia tradi-
zionalmente di S. Lucia o, al più, dell’ Immacolata.
Ingredienti:
500 g di farina 00
100 g di olio extravergine di oliva
lievito di birra
100 g di vino bianco
Un pizzico di sale
Olio per friggere
Miele
Pinoli
Confettini
Codette colorate
Preparazione dell’impasto
Versare la farina sulla spianatoia, unire l’ olio, il vino, il lievito
e il sale. Impastare per bene tutto fino ad ottenere un panet-
to bello liscio e poi lasciarlo riposare per qualche ora al caldo.
Dividerlo poi in due parti: una per le “cartiddhate” e l’altra per i “purciddhuzzi”.
Realizzazione delle cartiddhate
Stendere la sfoglia sottile e con una rotella dentata tagliare delle strisce di pasta larghe 3-4 cm e lunghe 20 cm.
Ogni 2 cm pizzicare la striscia di pasta per incollarne i lembi; poi arrotolarla fino a formare un rosone che si farà friggere in
olio di oliva bollente.. Una volta scolate ed asciugate dell’olio in eccesso si ricoprono di miele fatto sciogliere sul fuoco, pinoli,
confettini e codette colorate.
Realizzazione dei purciddhuzzi
Con la parte restante dell’impasto formare dei rotolini del diametro di 1 cm circa e tagliare con un coltello in piccoli tocchetti
lunghi 1 cm.
Friggerli poi in abbondante olio fino a doratura, girandoli con delicatezza. Una volta fritti, porli su carta assorbente.
Sciogliere il miele in una padella a fuoco basso e poi unirvi i “purciddhuzzi” mescolando molto delicatamente, in modo da far
attaccare il miele da entrambi i lati.
Disporli poi su di un vassoio e decorarli con pinoli, confettini e codette colorate.
PITTEDDHE
Ingredienti
½ Kg di farina 00
120 g di olio extravergine d’oliva
Buccia di un limone finemente grattugiata
Sale(un pizzico)
Mostarda d’uva q.b.
Preparazione delle pitteddhe
Mettere insieme in un contenitore la farina, l’olio d’oliva, il sale, la buccia di limone tritata e mescolare a lungo fino ad ottenere un impasto
liscio ed elastico; aggiungere un po’ d’acqua solose necessario.
Lasciare riposare l’impasto al caldo per mezz’ora coperto da un canovaccio e poi stenderlo su unpiano da lavoro con il mattarello allo spes-
sore di circa due millimetri; aiutandosi con una tazzina da caffè o con una fustella ricavare dei dischi (cerchi dal diametro di circa 9 cm) di
pasta e porre al centro di essi un solo cucchiaino di marmellata d’uva senza eccedere per evitare che fuoriesca in cottura.
Lavorando con le dita sollevare la pasta e pizzicarla in più punti per formare il bordo a stella che consente di evitare la fuoriuscita della
marmellata e conferisce la forma tipica al dolce.
Cuocere le pitteddhe così ottenute in forno a 180° finchè la pasta non è dorata e leggermente croccante (per circa mezz’ora).
Le nostre bisnonne, una volta che le pitteddhe si raffreddavano, le conservavano nella dispensa della cucina nelle classiche
“capaseddhe” (contenitori in terracotta)
NOI AL LAVORO