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www.giaarcix.it - © Giacomo Arcidiaco LE ORIGINI DELLA FAMIGLIA BRUNETTI I Brunetti erano una famiglia di riguardo verso la quale, raccontano, si nutrivano sentimenti di ammirazione e quasi di soggezione. Anna Brunetti, che i nipoti chiamavano "nonna Annetta", era nata a Monopoli nel 1858, ed era figlia del Dottor Giorgio Brunetti di Monopoli e di Rosa D’Amore di Alberobello, cugini tra loro perché figli di due sorelle. Era la nonna paterna di mia nonna Anna Aulenta, che prese il nome da lei. Aveva tre fratelli: Francesco, nato il 18 febbraio 1850, che sposò Lucia Indiveri, Giovanni, nato il 25 settembre 1847, che sposò Rosa Pirelli, e Vito, di cui non è nota la data di nascita, che sposò Lucrezia Insanguine. Le prime ricerche su questa famiglia furono svolte negli anni '50 e '60 del Novecento, da un nipote di Francesco Brunetti (fratello di Annetta). L'opera fu poi ripresa da suo figlio ed ampliata tra il 2012 ed il 2013 presso l'archivio unico diocesano di Monopoli, che conserva i registri delle cinque antiche parrocchie di Monopoli: Cattedrale, Santa Maria Amalfitana, San Pietro, San Salvatore e San Michele Arcangelo. Alcune tracce delle famiglie Brunetti e Brunetto compaiono già nei cosiddetti capitoli del reggimento di Monopoli stesi dagli spagnoli fra il 1559 ed il 1627, in cui sono riportati più volte i nomi dei sindaci e dei decurioni sia di parte nobile sia di parte popolare. In data 6 aprile 1583, in particolare, la famiglia Brunetto viene citata nella “lista familiarum nobilium civitatis Monopolis, per alphabetum approbata et subscripta per magnificos deputatos eorum propriis manibus ut in actis”., mentre la famiglia Brunetti compare nella “lista familiarum civium de populo civitatis Monopolis, per alphabetum, approbata et subscripta per dictos magnificos deputatos, eorum propriis manibus, ut in actis, videlicet1 . Il più antico Brunetti a noi imparentato si chiamava Antonio ed era nato nella seconda metà del Cinquecento. Suo figlio Francesco Paolo, sposato con Giustina Petrone, nacque verso il 1591. Nel Catasto di Monopoli del 1627 egli, indicato come "forese" (contadino), è citato insieme alla moglie ed alla prima figlia Angilella di un anno. Nel 1 Da “Monopoli nel suo passato”, Graficheschena Spa, Fasano, gennaio 1992, pagg. 232-234 di Marco Lanera. Le famiglie di parte nobile sono: Affatatis, Acconciaioco, Arpona, Bove, Borassa, Barbara, Bandino, Brunetto , Burro, Carituso, Cazzani, Cardolis, Caiassi, Cubelli Dr. Fran(cis)co, Chiàntera, Falgheri, Falconi, Farri, Gerunda, Guida, Giordano, Galderisi, Indelli, Manfredi, Marzati, Mazzalorsa, Morano, Mariano, Manfredi delli dottori Fr. Antonio e Felice, Mastro Iodice, Marzolla, Marraffa, Palmieri, Preconio, Prato, Patritio, Pistoia, Passariello, Pedone, Pisano Dr. Cesare, Ratta, Romanelli, Rendella, Risi, Romanazzo, Sforza, Sandalaro, Secondo, Scaglione, Spina, Santipolito, Tàveri, Tarsia, Turco, Valente Dr. Giulio Cesare. Le famiglie di parte popolare sono: Attanasio, Alessio, Andreana, Aversa, Acquaviva, Bandini, Bello Pede, Binati, Baro, Brunetti , Buschis, Calafato, Chiàntera, Cubelli, Cassaro, Caìassa, Carbonara, Casciotta, Cazzorla, Clìanes, Cirullo, Esperti, Ficolla, Fera, Fiorentino, Garzaniti, Gatti, Goscia, Gambini, Lago, Marraffa, Manfredi, Mizzi, Maurello, Massari, Mileti, Mariano, Mantia, Manso, Mayzza, Morliani, Morroni, Novara, Nuce, Nìtìo, Orlando, Palma, Pizzaglia, Parisi, Pisani, Pupini, Pirani, Riccio, Romanazzo, Russis, Rizzitelli, Rubo, Stasio, Senga, Savio, Spennati, Staso, Santipolito, Secondo, Tàveri, Troylo, Venere, Valente di Nr. Giov. Antonio, Venetiani, Zara. Francesco Brunetti, fratello di Anna, con la moglie Lucia Indivieri, nei primi anni del Novecento La nonna Annetta Brunetti, mamma del mio bisnonno Filippo Aulenta, nei primi anni del Novecento w w w . g i a a r c i x . i t

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LE ORIGINI DELLA FAMIGLIA BRUNETTI

I Brunetti erano una famiglia di riguardo verso la quale,

raccontano, si nutrivano sentimenti di ammirazione e quasi di

soggezione.

Anna Brunetti, che i nipoti chiamavano "nonna Annetta", era nata

a Monopoli nel 1858, ed era figlia del Dottor Giorgio Brunetti di

Monopoli e di Rosa D’Amore di Alberobello, cugini tra loro

perché figli di due sorelle. Era la nonna paterna di mia nonna Anna

Aulenta, che prese il nome da lei.

Aveva tre fratelli: Francesco, nato il 18 febbraio 1850, che sposò

Lucia Indiveri, Giovanni, nato il 25 settembre 1847, che sposò

Rosa Pirelli, e Vito, di cui non è nota la data di nascita, che sposò

Lucrezia Insanguine.

Le prime ricerche su questa famiglia furono svolte negli anni '50 e

'60 del Novecento, da un nipote di Francesco Brunetti (fratello di

Annetta).

L'opera fu poi ripresa da suo figlio ed ampliata tra il 2012 ed il

2013 presso l'archivio unico diocesano di Monopoli, che conserva

i registri delle cinque antiche parrocchie di Monopoli: Cattedrale,

Santa Maria Amalfitana, San Pietro, San Salvatore e San Michele

Arcangelo.

Alcune tracce delle famiglie Brunetti e Brunetto compaiono già

nei cosiddetti capitoli del reggimento di Monopoli stesi dagli

spagnoli fra il 1559 ed il 1627, in cui sono riportati più volte i nomi dei sindaci e dei decurioni sia di parte

nobile sia di parte popolare. In data 6 aprile 1583, in particolare, la famiglia Brunetto viene citata nella “lista

familiarum nobilium civitatis

Monopolis, per alphabetum approbata

et subscripta per magnificos deputatos

eorum propriis manibus ut in actis”.,

mentre la famiglia Brunetti compare

nella “lista familiarum civium de populo

civitatis Monopolis, per alphabetum,

approbata et subscripta per dictos

magnificos deputatos, eorum propriis

manibus, ut in actis, videlicet”1.

Il più antico Brunetti a noi imparentato

si chiamava Antonio ed era nato nella

seconda metà del Cinquecento.

Suo figlio Francesco Paolo, sposato con

Giustina Petrone, nacque verso il 1591.

Nel Catasto di Monopoli del 1627 egli,

indicato come "forese" (contadino), è

citato insieme alla moglie ed alla prima

figlia Angilella di un anno. Nel

1 Da “Monopoli nel suo passato”, Graficheschena Spa, Fasano, gennaio 1992, pagg. 232-234 di Marco Lanera.

Le famiglie di parte nobile sono: Affatatis, Acconciaioco, Arpona, Bove, Borassa, Barbara, Bandino, Brunetto, Burro, Carituso, Cazzani,

Cardolis, Caiassi, Cubelli Dr. Fran(cis)co, Chiàntera, Falgheri, Falconi, Farri, Gerunda, Guida, Giordano, Galderisi, Indelli, Manfredi, Marzati,

Mazzalorsa, Morano, Mariano, Manfredi delli dottori Fr. Antonio e Felice, Mastro Iodice, Marzolla, Marraffa, Palmieri, Preconio, Prato, Patritio,

Pistoia, Passariello, Pedone, Pisano Dr. Cesare, Ratta, Romanelli, Rendella, Risi, Romanazzo, Sforza, Sandalaro, Secondo, Scaglione, Spina,

Santipolito, Tàveri, Tarsia, Turco, Valente Dr. Giulio Cesare.

Le famiglie di parte popolare sono: Attanasio, Alessio, Andreana, Aversa, Acquaviva, Bandini, Bello Pede, Binati, Baro, Brunetti, Buschis,

Calafato, Chiàntera, Cubelli, Cassaro, Caìassa, Carbonara, Casciotta, Cazzorla, Clìanes, Cirullo, Esperti, Ficolla, Fera, Fiorentino, Garzaniti,

Gatti, Goscia, Gambini, Lago, Marraffa, Manfredi, Mizzi, Maurello, Massari, Mileti, Mariano, Mantia, Manso, Mayzza, Morliani, Morroni,

Novara, Nuce, Nìtìo, Orlando, Palma, Pizzaglia, Parisi, Pisani, Pupini, Pirani, Riccio, Romanazzo, Russis, Rizzitelli, Rubo, Stasio, Senga, Savio,

Spennati, Staso, Santipolito, Secondo, Tàveri, Troylo, Venere, Valente di Nr. Giov. Antonio, Venetiani, Zara.

Francesco Brunetti, fratello di Anna, con

la moglie Lucia Indivieri, nei primi anni del Novecento

La nonna Annetta Brunetti, mamma del

mio bisnonno Filippo Aulenta, nei primi

anni del Novecento

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successivo Catasto del 1660, essendo vedovo, risulta invece vivere da solo:

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La famiglia di Francesco Paolo Brunetti (o Brunetto) nel Catasto di Monopoli del 1627

Archivio unico diocesano di Monopoli

Giovanni Bernardino Brunetti, figlio di Francesco Paolo e di Giustina Petrone, nacque verso il 1632 e sposò

nel 1653 Lucrezia Montenegro. Dalla coppia nacquero:

Giustina: aveva 6 anni nel catasto del 1660 (era quindi nata intorno all'anno 1654) e sposò nel

1671 Onofrio Saladino.

Francesco Paolo Onofrio, nato il 23 febbraio 1660.

Domenico Oronzo, nato il 23 settembre 1665, sposò nel 1687 Orsola de Valeriis e, rimasto

vedovo sposò Grazia Ostuni.

Beatrice: nata il 17 settembre 1667.

Paolo: nato il 21 luglio 1669.

Domenico Luciano: nato il 30 ottobre 1673.

Suo nipote Giovanni Bernardino Brunetti, figlio di Domenico Oronzo Brunetti e di Grazia Ostuni, sposò

invece nel 1717 Giulia Nistrio ed ebbe i seguenti figli:

Grazia Maria, nata il 12 marzo 1718

Domenico Oronzo, nato l'1 marzo 1720, divenne sacerdote

Grazia Maria, nata l'8 aprile 1723

Petrella Maria, nata il 18 dicembre 1725

Giovanni Tommaso, nato il 16 ottobre 1728, sposa nel 1766 Rosa Tarantino

Paola Nicola, nata il 13 settembre 1731

Lucrezia Maria, nato il 7 dicembre 1734

Vito Nicola, nato l'11 gennaio 1738

Crescenza Vincenza, nata il 26 ottobre 1740

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Nel Catasto Onciario di Monopoli del 1754, conservato all’Archivio di Stato di Bari, troviamo i dati relativi

ai fratelli Giovanni, Vito e Domenico Brunetti, figli dei suddetti Giovanni Bernardino e Giulia Nistrio:

Catasto Onciario di Monopoli del 1754

famiglia di Giovanni, Vito e Domenico Brunetti

Come si legge in questo documento, i due fratelli Giovanni Brunetti e Vito Nicola vivevano nella casa di

proprietà del terzo fratello, Reverendo Domenico Brunetti, posta vicino alla Cattedrale.

I documenti indicano inoltre che Giovanni possedeva sei buoi, due vitelli, e due giumente più due campi di

ulivi, ed in totale pagava in tasse una somma di sessantasei once. Sia lui che suo fratello Vito Nicola erano

braccianti di professione ed i registri della Cattedrale di Monopoli ci dicono che entrambi i loro genitori

erano morti undici anni prima, rispettivamente nel febbraio e nell'agosto del 1743.

Mentre non si conosce nulla del destino dei fratelli Vito Nicola e del Reverendo Domenico, sappiamo che

nel 1766, nella Parrocchia di Santa Maria Amalfitana di Monopoli, Giovanni Brunetti sposò Rosa Tarantino,

figlia di Pietro e di Maria Formica:

Atto di matrimonio tra Giovanni Brunetti e Rosa Tarantino

Parrocchia di Santa Maria Amalfitana di Monopoli, 17 settembre 1766

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In una sorta di “stato di famiglia” di Giovan Berardino Brunetti, figlio di Giovanni e Rosa Tarantino, redatto

nel Novecento da Giorgio Cito di Alberobello, studioso di storia locale, si legge:

Gianberardino Brunetti, di professione legale, nato a Monopoli il 20 ottobre 1773, morto a Monopoli, figlio

di Gianvito Brunetti e di Rosa Tarantino.

Sposa ad Alberobello il 5 maggio 1804 Donna Irene Maria Giuseppa Cito, nata ad Alberobello il 18 maggio

1784, figlia di Dottor Fisico Giorgio Felice Cito e di Anna Rosa Perrini, morta a Monopoli.

Dalla coppia nacquero i seguenti figli:

Giovanni Giuseppe Domenico Matteo, nato a Monopoli il 23 febbraio 1806 – fu sacerdote in Monopoli.

Rosa Maria Felice, nata a Monopoli il 15 dicembre 1807 – sposò un certo Perugini da Roma, dove andò

a dimorare.

Anna Maria Domenica, nata a Monopoli l’11 marzo 1810 – sposò il cugino Vito Angiulli da Noci, la

loro figlia Irene, sposò in Napoli il Princ. Francesco Capece Tomacelli Filomarino.

Giorgio Andrea Oronzo, nato a Monopoli il 21 settembre 1812 – sposò la cugina Anna Rosa D’Amore

il 4 maggio 1842.

Giulia, nata a Monopoli, morì ad Alberobello il 18 dicembre 1839, nubile, a 19 anni.

Un’altra nota interessante su Giovanni Berardino Brunetti: in alcuni degli atti di nascita dei suoi figli si trova

trascritta la sua professione, che, oltre che “possidente”, “proprietario”, e “negoziante”, risulta essere nel

18182, anche “vice console austriaco”.

Giovanni Berardino ricoprì tale carica (anche se non sappiamo se continuativamente) tra il 1817 ed il 1825

come confermato da due note ufficiali riportate in una copia del "Privilegiato Messaggero Tirolese" del 1817

e nell'"Almanacco Imperiale Reale per le province del Regno Lombardo-Veneto" del 1825.

Atto di battesimo di Giovanni Bernardino Brunetti, figlio di Giovanni e di Rosa Tarantino

Parrocchia di Santa Maria Amalfitana di Monopoli, 20 ottobre 1773

Atto di battesimo di Maria Teresa Brunetti, figlia di Giovanni e di Rosa Tarantino

Parrocchia di Santa Maria Amalfitana di Monopoli, 20 gennaio 1771

2 Cfr i seguenti documenti: 1) atto di nascita di Maria Chiara Brunetti, 6 marzo 1818, Stato Civile del Comune di Monopoli, Archivio di Stato di

Trani (BA); 2) foglio Ufficiale del Privilegiato Messaggero Tirolese dell'11 aprile 1817; 3) Almanacco Imperiale Reale per le province del Regno

Lombardo-Veneto soggette al Governo di Milano per l'anno 1825, pag. 216 (sez. RR. Consoli Gen., Cons., Vicecons. ed agenti negli Stati Esteri).

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Particolare di un estratto del Foglio Ufficiale del Privilegiato Messaggero Tirolese dell'11 aprile 1817

nel quale Gio. Bernardo Brunetti di Monopoli viene nominato viceconsole austriaco nel Regno di Napoli

Estratto dell'"Almanacco Imperiale Reale per le province del Regno Lombardo-Veneto soggette al Governo di Milano per l'anno

1825", pag. 216 (sez. RR. Consoli Gen., Cons., Vicecons. ed agenti negli Stati Esteri)

nel quale Gio. Bernardo Brunetti di Monopoli viene nominato viceconsole austriaco nel Regno di Napoli

Nei documenti dell’epoca leggiamo inoltre l’appellativo “Gentildonna” dato ad Irene Cito, moglie di

Giovanni Berardino Brunetti: questo appellativo merita approfondimenti, poiché non capitava mai che si

assegnasse ad una donna la qualifica di “Gentildonna” se essa non era nobile.

***

Giorgio Brunetti, figlio di Giovanni Berardino e di Rosa Tarantino, aveva seguito negli studi le orme del

nonno materno Giorgio Cito, di cui portava anche il nome, e del padre di quest’ultimo Giuseppe Cito, che a

tra Settecento ed Ottocento furono medici ad Alberobello.

Giorgio è citato nel "notamento degli abbonati" del volume "Elementi di chimica filosofico-sperimentale

compilati dal farmacista ed istruttore privato di chimica Domenico Mamone Capria" (Napoli, 1841, pag.

377), nel quale egli è indicato come "associato per II copie":

Estratto da "Elementi di chimica filosofico-sperimentale compilati dal farmacista ed istruttore privato di

chimica Domenico Mamone Capria", Napoli 1841, pag. 377 ("Notamento degli abbonati")

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Giorgio si trasferì verso gli anni ’30 dell’Ottocento ad Alberobello, paese natale di sua madre, dove nel 1842

sposò Rosa D’Amore, sua cugina di primo grado, figlia di una sorella di sua madre.

Rosa D’Amore, nata ad Alberobello nel 1816 da Francesco D’Amore (1772-1839) e Giovanna Cito (1784-

1854), apparteneva alla ricca e famiglia D’Amore di cui si tratterà nel seguito.

Trasferitisi a Monopoli dopo il matrimonio, Giorgio e Rosa due ebbero quattro figli tra cui Anna, mamma

del mio bisnonno Filippo Aulenta.

Dopo il matrimonio Giorgio svolse la professione di medico per altri quarant’anni, prima di morire nel 1882

a Monopoli, in via Umberto al numero 3.

Rosa morì invece nel 1897 in via Amalfitana al numero 2, nei pressi della casa della figlia Anna (che viveva

al numero 4).

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GIORGIO CITO (Locorotondo, 9 gennaio 1758 – Alberobello, 19 dicembre 1834)

I Cito appartenevano ad una facoltosa famiglia di Locorotondo dalla quale discendeva, per parte di entrambe

le nonne, Anna Brunetti (1858-1916), mamma del mio bisnonno Filippo Aulenta.

Irene (1784-1868) e Giovanna Cito (1784-1854), rispettivamente nonna paterna e nonna materna di Anna,

erano gemelle, ed erano nate a Locorotondo dal Dottor Fisico Giorgio Cito (1758-1834) e da Rosa Perrini

(1752-1827).

Irene e Giovanna appartenevano ad una delle poche famiglie agiate del paese, che a quell’epoca contava

circa duemila abitanti, per la maggior parte braccianti e contadini.

Il padre Giorgio ed il nonno paterno Giuseppe Cito erano medici di professione; il nonno materno Sante

Perrini era un farmacista. La nonna paterna Giovanna Matarrese era unica erede dell’immenso patrimonio

del proprietario terriero Don Leonardantonio Matarrese del quale si può avere un’idea leggendo gli atti

notarili riportati nel seguito. Lo zio Donato Antonio Perrini era notaio (nacque nel 1763 e rogò in

Alberobello a partire dal 1793 fino al 1848, anno in cui morì).

Stando a quanto si tramanda, infine, gli antenati di Giorgio discendevano direttamente dai Cito che nel

Quattrocento furono feudatari dei paesi di Presicce, San Lazzaro e Salvo, in provincia di Lecce.

3

Giorgio aveva tre fratelli maggiori ed un fratello minore: i primi due fratelli, entrambi sacerdoti, si

chiamavano Sante (come il nonno, nato verso il 1748) e Giacomo (1756-1817). Il terzo fratello si chiamava

Leonardantonio, mentre il quarto, più piccolo, si chiamava Francesco (1775-1860) ed era di professione

dottore in legge.

Un altro fratello (non sappiamo se fosse più grande o più piccolo) si chiamava Giuseppe Maria ed era un

frate Domenicano, ed una sorella, monaca, si chiamava Maria Costanza.

Di Giacomo Cito, battezzato a Locorotondo il 23 febbraio 1756, si conserva all’Archivio Diocesano di

Conversano l’intero curriculum ecclesiastico datato 1776-1780 relativo alla sua Sacra Ordinazione.

3 Ritratto fattomi avere nel 2004 da Giorgio Felice Cito (1934-2005) di Alberobello, bibliotecario e studioso di storia Alberobellese, discendente dal

secondo matrimonio del mio avo Giorgio Cito, suo omonimo. Secondo quanto mi raccontò si tratta della copia di una stampa in cui il mio avo fu

raffigurato in occasione di una sua testimonianza ad un processo.

Il Dottor Fisico Don

Giorgio Felice Cito, Sindaco di

Alberobello3

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Di Francesco, battezzato a Locorotondo il 13 febbraio 1775 e morto ad Alberobello il 3 dicembre 1860,

sappiamo che sposò Anna De Bellis e che fu sindaco di Alberobello dal 1° luglio 1808 al 30 aprile 1809.

All’inizio dell’Ottocento Giorgio, Giacomo e Francesco vivevano ad Alberobello nella Strada San Damiano

mentre Sante, Giuseppe Maria e Leonardantonio vivevano presumibilmente a Locorotondo.

Questo è l’albero genealogico della loro famiglia dai primi del Settecento alla metà del secolo successivo:

Mastro Sante Cito della Terra di Locorotondo sposa Vittoria Basta Magnifico Don Giuseppe Sacerdote Don Sante

di professione dottor fisico Nato a Locorotondo verso il 1719, sposa nel 1747 la Magnifica Giovanna

Maria Matarrese (1732-1814) figlia del Magnifico Leonardantonio Matarrese e della Magnifica Leonarda Greco. Muore ad Alberobello nel 1790.

Magnifico Don Giorgio Dottor Leonard’Antonio di professione dottor fisico Nato a Locorotondo nel 1758, morto ad Alberobello nel 1834. Sposa ad Alberobello nel 1780 la Magnifica Donna Anna Rosa Perrini (1752-1727) figlia del farmacista Don Sante Perrini e di Anna De Leonardis, sorella del notaio Donato Antonio Perrini. Dalla coppia nascono nove figlie femmine.

Rimasto vedovo sposa nel 1830 la ventiduenne Vita Laura D’Onchia da cui nascono due figli maschi.

Giovanna nata intorno al 1799 sposa ad Alberobello nel 1821 Francesco Paolo Perrini, "civile"

Giovanna Maria 1781 morta infante Anna 1782-1842 Giovanna 1784-1854 Irene 1784-1868 Vittoria Maria 1781 morta infante sposa in prime nozze il Dottor Fisico sposa il Legale Don Francesco D’Amore sposa Don Berardino Brunetti Angela 1783 morta infante Don Giovanni Agrusti ed in seconde nozze il di Nicola D’Amore e Candida Paulillo di Giovanni e di Rosa Tarantino Dottor Fisico Don Giorgio Ruggieri e si trasferisce a Monopoli Niccolò 1807-1835 Marianna 1824-1894 Candida 1811 Giorgio 1822-1898 Anna Rosa D’Amore Giorgio Brunetti Giorgio Felice 1809-1820 (morta nubile) sposa Luca Morelli sposa Cristina Capitanio gentildonna, 1816-1897 Dottor fisico, 1812-1882 Gaetano 1819-1822

Giovanni 1847 Francesco 1850 ~ 1935 sposa Rosa Pirelli sposa Lucia Indiveri 1850-1912

Francesca Maria Anna Elvira ? sposata in Nutricati

Giorgio Celestina Gaetano 1879-1946 Addolorata Maria Giovanni 1878-1969 Vito Maria Rosa 1875-1955

sposa Argentina Morelli sposa Aida Noia sposa Pietro Oliveri sposa Domenico Puteo sposa Ada Raggi sposa Giuseppe Simini Carlo Francesco 1915 Tonina Paolo Francesco Vito 1904-1968 Lucia 1917 Paolo Francesco Gianni Cornelia 1906-1989 Raffaello 1920 Lucia Lucia Francesco 1908-1929 Giovanni 1922 Maria Dora Giovanni 1911-1986 Loris 1924 Angelo 1915-1982 Salvatore 1929

Amaliarosa 1934

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Pasquale nato verso il 1726, morto giovane

Don Francesco Paolo Sacerdote Don Sante, nato verso il 1748

Nato a Locorotondo nel 1775, morto ad Alberobello nel 1860 Sacerdote Don Giacomo (1756-1817) di professione Dottore in Legge, sposa la Magnifica Donna Anna Frate Domenicano Giuseppe Maria

De Bellis di Monopoli Monaca Suor Maria Costanza

Ignazio Maria Felice Carolina Lorenza Rosa di professione sarto nata intorno al 1805 1809 - 1848 nata intorno al 1812 nata intorno al 1814 1800 circa - 1860 sposa ad Alberobello nel 1842 sposa ad Alberobello nel 1827 sposa ad Alberobello nel 1831 sposa ad Alberobello nel 1838 sposa ad Alberobello nel 1842 Leonardantonio Zaccaria, contadino il farmacista Vito Antonio Zaccaria Girolamo Casavola, "civile" Tommaso Ivona, "proprietario" Rosa Pantaleo di Putignano

Angela 1787-1841 Leonarda 1790 Rachele 1794 Giuseppe 1831-1848 Sante 1834 sposa ad Alberobello nel 1818 sposa ad Alberobello nel 1817 sposa l’avvocato sposa ad Alberbello nel 1855 il legale Don Vito Andrea Turi il Dottor Fisico Giorgio Pezzolla Vito Luigi Angiulli Maria Nicola Bernardi

Giovanni 1806 Rosa Maria 1807 Anna Maria Giulia 1820-1839 Giorgio 1857-1857 sacerdote sposa ? Perugini sposa Vito Angiulli Maria Francesca 1858-1858 Giorgio 1859-1861 Maria Francesca 1865-1867 Giorgio Vito Anna Addolorata 1858-1916 sposa Lucrezia Insanguine sposa a Monopoli nel 1876 Vito Antonio Aulenta 1850-1885

Fannì Rosa Raffaella 1877-1945 Rosina 1879 Filippo 1881-1970 Giorgio 1884-1959 sposa Nicola Mucciaccia sposa Alfonso Mingioli sposa Gaetana Crucitti sposa Ida Manni

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Il 28 gennaio 1747, nella Parrocchia di San Cosma e Damiano di Alberobello, fu celebrato il matrimonio tra

il Magnifico Dottor Fisico Giuseppe Cito e la Magnifica Giovanna Maria Matarrese:

Atto di matrimonio tra il Magnifico Dottor Fisico Giuseppe Cito della Terra di Locorotondo e la Magnifica Giovanna Maria

Matarrese – Alberobello, 28 gennaio 1747, libro dei Matrimoni della Parrocchia di San Cosma e Damiano 1693-1768

Un anno prima, il 3 gennaio 1746, il notaio De Onghia di Noci aveva rogato i capitoli matrimoniali che

sancivano l’ammontare della dote promessa agli sposi.

A tale atto erano comparsi il padre dello sposo, Mastro Sante Cito (qui indicato come “Citi”), lo zio materno

Reverendo Don Giuseppe Basta, il padre della sposa Leonardantonio Matarrese ed il fratello di quest’ultimo

Reverendo Don Nicola Matarrese4.

E’ interessante leggere che il padre dello sposo si impegnava a fornire al figlio, tra gli altri oggetti di uso

comune e di vestiario, anche “quell'abiti, oro, e spese, che converranno alla condizione di professore di

medicina”, e che lo zio Reverendo Don Giuseppe Basta lo istituiva addirittura come suo erede universale:

Die tertia M.is Januarii none Ind.e Millesimo septingentes.mo quadrages.mo sexto in Villa Arborisbelle.

Provincie Baris Regnante.

Personalmente costituiti davanti di noi M.ro Santo Citi della T.ra dello Luogorotondo; nec non il R.do D.

Giuseppe Basta della medesima a noi ben noti; consentendo esso D. Basta p.ma in noi renunziando al suo

foro in quest'atto tantum; agentino ed intervendono alle cose infrascritte per loro, loro eredi e successori;

da una parte. E Leonardo Ant.o Matarrese di d.ta Villa nec non D. Nicola Matarrese della medesima a noi

[ben noti]; consentendo esso D. Nicola prima in noi renunziando al suo foro in questo atto tantum;

agentino ed intervendono alle cose infrascritte per loro, loro eredi e successori; dall'altra parte.

Esse parti sponte nella presenza nostra fanno l'infrascritti capitoli matrimoniali che sono del tenore

seguente.

4 Atti notarili di Noci, not. P.G. De Onghia, sk. 30, prot. a. 1749, 3r.-5r.

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Capitoli matrimoniali, patti, condizioni, initi, trattati, conchiusi e firmati tra li sud.i M.ro Santo Citi, D.

Giuseppe Basta e Leonardo Ant.o e D. Nicola Matarrese per il matrimonio da contraersi per verba de

futuro, secondo [quanto] comanda la Santa R. Chiesa, e q.sto secondo l'uso di d.ta Villa dove si vive,

secondo il Jus Longobardorum, il quale esse parti promettono osservare; tra il D.r Fisico Signor Giuseppe

Basta, dico Cito, figlio leg. e nat. del sud. M.ro Santo e Vittoria Basta, e nipote ex parte matris del sud. D.

Gius.e Basta, e la sig.a Gio. Maria figlia leg. e nat. del sud.o Leonardo Ant.o e Leonarda Greco e nipote ex

parte patris del sud.o D. Nicola Matarrese, a contemplazione del quale matrimonio si assegna in dote et

dotis n. l'infrascritti beni, cont., stabili che sono del tenore seguente:

In primis una lettiera nuova con le tavole di apeto con tristelli di fago; due matarazzi nuovi, uno vacuo

e l'altro pieno di lana; otto coscini, cioè quattro piccoli e quattro grandi pieni di lana; otto coscini cioè le

facie quattro piccoli e quattro grandi, due grandi e due piccoli di orletto con pezzilli, due grandi e due

piccoli anche di orletto senza pezzilli; otto lanzuoli cioè uno di orletto con pezzilli uno di cambra

[cambrai] con pezzilli, due di tela bianca e quattro di tela di Bari nuovi; una coverta di tela ponta nova di

color verde con frangie attorno nuova; una cultra di bombace [bambagina] nuova di Nardò bianca; una

coverta sfioccata verde di lana e due coverte nuove di lana bianca; otto cambisce [camicie] cioè quattro

con maniche di orletto con pezzilli e quattro con maniche di combra anche con pezzilli e due per ogni

giorno di tela di casa; otto avantisini cioè quattro di orletto con pezzilli e quattro di combra senza pezzilli e

due di tela di casa per ogni giorno; otto giupponi cioè uno di ventiliccio, un altro di stamina in lana rigato,

un altro di saia scarlattina, un altro di damasco nero, due di scottino e due di cotone bianco; otto gonne

cioè una di durante rigato, una di stamina in lana anche rigato, due di scottino, due di saia e due di

cottone bianco; otto tovagliole di bombace ad acino di pepe; otto tovaglie per la tavola anche ad acino di

pepe di bombace; un mordile di orletto con pezzillo ed un altro di tela bianca con vezzigli; una crocetta

d'oro per la canna; un anello d'oro ricoverto con pietre torchine; un paio di scioccaglie [orecchini] d'oro;

un baulo; libbre quindeci di rama nuova per caldara e [?]; le li promettono in dote et dotis nomine dal

sud.o Leonardo Ant.o docati mille cioè docati trecento cinquanta nel giorno dell'affido, che sarà a Dio

piacendo, nel mese di Gennaro 1747, e li restanti docati seicentocinquanta sborsarli doppo saranno

passati e scorsi anni due doppo l'affido, senza interesse alcuno qua sis.

Di più le li promettono anche dotis nomine altri docati duecento doppo la morte di d.o Leonardo Ant.o

padre e dotante ut supra, quali dovranno impiegarsi secondo il loro rispettivo tempo in tanti beni stabili

con l'intervento di esso dotante, con farsi d'ambe le parti le dovute diligenze, acciò riesca sicuro l'impiego.

Con patto espresso che li d.i futuri sposi debbano renunziare a favore di esso dotante suoi eredi e

successori tutte le pretenzioni che potessero avere tanto per legittima paterna quanto materna ed ad ogni

altra causa che quomodo cumque et qualiter cumque li potrebbero spettare e fare tal renunzia come sopra,

esso M.ro Santo s'obbliga in bonis propriis stante l'assenza di esso futuro sposo suo figlio non potendosi

scusare aver promesso di far renunziare detti futuri sposi in tempo dell'affido, qua sis.

Il sud.o D. Nicola Matarrese zio di essa Gio. Maria li promette anche nomine dotis per affetto dice

portare alla medesima docati duecento dopo la morte del sud.o D. Matarrese, li quali ex nunc pro tunc li

assegna per contemplazione del d.to matrimonio anche da impiegarsi come sopra; glieli concede ad essa

futura sposa che in tempo di morte possa disponere a suo beneficio per la sua anima docati cento quia sis.

E se quod abit la sud.a Sig.a Gio. Maria futura sposa se ne morisse senza figli o con quelli non pervenuti in

età di anni dieci otto compiti, in tal caso la dote sud.a e descritta possa e debba ritornare in beneficio di

esso dotante suoi eredi e successori; eccetto però quelli pannamenti che usu consumatus in costanza di d.o

matrim.o quia sis.

Ed all'incontro esso M.ro Santo Citi in caso che premorisse il sud.o Mag. Dr. Fisico Giuseppe Citi suo

figlio, costituisce sopra tutti li suoi beni presenti e futuri e de suoi eredi e successori il meffio seu

l'antefatto che de juve spetta e spettava a detta futura sposa secondo la pragmatica del Duca d'Ostuni olim

Vice Re in Napoli, e ciò s'intenda per quella quantità di dote che si avrà ricevuta in tempo che premorisse,

Iddio non voglia, detto futuro sposo.

Con altro patto espresso che esso M.ro Santo Citi s'obbliga di fare quell'abiti, oro, e spese, che

converranno alla condizione di Professore di Medicina a sue proprie spese, tanto a d.o suo figlio quanto a

d.ta futura sposa, senza mettersi a conto di quello spetterà a d.o futuro sposo per porzione paterna o

materna, e questo si obbliga in propris bonis.

E se quante volte il sud.o suo figlio volesse fare domicilio in Casa Paterna somministrargli tutti

l'alimenti necessarii così per d.to futuro sposo, come per d.a futura sposa; in caso poi che d.o D.r Fisico non

volesse fare domicilio nè col sud.o D. Giuseppe Basta suo zio, nè in casa Paterna, e volesse vivere

separatamente, in tal caso d.o D.r Fisico si possa pigliare la sua porzione paterna, che de juve li spetta,

contentandosi esso M.ro Santo darcela anche vivente, o pure esso M.ro Santo darli o somministrarli tumula

ventisette di grano per ogni anno, li quali s'abbiano da intendere per alimenti ad elezione però di esso

futuro sposo;

Dichiara esso D. Giuseppe Basta aver fatto il suo ultimo inscriptis Testamento per mano del Mag.co Dr

Giuseppe Giorgio Chialà, nel quale instituisce erede universale e particolare esso Mag.co Dr. Fisico

Giuseppe Citi suo nipote ut supra e per contemplazione del sud.o matrimonio, per affetto che sempre ha

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dimostrato e dimostrava portare al mentonato suo nipote, cautelas cautelam ladendo, dona per tit.o di

donazione irrevocabile tra vivi tutti li suoi beni presenti e futuri, mobili, stabili, oro, argento monetato e

non monetato, censi attivi e passivi, raggioni, azzioni che li competono e li fanno in futurum competere, la

qual donazione non si possa revocare sotto qualsivoglia colore e protesto et ingratitutinis vizio, ma vuole

che sia sempre ferma a favore di esso Mag.co Dr. Fisico Giuseppe Citi dico Citi suoi eredi e successori; la

quale donazione vuole che non si intenda in una sol volta fatta ma in più volte dalle leggi permesse; ma

che detta però abbia d'avere il suo debito effetto e vigore seguita la morte di esso donante; […]

Li quali beni stabili sono del tenore sequente: un comprensorio di terre seminatoriali di tomola sette in

circa con due caselle, pozzo ad acqua, aeva, Lazzattivo seu Corte di Boni con altri suoi membri. Come

pure le vigne attaccate a d.o comprensorio consistente in due partite con un palmento dentro d.e vigne.

Come ancora un altro corpo sementoriale di tomoli uno e mezzo in circa chiamato volgarmente il Vignale

delle Croce, site e poste d.i corpi stabili nel territorio di d.a T.ra nella contrada detta delli Massari, confine

con li beni del D. Fis.o D. Angelo Monella da tramontana, via pubblica da levante, ed altri.

Come anche una pezza di terre semenatoriali nell’istessa contrada di tomola due e mezzo in circa detta

volgarmente la Pezza di Natto, giusta li suoi notorii confini. Due altri vignali semenatoriali continui di

tomola tre in circa, volgarmente chiamato uno di Maddamma e l’altro dello Disperato, confine li beni di

Marino Jaconazzo e di Stefano Bernardi, via pubblica ed altri confini.

Quartieri tre di vigne con un tomolo in circa di terre semenatoriali Giardinello, pozzo d’acqua, caselle ed

altri membri nella contrada detta San Marco, confine li beni di Giuseppe Valentino da scirocco, via

pubblica che va a San Marco ed altri confini. Quartieri cinque di vigna nella contrada di Santa Elia, vicino

il pozzo di Celascione, confine li beni del R.do Capitolo e Clero di d.ta Terra, via pubblica ed altri confini

chiamata volgarmente la vigna di campagna, con casella e terza parte nel palmento di Tamburino, col

peso di annui carlini cinque al sud.o R.do Capitolo e Clero di d.ta T.ra.

Un giardinello con pozzo ad acqua ed arbori fruttiferi sito dentro le mura di d.ta Terra confine il giardino

dell’eredi del Sig. Fran.co Paolo Casalini d’Abonea, ed altri.

Un comprensorio di case consistente in due camere soprane ed un sottano sotto la piazzolina seu scale di

d.e case e propriem.e sopra al sottano dotale della q.m Irene Cito nipote di esso donante; e più un cellaro

con cinquantacinque some di caputa di botti in circa, da tenersino, sito dentro d.ta T.ra nel vicinato detto la

passata e propriamente sotto la casa della q.m Anna Grazia Palmisano ed altri.

Una pateglia vicino la chiesa matrice di d.ta T.ra e propriem.e sotto la casa di Tomaso Pentassuglia ed altri.

Nel 1749 fu compilato il catasto onciario di Locorotondo, all'interno del quale furono censiti anche i fuochi,

ovvero le famiglie, di Alberobello.

Ritroviamo quindi il medico Giuseppe Cito, allora trentenne, insieme alla moglie Giovanna Maria Matarrese,

al figlio neonato Santo Nicolò e al fratello Pasquale Cito, ventitreenne. Una nota a lato ci dice che

quest'ultimo Pasquale Cito era morto, probabilmente poco dopo la stesura del catasto.

Tra le proprietà della famiglia vi erano:

Un piccolo giardinello sotto le mura di questa terra di mezzo stoppello, giusta D. Feliciano Rosato.

Quartieri cinque di vigna in loco detto Sant'Elia, giusta li beni d'Ant.o Giudiulo.

Tumula due incirca di terre serrate, giusta li beni di Giorgio Pintu.

Tumula cinque e mezzo di terre serrate divise in due corpi, giusta D. Morelli e Scipione Neglia.

Quartieri quattordici in circa di vigne divise in tre corpi, giusta D. Morelli e Rocco Rodio.

Tumula due in circa di terre in loco detto Sant'Elia, giusta Scipione Neglia.

Tumula uno e stoppell'uno di terre divise in due corpi, giusta D. Nicola.

Un capitale di docati 25 al 10% contro la moglie di Vito Marco la Sanità.

Quartieri quindici di vigne in loco detto La Correggia.

Altri quartieri sei di vigne in detto loco.

Undici tumuli di terre serrate nel luogo detto La Piazza, giusta la Chiesa di Alberobello.

Tumula sei di terre serrate, giusta il Parco dell'Arciprete.

Un'abitazione di quattro stanze soprane ed un sottano affittate.

A queste proprietà se ne aggiungono alcune altre a margine, trascritte evidentemente alcuni anni dopo la

stesura originale del documento:

Una casa consistente in un soprano ed un sottano.

Comprati dal Rev. D. Fortunato Giuduli quartieri tre circa di vigne nel fondo di Mascone.

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Trentaquattro anni dopo, in data 15 luglio del 1780, Giorgio Cito, figlio del Dottor Fisico Giuseppe Cito e di

Giovanna Matarrese, sposò la magnifica Anna Rosa Perrini, figlia del farmacista di Alberobello Sante

Perrini, e di Anna De Leonardis.

Nonostante la giovane età (22 anni) Giorgio Cito è già indicato come Dottor Fisico.

Gli atti di battesimo di tutte le figlie della coppia, nate tra il 1781 ed il 1794, furono registrati nel vicino

paese di Locorotondo.

Ad Alberobello furono invece registrati l’atto di morte del Dottor Fisico Giuseppe Cito, nel 1790, e quello di

sua moglie Giovanna Matarrese, nel 1814.

Atto di matrimonio tra il Magnifico Dottor Fisico Giorgio Cito e la Magnifica Anna Rosa Perrini

Alberobello, 15 luglio 1780, libro dei Matrimoni della Parrocchia di San Cosma e Damiano 1768-1786

Atto di morte di Don Giuseppe Cito, figlio di Sante Cito e di Vittoria Basta, marito di Giovanna Maria Matarrese

Alberobello, 11 aprile 1790 - libro dei Defunti della Parrocchia di San Cosma e Damiano 1767-1790

Per avere un’idea dell’immensa fortuna accumulata dalla famiglia Cito verso la fine del Settecento è

interessante leggere alcuni documenti risalenti negli ultimi anni del XVIII secolo, tramite i quali, dopo la

morte del Dottor Giuseppe Cito, la vedova Giovanna Matarrese ed i figli tentavano di dividersi, tra un litigio

e l'altro, la cospicua eredità.

Basti leggere, a tal proposito, il titolo di un documento conservato presso l'archivio Diocesano di Conversano

del quale più avanti sono riportati alcuni estratti:

"Vedova Matarrese, Alberobello 1791 - Donna Giovanna Matarrese contro de' suoi figli, accusati di

maltrattamenti, minacce, nei confronti della madre, e di voler appropriarsi del patrimonio di famiglia

dissipandolo in malo modo".

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Atto di denuncia di Giovanna Matarrese contro i figli Giacomo e Sante Cito, 1791

Arch. Diocesano di Conversano - Alberobello Atti Civili - Busta 6, fascio 2, fascicolo 12

D. Giovanna Matarrese della Villa di

Alberobello Diocesi di Conversano

vedova del fu D.r Fisico D. Giuseppe

Cito di Luogorotondo supplicando a'

piedi del Regal Trono espone a V. M.

come, seguita la morte dell'espressato

suo marito e rimasta padrona del

proprio patrimonio tutto extradotale,

credea che i proprii figli, non meno

per lo stimolo della natura che per la

contemplazione della vita ritirata e

solitaria in cui la sup.te ha determinato

di vivere, dovessero assisterla,

soccorrerla e rispettarla, ma tutto al

contrario sta sperimentando con di lei

massimo perturbamento e timore.

Uno dei figli Rev. Sacerdote D.

Giacomo Cito ha preteso e tuttavia

pretende la dispotica amministrazione

del materno patrimonio, col disegno di

dissiparlo in un colpo e consumarlo in

soddisfazione dei propri piaceri, e,

non potendo riuscire nel mal

concepito disegno, altro non fa che

prorompere allo spesso in continue

ingiurie non decorose al carattere di

Madre e di donna onesta, e tanto

meno decenti ad un figlio Sacerdote:

ed avanzandosi ad atti ulteriori è

giunto a segno di minacciarla alla

vita, che anzi venendo ad atti prossimi

dié di piglio allo schioppo sollevando

il fucile, col disegno di volerlo

scaricare come sarebbe seguito se a

tempo non si fosse frapposta la gente

al fiero caso accorsa.

Non differenti molestie sta soffrendo

la sup.te da un altro figlio anche

sacerdote, D. Santo Cito, incardinato

nella Chiesa di Luogorotondo, a

segno che tutta la popolazione ne vive

oltremodo scandalizzata.

E poichè tutte le leggi divine ed umane

non permettono che simili attentati di

figli contro la propria madre, e di

figli, che per lo proprio carattere dar

dovrebbero agli altri il buono

esempio, restino senza il debito

riparo, onde si corriggano, ricorre

perciò la sup.te alla M. V. affinchè si

degni con ogni sollecitudine e con la

sovrana autorità impartir gli ordini

convenienti, perchè a sud.i suoi figli si

dia la debita mortificazione, onde per

l'avvenire possa essa sup.te esser

quieta nella propria vita, e sicura

ne' propri beni, e si eviti così ogni

altro ulteriore sconcerto, lo che

essendo troppo giusto l'avrà il sup.te a

grazie, ut deus. Io D.r Pasquale Valente per mandato

della Ricorrente, supplico la M. V.

come sopra.

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Il fascicolo, composto da una decina di fogli manoscritti, prosegue con la richiesta di conferma dell'esposto

(11 gennaio 1792) rilasciata da Donna Giovanna Matarrese al Sacerdote Don Vitonofrio Lippolis di

Alberobello, che aveva ricevuto l'incarico di verificare la denuncia dall'Arcidiacono Don Nicola Martucci,

reverendo Vicario Capitolare di Conversano.

Don Vitonofrio Lippolis scrive così al suo superiore Don Nicola Martucci:

In adempimento degl'ordini venerati di V. S. Ill.ma e re.dma mi son quest'oggi di persona conferito nella casa

di questa sig.ra Gio.a Matarrese e le ho fatto distintamente sentire quanto da Lei mi è stato imposto nel suo

stimat.mo foglio, e siccome il tutto gliel'ho notificato in presenza di due testimoni [...], così essa in presenza

de' med.mi mi ha subito risposto d'essere prontissima per ratificare il di lei saputo esposto fatto al Real

Trono, per li maltrattamenti ricevuti da propri figli, e che a tal'oggetto dovrà fra giorni costà conferirsi ossia

di esibire pur anche tutti queli lumi a cotesta med.ma Curia [...]

Il 17 gennaio 1792, giunta personalmente di fronte alla Curia Capitolare di Conversano, Giovanna Matarrese

cambiò leggermente versione, spiegando che i figli Giacomo e Sante non alzarono mai lo schioppo contro di

lei, ma che, anzi, fu il figlio minore Francesco a farlo. A tal proposito chiede però che nel processo "per ora

non se ne facci parola" riservandosi di farlo "e di inquirire contro lo stesso allorchè meglio mi tornerà conto

diportandosi verso di me al presente in buona maniera".

Inoltre conferma la denuncia solamente contro il figlio Giacomo Cito e non contro Sante, dato che "il

medesimo in oggi meglio si conduce verso di me, e mostrasi pentito del passato", riservandosi però di

denunciarlo "in altro tempo quante volte nuovamente venisse a mancarmi di rispetto".

Il processo si chiude il 27 gennaio 1792 con un ultimo documento manoscritto in cui Giovanna Matarrese

"dice che essendosi pacificato col suo figlio Don Giacomo Cito non intende avvalersi del ricorso al Regio

Trono umiliato, per cui rinuncia formaliter [...]".

Di seguito, invece, è trascritto interamente un atto notarile del 1798 intitolato “quietanze, divisione e

transazione tra li fratelli de Cito”5.

Per quanto questo documento sia estremamente lungo, risulta molto interessante sia per capire l’entità della

fortuna della famiglia, sia per avere un’idea di come tale fortuna sembri aver causato problemi e gelosie tra i

fratelli, scaturiti nella metà degli anni Novanta del Settecento in “liti strepitose”.

Come leggiamo, “poichè le liti partoriscono della rovina nelle famiglie, odi, rancori e vessazioni, perciò per

intercessione de comuni amici e per il bene della pace, tutte esse parti son venute a stabilire fra di loro il

seg.te accomodamento convenzione, transazioni, e colli sud.i patti, vincoli e condizioni”.

Mediante questo documento i cinque fratelli Leonardantonio, Sante, Giacomo, Giorgio e Francesco Paolo

Cito si spartivano il patrimonio di circa diciottomila ducati di famiglia con il consenso della madre Giovanna

Matarrese che rinunciava a buona parte dei suoi beni (ad esempio la proprietà delle due masserie “La Badia”

e “D’Orlando”, del cosiddetto “parco dell’Arciprete”, e di vari altri immobili). Giovanna Matarrese, in

compenso, manteneva la proprietà o l’usufrutto di altri beni e chiedeva a ciascuno dei figli di soddisfare

alcuni obblighi nei suoi confronti.

Il fratello frate Giuseppe Maria e la sorella monaca Suor Maria Costanza, che non ereditarono nulla, sono

citati solamente alla fine del documento:

Die trigesima mensis martii anni millesimi, septingentesimi, nonagesimi octavi in Civitate Arborisbellae

Regnante.

Costituiti nella pres.za nostra i Sacerd.i D. Santo e D. Giacomo Cito, come pure i Dr. D. Lionardant.o,

Dr. Fis.co D. Giorgio Cito, Dr. D. Francesco Paolo, f.lli de Cito e figli del q.m D. Giuseppe Cito della Terra

di Luogorotondo li quali aggono ed intervengono alle cose infrascritte per sè stessi, eredi e successori da

una parte;

E la Mag.ca D. Giovanna Matarrese loro comune Madre e ved.a del sud.o D. Gius.e Cito di questa Città

di Alberobello, la q.le similmente age ed interviene alle cose infrascritte per sè stessa, suoi eredi e

successori dall'altra parte, stando essa Sig.a Matarrese autorizzata coll'intervento dall'infrascritto Giudice

a contratti [?] per essa eletto.

Esse parti spontaneam.e asseriscono nella presenza nostra, qualm.e sotto il dì 13 del mese di Novembre

dell'anno 1794, essa D. Giovanna Matarrese stipulò a favore di D. Francesco Paolo Cito suo figlio una

donaz.e di docati tremila, compresi in questi la sua porz.e Paterna, che dovea percepire da sopra li beni

5 Atti notarili di Alberobello, not. V.O. Sgobba, sk. 1, prot. a. 1798, 19r.-38r.

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della med.a col patto anche di dovergli somministrare gli alimenti a lui, a suoi figli nascituri e moglie, la

spesa della laurea dottorale, ed il mantenimento in Napoli, ed in caso di separaz.e dovergli prestare annui

docati centocinquanta.

Siccome questo ed altro apparisce da scrittura stipulata per mano del Mag.co N.o D. Tomaso Gentile di

Monopoli sotto il sud.o dì e anno, alla q.le.

Successivamente sotto il dì nove del mese di Novembre dell'anno 179cinque furono stipulati i cap.li

matrimoniali di esso D. Francesco Paolo per il matrim.o contratto colla Mag.ca D. Ann'Antonia De Bellis,

figlia del Mag.co Ignazio De Bellis di Monopoli, nè gli venne ratificata da essa D. Giov. la sud.a donaz.e e

l'assignò la quinta parte da suoi beni, oltre alli sud.i docati tremila ed una casa d'abitaz.e sita in questo

Città sud.a d'Alberobello, confinante all'altra casa della med.a con dover spendere e donare, siccome donò,

a d.a sposa la somma di docati cento per ornamento della med.a; succome questo ed altri ravvisasi da d.i

cap.li matrimoniali stipulati sotto il sud.o dì ed anno per mano del d.o N.o Gentile alla quale.

Asseriscono in oltre come in d.o giorno dì 9 di Novembre di d.o anno 1795 essa D. Giov. stipulò a beneficio

del soprad.o D. Giacomo Cito un'altra donaz.e di docati mille antepartem da percepirsi da sopra i beni

della med.a come da scrittura stipolata da detto Notaro Gentile.

Soggiungono similm.e come sotto il dì --- del mese di maggio dell'anno 1796 d.a D. Giovanna stipulò

benanche a beneficio del soprad.o Dr. Fis.co D. Giorgio Cito un'altra donazione di docati mille antepartem,

da percepirsi da sopra i beni di d.a sua Madre come da scrittura stipulata per mano del Mag.co N.o

Gregorio Mansueti delle Noci cui.

Ma poichè avverso delle donazioni ed assignam.i disposti come sopra a favore d'esso D. Francesco

Paolo, per parte della d.a D. Giovanna, fu instituito nel S.R.C. giudizio di nullità ed oppose similm.e il

deducto ne eset, per la quale causa si è tenuta finora una strepitosa lite anche per parte del sud.o D.

Lonardant.o, D. Giorgio e D. Sante Cito, impugnando d.a donaz.e ed assignam.ti contenuti tanto nel sud.o

strumento del 13 novembre 1794 quanto nell'istrumento da sud.i capit.li matrimoniali del 9 novembre 1795.

E poichè le liti partoriscono della rovina nelle famiglie, odi, rancori e vessazioni, perciò per

intercessione de comuni amici e per il bene della pace, tutte esse parti son venute a stabilire fra di loro il

seg.te accomodamento convenzione, transazioni, e colli sud.i patti, vincoli e condizioni e non altrimenti.

Quoniam sic.

Primo che d.o D. Fran.co Paolo debba retrocedere e rinunciare siccome con giuram.to retrocede e

rinuncia in beneficio di d.a D. Giov. sua Madre i sud.i docati tremila e tutti gli assignam.ti contenuti tanto in

d.a scrittura di donaz.e del dì 13 9mbre 1794 quanto ne sud.i cap.li matrimoniali stipulati da d.o N. Gentile,

ed in vim transationis, per d.a donazione ed assignamento debba ricevere ed avere soltanto da sopra i beni

di d.a D. Giov. antepartem docati duemila duecento in tanti beni stabili ut in ferius, inclusa in q.sti la

porzione Paterna, siccome pure antepartem la casella con il magazino sopra da oggi et in perpetuum in

pieno dominio e possesso d'esso D. Fran.co Paolo Cito, confinante all'altra casa d'abitaz.e di D.a D. Giov.

da borea, ed allo spiazzo o sia strada pub.a da scirocco. Ed inoltre debba avere la quinta parte del

rimanente de beni della med.a anche ut inferius con essere esso D. Fran.co Paolo obligato e tenuto di

pagare ed addossarsi la quinta parte di tutti i debiti della stessa che si trascriveranno anche in appresso. E

per effetto di questa transaz.e la riferita scrittura di donaz.e e delli prelati cap.li matrimoniali da oggi avanti

et in futurum non debbano avere più effettto veruno, ma restare sempre cesse, irrite, e nulle, e come non

fatte, ragion per cui esso D. Fran.co Paolo s'obbliga cavare indenni ed illesi tanto d.a sua Madre quanto li

sud.i suoi f.lli da ogni danno, spese, ed interessi che quomodo cumque et qualiter cumque avenisse a d.a sua

Madre o f.lli per parte di d.a Mag.ca D. Ann'Ant.a De Bellis sua moglie o de suoi figli nati e nascituri,

obbligando per tal effetto tutti i suoi beni presenti e futuri.

Secondo che il Sud.o D. Giacomo Cito debba retrocedere e rinunciare siccome cede e rinuncia a

beneficio di d.a D. Giov. sua Madre li sud.i docati mille, come sopra donatigli antepartem in maniera che

della sud.a donaz.e non se ne debba tenere ragion veruna e restare sempre cessa, irrita, e nulla, e non fatta,

ma debba solam.e ricevere la quinta parte de beni d'essa D. Giov. ut in ferius, e di dover pagare esso D.

Giacomo la quinta parte de debiti che si annoteranno in appresso. Con patto e legge espressa di dover

cedere e rinunciare, siccome cede e rinuncia, a qualunque pretenz.e sopra corpi surrogatigli per Sacro

Patrimonio da essa D. Giovanna e D. Giuseppe Cito suoi genitori giacchè con questa legge da d.o suo

padre fu instituito erede pro equali parte et porzione, che si ha ricevuta e con questa med.a legge essa D.

Giov. li assegna la quinta parte de' suoi beni a segno che ove d.o D. Giacomo movesse lite per la m.a causa,

debba cedere dal dominio di d.a quinta parte ed accrescersi a favore de soprad.i D. Lonardo Ant.o, D.

Giorgio e D. Fran.co Paolo suoi fratelli.

Terzo che il sud.o D. Santo Cito debba cedere, e rinunciare, siccome cede e rinuncia a qualunque

pretenzioni sopra l'usufrutto del Parco dell'Arciprete, giacchè con questa condizione fu lasciato erede pro

equali parte et porzione dal d.o fu suo Padre e si ricevi la sua porz.e Paterna, e con questo patto ancora

essa D. Gio. li assegna la quinta parte de suoi beni, una colla quinta parte de debiti, ut in ferius, in

maniera che ove il pred.o D. Santo instituisese lite per la d.a causa, debba subito cedere dal godim.o di d.a

quinta parte de beni materni ed accrescersi a favore delli sud.i D. Lonardanto.o, D. Giorgio e D. Fran.co

Paolo Cito suoi f.lli.

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Quarto che il sud.o D. Giorgio Cito debba retrocedere, siccome con giuram.to retrocede, e rinuncia a

beneficio di d.a D. Giov. sua Madre li docati mille donatili ante partem dalla stessa, in virtù dell'additato

Strum.to di donaz.e stipulato per mano del sud.o N.o D. Gregorio Mansueti delle Noci, sotto il dì --- di

maggio dell'anno 1796 in guisa che da oggi in avanti, ed in futurum d.a donaz.e non debba avere vigore

alcuno e di restare sempre cessa, irrita, nulla e come non fatta, e debba ricevere soltanto la quinta parte de

beni di d.a sua Madre una col peso della quinta parte de debiti, ut in ferius.

Quinto detta D. Giov. per manterere tra i sud.i suoi figli la pace e per effettuire il p.nte accomodam.to e

transaz.e e perchè così li è piaciuta e piace, perciò di sua libera volontà ha determinato di rinunciare e

donare, siccome rinuncia, cede e dona con giuram.o a titolo di donaz.e irrevocabile tra vivi alli sud.i suoi

figli p.nti ed accettanti per sè stessi, eredi, successori, tutta la sua roba e tutti i suoi beni ove esistenti,

ovunque siti e posti, li q.li si sono divisi nelle seg.ti cinque porzioni, cioè una quinta parte al sud.o D. Sante,

un'altra quinta parte al sud.o D. Lonardant.o, un'altra quinta parte al prefato D. Giacomo, un'altra quinta

parte al riferito D. Giorgio, ed un'altra quinta parte al sud.o D. Francesco Paolo, alla cui quinta parte si

sono aggiunti in tanti beni stabili li sud.i docati duemila e duecento come sopra spiegati, addossando a

ciascuno di d.i f.lli la quinta parte de debiti ut in ferius.

Si riserba però essa D. Giovanna li seguenti beni.

In primis il comprensorio delle vigne della capacità di quartieri quattordici circa, colle casamenta, pozzo

d'acqua, palmento ed altri diversi membri in d.a vigna esistenti siti in tenim.to di Monopoli, contrada la

Coreggia, confinanti verso Borea alle vigne di Giambatta Sgobba, delli f.lli Giov. e Stefano Plantano, alle

vigne della Ved.a Lionarda Tinella, ed alle vigne del sud.o D. Giacomo Cito suo figlio, verso scirocco

passaturo vicinale, ed altri confini; da poterne essa D. Giov. disporre a suo gusto e piacim.to.

Si riserba altresì tutte le botti, caldaie da cuocere il vino mosto ed ogn'altro mobile di qualunque sorta

fosse che si trova esistente nelle casamenta, membri e comprensorio delle vigne sud.e siccome pure la

corticella seminatoria d'un mezzo stoppello circa confinante a d.e vigne ed alle vigne della sud.a Lionarda

Tinella. Di vantaggio si riserba per sè sua vita durante l'usufrutto delle case o siano trulli, stalla e giardino

adiacente che possiede dentro l'abitato di d.a Città di Alberobello, confinanti alle case d'abitaz.e del sud.o

D. Giorgio Cito, alla casa assegnata al pred.o D. Fran.co Paolo, alle case di D. Lionardo Rotolo, alli

giardini degli eredi di Martino Curri, del Mag.co Fran.co Lippolis, di Lionarda Greco ed altri confini.

Inoltre essa D. Giov. si riserba l'usufrutto della casetta attaccata alle caselle di Dom.co Angiulli, e M.ro

Saverio Trivisani e l'usufrutto ancora del letamaio attaccato al giardino di d.a Lonarda Greco; si riserba

similm.e per sua libera disposiz.e tutti i mobili di qualunque sorte fossero, niuno eccettuato, che si trovano

esistenti in d.a casa, o siano trulli, siccome pure per sua libera disposiz.e si riserba la casella d'abitaz.e che

si tiene oggi da Paolant.a Notarnicola, la q.le sopra d.a casella tiene ippotecati docati venti, confinante alle

case di Dom.co Matarrese ed altri confini.

Similmente si riserba la somma di docati duecento cinquanta sopra i suoi beni da sborsarsi d.i suoi figli,

cioè docati cinquanta per ciascheduno pro una vice tantum seguita la morte d'essa D. Giov. a favore di

colui che la med.a sarà per disponere, o per atti tra vivi, o di ultima volontà, e non disponendone che

lascino in beneficio di d.i suoi figli quia sis.

Sesto che li sud.i D. Santo, D. Giacomo, D. Lionardant.o, D. Giorgio e D. Fran.co Paolo Cito debbano

corrispondere ad essa D. Giov. Matarrese durante la di lei vita annui docati centoventi, cioè docati

ventiquattro per cadauno d'essi f.lli in quattro tanne, cioè docati trenta per ogni tanna, con cominciare a

decorrere la sud.a annua prestaz.e dalli 15 agosto dell'anno mille ottocento, con pagarsi nel principio di d.o

anno come sopra decorrendo, il trimestre anticipato, e così continuare per ogni trimestre anno per anno,

giacchè fino a d.o tempo li sud.i docati centoventi se li deve ricevere da Giovanni Geronimo da sopra

l'annuo estaglio della Masseria detta La Badia che tiene in affitto.

Inoltre li sud.i suoi figli li debbano somministrare some otto di legna per cadauno tutte condotte fino alla

sud.a sua casa d'abitaz.e e ciò in ogn'anno, durante le vita della med.a in ciasched'un mese d'agosto,

incominciando a decorrere dal prossimo venturo mese d'agosto del corrente anno 1798, in cui si deve fare

la p.ma prestaz.e di d.a legna, siccome pure li debbano somministrare due tomola di grano per ciascheduno

d'essi e stoppelli quattro di fave per ognuno di loro, in ogn'anno da decorrere dal 15 agosto corrente anno

1798 tempo in cui debbano adempiere essi f.lli De Cito alla consegna di detto grano e fave.

Ma poichè s'è d'incommodo a d.a D. Giov. d'esiggere da d.i suoi cinque figli si soprad.i docati centoventi,

grano e fave si è convenuto e determinato di doverli esiggere e ripetere dal sud.o R.ndo D. Santo, ed a

questo siano tenuti ed obligati gl'altri suoi sud.i figli di sodisfare il loro tangente delli sud.i grano e fave e

denaro cinque giorni prima delli di sopra stabiliti tempi, e mancandosi d'adempiere alle riferite prest.i e

pagam.to che si possano astringere d.i suoi figli esclusivam.e alla dovuta sodisfaz.e danto da d.a D.

Giovanna quanto dal sud.o D. Santo quoniam sia.

Con patto ancora che li sud.i suoi figli non possano espellere Giovanni Geronimo di d.a Città dall'affitto di

d.a Masseria d.a La Badia p.ma di terminare li 15 agosto dell'anno 1800, siccome pure non debbano

espellere Martino Piepoli di d.a Città dall'affitto della Masseria d.a D. Orlando p.ma di spirare il sud.o dì 15

agosto del sud.o anno 1800, nonostante che le sud.e masserie si siano divise entrambi, ut in ferius, tra essi

sud.i Sig.ri f.lli De Cito.

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Con dichiarazione che il sud.o Piepoli deve pagare a d.i Sig.ri f.lli l'annata corrente dell'affitto in docati

duecento sessanta nel dì 15 del prossimo venturo mese d'agosto 1798 ed altresì in beneficio de med.i le due

susseguenti annate in docati trecento dieci per ciaschedun anno e nell'ultimo anno di d.o fitto che scade a

15 agosto 1800 il rid.o Piepoli deve consignare e restituire ad essi Sig.ri f.lli il cap.le del bestiamo vaccino,

cavallino, porcino, e le capitane e delle vettovaglie, paglie, una col grano e denaro che tiene ad imprestito

da essa D. Giovanna, con tutti l'ordegni e strum.ti rurali addetti a d.a Masseria giusta il notam.to che si

conserva da essi Sig.ri f.lli come dicono da diviersi tra di loro pro equali parte et portione col capitale del

bestiame assieme che tiene il rid.o Giovanni Geronimo una con tutti l'ordegni e strum.ri rurali della rid.a

Masseria della Badia.

Con dichiaraz.e ben anche che l'affitto della corrente annata di d.a Masseria La Badia, se lo deve introitare

essa D. Giovanna ma nelli susseguenti due anni deve somministrare e pagare alla med.a annui docati cento

venti, come sopra spiegati, ed il rimanente dell'estaglio di d.a Masseria in docati cinquant'uno e carlini sei

se li debbano introitare in ogn'anno essi Sig.ri f.lli De Cito durante d.o fitto a beneficio di q.lo giuramento

deve andare l'esataglio de territori chiamati di Vincenzo che si tengono in affitto da Pasquale Valesiano

della Terra di Putignano in annui docati dodeci, non solo dell'annata corrente ma altresì dell'altre due

susseguenti anni terminandi a 15 agosto 1800.

Per effetto adunque della sopradetta convenz.e transaz.e e concordia li pred.i Sig.ri f.lli de Cito, hanno

proceduto alla divisione de sud.i beni cedutigli e donatigli come sopra dalla sud.a di loro Madre D.

Giovanna Matarrese nella seg.te maniera, ed in cinque porzioni, giusta la misura fatta de territori dal

Regio Ingegnere Mag.co Giuseppe Giorgio Campanella di Luogorotondo.

Prima porzione: la masseria denominata d’Orlando sita in territorio di Martina col peso della

quindecima ed altro alla mensa vescovile di Monopoli, la quale consiste in tomola quarantasette e stoppelli

cinque di terre chiuse, seminative ed arbustate, compreso in questi la vigna, palmenti, piazzile, cortaglia,

casamenta, comodi rurali, tre pozzi d’acqua ed altri membri esistenti in d.o territorio confinante e

circondata da tutti i venti dalle vie pubbliche, cioè da quella che d’Alberobello condice alla Coreggia ed in

Fasano, dalla strada pub.a che conduce in Monopoli, e da quella della Coreggia che conduce nel Monte

del Sale.

Idem consiste in tomola sei e stoppelli tre di terre demaniali coll’istesso peso della quindecima alla Mensa

di Monopoli, confinanti alle vigne di Francesco Ant.o La Catesta, ed alla sud.a via pub.a di Monopoli, quali

due partite di territorio della sud.a masseria compongono in unum tomola cinquantaquattro di terre, [che]

alla rag.e di docati cento il tomolo, importa il valore di d.a parte porzione docati cinquemila quattrocento

compreso e confuso in questo prezzo l’importo delle sud.e abitaz.i rurali, commodi, acquari, una con tutti

l’espressati membri.

Seconda porz.e: il Territorio denominato di Vincenzo e del demanio confinante a questo, ed alla sud.a

via che conduce al Monte del Sale, giusta i fineti apposti, con caselle, pozzo d’acqua, giardino esistente

dentro il sud.o territorio di Vincenzo della capacità di tomola otto e stoppelli sei compresivi d.o demanio,

sito in tenim.to di Martina, confinante alla via pub.a della Coreggia e Monte del Sale, allo spiazzo della

foggia d’acqua della terza porz.e ed al demanio di d.a terza porz.e, giusta i fineti apposti, del valore di

docati ottanta il tomolo che importa in unum docati settecento. Inoltre tomola venti e stoppelli uno di

territorio chiuso seminativo ed arbustato confinante al sud.o territorio di Vincenzo, al territorio o sia Parco

della terza porz.e giusta i fineti apposti, alle vigne di Giambatta Sgobba, alle vigne e cortaglia d’essa D.

Giov. Matarrese come sopra a sé stessa riserbata, alle vigne di Lonarda Tinella, alle vigne de f.lli

D’Onchia, e via pub.a della Coreggia, del valore di docati cento il tomolo, che importano detti tomola venti

e stoppelli uno docati duemila dodeci e g.na cinquanta. Di vantaggio la chiusura d.a di Volpe della capacità

di tomola sei e stoppelli uno di terre seminative arbustate confinante alla sud.a via pub.a della Coreggia e

[al] passaturo vicinale di Fran.co Paolo Perta, alli beni di Cataldo Perta e di D. Lonardant.o Simeone del

valore di docati cento il tomolo che in unum ragguaglia la somma di seicendo dodeci e g.na cinquanta e

quindi la soprad.a seconda porz.e ascende in tutto a docati tremila trecento venticinque, compreso in d.o

prezzo l’importo della sud.e abitazioni rurali, membri, e pozzo d’acqua, siti in d.o territorio di Vincenzo ed

il pozzo d’acqua sito nella strada pub.a della Coreggia, avanti lo spiazzo della Chiesa rurale del R.ndo D.

Giacomo Cito, ed attaccato alle vigne di d.o D. Giacomo.

Terza porz.e: il Parco denominato dell’Arciprete e della gravina col comprensorio delle vigne, o sia

pastano di viti a frutto, sito nella contrada d.a il Guasuino, attaccato a d.o Parco. Il territorio denominato il

Guasino confinante a d.o Pastano e Parco dell’Arciprete con casella e foggia d’acqua esistente in d.o

Parco, siti tutti d.i beni in tenim.to di Monopoli confinanti alli territori della sopra descritta seconda porz.e,

giusta i fineti apposti, ed il giardino di d.a seconda porz.e, alla via pub.a che conduce in Monopoli, alli beni

del Rev.do D. Fran.co Cosmo Sgobba, alli beni di Vitantonio Maiellaro, al Parco di Giovanni Ant.o Sgobba,

alle vigne di Lonardanant.o Chiarolla, alias Caporusso, alle vigne degl’eredi del q.m Fran.co Ant.o

Gerolamo ed alle vigne di Giambatta Sgobba di d.a Città d’Alberobello, quali territori del Sud.o Parco del

Guasuino e del Sud.o Pastano ascendono a tomola quarantanove e stoppelli sei e mezzo del valore di

docati ottanta il tomolo, ed importano docati tremila novecento ottantacinque. Inoltre il territorio

demaniale confinante il demanio della seconda porz.e giusta i fineti apprezati alla via pub.a che conduce al

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Monte del Sale, ed attacca al sud.o Parco, della capacità di tomola tre e stoppelli sette e mezzo all’istessa

rag.e di docati ottanta il tomolo, importa docati trecento quindeci, cosicchè tutto il valore di questa terza

porz.e ascende a docati quattromila trecento, compreso e confuso in d.o prezzo l’importo di d.a foggia

d’acqua, caselle, e le sud.e vigne o sia pastano come sopra descritto e confinato.

Quarta porz.e: la metà della Massera denominata La Badia contrada d.a detta Buonfiglio, sita in

tenim.to di Martina, col peso della decima alla Commenda di Malta, consistente tutto il territorio di d.a

Masseria in primis in tomola sedeci stoppelli sei e mezzo di terre chiuse, arbustate, e seminative a docati

cento il tomolo importano docati milleseicento ottantuno. Più in tomola sessantadue ed un stoppello di

terre demaniali tra seminative ed arbustive a docati trenta il tomolo importano docati duemila cento

sessantatrè e g.na settantacinque. Inoltre le abitaz.i rurali, commodi, corte, vernili, cortaglie, e quattro

pozzi d’acqua del valore di docati mille, q.li sopradescritti beni confinano alli beni del Sig. D. Giuseppe De

Siati, e Sig. Principio De Siati di Martina, alli beni di Domenico Lippolis, di Pietro Fasano, al bosco

dell’Ecc.ma Casa di Conversano, alli beni de’ P. Domenicani di Martina. Finalm.e in tomola quindeci

stoppelli uno e mezzo di terre chiamate il Mozzone in tenim.o delle Noci, sottoposte al peso della vigesima

ch’esigge il Conte di Conversano, al peso della decima e buona tenenza all’Unità delle Noci, confinante al

Parco d.o di Carella, al Bosco di d.a Casa di Conversano, ed al Bosco della Ecc.ma Casa di Martina

denominato i Poltri, del valore in unum di docati centocinquantacinque e g.na venticinque così che tutto il

valore della sud.a Masseria, consistente in tutti i soprad.i territori, ascende a docati cinquemila, la cui metà

fissata per la quarta porz.e ascende a docati duemila cinquecento.

Quinta ed ultima porz.e: l’altra metà di d.a Masseria d.a La Badia, che consiste nella metà delli

sopradescritti territori e casamenta rurali, acquari, corti vernili, cortaglie ed altro descritto nella quarta

porz.e resta del valore di ducati duemila e cinquecento.

Quali cinque porz.i [?] insieme ascendono in tutto alla somma di docati diciottomila e venticinque,

sopra de’ q.le vi sono i seguenti debiti cioè agl’Eredi del q.m D. Tomaso Maggiore ed al Monastero delle

R.nde Monache di Putignano un cap.le censo di docati settecentosedeci alla rag.e del cinque per cento. A

Santo Fasano un cap.le di docati trecento a mutuo alla rag.e di docati sei e g.na ottanta d’interesse, come da

scrittura stipolata per mano del Mag.co N. Dom.co Perrini. Al R.ndo D. Benedetto Fedele di Martina un cap.le

di docati trecento a mutuo, al sette per cento, come da scrittura rogata per mano di N. Bonaventura

Chirulli di Martina sotto il dì 21 agosto 1795. Al R.ndo D. Fran.co Paolo Conti di Luogorotondo docati

cento cinquanta anche a mutuo, alla rag.e del sei per cento, come da scrittura per mano di N.o Giuseppe

Conato Convertini di d.a Terra. Al sig. D. Pietro La Sorte di Martina docati cento alla rag.e del nove per

cento, in vigore di scrittura d’indennità fatta a d.o La Sorte per averli presi a mutuo dal Sacerd.e D.

Domenico Lamurari, alias Felbaiolo, come da scrittura per mano di N.o Angelo Ancona di Martina, e

quantumque per la sud.a indennità si trova obligato anche il rid.o D. Giorgio Cito pure tutto il peso de d.i

docati cento appartiene alla sud.a D. Giovanna Matarrese e perciò accollati a carico di tutti i sud.i suoi

figli ut in ferius. A Marcantonio Colucci un cap.le di docati duecento a mutuo alla ragione del sei per cento

oggi accresciuto alla rag.ne dell’otto. Ad Ottavio Nardone docati cento in virtù di lettera di cambio, sotto

l’annuo interesse di docati sei. A Fran.co Leo docati trenta in virtù di lettera di cambio, sotto l’annuo

interesse di carlini ventiquattro. A Francesco Salamida docati trenta in virtù di cambiale sotto l’annuo

interesse di carlini ventiquattro. Alla Mag.ca D. Angela Cursi di Luogorotondo docati sessantaquattro e

g.na venti in virtù di lettera di cambio sotto l’annuo interesse del sette per cento. Al Mag.co N. Giuseppe

Donato Convertini docati trenta. A Vito Brunetti la Murgese docati trentatre. A Giuseppe Donato Morelli

docati sette e carlini otto; q.li soprad.i debiti ascendono in unum a docati duemila sessantuno, q.li dedotti

con altri docati duemiladuecento che percepisce come sopra il pred.o D. Fran.co Paolo Cito da sopra i

docati diciottomila venticinque, valore delle sopranotate porz.i, restano netti e purgati da d.i debiti e dalli

sud.i ducati duemila e duecento d’esso D. Fran.co Paolo docati tredicimila settecento sessantaquattro, q.li

divisi equalmente in cinque porz.i viene a ragguagliare ciascheduna porz.e a docati duemila settecento

cinquantadue e carlini otto, ed essendosi proceduto da essi f.lli De Cito all’espressata divisione, è rimasta

eseguita nella maniera seg.te.

Il sud.o D. Fran.co Paolo Cito, come il più minore degl’altri f.lli, per sua porz.e si ha prescielta la p.ma

porz.e come sopra descritta e confinata del valore di docati cinquemila e quattrocento, e quindi resta

sodisfatto della sua quinta porz.e in docati duemila settecento cinquantadue e carlini otto e delli docati

duemila duecento a lui ante partem accordati e dati in virtù della p.nte transaz.e e sono per porz.e Paterna e

per qualunque diritto e rag.e che rappresenta per effetto dell’additata scrittura di donaz.e e cap.li

matrimoniali dello stesso, come sopra stipolati da N.o Gentile di Monopoli in data de’ 13 novembre 1794 e

9 novembre 1795, ragion per cui resta cesso, irrito e nullo l’instrumento di mutuo di docati ottocento

cinquanta a favore di esso D. Fran.co Paolo stipulato da d.a D. Giov. sua Madre, errogato per mano di N.o

Perrini di maniera che da oggi avanti ed in futurum non debba avere effetto alcuno.

E rimane esso D. Fran.co Paolo da rifondere, per d.a prima porz.e da lui adottata, la resta in docati

quattrocento quarantasette e g.na venti, per li q.li si accolla a suo peso e sp.nte obligaz.e i seg.ti debiti. Il

cap.le di docati trecento di mutuo dovuto a Santo Fasano come sopra sotto l’annuo interesse alla rag.e di

docati sei e carlini otto per cento; al Sig. D. Pietro La Sorte li soprad.i docati cento alla rag.e del nove per

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cento; alli R.ndi D. Sante e D. Giacomo Cito docati trentacinque da pagarsi fra lo spazio d’anni dieci,

decorrendi dal dì 15 agosto 1798, e pendente d.o pagam.to corrispondono in ogn’anno l’annuo interesse del

quattro per cento, e ciò per resta delli di loro porz.i ut in ferius, e finlm.e docati dodeci e carlini due a Vito

Brunetti La Murgese, per li quali espressati debiti e loro annui interessi il sud.o D. Fran.co Paolo Cito

s’obliga e con giuram.to promette di cavare indenni ed illesi tanto la s.a D. Giov. Matarrese quanto li rid.i

suoi f.lli da ogni danno spese ed interessi che potessero per parte de nominati creditori.

Per il cui effetto resta ippotegata per d.i debiti come sopra accollati la sud.a p.ma porz.e quoniam sic.

Al sud.o D. Giorgio Cito, come minore degl’altri, si ave prescelta la seconda porz.e come sopra

descritta e confinata del valore di docati tremila trecento venticinque, e perciò resta sodisfatto della sua

quinta porz.e per effetto della q.le rimane cessa, irrita e nulla la donaz.e delli docati mille come sopra

stipolata per mano di N.o Mansueti delle Noci, quoniam sic. E resta da rifondere esso D. Giorgio per resta

di d.a seconda porz.e docati cinquecento settantadue, e g.na venti, per i q.li s’accolla a suo peso e sp.nte

obligaz.e li seg.ti debiti. Ad Ottavio Naddone i sud.i docati cento in virtù di lettera di cambio sotto l’annuo

interesse di docati sei; al R.ndo D. Francesco Conti il soprad.o cap.le di docati cento cinquanta colla

corrispezione annuale del sei per cento; a Francesca Salamida li docati trenta, sotto l’annuo interesse di

carlini ventiquattro, a Fran.co Leo di d.a [Terra] d’Alberobello li sud.i docati trenta sotto l’annuo interesse

di carlini ventiquattro, a D. Angela Curni li sud.i docati sessantaquattro ed un tarì in virtù di lettera di

cambio sotto l’annuo interesse del sette per cento; al Mag.co N.o Convertini li sud.i docati trenta, a Vito

Brunetti La Murgese docati otto, alli R.ndi D. Santo e D. Giacomo Cito docati cento sessanta, cioè docati

ottanta per cadauno d’essi, da soddisfarsi fra il termine d’anni dieci decorrendi dal 15 agosto corrente

anno 1798, e pendente la sud.a sodisfaz.e corrispondere ad essi D. Sante e D. Giacomo l’annuo interesse

dei quattro per cento e ciò per resta dovuta alli med.i per ragguagliare le loro porzioni ut in ferius, per li

q.li espressati debiti ed annui interessi esso D. Giorgio s’obliga e con giuram.to promette di cavare indenni

ed illesi da ogni danno, spese ed interessi la sud.a D. Giov. Matarrese e tutti li soprad.i suoi f.lli in ampla

forma, lasciando ippotegata per d.i debiti come sopra accollati la sud.a sua seconda porz.e quoniam sic.

Il sud.o R.ndo D. Giacomo Cito come minore degl’altri si ha prescelta la quarta porz.e cioè la metà

della Masseria della Badia come sopra descritta e confinata, ed importa d.a metà docati duemila

cinquecento sicchè per uguagliare l’intera sua porz.e deve ricevere per resta altri ducati duecento

cinquantadue e g.na ottanta, cioè dal sud.o D. Fran.co Paolo Cito docati diciassette e mezzo, coll’annuo

interesse di carlini sette, docati ottanta li deve ricevere dal sud.o D. Giorgio coll’annuo interesse alla rag.e

del quattro per cento come sopra e finalm.e altri docati cento cinquantacinque e carlini tre da sopra la

terza porz.e ut in terius, coll’annuo interesse del quattro per cento.

Il Dr. D. Lionardo Cito, come minore di D. Santo, si ha precelta la terza porz.e come sopra descritta e

confinata del valore di docati quattromila trecento, perciò deve rifondere per resta docati mille

cinquecento quarantasette e g.na venti per i q.li si accolla e s’addossa suo peso e sp.nte obligaz.e l’infrascritti

debiti, cioè il cap.le di docati settecento sedeci dovuto agl’eredi del fu D. Tomaso Maggiore e Monastero

delle R.nde Monache Carmelitane di Putignano alla rag.ne del cinque per cento, il cap.le di docati duecento

a mutuo dovuto a Marcant.o Colucci alla rag.e nel sei e mezzo per cento, oggi accresciuto alla rag.e

dell’otto per cento, al R.ndo D. Benedetto Fedele il cap.le mutuo di docati trecento alla rag.e del sette per

cento, a Vito Brunetti La Murgese docati dodeci e carlini otto, a Giuseppe Morelli docati sette e carlini

otto, e finalm.e al R.ndo D. Giacomo Cito docati cento cinquantacinque e carlini tre come sopra si è detto da

pagarsi fra il termine di dieci anni numerandi dal dì 15 agosto corrente anno 1798, e pendente la sodisfaz.e

di d.a somma corrispondere l’annuo interesse del quattro per cento ed altri docati cento cinquanta cinque e

carlini tre al R.ndo Sacerdote D. Santo Cito, da sodisfarli anche fra il termine di dieci anni decorrendi dal

dì 15 agosto 1798, sotto l’annuo interesse del quattro per cento, per uguagliare la porz.e dello stesso a cui

è rimasta l’ultima porz.e, quale è l’ultima metà della sud.a Masseria della Badia del valore di docati

duemila cinquecento, per li q.li espressati debiti ed annui interessi esso D. Lionardant.o Cito s’obbliga e

con giuram.to promette di cavare indenni ed illesi da ogni danno, spese ed interesse, la sud.a sua Madre e li

soprad.i suoi f.lli in ampla forma, lasciando ippotegata per d.i debiti come sopra accollati la sua terza porz.e

quoniam sic.

E siccome l’interessi e censi da pagarsi dalli sud.i D. Fran.co Paolo, D. Giorgio e D. Lonardant.o alli

soprascritti creditori, giusta gl’accollam.ti fatti, sono alterali, perciò si è tra esse parti convenuto che li

soprad.i D. Giacomo e D. Santo debbano bonificare in ogn’anno, cioè al sud.o D. Lonardant.o docati sedeci

ed un tarì, da q.li dedotti annui docati dodeci e g.na quaranta che d.o D. Lionardant.o deve pagare alli sud.i

D. Giacomo e D. Santo sopra i sud.i docati trecento dieci e carlini sei, perciò i med.i debbono pagare

carlini trentotto, cioè quattordici per cadauno, al sud.o D. Lonardo in ogni dì 15 agosto di ciaschedun anno

per anni otto decorrendi dal dì 15 agosto dell’anno 1800, in pace e senza eccez.e alcuna, e per la med.a

causa debbano bonificare al sud.o D. Giorgio docati cinque e g.na quaranta per li sud.i espressati anni otto,

decorrendi dal sud.o dì 15 agosto 1800, e perché d. D. Giorgio deve ai sud.i D. Giacomo e D. Santo annui

docati sei e carlini quattro per interesse de docati cento sessanta come sopra, perciò esso D. Giorgio resta

a pagare per resta carlini dieci alli pred.i D. Santo e D. Giacomo in ogn’anno per il corso di anni otto

decorrendi dal dì 15 agosto 1800, in pace e senza contradiz.e alcuna. E finalmente al Dr. D. Fran.co Paolo

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302

Cito, per l’espressata causa, altri docati cinque e carlini quattro, e poiché d.o D. Fran.co Paolo deve

pagare alli sud.i D. Sante e D. Giacomo in ogn’anno carlini quattordeci d’interesse per li docati

trentacinque che li deve per resta delle loro porzioni come sopra, perciò resta da ricevere da’ med.i docati

qattro, cioè carlini venti per cadauno, in ogni dì quindeci agosto per otto anni decorrendi dal dì 15 agosto

1800 in pace e senza eccez.e veruna quoniam sic.

Con patto e legge espressa che nel caso il sud.o D. Lonardant.o Cito venisse ad acquistare il

comprensorio delle vigne che come sopra si ha riserbata la sua Madre D. Giov. Matarrese, in tal caso

dovrà formarsi rasente il pariete delle vigne di Giambatta Sgobba, per dentro il territorio spettato in porz.e

al sud.o D. Giorgio Felice Cito, un passaturo della larghezza di palmi quattordeci che deve principiare

dallo spiazzo aventi la casella spettata ad esso D. Lonardant.o sita vicino al Pasturo, al med.o anche

toccato in porz.e, e d.o passaturo deve terminare ed imboccarsi dentro la pariete e vigne sud.e d’essa D.

Giovanna e propriamente all’angolo dell’altro pariete intermedio tra d.e vigne di d.o Sgobba e di d.a D.

Giovanna, affinchè esso D. Lionardant.o suoi eredi e successori potessero avere il commodo per il governo

e coltivo tanto de’ territori ricevuto in sua porz.e quanto delle sud.e vigne di sua Madre caso che

l’acquistasse.

Con patto e convenz.e espressata che li docati dodeci di vitalizio assegnati da d.a D. Giov. Matarrese

alla sua figlia Monaca Suor Maria Costanza Cito si debbano in ogn’anno corrispondere e pagare dalli

soprad.i cinque suoi figli di carlini ventiquattro per cadauno d’essi con fare la p.ma paga nel dì 15 agosto

corr.te anno 1798, ed indi poi continuare anno per anno d.o pagam.o durante la vita d’essa Suor Maria

Costanza.

Con altro patto ancora che li sud.i f.lli De Cito debbano corrispondere in ogn’anno al P. Lettore

Domenicano Fra Giuseppe Maria Cito loro f.llo la somma ducati dieci, cioè carlini venti per cadauno

d’essi, con fare la p.ma paga nel dì 15 agosto 179nove, e così continuare durante la vita di d.o P. Lettore F.

Giuseppe Maria Cito.

Con patto ancora che gl’annui estagli da pagarsi come sopra da Martino Piccoli, Pasquale Valeriano,

colla resta di Giovanni Geronimo, si debbano introitare in comune da essi Sig.ri f.lli De Cito, ed in comune

si dovranno pagare pro eq.li parte et portione tutti i censi ed interessi delli sopradescritti cap.li e delle

cambiali accollate come sopra alli soprad.i D. Fran.co Paolo, D. Giorgio e D. Lionardant.o di maniera che,

fino a tanto che li sud.i affitatori non finiranno gl’affitti come sopra, essi Sig.ri f.lli rispetto al prodotto delli

sud.i annui estagli, devono stare nella comunanza senza che per di due anni si rifondessero fra di loro

veruna casa per il pagamento di d.i interessi, peso, censi, catasti, buonatenenze, ed ogn’altro.

Con dichiaraz.e però che il sud.o D. Fran.co Paolo Cito da sopra i sud.i annui estagli debba percepire annui

docati centodieci franchi di catasto e d’ogn’altro peso o tassa per itneresse tra esse parti convenuto sopra i

docati duemila duecento ricevuti come sopra da d.i annui estagli, si deve impiegare alla sodisfaz.e de

divisati censi, interessi, buonetenenze, catasto e tassa di decima imposta dal Rè nostro Sig.re, e rimanente

somma si debba ripartire in cinque porzione equalm.te e siccome l’estagli sud.i si pagano dalli riferiti

affitattori in ogni dì 15 agosto di ciaschedun anno, perciò si è determinato e convenuto che d.o D. Fran.co

Paolo a 15 del venturo agosto corrente anno si deve ricevere per d.o interesse docati quarantuno e g.na

venticinque da sopra li sud.i estagli e dal sud.o giorno in poi incominciare a decorrere l’intera annata di d.o

interesse e ciò debba correre per le sud.e due annate d’affitto solam.e. Inoltre esso D. Fran.co Paolo Cito

dichiara e congiuram.to confessa d’aver ricevuto da d.a D. Giov. Matarrese sua Madre li docati cento

donati dalla med.a alla Mag.ca Ann’Ant.a De Bellis moglie d’esso D. Fran.co Paolo nei riferiti cap.li

matrimoniali per ornata d’essa Mag.ca De Bellis, e quindi d.o D. Fran.co Paolo s’obliga e con giuram.to

promette di cavare indenni ed illesi da ogni danno, spese ed interesse d.a D. Giov. sua Madre e li sud.i suoi

f.lli che venissero a patire per causa de sud.i docati cento quoniam sic. All’incontro essa D. Giov.

Matarrese cessa, irrita ed annulla ogni eccez.e da lei prodotta nel tribunale del commercio contro la

cambiale di docati cento sodisfatti al Mag.co Ignazio De Bellis suocero d’esso D. Fran.co Paolo. Con altro

patto ancora che il sud.o D. Lionardant.o Cito nel corso delli due anni che dureranno i descritti affitti

debba anche egli corrispondere ai sud.i f.lli le loro rate di fitto sopra del pastano toccato a lui in porz.e.

E fatto l’assertiva sud.a volendo esse parti il tutto realm.e mandare al suo dovuto effetto con stupularne

pub.a scrittura come si conviene ad probationem. Perciò oggi sud.o giorno non vi, dolo, sed sponte, esse

rispettive parti accettano, ratificano ed omologano tutto quanto nel pre.nte strum.to di transaz.e, divisione,

donaz.e e rinuncia trovasi espressato, convenuto, trascritto, facendosi a tal oggetto una finale e q.le

quietanza in ogni futuro tempo valitura in amplissima forma; etiam per aquilionam stipulationem et cum

pacto reale de alterius non petendo neque petere faciendo quoniam sic. Ragion per cui cessano, irritano ed

annullano tutto gl’atti per d.a lite tenuti col Dr. D. Fran.co Paolo nel sacro Reg.o Consiglio e rinunciano

formiter con giuram.to a d.a lite per il di cui effetto essa D. Giov. Matarrese ratificando e confermando la

p.nte transaz.e e donaz.e de suoi beni, come sopra spiegati e ceduti a d.i suoi figli […].

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303

Nel 1797 la popolazione di Alberobello aveva vissuto la grande vittoria del riconoscimento del paese da

parte del Re Ferdinando IV, che lo dichiarò Città Regia rendendola finalmente libera dal servaggio feudale e

dai soprusi dei feudatari: i Conti Acquaviva di Conversano.

La storia tramanda i nomi di sette liberatori che, approfittando del viaggio a Taranto del Re Ferdinando IV

per le nozze del figlio Francesco, avanzarono al Re, a nome di tutto il paese, la richiesta di liberazione.

Tra i membri del primo consiglio comunale, composto da alcuni dei più notabili cittadini del paese, si

riconosce anche il nome del nostro Dottor Fisico Giorgio Cito.

Nel libro “I trulli di Alberobello - La storia della città attraverso i secoli”, di Mariano Marraffa si trova6:

22 GIUGNO 1797 - Dichiarata la citta di Alberobello regio Comune indipendente, si provvide alla

formazione del primo Consiglio Comunale, con alcuni degli esponenti che avevano fatto parte della

deputazione a Taranto, furono elette altre persone. Sindaco: Francesco Lippolis, figlio di Martino,

componente la deputazione. Consiglieri: Ottavio Nardone, Don Giacomo Pezzolla, Don Giorgio Cito,

mastro Ottavio Giaccia, maestro insegnante Luca Morelli, maestro Cosmo Oria, Francesco Paolo

Dilonardo, magnifico Oronzo Fasano, Francesco Paolo Matarrese, Francesco Antonio Lacatena,

Martinoantonio Lacatena, Giovanni Salamida, magnifico Giangiuseppe Perrini.

Il Consiglio come primo compito discusse sul nome piu indicato e più bello da dare all’antica Selva.

Al fine di recuperare la somma di circa 4000 ducati spesa negli atti necessari ad ottenere l’autonomia

comunale, l’anno successivo gli amministratori dell’Università di Alberobello redassero l’elenco dei

capifamiglia del paese, divise in cinque categorie contributive.

In tale elenco troviamo, nella prima categoria, sia Don Giorgio Cito che Don Giacomo Cito (tassati con

dodici ducati a testa), mentre nella seconda categoria troviamo la vedova Donna Giovanna Matarrese (tassata

con otto ducati). L’altro fratello Francesco Paolo Cito, invece, non compare.

Come addetto alla riscossione delle somme individuali fu scelto il dottore fisico Giorgio Cito che, nei

documenti, appariva come persona “proba e benestante”7.

Due anni dopo Giorgio fu eletto sindaco di Alberobello, carica che ricoprì dal 1° luglio 1799 al 1° luglio

1803 e che cedette nel 1803 al genero Francesco D’Amore che fu sindaco fino al 1807.

Con un privilegio del 19 maggio 1801 Giorgio era anche stato nominato Cavaliere di Giustizia del Sacro

Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, un Ordine Equestre che, fin dalla sua remotissima origine, si

proponeva la Glorificazione della Croce, la Propaganda della Fede, e la difesa della Santa Romana Chiesa8.

Questa è firma di Giorgio Cito vicina a quella del fratello Francesco:

9

La famiglia di Irene e Giovanna Cito, domiciliata tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento nella

Strada San Damiano al numero 156, era costituita, oltre che da loro e dai loro genitori, anche da altre cinque

figlie femmine: Anna Maria Agostina (1782-1842), Angela Maria Prudenza (1783), Angela Maria (1787),

Leonarda Vittoria (1790) e Rachele Maria (1794), mentre due sorelle maggiori, Giovanna Maria (1781) e

Vittoria Maria (1781), gemelle, erano morte a pochi anni di vita10

.

6 "I trulli di Alberobello - La storia della citta attraverso i secoli”, di Mariano Marraffa, Editrice Adriana, Roma, 1960 - Dal capitolo XVII:

“Formazione del primo consiglio comunale”. 7 Cfr. la tesi di laurea “1797. La discesa del «Re Salvatore». Alberobello e la lotta per il demanio alla fine dell’età moderna” di Matteo Dalena –

Università degli Studi della Calabria, Anno Accademico 2005-2006 8 Così mi riferì nel 2004 il già citato Giorgio Felice Cito di Alberobello. Era dovere dei Cavalieri quello di vivere da perfetti cristiani, ed era

necessario requisito possedere nobiltà generosa di almeno duecento anni nei quattro quarti, requisito richiesto per l'intera categoria di Giustizia. I

Cavalieri di Giustizia portavano la Croce dell'Ordine larga quattro centimetri e mezzo, sormontata dalla Corona Reale e dal Trofeo Militare

pendente al collo da un nastro di seta ondata celeste, largo cinque centimetri. Portavano anche una placca d’argento. 9 Firme tratte dall’atto di morte del sacerdote Giacomo Cito, fratello del mio avo Giorgio Cito – Alberobello, 11 maggio 1817. Stato Civile del

Comune di Alberobello, Archivio di Stato di Trani. 10 Così si legge in una sorta di “stato di famiglia” di Giorgio Cito stilato dal pronipote Giorgio Felice Cito (1934-2005): le prime due figlie morirono

giovani. La terzogenita Anna Maria Agostina Cito sposò in prime nozze Don Giovanni Agrusti, Dottor Fisico e Sindaco di Alberobello come tutti

gli altri cognati, ed in seconde nozze il Dottor Fisico Don Giorgio Ruggieri di Bisceglie. Angela Maria Cito sposò il legale Don Vito Andrea Turi,

presidente della Dieta di Bari, arrestato nel 1848 e rilasciato nel 1860. Leonarda Vittoria Cito sposò il Dottor Fisico Don Giorgio Pezzolla.

La firma di

Giorgio Cito e quella di suo fratello

Francesco (1817)9

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Nel 1827 morì Anna Rosa Perrini e nel 1830, dopo tre anni, Giorgio si risposò in seconde nozze con Vita

Laura D’Onchia, una ragazza di soli ventidue anni.

Da Giorgio Cito e Vita Laura D’Onchia nacquero negli anni immediatamente successivi al matrimonio due

figli maschi: Giuseppe Maria (nel 1831 - che ebbe per madrina la sorellastra Giovanna) e Sante (nel 1834).

Atto di matrimonio tra il Magnifico Dottor Fisico Giorgio Cito (settantaduenne vedovo di Anna Rosa Perrini) e Laura Vita

D’Onchia – Alberobello, 24 maggio 1830, libro dei Matrimoni della Parrocchia di San Cosma e Damiano 1794-1839

Atto di battesimo di Sante Cito, figlio del Magnifico Dottor Fisico Giorgio Cito e di Laura Vita D’Onchia

Alberobello, 26 luglio 1834, libro dei Battezzati della Parrocchia di San Cosma e Damiano dal 1829

La seconda moglie di Giorgio, Vita Laura D’Onchia fece a quan pare una brutta fine: morì ad Alberobello il

23 dicembre del 1843, uccisa, si racconta, per questioni di eredità…

Il nostro Dottor Fisico Giorgio Cito morì il 20 dicembre del 1834. Il suo atto di morte fu compilato dal suo

genero Francesco D’Amore, che a quell’epoca era secondo eletto del Comune di Alberobello.

L’ultima figlia Rachele Maria sposò l’avvocato Vito Luigi Angiulli del Giudice Don Francesco, quest’ultimo venne carcerato a Trani nel 1799, ma

subito prosciolto per non aver commesso il fatto.

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Giuseppe Maria Cito, raccontano, morì nel 1848, giustiziato per essersi schierato ed aver combattuto contro i

Borboni durante i moti di quell’anno. Il 29 marzo del 1855 Sante invece si sposò con Maria Nicola Bernardi.

Abitava nella frazione Correggia, a circa tre chilometri dal centro abitato, dove aveva ereditato le terre che

erano state un tempo del suo bisnonno Leonard’Antonio Matarrese, di sua nonna Giovanna Matarrese, di suo

padre, ed infine di suo zio Don Giacomo Cito.

Nella seconda meà dell’Ottocento fu consigliere comunale. Ad Alberobello ancora oggi abitano alcuni dei

suoi discendenti.

E’ così che ritroviamo la famiglia Cito proprietaria della chiesetta in Coreggia, e Sante Cito (fratellastro delle

mie antenate Giovanna ed Irene Cito), che nella seconda metà dell’Ottocento fu consigliere comunale di

Alberobello, tra i firmatari della richiesta del 1879 con la quale 34 coreggiani chiedevano l’annessione della

frazione – fino ad allora appartenente al territorio di Monopoli – al comune di Alberobello.

Tale richiesta, sottoscritta, oltre che da Don Sante Cito, anche da altri sette consiglieri comunali che

vivevano in Coreggia, non fu che uno dei tanti tentativi che gli abitanti del villaggio avevano cominciato ad

avanzare già dal 1862 e che erano continuate poi per più di trent’anni con un continuo tira e molla tra il

comune di Monopoli e quello di Alberobello.

Nonostante le richieste la borgata restò territorio di Monopoli fino a che, dopo una lunga contesa, il Sindaco

Cav. Angelo Turi di Alberobello ne ottenne l’annessione.

Una lapide all’ingresso di Coreggia ricorda l’avvenimento dell'aggregazione al Comune di Alberobello,

avvenuto nel 1895.

Circa ottanta anni dopo la sua morte il nipote Giorgio Fileno Cito, figlio di suo figlio Sante, chiedeva alla

consulta araldica del Regno D’Italia la concessione dei titoli nobiliari spettanti alla sua famiglia.

Sante Cito (n. 1834), figlio di Giorgio Cito

e di Vita Laura D’Onchia, fratellastro di

Giovanna Cito - fotografia tratta dal

volume “Saggi Storici su Alberobello” di

Italo Palasciano, Amministrazione

Comunale di Alberobello

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Segue la trascrizione dell’atto originale datato 1915.

Tale atto, secondo ricerche svolte direttamente a

Roma presso la Consulta Araldica, nel 2006, non è

ancora risultato avere solide e documentate basi, e

farebbe piuttosto pensare ad una ricerca svolta dai

discendenti di Giorgio Cito di un collegamento con

la nobile famiglia Cito Filomarino o di una qualche

speranza di nobiltà da poter sfoggiare.

VITTORIO EMANUELE III

PER LA GRAZIA DI DIO E VOLONTA’ DELLA

NAZIONE

RE D’ITALIA

Veduto lo Statuto Fondamentale del Regno, giusta

Editto del 4 marzo 1848, art. 79;

Veduta l’istanza di Don Sante Cito, delli furono Don

Giorgio Felice e Donna Vita Laura De Onchia,

gentiluomo, recante la data del 12 luglio 1900;

Veduto il titolo datato 3 maggio 1739, con cui venne

concesso al Suo defunto Avo Don Sante Cito della terra

di Locorotondo, la nomina a Grande di Spagna di

Prima Classe;

Visto il privilegio del Suo defunto padre, dottore fisico,

Don Giorgio Felice Cito, del 19 maggio 1801, con cui

venne nominato Cavalliere di Giustizia del Sacro

Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio;

Veduti gli atti da cui risulta la stessa famiglia aver

tenuto i feudi di Presicce, San Lazzaro e Salve con

Pozzo Pauro sin dal lontano 1453 ed ancora in

possesso di suo cugino;

Letta la genealogia di N° 113 pagine descritta dal

Notaio Don Giovanni Turi da Alberobello, del 1862 che

si conserva agli atti di questa Consulta Araldica al N°

3866;

Veduto il Decreto Reale dell’11 dicembre 1887, n°

5138;

Udita la Consulta Araldica;

Udito il Consiglio dei Ministri,

Abbiamo decretato e decretiamo il presente attestato:

Don Giorgio Fileno Cito

Legittimo discendente delli furono Don Sante e Donna

Maria Nicola Bernardi, della Città di Alberoberllo,

nella Provincia di Bari, per Sé, Suoi Eredi e

Successori, in linea diretta, conserva e conserverà i

titoli, i predicati e lo stemma nobiliare di cui appresso

nella linea maschile e femminile, mentre, in virtù di

leggi, quest’ultime non potranno trasmetterlo ai propri

discendenti; avranno tutti diritto a Don… o Donna…

dei principi di…;

I predicati cui potranno far uso sono nell’ordine:

Principe di Bitetto, Mesagne, Palo e Rocca d’Aspro;

Duca di Perdifumo;

Conte di Castello;

Marchese di Carbonara, Capurso, Ceglie, San Chirico,

Torrecuso e Torre Palazzo;

Baroni di Presicce, Salve e San Lazzaro;

Signori di Matino;

Patrizi Napoletani, Rossanesi, ecc., ecc.;

Nobili di Alberobello, ecc.,ecc.;

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Giusto riconoscimento avvenuto il 2 luglio 1896 dal

Nostro defunto padre, Sua Maestà Umberto, che

Dio abbia in gloria.

A fianco si riproduce stemma araldico della

famiglia:

Spaccato di rosso e di verde, al leone d’oro

rampante alla colonna del medesimo, sormontata

da un giglio dello stesso, e accompagnato in capo

da due stelle a sei raggi d’oro, con lo scudo

accartocciato recante in punta il collare

dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio ed in

capo la corona di un principe, il tutto sulla Croce di

Malta smaltata di bianco e diviso: TUTUS AB UNO

E’ derogata qualsiasi altra disposizione contraria a

questo attestato, che etrerà in vigore dalla sua

datazione.

Dato a Roma, addì 11 febbraio 1915.

Visto d’ordine di Sua Maestà il Re. Visto il

Guardiasigilli.

***

Del presente sono state eseguite N°10 copie in bollo

da utilizzarsi dagli Eredi di Don Sante Cito del fu

Don Giorgio Felice in loinea maschile come

descritto dalla genealogia innanzi riportata del

notaio Giovanni Turi, che resterà agli atti del

nostro Archivio Araldico presso la Consulta

medesima.

Per tale operazione, spese di incisione, stampa,

riproduzione e spedizione sono occorse

complessivamente lire

Millequattrocentosettantacinque e centesimi

quindici.

IL SEGRETARIO DELLA CONSULTA ARALDICA

– Marchese di Pietragalla

Una nota interessante: si racconta che altre

questioni di eredità avevano portato dopo la

morte del sacerdote Giacomo Cito, nel 1817, ad

alcune cause svoltesi in tribunale tra Giovanna

Cito ed i suoi discendenti contro il padre Giorgio

per via dell’eredità che lo zio sacerdote aveva

lasciato ad un altro nipote di nome Giorgio

Felice.

Mentre ad oggi non disponiamo di alcuna

documentazione relativa a tali processi, di

Giacomo Cito troviamo varie notizie nel

carteggio relativo alla sua Sacra Ordinazione,

conservato presso l’Archivio Diocesano di

Conversano.

Leggiamo che Giacomo, battezzato nella chiesa

di San Giorgio di Locorotondo nel 1756 e

confermato nella stessa chiesa quattro anni dopo,

aveva studiato presso la Chiesa Collegiata di San

Mercurio nella terra di Serra Capriola, in

provincia di Foggia, dal marzo 1773 all’ottobre

1775 ed aveva servito come novizio in tale chiesa

per sette mesi, dal marzo all’ottobre 1775.

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I documenti indicano che frequentava “ogni quindici giorni li sacramenti della confessione e comunione”

dando “saggio di buoni costumi”.

Tra le prime lettere del carteggio, del 1776, si legge:

Ed ancora:

Il 18 giugno del 1776, ancor prima di aver compiuto i tre anni di servizio stabiliti dall’ultimo concordato, a

Giacomo Cito furono così concessi l’ingresso negli ordini ecclesiastici minori e la prima tonsura clericale.

I documenti indicano poi che il 15 marzo del 1777 Giacomo fu ammesso dall’Arciprete di Conversano

nell’ordine del suddiaconato, che studiò per alcuni mesi in convento a Conversano, e che due anni dopo, il 26

maggio del 1779, fu promosso nell’ordine del Diaconato.

Il novizio Giacomo d’Alberobello in

Diocesi di Conversano umilmente

rappresenta alla S.V. ch’essendo in

età d’anni venti compiti; ed avendo

servita la Chiesa, e portato l’abito

chiericale per quasi un anno, ed

essendovi scarsezza di Ecclesiastici

nella sudetta sua Padria di

Alberobello, desidererebbe esser

presto promosso alla Prima

Tonsura, ed Ordini Minori per

passare poi agli Ordini Sagri.

L’oratore ha tutti li necessari

requisiti ad esser ordinato, solo li

manca il triennale servizio alla

Chiesa che per altro ha servito

sinora per quasi un anno; supplica

intanto la S.V. dispensarlo,

acciocché colla maggior prontezza

potesse soddisfare alla sua

vocazione d’intraprendere lo Stato

Ecclesiastico.

Sono a riferire a V.S. Ill.ma e S.ma

per ricorso avuto da Giacomo Cito

della Villa di Arboribello, come il

numero de' Preti della med.ma

scende al numero di nove, de' quali

ve ne sono due impotente per avere

patito il male di gotta, tre decrepiti

nell'età di anni settanta, e quattro di

mezzana età; e così vanno a

formare il d.to numero di nove.

Inoltre sono a riferire come il

numero delle anime di d.ta Villa

ascende a duemila ottocento..

Riferisco di vantaggio a V.S. Ill.ma e

S.ma come il detto giovine Giacomo

Cito sia di ottimi costumi, di civili

natali, ed ha frequentato spesso li

sacramenti, onde V.S. Ill.ma

potrebbe seza alcun dubbio

annoverarlo tra l’ordine degli

Ecclesiastici.

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Il 30 marzo 1777, Frate Nicola, professore di Teologia nel Convento dei Cappuccini di Conversano, scrive:

Ego infrascriptus Frater Nicolaus M.a Enriquez Sacre Theologie Magister et Doctor Carmelita Convenuts

huius Civitatis Cupersani, testor atque fidem facio, Clericum Jacobum Cito in minoribus constitutum Ruris

Alberispulchre esse discipulum meum, qui lingue latine, ac sacre Theologie morali multo suo progressu

incumbit, atque dat operam cum sit ingenii perspicacitate donatus….

Gli atti della Sacra Ordinazione comprendono anche la copia di un atto notarile con cui suo zio Sacerdote

Sante Cito ed il suo nonno materno Leonard’Antonio Matarrese gli avevano donato nel 1776 vari beni.

In quest’atto, datato 2 giugno 1776, troviamo ulteriori informazioni interessanti anche circa i possedimenti

della famiglia di sua madre:

Die seconda mensis junii none indict.is Anni millesimi septingentesimi sexti in Rure Alborisbelli Prov. Barii;

Reg.te;

Nella presenza nostra personalmente costituito il R.do Sacerd.e D. Sante Cito della T.ra di Locorotondo, al

presente in questa Villa di Alberobello, subjacens ipsum Sacerdos sé pred.us in nos ad hunc actum tantum, il

q.le age ed interviene alle cose infra.tte per sé stesso, suoi eredi e successori, il quale sponte non vi, dolo, sed

eius mel.ri via, ave asserito avanti di Noi qualm.e sotto il dì 23 del mese di Xbre dell’anno 1770 il q.m R.do D.

Giacomo Cito Zio Paterno di esso D. Sante fondò un Pio Legato usufruttuario sua vita durante, e seguita la

sua morte dovea succedere in d.to Pio legato d.to D. Sante Costituente, ed essendosi verificata la morte del

nomato D. Giacomo, ave subentrato il sudd.to D. Sante ove di p.te si rattrova nel possesso di quello; quel Pio

legato consiste in due chiusure di T.ra seminatoriali nella capacità di tt.a nove sita e posta nella Contrada e

tenimento di Locorotondo contrada detta di S. Anna, e proprio pozzo dicato, confina alla T.re del R.do Cost.to

di essa T.ra, alla terra di Anna Maria ed Irene Aenna, ed altri confini.

Più una casa palizzata col sottano a lamia ed il soprano a travi, sita e posta dentro la sudd.ta T.ra di

Locorotondo nella Strada d.ta di Nardelli attaccata alla Casa di Cataldo Neglia, alla Casa del Mag.co D.r

Fisico Gius.e Cito ed altri confini, col prego di celebrare e far celebrare mundo durante in ogn’anno numero

venti messe, alla rag.e d’un carlino l’una, giusta la volontà del fondatore, franche, libere ed assenti da

ogn’altro peso, censo servitù, come da in strumento di fondaz.e per mano del Mag.co Not.o Rafaele Fisichetti

di Martina sotto il dì, mese ed Anno come sop.a, quali beni di detto Pio Legato esso D. Sante ave deliberato, e

disposto nella Sua Morte, per l’amore che dice portare, a tutto dì porta verso il suo f.llo Germano Giacomo

Cito, ed affinché possa ascendere alla prima tonsura clericale e successivamente alli altri ordini sacri, cede e

rinunzia a benef.o dello stesso suo f.llo Germano li sudd.i beni di d.o Pio legato.

[…] Presente alle med.e cose infra.tte Lonard’Ant.o di Vito Matarrese avo materno del sudd.to Giacomo Cito

di questa med.a Villa, il quale dichiara come nell’anno 1750 edificò una Cappella Rurale sita in territ.o della

Correggia sotto il titolo della Vergine del Rosario e dotò la stessa d’una lama di vigna a fratte di quartieri

sei circa col pozzo ad acqua ed altri membri attaccata alla vigna del fu Lonardo di Modesto Matarrese ed

altre vigne di esso costituto, col peso di far celebrare in d.ta Chiesa dela Beatissima Vergine del Rosario

messe normali cinque l’anno per ogn’anno alla rag.e di grana venti l’una con tutti l’utensili necessarii in d.ta

Chiesa; quali esso Lonard’Ant.o Matarrese vedeva nello Stato Ecclesiastico detto Suo Nipote Giacomo Cito e

per l’amore che porta verso lo stesso, ave deliberato donare donationis titulo irrevocabile inter vives ed a

titulo di Patrim.o Costituto vigna sita e posta come sopra. […]

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La cappella della Madonna del Rosario nella frazione Coreggia di Alberobello in una fotografia del 1915

(tratto dal volume “Alberobello patria ristretta – Coreggia e altre vicende” di Italo Palasciano, 1989)

La cappella della Madonna del Rosario nella frazione Coreggia di Alberobello, fatta costruire verso il 1748 da

Leonard’Antonio Matarrese all’interno delle sue proprietà - fotografia del 3 luglio 2010

Come si legge nell’atto sopra citato, la cappella della Madonna del Rosario fu fatta costruire in Contrada

Coreggia nel 1750 (o, secondo altre fonti, nel 1747 o 1748) da Leonard’Antonio Matarrese, nonno materno

di Giorgio Cito. I documenti indicano che lo stesso Leonard’Antonio Matarrese (nato al Alberobello nel

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1699 da Vito figlio di Modesto Matarrese e Leonarda figlia di Angelo Greco) l’aveva dotata di 7 quartieri di

vigne.

Dapprima semipubblica e poi aperta al culto nel 1805 in seguito alla chiusura di una porticina laterale a

sinistra, effettuata in occasione di un primo allungamento della navata, fu nuovamente allungata nel 1852

fino a prendere le dimensioni dell’attuale cappella centrale. Nel 1869 fu infine costruita la cappella laterale.

***

Stando a quanto si legge nel suo testamento, Leonard’Antonio Matarrese possedeva nella sola Coreggia (che

a quell’epoca, benchè fosse molto vicina ad Alberobello, apparteneva al comune di Monopoli) 1287 tomoli di

terreni, pari ad ettari 1103.34.51. Di questi terreni 5.36.00 ettari, detti della Cappella, erano coltivati a vigneti,

ed altri 107.20.50 ettari si trovavano in Contrada Arciprete11

:

Die septima mensis Januarii 12 inditione anno septingentesimo quadragesimo nono in villa Arborisbelle

Provincie Baris Regnante;

Ad istanza e richiesta fattaci in nome e parte di Lonardant.o di Vito di Modesto Matarrese di d.a Villa;

personalmente ci siamo portati e dotti noi infrascritto n.o, giudice a contratto, e testimonii nella sua casa, sita

dentro d.a Villa nel vicinato di Angelo Greco confine la casa di d.o Greco e la casa di Fran.co Angelino ed

altri; e mentre ivi fummo trovassimo il suc.o Lonardant.o assettato ad una sedia di paglia sano di corpo e per

la Dio g.zia di mente con perfecta loquela; il quale considerando lo stato fraggile e caduco dell'umana natura

e di non essere cosa più certa della morte ed incerta la sua ora; dubitando per non passarsene da questa a

miglior vita senza disponere delli suoi beni temporali e salutevolm.e ordinare e fare il suo ultimo, chiuso, e

sigillato, in voce, dico il suo ultimo inscrictis nuncupativo testam.o con clausula codicillare, clausula

derogatoria; il quale vuole che valga come testamento nuncupativo e se per tale forse non valesse, valga per

codicillo o per donazione causa mortis o pure abbia d'avere l'effetto per qualsivoglia disposizione dalle leggi

promessa. Cessando perciò qualsivoglia testamento, codicillo o altra disposizione fin oggi fatta, li q.li vuole

che non abbiano effetto, et ad pias causas, ma vuole che tutto l'effetto l'abbia d'avere il presente testamento.

Proibendo perciò qualsivoglia detrazione di legge, falsidia o altra deduzione dalle leggi permessa sopra detta

eredità.

Primieramente raccomanda la sua anima all'Onnipotente Iddio Padre Figliolo e Spirito Santo, che per

l'infiniti meriti della passione dell'unigenito suo figliolo nel partire farà la sua anima, ne possa la med.a far

partecipe dell'Eterna Gloria come pure li raccomanda alli Gloriosi S.ti Cosma e Damiano, San Michele

Arcangelo ed alla Beata Vergine del S.mo Rosario suoi protettori.

E perchè il capo e principio di qualsivoglia testamento è l'istituzione dell'erede, senza della quale per

disposizione di legge si rende nullo ed invalido, che però colla sua p.pria bocca instituisce sua erede

universale e particolare la Mag.ca Gio. Maria Matarrese leg.ma moglie del Dr. Fisico Giuseppe Citi, sua unica

figlia nata in costanza di matrimonio con Lonarda Greco sopra tutti li suoi beni mobili e stabili, oro, argento

monetato e non monetato, animali, raggioni, azzioni, raccoglienze, nome di debitore, che quomodo cumque et

qualiter cumque [in qualsiasi ed in qualunque modo n.d.R.]; eccetto però dell'infrascritti legati e fidei comissi

essendo così la sua volontà.

Esso testatore ordina e comanda che seguita sarà la sua morte di tutto il suo asse ereditario ne sia donna e

padrona la sud.a Lonarda di Angelo di Greco sua caris.ma moglie vita sua durante, senza essere molestata

sotto qualsivoglia protesto o colore dalla sud.a sua Erede, e che la d.a sua moglie possa disponere di docati

duecento per la sua anima a suo arbitrio e l'inventario di tutti li suoi beni si possa fare da un Reg.o e pubblico

notaro con il consenso ed assistenza del Sacerdote D. Nicola Matarrese suo fratello utrino congiunto,

essendo così la sua volontà.

Esso testatore ordina e comanda che quod obiit la succennata erede morisse senza figli o con quelli non

pervenuti all'età di dieci otto anni compiti, in tal caso la sud.a sua eredità vada ed abbia andare in benef.o

dell'Eredi di Modesto Matarrese suo f.llo utrino congiunto, ed in tal caso li Eredi di d.o suo f.llo possino e

debbano dare un capitale di docati quattrocento, il quale debba restare sempre fermo mundo durante, ed

afrancandosi d.o capitale tornare di nuovo ad impiegare, ed al fruttato di esso in ogni anno farsi

un’officiatura nel suo anniversario di carlini trenta, acciò si faccia solennemente e del restante annuale

sfruttato celebrarsi tante messe alla raggione di grana quindeci l’una dalli R.ndi Sacerdoti di d.a Villa di

Arberobello pro equali parte e porzione e così s’intenda anche per quelli [che] interveniranno in d.a

uffiaciata, e di qual legato vuole che sia amministratore il maggior Sacerdote della Casa Matarrese ed in

mancanza del sud.o Casato ne sia amministratore il Cappellano di d.a Villa che pro tempore sarà, e se il caso

portasse che non ci fossero sacerdoti al numero di quattro, in tal caso il legato sud.o coll’istesso peso possa

11

Notaio Pietro Giovanni De Onchia di Noci, 7 gennaio 1749

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andare al R.do Capitolo e Clero della Città di Conversano, essendo così la sua volontà, e che ne sia

amministratore il sud. R.do Cap.o e Clero, e che nel caso di sopra d.a sua erede possa disponere la somma di

docati quattrocento da sop.a la sud.a eredità essendo così la sua ultima volontà.

Esso testatore ordina e comanda a d.a sua erede che seguita la sua morte possa e debba far celebrare docati

trecento di messe pro una vice tantum alla raggione di un carlino l’una restando in arbitrio di esso testat.e

farne in parte celebrare in vita per la remissione de suoi peccati, il quale se ne farà fare ricevuta o nota a suo

arbitrio, le quali si devono defalcare dalli sudetti docati trecento, essendo così la sua volontà.

Vuole, ordina e comanda che d.a sua erede li faccia le pombe funerali secondo la sua condizione con

l’avogati, tutto l’ufficio, e messa cantata, e lo si praticarsi nel giorno del terzo, essendo così la sua volontà.

Vuole e comanda esso Testatore che la Cappella sotto il titolo della Madonna del Rosario, eretta dal med.o

nel tenimento della Coregia, si possa sempre mantenere in decoro con paramenti ed altri annessi di altare, e

celebrarsi in d.a Chiesa, saltem cinque messe annue alla raggione di un tarì l’una per ciascheduna messa,

avendola esso Testatore dotata di quartieri sette di vigne chiamate la Lama, attaccate all’altre vigne di esso

Testatore parete mediante da tramontana, e le vigne di Modesto Matarrese da scirocco, e da levante le vigne

di Pietrant.o Alfarano; dichiarando esso Testatore tenere e possedere l’infrascritti beni stabili; poiché tiene

ferma risoluz.ne dal prezzo delli semoventi farne altro impiego di beni stabili, li quali vuole che siano anche

incorporati alla sua eredità e sono li seguenti: la casa dove di presente abita con due olmoni e due camere,

un pozzo di acqua dentro, la quale è l’istessa di sopra definita; avanti la medesima, due altre case mattule

una più grande dell’altra, una delle quali attacca alla casa del fu Angelo Greco suo suocero, ambidue a

lamie a crudo, in oltre possiede un'altra casa con giardino di molti frutti la quale attacca al trullo di Nicola

Melone, e la rimessa dell’Ecc.mo Sig. Conte P.e; possiede parim.e un appoggio dentro l’istessa distesa di

tomola trenta in circa di terre nel luogo detto Caporale, alla contrada della Via delle Noci, con due pozzi ad

acqua con un trullo e tre caselle, [?] di pietre, e coverte; di più possiede tomola quattro di terre alla Coregia

in dove vi sono piantati ventidue quartieri di vigne, incluso in li quartieri sette di vigne della Chiesa, con due

pozzi ad acqua, con palmento, la [?] per li bocci, una stalletta, una casa per abitaz.e ed un trullo per Collaro,

con sette botti da tener vino di tome dieci l’una inc.a col peso di carlini quattordici pagabili in ogni anno alli

P.P. Domenicani della Città di Monopoli. Di più tiene esso Testat.e impiegati docati trecento sop.a la mass.a

detta di Orlando, volgarmente delle Piazze, attaccata a q.sta sud.a Villa di Alberobello dalla parte

dell’Oriente, per li quali n’esigge docati sedici l’anno come da instr.o per publico not.ro della T.ra di Martina

cui ut dixit.

Lascia per esecuzione testamentaris il sud.o D. Nicola Matarrese suo f.llo, ed il Sacerdote D. Giacinto Greco

suo cog.to, essendo così la Sua volontà.

Lascia a Monsignor Vescovo di Conversano carlini cinque per li morti oblati.

Vuole che il suo corpo s’abbia da seppellire nella Chiesa delli Martiri SS. Cosma e Damiano, eretta dentro

d.a Villa, essendo così la sua ultima volontà.

Vuole ordina e comanda che il p.nte suo ultimo nuncupativo testam.o abbia d’avere il suo debito effetto

laddove doppo la sua morte; e se per caso la sud.a Mag.ca Gio. Maria sua Erede o suo marito pretendessero

la dote promessali nelli capitoli matrimoniali rogati per me infra.tto not.o ante partem, in tal caso se la possino

pigliare da sop.a la d.a eredità sempre restando fermo il p.ne suo ultimo testam.to, essendo così la volontà sua.

Amen.

Durante l’Ottocento le proprietà di Leonardantonio Matarrese, passate alla figlia Giovanna Maria andarono

in eredità ai Cito.

Dai racconti ed i documenti fattimi avere

tra il 2004 ed il 2005 da Giorgio Felice Cito di Alberobello

e dalle ricerche svolte personalmente all'Archivio di Stato di Bari

e all'Archivio della Parrocchia di San Cosma e Damiano di Alberobello

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