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Titolo originale: The VampireDiaries. The Hunters: Phantom

(Capitoli 22-Epilogo)Copyright © 2011 by L.J. SmithPublished by agreement with

Rights People, London

Traduzione dall’inglese di MariaLuisa Amodio

Prima edizione ebook: agosto2012

© 2012 Newton Compton editoris.r.l.

Roma, Casella postale 6214

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ISBN 978-88-541-4481-1

www.newtoncompton.com

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Lisa Jane Smith

Il diario delvampiro

Fantasmi

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1

Elena non riusciva arespirare. Aveva la vagasensazione che le sue labbra sistessero muovendo, ma non neusciva una sola parola. Nonsentiva più le mani e i piedi.

Damon le rivolse un timidosorriso – buffo, visto che eratutt’altro che timido – e fecespallucce. «Allora, principessa,non volevi che fossi qui con te?».

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La ragazza saltò fuori dalletto, come se l’elastico invisibileche la tratteneva si fosseimprovvisamente spezzato, eschizzò fra le braccia di Damon.

«Sei reale?», chiese fra isinghiozzi. «Tutto questo èreale?».

Lo baciò con passione e luiricambiò con uguale fervore.Toccandolo pensò che sembravavero: la pelle e la giacca eranofresche, e la morbidezza di quellelabbra contro le sue erafamiliare.

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«Sono proprio qui», lesussurrò lui fra i capelli, mentrela stringeva. «Questa è la realtà,te lo giuro».

Elena fece un passo indietro elo schiaffeggiò con forza. Damonla guardò offeso e sollevò unamano per massaggiarsi laguancia. «Ahi», disse, poi strinsele labbra in un sorrisettoirritante. «Non posso dire chefosse del tutto inaspettato. Ledonne mi prendono a schiaffi piùspesso di quanto tu possaimmaginare. Ma non è una bella

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accoglienza per un amore checredevi perduto per sempre, miacara».

«Come hai potuto?», chieseElena, con gli occhi asciutti efurenti. «Come hai potuto,Damon? Eravamo tutti in luttoper te. Stefan è distrutto. Bonnieincolpa se stessa. Io… Io… Unaparte del mio cuore è morta. Daquanto tempo ci staviosservando? Non te neimportava niente? Era solo ungioco per te? Ridevi mentre noipiangevamo?».

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Damon sussultò. «Tesoro»,disse. «Principessa. Non seifelice di vedermi, neanche unpo’?»

«Ma certo che lo sono!»,esclamò Elena, indignata. Feceun respiro profondo e si calmòun po’. «Damon, cosa ti èpassato per la testa? Pensavamotutti che fossi morto! Morto persempre, non “morto, ma tantofra un paio di giorni mi presentonella tua stanza da letto, sanocome un pesce”! Che stasuccedendo? Sono state le

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Guardiane? Le ho implorate disalvarti, ma mi hanno detto chenon era possibile, che la secondamorte è quella definitiva per unvampiro».

Damon la gratificò con unsincero sorriso di gioia: «Be’, tupiù di tutti dovresti sapere che lamorte non sempre è definitiva».

Elena scrollò le spalle e sistrinse le braccia al petto. «LeGuardiane hanno detto che nelmio caso era diverso», risposecon voce flebile, travolta daemozioni contrastanti. Sei

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sconvolta, disse una voce saggiain un angolino della sua testa.«Per ragioni mistiche e quellerobe lì, insomma. Non era ancoraarrivata la mia ora. Ehi!». Lotoccò con un dito, rincuorandosi.«Sei umano adesso? Io eroumana quando sono tornata».

Damon scrollò le spalle inmodo teatrale. «Dio ce nescampi. Ho già sopportatoabbastanza quando quel kitsuneficcanaso mi ha trasformato inun mortale. Grazie al cielo – o achi ti pare – stavolta non devo

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andare a cercare un’altraprincipessa compiacente che mitrasformi in vampiro». Le rivolseun sorriso scaltro. «Sono sempreil solito succhiasangue, miacara». Le guardò il collo. «Aproposito, sono piuttostoaffamato…».

Elena lo schiaffeggiò dinuovo, anche se con menoirruenza. «Piantala, Damon».

«Posso sedermi ora?», lechiese e, al suo cennoaffermativo, si accomodò ai piedidel letto e la tirò giù a sedere

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accanto a sé. Elena lo guardòattentamente negli occhi, e condelicatezza passò la mano suglizigomi affilati, sulla boccascolpita, fra i morbidi capellicorvini.

«Eri morto, Damon», dissecon calma. «Ne sono sicura. Tiho visto morire».

«Sì», disse lui, e sospirò. «Hovissuto la mia morte. Eraterribilmente dolorosa esembrava che non dovesse finiremai, eppure è finita, allora èsembrato che fosse durata solo

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pochi secondi». Rabbrividì. «Mauna piccola parte di me eraancora cosciente dopo la morte».Elena annuì. «Stefan disse,anzi… chiese a quel frammentodella mia coscienza di volare via.Invece tu l’hai trattenuto – mihai trattenuto – e mi hai detto dichiudere gli occhi. E alla fine sen’è andata anche quella piccolaparte di me, e con essa il dolore.Poi… sono tornato». Damonspalancò gli occhi scuri al ricordodello stupore che aveva provato.

«Ma come?», chiese Elena.

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«Ricordi la sfera stellata?»«Come potrei dimenticarla?

È stata la radice di tutti i nostriproblemi con i kitsune. È esplosae il liquido contenuto all’internoè evaporato quando io… Oh,Damon, ho usato le Ali dellaDistruzione contro l’albero delMondo Sotterraneo. Così hodistrutto anche la sfera stellatadei kitsune e ho dovutorivolgermi alle Guardiane persalvare Fell’s Church. Le Ali dellaDistruzione erano… qualcosa chenon avevo mai visto né sentito

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prima». Rabbrividì.«Ho visto ciò che hai fatto a

quella luna», disse Damon,abbozzando un sorriso. «Sesapessi che usando quel Potere edistruggendo la sfera stellata mihai salvato la vita, ti sentirestimeglio, mio angelo adorato?»

«Non chiamarmi così»,ribatté Elena, aggrottando lesopracciglia. Le Guardiane eranole creature più vicine agli angeliche avesse mai visto, e di loronon serbava un buon ricordo.«In che modo ti avrei salvato?»

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«Non v’insegnano a scuola,oggigiorno, come funziona lacondensazione?», chiese Damon,con l’espressione altezzosa cheassumeva sempre quandocriticava per scherzo il mondomoderno rispetto a quello in cuiera cresciuto. «Gli insegnanti viparlano solo di educazionesessuale, sentimenti eromanzetti dozzinali oppure vipassano anche qualche nozionedi scienza? So che aveteabbandonato il latino e il grecoper materie come “teatro” e

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“crescita della consapevolezzapersonale”». La sua vocetrasudava disprezzo.

Elena decise di nonrispondere alla provocazione.Giunse le mani in grembo, conostentazione. «Penso che tu siarimasto indietro di qualchedecennio», disse. «Ma ti prego, osapiente, supponi che la miaeducazione non contempli ilnesso fra condensazione eresurrezione, e illuminami».

«Bene». Damon fece unsorrisetto compiaciuto.

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«Apprezzo che una giovanedonna sia rispettosa neiconfronti di chi è più vecchio emigliore di lei». Elena lo guardòminacciosa, con un sopracciglioalzato. «A ogni modo», continuò,«il liquido contenuto nella sferastellata non è svanito nel nulla.Era magia allo stato puro e non èfacile liberarsi di un incantesimocosì potente. Appena l’atmosferasi è raffreddata, quella magia,trasformatasi in vapore, ètornata allo stato liquido ed ècaduta su di me, con la pioggia di

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cenere. Il Potere ha impregnatoil mio corpo per ore,riportandomi lentamente invita».

Elena lo guardò a boccaaperta. «Che vipere!», disseindignata. «Le Guardiane mihanno detto che te n’eri andatoper sempre, e hanno preso pure itesori kitsune che avevamoportato per corromperle». Pensòfugacemente all’ultimo tesoroche aveva tenuto per sé: unabottiglia piena d’Acquadell’Eterna Giovinezza, nascosta

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nello scaffale più alto del suoarmadio, e scacciò subito ilpensiero. Non potevapermettersi di congratularsineppure per un attimo con sestessa per quella fortunanascosta, nel timore che leGuardiane si accorgessero chel’aveva presa, né poteva usarla.Non ancora almeno, e forse mai.

Damon alzò una spalla. «Hosentito dire che talvolta leGuardiane imbrogliano. Ma è piùverosimile che stavoltapensassero di dire la verità. Non

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sono onniscienti, anche sefingono di esserlo. E sia i kitsunesia i vampiri sono un po’ al di làdella loro area di competenza».

Le raccontò di come si erasvegliato, sepolto in profonditàsotto la cenere e il fango, dicome, scavando con le unghie, siera fatto strada verso lasuperficie e si era incamminatosulla luna desolata, senza saperechi fosse e cosa fosse accaduto, edi come era quasi morto dinuovo e Sage l’aveva salvato.

«E poi che è successo?»,

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chiese Elena con impazienza.«Come ti è tornata la memoria?Come sei tornato sulla Terra?»

«Be’, questa è una storiabuffa», disse Damon,rivolgendole un sorrisoaffettuoso. Infilò la mano in unadelle tasche interne della giaccadi pelle e tirò fuori un fazzolettodi lino bianco ben ripiegato.Elena sbatté le palpebre.Somigliava al fazzoletto che lui leaveva offerto in sogno. Damonnotò la sua espressione e il suosorriso si allargò, come sapesse

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che l’aveva riconosciuto dalsogno. Lo aprì e lo tenne nellamano tesa, lasciando che lei loispezionasse.

Annidate nel fazzolettoc’erano due ciocche di capelli.Elena notò che avevano unaspetto molto familiare. Lei eBonnie si erano tagliate ognunauna ciocca e l’avevano depostasul corpo di Damon, perlasciargli una parte di sé, giacchénon potevano portarlo via dallaluna desolata su cui era morto.Di fronte a lei giacevano un

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ricciolo rosso e un ciuffo biondoe ondulato, vividi e luminosicome se, anziché abbandonarli inun mondo dove cadeva unapioggia di cenere, li avesseroappena tagliati dopo aver lavato icapelli.

Damon osservò le ciocchecon un’espressione fatta ditenerezza e un pizzico direverenza. Elena notò di nonavergli mai visto uno sguardocosì aperto, quasi speranzoso.

«Il Potere della sfera stellataha ridato vita anche ai vostri

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capelli», disse. «All’inizio eranobruciacchiati, quasi ridotti incenere, ma poi si sono rigenerati.E mentre li stringevo, liosservavo, li accarezzavo, haicominciato a tornarmi in mente.Sage mi aveva detto il mio nome,e mi suonava corretto, ma nonriuscivo a ricordare altro su dime. Poi, mentre tenevo in manoqueste ciocche di capelli, hocominciato, poco alla volta, aricordare il tuo nome e tutto ciòche avevamo passato insieme, etutte le cose che io…». Fece una

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pausa. «Le cose che sapevo di tee i sentimenti che provavo. Poimi sono ricordato anche delpiccolo pettirosso, tutto mi ètornato in mente come la pienadi un fiume ed ero di nuovo mestesso».

Distolse lo sguardo e persequell’aria sentimentale,assumendo il solito sguardofreddo e inespressivo, come sefosse in imbarazzo, poi richiusele ciocche di capelli nel fazzolettoe lo ripose con cura nella giacca.

«Be’», aggiunse in fretta,

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«poi è dipeso tutto da Sage, chemi ha prestato i vestiti, mi harimpinzato di tutto quello cheavevo perso e mi ha dato unpassaggio per tornare a Fell’sChurch. Ed eccomi qui».

«Scommetto che erasbalordito», disse Elena, «edestasiato». Il vampiro cherivestiva il ruolo di Guardianodei Cancelli fra i Mondi era uncaro amico di Damon, l’unico, adire il vero, di cui lei fosse aconoscenza, a parte se stessa. Iconoscenti di Damon finivano

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per diventare suoi nemici oammiratori, più che amici.

«Era piuttosto contento»,ammise Damon.

«Quindi sei appena tornatosulla Terra?».

Damon annuì.«Be’, ci sei mancato

tantissimo», disse Elena e silanciò in un compendio degliultimi giorni, cominciando con ilnome di Celia scritto col sanguee terminando con il ricovero diCaleb.

«Wow». Damon emise un

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basso fischio. «Devo supporreche il comportamento da pazzofurioso di mio fratello neiconfronti di Caleb sia la spia diun problema più grave? Perché,sai, potrebbe trattarsi di pura esemplice gelosia. La gelosia èsempre stata il suo puntodebole». Disse l’ultima parolastorcendo la bocca in unasmorfia compiaciuta ed Elena glidiede un’amichevole gomitatanelle costole.

«Non criticare Stefan», dissein tono di rimprovero,

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sorridendo fra sé. Era così bellopoterlo sgridare di nuovo. Erasempre il solito esasperante,volubile e meravigliosoindividuo. Damon era tornato.

Un attimo. Oh, no, pensò.«Anche tu sei in pericolo!»,ansimò, ricordandosi di colpoche potevano ancora portarglielovia. «Prima che tornassi, èapparso il tuo nome, scritto conle alghe che trattenevanoMeredith sott’acqua. Noi noncapivamo cosa potessesignificare, perché pensavamo

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che fossi morto. Ma, giacché seivivo, sembra che tu sia ilprossimo bersaglio». Fece unapausa. «A meno che l’attaccorivolto a te non fosse la voragineche ti ha inghiottito sulla luna».

«Non preoccuparti per me,Elena. Probabilmente hairagione sul fatto che il mio“incidente” fosse l’attacco sullaluna. Ma questi tentativi nonstanno avendo molto successo,giusto?», disse con aria pensosa.«Sembra che il nostro misteriosoavversario non si stia

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impegnando più di tanto perucciderci. Ho una vaga idea suchi potrebbe essere ilresponsabile di tutto ciò».

«Davvero?», chiese Elena.«Dimmi».

Damon scosse la testa. «Èappena il barlume diun’intuizione adesso», rispose.«Lasciami prima trovare qualcheconferma».

«Ma Damon», disseimplorante Elena, «un barlumed’intuizione è più di quanto noisiamo riusciti a cavare da questa

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storia. Vieni con me domattina eparla a tutti della tua idea, cosìpossiamo lavorarci assieme».

«Oh, certo», disse Damon,fingendo di rabbrividire. «Io, tu,Mutt e la cacciatrice di vampiri,che bel gruppetto. Ah, ci sonoanche il mio bigotto fratello e lastreghetta dai capelli rossi. E lavecchia fattucchiera el’insegnante. No, preferiscoinvestigare ancora un po’ perconto mio. Inoltre, Elena», disse,fissandola con uno sguardo cupo,«non devi dire a nessuno che

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sono vivo. Soprattutto non devidirlo a Stefan».

«Damon!», protestò Elena.«Non immagini quanto lui siadevastato. Dobbiamo farglisapere che stai bene».

Damon fece un sorrisosarcastico. «Penso che una partedi lui sia piuttosto felice che iosia uscito di scena. Non ha alcunmotivo di volermi qui». Elenascosse furiosamente la testa insegno di diniego, ma luicontinuò. «È così. Ma forse è orache le cose cambino fra noi. A tal

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fine, devo mostrargli che ioposso cambiare. In ogni caso,non posso fare un’indagineaccurata se gli altri sanno chesono nei paraggi. Silenzio, perora, Elena». Lei aprì la bocca permuovere un’altra obiezione, malui la zittì con un bacio repentinoe appassionato. Quando sisepararono, le disse:«Promettimi che per ora nondirai nulla, e io ti giuro cheappena avrò capito qualcosa diquesta storia potrai annunciareal mondo la mia resurrezione».

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Elena annuì, dubbiosa. «Se èquesto che vuoi veramente,Damon, e se pensi che siadavvero necessario, lo farò»,disse. «Ma non sono felice dellatua decisione».

Damon si alzò e le diede unapacca sulla spalla. «Le cosecambieranno», disse. Abbassò losguardo su di lei, conun’espressione grave. «Non sonopiù la stessa persona, Elena».

Elena annuì di nuovo, ma conpiù convinzione. «Manterrò iltuo segreto», promise.

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Lui le rivolse un sorrisettoforzato e fece tre passi verso lafinestra aperta. Un attimo dopoera sparito, e un grosso corvonero si era alzato in volo nellanotte.

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2

Il mattino dopo Elena sisentiva leggera e felice, come chiserba un enorme, meravigliososegreto tutto per sé. Damon eraancora vivo. Era in camera sua lanotte prima.

Era successo davvero?Ne aveva passate così tante

che non riusciva nemmeno afidarsi della propria memoria.Scese dal letto e notò che le

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nuvole avevano ancora lesfumature rosee e doratedell’alba, quindi doveva esseremolto presto. Si avvicinò concautela alla finestra. Non sapevacon certezza cosa stessecercando, ma si mise gattoni einiziò a perlustrare il pavimento.

Eccolo. Un granello di terrasull’asse cigolante, staccatosi dauna scarpa. E lì, sul davanzale,lunghi graffi solcati dagli artiglidi un uccello. Ritenne di avereprove a sufficienza.

Si alzò e fece un saltello di

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gioia, battendo forte le mani, unasola volta, mentre un sorrisoincontenibile le si allargava sulvolto. Damon era vivo!

Poi trasse un profondorespiro e rimase immobile,cercando di assumere unosguardo inespressivo. Se davveroaveva intenzione di mantenerequel segreto – e supponeva dinon avere scelta: l’avevapromesso, in fin dei conti –doveva comportarsi come se nonfosse cambiato niente. In effetti,le cose andavano ancora

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piuttosto male. Se analizzava glieventi, era ancora presto perfesteggiare.

Il ritorno di Damon nonaveva cambiato il fatto chequalcosa di oscuro stava ancoraperseguitando lei e i suoi amici, eche Stefan si comportava inmodo violento e irrazionale.Ebbe un tuffo al cuore quandopensò a Stefan, ma una bolla difelicità continuava a gonfiarsidentro di lei. Damon era vivo!

E, meglio ancora, forse si erafatto un’idea di ciò che stava

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succedendo. Era tipico di Damontenersi stretta un’idea e noncondividere con lei i suoipensieri, ma, anche se quelcomportamento la facevainfuriare, la sua intuizioneaccendeva una speranza, ed erapiù di quanto chiunque altrofosse stato in grado di offrirle.Forse c’era la luce alla fine deltunnel, dopotutto.

Sentì il suono secco di unsassolino lanciato contro lafinestra.

Quando si affacciò, vide

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Stefan, con le spalle curve e lemani in tasca, che la guardavadal prato sotto casa. Gli fecesegno di rimanere dov’era, infilòun paio di jeans, un top biancomerlettato, le scarpe, e andò disotto a riceverlo. Camminavasull’erba coperta di rugiada,lasciando orme sul terrenobagnato. Il calore stordente delsole aveva già sostituito il frescodell’alba: si preannunciavaun’altra afosa giornata estivadella Virginia.

Mentre si avvicinava a Stefan,

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Elena rallentò il passo. Nonsapeva bene cosa dirgli. Dallasera prima, ogni volta chepensava a lui, rivedeva, senzavolerlo, Caleb lanciato in aria esentiva di nuovo l’angosciantescricchiolio prodotto dall’impattodel suo corpo contro ilmonumento di marmo. Rivedevala rabbia selvaggia sul volto diStefan mentre attaccava Caleb,anche se Damon era convintoche avesse avuto un buon motivoper farlo. Damon. Come avrebbefatto a evitare che Stefan capisse

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la verità su suo fratello?Lui la guardava con aria

afflitta: era evidente cheavvertiva la sua apprensione. Leporse la mano. «So che noncapisci perché mi sia comportatocosì ieri», disse, «ma c’è unacosa che devi vedere».

Elena si fermò, senzaprendere la sua mano tesa.Stefan s’incupì ancora di più.«Dimmi dove stiamo andando»,chiese lei.

«Devo mostrarti una cosa cheho trovato», disse

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pazientemente. «Capirai quandoarriveremo lì. Per favore, Elena.Non ti farei mai del male».

Elena rimase a fissarlo. Nonaveva alcun dubbio sulla verità diquell’affermazione.

«D’accordo», disse. «Aspettaun minuto. Torno subito».

Lasciò Stefan nel cortile, allaluce del primo mattino, e si ritirònella silenziosa oscurità dellacasa. Tutti dormivano ancora:una rapida occhiata all’orologiodella cucina le disse che eranoappena le sei. Scribacchiò un

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biglietto per zia Judith, dicendoche andava a fare colazione conStefan e che sarebbe tornata piùtardi. Agguantando la borsetta, sifermò un attimo per accertarsiche dentro ci fosse ancoranascosto un ramoscello secco diverbena. Non pensava che luiavrebbe mai potuto farle delmale… Ma è sempre bene esserepreparati.

Quando uscì, Stefanl’accompagnò alla macchinaparcheggiata accanto almarciapiede, le aprì lo sportello

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del lato passeggero e rimase afissarla mentre si allacciava lacintura di sicurezza.

«Quanto è lontano?», chieseElena.

«Non tanto», le risposesemplicemente. Guardandologuidare, Elena notò le rughe dipreoccupazione agli angoli degliocchi, la piega triste della bocca,la tensione nelle spalle, edesiderò abbracciarlo econsolarlo, alzare una mano eappianare le rughe intorno allepalpebre. Ma il ricordo del suo

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viso stravolto dalla rabbia, lanotte prima, la tratteneva. Nonse la sentiva di cercare uncontatto con lui.

Non molto tempo dopo,Stefan svoltò in un vicolo ciecofiancheggiato da ville lussuose.

Elena si sporse in avanti.Accostarono di fronte a unagrande casa bianca con un ampioportico a colonnato sul davanti.Lo riconobbe subito. Lei e Mattsi erano seduti su quei gradini aguardare l’alba, dopo il ballodella scuola, con ancora indosso

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gli abiti della festa. Avevascalciato via i sandali di satin,aveva appoggiato la testa sullaspalla di Matt, sentendo sotto laguancia la stoffa dello smoking,ed era rimasta ad ascoltare levoci e la musica del dopo ballonella villa alle loro spalle. Erastata una bella serata, maapparteneva a un’altra vita.

Guardò Stefan con ariad’accusa. «Questa è la villa diTyler Smallwood, Stefan. Non socosa tu abbia in mente ma Calebnon è qui. È in ospedale».

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Stefan sospirò. «So che non èqui, Elena. Nemmeno i suoi ziisono qui, e pare che manchinoda diversi giorni».«Sono fuoricittà», rispose automaticamenteElena. «Zia Judith ha parlato conloro ieri».

«Bene», disse torvo Stefan.«Almeno loro sono al sicuro».

Lanciò uno sguardopreoccupato su e giù per lastrada. «Sei sicura che Caleb nonsia uscito dall’ospedale oggi?»

«Sì», rispose acida Elena.«Era ridotto troppo male. Lo

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stanno tenendo sottoosservazione».

Elena uscì dalla macchina,sbatté lo sportello e avanzò versola villa degli Smallwood, senzagirarsi a controllare che Stefan lastesse seguendo.

Lui la raggiunse subito. Leimaledisse fra sé la sua velocitàda vampiro e affrettò il passo.

«Elena», disse Stefan,piazzandosi davanti a lei percostringerla a fermarsi. «Seiarrabbiata perché voglio tenertial sicuro?»

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«No», lo fulminò lei. «Sonoarrabbiata perché hai quasiucciso Caleb Smallwood».

Il volto di Stefan s’intristì,mostrando un’estremastanchezza e tanta malinconia,ed Elena si sentì subito in colpa.Aveva ancora bisogno di lei,qualunque cosa gli stessesuccedendo. E lei non sapevacome fronteggiare i suoi scoppidi violenza. Si era innamorata diStefan per il suo animo poetico,per la sua gentilezza. Damon eraquello pericoloso. L’essere

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pericoloso si addice a Damonmolto più che a Stefan, osservòuna voce caustica in un angolinodella sua mente; Elena non poténegare che fosse vero.

«Mostrami ciò che volevifarmi vedere e basta», disse allafine.

Stefan sospirò, poi si girò e laguidò lungo il viale di casaSmallwood. Si aspettava che sidirigesse alla porta d’ingresso,invece girò intorno alla casa e siavviò verso un piccolo capannosul retro.

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«Il capanno per gli attrezzi?»,chiese Elena in tono ironico.«C’è un’emergenza prato incoltoche bisogna affrontare prima dicolazione?».

Stefan ignorò la battuta econtinuò a camminare versol’ingresso del capanno. Elenanotò che il lucchetto chechiudeva la doppia porta erastato forzato e fatto a pezzi. Unaparte dell’anello di metallopendeva dalla maniglia. Senzadubbio l’aveva rotto Stefan.

Lo seguì all’interno.

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All’inizio, abituata alla luceintensa dell’alba, non riuscì avedere nulla nell’oscurità. Poco apoco si accorse che le paretierano ricoperte di fogli di carta.Stefan aprì di più la porta per farentrare la luce del giorno.

Elena osservò i fogli appesialle pareti, poi fece un passoindietro emettendo un rantolospaventato: la prima cosa che erariuscita a distinguere eraun’immagine del proprio volto.Strappò la foto dal muro e laesaminò più da vicino. Era il

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ritaglio di un giornale locale, chela ritraeva mentre ballava tra lebraccia di Stefan, vestita con unabito argentato. La didascaliasotto la foto diceva: “La reginettadel ballo della Robert E. LeeHigh School, Elena Gilbert, e ilre del ballo Stefan Salvatore”.

Reginetta del ballo?Nonostante la serietà dellasituazione, le sue labbra sipiegarono in un sorriso. Avevadavvero finito il liceo circonfusada un’aura di gloria.

Staccò un altro ritaglio dal

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muro e il suo viso s’incupì.Mostrava una bara trasportata daquattro uomini sotto la pioggiabattente, circondata dai voltiafflitti di parenti e amici in lutto.Nella folla, Elena riconobbe ziaJudith, Robert, Margaret,Meredith e Bonnie, con le labbraserrate e le guance rigate dilacrime. La didascalia recitava:“La città è in lutto per lastudentessa del liceo localeElena Gilbert”.

Serrò inconsciamente le dita,accartocciando il ritaglio. Si girò

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a guardare Stefan. «Nondovrebbe essere qui», disse. Unanota d’isteria le vibrò nella voce.«Le Guardiane hanno cambiatoil passato. Non dovrebbe essererimasto nessun articolo digiornale, niente».

Stefan la fissò di rimando.«Lo so», disse. «Ci ho riflettuto alungo, e l’ipotesi migliore cheriesca a elaborare è che forse leGuardiane hanno solo cambiatola mente delle persone. Nonpossono vedere nessuna prova diciò che abbiamo chiesto alle

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Guardiane di cancellare. Vedonosolo quello che conferma i loronuovi ricordi, i ricordi di unnormale paesino e di un comunegruppo di adolescenti. Per loro èstato solo un altro annoscolastico».

Elena agitò il foglio digiornale. «Ma allora perchéquesto si trova qui?».

Stefan abbassò la voce.«Forse l’incantesimo delleGuardiane non funziona contutti. Caleb ha scritto alcune notesu un taccuino che ho trovato, e

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pare si ricordi due diverse seriedi eventi. Senti qui».

Rovistò nel mucchio di foglisparsi sul pavimento e tirò fuoriun taccuino. «Scrive: “Ora incittà girano delle ragazze, però ioso che sono morte. Era pieno dimostri qui. La città è statadistrutta e siamo scappati primache potessero prendere anchenoi. Ma ora mi trovo di nuovoqui e nessuno di noi è partito,anche se sono l’unico a ricordare.È tutto normale: non ci sono némostri, né morti».

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«Uhm». Elena prese iltaccuino e ne esaminò le paginecon attenzione. Caleb avevastilato delle liste. Vickie Bennet,Caroline, lei. C’erano tutti. Avevaelencato tutti quelli che avevanouna storia diversa nelle dueversioni di Fell’s Church. C’eranodegli appunti su come se liricordava. Appunti sui ricordi cheaveva della morte di Elena e suquello che stava succedendo nel“nuovo” presente. Girò qualchepagina e spalancò gli occhi.«Stefan, ascolta. Tyler gli ha

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raccontato di noi: “Tyler avevapaura di Stefan Salvatore.Pensava che avesse ucciso ilsignor Tanner e che ci fossequalcosa di strano in lui,qualcosa d’innaturale. E pensavache Elena Gilbert e i suoi amicifossero strettamente coinvolti inciò che stava succedendo”. E quic’è un asterisco che rinvia a unanota in cui dice che in una seriedi eventi il signor Tanner è vivo,mentre nell’altra è morto».Elena scorse in fretta alcunepagine. «Sembra che si sia

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concentrato su di noi e che ciritenga responsabili di questicambiamenti. Ha capito cheeravamo al centro di tutto.Perché noi siamo quelli chehanno subìto più cambiamenti,oltre alle vittime dei kitsune edei vampiri, e perché sapeva cheTyler sospettava di noi. Inoltre ciaddossa la colpa della scomparsadi Tyler».

«Due serie di ricordi», ripetéStefan, aggrottando la fronte. «Ese Caleb non fosse l’unico aricordare entrambe le realtà? E

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se le creature soprannaturali, ole persone consapevoli della loroesistenza, fossero immunidall’incantesimo?».

Elena si raggelò. «Margaret…Mi sono chiesta se ricordassequalcosa. Sembrava davverosconvolta la prima volta che miha visto. Ricordi che aveva paurache me ne andassi di nuovo?Pensi che lei rammenti la miamorte oltre ai ricordi che lehanno dato le Guardiane?».

Stefan scosse la testa. «Nonlo so, Elena. Hai motivo di

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pensare che Margaret non siauna bambina normale? Ibambini piccoli possono averereazioni esagerate senza unvalido motivo. Margaret hamolta immaginazione».

«Non lo so», disse Elenafrustrata. «Ma se le Guardiane sisono limitate a coprire i vecchiricordi con i nuovi, questospiegherebbe perché il mio diarioè ancora dove l’ho lasciato, nellamia stanza da letto, e perché c’èancora scritto tutto quello che èsuccesso da quando sono andata

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via di casa. Quindi secondo teCaleb sospetta che ci sia sottoqualcosa perché è davvero unlupo mannaro?»

«Guarda qui», disse Stefan,indicando le pareti del capanno.

Per la prima volta, Elenaosservò l’intera scena e necomprese le implicazioni. Lepareti erano tappezzate di foto.Foto che ritraevano lei. Foto diBonnie e Meredith, persino fotodella povera Caroline, chedocumentavano il suocambiamento: dall’altezzosa

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debuttante dagli occhi verdi almostro selvaggio che nel vistosopancione portava il figlio (o ilcucciolo?) di Tyler. Elena erasconvolta: si era appena resaconto di non aver pensato perniente a Caroline negli ultimigiorni. Era ancora incinta? Sistava ancora trasformando in unlupo mannaro perché portava ingrembo il figlio di Tyler? Siricordò anche che c’era unnumero spaventosamente alto dilupi mannari a Fell’s Church. Sitrattava di persone importanti,

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potenti. Se le cose non eranocambiate e il branco ricordavatutto, o almeno una parte di ciòche era davvero accaduto, alloraera probabile che stessero soloprendendo tempo.

Sulle pareti non c’erano soloritagli, ma anche fotografieoriginali. Vide una foto scattatadalla finestra della pensione chela ritraeva piegata in avanti,mentre parlava in modoconcitato con Meredith, chestava carezzando con noncuranzail suo micidiale bastone da

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combattimento. Da come eravestita, doveva essere statascattata subito dopo che avevanoprelevato Alaric e Celia dallastazione. Caleb non si eralimitato a indagare sulle duedifferenti serie di ricordi degliultimi mesi, ma li aveva spiati.

Poi notò qualcos’altro. In unangolo, sul pavimento, c’era unenorme mazzo di rose. «Mache…?», esclamò, chinandosi perraccoglierlo. Poi lo vide. Intornoalle rose, qualcuno avevadisegnato un pentacolo. Una

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serie di fotografie circondava ildisegno: c’erano lei, Bonnie,Meredith, Matt, Stefan, Damon.

«La rosa che ti ha dato Calebsomigliava a queste, non èvero?», chiese Stefan a bassavoce. Elena annuì. Erano fioridelicati e perfetti, di un rossovoluttuoso che le faceva venirvoglia di toccarli.

«La rosa che ha dato inizio atutto», mormorò. «Bonnie si èpunta con le spine e il sangue haformato le lettere del nome diCelia. Doveva provenire da qui».

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«Caleb non è soltanto unlupo mannaro», disse Stefan.«Non so cosa facesse qui dipreciso, ma questa mi sembraproprio magia nera». La fissòcon uno sguardo implorante.«Ho scoperto tutto ieri»,continuò. «Dovevo affrontarlo,Elena. So che ti ho spaventata,ma devo proteggere te e glialtri».

Elena annuì, troppo storditaper parlare. Ora capiva perchéStefan aveva agito così. Pensavache lei fosse in pericolo.

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Eppure… non poteva evitare disentire un senso di nausea ognivolta che pensava all’arcocompiuto dal corpo di Calebquando l’aveva lanciato in aria.Forse Caleb li aveva attaccati conincantesimi pericolosi, ma i suoiappunti esprimevano confusionee paura. Lei e i suoi amiciavevano cambiato il suo mondo,e ora non riusciva più a capirequale fosse la realtà.

«È meglio che raccogliamotutta questa roba e torniamo allapensione», disse sbrigativa. «Ci

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sono altri taccuini?». Stefanannuì. «Allora ci convienestudiarli bene. Se ci ha lanciatoun incantesimo – o una qualchemaledizione – potrebbe essereancora attivo, anche se per ilmomento Caleb è confinato inospedale. L’incantesimo che hausato potrebbe essere in uno deitaccuini, o almeno potremmotrovare qualche indizio su cosasia e come agisca di preciso. E,speriamo, su come è possibileannullarlo».

Stefan aveva un’aria un po’

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smarrita, e la guardava con gliocchi verdi pieni di domande. Lebraccia erano leggermentestaccate dal busto, come se sifosse aspettato un abbraccio, evedendo che lei non si muovevasi fosse dimenticato di rimetterlegiù. Tuttavia, per un motivo chenon riusciva a identificare bene,Elena non se la sentiva diabbracciarlo. Distolse lo sguardoe disse: «Hai qualche sacchettodi plastica in macchina, oqualcosa che possiamo usare perraccogliere tutta questa roba e

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portarla alla pensione?».

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3

Elena chiuse il cellularementre Stefan fermava lamacchina davanti alla pensione.«L’infermiera dice che Caleb èancora in ospedale privo disensi», disse.

«Bene», esclamò Stefan. Leigli lanciò un’occhiata dirimprovero e lui le rispose conuno sguardo esasperato. «Se èprivo di sensi», spiegò, «avremo

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più possibilità di capire cheincantesimo ci ha lanciato».

Avevano riempito tre grandisacchi della spazzatura con iquaderni, i ritagli di giornale e ilibri che avevano trovato nelcapanno per gli attrezzi dagiardino degli Smallwood. Elenaaveva preferito non toccare ilpentacolo disegnato sulpavimento, con tutte le rose e lefoto intorno, temendo di poterinfluenzare l’incantesimo inqualche modo, ma aveva scattatoun paio di fotografie con il

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cellulare.Matt uscì e prese uno dei

sacchi. «Portate dentro un po’ dispazzatura?»

«Qualcosa del genere»,rispose torva Elena, e lo aggiornòsu quello che avevano scopertoalla villa degli Smallwood.

Matt fece una smorfia.«Pazzesco. Ma forse ora potremofinalmente fare qualcosa perquello che sta succedendo».

«Come mai sei qui cosìpresto?», chiese Elena,seguendolo verso la pensione,

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«pensavo che il tuo turno diguardia cominciasse alle dieci».Stefan arrancava dietro di lei conaltri sacchi della spazzatura.

«Ho passato la notte qui»,rispose Matt, «dopo che èapparso il nome di Bonnie, nonvolevo perderla di vista».

«È apparso il nome diBonnie?». Elena si girò di scattoverso Stefan, con uno sguardoaccusatore. «Perché non me lohai detto?».

Stefan scrollò le spalle, adisagio. «Non lo sapevo»,

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confessò esitante.«Stefan, ti avevo chiesto di

proteggere Meredith e Celia»,sbraitò Elena. «Avresti dovutorestare qui. Anche prima chesaltasse fuori il nome di Bonnie,erano Meredith e Celia a esserein pericolo. Contavo su di teperché le tenessi d’occhio».

Stefan le rispose con unosguardo rabbioso. «Non sono iltuo cagnolino, Elena», disse contranquillità. «Ho avvertito unamisteriosa minaccia che pensavoandasse indagata a fondo. Ho

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agito per proteggerti. E avevoragione. Il pericolo era piùimmediato per te che per gli altri.E ora abbiamo l’opportunità diricostruire l’incantesimo».

Elena batté le palpebre,sorpresa da quel tono di voce, manon poteva negare la verità dellesue parole. «Scusa», dissecontrita. «Hai ragione. Sonocontenta che abbiamo scoperto ilcapanno di Caleb».

Matt aprì la porta. Posarono isacchi all’ingresso e si diresseroin cucina, dove la signora

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Flowers, Alaric e Meredithstavano facendo una bellacolazione a base di cornetti,marmellata, frutta e salsicce.

«Celia è partita», annunciòMeredith appena misero piedenella stanza. L’aveva detto convoce neutra, come se stessedando una banale informazione,ma i suoi occhi grigi, solitamentefreddi, sprizzavano allegriamentre scambiava un sorrisod’intesa con Elena.

«E dove sarebbe andata?»,chiese Elena con pari

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disinvoltura, allungando unamano sul tavolo per prendere uncornetto. Era stata una lungamattinata, e stava morendo difame.

«All’università dellaVirginia», rispose Alaric. «Speradi trovare qualche indiziofacendo ricerche sullemaledizioni e la magiapopolare».

«Forse abbiamo già qualcheinformazione in più», annunciòElena, masticando un bocconedel delizioso cornetto al burro.

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Riferì cosa avevano trovato nelcapanno: «Abbiamo portato tuttele carte e i taccuini di Caleb. Eora vi mostro che cosa halasciato sul pavimento». Tiròfuori il cellulare, caricò la foto elo porse alla signora Flowers.

«Santo cielo!», dissel’anziana signora. «Questasembra proprio magia nera. Michiedo che cosa pensasse di farequel ragazzino».

Stefan sbuffò. «Non è unragazzino, signora Flowers. Ho ilforte sospetto che sia un lupo

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mannaro e un praticante dimagia nera».

La signora Flowers lo freddòcon uno sguardo duro. «Hascelto di certo il modo sbagliatodi andare in cerca di suo cugino.Ma questo pentacolo mi sembraopera di un dilettante. Se hafunzionato, dev’essere stato piùper caso che per progetto».

«Se ha funzionato?», chieseMeredith. «A mio parere, leprove suggeriscono chequalunque cosa abbia fatto, hafunzionato».

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«Certo, sarebbe unacoincidenza troppo singolare seCaleb avesse tentato di lanciareun incantesimo su di noi eun’inspiegabile maledizione ciavesse effettivamente colpiti»,osservò Alaric.

«Dov’è Caleb adesso?»,chiese Matt, aggrottando lafronte. «Sa che avete trovato lesue cose? Dobbiamo scovarlo etenerlo d’occhio?».

Stefan incrociò le braccia alpetto. «È all’ospedale».

Seguì un minuto di silenzio,

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in cui tutti si guardarono negliocchi e decisero, sulla base delcontegno glaciale di Stefan, dinon indagare oltre. Meredithrivolse uno sguardo interrogativoa Elena, che le rispose con unlieve cenno del capo, come perdire: “Ti spiego dopo”.

Elena si girò verso la signoraFlowers: «Può dirci quale magiastesse usando Caleb? Che cosastava cercando di fare?».

L’anziana signora studiò lafoto con attenzione. «È unadomanda interessante», disse.

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«Le rose di solito si usano per gliincantesimi d’amore, ma ilpentacolo e le foto che locircondano suggeriscono unintento malevolo. È probabileche l’insolito colore cremisi dellerose servisse a renderle piùefficaci. Si possono usare ancheper evocare passioni di altrogenere. La mia migliore ipotesi èche Caleb stesse cercando dicontrollare le vostre emozioni, inqualche modo».

Elena si girò di scatto aguardare Stefan, cogliendone

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l’espressione guardinga e latensione delle spalle.

«Ma questo è quanto possodirvi per ora», continuò lasignora Flowers. «Se avete vogliadi esaminare i taccuini di Calebin cerca di indizi, Bonnie e iopossiamo fare delle ricerchesulle proprietà magiche dellerose e sugli incantesimi in cuipotrebbero essere utilizzate».

«Dov’è Bonnie?», chieseElena. Anche se aveva avuto findall’inizio la sensazione chemancasse qualcosa, si era accorta

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solo in quel momento che laminuta ragazza dai capelli rossinon era con loro in cucina.

«Sta ancora dormendo»,disse Meredith. «Sai che adoradormire fino a tardi». Sorrise.«Bonnie di sicuro si è divertita arecitare la parte della damigellain pericolo per averci tutti al suoservizio ieri sera».

«Io penso che sia stata moltocoraggiosa», disseinaspettatamente Matt. Elena loosservò. Non è che stavacominciando a provare del

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tenero per Bonnie? Pensò chesarebbero stati una bella coppia,e fu sorpresa di sentire unapiccola fitta di rabbia possessivanel mezzo di quelle congettureda mezzana. Dopotutto, Matt èsempre stato tuo, le sussurròuna voce dura.

«Vado su a svegliarla», disseallegramente Meredith. «Non c’èpace per le streghe». Saltò inpiedi e si diresse verso le scale.Zoppicava, ma si notava appena.

«Come sta la tua caviglia?»,chiese Elena. «Hai un aspetto di

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gran lunga migliore».«Guarisco in fretta», disse

Meredith. «Immagino sia unaconseguenza del mioaddestramento da cacciatrice divampiri. Non uso il bastone daquando sono andata a letto, ierisera, e stamattina sembra che lagamba sia quasi tornata allanormalità».

«Sei fortunata», disse Elena.«Già», concordò Meredith,

rivolgendo un gran sorriso adAlaric, che le rispose con unosguardo di ammirazione. Fece di

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corsa gli ultimi gradini,ostentando agilità, piegandosisolo un poco per appoggiarsi allaringhiera.

Elena prese un altro cornettoe ci spalmò sopra la marmellata.«Noi intanto possiamocominciare a esaminare tutte lecarte e gli oggetti che abbiamopreso dal capanno di Caleb.Alaric, visto che sei l’unicoesperto di magia, oltre a Bonniee alla signora Flowers, puoiprendere questo taccuino mentreio…».

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S’interruppe sentendo unurlo provenire dal piano di sopra.

«Meredith!», gridò Alaric.Più tardi, Elena non riuscì

nemmeno a ricordare come fossearrivata di sopra. Aveva solo unvago ricordo di gambe e bracciache spingevano e di una granconfusione mentre cercavano disalire tutti insieme per la strettascalinata. Meredith, con il voltopallido e spaventato, stavadavanti alla porta della camerettarosa e panna in fondo alcorridoio. Si girò a guardarli con

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gli occhi grigi pieni di terrore emormorò: «Bonnie».

Nella stanza, il corpo minutodi Bonnie giaceva immobile sulpavimento, con la faccia a terra eun braccio proteso verso la porta.Candele bianche e nere, ormaispente, erano disposte in cerchiodietro di lei. Una delle candelenere era rovesciata. All’internodel cerchio c’era una macchiache sembrava sangue, quasi deltutto secco, e accanto c’era unlibro segnato dal tempo.

Elena spinse da parte

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Meredith e s’inginocchiò accantoalla figura immobile sulpavimento, toccandole il colloper sentire il battito. Lasciòandare il respiro trattenutoquando sentì sotto le dita ilbattito forte e regolare del cuore.

«Bonnie», disse, scuotendolaper spalle, poi la girò condelicatezza sul dorso. La ragazzaricadde a peso morto sullaschiena. Il suo respiro eraregolare, ma gli occhirimanevano chiusi, con le lungheciglia che proiettavano ombre

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sulle guance lentigginose.«Qualcuno chiami

un’ambulanza», implorò subitoElena.«Ci penso io», disseMeredith, uscendo dalla suaimmobilità.

«Non ci serveun’ambulanza», disse con calmala signora Flowers, fissandoBonnie con una smorfia didolore sul viso.

«Ma cosa sta dicendo?»,gridò Meredith. «È priva disensi! Dobbiamo chiamarequalcuno che possa aiutarla».

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Negli occhi della signoraFlowers c’era uno sguardorisoluto. «I dottori e leinfermiere dell’ospedale nonsarebbero in grado di aiutareBonnie», disse. «Potrebberopersino danneggiarlaintervenendo con inefficacisoluzioni mediche in unproblema estraneo alla medicina.Bonnie non è malata; è sottoincantesimo. Sento che l’aria ècarica di magia. La cosa miglioreda fare è tentare di metterlacomoda e accudirla, mentre

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cerchiamo una cura».Matt fece un passo avanti. Sul

viso aveva un’espressioneinorridita, ma non stavaguardando il corpo immobile diBonnie. Alzò una mano e puntòil dito: «Guardate», disse.

Un vassoio contenente unateiera, una tazza e un piattino siera rovesciato a terra. La tazzaera andata in pezzi, la teieragiaceva su un fianco e le foglie ditè, che si erano versate sulpavimento, disegnavano unalunga curva scura.

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Una curva che formava lelettere di un nome.

elena

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4

Lo sguardo terrorizzato diMatt vagava tra la figura prona diBonnie, il nome sul pavimento eil volto pallido di Elena. Dopoqualche minuto di shock, Elenasi girò di scatto e lasciò la stanza.Stefan e Matt la seguirono,mentre Meredith e gli altri sioccupavano di Bonnie. Nelcorridoio, Elena si avventòcontro Stefan: «Avresti dovuto

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badare a loro. Se fossi rimastoqui, Bonnie avrebbe avuto un po’di protezione».

Matt, che aveva seguitoStefan fuori dalla stanza, fecequalche passo indietro. Elenafissava Stefan con i dentiscoperti e gli occhi azzurri chemandavano lampi. Anche Stefanla guardava infuriato.

«Non è stata colpa sua,Elena», obiettò con garbo.«Alaric e la signora Flowersavevano attivato degliincantesimi di protezione. Non

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era previsto che qualcosariuscisse a superare le difese.Anche se Stefan fosse rimastoqui, non avrebbe potuto passaretutta la notte nella camera diBonnie».

«Avrebbe dovuto, invece, seera necessario per la suaprotezione», ribatté aspra Elena.Guardava Stefan con il voltocontratto dall’ira.

Anche se era intervenuto perdifenderlo, Matt non riusciva asopprimere un caldo sentimentodi soddisfazione nel vedere che

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Stefan ed Elena avevano finitoper litigare. Era ora che Elena siaccorgesse che Stefan non èperfetto, suggerì la partepeggiore di lui, gongolando.

Alaric e la signora Flowersuscirono di corsa dalla stanza,allentando la tensione fra i due.La signora Flowers scosse latesta: «Pare che Bonnie stessetentando di contattare i morti.Davvero sciocco da parte sua, manon capisco come possa essersiridotta in quello stato da sola.Deve essere l’effetto della stessa

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forza misteriosa che ha messo inpericolo gli altri. Per oraMeredith resterà al suocapezzale, intanto noiindaghiamo».

Matt guardò Elena e Stefan.«Se non sbaglio, avevate dettoche Caleb era uscito di scena».

«Infatti, era quello chepensavo!», rispose Stefanmentre si dirigevano tutti alpiano di sotto. «Forse quel che èsuccesso a Bonnie è cominciatoprima del nostro scontro alcimitero».

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Alaric aggrottò la fronte. «Sele cose stanno così el’incantesimo è ancora attivo, lostesso Caleb potrebbe non esserein grado di fermarlo. Forse sitratta di una maledizione che siautoperpetua e nemmeno la suamorte riuscirebbe a bloccarla».

Elena si diresse decisaall’ingresso, strappò il primosacco della spazzatura che lecapitò sottomano e prese arovistarci dentro, tenendo lamascella serrata. «Dobbiamocapire cosa ha fatto». Tirò fuori

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una pila di taccuini e li distribuìagli altri. «Cercate i passaggieffettivi di un incantesimo. Seriusciamo a capire come lo haattivato, forse Alaric o la signoraFlowers troveranno il modo diannullarlo».

«Il libro di incantesimi chestava usando Bonnie è uno deimiei», disse la signora Flowers.«Non c’è niente in quel libro chepossa aver avuto effetti simili sudi lei, ma ci darò lo stesso unosguardo, nel caso mi fossesfuggito qualcosa».

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Presero un taccuino a testa euna pila di fogli e li sparsero sultavolo della cucina.

«Nel mio ci sono deidisegni», disse Stefan, unminuto dopo. «C’è un pentacolo,ma mi sembra diverso da quelloche abbiamo visto sul pavimentodel capanno».

Alaric prese il taccuino edesaminò il disegno, poi scosse latesta. «Non sono un esperto, mami pare che questo faccia partedi un comune incantesimo diprotezione».

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Sul taccuino che aveva presoMatt c’erano soprattutto appuntiscritti a mano. “Il primo decessoè stato quello del signorTanner?”, si chiedeva Caleb. “Èsuccesso ad Halloween?”, “Elena,Bonnie, Meredith, Matt, Tyler,Stefan: erano tutti presenti”.Mentre leggeva, Matt sentiva ipassi inquieti di Meredith alpiano di sopra, vicino al letto diBonnie, e le parole gli siconfusero davanti. Si strofinò gliocchi con le nocche, per evitarel’imbarazzo delle lacrime. Era

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tutto inutile. Anche se ci fossestata qualche informazioneimportante in quel taccuino, luinon sarebbe mai stato in grado diriconoscerla.

«Ma non sembra stranoanche a voi che Celia sia stata laprima vittima di questamisteriosa forza maligna?»,chiese Elena. «Non c’era nientesu di lei nel capanno. E non hamai incontrato Tyler, figuriamociCaleb. Se Caleb stava cercando divendicarsi di noi per lascomparsa di suo cugino, perché

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avrebbe dovuto attaccare Celiaper prima? Anzi, perché avrebbedovuto prendersela con lei, ingenerale?».

Matt pensò che era propriouna buona osservazione, e stavaper dirlo quando vide la signoraFlowers. Dritta in piedi, lavecchia stava guardando fisso unpunto dietro il suo orecchiosinistro, e annuiva leggermente.«Davvero la pensi così?», dissesottovoce. «Oh, questo cambia lecose. Sì, capisco. Grazie».

Prima che il suo sguardo

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tornasse a focalizzarsi su di loro,anche gli altri avevano notatoquella conversazione unilaterale,ed erano rimasti in silenzio adaspettare che terminasse.

«Sua madre sa cos’è successoa Bonnie?», chiese conimpazienza Matt. Mentre i suoiamici viaggiavano nellaDimensione Oscura, Matt erarimasto a Fell’s Church acombattere i kitsune con lasignora Flowers, e il tempotrascorso insieme comecompagni d’armi gli aveva reso

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familiari le frequenticonversazioni che l’anzianadonna intratteneva con il regnodegli spiriti. Se la madre dellasignora Flowers li avevainterrotti, aveva di sicuroqualcosa di importante e utile dadire.

«Sì», disse la signoraFlowers, rivolgendogli unsorriso. «In effetti, Mama è statadavvero d’aiuto». Il suo viso sifece serio mentre si guardavaintorno. «Mama è riuscita apercepire l’essere che si è

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impossessato dell’anima diBonnie. Ha cominciato aosservarlo appena è entrato incasa, anche se non aveva i mezziper combatterlo. È sconvolta pernon essere riuscita a salvareBonnie. Le è piuttostoaffezionata».

«Ma Bonnie se la caverà?»,chiese Matt, mentre gli altridomandavano: «Allora checos’è?» e «Quindi si tratta di undemone o di un’altra creatura,non di una maledizione?».

La signora Flowers guardò

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prima Matt. «Forse riusciremo asalvarla. Di sicuro ci proveremo.Ma dobbiamo prima sconfiggerela cosa che si è impossessata dilei. E anche voi siete tuttora ingrave pericolo».

Li guardò uno per uno. «Èuno spirito».

Ci fu un attimo di silenzio.«In che senso uno spirito?»,

chiese Elena. «Intende unfantasma?»

«Ma certo, uno spirito», dissecon tranquillità Stefan,scuotendo la testa come se non

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riuscisse a capacitarsi che l’ideanon gli fosse venuta in menteprima. «Tanti anni fa, quandoero ancora in Italia, visitai unpaese dove si raccontava di unospirito che infestava le stradedell’Umbria. Non era unfantasma, ma un essere creato daemozioni forti. Si narrava che unuomo, reso folle dalla gelosia,avesse ucciso la moglie infedelee il suo amante, e poi si fossetolto la vita. Da queste azioni erascaturito qualcosa: un esserecomposto delle loro emozioni.

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Uno a uno, quelli che vivevanonelle vicinanze impazzirono.Fecero cose terribili». Stefansembrava profondamentesconvolto.

«È questo che abbiamo difronte? Una specie di demoneevocato dalla rabbia che faràimpazzire tutti?». Elena sirivolse alla signora Flowers intono implorante. «Perchéfrancamente penso che questacittà ne abbia avuto abbastanzadi roba del genere».

«Non può succedere di

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nuovo», disse Matt. Anche luiguardava la signora Flowers. Ladonna era l’unica che avesseassistito con lui alla rovina dellacittà, che per poco non era statadistrutta. Gli altri c’erano statiall’inizio, ma quando eranocominciati a succedere fattidavvero tremendi e le cose sierano volte al peggio, eranoandati nella Dimensione Oscuraa combattere le loro battaglie perriportare la situazione allanormalità.

La signora Flowers incrociò il

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suo sguardo e annuì condecisione, come se stessefacendo una promessa. «Nonsuccederà», disse. «Stefan,probabilmente quello di cui parliera uno spirito della rabbia, masembra che la spiegazionepopolare di quegli eventi nonfosse molto accurata. SecondoMama, gli spiriti si nutrono diemozioni, come i vampiri sinutrono di sangue. Più forte èun’emozione, meglio si nutronoe più sono attivi. Sono attratti dapersone o comunità che già

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provano forti emozioni, e creanoquasi un circolo vizioso,incoraggiando e alimentando ipensieri che rafforzeranno taliemozioni, così da potercontinuare a nutrirsi. Hannopoteri psichici piuttostosviluppati, ma sopravvivono solofintanto che le loro vittimecontinuano a nutrirli».

Elena ascoltava conattenzione. «Ma questo cosac’entra con Bonnie?». GuardòStefan. «In questa cittàdell’Umbria, la gente cadeva in

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coma a causa dello spirito?».Stefan scosse la testa. «Non

che io sappia», disse. «Forse èqui che entra in gioco Caleb».

«Chiamo Celia», disse Alaric.«Questo la aiuterà a concentrarele sue ricerche. Se c’è qualcunoche ha del materiale su questiargomenti, è la dottoressaBeltram».

«Sua madre può dirci di chetipo di spirito si tratta?», chieseStefan alla signora Flowers. «Sesapessimo di che emozioni sinutre, potremmo tagliargli i

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rifornimenti».«Non lo sa», rispose lei. «E

non sa nemmeno comesconfiggere uno spirito. E c’èun’altra cosa che dobbiamoprendere in considerazione:Bonnie possiede un’enormequantità di potere psichicoinnato. È probabile che, se lospirito l’ha presa, si sia connessoal suo potere».

Matt annuì, seguendo il filodel discorso. «E se è così»,concluse torvo, «questo spiritonon può che diventare più forte e

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più pericoloso».

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5

Fecero molte ricerche quelgiorno, ma ottennero ben pochirisultati, il che fece aumentare lapreoccupazione di Elena per lostato comatoso dell’amica.Quando scese la sera e arrivò latelefonata di zia Judith, che lechiese, in tono seccato, se avesseintenzione di farsi vedere dallasua famiglia, avevano vagliatocon attenzione i quaderni e i

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ritagli del primo sacco, mentreAlaric, brontolando per lapessima calligrafia, avevaesaminato circa un terzo deltaccuino in cui Caleb avevatenuto traccia dei suoiesperimenti di magia.

Elena, sfogliando un’altrarisma di carta, aggrottò la fronte.Un’attenta analisi delle foto e deiritagli aveva confermato cheCelia non era tra le vittimedesignate di Caleb. Se lo spiritoaveva colpito prima lei, dovevaessere perché l’emozione di cui

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si nutriva, qualunque fosse, inCelia era molto forte.

«La tendenza a criticaretutto?», suggerì Meredith,attenta a non farsi sentire daAlaric.

Stampe e ritagli mostravanoanche che Caleb era davveroossessionato dalla scomparsa diTyler, e che aveva prove e ricordidi due diverse linee temporaliper lo stesso periodo, una in cuiFell’s Church era stata distruttaed Elena era morta, e una in cuinella ridente cittadina della

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Virginia la vita era andata avanticome al solito, e nulla avevainterrotto il regno dellameravigliosa studentessadell’ultimo anno Elena Gilbert.La doppia serie di ricordi coprivasoltanto l’estate, ma Caleb avevaricevuto frequenti telefonate daTyler, che durante l’autunno el’inverno passati l’avevaaggiornato sui misteriosi eventiche circondavano la morte delsignor Tanner e su tutto ciò cheera accaduto in seguito. Tuttavia,stando agli appunti, pareva che

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Tyler avesse parlato solo dei suoicrescenti sospetti su Stefan,senza far cenno alla suatrasformazione in lupo mannaroe alla cospirazione con Klaus.

«Tyler», borbottò Elena.«Riesce a creare problemi anchequando non si vede da unpezzo».

Il taccuino che Alaric avevaesaminato fino a quel momentodimostrava che Caleb conoscevala magia e che stava pianificandodi usarla sia per vendicarsi diloro, sia per localizzare Tyler. Ma

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non dava indizi su come avesseevocato il fantasma.

E anche se Alaric avevasottoposto all’esame dellasignora Flowers qualsiasiappunto gli sembrassesignificativo, qualsiasi formulamagica o disegno, non avevanoancora scoperto qualeincantesimo avesse usato Calebo a che cosa servisse la rosa.

Stefan accompagnò Elena acasa per cena, poi tornò allapensione per continuare adaiutare gli altri nelle ricerche.

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Avrebbe voluto restare con lei,ma aveva la sensazione che suazia non avrebbe apprezzato unospite per cena all’ultimomomento.

Appena oltrepassò la soglia,Elena avvertì le tracce dellapresenza di Damon e le tornò inmente che, solo qualche oraprima, erano stati l’uno fra lebraccia dell’altra, al piano disopra. Durante la cena, mentreraccontava la favola dellabuonanotte a Margaret, e poiquando aveva telefonato a

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Meredith per controllare seavessero fatto progressi, nonaveva mai smesso di pensare alui, con desiderio, chiedendosi sel’avrebbe rivisto quella notte.Questo le procurava pungentiscrupoli nei confronti di Stefan eBonnie. Era così egoista da partesua nascondere a Stefan ilritorno del fratello e pensare a sestessa mentre Bonnie era inpericolo. Quel circolo vizioso difelicità e senso di colpa erastancante, tuttavia non riusciva acontenere l’entusiasmo al

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pensiero che Damon fosse vivo.Una volta sola nella sua

stanza, si passò la spazzola fra imorbidi capelli dorati e infilò lacamicia da notte semplice efresca che aveva indosso la notteprima. L’aria fuori era calda eumida, e dalla finestra sentiva ilfrinire dei grilli. Le stelleluccicavano e la mezzalunafluttuava in alto nel cielo, soprale cime degli alberi. Augurò labuonanotte a zia Judith e aRobert, e si mise a letto,sprimacciando i cuscini.

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Pensò che avrebbe potutoaspettare a lungo. A Damonpiaceva scherzare e adorava leentrate in scena in grande stile,quindi era probabile che avrebbeaspettato finché non avessepensato che si fosseaddormentata, e poi si sarebbeintrodotto di soppiatto nella suastanza. Ma aveva appena spentola luce quando le parve che unpezzetto di tenebra si separassedalla notte, fuori dalla finestra.Sul pavimento s’intravide l’ormadi una scarpa, e il materasso

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cigolò quando Damon si sedetteai piedi del letto.

«Ciao, amore», dissedolcemente.

«Ciao», rispose lei,sorridendo. Lui la guardava dalleombre con i suoi lucenti occhineri, e d’un tratto Elena si sentìelettrizzata e felice, nonostantetutto.

«Che mi racconti?», chiese.«Ho notato un bel po’ ditrambusto alla pensione.Qualcosa ha messo in ansia ituoi piccoli amici?». Il suo tono

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era indifferente e sarcastico, malo sguardo era intenso, ed Elenasapeva che era preoccupato.

«Se mi permettessi di dire atutti che sei vivo, potresti starecon noi, e allora sapresti quelloche sta succedendo direttamentedalla fonte», scherzò. Pois’incupì. «Damon, ci serve il tuoaiuto. È successa una cosaterribile».

Gli raccontò di Bonnie e diquello che avevano scoperto nelcapanno per gli attrezzi degliSmallwood.

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Lo sguardo di Damon eraardente: «Uno spirito ha preso ilpiccolo pettirosso?»

«Così dice la madre dellasignora Flowers», rispose Elena.«Stefan ci ha raccontato di avergià sentito parlare di uno spiritodella rabbia da qualche parte inItalia».

Damon sbuffò. «Sì, me loricordo. Fu divertente all’epoca,ma non ha niente a che fare conquello che hai descritto. Cosac’entra questa teoria di Stefancon la possessione di Bonnie? O

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con il fatto che quando qualcunoè in pericolo appare il suonome?»

«È anche la teoria dellasignora Flowers», risposeindignata Elena. «O di suamadre, credo. Ed è l’unica cheabbia senso».

Damon le carezzava il bracciocon la mano leggera come unapiuma, e questo la faceva sentirebene. Le venne la pelle d’oca enon riuscì a trattenere un brividodi piacere. Basta, pensò severa.Questa è una cosa seria. Mise il

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braccio fuori dalla sua portata.Quando parlò, Damon aveva

un tono divertito e indolente.«Non posso biasimare la vecchiastrega e il fantasma di suamadre», disse. «Gli umani disolito restano nella lorodimensione; persino il più dotatoapprende solo una minima partedi ciò che succede. Ma se Stefansi comportasse come un vampiroche si rispetti e non se neandasse in giro cercando incontinuazione di essere umano,avrebbe capito qualcosina in più.

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Non si è nemmeno degnato diviaggiare nella DimensioneOscura, se non quando vi è statotrascinato con la forza per stareseduto in una gabbia o persalvare Bonnie. Magari sel’avesse fatto, avrebbe capitocosa sta succedendo e sarebbe ingrado di proteggere un po’meglio i suoi piccoli umani dacompagnia».

Elena si stizzì. «Umani dacompagnia? Sarei anch’io una diquesti umani da compagnia?».

Damon ridacchiò, ed Elena

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capì che l’aveva detto apposta perfarla arrabbiare. «Un’umana dacompagnia? Tu, principessa?Giammai. Una tigre, magari.Qualcosa di selvaggio epericoloso».

Elena alzò gli occhi al cielo.Poi colse l’implicazione delle sueparole. «Un attimo, stai dicendoche non è uno spirito? E che tusai cos’è in realtà? Viene dallaDimensione Oscura?».

Damon le si avvicinò dinuovo. «Ti piacerebbe sapere ciòche so io?», disse. La sua voce

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sembrava una carezza. «Ci sonotantissime cose che potrei dirti».

«Damon», disse decisa Elena.«Smettila di flirtare econcentrati. È importante. Se saiqualcosa, per favore, dimmelo.Altrimenti, smettila di prendermiin giro. È in gioco la vita diBonnie. E siamo tutti in pericolo.Anche tu sei in pericolo, nondimenticartelo: è apparso il tuonome e non possiamo sapere percerto se ciò che è successo sullaLuna Oscura fosse l’attaccodiretto a te».

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«Non sono tantopreoccupato». Damon fece ungesto sprezzante con la mano.«Ci vuole ben altro che unospirito per ferire me, principessa.Ma, sì, ne so un po’ più di Stefansull’argomento». Le rigirò lamano e le sfiorò il palmo con ledita fredde. «È uno spirito»,disse. «Ma è diverso da quelloche abbiamo visto in Italia, tantotempo fa. Ricordi che Klaus eraun Originario, uno dei primivampiri? Non è stato generatocome me, Stefan o Katherine;

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non è mai stato umano. GliOriginari come Klausconsiderano i vampiri che primaerano esseri umani deglispregevoli mezzosangue. Eramolto più forte di noi e moltopiù difficile da uccidere. Anchegli spiriti possono appartenere aspecie diverse. Gli spiriti natisulla Terra possono intensificaree suscitare le emozioni da cuisono sorti. In ogni caso, nonhanno una grandeconsapevolezza di se stessi, enon diventano mai molto forti.

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Sono solo parassiti. Se vengonoseparati dalle emozioni di cui sinutrono, si dissolvono molto infretta».

Elena aggrottò la fronte. «Matu pensi che questo sia unospirito di una specie differente,più potente? Perché? Te l’hadetto Sage?».

Damon le batté le dita sullamano, mentre contava. «Uno: inomi. Questo va oltre i poteri diuno spirito normale. Due: hapreso Bonnie. Uno spiritonormale non ci sarebbe riuscito,

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e, anche se l’avesse fatto, non ciavrebbe ricavato nulla. Unospirito Originario, invece, puòrapire la sua anima e riportarlanella Dimensione Oscura. Puòprosciugare la sua forza vitale ele sue emozioni per accrescere ilproprio potere».

«Un attimo», esclamò Elena,allarmata. «Bonnie è tornatanella Dimensione Oscura? Ma lepuò succedere di tutto!Potrebbero farla di nuovoschiava!». Calde lacrime lebruciarono gli angoli degli occhi

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quando pensò a come venivanotrattati gli esseri umani nellaDimensione Oscura.

Damon le strinse la mano.«No, non preoccuparti. Si trova lìsolo la sua anima. Lo spiritol’avrà rinchiusa in una cella, daqualche parte; vorrà tenerla alsicuro. Penso che la cosapeggiore che possa capitarle siadi annoiarsi». Aggrottò la fronte.«Le sta togliendo la forza vitale,comunque, e questo alla lunga laindebolir໫Tu pensi cheannoiarsi sia la cosa peggiore che

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possa capitarle… oh, almenofinché non l’avrà prosciugata ditutta la sua forza vitale? Non mipare che vada tanto bene,Damon. Dobbiamo aiutarla».Elena si fermò un attimo ariflettere. «Quindi gli spiritivivono nella DimensioneOscura?».

Damon esitò. «Non dasempre. I fantasmi Originarifurono relegati sulla LunaOscura dalle Guardiane».

«La luna dove sei morto».«Già», concordò caustico

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Damon. Poi le massaggiò il dorsodella mano come per scusarsi insilenzio del suo tono di voce. «Ifantasmi Originari sono tenuti inuna specie di prigione nella LunaOscura, e aspettano solol’occasione di uscire. Come i genidella lampada. Se qualcosarompe le mura della prigione, illoro obiettivo finale èraggiungere la Terra e nutrirsidelle emozioni umane. Sage hadetto che, dopo la distruzione delGrande Albero, le cose sonocambiate, ed è comprensibile che

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uno spirito sia riuscito a fuggireapprofittando del trambusto».

«Ma perché percorrere tuttaquesta strada per arrivare sullaTerra?», chiese Elena. «Ci sonotutti quei demoni e vampiri nellaDimensione Oscura…».

Nella penombra, vide cheDamon sorrideva. «Immaginoche le emozioni umane siano piùsaporite. Come il sangue, delresto. E gli umani che vivononella Dimensione Oscura nonbastano per una verascorpacciata. Sulla Terra ci sono

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così tanti esseri umani che unospirito Originario può continuarea ingozzarsi di emozioniall’infinito, diventando semprepiù potente».

«Quindi ci ha seguito dallaLuna Oscura?», chiese Elena.

«Deve essersi fatto dare unpassaggio da voi quando sietetornati sulla Terra. Di sicurovoleva allontanarsi il piùpossibile dalla sua prigione,quindi avrà trovato irresistibileun’apertura tra le Dimensioni».

«Ed è evaso quando ho usato

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le Ali della Distruzione e ho fattoesplodere la Luna Oscura?».

Damon fece spallucce:«Sembra la spiegazione piùplausibile».

Elena si sentì morire.«Quindi la visione di Bonnie eracorretta. L’ho portato io qui. Ècolpa mia».

Lui le scostò con delicatezza icapelli e le baciò il collo. «Nonpensarla in questo modo», disse.«Che avresti potuto fare perfermarlo? Non lo sapevi. E sonofelice che tu abbia usato le Ali

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della Distruzione: mi hannosalvato, dopotutto. Ciò che conta,adesso, è combattere lo spirito.Dobbiamo rimandarlo indietroprima che diventi troppo forte.Se prende davvero piede,comincerà a influenzare semprepiù persone. Tutto il mondopotrebbe essere in pericolo».

Elena, quasi senzarendersene conto, piegò il collodi lato così che Damon potesseavere un’angolazione migliore, elui le sfiorò una vena con lelabbra prima che lei si rendesse

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conto di quello che stavanofacendo e lo allontanasse dinuovo con una spinta.«Comunque non capisco. Perchédovrebbe dirci chi sarà ilprossimo?», disse. «Perché ci dài nomi?»

«Oh, non dipende da lui»,disse Damon, e le baciò le spalle.«Anche lo spirito più potentedeve seguire delle regole.Dipende dall’incantesimo con cuile Guardiane hanno legato glispiriti Originari, quando li hannorelegati sulla Luna Oscura. Una

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misura di sicurezza nel casofossero riusciti a scappare. Inquesto modo, le loro prede sannoche stanno arrivando e questo dàloro l’opportunità di resistere».

«Le Guardiane l’hannoimprigionato», disse Elena.«Pensi che ci aiuterebbero ariportarlo indietro?»

«Non lo so», rispose bruscoDamon. «Non chiederei a loro sepotessi evitarlo, comunque. Ionon mi fido, e tu?».

Elena pensò alla freddaefficienza delle Guardiane, al

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modo in cui avevano liquidato lamorte di Damon comeirrilevante. O al modo in cuiavevano provocato la morte deisuoi genitori. «No», disse,rabbrividendo. «Lasciamolefuori, se possibile».

«Lo sconfiggeremo da soli,Elena», disse Damon, e lecarezzò la guancia.

«Smettila», disse Elena. «Cidobbiamo concentrare».

Damon per un attimorinunciò ai tentativi di toccarla esi mise a riflettere. «Parlami dei

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tuoi piccoli amici. Ti sonosembrati nervosi? Hannolitigato? Si sono comportati inmodo insolito?»

«Sì», rispose subito.«Nessuno si è comportatonormalmente. Da quando siamotornati c’è qualcosa di moltostrano, anche se non saprei diredi preciso cosa».

Damon annuì. «Giacchéprobabilmente è venuto con voi,è normale che vi abbia preso dimira insieme alle persone a voicollegate. Siete le sue prime

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vittime».«Ma come possiamo

fermarlo?», chiese Elena. «Lestorie che hai sentito sugli spiritiOriginari cosa dicono a riguardo?C’è un modo per riacciuffarli unavolta scappati dalla loroprigione?».

Damon sospirò e abbassò unpo’ le spalle. «Niente», disse.«Non so altro. Devo tornarenella Dimensione Oscura evedere se riesco a scoprirequalcosa, o se posso combatterelo spirito da lassù».

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Elena s’irrigidì. «È troppopericoloso, Damon».

Lui ridacchiò, un suono secconel buio, ed Elena sentì che lepassava le mani fra i capelli,lisciando le morbide ciocche epoi arrotolandole intorno alledita, tirando dolcemente. «Nonper me», disse. «La DimensioneOscura è un posto fantastico sesei un vampiro».

«Se non fosse che lì seimorto», gli ricordò Elena. «Perfavore, Damon. Non potreisopportare di perderti un’altra

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volta».Damon fermò la mano fra i

suoi capelli, poi cominciò abaciarla con dolcezza e sollevòl’altra mano per carezzarle laguancia. «Elena», disse,smettendo a malincuore dibaciarla. «Non mi perderai».

«Deve esserci un altromodo», insisté lei.

«Be’, allora faremmo meglioa trovarlo, e presto», risposetorvo, «altrimenti il mondointero sarà in pericolo».

Damon era saturo di Elena.

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Aveva il suo profumo dolce ecorposo nelle narici, il battito delsuo cuore nelle orecchie, la setadei suoi capelli e il raso della suapelle sotto le dita. Volevabaciarla, stringerla, affondare identi nella sua carne e assaggiarel’inebriante nettare del suosangue, che aveva un saporeunico e intenso.

Ma lei lo costrinse ad andare,anche se lui sapeva che non eraciò che voleva davvero.

Non disse che lo mandava viaa causa di suo fratello, ma lui lo

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sapeva lo stesso. Era semprecolpa di Stefan.

Appena si congedò da lei, conun movimento aggraziato sitrasformò di nuovo in un grossocorvo nero e volò dalla finestradella stanza a un vicino albero dimele cotogne. Una volta lì,ripiegò le ali e si spostò da unazampa all’altra, sistemandosi sulramo per sorvegliarla. Riusciva asentirla attraverso il vetro: erainquieta all’inizio, con i pensieriin subbuglio, ma presto le suepulsazioni rallentarono, e lui

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capì che si era addormentata.Sarebbe rimasto lì di guardia.

Non c’erano dubbi: dovevasalvarla. Se Elena voleva il suocavaliere senza macchia e senzapaura, qualcuno che laproteggesse nobilmente,l’avrebbe avuto: era lì per quello.Perché lasciare tutta la gloria aquello smidollato di Stefan?

Tuttavia non era sicuro sucome procedere. Anche se Elenal’aveva implorato di non andarci,tornare nella Dimensione Oscuragli sembrava la mossa più logica

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per combattere lo spirito. Macome avrebbe fatto ad arrivarci?Non c’erano scorciatoie. Nonaveva tempo per raggiungere dinuovo uno dei portali, né eradisposto a lasciare Elena da solaper il tempo necessario aviaggiare fin lì. Non potevaaspettarsi di trovare per caso unaltro oggetto utile come unasfera stellata.

Inoltre, non gli convenivatornare nella DimensioneOscura, perché era un postoparticolarmente pericoloso per

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lui in quel momento. Nonpensava che le Guardianesapessero che era tornato dallamorte e non riusciva aimmaginare come avrebberoreagito alla notizia. Preferiva nondoverlo scoprire. Le Guardianenon si curavano molto deivampiri, e preferivano che lecose restassero al loro posto.Bastava vedere come avevanospogliato Elena dei suoi Poteri,quando si erano accorte di lei.

Damon curvò le spalle earruffò le piume, irritato. Doveva

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esserci un altro modo, sì.Sentì un leggerissimo fruscio

provenire dal basso. Solo unvampiro, con il suo uditoipersensibile, avrebbe potutoavvertirlo: chiunque avesseprodotto quel suono si stavamuovendo con estrema cautela.Ma Damon lo udì. Scattòsull’attenti e si guardò in giròcon attenzione. Nessuno avrebbepreso la sua principessa.

Oh. Damon si rilassò dinuovo e, stizzito, chiuse il beccodi scatto. Stefan. L’ombrosa

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figura del suo fratellino era aipiedi dall’albero, con la testaall’indietro, e fissava condevozione la finestra oscurata diElena. Era ovvio che fosse lìpronto a difenderla da tutti gliorrori della notte.

Di colpo Damon capì cosafare: se voleva conoscere megliolo spirito, doveva abbandonarsi alui.

Chiuse gli occhi, lasciandosisommergere da tutti i sentimentinegativi che aveva nei confrontidi Stefan. Pensò che suo fratello

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aveva sempre preso ciò che luivoleva, rubandolo, se necessario.

Dannato Stefan, pensò conamarezza. Se suo fratello nonfosse arrivato in città per primo,avrebbe avuto l’opportunità diconquistare Elena, sarebbe statolui a ricevere la completadevozione che le scorgeva negliocchi ogni volta che guardavaStefan.

Invece lui era solo unaseconda scelta. Non era bastatoneppure a Katherine: anche leiaveva preferito suo fratello.

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Elena, una tigre rispetto allagattina che era stata Katherine,sarebbe stata una compagnaperfetta per lui. Bella, forte,scaltra, capace di grande amore.Insieme sarebbero stati i signoridella notte.

Ma lei si era innamorata diquello smidollato codardo di suofratello. Gli artigli di Damon siserrarono sul ramo.

È triste, non trovi?, suggerìuna voce tranquilla accanto a lui.Anche se continui a sforzarti,non sei mai abbastanza per le

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donne che ami.Gelide spire di bruma gli

toccarono le ali. Damon siraddrizzò e si guardò attorno.Una nebbia oscura si stavaraccogliendo intorno all’albero,serpeggiando proprio intorno alsuo ramo. Stefan se ne stavaignaro ai piedi dell’albero. Lanebbia era venuta solo per lui.

Sorridendo fra sé, Damonsentì che lo avviluppava, poi calòl’oscurità.

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6

Il giorno successivo faceva dinuovo molto caldo. L’aria eracosì umida e pesante checamminando per strada si avevala sgradevole sensazione diessere schiaffeggiati con unasciugamano intriso di acquacalda. Persino in macchina conl’aria condizionata accesa, Elenasentiva i capelli incresparsi perl’umidità.

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Stefan si era presentato acasa sua subito dopo colazione,stavolta con una lista di erbe eattrezzature magiche che lasignora Flowers gli aveva chiestodi prendere in città per i suoinuovi incantesimi di protezione.

Mentre lui guidava, Elenaguardava scorrere dal finestrinole case imbiancate e i prati verdie ben curati dei quartieriresidenziali, che man manolasciavano il posto agli edifici dimattoni e alle vetrine elegantidelle vie commerciali del centro.

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Stefan parcheggiò sulla stradaprincipale, davanti al deliziosocaffè in cui si erano fermati asorseggiare un cappuccinol’autunno precedente, subitodopo che lei aveva saputo dellasua vera natura. Mentresedevano a uno di quei tavolini,Stefan le aveva spiegato comepreparare un cappuccino italianotradizionale, e questo gli avevafatto tornare in mente i sontuosibanchetti della sua giovinezza,durante il Rinascimento: zuppearomatiche cosparse di chicchi di

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melograno; sostanziosi arrostiinnaffiati di acqua di rose;pasticcini con fiori di sambuco edi castagno. Una sfilza di piattidolci, elaborati, fortementespeziati, che un italiano modernonon avrebbe nemmenoriconosciuto come parte dellasua cucina nazionale.

Elena aveva riflettuto suquanto fosse cambiato il mondodall’ultima volta che Stefanaveva mangiato del cibo umano,provando soggezione. Lui avevaaccennato di sfuggita che le

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forchette erano appena diventatedi moda quando era ragazzo eche suo padre le aveva definitecon spregio “un’usanza frivola epasseggera”. Prima cheKatherine introducesse a casaloro la sua sensibilità femminilee l’attenzione alle mode,mangiavano solo con cucchiai ecoltelli affilati. «Con educazione,però», aveva detto, sorridendoper l’espressione che le si eradisegnata in faccia. «Avevamotutti ottime maniere a tavola. Amalapena te ne saresti accorta».

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All’epoca Elena pensava chele sue differenze rispetto airagazzi che conosceva – e laportata di tutti gli eventi storicidi cui era stato testimone –fossero una cosa moltoromantica.

Adesso… Be’, non sapeva cosapensare.

«Credo sia questo», disseStefan, prendendole la mano eriportandola al presente. «Lasignora Flowers ha parlato di unnegozio new age aperto da pocoche dovrebbe avere la maggior

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parte delle cose che le servono».Il negozio si chiamava

L’anima e lo spirito, ed erapiccolo ma vivace, ingombro dicristalli e figurine di unicorni,tarocchi e acchiappasogni. Tuttoera dipinto in toni porpora eargentati, e arazzi di setafluttuavano nella corrente d’ariaprodotta dal condizionatore suldavanzale. Tuttavia ilcondizionatore non eraabbastanza potente da incideresull’afa intensa di quellagiornata, e la donna minuta e

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gracile come un uccellino cheemerse dal retro del negozio, coni lunghi capelli ricci e le collanetintinnati, appariva stanca esudata.

«Come posso aiutarvi?»,disse con una voce bassa emusicale. Elena sospettò cheparlasse così per intonarsiall’atmosfera del negozio.

Stefan tirò fuori il pezzo dicarta coperto dall’intricata grafiadella signora Flowers e lo scrutòcon gli occhi socchiusi.Nonostante la sua vista da

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vampiro, decifrare la scritturadell’anziana signora potevaessere una sfida.

Oh, Stefan. Era sincero, dolcee nobile. Il suo animo di poetarisplendeva nei meravigliosiocchi verdi. Non poteva pentirsidi amarlo. Ma talvolta, insegreto, desiderava averloincontrato in una situazionediversa, meno complicata,sperava che in qualche modoanche un normale ragazzo didiciotto anni potesse avere lastessa sensibilità e intelligenza,

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la stessa capacità di amare epassione, la stessa raffinatezza egentilezza; e avrebbe voluto chelui fosse il ragazzo che avevafinto di essere la prima volta chel’aveva incontrato: misterioso,esotico, ma umano.

«Ha qualche oggetto diematite?», stava chiedendoStefan. «Gioielli o magariqualche soprammobile? Eincenso…». Fissò il foglioaggrottando la fronte. «Incensoall’altea? Le suona corretto?»

«Certo!», rispose con

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entusiasmo la negoziante.«L’altea è ottima per laprotezione e la sicurezza. E ha unbuon profumo. I diversi tipid’incenso sono di qua».

Stefan la seguì all’interno delnegozio, mentre Elena indugiavavicino alla porta. Si sentivaesausta, anche se la giornata eraappena iniziata.

Accanto alla vetrina c’era unarastrelliera per i vestiti con cuigiocherellò distrattamente,spostando le grucce avanti eindietro. Prese una sottile

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casacca rosa ornata dispecchietti, un po’ da hippy, macarina. A Bonnie potrebbepiacere, pensò automaticamente,poi sussultò.

Dalla vetrina aveva intravistoun volto conosciuto. Si girò,dimenticando di avere in manola casacca.

Cercò di ricordare il nome delragazzo. Tom Parker, ecco comesi chiamava. Era uscita con luiun paio di volte al liceo, prima dimettersi con Matt. Sembravafosse passato molto più di un

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anno e mezzo. Tom eraabbastanza attraente e simpatico,e uscire con lui era stato moltopiacevole, ma tra loro non erascoccata la scintilla così, come leaveva suggerito Meredith, avevapraticato con lui “un po’ di pescasportiva”, per poi lasciarlo “liberodi nuotare nel mare dell’amore”.

Tom si era preso una bellacotta per lei, purtroppo. L’avevalasciato libero, ma lui avevacontinuato ad andarle dietro,guardandola con occhi dacucciolo e implorandola di

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riprenderlo con sé.Se le cose fossero andate

diversamente, se avesse provatoqualcosa per Tom, la sua vitasarebbe stata più semplice?

Lo osservò. Passeggiavasorridente, mano nella mano conMarissa Peterson, la ragazza cheaveva cominciato a frequentareverso la fine dell’anno passato.Tom era alto, così per sentirequello che diceva Marissa dovevachinare la testa ispida e scura. Siscambiarono un sorriso, poi luialzò la mano libera per tirarle i

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lunghi capelli, piano, solo perscherzo. Sembravano feliciinsieme.

Be’, buon per loro. Facileessere felici quando si erainnamorati e senza problemi,quando nella vita non c’eraniente di più complicato diun’estate passata con gli amiciprima di andare al college. Facileessere felici quando non si avevaneanche memoria del caos in cuiera piombata la città prima chelei li salvasse. Non le eranonemmeno grati. Erano troppo

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fortunati: non sapevano nulladelle tenebre che stavano inagguato ai confini delle loro vitetranquille e benedette dal sole.

Le si strinse lo stomaco.Vampiri, demoni, spiriti, unamore sventurato. Perchéproprio a lei doveva capitaretutto questo?

Rimase un attimo in ascolto.Stefan stava ancora consultandola negoziante. Sentì la suaansiosa domanda: «Ma iramoscelli di sorbo rossoavranno lo stesso effetto?», e il

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rassicurante mormorio dirisposta della donna. Ne avrebbeavuto ancora per un bel po’. Eracirca a un terzo della lista che gliaveva dato la signora Flowers.

Elena rimise la casacca aposto sulla rastrelliera e uscì.

Attenta a non farsi vederedalla coppia che camminavadall’altra parte della strada, liseguì a distanza, studiando alungo Marissa. Era scheletrica,aveva le lentiggini e il naso eraun bulbo informe. Supponevache non fosse tanto male, con

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quei lunghi capelli scuri e lisci ela bocca carnosa, ma non eraparticolarmente attraente. Nonera un granché nemmeno la suacarriera scolastica. Forse erastata nella squadra di pallavolo.Nell’annuario scolastico. Votidiscreti, ma non eccellenti. Avevaamici, ma non era popolare.Magari era uscita con qualcuno,ma non era una ragazza cheattirava gli sguardi dei maschi.Un lavoretto part-time in unnegozio, forse in una libreria. Eraordinaria. Niente di speciale.

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Quindi perché una ragazzacosì banale e ordinaria aveva unavita priva di complicazioni e allaluce del sole, mentre lei percercare di ottenere il rapportoche Marissa sembrava avere conTom aveva dovuto passareletteralmente l’inferno e ancoranon ci era riuscita?

Un freddo alito di vento lesfiorò la pelle, facendolarabbrividire nonostante la caluraestiva. Alzò lo sguardo.

Intorno a lei si stavanoraccogliendo oscure e gelide

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spire di nebbia, mentre sul restodella strada continuava asplendere il sole. Il suo cuorecominciò a battere forte primache il cervello capisse cosa stavasuccedendo. Corri!, urlò unavocina dentro di lei, ma eratroppo tardi. D’un tratto sentì legambe pesanti come il piombo.

Alle sue spalle parlò una vocefredda e secca: somigliava alsussurro spettrale che negliultimi giorni aveva sentitospesso nella propria testa, lastessa voce che le aveva rivelato

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scomode verità di cui non volevasapere nulla. Come mai, lechiese, riesci ad amare solo imostri?

Elena non osò voltarsi.Oppure la verità è che solo i

mostri possono amarti davvero,Elena?, continuò la voce,assumendo un tono dolce etrionfante. Tutti quei ragazzi alliceo ti volevano solo cometrofeo. Vedevano i tuoi capellidorati, i tuoi occhi blu e i tuoilineamenti perfetti e pensavanosolo all’ammirazione e all’invidia

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che avrebbero suscitatocamminando con te al braccio.

Facendosi coraggio, la ragazzasi voltò lentamente. Non c’eranessuno, ma la nebbia s’infittiva.Una donna che spingeva unpasseggino le passò accanto e lerivolse uno sguardo placido. Nonvedeva che stava per essereinghiottita dalla sua personalenuvola di nebbia? Elena aprì labocca per gridare, ma le parole lerimasero in gola.

La nebbia era più fredda epareva un corpo solido che la

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tratteneva. Con un grande sforzodi volontà, si costrinse ad andareavanti, ma riuscì a trascinarsivacillando solo fino allapanchina di un negozio vicino.La voce parlò di nuovo,sussurrandole compiaciutanell’orecchio. Quei ragazzi non tivedono mai per quello che sei.Ragazze come Marissa, comeMeredith, possono trovarel’amore ed essere felici. Solo imostri si danno la pena dicercare la vera Elena. Povera,povera Elena, non sarai mai

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normale, non è vero? Non saraimai come le altre ragazze.Scoppiò in una risata sommessa,perversa.La nebbia, sempre piùfitta, le si stringeva intorno. Nonriusciva più a vedere la strada,non riusciva a vedere nulla al dilà delle tenebre. Tentò di alzarsie fare qualche passo, cercando discrollarsi quella bruma di dosso.Ma non riusciva a muoversi. Lafoschia, simile a una pesantecoperta, la immobilizzava, ma leinon poteva toccarla nécombatterla.

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Si fece prendere dal panico etentò ancora una volta di alzarsiin piedi, socchiudendo le labbraper chiamare: Stefan! Ma lanebbia, turbinando, le entrò inbocca e la soffocò, penetrando inogni poro della sua pelle.Incapace di reagire o di gridareaiuto, Elena svenne.

Faceva ancora un freddocane.

«Almeno stavolta ho deivestiti addosso», borbottòDamon, prendendo a calci unpezzo di legno carbonizzato

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mentre arrancava sullasuperficie arida e deserta dellaLuna Oscura.

Doveva ammettere checominciava ad abituarsi al posto.Gli sembrava di vagare in quelpaesaggio desolato da giorni,anche se l’immutabile oscuritàgli impediva di sapere per certoquanto tempo fosse passato.

Quando si era svegliato,aveva creduto di trovare accantoa sé il piccolo pettirosso,entusiasta della sua compagnia eprotezione. Invece era da solo,

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sdraiato per terra. Non c’eranoné spiriti né ragazzericonoscenti.

Aggrottò la fronte e affondòcon cautela il piede in unmucchietto di cenere, che parevaabbastanza ampio da nascondereun corpo, ma non fu sorpreso ditrovare solo fango, che imbrattòancora di più i suoi non più lustristivali neri. Da quando eraarrivato lì e aveva cominciato acercare Bonnie, si era aspettatodi inciampare da un momentoall’altro sul suo corpo privo di

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sensi. Aveva un’immagine moltochiara di come l’avrebbe trovata:pallida e silenziosa nel buio, coni lunghi riccioli rossi incrostati dicenere. Ma ora cominciava acredere che, ovunque lo spiritol’avesse portata, la ragazza nonfosse lì.

Era tornato lì per fare l’eroe.Avrebbe sconfitto lo spirito,salvato Bonnie e, infine,conquistato l’amore di Elena.Che idiota, pensò, arricciando lelabbra in una smorfia didisprezzo per la propria

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stupidità.Lo spirito non l’aveva portato

nello stesso posto in cui tenevaBonnie. Solo su quella luna,seduto su un cumulo di cenere,si sentì stranamente reietto.Nemmeno lo spirito lo voleva?

Lo travolse un forte vento,che si era levato all’improvviso, elo fece retrocedere di qualchepasso, vacillando, prima diriacquistare l’equilibrio. Il ventoportò con sé un suono: era forseun lamento? Damon cambiòdirezione, curvando le spalle e

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avviandosi verso il punto da cuicredeva fosse venuto il lamento.

Poi lo sentì di nuovo: untriste, singhiozzante gemito cheecheggiava alle sue spalle.

Si girò, ma i suoi passi eranobrevi e meno sicuri del solito. Ese si fosse sbagliato e la piccolastrega fosse stata ferita, sola esperduta su quella lunaabbandonata da Dio?

Aveva una fame tremenda.Premette la lingua sui caninidoloranti, sentendoli diventareaffilati come coltelli. La bocca

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era molto secca; immaginò unflusso di sangue dolce e corposo,la vita stessa che gli pulsava sullelabbra. Sentì di nuovo la voce, dasinistra stavolta, e deviò ancoraper seguirla. Il vento gli soffiavasul viso, freddo e umido dibruma.

Era tutta colpa di Elena.Lui era un mostro. Tutti si

aspettavano che si comportassecome tale, che succhiasse ilsangue senza battere ciglio, cheuccidesse senza unripensamento e senza un

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rimorso. Elena aveva cambiatotutto. Conquistato da lei, avevadesiderato proteggerla. Poi avevacominciato a badare anche aisuoi amici e alla fine avevapersino salvato la sua piccolacittà provinciale, quandoqualsiasi vampiro degno di quelnome avrebbe da tempo tagliatola corda all’arrivo dei kitsune, oavrebbe goduto delladevastazione con il sangue caldosulle labbra.

Aveva fatto tutto questo perlei, era persino cambiato, ma lei

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ancora non lo amava.Non abbastanza, comunque.

La notte prima, mentre lebaciava la gola e le carezzava icapelli, a chi stava pensando? Aquello smidollato di Stefan.

C’è sempre di mezzo lui, nonè vero?, disse una voce limpida efredda alle sue spalle. Damon siraggelò e gli venne la pelle d’oca.

Qualunque cosa tu cerchi disottrargli, continuò la voce, staisolo lottando per pareggiare iconti, perché la verità è che luiha tutto, e tu non hai niente di

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niente. Vuoi solo mettere le cosea posto.

Damon rabbrividì, ma non sigirò. Nessuno l’aveva mai capito.Lui voleva solo mettere le cose aposto.

Tuo padre voleva bene a luimolto più che a te. L’hai sempresaputo, continuò la voce. Tu eri ilprimogenito, eri l’erede, ma eraStefan il prediletto di tuo padre.Eri sempre due passi dietro di luianche con le ragazze. Katherineera già la sua amante prima chetu la incontrassi; poi la stessa,

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triste storia si è ripetuta conElena. Dicono di amarti, leragazze, ma non sei mai l’unico esolo e più grande amore,neppure quando dai loro il tuocuore, senza riserve.

Damon rabbrividì di nuovo.Sentì una lacrima scorrergli sullaguancia e l’asciugò con un gestorabbioso.

E tu sai perché, non è vero,Damon? La creatura continuavaa parlare in tono carezzevole.Stefan! Stefan ha sempre presotutto ciò che desideravi.

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Prendeva le cose che volevi ancorprima che avessi il tempo divederle, e non lasciava niente perte. Elena non ti ama. Non ti hamai amato né mai ti amerà.

A quelle parole, Damon sentìqualcosa infrangersi dentro etornò in sé di colpo. Come osavalo spirito fargli mettere indiscussione l’amore di Elena?Era l’unica certezza che aveva.

Una fredda brezza gli agitò ivestiti. Non riusciva più a udire illamento. Poi calò il silenzio.

«So cosa stai facendo»,

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ringhiò Damon. «Credi dipotermi imbrogliare? Pensidavvero di potermi metterecontro Elena?».

Alle sue spalle risuonò unpasso che affondava nel fangosoffice e acquoso. Oh, piccolovampiro, disse la voce in tonocanzonatorio.

«Oh, piccolo spirito», ribattéDamon, con lo stesso tono. «Nonhai idea dell’errore che haiappena fatto». Tese i muscoli,preparandosi al balzo, e si voltòdi colpo, con i canini allungati al

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massimo. Ma prima che potessesaltare, mani robuste e gelide loafferrarono per la gola e losollevarono in aria.

«Se posso darti un consiglio,seppellisci dei pezzi di ferrointorno all’oggetto che cerchi diproteggere», suggerì laproprietaria del negozio. «I ferridi cavallo sono un classico, mava bene qualsiasi oggetto diferro, specialmente setondeggiante e ricurvo». Avevaattraversato vari stadid’incredulità mentre Stefan

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cercava di comprare ogni singolooggetto, erba e talismanoprotettivo presente nel negozio,ed era diventata servizievole inmodo maniacale.

«Penso di aver preso tutto ciòche mi serve per il momento»,disse Stefan educatamente.«Grazie tante per l’aiuto».

Le fossette sul viso delladonna splendevano mentrebatteva i suoi acquistisull’antiquato registratore dicassa in metallo cromato, e luisorrise di rimando. Pensava di

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essere riuscito a decifrarecorrettamente tutte le voci dellalista della signora Flowers ed erapiuttosto fiero di sé.

Qualcuno aprì la porta e unafredda brezza entrò nel negoziosibilando e facendo tremare gliarazzi e i vari articoli magici.

«Senti che freddo?», chiese ladonna. «Penso che stia arrivandoun temporale». I suoi capellisvolazzarono al vento.

Stefan, che stava perrispondere con una battutagarbata, la fissò atterrito. I

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lunghi riccioli della donnarestarono un attimo sospesi peraria e, avvitandosi, formaronocon agghiacciante chiarezza lelettere di un nome:

mattMa se lo spirito aveva trovato

un nuovo bersaglio, significavache Elena…

Stefan si girò di scatto escrutò con ansia l’ingresso delnegozio. Elena non c’era.

«Va tutto bene?», chiese lanegoziante mentre Stefan siguardava freneticamente

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attorno. Lui la ignorò e corseverso l’uscita, cercando in ogniangolo e tra le file di vestiti.

Infine irradiò il suo Potere,alla ricerca di una qualsiasitraccia della presenza di Elena.Niente. Non era nel negozio.Come aveva fatto a nonaccorgersi che era uscita?

Si premette i pugni sugliocchi finché non gli esploserodelle stelline sotto le palpebre.Era colpa sua. Non si era nutritodi sangue umano e i suoi poterisi erano gravemente indeboliti.

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Come aveva potuto ridursi inquello stato di spossatezza? Sefosse stato nel pieno delle forze,avrebbe capito subito che Elenase n’era andata. Eraautoindulgenza cedere allapropria coscienza quando avevadelle persone da proteggere.

«Va tutto bene?», chiese dinuovo la donna. L’aveva seguitofra gli scaffali, reggendo il suosacchetto degli acquisti, e lofissava con uno sguardopreoccupato.

Stefan prese il sacchetto. «La

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ragazza che era con me», disse intono pressante. «Ha visto dov’èandata?»

«Oh», rispose la donna,aggrottando la fronte. «È uscitaquando siamo andati di là, nelreparto incensi».

Era passato tutto quel tempo.Persino la negoziante si eraaccorta che Elena era uscita.

Stefan la ringraziò con uncenno del capo e si precipitòfuori nell’abbagliante luce delgiorno. In preda all’ansia, guardòsu e giù per il corso principale.

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Sentì un’ondata di sollievoquando la scorse seduta su unapanchina davanti alla drogheria apoche porte di distanza. Poi notòla sua postura accasciata, con glisplendidi capelli biondi chependevano sulle spalle inerti.

Fu al suo fianco in un lampo:grazie al cielo il respiro eradebole ma regolare e il polso eraforte. Ma era priva di sensi.

«Elena», disse, carezzandoledolcemente una guancia. «Elena,svegliati. Torna da me». Non simosse. Allora le scosse il braccio

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un po’ più forte. «Elena!». Il suocorpo cadde di peso sullapanchina, ma continuò arespirare e il battito del cuorerimase stabile.

Come Bonnie. Lo spiritoaveva preso anche Elena. Stefansentì qualcosa dentro spaccarsiin due. Non era riuscito aproteggerla, non era riuscito aproteggere né lei né Bonnie.

Con delicatezza fece scivolareuna mano sotto il corpo di Elena,l’altra la mise a coppa sotto latesta, con fare protettivo, e la

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prese in braccio. La strinse condelicatezza e, canalizzando ilpoco Potere che gli era rimasto,cominciò a correre.

Meredith controllò l’orologioforse per la centesima volta,chiedendosi perché Stefan edElena non fossero ancora tornati.

«Non riesco proprio a capirequesta parola», si lamentavaMatt. «Incredibile, pensavo chela mia grafia fosse pessima.Sembra che Caleb qui abbiascritto con gli occhi chiusi». Perla frustrazione aveva continuato

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a passarsi le mani fra i capelli,così ora gli stavano dritti sulcapo e disordinati come spighemosse dal vento, e aveva le borsesotto gli occhi.

Meredith bevve un sorso dicaffè e gli tese la mano. Matt lepassò il taccuino che stavaesaminando. Avevano scopertoche lei riusciva a capire meglio lagrafia minuta e angolosa diCaleb. «Questa è una o, credo»,disse. «Deosil è una parola?»

«Sì», disse Alaric,raddrizzandosi un po’ sulla sedia.

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«Significa in senso orario.Rappresenta il trasferimentodell’energia spirituale nelleforme materiali. Forse lì c’èqualcosa. Posso vedere?».

Meredith gli porse il taccuino.Aveva gli occhi arrossati e imuscoli irrigiditi per essere stataseduta tutto il giorno aesaminare i taccuini di Caleb, iritagli e le foto. Roteò le spalle esi sgranchì.

«No», disse Alaric dopo averletto per un paio di minuti. «Nonva bene. Descrive il

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procedimento per creare uncerchio magico».

Meredith stava per parlarequando Stefan apparve nel vanodella porta, pallido e con gli occhispiritati. Elena giaceva svenutafra le sue braccia. Meredithmollò la tazza di caffè. «Stefan!»,gridò, fissandoli sconvolta. «Cheè successo?»

«Lo spirito l’ha intrappolata»,disse Stefan, con un tono rottodall’emozione. «Non so come».

A Meredith sembrò di caderenel vuoto. «Oh no, oh no», si

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sentì dire con una voce sottile escioccata. «Non può aver presoanche Elena».

Matt si alzò, con uno sguardotorvo. «Perché non l’haifermato?», disse con fareaccusatorio.

«Non c’è tempo per litigare»,rispose con freddezza Stefan, eprocedette deciso verso le scale,scansandoli e stringendosi Elenaal petto, protettivo.

Come per un tacito accordo,Matt, Meredith e Alaric loseguirono di sopra, nella stanza

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in cui Bonnie giacevaaddormentata.

La signora Flowerssferruzzava al suo capezzale eaprì la bocca in un’espressione dismarrimento quando vide Elena.Stefan posò la ragazza sull’altrolato del letto a due piazze,accanto al corpo minuto e pallidodi Bonnie.

«Scusa», disse lentamenteMatt. «Non avrei dovutoprendermela con te. Ma… Checosa è successo?».

Stefan si limitò a scrollare le

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spalle con aria afflitta.Meredith si sentì stringere il

cuore alla vista delle sue duemigliori amiche adagiate sulletto come bambole di pezza.Erano così immobili. Anchementre dormiva, Elena erasempre stata più irrequieta, piùespressiva di così. Da quandoerano piccole avevano dormitoinsieme forse un migliaio divolte, e Meredith aveva semprevisto Elena sorridere nel sonno,stringersi addosso le lenzuola ostrofinare il viso sui cuscini. Ora

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i suoi capelli dorati e la suacarnagione rosea apparivanospenti e sbiaditi, e la luce cheardeva dentro di lei si eraraffreddata.

E Bonnie, Bonnie che erasempre così vivace e piena divita, e che a stento era rimastaferma un secondo o due in tuttala sua vita. Ora era immobile,paralizzata, quasi incolore tranneche per i puntini delle lentigginicontro il pallore delle guance e laricca massa dei capelli rossi sulcuscino. Non fosse stato per il

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lieve movimento dei loro petti,che si alzavano e si abbassavanoal ritmo del respiro, sarebberosembrate dei manichini.

«Non lo so», ripeté Stefan,più teso e spaventato di prima.Poi alzò lo sguardo perincontrare gli occhi di Meredith.«Non so cosa fare».

Meredith si schiarì la gola.«Abbiamo chiamato in ospedaleper controllare Caleb mentreeravate via», disse misurando leparole, consapevole dell’effettoche avrebbero avuto. «È stato

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dimesso».Negli occhi di Stefan balenò

un lampo omicida. «Penso chedovremmo fargli una visita»,disse con voce tagliente come uncoltello.

Elena era sospesa nel buio.Ma non era preoccupata. Lesembrava di galleggiarelentamente nell’acqua calda,sospinta con delicatezza dallacorrente, e una parte di lei sichiese, con distacco e senzapaura, se era possibile che nonfosse mai uscita dal bacino della

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cascata di Hot Springs. Per tuttoquel tempo era forse andata alladeriva, passando di sogno insogno?

Poi, tutt’a un tratto, presevelocità, lanciata verso l’altocome un razzo, aprì gli occhinell’abbagliante luce del sole etrasse un respiro lungo edesitante.

Dal viso pallido che lasovrastava, due occhi castaniscrutavano nei suoi conun’espressione preoccupata ecommossa.

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«Bonnie?», esclamò Elena.«Elena! Grazie al cielo»,

strillò Bonnie, afferrandola per lebraccia come una lottatrice.«Sono qui tutta sola da giorni egiorni, o almeno credo che sianopassati giorni e giorni perché quila luce non cambia mai, quindinon posso regolarmi con il sole.E non c’è niente da fare. Nonriesco a capire come uscire e nonc’è da mangiare, anche sestranamente non ho fame,quindi immagino che non siaimportante. Ho cercato di

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dormire per far passare il tempo,ma non sono nemmeno stanca. Eall’improvviso sei arrivata tu edero così felice di vederti, ma tunon ti svegliavi e mi stavopreoccupando da morire. Che stasuccedendo?»

«Non lo so», disse Elena,intontita. «L’ultima cosa chericordo è che stavo su unapanchina. Credo di essere statapresa da una specie di nebbiamistica».

«Anch’io!», esclamò Bonnie.«Mi riferisco alla nebbia, non

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alla panchina. Ero nella miastanza alla pensione e quellastrana nebbia mi haintrappolata». Rabbrividì inmodo teatrale. «Non riuscivo amuovere un muscolo. E facevamolto freddo». Di colpo spalancògli occhi con espressionecolpevole. «Stavo facendo unincantesimo quando è successo,e qualcuno è arrivato alle miespalle e ha cominciato a diredelle cose. Delle brutte cose».

Elena rabbrividì. «Anch’io hosentito una voce».

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«Secondo te ho… liberatoqualcosa quando ho fattol’incantesimo? Continuo apreoccuparmi di aver liberatoqualcosa senza volerlo». Il visodi Bonnie era pallido.

«Non è stata colpa tua», larassicurò Elena. «Pensiamo chel’essere che sta provocando gliincidenti sia uno spirito. Harubato la tua anima persfruttarne il potere. E ora temoche abbia preso anche la mia».

Raccontò brevemente aBonnie dello spirito, poi si

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sollevò sui gomiti e si guardòattorno per la prima volta. «Nonriesco a credere che siamo dinuovo qui».

«Dove?», chiese con ansiaBonnie. «Dove siamo?».

Era mezzogiorno e la voltaassolata e azzurra del cielo siestendeva luminosa su di loro.Elena era abbastanza sicura chein quel luogo fosse sempremezzogiorno. Erano in un grandecampo che sembrava estendersiall’infinito. Fin dove arrivava losguardo, c’erano fila di alti

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cespugli. Cespugli di rose confiori perfetti di un nero vellutato.

Rose mezzanotte. Rose pienedi magia, coltivate per contenereincantesimi, anche se soltanto ikitsune sapevano come rivestirei sortilegi con i loro petali. Unavolta un kitsune aveva mandatoa Stefan una di quelle rose, conun incantesimo per farlo tornareumano, ma la rosa era finita percaso nelle mani di Damon, congran disappunto di entrambi ifratelli.

«Siamo nel campo di rose

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magiche dei kitsune, quello sucui si apriva una delle porte dellaGuardiola dei Sette Tesori»,disse a Bonnie.

«Oh», fece Bonnie. Si fermòun attimo a riflettere, ma poinon riuscì a trattenersi e chiese:«Che ci facciamo qui? Lo spiritoè un kitsune?»

«Non penso», rispose Elena.«Forse gli era comodo tenerciqui».

Elena trasse un profondosospiro. Stare in compagnia diBonnie in un momento di crisi

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non era male. Certo, avereaccanto Meredith sarebbe statomeglio. Meredith sapeva semprecome architettare e portare atermine un piano, ma la facevastare bene lo stesso avere Bonnieche la guardava fiduciosa con isuoi grandi occhi innocenti e lefaceva domande, sicura checonoscesse la risposta. Si sentivadi colpo protettiva e competente,come se fosse in grado diaffrontare qualsiasi situazione incui si fossero imbattute. Comequella, per esempio. Con Bonnie

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che dipendeva da lei, la suamente era lucida ed efficientecome non succedeva da giorni.Da un momento all’altro avrebbeescogitato un piano per tirarlefuori da lì. Da un momentoall’altro, ne era sicura.

Bonnie intrecciò lentamentele dita fredde alle sue. «Secondote siamo morte?», chiese conuna vocina lamentosa.

Siamo davvero morte?, sichiese Elena. No, non lo pensava.Bonnie era ancora viva dopo chelo spirito l’aveva presa, solo non

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riusciva a svegliarsi. Era piùprobabile che le loro animefossero giunte lì attraversando ilpiano astrale e che i loro corpifossero ancora a Fell’s Church.

«Elena?», ripeté con ansiaBonnie. «Pensi che siamomorte?».

Elena aprì la bocca perrispondere quando un rumorecrepitante e cadenzato lainterruppe. I cespugli di rosecominciarono a fremereviolentemente, e si udivanorumori sempre più forti, come se

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qualcosa corresse verso di loroda tutte le direzioni. Il suono deirami che si spezzavano eraassordante: sembrava cheun’immensa creatura si stessefacendo largo a spintoni tra lefelci. Intorno a loro, i ramispinosi dei cespugli di rosesfrecciavano su e giù comefruste, anche se non c’era vento.Elena gridò quando uno dei ramiondeggianti la colpì, aprendoleuno squarcio sul braccio.

Bonnie emise un lamento edElena sentì il cuore che le

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batteva al doppio della velocità.Si girò di scatto, spingendo dietrodi sé Bonnie. Strinse i pugni e siacquattò, cercando di ricordare leistruzioni di Meredith su comedifendersi da un aggressore. Maguardandosi attorno vedeva solorose, per miglia. Perfette rosenere.

Bonnie emise un piccologemito e le si strinse di piùcontro la schiena.

D’un tratto Elena sentì unostrappo forte e doloroso, come sele stessero estraendo qualcosa

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dal torace lentamente, ma concostanza. Restò senza fiato,incespicò e si premette le manisullo stomaco. Ecco, pensòstordita, sentendosi come sestessero riducendo in poltigliaognuna delle ossa del suo corpo.Sto per morire.

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7

Nessuno rispose quandosuonarono alla porta di villaSmallwood. Il viale d’ingressoera deserto, le persianeabbassate e pareva che non cifosse nessuno in casa.

«Forse Caleb non c’è», dissenervosamente Matt. «E se fosseandato da qualche altra partequando è uscito dall’ospedale?»

«Riesco a sentire il suo

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odore. Lo sento respirare»,ringhiò Stefan. «È qui, puoistarne certo. Si stanascondendo».

Matt non aveva mai vistoStefan così arrabbiato. I suoiocchi verdi, di solito tranquilli,mandavano lampi di rabbia, esembrava che i canini si fosseroallungati d’istinto, così ogni voltache apriva la bocca si vedevano lepiccole punte affilate. Stefan siaccorse che Matt lo fissava eaggrottò la fronte, passandosiimbarazzato la lingua sui canini.

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Matt guardò Alaric, pensandoche fosse l’unica personanormale rimasta nel gruppo oltrea lui, ma dal modo in cui fissavaStefan, era decisamente piùaffascinato che preoccupato.Allora nemmeno lui è tantonormale, pensò.

«Possiamo entrare», disseMeredith con voce pacata.Guardò Alaric. «Avvisatemi searriva qualcuno». Lui annuì e lesi parò davanti in modo danasconderla agli occhi deipassanti. Con fredda efficienza,

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Meredith infilò una delleestremità del bastone nellafessura della porta d’ingresso ecominciò a fare leva per aprirla.

Era una massiccia porta diquercia e per di più aveva dueserrature e un catenaccio tirato,che resisteva alla pressione delbastone. La ragazza imprecò, poiborbottò: «E dai, su»,raddoppiando gli sforzi. Leserrature e il catenaccioall’improvviso cedettero e laporta si spalancò, sbattendo fortecontro il muro.

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«Possiamo dire addio all’ideadi entrare in sordina», disseStefan. Stava inquieto sullasoglia, mentre gli altri entravanopassandogli davanti.

«Sei invitato a entrare», disseMeredith, ma lui scosse la testa.

«Non posso», disse.«Funzionerebbe solo se tuabitassi qui».

Meredith serrò le labbra, poisi girò e corse su per le scale.Sentirono un breve grido disorpresa e una serie di colpiovattati. Alaric lanciò un’occhiata

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ansiosa a Matt e poi guardò lacima delle scale.

«Non dovremmo andare adaiutarla?», disse.

Matt era piuttosto sicuro chenon fosse Meredith ad averbisogno d’aiuto, ma, prima chepotesse rispondere, la videtornare: scendeva le scalespingendo Caleb davanti a sé etorcendogli un braccio dietro laschiena.

«Invitalo a entrare», intimòmentre Caleb incespicavasull’ultimo gradino. Il ragazzo

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scosse la testa e lei gli strattonòil braccio verso l’alto, facendologuaire di dolore.

«No», disse lui, testardo. «Tunon puoi entrare». Meredith lospinse verso Stefan, bloccandoloproprio sulla soglia della porta.

«Guardami», disse a vocebassa Stefan e gli occhi di Calebsi alzarono di scatto a incontrarei suoi. Le pupille di Stefan sidilatarono, ingoiando le iridiverdi in due profondi cerchi neri,e Caleb scosse la testa. Eradisperato, ma sembrava incapace

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di distogliere lo sguardo.«Fammi entrare», ordinò

Stefan scandendo le sillabe.«E va bene, entra», disse

cupamente Caleb. Meredith lolasciò andare e i suoi occhi sischiarirono. Si girò e si precipitòal piano di sopra.

Stefan gli schizzò dietro comeun proiettile e lo inseguì su perle scale. I suoi movimenti fluidi efurtivi ricordarono a Matt quellidi un predatore. Di un leone o diuno squalo. Rabbrividì. A voltedimenticava quanto fosse

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pericoloso Stefan.«Meglio che vada con lui»,

disse Meredith. «Non vogliamoche faccia qualcosa di cui poipotrebbe pentirsi». Fece unapausa. «Non prima di scoprireciò che ci serve sapere,comunque. Alaric, tra noi seiquello che conosce meglio lamagia, quindi vieni con me.Matt, resta di guardia alla porta eavvisaci se vedi arrivare l’autodegli Smallwood». Lei e Alaricseguirono Stefan su per le scale.

Matt aspettò che

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cominciassero le urla, ma disopra c’era un inquietantesilenzio. Tenendo d’occhio ilvialetto dalla finestra, il ragazzocamminava avanti e indietro nelsoggiorno. Un tempo lui e Tylererano amici, o perlomeno sifrequentavano, perché entrambierano giocatori titolari dellasquadra di football. Siconoscevano fin dalle medie.

Tyler beveva troppo,esagerava alle feste ed eravolgare e sessista, ma c’eranoaspetti del suo carattere che

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qualche volta gli erano piaciuti.Come la tendenza a buttarsi acapofitto nelle cose, che fosse ilplaccaggio senza esclusione dicolpi del quarterback dellasquadra avversaria ol’organizzazione della festa piùfolle che si fosse mai vista. Oquando in seconda media gli eravenuta l’ossessione di vincere aStreet Fighter sulla PlayStation2. Ogni giorno aveva costrettoMatt e gli altri ragazzi ad andarea casa sua, così avevano passatoore e ore seduti sul pavimento

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della sua camera a mangiarepatatine, parlare di cavolate epigiare il pulsante del controllerfinché Tyler non aveva capitocome vincere tutte le partite.

Matt emise un sospiro eguardò di nuovo fuori dallafinestra.

Da sopra venne un brevecolpo attutito che lo feceraggelare. Silenzio.

Quando ricominciò acamminare avanti e indietro nelsoggiorno, notò una particolarefoto nella fila ordinata di cornici

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sopra il pianoforte. Attraversò lastanza e la prese in mano.

Doveva essere stata scattataal banchetto della squadra difootball, al terzo anno di liceo.Nella foto, Matt teneva il braccioattorno alla vita di Elena, cheallora era la sua ragazza, e lei loguardava sorridente. Tyler eraaccanto a loro e teneva per manouna ragazza di cui Matt nonricordava il nome. Alison, forse,o Alicia. Era più grande di loro,frequentava l’ultimo anno e dopoil diploma aveva lasciato la città.

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Erano tutti vestiti bene, lui eTyler in giacca e cravatta, leragazze in abito da sera. Elenaindossava un vestitino bianco,semplice in modo ingannevole,ed era così bella da togliere ilfiato.

Allora la vita era facile. Iquarterback uscivano con leragazze più carine della scuola.Erano una coppia perfetta.

Poi Stefan è arrivato in città,gli sussurrò una voce fredda emeccanica, e ha distrutto tutto.

Stefan, che aveva finto di

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essere suo amico, Stefan, cheaveva finto di essere come loro,umano. Stefan, che aveva fatto lacorte alla sua ragazza, l’unica cheavesse mai davvero amato.Probabilmente l’unica per cuiavrebbe mai provato sentimenticosì forti. È vero, si erano lasciatiprima che Elena incontrasseStefan, ma forse sarebberotornati insieme, se non fosseapparso lui.

Matt fece una smorfia e gettòla foto sul pavimento. Il vetronon si ruppe e la foto rimase lì:

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Matt, Elena, Tyler e la ragazza dicui non ricordava il nomesorridevano innocenti, losguardo al soffitto, ignari di ciòche stava per succedere, del caosche sarebbe scoppiato meno diun anno dopo. A causa di Stefan.

Stefan. Matt sentiva il visobollente di rabbia. E un ronzionella testa. Stefan il traditore.Stefan il mostro. Stefan cheaveva rubato la sua ragazza.

Mise deliberatamente unpiede sulla foto e la schiacciòsotto il tacco. La cornice di legno

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si spezzò con uno scatto secco.Sentire il vetro che si frantumavasotto la scarpa gli diede unastrana soddisfazione.

Senza guardarsi indietro,attraversò a grandi passi ilsoggiorno, diretto alle scale. Eragiunto il momento di affrontareil mostro che gli aveva rovinatola vita.

«Confessa!», ringhiò Stefan,facendo del suo meglio persoggiogare Caleb. Ma era troppodebole e Caleb continuava aerigere muri mentali. Non

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c’erano dubbi: quel ragazzoaveva accesso al Potere.

«Non so di cosa stiateparlando», disse Caleb,premendo la schiena contro ilmuro, come se potesse scavarcidentro un tunnel. Spostavanervosamente lo sguardo dallafaccia arrabbiata di Stefan aMeredith, che teneva il bastonein equilibrio fra le mani, pronta acolpire. «Lasciatemi stare, giuroche non andrò alla polizia. Nonvoglio guai».

Caleb sembrava più basso e

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più pallido di quanto ricordasseStefan. Aveva la faccia coperta dilividi e un braccio ingessato,sostenuto da una fascia.Nonostante tutto, Stefan sentivail tarlo del senso di colpa quandolo guardava.

Non è umano, ricordò a sestesso.

Tuttavia… Caleb non aveval’aspetto di un licantropo. Nonavrebbe dovuto esserci almenoqualcosa di animalesco in lui?Stefan non conosceva molti lupimannari, ma Tyler aveva grandi

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denti bianchi e reprimeva astento l’aggressività.

Accanto a lui, Alaric guardòsorpreso il ragazzo ferito. Loesaminò, piegando la testa da unlato e parafrasò i pensieri diStefan chiedendo scettico: «Sietesicuri che sia un lupomannaro?»

«Un lupo mannaro?», disseCaleb. «Siete tutti pazzi?».

Ma Stefan, che lo stavaosservando con attenzione, notòche aveva brevemente battuto lepalpebre. «Stai mentendo»,

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affermò con freddezza e,cercando di nuovo di leggerglinel pensiero, trovò finalmenteuna crepa nelle sue difese. «Nonpensi che siamo pazzi. Sei solosorpreso che sappiamo di te».

Caleb sospirò. Il suo volto eraancora pallido e teso, ma eraemersa una certa falsità nellasua espressione mentre Stefanparlava. Abbassò le spalle e siallontanò un poco dal muro,chinando il capo con ariaesausta.

Meredith s’irrigidì, pronta a

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scattare non appena Caleb avesseaccennato il minimo movimentoin avanti. Lui si fermò e alzò lemani. «Non sto cercando di farenulla. E non sono un lupomannaro. Ma, sì, so che lo èTyler e immagino che lo sappiateanche voi».

«Anche tu hai ereditato ilgene della licantropia», disseStefan. «Sarebbe facile per tediventare un lupo mannaro».

Caleb scosse le spalle eguardò Stefan dritto negli occhi.«Penso di sì. Ma non è successo

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a me, è successo a Tyler».«Successo?», chiese

Meredith, alzando la voce consdegno. «Sai che ha fatto Tylerper diventare un lupomannaro?».

Caleb la guardò diffidente.«Che ha fatto? Tyler non ha fattoniente. La maledizione difamiglia lo ha reclamato, tuttoqui». Il suo viso era cupo epreoccupato.

Stefan, suo malgrado, addolcìil tono. «Caleb, devi ucciderequalcuno per diventare un lupo

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mannaro, anche se ne porti ilgene. A meno che tu non vengamorso a tua volta da un lupomannaro, ci sono certi rituali dacompiere. Riti di sangue. Tylerha assassinato una ragazzainnocente».

All’improvviso parve cheCaleb non riuscisse più areggersi sulle ginocchia e scivolòa terra con un tonfo sordo.Sembrava malato. «Tyler nonl’avrebbe mai fatto», disse, ma lasua voce era incerta. «Tyler èstato come un fratello per me

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dopo la morte dei miei genitori.Non avrebbe mai uccisonessuno. Io non vi credo».

«L’ha fatto», confermòMeredith. «Tyler ha assassinatoSue Carson. Abbiamo negoziatoil suo ritorno in vita, ma questonon cambia il fatto che lui l’abbiauccisa».

La sua voce aveval’inconfondibile timbro dellaverità e sembrò che Caleb avesseperso ogni desiderio di lottare. Siaccasciò ancora di più e appoggiòla fronte sulle ginocchia. «Che

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cosa volete da me?». Apparivacosì esile e malmesso che Stefan,nonostante l’urgenza della loromissione, si distrasse. «Ma noneri più alto di così?», chiese.«Più robusto? Più… ben fatto?L’ultima volta che ti ho visto,intendo».

Caleb borbottò qualcosa fra leginocchia, ma le parole eranotroppo attutite e distorte perchépersino un vampiro potesseudirle. «Che hai detto?», chieseStefan.

Caleb alzò lo sguardo: il suo

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volto era rigato di lacrime. «Eraun incantesimo di seduzione, vabene?», disse con amarezza. «Homigliorato il mio aspetto perchévolevo che Elena midesiderasse». Stefan pensò alcolorito radioso di Caleb, al suovolto pieno di salute, alla suastatura e all’aureola di ricciolidorati. Non c’era da meravigliarsiche gli fosse parso sospetto;inconsciamente doveva avercapito quanto fosse improbabileche un semplice essere umanosomigliasse tanto a un arcangelo.

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Ora capisco perché mi erasembrato così leggero quandol’ho lanciato in aria al cimitero,pensò Stefan.

«Quindi sei uno stregone, manon un lupo mannaro?», chiesein fretta Meredith.

Caleb scrollò le spalle. «Losapete già», disse. «Ho vistoquello che avete fatto al miolaboratorio nel capanno. Checosa volete ancora da me?».

Meredith fece un passoavanti, minacciosa, con ilbastone in mano, lo sguardo

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limpido e spietato, e Caleb siritrasse. «Quello che vogliamo»,disse, pronunciando ogni parolain modo chiaro e distinto, «è chetu ci dica come hai evocato lospirito, e come possiamoliberarcene. Rivogliamo indietrole nostre amiche».

Il ragazzo la fissò a occhisgranati. «Giuro che non so dicosa tu stia parlando».

Stefan gli si avvicinòminaccioso dall’altro lato,impedendogli di riacquistarel’equilibrio; lo sguardo di Caleb

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guizzava nervoso dall’unoall’altra.

Poi Stefan si fermò. Si erareso conto che era sinceramenteconfuso. Possibile che stessedicendo la verità? S’inginocchiòper poterlo guardare negli occhie tentò un tono più gentile.«Caleb?», chiese, dando fondo atutte le riserve di Potere percostringerlo a parlare. «Puoidirci che tipo di incantesimo haiusato? Qualcosa con le rose,giusto? Quali dovrebbero esseregli effetti?».

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Caleb deglutì e il suo pomod’Adamo andò su e giù. «Dovevoscoprire cosa era successo aTyler», disse. «Così sono venutoqua per l’estate. Nessunosembrava preoccupato, ma iosapevo che non poteva esseresparito e basta. Tyler mi avevaparlato di voi, di tutti voi, e diElena Gilbert. Ti odiava, Stefan, eall’inizio Elena gli piaceva, poi hacominciato a odiare davveroanche lei. Comunque, quandosono arrivato, tutti pensavanoche Elena fosse morta. La sua

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famiglia era ancora in lutto perlei. E tu eri sparito, Stefan; avevilasciato la città. Ho cercato dimettere insieme i pezzi percapire cosa fosse successo.Giravano storie piuttosto curiosee poi in città sono accadutetantissime altre cose strane.Violenza ovunque, ragazze cheimpazzivano e bambini cheaggredivano i loro genitori. E poi,di colpo, tutto finito; quel caos siè semplicemente fermato e misembrava di essere l’unico asapere cosa fosse successo. Ma

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ricordavo anche un’estatenormale. Elena Gilbert era statasempre qui e nessuno lo trovavastrano, perché nessuno ricordavache fosse morta. A quantopareva, ero l’unico con due seriedi ricordi. Persone che avevovisto gravemente ferite»,rabbrividì al ricordo, «o persinouccise, stavano di nuovo bene.Mi sembrava di impazzire».

Caleb si scostò dal viso icapelli biondi e stopposi, sistrofinò il naso e prese fiato.«Qualunque cosa stesse

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succedendo, sapevo che tuttoruotava attorno a voi e a ElenaGilbert. L’avevo capito dalledifferenze fra i miei ricordi. Eavevo immaginato che fostelegati anche alla scomparsa diTyler. O gli avevate fattoqualcosa, oppure sapevate cosagli era successo. Pensavo che sefossi riuscito a dividervi, ne avreiricavato qualcosa. Una volta chevi avessi messo uno control’altro, sarei riuscito aintrodurmi nel vostro gruppo e ascoprire cosa stesse succedendo.

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Magari, con un incantesimo diseduzione, sarei riuscito a farinnamorare di me Elena o unadelle altre ragazze. Dovevosapere la verità». Li guardò unodopo l’altro. «L’incantesimodelle rose doveva renderviirrazionali, mettervi l’uno control’altro».

Alaric aggrottò la fronte.«Vuoi dire che non hai evocatonulla?».

Caleb scosse la testa.«Guardate», disse, tirando fuorida sotto il letto un corposo

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volume rilegato in pelle.«L’incantesimo che ho usato èqui. È tutto ciò che ho fatto,giuro».

Alaric prese il libro e sfogliòle pagine finché trovòl’incantesimo giusto. Loesaminò, corrugando la fronte, edisse: «Sta dicendo la verità. Inquesto libro non c’è nulla sucome evocare uno spirito. Equesto incantesimo coincide conquello che abbiamo visto nellaboratorio di Caleb e con quelloche ho letto nei suoi taccuini.

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Quello della rosa è unincantesimo di discordia dilivello piuttosto basso; serve aintensificare leggermente ogniemozione negativa: odio, rabbia,gelosia, paura, dolore. Inoltre cirende un po’ più propensi aincolparci l’un l’altro quando vastorto qualcosa».

«Ma se unito ai poteri di unospirito che per caso si aggira neiparaggi, l’incantesimo genera uncircolo vizioso, amplificando lenostre emozioni e rendendo lospirito più potente, proprio come

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ha detto la signora Flowers»,disse Stefan, scandendo leparole.

«Gelosia», disse pensosaMeredith. «Sapete, odioammetterlo, ma erotremendamente gelosa di Celiaquando era qui». Guardò Alariccome per scusarsi, e lui allungò ilbraccio e le sfiorò la mano contenerezza.

«Anche lei era gelosa di te»,disse Stefan in tono distaccato.«Lo sentivo». Sospirò. «Eanch’io non ero immune dalla

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gelosia».«Quindi potrebbe essere uno

spirito della gelosia?», disseAlaric. «Questo ci offrirà più diun indizio per cercare le formuledi esorcismo. Io, comunque, nonmi sentivo per niente geloso».

«Ovvio che no», osservòtagliente Meredith. «Avevi dueragazze che si azzuffavano perte».

D’un tratto Stefan si sentìcosì esausto che gli tremarono legambe. Aveva bisogno di nutrirsi,subito. Rivolse a Caleb un cenno

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imbarazzato. «Mi dispiace… perquello che è successo».

Caleb alzò lo sguardo verso dilui. «Per favore, dimmi che ne èstato di Tyler», implorò. «Devosaperlo. Vi lascerò in pace se midirete la verità, promesso».

Meredith e Stefan siguardarono, poi Stefan sollevòleggermente un sopracciglio.«Tyler era vivo quando abbiamolasciato la città lo scorsoinverno», disse lentamenteMeredith. «Questo è tutto ciòche sappiamo di lui, lo giuro».

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Caleb la fissò per un lungomomento, poi annuì. «Grazie»,disse semplicemente.

Lei rispose con un cennorisoluto del capo, come ungenerale che saluta le truppe, efece strada fuori dalla stanza.

Proprio allora, dalpianterreno venne un gridoattutito, spezzato, seguito da untonfo. Stefan e Alaric seguironodi corsa Meredith giù per lescale, e le finirono quasi addossoquando lei, di colpo, si fermò.

«Che c’è?», chiese Stefan.

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Meredith si scostò.Matt giaceva faccia a terra ai

piedi della scala, con le bracciaspalancate come per impedirsi dicadere. Meredith scese in frettagli ultimi gradini e lo girò condelicatezza.

I suoi occhi erano chiusi, ilvolto pallido. Respirava,lentamente ma a ritmo regolare.Meredith gli tastò il polso, poi loscosse gentilmente per le spalle.«Matt», gridò. «Matt!». Alzò latesta per guardare Stefan eAlaric. «Proprio come gli altri»,

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disse torva. «Lo spirito l’hapreso».

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8

Non morirò di nuovo, pensòElena con rabbia, mentre sicontorceva dal dolore e la morsainvisibile la stritolava sempre dipiù.

Bonnie cadde sull’erba, piùpallida che mai, e si strinse lostomaco con le mani: eral’immagine speculare di Elena.

Non può prendermi!E poi, di colpo com’era

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iniziato, il rombo assordantecessò e quell’insopportabiledolore si placò. Elena crollò aterra, l’aria le tornò nei polmoni.

Ha finito di macinare lenostre ossa per farsi il pane1,pensò, in uno stato di semi-isteria, e quasi ridacchiò.

Bonnie annaspòrumorosamente in cerca d’aria,emettendo un piccolo singulto.

«Che cosa ci è successo?»,chiese Elena.

Bonnie scosse la testa.«Sembrava che stessero

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risucchiando qualcosa dai nostricorpi», disse, ansimando. «Mi ègià successo, prima che tuarrivassi».

«Quella sensazione…». Elenafece una smorfia, mentre ipensieri le turbinavano nellamente. «Penso che sia lo spirito.Damon dice che vuoleprosciugare il nostro potere.Ecco come avviene».

Bonnie la fissava a occhisgranati, la bocca leggermenteaperta. Si leccò le labbra.«Damon dice?», chiese. Aggrottò

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la fronte, con un’espressionepreoccupata. «Damon è morto,Elena».

«No, è vivo. La sfera stellatal’ha riportato in vita dopo lanostra partenza dalla LunaOscura. L’ho scoperto dopo chelo spirito ti aveva rapita».

Bonnie emise un gridolino,un suono che ricordò a Elena ilverso di un coniglietto o diun’altra creatura, soffice eminuta, colta di sorpresa. Tutto ilsangue sembrava essere defluitodal suo viso, trasformando le

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lentiggini chiare in vividi puntiniscuri che spiccavano contro ilpallore delle guance. Si premettele mani tremanti sulla bocca,fissando Elena con i grandi occhiscuri.

«Senti, Bonnie», disse Elenacon fervore. «Non lo sa ancoranessuno. Lo sappiamo solo noidue. Damon voleva tenerlosegreto finché non avessetrovato il modo giusto pertornare. Quindi dobbiamomantenere il silenzio ariguardo».

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Bonnie annuì, ancora a boccaaperta. Le sue guance avevanoripreso colore e sembrava inbilico tra la gioia e la confusionetotaleElena notò che c’eraqualcosa nell’erba, sotto ilcespuglio di rose dietro Bonnie,un corpo pallido e inerte. Si sentìattraversare da un brivido gelidoquando ricordò il corpo di Calebai piedi del monumento nelcimitero.

«Che cos’è?», chiesebruscamente. L’espressione diBonnie si stabilizzò sulla

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confusione totale. Elena le passòaccanto, sfiorandola appena, e sidiresse verso il corpo, strizzandogli occhi nella luce del sole.

Quando fu abbastanza vicina,vide meravigliata che si trattavadi Matt: era disteso, immobile emuto, sotto il cespuglio di rose.Il suo petto era cosparso di petalineri. Quando fu più vicina, gliocchi del ragazzo ebbero unospasmo. Elena notò il rapidomovimento delle orbite sotto lepalpebre, avanti e indietro, comese stesse facendo un sogno

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molto vivido. Alla fine Mattspalancò gli occhi e inalò unalunga e tremula sorsata d’aria. Laguardò con le sue iridi celesti.

«Elena!». Restò senza fiato.Si sollevò sui gomiti e si guardòalle spalle. «Bonnie! Grazie alcielo! State bene? Dove citroviamo?»

«Lo spirito ci ha catturate, ciha portate nel MondoSotterraneo e ci sta sfruttandoper diventare più potente»,spiegò in breve Elena. «Come tisenti?»

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«Un po’ stordito», scherzòMatt con voce flebile. Si guardòattorno, poi si leccònervosamente le labbra. «Ehm,quindi questo è il MondoSotterraneo? È più carino diquanto avessi immaginato dallevostre descrizioni. Il cielo nondovrebbe essere rosso? E dovesono tutti i vampiri e idemoni?». Le guardò conespressione severa. «Sicure diaver detto la verità su tutto ciòche vi è successo quaggiù?Perché mi sembra un posto

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piuttosto gradevole per essereuna dimensione infernale.Inoltre come mi spiegate le rosee il resto?».

Elena lo fissò perplessa. Puòdarsi che ci siano capitate troppecose strane.

Poi colse una sfumatura dipanico sul volto di Matt. La suaindifferenza per ciò che stavasuccedendo era innaturale:cercava solo di farsi coraggio, dimostrare sicurezza per tenerealto lo spirito in quellasituazione pericolosa e tutta

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nuova.«Be’, volevamo

impressionarti», scherzò a suavolta Elena con un timidosorriso, poi andò subito al sodo.«Che sta succedendo a Fell’sChurch?», gli chiese.

«Uhm», disse Matt, «Stefan eMeredith stavano interrogandoCaleb per scoprire come haevocato lo spirito».

«Non è stato Caleb», dissecon fermezza Elena. «Lo spiritoci ha seguiti a casa da questoposto. Dobbiamo tornare subito

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ad avvisarli che stannoaffrontando uno degli SpiritiOriginari. Sarà molto più difficileper noi liberarcene».

Matt fissò Bonnie con unosguardo interrogativo. «Come faa sapere queste cose?»

«Be’», disse Bonnie, conquella sfumatura di allegria nellavoce che aveva sempre quando sifacevano dei pettegolezzi, «aquanto pare, glielo ha dettoDamon. È vivo e lei lo ha visto!».

Possiamo dire addio alsegreto di Damon!, pensò Elena,

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alzando gli occhi al cielo. Infondo però, non era moltoimportante che Matt lo sapesse.Non era con lui che Damon stavamantenendo il segreto, ed eraimprobabile che Matt potesseriferirlo a Stefan nell’immediatofuturo.

Le esclamazioni stupite diMatt e le spiegazioni di Bonniediventarono un brusio disottofondo mentre Elenaesaminava la zona. Sole.Cespugli di rose. Ancora cespuglidi rose. Ancora sole. Erba.

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Limpido cielo azzurro. Ilpaesaggio era sempre lo stesso.Ovunque guardasse, perfetti evellutati fiori neri ondeggiavanotranquilli nel lucente sole dimezzogiorno. I cespugli eranotutti uguali, equidistanti e con lostesso numero di rose. Persino leposizioni dei fiori su ognicespuglio erano identiche. I filid’erba erano uniformi. Sifermavano tutti alla stessaaltezza. Il sole non si era mossoda quando erano arrivati.

A prima vista, pareva un

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posto piacevole e rilassante, madopo qualche minuto quellamonotonia diventava snervante.

«C’era un cancello», disse aBonnie e Matt. «Quandoabbiamo osservato questo campodalla Guardiola dei Sette Tesori.C’era un’entrata, quindi deveesserci anche un’uscita.Dobbiamo trovarla».

Erano appena riusciti adalzarsi, quando, senza alcunavvertimento, ricominciarono leacute fitte di dolore e lasensazione che qualcuno li

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stesse strattonando. Elena siportò le mani allo stomaco.Bonnie perse l’equilibrio e caddedi nuovo a terra, seduta, con gliocchi serrati.

Matt emise un grido strozzatoe ansimò. «Che cos’è?».

Elena aspettò che il dolore siquietasse di nuovo prima dirispondergli. Le tremavano leginocchia. Aveva nausea e sisentiva stordita. «Un altromotivo per cui dobbiamoandarcene», disse. «Lo spirito cista usando per accrescere il suo

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potere. Penso che debba tenerciqui per farlo. E se non troviamosubito il cancello, potremmoessere troppo deboli per riuscirea tornare a casa».

Si guardò di nuovo attorno el’uniformità del paesaggio le fecequasi girare la testa. Ognicespuglio di rose era al centro diun piccolo letto circolare diargilla scura dall’aspetto fertile.Fra i letti di argilla, l’erba eraliscia e vellutata come il prato diun maniero inglese, o un campoda golf molto ben curato.

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«Bene», disse Elena e trasseun profondo respiro percalmarsi. «Dividiamoci ecerchiamo con attenzione.Staremo a circa tre metri l’unodall’altro e perlustreremo dacima a fondo questo giardino dirose. Guardatevi bene attorno.Qualunque cosa ci sembridiversa dal resto del campopotrebbe essere l’indizio che ciserve per trovare l’uscita».

«Dobbiamo perlustrarel’intero campo di rose?», chieseBonnie, con aria sgomenta. «È

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immenso».«Faremo solo un poco alla

volta», disse Elenaincoraggiante.

Si sparpagliarono su unalinea immaginaria, scrutandocon attenzione avanti e indietro,a destra e a sinistra. All’inizioerano silenziosi e concentratisolo nella ricerca. Non c’eraalcun segno del cancello. Manmano che avanzavano nelcampo, non notarono alcuncambiamento. File di cespugli dirose identici si estendevano

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all’infinito, in ogni direzione, acirca un metro di distanza l’unodall’altro, lo spazio sufficiente alpassaggio di una sola persona.

L’eterno sole di mezzogiornobatteva sulle loro teste, rendendoancor più difficoltosa la ricerca.Elena si asciugò le goccioline disudore dalla fronte. L’odore dirose stagnava pesantementenell’aria torrida; all’inizio l’avevatrovato gradevole, ma ora eranauseante, come un profumotroppo dolce. I perfetti fili d’erbasi piegavano sotto i suoi passi,

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poi saltavano di nuovo su, dritti eintatti, come se non fosse maipassata di lì.

«Vorrei ci fosse almeno unpo’ di brezza», si lamentòBonnie. «Ma non penso che soffimai il vento da queste parti».

«Questo campo dovrà purfinire prima o poi», disse Elenadisperata. «Non può estendersiall’infinito». Tuttavia, la nauseache sentiva alla bocca dellostomaco le suggeriva che forseera un’ipotesi plausibile.Dopotutto, quello non era il suo

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mondo. Le regole erano diverse.«Quindi dov’è adesso

Damon?», chiese d’un trattoBonnie. Non guardò Elena.Continuò a tenere un passosostenuto e a scrutare intorno asé con uno sguardo assorto emetodico. Ma c’era una tesastanchezza nella sua voce edElena interruppe la ricerca perdarle una breve occhiata.

Poi le venne in mente unapossibile risposta alla suadomanda e si fermò di colpo.«Ho capito!», disse. «Bonnie,

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Matt, penso che Damon possaessere qui. Magari non proprioqui, nel giardino di rose, ma daqualche altra parte del MondoSotterraneo, nella DimensioneOscura». La guardaronoperplessi.

«Damon stava cercando divenire qui per cercare lo spirito»,spiegò Elena. «Era convinto checi avesse seguiti fino a casaquando siamo tornati nel nostromondo, quindi è probabile cheabbia cominciato da qui lericerche per trovare il corpo

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materiale dello spirito. L’ultimavolta che l’ho visto, mi ha dettoche pensava di poterlocombattere meglio nel suo luogod’origine. E se Damon si trovaqui, forse può aiutarci a tornare aFell’s Church».

Damon, vorrei tanto che tufossi qui, da qualche parte. Tiprego, aiutaci, implorò insilenzio.

Proprio allora, qualcosaattrasse la sua attenzione.Davanti a loro, fra due cespuglidi rose del tutto simili a qualsiasi

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altro cespuglio di rose delgiardino, c’era qualcosa dileggermente insolito, unalievissima distorsione.Somigliava all’aria calda etremolante che appare talvoltasull’autostrada nelle giornateestive più afose e senza vento,quando i raggi del solerimbalzano sull’asfalto.

Non c’era asfalto lì chepotesse riflettere il calore delsole. Ma quello sfarfallio dovevapur essere provocato daqualcosa. A meno che non lo

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stesse immaginando. Si trattavaforse di un’illusione ottica? Eraun miraggio?

«Lo vedete anche voi?»,chiese agli altri. «Laggiù, appenaun po’ sulla destra».

Si fermarono e aguzzarono losguardo.

«Forse», disse esitanteBonnie.

«Sì, lo vedo», disse Matt.«Come aria calda che sale,giusto?»

«Esatto», disse Elena.Aggrottò la fronte, calcolando la

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distanza. Forse cinque metri. «Èmeglio prenderla di corsa»,disse. «Nel caso ci fosse qualcheproblema ad attraversarla.Potrebbe essere necessarioinfrangere delle barriere peruscire. Non penso chel’esitazione ci sarà d’aiuto».

«Teniamoci per mano»,suggerì nervosamente Bonnie.«Non voglio perdervi ragazzi».

Elena non distolse gli occhidallo sfarfallio dell’aria. Sel’avesse perso di vista, nonl’avrebbe più ritrovato

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nell’assoluta uniformità delpaesaggio. E, se si fossero voltati,non sarebbero stati più in gradodi distinguere quel punto da tuttigli altri.

Si presero per mano, fissandola piccola distorsione e sperandoche fosse un cancello. Bonnie,che era al centro, strinse la manosinistra di Elena con le sue ditacalde e sottili.

«Uno, due, tre, via», disseBonnie, e cominciarono acorrere. Inciamparono sull’erba,zigzagarono tra i cespugli di rose.

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Riuscivano a stento a correrefianco a fianco, tanto era strettolo spazio tra i cespugli, e unramo pieno di spine si impigliòfra i capelli di Elena. Non potevamollare la mano di Bonnie, népoteva fermarsi, quindi mosse latesta di scatto in avanti,nonostante il dolore che le fecevenire le lacrime agli occhi, econtinuò a correre, lasciando unaciocca aggrovigliata appesa alcespuglio.

Giunsero davanti allosfarfallio. Era ancora più difficile

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vederlo da vicino, ed Elenaavrebbe dubitato che sitrovassero nel posto giusto senon fosse stato per uncambiamento della temperatura.Da lontano poteva essere parsoun tremolio di aria torrida, maera freddo e tonificante come unlago di montagna, nonostante ilcalore del sole.

«Non vi fermate!», gridò. E siimmersero nel gelo.

Un istante dopo, tutto sioscurò, come se qualcuno avessespento la luce del sole.

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Elena si sentì cadere e siaggrappò disperata alla mano diBonnie.

Damon, gridò in silenzio.Aiutami!

1 Citazione dalla fiaba Jack e

il fagiolo magico.

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9

Stefan guidò come un pazzofino alla pensione. «Non possocredere di aver dimenticato didirgli che era uscito il suonome», ripeté forse per lacentesima volta. «Non possocredere di averlo lasciato solo».

Prese una curva a tuttavelocità, con un terribile stridiodi freni. «Rallenta», disseMeredith, cercando di tenere

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fermo sul sedile posteriore ilcorpo esanime di Matt. «Staicorrendo troppo».

«Dobbiamo sbrigarci»,ringhiò Stefan, facendo unabrusca sterzata a destra. Alaric,che si era seduto davanti, si giròe lanciò a Meredith un’occhiataterrorizzata quando Stefan perun pelo non centrò un bidonedella spazzatura. Lei sospirò.Sapeva che Stefan si sentiva incolpa perché non li avevainformati subito che il nome diMatt era apparso

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nell’erboristeria e stava cercandodi rimediare, ma ucciderli tutti inuna corsa forsennata verso casanon era proprio la soluzionegiusta. Inoltre, anche sel’avessero saputo e avesseroagito diversamente, era probabileche l’esito per Matt sarebbe statolo stesso. Le loro precauzioni,infatti, non erano servite asalvare Elena e Bonnie.

«Almeno hai i riflessi davampiro», disse, più perrassicurare Alaric che per unareale fiducia nelle capacità di

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guida di Stefan.Aveva insistito per sedersi

dietro con Matt, così si concentròsu di lui. Gli mise una mano sulpetto per trattenerlo ed evitareche cadesse mentre l’autosobbalzava e sbandava.

Era così immobile. Nonmostrava nessuna dellecontrazioni e dei movimentioculari che di solito si hanno nelsonno, solo il petto si alzava e siabbassava al ritmo regolare eleggero del respiro. Non russavaneppure. E Meredith sapeva fin

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dal campeggio in prima mediache Matt russava come unamotosega. Sempre.

Meredith non piangeva mai.Nemmeno quando succedevanole cose peggiori. E non avevaintenzione di cominciare adesso,soprattutto perché i suoi amiciavevano bisogno che restassecalma e concentrata per trovareil modo di salvarli. Se fosse statail tipo di ragazza che piange alminimo problema, invece deltipo che elabora strategie,sarebbe già scoppiata in un

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pianto dirotto. Il respirotrattenuto in gola le faceva unpo’ male, finché, grazieall’autodisciplina, non tornò allasua impassibile calma.

Era l’unica rimasta. Deiquattro amici di lunga data cheavevano condiviso le mattinatescolastiche, le vacanze estive, glianni dell’adolescenza e tutti gliorrori che il mondosoprannaturale aveva loroscagliato contro, lei era l’unicache lo spirito non avessecatturato. Non ancora, almeno.

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Meredith strinse i denti etrattenne Matt.

Stefan accostò e parcheggiòdavanti alla pensione: in qualchemodo aveva evitato di provocaredanni ai pedoni e alle altremacchine durante il tragitto.Alaric e Meredith cominciaronoa tirar fuori Matt dall’auto conestrema cautela, passandosi lesue braccia sul collo edestraendolo lentamentedall’abitacolo, un centimetro pervolta, in posizione semi-eretta.Poi arrivò Stefan che strappò

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Matt alle loro cure e se lo buttòsulle spalle.

«Andiamo», disse, e sidiresse a grandi passi verso lapensione, tenendo in equilibrioMatt con una sola mano, senzaguardarsi indietro.

«Si comporta in modopiuttosto strano ultimamente»,commentò Alaric, osservandolopreoccupato. La luce radente gliilluminò la barba corta e ispidasul mento non rasato, dandoleuna sfumatura dorata. Si giròverso Meredith e le rivolse un

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sorriso mesto e disarmante: «Dinuovo in azione…».

Meredith gli prese la mano ela sentì solida e calda nella sua.«Dai, andiamo», disse.

Non appena entrati nellapensione, Stefan salìrumorosamente le scale perdepositare Matt accanto agli altricorpi. Agli altri dormienti,rammentò a se stessa Meredithcon decisione.

Tenendo per mano Alaric, sidiresse in cucina. Appena spinsela porta, udì la voce della signora

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Flowers.«Davvero molto utile, mia

cara», stava dicendo, con unacalda nota di approvazione nellavoce. «Hai fatto un ottimolavoro. Te ne sono davverograta».

Meredith restò a boccaaperta. Seduta al tavolo dellacucina con la signora Flowers,misurata, tranquilla e graziosanel suo vestito di lino azzurro,c’era la dottoressa Celia Connorintenta a sorseggiare del tè.

«Ciao, Alaric. Ciao,

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Meredith», disse Celia. Lanciò aMeredith uno sguardo gelido epenetrante. «Non immagineretemai che cosa ho trovato».

«Cosa?», chiese con ansiaAlaric, lasciando la mano diMeredith. Lei sentì una stretta alcuore.

Celia si chinò su un borsoneposato sul pavimento, accantoalla sedia, e ne estrasse unpesante libro rilegato in pellemarrone. Sorrise trionfante eannunciò: «È un libro suglispiriti. Alla fine la dottoressa

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Beltram me l’ha spedito dalDalcrest College, che, in effetti,ha una collezione molto vasta ditesti sul paranormale».

«Suggerisco di trasferircinello studio», disse la signoraFlowers. «Lì staremo più comodie potremo esaminare con calma icontenuti del libro».

Si spostarono nello studio,ma Stefan, quando li raggiunse,sembrava tutt’altro che calmo etranquillo.

«Diversi tipi di spiriti», disseStefan, prendendo il libro dalle

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mani di Celia e sfogliandonerapidamente le pagine. «Lastoria degli spiriti nella nostradimensione. Dov’è il rituale diesorcismo? Perché questo cosonon ha un indice?».

Celia scrollò le spalle. «È unvolume molto raro e antico»,disse. «Non è stato faciletrovarlo ed è l’unicosull’argomento su cuiprobabilmente riusciremo amettere le mani, forse l’unico incircolazione, quindi direi chepossiamo soprassedere su cose

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come la mancanza di un indice.In questi libri antichi, l’autorevoleva che tu leggessi dall’inizioalla fine per imparare benel’argomento trattato, checomprendessi a fondo ilmessaggio, non che trovassisubito la pagina che ti serviva,ignorando il resto. Comunque,potresti provare a cercare versola fine».

Con uno sguardo sofferente,Alaric osservò Stefan maltrattarele pagine. «È un libro raro,Stefan», disse. «Potresti fare più

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attenzione, per favore? Che nedici di lasciar guardare me? Hoesperienza con questo genere dilibri e sono bravo a trovare ciòche mi serve».

Stefan gli ringhiò contro,letteralmente, e Meredith sisentì la pelle d’oca. «Faccio dasolo, professore. Ho una certafretta».

Guardò il testo, socchiudendogli occhi. «Perché utilizzavanoquesti caratteri ornati?», silamentò. «Non ditemi che èperché è antico. Io sono più

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vecchio di questo libro e a stentoriesco a leggerlo. Uh. “Spiriti chesi nutrono come vampiri di undato vizio, che si tratti del sensodi colpa, della disperazione o delrancore; oppure della gola percibi e bevande, del demone delvino o della lussuria per le donnedi malaffare. Più forte è il vizio,più nefaste saranno lemanifestazioni dello spiritocreato”. Penso che avremmopotuto anche arrivarci da soli».

La signora Flowers stava unpo’ in disparte dal resto del

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gruppo. Aveva lo sguardo fissonel vuoto e sembrava stesseborbottando tra sé mentrecomunicava con sua madre.

«Capisco», disse. «Glielodirò». Socchiudendo gli occhi,mise a fuoco gli altri, che stavanoalle spalle di Stefan. «Mama diceche il tempo sta scadendo», liavvisò.

Stefan saltò in piedi edesplose. «So che sta scadendo»,le urlò dritto in faccia, mentre leilo guardava stupita e incredula.«Sua madre non potrebbe dirci

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qualcosa di utile una voltatanto?».

Vacillando, la signora Flowerssi allontanò da lui e impugnò loschienale di una sedia perriprendere l’equilibrio. Erapallida e d’un tratto parve piùvecchia e fragile che mai.

Stefan spalancò gli occhi e lesue iridi verdi presero il coloredel mare in tempesta, poi tese lemani verso di lei conun’espressione inorridita. «Miscusi», disse. «Mi scusi, signoraFlowers. Non intendevo

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spaventarla. Non so cosa miabbia preso… È solo che sonomolto preoccupato per Elena egli altri».

«Lo so, Stefan», disse congravità la signora Flowers. Avevariacquistato l’equilibrio eappariva di nuovo forte, calma esaggia. «Li riavremo indietro.Devi avere fede. Mama ha fede».

Stefan tornò a sedere, dinuovo con gli occhi sul libro, lelabbra serrate in una lineasottile.

Sentendo prudere la pelle per

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il nervosismo, Meredith strinsela presa sul bastone mentre loosservava. Quando aveva rivelatoagli altri che i membri della suafamiglia erano cacciatori divampiri da generazioni e chetoccava a lei finire il lavoro deisuoi antenati, aveva promesso aElena che non se la sarebbe maipresa con Stefan, poiché capivache non era malvagio come glialtri vampiri, che era buono.Innocuo e benevolo verso gliumani.

Non aveva fatto la stessa

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promessa per Damon, ed Elena eStefan non le avevano chiesto difarla. Condividevano la tacitaopinione che Damon nonpotesse essere definito innocuo,neppure quando, a malincuore,collaborava con loro, e cheMeredith aveva bisogno di unacerta libertà di scelta quando sitrattava di lui.

Stefan… Non aveva maipensato che sarebbe potutoaccadere, ma ora temeva che ungiorno o l’altro non sarebbe piùstata in grado di mantenere le

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sue promesse. Non l’aveva maivisto come negli ultimi giorni:irrazionale, rabbioso, violento,imprevedibile. Sapeva che il suocomportamento eraprobabilmente provocato dallospirito, ma se invece Stefan fossediventato pericoloso? Sarebberiuscita a ucciderlo senecessario? Era un suo amico.

Sentiva il cuore battereall’impazzata. Si accorse distringere il bastone così forte chele sue nocche erano sbiancate, ele faceva male la testa. Capì che

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avrebbe affrontato Stefan eavrebbe cercato di ucciderlo, senecessario. Era vero, era suoamico, ma il dovere veniva primadell’amicizia.

Trasse un profondo respiro erilassò le mani, allentando lapresa sul bastone. Calma, siripeté. Respira. Stefan stava piùo meno mantenendol’autocontrollo. Non era costrettaa prendere quella decisione. Nonancora, comunque.

Pochi minuti dopo, Stefansmise di girare le pagine. «Ecco»,

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disse. «Penso che sia questo».Porse il libro alla signoraFlowers. La donna esaminòvelocemente la pagina e annuì.«Sembra il rituale giusto», dissecon convinzione. «In casa dovreiavere tutto il necessario pereseguirlo».

Alaric prese il volume. Anchelui lesse l’incantesimo,aggrottando la fronte.«Dev’essere proprio un rituale disangue?», chiese alla signoraFlowers. «Se fallisce lo spiritopotrebbe ritorcerlo contro di

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noi».«Temo che dovremo fare un

rituale di sangue», rispose lasignora Flowers. «Ci servirebbepiù tempo per tentare dimodificare il rituale, e il tempo èl’unica cosa che non abbiamo. Sele nostre supposizioni sul modoin cui lo spirito sfrutta i suoiprigionieri sono esatte, vuol direche ogni secondo che passadiventa più potente».

Alaric fece per controbatterema fu interrotto.

«Un attimo», disse Celia, con

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un’insolita nota stridula nellavoce roca. «Un rituale di sangue?Che cosa significa? Non voglioessere coinvolta in nulla di…»,cercò la parola giusta,«riprovevole».

Fece per prendere il libro, maStefan glielo impedì, battendociuna mano sopra. «Riprovevole ono, è ciò che faremo», disse conun tono calmo, ma duro comel’acciaio. «Tu ne fai parte. Ètroppo tardi per tirarsi indietro.Non te lo permetterò».

Celia fu scossa da un brivido

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convulso e si rannicchiò controlo schienale della sedia. «Nonosare minacciarmi», ribatté convoce tremante.

«Datevi una calmata, tuttiquanti», disse brusca Meredith.«Celia, nessuno ti obbligherà afare nulla senza il tuo consenso.Ti proteggerò io stessa, senecessario». Il suo sguardo volòad Alaric, che osservava tutti conaria preoccupata. «Ma abbiamobisogno del tuo aiuto. Per favore.Forse ci hai salvati tutti trovandol’incantesimo, e te ne siamo

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grati, ma Stefan ha ragione:anche tu fai parte di questastoria. Non so se funzioneràsenza di te». Esitò un attimo. «O,se funzionasse, potresti restarel’unico bersaglio dello spirito»,aggiunse scaltra.

Celia rabbrividì di nuovo e siportò le braccia al petto. «Nonsono una codarda», dissemestamente. «Sono unascienziata, e questo… misticismoirrazionale mi preoccupa. Ma cisono dentro. E farò quel cheposso per aiutarvi».

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Meredith, per la prima volta,provò un guizzo di simpatia perlei. Capiva come doveva esseredifficile continuare a ritenersiuna persona razionale mentre iconfini di ciò che aveva sempreaccettato come reale lecrollavano intorno.

«Grazie, Celia». Meredithguardò gli altri, uno per uno.«Abbiamo il rituale. Abbiamo gliingredienti. Dobbiamo solomettere tutto insieme ecominciare ad attuarel’incantesimo. Siamo pronti?».

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Tutti si raddrizzarono sullasedia e assunsero un’espressionedi ferma risolutezza. Per quantospaventoso, era un bene averefinalmente un piano e unoscopo.

Stefan fece dei respiriprofondi: era evidente che stavacercando di controllarsi,rilassando le spalle e assumendoun atteggiamento menominaccioso. «D’accordo,Meredith», disse. I suoitempestosi occhi verdiincontrarono le iridi grigie della

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ragazza, in perfetto accordo.«Facciamolo».

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10

Sapendo di non potereseguire il rituale a stomacovuoto, Stefan andò a caccia discoiattoli nel cortile, poi tornònel garage della pensione.Meredith aveva parcheggiato laFord d’epoca della signoraFlowers nel vialetto e lo spazioera più che sufficiente asistemare tutto il materialenecessario per il rituale di

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esorcismo.Stefan inclinò la testa,

sentendo un lieve scalpiccionell’ombra, e identificò i rapidibattiti del cuore di un topolino.L’atmosfera non era moltorassicurante, ma quella stanzaampia con il pavimento dicemento era perfetta perl’incantesimo.

«Passatemi il metro a nastro,per favore», disse Alaric, sdraiatoal centro del pavimento delgarage. «La linea che stodisegnando dev’essere della

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lunghezza giusta». La signoraFlowers aveva scovato unascatola di gessetti colorati daqualche parte nella pensione eAlaric stava fedelmentericopiando sul cemento liscio icerchi, i simboli arcani, leparabole e le ellissi dalle paginedel libro che teneva apertoaccanto a sé.

Stefan gli passò il metro e loosservò mentre prendevaminuziosamente le misure diogni tratto, dai cerchi al centrodel disegno alla fila di strane

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rune vicino ai margini esterni.«La precisione è fondamentale»,disse Alaric, aggrottando lafronte mentre ricontrollava leestremità del metro a nastro. «Secommettiamo il minimo errorerischiamo di liberare quella cosaa Fell’s Church».

«Ma non è già libera?»,chiese Stefan.

«No», spiegò Alaric. «Questorituale permetterà allo spirito diapparire nella sua formamateriale, che è molto piùpericolosa della forma

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incorporea in cui ci appareadesso».

«Allora è meglio che tu nonfaccia errori», concordò torvoStefan.

«Se tutto va come previsto, lospirito resterà intrappolato nelcerchio centrale», disse Alaric,indicandolo. «Noi ci metteremoai margini del disegno, laggiù,dietro quelle rune. Lì dovremmoessere al sicuro». Alzò lo sguardoe rivolse a Stefan un sorrisomesto. «Almeno spero.Purtroppo è la prima volta che

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faccio un rito d’invocazione nellavita reale, anche se ho lettoparecchio a riguardo».

Fantastico, pensò Stefan, masi limitò a ricambiare il sorriso diAlaric senza fare commenti.Quell’uomo stava facendo delsuo meglio. Potevano soltantosperare che bastasse a salvareElena e gli altri.

Meredith e la signora Flowersentrarono nel garage con unabusta di plastica a testa. Celia leseguiva.

«Acqua santa», disse

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Meredith, tirando fuori dallasporta un nebulizzatore permostrarlo a Stefan.

«Non funziona con ivampiri», le ricordò lui.

«Non dobbiamo evocare unvampiro», rispose lei e andò anebulizzare gli spazi esterni deldisegno, attenta a non toccare lelinee di gesso.

Alaric si alzò e, cominciandoa muoversi con brevi, cautisaltelli, uscì dall’enorme disegnomulticolore, con il libro stretto inmano. «Dovremmo essere quasi

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pronti», disse.La signora Flowers guardò

Stefan: «Abbiamo bisogno anchedegli altri», disse, «tutti quelliche hanno subito gli effetti delpotere dello spirito devonoessere presenti».

«Posso dare una mano aportarli giù», si offrì Alaric.

«Non è necessario», disseStefan e andò da solo al piano disopra. Rimase in piedi accanto alletto della camera con le paretirosa e crema a guardare Elena,Matt e Bonnie. Le due ragazze

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non si erano mosse da quandoaveva messo lì Matt.

Sospirò e prese in braccioElena per prima. Dopo un attimodi esitazione, afferrò anche ilcuscino e una coperta. Almenopoteva tentare di farla starecomoda.

Qualche minuto dopo, i treragazzi addormentati giacevanodavanti alla saracinesca delgarage, abbastanza lontani daldisegno, con le teste sostenutedai cuscini.

«E adesso che facciamo?»,

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chiese Stefan.«Ora prendiamo una candela

a testa», disse la signoraFlowers, aprendo la sua busta diplastica. «Dovete scegliere quelladel colore che vi rappresenta.Stando al libro, le candeledevono essere coniche e moltoprofumate, ma non ci sono altreindicazioni a riguardo. Io non neprenderò una», disse porgendo lasporta a Stefan. «Lo spirito nonha concentrato i suoi poteri su dime ed è dal 1943 che non provoinvidia per qualcuno».

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«Che è successo nel 1943?»,chiese Meredith, incuriosita.

«Nancy Sue Baker mi hasoffiato la corona al concorso diLittle Miss Fell’s Church»,rispose la signora Flowers.Vedendo che Meredith la fissavaa bocca aperta, alzò le braccia alcielo. «Sono stata bambinaanch’io, sapete? Ero davveroadorabile con i miei boccoli allaShirley Temple, e a mia madrepiaceva farmi indossare vestitinipieni di balze e gale e mostrarmiin giro».

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Scacciando dalla mentel’inusitata immagine dellasignora Flowers con i boccoli allaShirley Temple, Stefan rovistònell’assortimento di candele e nescelse una di colore blu scuro.Gli sembrava adatta al propriocarattere in qualche modo. «Ciservono candele anche per glialtri», disse. Scelse con cura unacandela dorata per Elena e unarosa per Bonnie.

«Le stai scegliendo solo inbase al colore dei capelli?»,chiese Meredith. «Sei proprio un

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maschio».«Comunque, lo sai anche tu

che questi sono i colori giusti perloro», ribatté Stefan. «E i capellidi Bonnie sono rossi, non rosa».

Meredith annuì conriluttanza. «Suppongo che tuabbia ragione. Bianco per Matt,comunque».

«Dici?», chiese Stefan. Nonsapeva che candela scegliere perMatt. A stelle e strisce, forse, sece ne fosse stata una.

«È la persona più pura che ioconosca», disse con dolcezza

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Meredith. Alaric la guardò conun sopracciglio alzato e lei glidiede una gomitata. «Puro dispirito, intendo. Non ci sonosorprese con Matt, ed è unragazzo buono, onesto fino infondo».

«Direi di sì», disse Stefan eosservò senza commentareMeredith che prendeva per séuna candela marrone scuro.

Alaric rimescolò le candelenella busta e ne scelse una verdescuro, e Celia una color lavandachiaro. La signora Flowers prese

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la busta con le candele rimanentie la ripose su uno scaffale altovicino alla porta del garage, trauna confezione di terriccio dagiardino e una vecchia lampada acherosene.

Si sedettero tutti sulpavimento, fuori dal disegno, difronte al cerchio vuoto al centrodello schema, con le candelespente in mano. I dormientigiacevano dietro di loro.Meredith teneva in grembo lacandela di Bonnie; Stefan avevaquella di Elena e Alaric quella di

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Matt.«Ora le consacreremo con il

nostro sangue», disse Alaric.Tutti si girarono a guardarlo e luiscrollò le spalle, sulla difensiva.«È quello che dice il libro».

Meredith prese un coltellinodalla borsa, s’incise un dito e,con un movimento veloce edisinvolto, lo passò dalla puntaalla base della sua candelamarrone, lasciandovi una strisciadi sangue, poi porse il coltello adAlaric, insieme a una boccetta didisinfettante. Uno a uno, gli altri

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seguirono il suo esempio.«Questa è proprio una

pazzia», disse Celia. Trasalì, manon si tirò indietro.

Stefan era molto sensibileall’odore del sangue umano inquello spazio ristretto. Anche sesi era appena nutrito, sentì unistintivo formicolio alla base deicanini.

Meredith prese le candele, siavvicinò ai suoi amiciaddormentati e, uno a uno,sollevò le loro mani e fece untaglietto rapido e preciso,

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strofinando il sangue sullerispettive candele. Nemmeno unbrivido, da parte loro. Quandoebbe finito, Meredith ridistribuìle candele dei dormienti e tornòal suo posto.

Alaric cominciò a leggere leprime righe dell’incantesimo inlatino. Dopo un paio di frasi,esitò sulla pronuncia di unaparola e Stefan, in silenzio, preseil grimorio. Continuò a leggerefluentemente dal punto in cui siera interrotto Alaric. Le parolescorrevano senza intoppi dalle

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sue labbra e parlare di nuovo inlatino gli ricordò l’infanzia, le oretrascorse con il suo tutore,centinaia di anni prima, e ilperiodo in cui aveva vissuto inun monastero inglese nei primianni della sua lotta contro ilvampirismo.

Al momento opportuno,schioccò le dita e, con un tocco diPotere, la sua candela si acceseda sola. La porse a Meredith, chefece cadere qualche goccia dicera fusa sul pavimento delgarage, ai bordi del disegno, e vi

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fissò la candela. Al momentoprescritto dal rito, accese anchele altre, una alla volta, mentreMeredith le fissava sulpavimento, finché fra loro e lalinea di gesso del disegno ci fuuna piccola schiera di candeleche ardevano con coraggio.

Stefan continuò a leggere.All’improvviso le pagine del librocominciarono a svolazzare. Unvento freddo e innaturale si levòall’interno del garage chiuso e lefiamme delle candele guizzaronoselvaggiamente prima di

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spegnersi. Due candele sirovesciarono. I lunghi capelli diMeredith le sferzarono il viso.

«Questo non dovrebbeaccadere», gridò Alaric.

Ma Stefan, strizzando gliocchi nella tormenta, continuò aleggere.

L’oscurità assoluta e lasgradevole sensazione di caderenel vuoto durarono solo per unminuto, poi Elena atterròdolorosamente in piedi einciampò in avanti prima diritrovare l’equilibrio, afferrando

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le mani di Matt e Bonnie.Si trovavano in uno spazio

buio, di forma ottagonale,circondati da porte chiuse. C’erasolo un mobile al centro dellastanza. E, dietro la solitariascrivania, c’era un bellissimovampiro a petto nudo, chesfoggiava un muscoloso corpoabbronzato e una lunga e foltachioma color bronzo che gliricadeva sulle spalle.

Elena lo riconobbe subito.«Siamo nella Guardiola!»,

esclamò sorpresa.

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Sage saltò in piedi dall’altrolato della scrivania conun’espressione quasi comica sulviso. «Elena?», esclamò.«Bonnie? Matt? Che succede?Qu’est-ce qu’il se passe?».

In condizioni normali, Elenasarebbe stata felice di vedereSage, che si era sempre mostratogentile e disponibile con lei, madoveva trovare Damon. Dovevaessere lì, ne era certa. Lesembrava quasi di sentire la suavoce che la chiamava.

Attraversò a grandi passi la

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stanza vuota, trascinando con séMatt e Bonnie e degnandoappena di uno sguardo l’attonitoguardiano.

«Scusa, Sage», disse appenaraggiunse la porta che cercava.«Dobbiamo trovare Damon».

«Damon?», disse lui. «Ètornato di nuovo?». Elena e glialtri varcarono la soglia,ignorando Sage che urlava:«Fermi! Arrêtez-vous!».

La porta si chiuse dietro diloro e si ritrovarono in unpaesaggio di cenere. In quel

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luogo arido non cresceva nulla enon c’erano punti di riferimento.Aspri venti trasportavano lasottile cenere nera su valli edune mobili. Davanti ai loroocchi, una forte raffica sollevò illeggero strato superiore dicenere e lo fece vorticare in unanube che presto si posò di nuovo,dando un’altra forma alpaesaggio. Sotto lo stratoleggero, si vedevano paludi dicenere fangosa. Lì vicino c’erauna pozza d’acqua immobile,satura di cenere. Non c’erano

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altro che fango e cenere, solo, ditanto in tanto, s’intravedeva unmucchietto di terra bruciata o unpezzo di legno.

Su di loro gravava un cielocrepuscolare nel quale sistagliavano un immenso pianetae due grosse lune, una biancastriata di azzurro e l’altraargentata.

«Dove siamo?», chiese Matt,fissando il cielo a bocca aperta.

«Una volta questa era unaterra – una Luna Oscura,tecnicamente – che prosperava

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sotto l’ombra di un enormealbero», rispose Elena,continuando ad avanzare conpasso energico. «Finché non l’hodistrutta. È qui che è mortoDamon».

Pur senza voltarsi, sentì cheMatt e Bonnie si erano scambiatiuno sguardo perplesso. «Ma,ehm, poi è tornato, giusto? Nonl’avevi visto a Fell’s Churchl’altra notte?», chiese esitanteMatt. «Perché siamo venuti quiadesso?»

«So che Damon è vicino»,

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rispose con impazienza Elena.«Riesco a sentire la suapresenza. È tornato. Forse è daquesto posto che ha cominciato aindagare sul fantasma».Continuarono a camminare. Benpresto, più che camminare, siritrovarono ad arrancare nellacenere nera, che si attaccava ingrossi grumi disgustosi sulle lorogambe. Il fango sotto la ceneres’incollava alle scarpe, e sistaccava, a ogni passo, con unviscido suono di risucchio.

Erano quasi arrivati. Lo

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sentiva. Elena accelerò il passo egli altri, che la tenevano ancoraper mano, si affrettarono araggiungerla. Lo strato di cenerelì era più spesso e profondoperché si stavano avvicinando alpunto in cui un tempo sorgeva iltronco dell’albero, il centro diquel mondo. Elena ricordaval’esplosione, l’albero lanciato nelcielo come un razzo, che sidisintegrava man mano chericadeva. Il corpo di Damon erastato lì sotto, ed era statocompletamente sepolto dalla

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pioggia di cenere.Elena si fermò. Davanti a lei

c’era un denso e tremolantemucchio di cenere che dovevaarrivarle almeno alla vita. Pensòche forse era il punto in cui si erarisvegliato Damon, perché lacenere era smossa e c’era unsolco al centro, come sequalcuno avesse scavato untunnel per uscire da uno deglistrati più profondi. Ma lì intornonon c’era nessuno oltre a loro.Una fredda raffica di ventosollevò una nuvoletta di cenere e

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Bonnie tossì. Elena, immersafino alle ginocchia nella cenerefredda e appiccicosa, lasciò la suamano, le prese il braccio e se lofece passare sulle spalle.

«Non c’è», disse, sconcertata.«Ero così sicura di trovarlo qui».

«Allora deve essere daqualche altra parte», disse Mattin tono razionale. «Sono sicuroche sta lottando contro lo spirito,come hai detto tu. LaDimensione Oscura è grande».

Bonnie rabbrividì e si strinsea Matt, con gli occhi castani

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spalancati e pieni di pathos,come quelli di un cuccioloaffamato. «Possiamo andare acasa adesso? Per favore. Sagepuò riportarci a casa, giusto?».

«Proprio non capisco», disseElena, fissando lo spazio vuotodove un tempo sorgeval’immenso tronco dell’albero.«Ero sicura di trovarlo qui. Inpratica, sentivo la sua voce chemi chiamava».

Proprio allora, una risatabassa e musicale infranse ilsilenzio. Era un suono

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bellissimo, ma aveva qualcosa dialieno e raggelante, qualcosa chela fece rabbrividire.

«Elena», mormorò Bonnie,spalancando gli occhi. «È la voceche ho sentito prima che lanebbia mi prendesse».

Si voltarono.Dietro di loro c’era una

donna, o meglio un essere consembianze femminili. Non sitrattava di una vera donna. E,come la risata, anche l’essere erabellissimo, ma spaventoso. Lei –anzi esso – era immenso, alto

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una volta e mezzo un normaleessere umano, ma perfettamenteproporzionato, e sembrava fattodi nebbia e ghiaccio, consfumature verdi e blu, come ilpiù puro dei ghiacciai; i suoiocchi erano limpidi, di un verdechiarissimo. I fianchi e le gambe,che apparivano solidi, traslucidicome il ghiaccio, si sfocarono e sitrasformarono sotto i loro occhi,diventando un mulinello dinebbia.

Dietro lo spirito fluttuava unalunga chioma di capelli verde

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acqua, simile a una nube che siaddensa poco a poco. L’esseresorrise a Elena, e i suoi dentiaguzzi brillarono come ghiaccioliargentati. Tuttavia, c’eraqualcosa nel suo petto che nonera ghiaccio, ma pareva solido,rotondo e scuro. Rosso scuro.

Elena vide tutto in un istante,prima che il corpo che pendevadalle mani tese della donna dighiaccio richiamasse tutta la suaattenzione.

«Damon!». Restò senza fiato.La donna di ghiaccio lo

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teneva per il collo conindifferenza, ignorando i suoitentativi di liberarsi mentrepenzolava nel vuoto. Sembravanon facesse alcuno sforzo, quasiavesse in mano un giocattolo. Ilvampiro, nel suo vestito nero,dimenava le gambe, sferrandocalci ai fianchi di quell’essere,invano, perché i piedi passavanoattraverso il suo corpo brumoso.

«Elena», disse Damon convoce fievole e strozzata.

La donna di ghiaccio – lospirito – piegò la testa di lato e lo

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guardò, poi gli strinse ancora dipiù il collo.

«Non ho bisogno direspirare… idiota di uno spirito»,disse Damon ansimando, contono di sfida.

Il sorriso dello spirito siallargò. «Ma ti può scoppiare latesta, vero? Mi andrà bene lostesso», disse con una vocefredda e dolce, simile al tintinniodei cristalli. Lo scosse un po’ erivolse il suo sorriso a Elena,Bonnie e Matt. Elena feced’istinto un passo indietro,

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appena quegli occhi freddi comeil ghiaccio si posarono su di lei.

«Benvenuta», le disse lospirito con un tono gioioso, comese fossero vecchie conoscenti.«Ho trovato te e i tuoi amicimolto rinfrescanti, con tutte levostre piccole gelosie. L’invidiadi ognuno di voi ha un saporediverso. Vi ho fatto passare unmare di guai, non è vero? Eranomillenni che non mi sentivo cosìforte e ben nutrita». Assunseun’espressione pensierosa ecominciò a scuotere piano

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Damon su e giù. Il vampiroemetteva un gemito gutturale,strozzato, e lacrime di dolore glirigavano la faccia.

«Ma avreste fatto meglio arimanere dove vi avevo messo»,continuò lo spirito, con un tonoleggermente più freddo, ecominciò a far oscillare Damon,finché il suo corpo non descrisseun grande arco nell’aria. Damonrantolò e tentò di liberarsidall’immensa mano dello spirito.Elena non era nemmeno certache fosse vero che non aveva

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bisogno di respirare. Damon nonsi sarebbe fatto scrupolo dimentire a riguardo, se avesseavuto una buona ragione, eprobabilmente avrebbe mentitoanche senza motivo, solo perinfastidire l’avversario.

«Smettila!», urlò Elena.Lospirito rise di nuovo,sinceramente divertito. «Dai,costringimi, piccoletta». Serrò lastretta intorno al collo di Damon,che fu scosso da uno spasmo. Poigli occhi del vampiro sirovesciarono indietro, finché

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Elena vide solo lo spettralecandore della sclera striato darossi capillari esplosi, e infine ilsuo corpo si afflosciò.

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Matt fissava inorridito lospirito che sballottava Damoncome una bambola di pezza.

Elena si girò e guardò negliocchi Matt e Bonnie. «Dobbiamosalvarlo», bisbigliò conun’espressione di fieradeterminazione sul viso, ecominciò subito a correre,schivando i cumuli di cenere.

Matt supponeva che se

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Damon, con tutta la sua forza davampiro e le abilità dicombattimento perfezionate persecoli, era del tutto impotentenelle mani dello spirito – cavoli,da come lo strattonava adesso, lasua testa rischiava di scoppiaresul serio – allora loro tre inquello scontro avevano le stessepossibilità di una palla di neveall’inferno. L’unica domanda dafarsi, a quel punto, era se lospirito avesse intenzione diuccidere anche loro.

E la verità era che Damon

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non gli piaceva, nemmeno unpoco. È vero che avevacontribuito a salvare Fell’sChurch da Katherine e Klaus, edai demoni kitsune, ma era pursempre un vampiro omicida,sarcastico, impenitente,presuntuoso, arrogante, odioso eil più delle volte sgarbato. Anchese, volendo essere generosi, gli siattribuiva il salvataggio di ognisingolo abitante di Fell’s Church,non c’erano dubbi che nel corsodella sua lunga vita Damonavesse danneggiato più persone

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di quante ne avesse aiutate. E poilo chiamava sempre “Mutt”,fingendo di non ricordare il suovero nome, e questo lo mandavain bestia. Esattamente ciò cheDamon voleva.

Tuttavia, Elena lo amava.Quale che fosse la ragione. Mattsospettava si trattasse dellastessa inesplicabile ragione percui le brave ragazzes’innamorano sempre di qualcheragazzaccio ribelle. Matt, dauomo tutto d’un pezzo, non neaveva mai capito il fascino.

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Contrariamente a Elena.Ma Damon faceva parte della

squadra, più o meno, e Matt nonpoteva rimanere a guardarementre un compagno di squadraveniva decapitato da unademoniaca donna di ghiaccio suuna luna ricoperta di cenere inun’altra dimensione. Comeminimo doveva fare del suomeglio per salvarlo. Anche se glistava antipatico.

Perciò corse dietro a Elena,seguito da Bonnie. Quandoarrivarono davanti allo spirito,

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Elena stava già tormentando lagrossa mano azzurro ghiacciostretta intorno alla gola diDamon, nel tentativo di sollevarele dita quanto bastava a infilarcisotto le sue. Lo spirito a stento ladegnò di uno sguardo. Matt,sospirando tra sé, pensòall’inutilità di quello che stavanofacendo e vibrò un pugnopoderoso contro lo stomaco dellospirito.

Ma il corpo di ghiacciodell’avversario si trasformò inuna nebbia intangibile e il suo

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braccio vi passò attraverso senzatoccarlo. Perdendo l’equilibrio,Matt vacillò e cadde sul bustovaporoso dello spirito.

Fu come cadere in un canaledi scolo congelato. Un gelointorpidente e un orribile,nauseante odore loavvilupparono. Si tirò fuori dallanebbia, scosso da brividi e daconati di vomito, ma intero. Siguardò attorno frastornato,battendo le palpebre.

Elena era alle prese con ledita dello spirito: graffiava e

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tirava, ma quello la osservavacon una sorta di distaccatodivertimento e pareva che glisforzi della ragazza non lopreoccupassero e non lodisturbassero nemmeno un po’.Poi si mosse, così veloce cheMatt vide solo un confusoturbinio di verde e blu, e spinsevia Elena, che dimenando bracciae gambe, atterrò su un cumulo dicenere. Si rialzò subito in piedi.Un rivolo di sangue le colavadall’attaccatura dei capelli,lasciando tracce rosse nella

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cenere che le copriva il viso.Anche Bonnie si dava da fare:

si era messa alle spalle dellospirito e tirava pugni e calci. Lamaggior parte delle volte, i suoicolpi non andavano a segnoperché trapassavano la nebbiaincorporea, ma di tanto in tantoriusciva a colpire il ghiaccio.Pure quei colpi parevano deltutto inefficaci. Matt non eranemmeno sicuro che lo spirito sifosse accorto che Bonnie lostesse attaccando.

Damon pendeva ancora dalla

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mano dello spirito, con le veneche gli sporgevano. La pelle delcollo era sbiancata attorno aitendini tesi. Che fosse o no unvecchio vampiro con i super-poteri, stava soffrendo. Mattrivolse una preghiera a qualsiasisanto proteggesse le persone cheseguono le cause perse e si gettòdi nuovo nella mischia.

C’era solo oscurità. Poi arrivòil dolore, l’oscurità si tinse dirosso, infine si schiarì e Damonriacquistò la vista.

Lo spirito – quella stronza di

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uno spirito! – lo teneva per ilcollo, e la sua pelle eraterribilmente fredda, così freddache lo bruciava ovunquetoccasse. Non riusciva amuoversi.

Ma vedeva Elena, in piedisotto di lui. La bellissima Elena,coperta di cenere, rigata disangue, con i denti in mostra egli occhi fiammeggianti comeuna dea guerriera. Damon avevail cuore gonfio di amore e paura.Il piccolo, coraggioso pettirosso e“Mutt” combattevano al suo

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fianco.Per favore, avrebbe voluto

dire. Non cercate di salvarmi.Scappa. Elena, devi scappare.

Ma non riusciva a muoversi enon riusciva a parlare.

Lo spirito cambiò posizione e,sotto gli occhi di Damon, Elenasmise di lottare e si strinse lostomaco, con una smorfia didolore. Matt e Bonnie sicontorcevano allo stesso modo, iloro volti erano pallidi e tesi, lebocche spalancate per urlare.Bonnie emise un lungo lamento

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e si accasciò.Oh, no, pensò Damon

inorridito. Non Elena. Non ilpettirosso. Non per me.

Poi, all’improvviso, unaraffica di vento mulinò intorno alui, strappandolo alle grinfiedello spirito. Sentì un ruggitonelle orecchie e un pizzicorenegli occhi. Guardandosi attorno,vide Bonnie ed Elena con icapelli che svolazzavano; Matt,che agitava le braccia come unossesso; e lo spirito, chefinalmente aveva un’espressione

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sorpresa anziché saccente sulviso verde acqua.

Un tornado, pensò confusoDamon, e poi: un Portale, e capìche qualcosa lo stava spingendoa tutta velocità verso l’alto,ancora una volta nelle tenebre.

L’ululato era diventatoassordante e Stefan era costrettoa urlare persino per sentire lapropria voce. Doveva stringere illibro con entrambe le manipoiché rischiava di farselosfuggire: era come se qualcosa divivo ed estremamente forte

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stesse cercando di strapparglielovia.

«Mihi adi. Te voco. Necesseest tibi parere», recitò Stefan.«Vieni a me. Ti invoco. Deviobbedire».

Quella era l’ultima frasedell’incantesimo di evocazione inlatino. La parte che seguiva era laformula di esorcismo, chesarebbe stata in inglese.Ovviamente, era necessario chelo spirito fosse presente perchéquella parte dell’incantesimofosse efficace.

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Il vento che infuriava nelgarage divenne ancora più forte.Fuori rombavano i tuoni.

Stefan guardò il cerchio alcentro del disegno, oscuratodalle ombre in fondo alla stanza,ma non vide nulla. Il ventoinnaturale cominciò adattenuarsi. Il panico si fecestrada nel suo petto. E seavessero fallito? Lanciòun’occhiata ansiosa ad Alaric eMeredith, poi alla signoraFlowers, ma nessuno lo stavaguardando: avevano tutti gli

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occhi inchiodati al centro deldisegno.

Stefan tornò a osservare ilcerchio, nutrendo un’assurdasperanza. Ma non c’era nulla lì.

Un attimo!D’un tratto, proprio al centro

del cerchio, qualcosa si mosse,producendo un impercettibilelampo di luce verde acqua, chediffuse uno strano gelo nellastanza. Non era come il ventofreddo che aveva turbinato nelgarage, ma somigliava più a unrespiro di ghiaccio, come se in

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quel punto ci fosse qualcuno cheinalava ed esalava un alito lento,costante e raggelante.

Il bagliore divenne piùgrande, più intenso, più scuro.D’un tratto, Stefan vide chel’informe bagliore si trasformavae prendeva le sembianze di unadonna. Una donna gigantesca dalcorpo di ghiaccio e nebbia, consfumature blu e verdi. Nel pettoaveva una rosa rosso scuro, il cuistelo era un fitto groviglio dispine.

Meredith e Celia emisero un

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sonoro gemito. La signoraFlowers si mantenne calma,mentre Alaric rimase a boccaaperta.

Doveva essere lo spirito dellagelosia. Stefan aveva semprepensato alla gelosia come a uncalore bruciante. Baci violenti,rabbia feroce. Ma la rabbia, lalussuria, l’invidia, tutte leemozioni contenute nellagelosia, potevano anche esserefredde, e Stefan non aveva dubbiche avessero evocato lo spiritogiusto.

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Pensò e dimenticò tuttequeste cose in un attimo, perchéla donna di ghiaccio non era lasola a essersi materializzata alcentro del cerchio.

Confusi, malfermi sullegambe, scossi dal pianto, sporchidi fango e cenere, erano apparsianche tre umani.

La sua bellissima, eleganteElena, incrostata di sporcizia,con i capelli d’oro aggrovigliati earruffati e rivoli di sangue che lescorrevano lungo il viso. Lapiccola e fragile Bonnie, con il

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volto pallido e rigato di lacrime,che pure graffiava e tirava calciallo spirito con un’espressionefurente. E Matt, sempreaffidabile e americano fino almidollo, sporco e scarmigliato,che si girò a guardarli conun’espressione particolarmenteperplessa, come se si stessechiedendo dove diamine fosserofiniti.

C’era anche un’altra persona,una quarta figura, ansimante emalferma, apparsa per ultima.Per un attimo, Stefan non lo

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riconobbe. Non potevariconoscerlo, perché sisupponeva che quell’uomo nonfosse più al mondo. Gli apparvecome un estraneo dall’ariastranamente familiare.L’estraneo si portò la mano allagola, come per proteggerla eguardò fuori dal cerchio, drittoverso di lui. Sulle labbra gonfie esanguinanti e negli occhi ridottia fessure illividite, apparve lospettro di un sorriso smagliante.Gli ingranaggi della mente diStefan tornarono al loro posto e

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finalmente ripresero a girare.Damon!Stefan era così stupefatto che

non sapeva cosa provare. Poi, dalprofondo del cuore, si diffuselentamente in lui una sensazionedi calore, quando comprese chesuo fratello era tornato. L’ultimopezzo della sua lunga e stranastoria era di nuovo lì. Non erapiù solo. Fece un passo avanti,verso il margine del disegno,trattenendo il respiro.

«Damon?», sussurrò,meravigliato.

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Gelosia si voltò di scattoverso di lui, immobilizzandolocon il suo sguardo freddo evitreo.

«Era già tornato, sai», dissecon disinvoltura, e la sua voceraggelò Stefan come se gliavessero gettato in facciadell’acqua ghiacciata. «Ma nonvoleva che tu lo sapessi, cosìavrebbe potuto avere Elena tuttaper sé. È rimasto nascosto, senzafar niente, per combinarequalche carognata, come al suosolito».

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Gelosia era senza dubbio unadonna, e il suo tono freddo epragmatico gli ricordava lavocina che talvolta parlava neirecessi della sua mente,evocando i pensieri più turpi evergognosi. Potevano sentirlaanche gli altri? O parlavasoltanto nella sua testa?

Arrischiò uno sguardo versogli altri. Stavano tutti immobilicome statue – Meredith, Celia,Alaric, la signora Flowers – efissavano Gelosia. Dietro di loro,i letti improvvisati erano vuoti.

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Quando le forme astrali dei tredormienti si erano materializzatenel cerchio insieme allo spirito, icorpi dovevano essersi inqualche modo congiunti a loroall’interno del disegno.

«È andato da Elena», loschernì lo spirito. «Ti hanascosto la sua resurrezione perpoterle fare la corte. Damon nonsi è preoccupato nemmeno unsecondo dei tuoi sentimenti. Ementre tu piangevi la sua morte,lui andava a trovare Elena nellasua stanza da letto».

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Stefan indietreggiòvacillando.

«Vuole sempre ciò che tiappartiene, lo sai», continuò lospirito, curvando in un sorriso lelabbra trasparenti. «È semprestato così, anche quando eravatemortali. Ricordi quando ètornato a casa dall’università e tiha rubato Katherine? Hasfoderato tutte le sue arti diseduttore solo perché sapeva chetu la amavi. Persino con lepiccole cose: se tu avevi ungiocattolo, lui se lo prendeva. Se

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tu volevi un cavallo, lui locavalcava. Se rimaneva un pezzodi carne nel vassoio, lui lomangiava, anche se non avevafame, soltanto per toglierlo a te».

Stefan scosse lentamente latesta: si sentiva di nuovo troppolento, come se per l’ennesimavolta avesse mancato unmomento cruciale. Damon avevafatto visita a Elena? Lei sapevache era vivo anche quando luiaveva pianto sulla sua spalla ilfratello perduto?

«E tu pensavi di poterti fidare

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di Elena, non è vero, Stefan?».Elena si girò a guardarlo, con leguance pallide sotto il velo dicenere. Aveva un’aria sofferentee preoccupata.

«No, Stefan…», cominciò adire, ma lo spirito la interruppesubito, con il veleno delle suemelliflue parole. Stefanconosceva le sue malvagieintenzioni. Non era uno stupido.Eppure si ritrovò ad annuire, adargli ragione, mentre unarabbia sorda, feroce, si facevastrada dentro di lui sebbene la

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sua parte razionale cercasse dicontrastarla.

«Elena ha mantenuto il suosegreto con te, Stefan. Sapevache stavi male e che la notiziadella sopravvivenza di Damonavrebbe alleviato la tuasofferenza, eppure ha taciuto,perché tuo fratello le avevachiesto di tacere e i suoi desiderisono per lei più importanti deltuo benessere. Elena ha semprevoluto entrambi i fratelliSalvatore. È davvero buffo che tunon sia mai abbastanza per le

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donne che ami. Questa non èneanche la prima volta chepreferisce tuo fratello, osbaglio?».

Elena scosse la testa, maStefan riusciva a malapena avederla, offuscato com’eradall’ondata di rabbia e amarezzache gli montava dentro.

«Segreti e bugie», continuòallegramente lo spirito, con unagelida risata argentina, «e losciocco Stefan Salvatore che èsempre due passi indietro. L’haisempre saputo che c’era qualcosa

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fra Damon ed Elena, qualcosa dicui tu non facevi parte, Stefan,eppure non avresti maisospettato che lei ti avrebbetradito per lui».

All’improvviso, Damonsembrò uscire dal suostordimento, come se avesseudito lo spirito solo in quelmomento. Aggrottò lesopracciglia e girò lentamente latesta per guardarlo.

Aprì la bocca, ma prima chepotesse pronunciare qualsiasiparola di smentita o di scherno

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avesse sulla lingua, Stefancambiò espressione, come se inlui si fosse rotto qualcosa, saltòcon un grido di rabbia,atterrando al centro del disegnodi gesso. Muovendosi più velocedi quanto potesse coglierel’occhio umano, spinse Damonfuori dal cerchio e lo scagliòcontro la parete opposta delgarage.

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12

«Smettila!», gridò Elena.«Stefan! Smettila! Loucciderai!».

Ma prima ancora di finire lafrase, capì che uccidere Damon,probabilmente, era proprio ciòche voleva. Stefan non silimitava a prenderlo a pugni, madilaniava il corpo del fratello coni denti e con le unghie, come unabelva feroce. Accovacciato in una

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posa di furia primordiale, con icanini affilati bene in vista e ilvolto distorto da un ghigno difuria animalesca, somigliava piùche mai a un vampiro assetato disangue.

Elena li guardava impotentee, alle sue spalle, quella voceseducente continuava a dire aStefan che avrebbe perso ognicosa, per l’ennesima volta. CheDamon prendeva tutto quelloche gli era caro e poi lo gettavavia, con crudele noncuranza,perché voleva solo distruggere

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ciò che gli apparteneva.Elena si voltò e cominciò a

prendere a pugni lo spirito: ilterrore per ciò che Stefan stavafacendo a Damon avevacancellato ogni residuo di timorenei suoi confronti. Matt e Bonniesi unirono a lei.

Come prima, le loro maniscivolarono attraversol’immateriale corpo di nebbia.Tuttavia, il petto dello spirito erasolido ed Elena ne fece ilbersaglio della sua furia,colpendo la dura superficie di

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ghiaccio con tutta la forza di cuiera capace.

Nel petto ghiacciato dellacreatura, ardeva una sontuosarosa rossa. Era un fioremeraviglioso, ma dall’aspettoletale, e il suo colore le ricordavail sangue avvelenato. Lo stelospinoso sembrava gonfio, piùgrosso di quello di un fiorenormale. Mentre Elena loguardava, il bagliore si fece piùintenso, i petali si aprirono e larosa raggiunse il turgore dellapiena fioritura. È il suo cuore?, si

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chiese Elena. È la gelosia diStefan che lo sta nutrendo?Sferrò un altro pugno contro ilpetto di ghiaccio, mirando allarosa, e lo spirito, per un istante,la guardò.

«Smettila», disse con rabbiaElena. «Lascia in pace Stefan».

Lo spirito ora la fissavaapertamente e il suo sorriso siallargò, mostrando dentiscintillanti, simili a ghiaccioliappuntiti oltre la nebbia dellelabbra. Nelle glaciali profonditàdegli occhi, a Elena parve di

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cogliere un guizzo freddo magenuino, che le gelò il cuore.

Poi lo spirito tornò aoccuparsi di Stefan e Damon e lasituazione peggiorò, anche se aElena sembrava che avesse giàtoccato il fondo.

«Damon», chiamò lo spiritocon voce gutturale, e Damon, chefino a quel momento avevasubito inerte l’assalto delfratello, vinto dalla stanchezza,con le palpebre serrate,riparandosi il viso ma nonrispondendo ai colpi, aprì gli

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occhi.«Damon», lo chiamò ancora

lo spirito, con uno scintillio negliocchi. «Che diritto ha Stefan diattaccarti? Ogni volta che haicercato di sottrargli qualcosa,stavi solo lottando control’evidenza che lui ha tutto –l’amore di tuo padre, le ragazzeche desideri – e tu non hainiente di niente. È un mocciosobigotto, uno smidollato che odiase stesso, eppure ha sempreavuto tutto».

Damon sgranò gli occhi,

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come se fosse sorpreso dallaprecisione con cui quella voceesprimeva la sua infelicità piùprofonda, e il suo viso sicontorse in preda a una varietà disentimenti. Stefan non avevasmesso di mordere e graffiare,ma retrocedette un po’ quandoDamon scattò all’attacco,afferrandolo per le braccia etorcendogliele con forza. Elenasussultò inorridita udendo unoscatto secco. O cielo, Stefandoveva essersi rotto un ossodella spalla o del braccio.

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Ma il ragazzo non si lasciòabbattere: fece una smorfia e silanciò di nuovo sul fratello, conil braccio rotto che penzolavagoffamente. Damon era piùforte, notò in silenzio Elena, maesausto; di certo non sarebberiuscito a mantenere a lungo ilvantaggio. Per il momentosembravano quasi alla pari.Entrambi erano furiosi ecombattevano senza riserve. Unolanciò uno sgradevole ringhioanimalesco, l’altro sbottò in unarisata singhiozzante e sinistra, ed

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Elena si accorse con sgomento dinon riuscire a distinguere le lorovoci.

Lo spirito emise un fischiodivertito. Elena si ritrasse e, conla coda dell’occhio, vide cheanche Bonnie e Matt avevanofatto un passo indietro.

«Non rompete le linee!», urlòAlaric dall’angolo del… Dove sitrovavano? Ah, era il garage dellasignora Flowers. Alaric sembravadisperato, ed Elena si chiese daquanto stesse urlando. Era da unpo’ che sentiva rumori di

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sottofondo, ma non aveva avutoil tempo di prestarvi attenzione.«Elena, Bonnie, Matt! Nonrompete le linee!», gridò dinuovo. «Potete uscire, ma fateattenzione a non calpestare lelinee di gesso!».

Elena abbassò lo sguardo. Ailoro piedi c’era un intricatodisegno tracciato con i gessetticolorati e lei, Bonnie, Matt e lospirito si trovavano tutti nelcerchio all’interno dello schema.

Bonnie fu la prima a capireciò che stava dicendo Alaric.

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«Andiamo», mormorò, tirandoMatt ed Elena per le braccia. Poi,con passi leggeri ma svelti, sifece strada fra le linee deldisegno, allontanandosi dallospirito e ricongiungendosi ai suoiamici. Matt la seguì. Giunto inun settore molto piccolo, dovettefermarsi su una gamba sola eportare avanti l’altra con cautela,poi inciampò e per un pelo nonrovinò con la scarpa una linea digesso blu. Ma riprese l’equilibrioe proseguì.

Elena era ancora concentrata

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sulla terribile lotta di Damon eStefan, quindi ci mise qualchesecondo in più a capire cheanche lei doveva muoversi.Quell’esitazione stava percostarle cara. Proprio mentre erasul punto di fare il primo passofuori dal cerchio centrale, lospirito si girò a guardarla con isuoi occhi vitrei.

Elena scappò, saltando sveltafuori dal cerchio e riuscendo perun pelo a evitare una scivolatalungo il disegno. Lo spirito tentòdi colpirla, ma non riuscì a

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superare la barriera invisibilesopra la linea di gesso ed emiseun grugnito di frustrazione.

Alaric si scostò i capelliarruffati dagli occhi con la manotremante. «Non ero sicuro chesarebbe bastato a bloccarlo»,ammise, «ma pare che abbiafunzionato. Ora vieni qui, Elena,e stai attenta a dove metti ipiedi». Matt e Bonnie avevanogià raggiunto il muro del garagee si tenevano a debita distanzadal punto in cui i due fratellirotolavano avvinti in un corpo a

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corpo letale. Meredith li avevaabbracciati, nascondendo la testascura sulla spalla di Matt, eBonnie, rannicchiata al suofianco, somigliava a un gattinospaventato mentre si guardavaattorno con occhi sgranatiElenaabbassò lo sguardo verso ilcomplicato schema tracciato sulpavimento e iniziò a muoversicon cautela fra le linee,dirigendosi non verso gli amicima verso i vampiri in lotta.

«Elena! No! Da questaparte!», gridò Alaric, ma lei lo

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ignorò. Doveva raggiungereDamon e Stefan.

«Per favore», disse, con lavoce rotta dal pianto, mentre siavvicinava a loro, «Damon,Stefan, dovete fermarvi. È lospirito che vi costringe a battervi.Non volete davvero farvi delmale. Non siete in voi. Perfavore».

Nessuno dei due fece caso alei. Non era nemmeno sicura chel’avessero sentita. Erano quasiimmobili, i muscoli tesi nellareciproca stretta mentre l’uno

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cercava di attaccare e al tempostesso respingere l’altro.Lentamente, sotto lo sguardodisperato di Elena, Damoncominciò a prevalere su Stefan:gli scostò poco a poco le braccia esi chinò verso la sua gola, con identi bianchi scintillanti comelame.

«Damon, no!», strillò Elena.Si sporse per afferrargli il braccioe allontanarlo da Stefan. Lui laspinse via crudelmente, conindifferenza, senza neancheguardarla, facendola volare

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attraverso la stanza.Elena cadde sulla schiena e

scivolò lungo il pavimento. Sifece male davvero. Nell’impattoaveva sbattuto i denti e picchiatola testa per terra, vedendoesplodere dietro le palpebrelampi bianchi di dolore. Appenafece per rialzarsi, notò consgomento che Damon avevaspezzato le ultime difese diStefan e gli aveva affondato icanini in gola.

«No!», strillò di nuovo.«Damon, no!».

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«Elena, stai attenta», urlòAlaric. «Sei all’interno deldisegno. Per favore, qualunquecosa tu faccia, non spezzare altrelinee».

Elena si guardò attorno. Nellacaduta, aveva oltrepassato,scivolando, parecchi segni digesso, che ora formavanoconfuse macchie di coloreintorno a lei. S’irrigidì per ilterrore e soppresse un lamento.Lo spirito non era più intrappola? Lo aveva liberato lei?

Facendosi coraggio, si voltò

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verso il cerchio al centro deldisegno.

Lo spirito tastava lo spazioattorno a sé, dando dei colpettilungo le pareti invisibili chedelimitavano il cerchio in cui eraimprigionato. Elena vide chestringeva le labbra per lo sforzoe, portando le mani in un puntonel vuoto, cominciava a spingere.

All’interno della stanza, l’arias’increspò.

Ma lo spirito non riuscì arompere il cerchio e, dopo unpo’, smise di spingere ed emise

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un sibilo di frustrazione. Poi ilsuo sguardo cadde su di lei, esorrise ancora.

«Oh, Elena», disse, con lavoce addolcita da una fintacompassione. «La più bella dellascuola, l’oggetto del desiderio edelle contese dei ragazzi. Èdavvero difficile essere te». Lasua voce cambiò, assumendo untono di scherno feroce. «Ma oranon è te che hanno in mente,non è vero?, i due che tipiacciono, non vai bene per loro.Sai perché sono attratti da te.

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Katherine. Sempre Katherine. Tivogliono perché le somigli, ma tunon sei lei. La ragazza che tantoamavano molto tempo fa erafragile, dolce e gentile.Un’innocente, una vittima,l’oggetto ideale delle lorofantasie. Tu non sei per nientecome lei. Prima o poi se nerenderanno conto, lo sai. Quandoil tuo corpo mortale cambierà…E accadrà, stanne certa. Loro noncambieranno mai, ma tuinvecchierai ogni giorno di più;fra qualche anno sembrerai

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molto più vecchia di loro e alloracapiranno di non amarti perniente. Tu non sei Katherine, enon lo sarai mai».

Gli occhi di Elena bruciavano.«Katherine era un mostro»,sibilò a denti stretti.

«È diventata un mostro.All’inizio era una ragazza dolce eingenua», la corresse lo spirito.«Damon e Stefan l’hannodistrutta. Come distruggerannote. Non riuscirai mai a condurreuna vita normale. Non sei comeMeredith, Bonnie o Celia. Loro

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avranno l’occasione di vivere unavita normale, quando sarannopronte, nonostante tu le abbiatrascinate nelle tue battaglie. Matu… Tu non sarai mai normale. Esai di chi è la colpa di tuttoquesto, vero?».

Elena, senza riflettere, guardòi due fratelli: Stefan era appenariuscito a respingere Damon.Damon barcollò all’indietro,verso il gruppo di umanirannicchiati contro il muro delgarage. Fiotti di sangue gliuscivano dalla bocca e

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scorrevano da un terribilesquarcio sul collo del fratello.

«Ti hanno condannata a unterribile destino, proprio comehanno fatto con l’unica donnache abbiano amato davvero»,disse dolcemente lo spirito.

Elena si costrinse ad alzarsi,con il cuore in tumulto, gonfio ditristezza e rabbia.

«Elena, fermati!», gridò unapossente voce di contralto, pienadi una tale autorità che leidistolse lo sguardo da Damon eStefan e, sbattendo le palpebre

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come se l’avessero destata da unsogno, guardò gli altri, radunatifuori dal disegno.

La signora Flowers era inpiedi ai margini delle linee digesso, con le mani sui fianchi e ipiedi saldamente piantati a terra.Aveva le labbra serrate in unalinea decisa, che esprimevarabbia, ma i suoi occhi eranolimpidi e pensierosi. Appenaincontrò il suo sguardo, Elena sicalmò e si sentì più forte. Poi lavecchia signora guardò il grupporadunato alle sue spalle.

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«Dobbiamo eseguire subito ilrituale di esorcismo», disse.«Prima che lo spirito trovi ilmodo di distruggerci tutti. Elena!Puoi sentirmi?».

Pervasa da una vigorosadeterminazione, Elena annuì etornò indietro per unirsi aglialtri.

La signora Flowers giunse lemani con forza e l’aria s’increspòdi nuovo. Lo spirito smise diparlare nella mente di Elena eurlò di rabbia, agitando le bracciaper respingere le pareti invisibili

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della prigione che rimpicciolivasempre di più.

Meredith stava rovistandocon ansia sullo scaffale in alto,accanto alla porta del garage,tastando e gettando via diversioggetti. Dove aveva messo lecandele la signora Flowers?Pennelli, no. Torce, no. Unvecchissimo barattolo diinsetticida, no. Una confezione diterriccio da giardino, no. Certistrani oggetti di metallo che nonriusciva a identificare al tatto,no. Busta di candele. Sì.

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«Le ho trovate», disse,tirandole giù dallo scaffale erovesciandosi sulla testa lapolvere che probabilmente siaccumulava lassù da undecennio. «Bleah!», sputacchiò.

Era un segno della gravitàdella situazione, pensò Meredith,che sia Elena sia Bonnie, dopoaverla vista con la testa e lespalle coperte di polvere eragnatele, non avessero riso né sifossero avvicinate per ripulirla.Avevano cose più importanti dicui preoccuparsi.

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«Bene», disse. «Prima ditutto, dobbiamo capire qualecolore sarebbe più adatto aDamon e prendere una candelaper lui». La signora Flowersaveva fatto notare che di sicuroanche Damon era una vittimadello spirito della gelosia,pertanto avrebbe dovutopartecipare al rituale diesorcismo perché funzionasseappieno.

Osservando i due fratellivampiri che ancora cercavano difarsi a pezzi a vicenda, Meredith

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dubitava seriamente che Damonavrebbe partecipato. Nutriva glistessi dubbi su Stefan, peraltro.La loro unica preoccupazione, almomento, sembrava quella diinfliggersi più danni possibili.Inoltre, per far funzionarel’incantesimo, avrebbero dovutorecuperare i due vampiri.

In un modo o nell’altro.Meredith si sorprese a

chiedersi freddamente se, nelcaso Damon e Stefan fosseromorti, avrebbero potutotranquillamente eseguire il

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rituale anche senza di loro.Sarebbero riusciti lo stesso asconfiggere lo spirito? E se nonsi fossero assassinati a vicenda,ma avessero continuato acombattere, mettendoli tutti inpericolo, sarebbe stata capace diucciderli lei? Scacciò il pensiero.Stefan era suo amico.

E poi, si costrinse di nuovo aprendere in considerazione lapossibilità di doverli uccidere.Era un suo dovere. Ed era piùimportante dell’amicizia; cosìdoveva essere.

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Comprese che, se fosse statonecessario, avrebbe potutoucciderli quel giorno stesso,anche da lì a pochi minuti. Se nesarebbe pentita per tutta la vita,ma sarebbe stata in grado difarlo.

Inoltre, notò con distacco unaparte della sua mente, secontinuavano ad azzuffarsi così,Damon e Stefan si sarebberouccisi l’un l’altro, liberandola daquel fardello.

Elena, che fino a quelmomento era rimasta ferma a

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riflettere – o forse si era distrattadi nuovo, pensando a ciò che leaveva detto lo spirito dellagelosia, Meredith non ne erasicura – prese la parola.«Rosso», disse. «C’è una candelarossa per Damon?».

C’era una candela rossoscuro, e anche una nera.Meredith le prese entrambe e lemostrò a Elena.

«Quella rossa», disse Elena.«Per il sangue?», chiese

Meredith, lanciando uno sguardoai lottatori, ora appena a tre

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metri di distanza. Dio, eranoentrambi coperti di sangue, dacapo a piedi. Damon ringhiòcome una belva e sbattéripetutamente la testa delfratello contro il muro delgarage. Meredith trasalì al suonosordo del cranio di Stefan cheurtava contro la parete di legnointonacato. Damon gli stringevail collo con una mano e conl’altra gli lacerava il petto, comese volesse cavargli il cuore.

Lo spirito continuava aparlare con la sua voce morbida e

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sinistra. Meredith non riusciva acapire cosa stesse dicendo, manotò che il suo sguardo eraancora sui fratelli, e chesorrideva mentre parlava. Parevasoddisfatto.

«Per la passione», risposeElena; poi le strappò la candeladi mano e marciò come unsoldato, con le spalle dritte e atesta alta, verso lo schieramentodi candele che Alaric stavariaccendendo ai margini deldisegno. Meredith la seguì con losguardo mentre accendeva la

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candela rossa e lasciava caderequalche goccia di cera fusa perfissarla al pavimento.

Stefan costrinse Damon aretrocedere, spingendolo vicinoagli altri e al recinto di candele.Damon strisciò gli stivali sulpavimento mentre si sforzava diopporsi al fratello.

«Bene», disse Alaric,guardando con ansia le candele,poi di nuovo il libro. «Dobbiamodichiarare a turno i sentimenti digelosia che nutriamo nei nostricuori, i punti deboli sui quali fa

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leva lo spirito, e bandirli. Sesiamo sinceri, se riusciamo,almeno per un attimo, a liberarcidei nostri sentimenti di gelosia,le nostre candele si spegnerannoe lo spirito si indebolirà.Funzionerà solo se riusciamodavvero a bandire la gelosia dainostri cuori e a smettere dinutrire lo spirito e, se lofacciamo subito, tutti insieme, lospirito potrebbe scomparire o,forse, persino morire».

«E se non ci riusciamo? Chesuccede se cerchiamo di liberarci

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della gelosia, ma non riusciamo amandarla via del tutto?», chieseBonnie, con la fronte corrugataper la preoccupazione.

«Allora il rito non funzioneràe lo spirito resterà fra noi»,rispose Alaric in tono piatto.«Chi vuole cominciare?».

Stefan scagliò crudelmenteDamon sul pavimento dicemento, urlando di rabbia.Erano solo a un paio di metridalla linea di candele, così Alaricsi mise fra loro e la schiera difiammelle, tentando di

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proteggerle con il proprio corpo.Celia rabbrividì quando Stefan,lanciando un ringhio basso eferoce, abbassò la testa permordere la spalla di Damon.Gelosia continuava a diffondereun vigoroso flusso di parolevelenose e nei suoi occhirilucevano bagliori sinistri.

La signora Flowers batté lemani per richiamare l’attenzione.Il suo volto era severo eincoraggiante. «Ragazzi, doveteessere onesti e coraggiosi»,disse. «Sarà difficile, ma dovrete

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confessare i vostri pensieri piùmeschini davanti ai vostri amici,con sincerità. E poi dovreteessere abbastanza forti daliberarvi di tali pensieri, e questopotrebbe essere ancora piùdifficile. Ma vi volete bene e viprometto che ce la faremo».

Da lì vicino, giunsero untonfo e un grido di rabbiasoffocato, e Alaric si gettòun’occhiata nervosa alle spalle,verso la battaglia.

«Bisogna agire subito», dissebrusca la signora Flowers. «Chi

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comincia?».Meredith stava per fare un

passo avanti, stringendo ilbastone per darsi coraggio,quando Bonnie prese la parola.

«Io», disse con voce esitante.«Uhm. Ero invidiosa di Meredithed Elena. Sono sempre stata…».Deglutì e riprese a parlare intono più fermo. «A volte misembra di essere solo una spallaquando sto con loro. Sono piùcoraggiose di me, sono migliorinel combattimento, sono piùintelligenti, più belle e… più alte

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di me. Sono invidiosa perchésento che la gente non mirispetta quanto Meredith edElena e non mi prendealtrettanto sul serio. Sonoinvidiosa perché a volte vivoall’ombra delle mie amiche, esono ombre piuttostoingombranti… metaforicamenteparlando. E sono invidiosa ancheperché non ho mai avuto un veroragazzo, mentre Meredith haAlaric ed Elena ha Stefan e, nonsolo, ha pure Damon, che mipiace da impazzire, ma che non

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mi nota nemmeno quando stovicino a lei, perché lui si accorgesolo di Elena».

Bonnie fece un’altra pausa eguardò Elena con gli occhisgranati e lucidi di lacrime. «Mavoglio bene a Elena e Meredith.So che devo smetterla di fareconfronti fra me e loro. Nonsono soltanto una spalla; sorendermi utile e ho del talento.E…», continuò, recitando laformula che Alaric avevadistribuito a tutti, «ho nutrito lospirito. Ma ora caccio via la mia

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gelosia».Nel semicerchio di lumi, la

fiamma della sua candela rosatremolò e si spense. Bonnie restòun attimo senza fiato e sorrise aMeredith ed Elena, conun’espressione a metà tra lavergogna e l’orgoglio.Dall’interno del disegno, lospirito della gelosia si girò discatto a fissare Bonnie con unosguardo furioso. «Bonnie…»,esordì Meredith. Avrebbe volutodire alla sua amica cheovviamente non era una spalla.

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Non si rendeva conto di quantofosse straordinaria?

Ma in quel momento Elenafece un passo verso le candele, sigettò indietro i capelli con ungesto improvviso e alzò la testa.«Ho provato invidia per gli altriabitanti di Fell’s Church»,dichiarò. «Vedevo com’era facileper le altre coppie stare insieme,e anche dopo tutto quello che ioe Stefan – e Damon e voi –abbiamo passato per liberare lacittà e consentire a tutti di avereuna vita normale, continuavano

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a succedere cose strane,complicate e sovrannaturali.Credo di aver capito che nonavrei mai avuto una vita facile,normale, e questo era difficile daaccettare. Quando osservavo lealtre persone e provavo invidiaper loro, nutrivo lo spirito. Maora caccio via la mia gelosia».

Elena abbozzò un sorriso. Eraun sorriso mesto e strano, eMeredith, osservandola, pensòche, anche se si era liberata dellagelosia, era ancora perseguitatadal rimpianto per la vita

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semplice e dorata che aveva untempo e che probabilmenteaveva perduto per sempre.

La candela ardeva ancora.Elena esitò. Meredith seguì ilsuo sguardo oltre la fila dicandele, dove stavano lottando idue fratelli. Damon si alzò etrascinò Stefan sotto di sé,lasciando una lunga scia disangue sul pavimento del garage.Il piede di Stefan sfiorò lacandela rossa al termine dellafila e Alaric si precipitò asistemarla.

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«Ed ero gelosa di Katherine»,disse Elena. «È stata il primoamore di Damon e Stefan e li haconosciuti prima che la vita licambiasse e li… deformasse,impedendo loro di diventare lepersone che sarebbero dovuteessere. E pur capendo che lorosanno che non sono Katherine emi amano per ciò che sono, nonsono mai riuscita a dimenticareche all’inizio mi hanno notatasolo perché assomiglio a lei. Honutrito lo spirito a causa diKatherine, e ora caccio via la mia

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gelosia».La fiamma della candela

tremolò, ma non si spense.Gelosia fece un sorrisettotrionfante, ma Elena continuò.«Ero anche gelosa di Bonnie».Bonnie alzò di scatto la testa efissò Elena con uno sguardoincredulo. «Ero abituata a esserel’unica umana di cui Damon sicurasse, l’unica che lui nonavrebbe esitato a salvare».Guardò Bonnie con gli occhipieni di lacrime. «Sono davverofelice che Bonnie sia viva. Ma ero

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gelosa perché Damon teneva alei al punto di morire persalvarla. Quando ero gelosa diBonnie, nutrivo lo spirito. Maora caccio via la mia gelosia».

La candela dorata si spense.Elena rivolse a Bonnie unosguardo timido, ma lei le risposecon un sorriso sincero eaffettuoso e tese le braccia. Elenal’abbracciò stretta.

Meredith non aveva maiprovato dispiacere per Elena, sesi escludeva il lutto per la mortedei suoi genitori. Perché mai

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avrebbe dovuto? Era bellissima,intelligente; era nata percomandare e aveva amantiappassionati… ma ora nonpoteva fare a meno di sentireuna punta di compassione perlei. A volte doveva essere piùfacile vivere una vita ordinariache essere un’eroina.

Meredith guardò lo spirito.Sembrava fremente di rabbia eora era del tutto concentratasugli umani.

Alaric si avvicinò agli altri,aggirando le candele e voltandosi

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a controllare i due vampiri.Damon aveva inchiodatocrudelmente suo fratello almuro. Il volto di Stefan eracontorto in una smorfia di doloree si sentiva il rumore del suocorpo che raschiava contro lasuperficie dura. Ma almeno per ilmomento non stavano mettendoin pericolo le candele.

Meredith volse l’attenzione alsuo ragazzo. Di cosa mai potevaessere geloso Alaric? Era stato,piuttosto, oggetto della gelosiaper circa una settimana.

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Alaric le si avvicinò e le preseuna mano. «Ero invidioso di te,Meredith», disse guardandolanegli occhi. «E dei tuoi amici».

Meredith lo fissò perplessacon un sopracciglio alzato. Checosa voleva dire?

«Cielo». Sbottò in una mezzarisata. «Eccomi qua, undottorando in parapsicologia. Pertutta la vita non ho desideratoaltro che provare a me stesso cheal mondo accadono più cose diquelle che vediamo, che alcunidegli eventi che crediamo

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sovrannaturali sono reali. Poisono venuto in questo paesinodella Virginia perché giravanovoci che qui ci fossero deivampiri, voci a cui nemmenocredevo, e quando sono arrivatoho trovato questa straordinaria,bellissima ragazza, così sicura disé, e ho scoperto che veniva dauna famiglia di cacciatori divampiri. E i suoi amici eranovampiri, streghe, sensitive eadolescenti che tornavano dallamorte per combattere il male.Avevano appena finito il liceo,

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ma avevano visto cose che ionemmeno immaginavo. Avevanosconfitto mostri, salvato città,viaggiato in altre dimensioni.Insomma, io non ho nulla dispeciale e, tutt’a un tratto, metàdelle persone che conoscevo,compresa la ragazza che amavo,erano praticamente supereroi».Scosse la testa, guardandoMeredith con ammirazione. «Honutrito lo spirito. Ma ora cacciovia la mia gelosia. Devo solovenire a patti con l’idea di essereil fidanzato di un’eroina». La

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candela verde si spense subito.Bloccato nel cerchio interno,

lo spirito soffiò e camminòavanti e indietro nello spazioristretto come una tigre ingabbia. Sembrava furioso, manon particolarmente debole.

Celia parlò dopo Alaric. Avevaun’espressione stanca matranquilla. «Ho nutrito lo spiritodella gelosia», proclamò. «Erogelosa di Meredith Suarez». Nondisse perché. «Ma ora vedo che èinutile. Ho nutrito lo spirito, maora caccio via la mia gelosia».

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Parlò come se stessebuttando qualcosa nellaspazzatura. Eppure la candelalilla si spense.

Meredith aveva le idee chiaresu quello che doveva dire, e nonsarebbe stato difficile, perchéaveva vinto, dopotutto. Anche seforse la battaglia c’era stata solonella sua mente. Aprì la boccaper parlare, ma Matt si schiarì lagola e la precedette.

«Io ho…». Incespicò sulleparole. «Presumo… no, so di avernutrito lo spirito della gelosia.

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Non ho mai smesso di amareElena Gilbert alla follia, daquando la conosco. Ed ero gelosodi Stefan. Fin dall’inizio. Ancheadesso che Gelosia l’haintrappolato nella sua dannatabattaglia sono geloso di lui,perché ha Elena. Lei ama Stefan,non me. Ma, be’, non importa…Tanto so da parecchio tempo chele cose fra me ed Elena nonpossono funzionare, almeno daparte sua, e che non è colpa diStefan. Ho nutrito lo spirito, maora caccio via la mia gelosia».

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Arrossì ed evitò accuratamentedi guardare Elena. La candelabianca si spense, mandando unlungo filo di fumo verso ilsoffitto.

Tre candele rimaste, pensòMeredith, guardando le ultimefiammelle che ardevano senzatremiti. La candela blu scuro diStefan, quella rossa di Damon ela sua candela marrone. Lospirito si era indebolito? Dietrole sbarre invisibili, Gelosiaringhiò. Più che altro sembravache fosse riuscita di nuovo a

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guadagnare un po’ di spazio eaveva ripreso a spingere contro imuri invisibili, come se cercasseun punto debole.

Meredith sapeva che nondoveva spezzare la catena diconfessioni. «Ho nutrito lospirito della gelosia», disse convoce chiara e forte. «Ero gelosadi Celia Connor. Amo Alaric, maso di essere molto più giovane dilui. Non ho nemmenocominciato l’università, non homai viaggiato e non ho vistonulla del mondo – quello

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umano, intendo – oltre al postoin cui sono cresciuta. Celia hatante cose in comune con lui:esperienze, educazione, interessi.E so che a lui piace moltissimo.Inoltre è molto bella,intelligente, sicura di sé. Erogelosa perché temevo che mel’avrebbe portato via. Ma se fosseriuscita a conquistarlo, avrebbesignificato che lui non miapparteneva. Non si può rubareuna persona». Sorrise esitante aCelia che, dopo un attimo,abbozzò un sorriso di risposta.

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«Caccio via…».«Attenti!», urlò Alaric.

«Damon! Stefan! Fermatevi!».Meredith alzò lo sguardo.

Stefan e Damon, barcollando,superarono la fila di candele epassarono davanti ad Alaric, chetentò di afferrarli. Ma i duevampiri si liberarono di lui senzasforzo, come se non si fosseronemmeno accorti che li avevatoccati, e continuarono acombattere con ferocia,spingendo l’uno contro l’altro.Ignari di tutto ciò che non fosse

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la loro battaglia, si avvicinaronosempre più allo spirito.

«No!», urlò Elena.Damon spinse Stefan, che,

sfregando il tacco dello stivalesulla linea di gesso, danneggiò ilconfine della piccola gabbiacircolare in cui era imprigionatolo spirito. Il cerchio era infranto.

Lo spirito si liberò con ungrido di trionfo.

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13

«Non siamo riusciti aindebolirlo. Non abbastanza!»,gridò Meredith, sovrastando leurla di Gelosia. Lo spirito, anzi,appariva più forte. Attraversò ilgarage con un gran balzo e la zittìcon un manrovescio. Meredithsentì un dolore bruciante, videun lampo di luce bianca e si sentìsbattere contro il muro. Si rialzòbarcollando, stordita.

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Lo spirito stava per attaccarladi nuovo. Più lentamentestavolta, con un sorriso dianticipazione.

Allora l’incantesimo deveservire a qualcosa, pensòMeredith, disorientata,altrimenti non le importerebbeche io finisca la mia parte.

Meredith impugnò il suobastone da combattimento. Nonsi sarebbe fatta atterrarefacilmente, se poteva prevenirel’attacco. Alaric aveva detto cheera una supereroina. I supereroi

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continuano a lottare, anchequando le probabilità giocano aloro sfavore.

Sferrò un feroce e abile colpodi taglio con la punta delbastone. Tutte quelle ore dipratica erano servite a qualcosa,perché lo spirito non si aspettavail colpo, e il bastone, anzichépassare invano attraverso il suocorpo di nebbia, lo colse nellaforma solida, appena sopra larosa che aveva in petto. La lamasulla punta del bastone aprì unaprofonda ferita nel petto dello

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spirito, e quando Meredith lo tiròindietro per sferrare un secondocolpo, vide un vischioso liquidoverde che colava dalla puntadell’arma.

Ma, appena fece per colpire dinuovo, la fortuna la abbandonò.Lo spirito si lanciò contro di lei,muovendo le mani così in frettache Meredith non si accorse dinulla, finché non vide che l’altrocapo del bastone era nelle suemani. Lo spirito lo impugnavacon destrezza, come se nonpesasse nulla, e, incurante della

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punta aguzza e velenosa edell’ammasso di aghi d’argento,legno e ferro, cominciò a tirare.

Meredith puntò i piedi, mastrisciò rapida e inerme lungo ilpavimento del garage, trascinatadallo spirito che, quando fuabbastanza vicina, allungò lamano per afferrarla, con unasmorfia di rabbia e disprezzo sulvolto di ghiaccio. Oh, no,balbettò la sua voce interiore,non è possibile. Non può finirecosì.

Ma un attimo prima che la

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toccasse, l’espressione dellospirito cambiò e nei suoi occhisbocciò uno sguardo di puraconfusione. Lasciò cadere l’arma,e Meredith, liberandosi con unostrattone, riacquistò l’equilibrio,tremando violentemente eansimando per prendere fiato.

Lo spirito sembrava essersidimenticato di lei, almeno per ilmomento, e guardava un puntoalle sue spalle. Mostrava i dentidi ghiaccio e c’era un’espressionedi furia mostruosa sul suo voltoverdastro. Meredith osservò i

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muscoli dei suoi arti di ghiaccioche si tendevano, si dissolvevanoin una nebbia vorticante,mantenendo la forma dellebraccia, e poi si solidificavano dinuovo, nella tesa immobilità diprima. Non riesce a muoversi,comprese Meredith. Si girò aguardare dietro di sé.

La signora Flowers stava inpiedi, dritta e imponente, efissava lo spirito con gli ardentiocchi azzurri. Teneva una manotesa davanti a sé, conun’espressione concentrata e

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determinata. Diverse ciocche dicapelli grigi le erano sfuggitedalla crocchia e stavano ritteintorno al capo, come se fosseropermeate di elettricità statica.

La strega mosse le labbrasenza emettere suoni e s’irrigidìper contrastare lo spirito che sisforzava di muoversi: sembravaparalizzata, come se stesselottando per sostenere unfardello terribilmente pesante. Ifreddi e assorti occhi celesti dellasignora Flowers e quelli verdidello spirito, simili a ghiacciai di

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montagna, si incrociarono in unasilenziosa battaglia.

Lo sguardo della signoraFlowers era fermo, ma le suebraccia tremavanoviolentemente ed Elena nonsapeva quanto ancora sarebberiuscita a resistere e a tenere lospirito sotto controllo. Non alungo, sospettava. La signoraFlowers non si era ancora ripresadel tutto dalla battaglia contro ikitsune, che aveva quasiprosciugato le sue energie. Nonera pronta a combattere di

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nuovo.Elena sentiva il cuore battere

all’impazzata e non osavaguardare Stefan e Damon chelottavano, coperti di sangue,dall’altra parte del garage, perchél’unica cosa che di sicuro in quelmomento non potevapermettersi era un attacco dipanico. Doveva concentrarsi,doveva pensare.

«Meredith», disse bruscaElena, con un tono cosìautoritario che tutti smisero diosservare la lotta fra lo spirito e

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la signora Flowers per guardarelei. «Finisci la tua parte delrituale».

Meredith la fissò un attimocon aria perplessa, poi partì inquarta. Era una delle sue tantestraordinarie qualità: su di lei sipoteva sempre fare affidamento,perché, anche nella situazionepeggiore, si sarebbe ricomposta eavrebbe portato a termine illavoro.

«Ho nutrito lo spirito», disseMeredith, abbassando lo sguardosulla sua candela marrone,

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ancora accesa, «ma ora caccio viala mia gelosia».

Le sue parole avevano iltimbro della verità e la candela sispense.

Lo spirito rabbrividì e feceuna smorfia, contraendo le ditacon rabbia. Il rosso intenso dellarosa nel suo petto sbiadì per unistante, assumendo una tonalitàrosa scuro, prima di tornare a unvibrante cremisi. Ma… nonsembrava sconfitto, solo un po’irritato. Non distolse lo sguardoneanche per un attimo dalla

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signora Flowers, e continuò atendere i muscoli scolpiti nelghiaccio, cercando di avanzare.

Le candele si erano spentequasi tutte. Solo due fiammelletremolavano ancora, sullacandela blu e sulla rossa, solodue vittime nutrivano ancora lospirito con la loro gelosia.

Eppure, dato che quasi tuttele sue vittime gli erano statestrappate via, lo spirito nonavrebbe dovuto indebolirsi? Nonavrebbe dovuto lottare persopravvivere o, perlomeno,

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essere un po’ malandato?Elena si girò a guardare

Alaric. «Alaric», sussurrò. «Checosa dice il libro? L’incantesimonon dovrebbe già avercominciato a distruggere lospirito?».

Alaric stava osservando lasilenziosa resa dei conti fra lospirito e la signora Flowers, con ipugni tesi e i muscoli contratti,come se potesse in qualchemodo prestare la propria forzaalla vecchia signora, così gli civolle un po’ di tempo – Tempo

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che non abbiamo, pensò furiosaElena – per accorgersi che glistava parlando. Dopo che lei gliebbe ripetuto la domanda, Alaricosservò lo spirito con occhio piùanalitico e nel suo sguardo sorseuna preoccupazione nuova.

«Non ne sono del tuttocerto», disse, «ma il librosuggerisce… C’è scritto qualcosadel tipo: “Ogni parolapronunciata con sincerità, ogniemozione negativa soppressa conconvinzione restituirà allevittime la vita che lo spirito ha

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rubato dai loro pensieri e azioni.Ogni parola sincera pronunciatacontro di lui lo sbriciolerà”.Potrebbe essere solo retorica,oppure l’autore non ha maiassistito al rituale di persona, mane ha solo sentito parlare.Tuttavia, sembra…». Esitò.

«Sembra che l’incantesimoavrebbe già dovuto ucciderlo»,disse Elena in tono piatto. «Esembra che non stiafunzionando».

«Non capisco cosa potrebbeessere andato storto»,

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commentò Alaric con ariainfelice.

D’un tratto Elena cambiòprospettiva e vide tutto conchiarezza.

«Io l’ho capito», disse. «Deveessere perché non è uno spiritocomune, ma un Originario. Nonl’abbiamo creato con le nostreemozioni, quindi non bastasottrargliele per distruggerlo.Penso che dovremo tentarequalcos’altro».

Stefan e Damon erano ancoraavvinghiati nella lotta. Erano

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entrambi malconci e coperti disangue. Stefan si muoveva comese qualche organo interno fossestato danneggiato e il braccioferito pendeva con un’angolaturainnaturale, eppure continuava alottare con la stessa ferocia delfratello.

Elena dedusse che ora sistavano attaccando di loroiniziativa. Lo spirito, assortonella battaglia con la signoraFlowers, non stava piùmormorando velenose paroled’incoraggiamento. Se Damon e

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Stefan non erano più sedottidalla voce di Gelosia, forsepotevano essere persuasi adascoltare qualcun altro. Elena,cercando di non attirarel’attenzione dello spirito, siavvicinò ai due lottatori.

Damon sanguinava dal collo eda un lungo sfregio sulla testa eaveva lividi intorno agli occhi.Zoppicava, ma stava chiaramenteavendo la meglio. Stefan giravaintorno al fratello concircospezione, mantenendosi adebita distanza, curvo in avanti

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per proteggere le gravi feriteinterne e aveva un lungo lembodi pelle strappata che gli pendevadalla guancia.

Damon lo guardava con unsorriso feroce, avvicinandosipoco a poco. Nei suoi occhi c’erauna prontezza di riflessi cheesprimeva appieno la sua naturadi predatore, il piacere di cacciaree uccidere. Elena comprese che,nell’euforia della battaglia,doveva aver dimenticato controchi stava combattendo. Non sisarebbe mai perdonato, quando

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fosse tornato in sé, di aver feritogravemente Stefan, o di averloucciso. Anche se, le sussurrò unavoce interiore, una parte di luil’ha sempre desiderato.

Elena ignorò il pensiero.Forse una parte di lui voleva fardel male a Stefan, ma il vero,integro Damon non lo voleva. Sec’era qualcosa che avevaimparato dalla lotta contro lospirito, era che i sentimentinegativi che ognuno nascondenel profondo dell’anima nonrappresentano ciò che una

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persona è realmente. Queisentimenti non definiscono lavera personalità di un individuo.

«Damon», gridò. «Damon,pensa! Lo spirito ti stainfluenzando. È lui che ti spingea combattere». Avvertì la propriavoce diventare più alta eimplorante. «Non lasciartibattere da lui. Non permettereche ti distrugga».

Damon non diede segno diaverla udita. Aveva ancora quelsorriso bestiale e stringeva ilcerchio intorno al fratello,

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spingendolo sempre di più versoun angolo del garage. PrestoStefan sarebbe stato in trappola enon avrebbe avuto più vie difuga.

E, intravedendoun’espressione di sfida sulpovero, martoriato volto diStefan, Elena comprese che nonsarebbe fuggito, neanche seDamon gliene avesse dato lapossibilità. Ormai era dominatosolo dai sentimenti di odio versoil fratello.

Stefan scoprì i denti in un

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ringhio feroce. Damon tiròindietro il pugno per preparareun colpo potente e allungò icanini, pregustando il sangue delfratello.

Più veloce di quanto fossemai stata in tutta la sua vita,almeno da umana, Elena si gettòfra loro mentre Damon sferravail pugno. Chiudendo forte gliocchi, allargò le braccia perproteggere Stefan e attesel’impatto.

Quando Elena, con un salto,si interpose fra lui e Stefan,

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Damon si muoveva a una talevelocità che nello slancio avevaproteso tutto il corpo. Con la suaforza sovrumana, quel pugno leavrebbe frantumato le ossa edistrutto la faccia.

Ma Damon si fermò intempo, come solo un vampiropuò fare. Elena sentì lospostamento d’aria provocato dalcolpo, sentì persino le noccheche le sfioravano il viso, ma nonprovò alcun dolore.

Aprì gli occhi con cautela.Damon era pronto a colpire, i

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muscoli contratti, un braccioancora alzato. Ansimava forte ec’era una strana luce nei suoiocchi. Elena gli restituì losguardo.

Era un briciolo di sollievoquello che gli brillava negliocchi? Pensava di sì. La domandaera: Damon era sollevato perchési era fermato prima di ucciderlao perché lei gli aveva impedito diuccidere Stefan? Di certoavrebbe potuto toglierla di mezzoe attaccare di nuovo il fratello sedavvero avesse voluto.

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Elena colse l’occasione e siprotese verso Damon,avviluppando le nocche feritenella sua piccola mano. Lui nonsi oppose mentre lei gliabbassava il pugno sul fianco e silasciò manovrare passivamente.

«Damon», disse Elena condolcezza. «Damon, ora puoifermarti». Lui socchiuse gliocchi. Elena era certa chepotesse sentirla, ma Damonstringeva le labbra conun’espressione feroce e nonrispose.

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Senza lasciargli andare lamano, Elena si volse versoStefan. Era vicino, dietro di lei, eguardava fisso il fratello.Ansimava e si pulìdistrattamente la bocca con ildorso della mano, spargendo ilsangue sul viso. Elena gli presela mano appiccicosa di sangue.

Sentì che Damon avevairrigidito le dita e, voltandosiverso di lui, vide che le stavaosservando l’altra mano, quellache stringeva il pugno delfratello. Anche Stefan guardò

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nello stesso punto e gli angolidella sua bocca gonfia sisollevarono in un sorriso amaro.

Dietro di loro, lo spiritoringhiò mentre lottava contro ilpotere della signora Flowers. Lasua voce pareva più forte erabbiosa.

«Sentite», disse con urgenza,guardando dall’uno all’altro. «Lospirito non si occupa di voi ora,quindi potete pensare per contovostro. Ma la signora Flowersnon riuscirà a trattenerlo alungo. Dovete farlo, dovete usare

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la testa adesso, invece di usaresolo le mani. Devo dirvi… Uhm».Si schiarì la gola, sentendosi inimbarazzo. «Non ve l’ho maidetto, ma quando Klaus miteneva prigioniera, dopo la mortedi Katherine, mi mostravaspesso… delle immagini. Ricordi,presumo. I ricordi di Katherine.Ricordi di quando eravate umanie stavate con lei. Di quandoeravate giovani, vivi einnamorati. Vedevo quantoprofondo fosse il vostro amoreper lei. Lo odiavo, odiavo la

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verità di quell’amore. E sapevoche all’inizio vi eravate accorti dime solo a causa dell’amore cheavevate per lei. Questo mi hasempre turbata un po’, anche seso che adesso l’amore cheprovate per me è più profondo».

La guardavano entrambi eStefan schiuse le labbra perparlare. Elena scossebruscamente la testa e continuò.«No, lasciatemi finire. Ho dettoche mi turbava un po’. Non miha distrutta e non ha cambiatociò che sento… per tutti e due. So

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che vi siete accorti di me perchévi ricordavo Katherine, ma soanche che superato quelmomento, entrambi avetesalvato me, Elena. E in me nonvedete più lei».

Doveva avventurarsi su unterreno pericoloso, quindiprocedette con cautela, cercandodi presentare le sueargomentazioni con logica etatto. «Dicevo, è una cosa che soper certo, no? Ma quando lospirito mi ha parlato, hariportato a galla le vecchie

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gelosie, le ha riaccese. Anche lealtre cose che mi ha detto sonoin parte vere. Sì, a volte sonoinvidiosa delle ragazze chehanno…», non riuscì a trattenereun sorriso, «una normale vitaamorosa. Ma nei momenti dilucidità so che non vorrei esserecome loro. Quello che ho èstraordinario, anche se èdifficile». Deglutì. «E so ancheche le cose che lo spirito vi hadetto sono in parte vere. Sietegelosi l’uno dell’altro. Certieventi del passato vi fanno

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ancora arrabbiare e vi sconvolgeche io ami entrambi. Ma soanche che questo non è tutto.Non è neanche la cosa piùimportante. Non più. Le cosesono cambiate da quando gelosiae rabbia erano gli unicisentimenti che provavate l’unoper l’altro. Avete lavoratoinsieme e vi siete guardati lespalle a vicenda. Siete tornati aessere fratelli».

Guardò Damon negli occhi, incerca di una reazione. «Damon,Stefan era devastato quando

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pensava che fossi morto. Sei suofratello, ti vuole bene, nonsapeva più cosa fare senza di te.Sei una parte importante dellasua vita, passata e presente. Seil’unico che gli sia rimastoaccanto sempre».

Si girò a guardare Stefan.«Stefan, Damon non ti hanascosto di essere ancora vivoper farti soffrire o per liberarsi dite o per qualunque motivo tiabbia fatto credere lo spirito.Voleva poter tornare nel modo enel momento che riteneva giusti

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per farti capire che le cosesarebbero andate diversamentefra voi. Che lui era in grado dicambiare. Ed era per te chevoleva cambiare. Non per me.Per te. Sei suo fratello, ti vuolebene e vuole che le cose vadanomeglio tra voi».

Elena s’interruppe perprendere fiato e valutare l’effettodelle sue parole sui due fratelli,sempre che ne avessero avutouno. Perlomeno, al momentonon stavano cercando diammazzarsi. Era un buon segno,

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probabilmente. Si fissavano conun’espressione indecifrabile.Damon si leccò il sangue dallelabbra. Stefan sollevò il braccio esfiorò con cautela gli squarci sulviso e sul petto. Nessuno dei dueparlò. Esisteva ancora un legametra loro? Negli occhi neri Damonaveva un’espressione quasitenera mentre guardava le feritesul collo del fratello.

Elena li lasciò andare e alzò lemani. «Bene», disse. «Se riuscitea perdonarvi, dovete solopensare a questo: lo spirito vuole

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che combattiate. Vuole che viuccidiate, che continuiate aodiarvi. La vostra gelosia lonutre. Se c’è una cosa che so divoi – di entrambi – è che nonavete mai dato ai vostri nemiciquello che volevano, neanche sefosse servito a salvarvi la vita.Avete intenzione di soccombereai voleri di questo spirito, diquesto mostro manipolatore?Sarà lui a controllarvi o saretevoi a controllare lui? Voletedavvero uccidere vostro fratelloper compiacere qualcun altro?».

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In quello stesso istante,Damon e Stefan batterono lepalpebre.

Dopo qualche secondo,Stefan si schiarì la gola,imbarazzato. «Sono felice che tunon sia morto, dopotutto»,ammise.

Damon fece un mezzosorriso. «Sono contento di nonessere riuscito ad ammazzartioggi, fratellino», rispose.

A quanto pareva, era tutto ciòche avevano da dirsi. Sostennerol’uno lo sguardo dell’altro ancora

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per qualche secondo, poi sigirarono verso Elena.

«Allora», disse Damon, conun sorriso selvaggio e temerarioche Elena riconobbe. Damonl’inarrestabile, Damon l’antieroeera tornato. «Come la facciamofuori questa stronza?».

La signora Flowers e lospirito erano ancora presi dallaloro silenziosa e immobilebattaglia. Ma la donna stavaperdendo terreno. Lo spiritoaveva spalancato le braccia,assumendo una posizione più

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vantaggiosa. Poco a poco stavariacquistando la capacità dimuoversi, mentre le mani e lebraccia della signora Flowerstremavano per lo sforzo. Il suovolto era pallido e le rugheintorno alla bocca sembravanopiù profonde.

«Dobbiamo sbrigarci», disseElena ai due vampiri. Aggiraronolo spirito e la signora Flowers esi unirono agli altri, che liguardarono avvicinarsi, pallidi ediffidenti. Solo due candeleardevano ancora davanti a loro.

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«Stefan», disse Elena. «Vai».Stefan fissò la candela blu

scuro che bruciava ancora sulpavimento del garage. «A quantopare, sono stato geloso diparecchia gente, ultimamente»,disse con palese imbarazzo. «Erogeloso di Matt, perché la sua vitami sembrava così semplice ebuona, perché sapevo cheavrebbe potuto liberare Elenadalle ombre e darle l’esistenzapriva di complicazioni chemeritava. Ero geloso di Caleb,perché sembrava il tipico ragazzo

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d’oro, perfetto per Elena, tantoche sono stato diffidente nei suoiconfronti prima di avernemotivo, poiché credevo che lui leandasse dietro. E soprattutto, erogeloso di Damon».

Distolse gli occhi dallacandela e li portò sul volto delfratello. Damon rispose con unosguardo indecifrabile.«Suppongo di essere statosempre geloso di lui. Lo spiritodiceva la verità. Quando eravamovivi, lui era più grande, piùveloce, più forte e più raffinato di

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me. Quando siamo morti», alricordo le sue labbra sicurvarono in un sorriso amaro,«la situazione è solo peggiorata.E anche negli ultimi tempi,quando io e Damon abbiamoscoperto di poter lavorareinsieme, non sopportavo la suaintimità con Elena. Luipossedeva una parte del suocuore, una parte da cui eroescluso. È difficile non esseregelosi di questo».

Stefan sospirò e si strofinò ilnaso fra il pollice e l’indice. «Il

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fatto è, comunque, che amo miofratello. Davvero». Alzò losguardo su Damon. «Ti vogliobene. Te ne ho sempre voluto,anche nei nostri momentipeggiori. Persino quandovolevamo solo ammazzarci.Elena ha ragione: siamo più dellenostre parti peggiori. Ho nutritolo spirito, ma ora caccio via lamia gelosia».

La candela blu tremolò e sispense. Elena, che stavaosservando lo spirito conattenzione, vide che la rosa nel

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suo petto era impallidita per unistante. Lo spirito si ritrasse eringhiò, poi riprese la sua lottacontro l’incantesimo dellasignora Flowers. Si divincolò conviolenza e la vecchia barcollòindietro.«Ora!», bisbigliò Elena aDamon, lanciandogli un’occhiatasignificativa e rimpiangendocome non mai di aver perso ilpotere della telepatia. Distraila,sperò di aver detto con losguardo.

Damon annuì una volta,come per dire che aveva colto il

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messaggio, poi si schiarìrumorosamente la voce,attirando l’attenzione di tutti, eprese la candela rosso scuro,l’unica ancora accesa.Picchettando le dita sulla candelalasciò una linea di sangue emantenne per qualche secondouna posa pensierosa, col capochino, le lunghe ciglia scure chegli sfioravano le guance. Stavaspremendo il potenzialedrammatico di quella situazionefino all’ultima goccia.

Quando gli occhi di tutti si

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fissarono su si lui, Elena sfioròStefan e gli fece segno di aiutarlaad attaccare lo spirito daentrambi i lati.

«Sono stato geloso», intonòDamon, fissando la fiamma dellacandela che aveva in mano.Sollevò gli occhi di scatto perguardare Elena, che gli fece uncenno d’incoraggiamento.

«Sono stato geloso», ripeté,aggrottando la fronte. «Hodesiderato ciò che aveva miofratello, più e più volte».

Elena si avvicinò

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furtivamente allo spirito,avanzando da destra. Vide cheStefan, a piccoli passi, siavvicinava da sinistra.

Anche la signora Flowers livide. Elena lo capì perché ladonna aveva alzato leggermenteun sopracciglio e avevacominciato a mormorare il suoincantesimo con rinnovatovigore. Anche Damon alzò lavoce: tutti in quella stanza sicontendevano l’attenzione diGelosia per impedirle diaccorgersi del complotto di

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Stefan ed Elena.«Non c’è bisogno che entri

nei dettagli del mio passato»,disse Damon, e sul volto feritoapparve il tipico sorrisocompiaciuto, un sorriso cheElena trovò stranamenterassicurante. «Oggi se n’è parlatofin troppo. Sarà sufficiente direche ci sono cose di cui… mipento. Cose che vorrei nonaccadessero più in futuro». Feceuna pausa per accrescere latensione, gettando indietro latesta con fierezza. «Dunque

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ammetto di aver nutrito lospirito. E ora caccio via la miagelosia».

Nel momento stesso in cui lacandela di Damon si spense – edElena ringraziò il cielo che sifosse spenta, poiché Damon eraincline ad aggrapparsi ai suoipeggiori impulsi – la rosa nelpetto dello spirito impallidì dinuovo, assumendo una tonalitàrosa scuro. Gelosia ringhiò evacillò leggermente. In quellostesso istante, Stefan saltò,mirando allo squarcio lungo il

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petto dello spirito, vi infilò lamano e afferrò la rosa.

Mentre Stefan stringeva larosa, dalla ferita zampillò unospruzzo di liquido verde evischioso e lo spirito urlò, unlungo, spettrale ululato che fecerabbrividire tutti gli umani.Bonnie si coprì le orecchie con lemani e Celia gemette.

Per un attimo, Elena pensòche avrebbero vinto facilmente,che attaccando la rosa nel pettodello spirito, Stefan l’avessesconfitto. Ma lo spirito si

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raddrizzò e, flettendo i muscoli,si liberò del controllo dellasignora Flowers, poi con unmovimento fluido si strappò didosso il vampiro e lo gettò controil muro del garage. La mano cheStefan tirò fuori dal suo petto eravuota.

Stefan colpì il muro con untonfo sordo, scivolò a terra egiacque immobile. Visibilmentesfinita dalla battaglia contro lospirito, anche la signora Flowerssi afflosciò e Matt corse aprenderla fra le braccia prima

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che cadesse a terra.Lo spirito rivolse a Damon un

sorriso sornione, mostrando identi aguzzi. Negli occhi chiaricome ghiacciai si accese unbagliore sinistro.

«È ora di andare, Damon»,disse Gelosia con dolcezza. «Seiil più forte qui. Tu sei migliore diloro, sei migliore di tutti gli altri.Ma l’oggetto delle loro blandiziesarà sempre Stefan, il tuosmidollato, viziato, inutilefratellino. Per quanto grandisiano le tue gesta, nessuno avrà

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per te le attenzioni che questimortali hanno per lui. Leattenzioni che tutti, per centinaiadi anni, hanno sempre avuto perStefan. Dovresti lasciarteli allespalle. Farli soffrire. Perché nonlasciarli nei guai? Loro lofarebbero con te. Elena e i suoiamici hanno viaggiato fra ledimensioni, affrontato laschiavitù, sfidato i pericoli piùgravi per salvare Stefan, ma tihanno lasciato morire e hannoabbandonato il tuo corpo,lontano da casa. Sono tornati qui

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ed erano felici senza di te. Qualelealtà devi loro?».

Damon, con il voltonell’ombra ora che tutte lecandele erano spente, emiseun’amara, tetra risata. I suoiocchi neri brillarononell’oscurità, fissi su quelli chiaridello spirito. Cadde un lungosilenzio ed Elena trattenne ilrespiro.

Damon fece un passo avanti,tenendo ancora la candela inmano. «Non ricordi?», disse, confreddezza. «Ti ho cacciato via».

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E a velocità sovrumana,prima che gli altri potesserobattere ciglio, riaccese la candelacon un guizzo di Potere e, con ungesto preciso e secco, la scagliòcontro il volto dello spirito.

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14

Elena fece un salto indietroappena lo spirito prese fuoco.Era così vicina che il calore dellefiamme le arse le guance, e sentìl’odore dei propri capellibruciacchiati.

Riparandosi il viso con lemani, si avvicinò furtivamenteallo spirito, cercando di non farsisentire. Le tremavano le gambe,ma si fece forza e avanzò a passi

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misurati e decisi.Cercava di non guardare né

pensare al corpo di Stefanraggomitolato sul pavimento delgarage, come prima, quando erastato necessario mantenere lacalma per riflettere, aveva evitatodi osservare la lotta fra i duefratelli.

D’un tratto ci fuun’esplosione e le fiamme siravvivarono. Per qualcheentusiasmante secondo, Elenaosò sperare che fosse statoDamon. Lo spirito stava

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bruciando. Di certo, nessunacreatura di ghiaccio avrebbepotuto sopportarlo.

Poi si accorse che lo spiritonon stava solo bruciando. Stavaridendo.

«Sciocco», disse lo spirito aDamon, a bassa voce, quasi contenerezza. «Credi che il fuocopossa danneggiare me? Lagelosia brucia più calda del fuocoe più fredda del ghiaccio. Tu piùdi tutti dovresti saperlo,Damon». Emise la sua stranarisata argentina. «Riesco a

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percepire la gelosia, la rabbia chedentro di te brucia incontinuazione, Damon, e lefiamme sono così calde chesento l’odore dell’odio e delladisperazione sempre vivi nel tuocuore. Il tuo meschinorisentimento, le tue vili sfuriateplacano la mia fame e la miasete. Ti aggrappi a questisentimenti, li sorvegli cometesori. Forse sei riuscito aespellere una piccola parte dellemigliaia di offese che ti brucianodentro, ma non riuscirai mai a

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liberarti di me».Ai piedi dello spirito si

accesero piccole fiammelleazzurre, che si diffuserovelocemente sul pavimento delgarage. Elena le guardò conorrore: si trattava delle tracce dibenzina lasciate dalla vecchiaautomobile della signoraFlowers? O era la malvagità dellospirito che prendeva corpo,spargendo fiamme in mezzo aloro?

Non era davvero importante.Ciò che contava era che il garage

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stava andando a fuoco e che loro,a differenza dello spirito, nonerano insensibili alle fiamme.Cominciarono a tossire, mentreil fumo riempiva lo spazio umidoe angusto. Si coprì il naso e labocca con le mani.

Damon le passò accantocome un lampo, ringhiò e saltò,mirando alla gola dello spirito.

Anche in quella terribilesituazione, Elena non poté fare ameno di ammirare la sua grazia ela sua velocità. Il vampiro siscontrò con lo spirito e lo mandò

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al tappeto, poi indietreggiò,proteggendosi il viso con ilbraccio coperto dalla giacca dipelle. Il fuoco, ricordò Elena conun sussulto di terrore. Il fuoco èuna delle poche cose che puòuccidere un vampiro.

Il fumo le faceva lacrimare gliocchi, ma si sforzò di tenerliaperti e si avvicinò allo spirito,che si era rialzato, cercando diprendere alle spalle l’avversario.Sentiva le urla dei suoi amici, masi concentrò sulla lotta.

Lo spirito era più impacciato

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nei movimenti e non aggredìsubito Damon. Attraverso lefiamme, Elena vide che deldenso fluido verde usciva ancoradalla ferita inferta da Meredith egocciolava lungo il torace divetro. Quando venivano acontatto con il liquido, le fiammeassumevano una tonalità verde-blu.

Damon attaccò di nuovo lospirito, ma questi se lo scrollò didosso con un’alzata di spalle.Girarono cauti l’uno intornoall’altro, ringhiando. Elena si

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affannava intorno a loro,cercando di non essered’intralcio a Damon e, allo stessotempo, di capire come aiutarlo.

Un crepitio provenientedall’altra parte del garage ladistrasse per un attimo. Si voltòe vide che le fiamme si stavanoarrampicando sulla pareteopposta, lambendo gli scaffali dilegno che circondavano la stanza.Non vide cosa era successo nelfrattempo dall’altra parte, mad’un tratto scorse Damon chescivolava sulla schiena con una

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violenta ustione rosso vivo sullaguancia.

Damon si rialzò subito inpiedi e tornò all’attacco, agile efurtivo, ma nei suoi occhi ardevauna luce selvaggia che inquietòElena. Benché fosse ferito, lospirito era più forte di lui.Inoltre, dopo il lungo scontrocon il fratello, le riserve diDamon dovevano essere limitate.Tentava mosse sempre piùavventate. Elena si fece coraggioe si avvicinò di nuovo allospirito, fin dove riusciva a

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sopportare il calore dellefiamme. Gelosia si voltò unattimo a guardarla, poi tornò aconcentrarsi sulla minaccia piùforte.

Si avventò contro Damon,con le braccia spalancate eavvolte dalle fiamme e un sorrisodi gioia selvaggia sulla faccia.

D’un tratto, al fianco diDamon apparve Meredith. Erapallida e solenne come unagiovane martire, le labbra tese elo sguardo vigile, ma si muovevapiù veloce di un fulmine. Il suo

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bastone tagliò l’aria a unavelocità che quasi sfuggiva allavista, lasciando un altro lungosquarcio nello stomaco dellospirito. La creatura urlò e lefiamme intorno al bustosibilarono, ravvivate dal fluidoverde che sgorgava dalla ferita.

Ma lo spirito restò in piedi.Ringhiava e tentava di afferrareMeredith, che retrocedeva, agilee aggraziata come unadanzatrice, restando fuori dallasua portata. Meredith e Damonsi scambiarono uno sguardo

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d’intesa e si avvicinarono allospirito, cercando di prenderlouno da destra, l’altra da sinistra,in modo che non potesse tenered’occhio entrambi allo stessotempo. Damon colpì Gelosia,sferrandole un pugno rapido epotente, ma ritrasse la manoarrossata e coperta di vesciche.Meredith sollevò di nuovo ilbastone, cercando di colpire lospirito al braccio e riuscendosolo a tagliare un filo di fumo.

Si udì uno schianto quandouno scaffale in fiamme crollò sul

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pavimento. Il fumo divenne piùdenso. Elena sentì tossire Bonniee Matt, distanti dallo scontro.

Continuò ad avvicinarsi allospirito, cercando di prenderloalle spalle, senza dare fastidio aMeredith e Damon. Gelosiaemanava il calore di un falò.

Meredith e Damon simuovevano in coppia, con unsincronismo così perfetto chesembrava avessero provato, ementre danzavano avanti eindietro, sferravano colpi che avolte andavano a segno, ma più

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spesso fendevano un ricciolo difumo o di nebbia, poiché le partidel corpo dello spirito mutavanodi continuo da solide aincorporee.

D’un tratto risuonò una voce.«Impera te desistere». Lasignora Flowers si sporse inavanti, sorretta da Matt e Alaric.Tuttavia, i suoi occhi eranolimpidi e la sua voce ferma.Intorno a lei l’aria crepitava diPotere.

Lo spirito rallentò solo unpo’, esitando forse meno di

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mezzo secondo prima diriprendere gli affondi e letrasformazioni. Quell’esitazionefece la differenza. Damon eMeredith riuscirono a mandare asegno più colpi e a schivaremeglio quelli dello spirito.

Sarebbe bastato? Gelosia siritraeva quando i colpi andavanoa segno, e dalle ferite inferte dalbastone usciva un orribile fiottodi sangue viscido e verdognolo,ma restava ferma sulle gambe,mentre Damon e Meredith,soffocati dal fumo, erano scossi

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da accessi di tosse spasmodica e,barcollando, rifuggivano lefiamme. La rosa nel suo pettopulsava ancora di un vivido rossoscuro. Elena emise un sospiro difrustrazione e ricominciò subitoa tossire. Lo spirito si muovevain continuazione, impedendoledi afferrare il suo cuore-rosa.

Meredith sferrò un altrofendente, ma stavolta il bastoneaffondò in uno sbuffo di fumo elo spirito ne afferrò la punta conuna mano, spingendola versoDamon. Scontrandosi, caddero

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pesantemente a terra e lo spirito,ancora leggermente paralizzatodall’incantesimo della signoraFlowers, si trascinò a fatica versodi loro.

«Ero invidiosa di Meredithper la sua intelligenza!», urlòBonnie. Aveva il volto macchiatodi fumo e lacrime e apparivaterribilmente piccola e fragile,ma urlava a pieni polmoni, con laschiena dritta e a testa alta. «Soche a scuola non sarò mai bravaquanto lei, ma va bene. Cacciovia la mia gelosia!».

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Per un attimo, il colore dellarosa si smorzò in un rosa scuro elo spirito vacillò, anche se inmaniera impercettibile. Gelosiaguardò Bonnie e sibilò. Era solouna breve pausa nella suaavanzata, ma bastò perchéDamon scattasse in piedi. Si paròdavanti a Meredith, facendole dascudo mentre si tirava su. Senzanemmeno guardarsi, Meredith eDamon ricominciarono a girareintorno allo spirito, perattaccarlo da direzioni opposte.«Ero invidioso perché i miei

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amici erano più ricchi di me!»,urlò Matt. «Ma caccio via la miagelosia!».

«Invidiavo la sincerità concui Alaric credeva in eventi nonancora provati, e poi è venutofuori che aveva ragione!», strillòCelia. «Ma caccio via la miagelosia!».

«Invidiavo i vestiti diElena!», gridò Bonnie. «Sonotroppo bassa e non mi sta benequasi niente! Ma caccio via lamia gelosia!».

Damon diede un calcio allo

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spirito, tirando subito indietro lagamba fumante. Meredith sferròun fendente con il bastone. Lasignora Flowers cantilenò inlatino e Alaric si unì a lei, con lavoce di basso che faceva dacontrappunto a quella delladonna, rinforzandol’incantesimo. Bonnie, Celia eMatt continuavano a gridare,rivangando piccole gelosie erisentimenti di cui,probabilmente, erano a stentoconsapevoli, scacciandoli dal lorocuore per tempestare lo spirito di

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piccoli colpi.E per la prima volta lo spirito

parve… sconcertato. Giravalentamente la testa, guardandoora l’uno ora l’altro dei suoiavversari: Damon che siavvicinava furtivamente, con ilpugno alzato; Meredith cheroteava il bastone con destrezzamentre lo osservava con unfreddo sguardo calcolatore;Alaric e la signora Flowers cherecitavano versi in latino, con lemani alzate; Bonnie, Matt e Celiache gridavano confessioni come

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se lanciassero pietre.Gli occhi vitrei di Gelosia si

posarono brevemente su Elena,ma sembrò che non si fossedavvero accorta di lei: ferma etranquilla in mezzo a quellabaraonda, non era una minaccia.

Era la migliore occasione cheElena avrebbe avuto. Si fececoraggio e avanzò di qualchepasso, ma si immobilizzò appenalo spirito si girò verso di lei.

Poi, come per miracolo,arrivò Stefan. Si aggrappò allespalle dello spirito, mettendogli

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un braccio intorno al collo,incurante delle fiamme che glilambivano la pelle. La suamaglietta prese fuoco. Perqualche secondo, lo spirito fuspinto verso Elena, che si ritrovòdavanti il suo busto inerme.

Immerse la mano fra lefiamme senza esitare.

Per un istante, non sentì ilcalore del fuoco, ma solo il lievetocco, quasi fresco, delle fiammeche le guizzavano intorno allamano. Non fa così male, ebbe iltempo di pensare prima di

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sentire il dolore.Era pura agonia e chiudendo

gli occhi, lampi di tenebra leesplosero sotto le palpebre.Dovette lottare per soffocarel’istinto quasi irreprimibile diritrarre la mano dal fuoco.Cominciò a tastare il torace dellospirito, alla ricerca della feritache Meredith aveva infertoappena sopra la rosa. Era liscio escivoloso e la sua mano cercavaalla cieca. Dov’è? Dov’è?

Damon si era gettato nelfuoco al fianco del fratello e

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aveva afferrato il collo e lebraccia dello spirito, lasciandoesposto il torace perché Elenapotesse continuare la sua ricercae anche per evitare che lo spiritosi liberasse con uno strattone ela mandasse a gambe all’aria.Meredith colpì il fianco diGelosia con il bastone. Dietro dilei, le voci dei suoi amici silevavano in un confuso coro diconfessioni e incantesimi:facevano la loro parte perscombussolare e disorientare lospirito.

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Finalmente Elena trovò laferita e ci infilò dentro la mano.L’interno del petto dello spiritoera gelido ed Elena gemette per ilcontrasto: il freddo era unatortura dopo tutto quel calore, ele fiamme le lambivano ancora ilbraccio e il polso. Il liquidogelido nel petto dello spirito eracosì denso che sembravagelatina. Elena spinse più afondo la mano e trovò la rosa.Gelosia urlò di dolore.

Era un suono orrendo e,nonostante tutto ciò che lo

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spirito aveva fatto a lei e ai suoiamici, la ragazza non potéreprimere un fremito dicompassione. Un istante dopo, lesue dita si chiusero sullo stelodella rosa e migliaia di spinetrafissero la sua carne ustionata.Ignorando il dolore, Elenaestrasse la rosa dal liquidogelido, poi dalle fiamme, ebarcollò all’indietro,allontanandosi dallo spirito.

Non sapeva di preciso cosa siaspettava che accadesse. Che lospirito si liquefacesse come la

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perfida Strega dell’Ovest, peresempio, lasciando solo unanauseabonda pozza di acquaverdastra. Invece Gelosia la fissòa bocca aperta, con i denti aguzzie luccicanti in mostra. Losquarcio nel petto si era allargatoe il fluido sgocciolavarapidamente, come l’acqua da unrubinetto lasciato aperto. Lefiamme verdi si abbassavanosotto i rivoli di sangue chescorrevano lungo il corpo dighiaccio e gocciavano sulpavimento.

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«Dalla a me», disse Stefan,comparendo al fianco di Elena.Le prese di mano la rosa e nestrappò i petali, ora sbiaditi, diun rosa tenue, poi li sparse nelfuoco che correva lungo le paretidel garage.

Lo spirito lo osservò conun’espressione stordita e poco apoco le fiamme vive che loavvolgevano si assottigliarono,finché non restò che il fumo, e ilsuo corpo cominciò lentamente aevaporare. Per un attimo, rimasesospesa nell’aria davanti a loro

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un’immagine fumosa e malevola,che fissava Elena con occhi cupi.Poi scomparve.

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15

Damon fu il primo amuoversi, il che non sorpreseElena. Con la giacca di pellebruciata e lunghe ferite daustione lungo le braccia e sulviso, oltrepassò gli altri,camminando tra le fiamme conpasso malfermo e spalancò laporta del garage. Fuorirombavano i tuoni e pioveva adirotto.

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Nonostante la pioggia,l’incendio divampava conviolenza nel garage e fiammealtissime avvolgevano le pareti eil tetto del piccolo edificio.Mentre gli altri uscivano conpasso malfermo, Meredith,tossendo, sollevò il viso verso lapioggia. Matt e Alaric sorresserola signora Flowers el’accompagnarono alla suamacchina. Elena tese le maniavanti, lasciando che la pioggiabattente lavasse via la fuliggine elenisse le ustioni. Gli altri si

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aggiravano non lontano dalgarage in fiamme, ancorastorditi.

«Oh, Damon», disse Bonnie.Si fermò per tossire e ansimò perqualche secondo, poi si chinòcon cautela verso di lui e lo baciòsu una guancia. «Sono davverofelice che tu sia tornato».

«Grazie, pettirosso», disseDamon, dandole una pacca sullespalle. «Scusami un attimo; devooccuparmi di una cosa». Fece unpasso avanti e prese Elena permano.

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Da lontano venne il lamentodelle sirene, che annunciaval’approssimarsi delle autopompee delle volanti della poliziarichiamate dall’incendio.

Damon attirò Elena verso unalbero nei pressi dell’edificio cheproiettava lunghe ombre scure.«Su, hai bisogno di sangue»,disse. Si tastò la gola con le ditaannerite, poi sfregò l’unghiacontro un’arteria. La sua giaccadi pelle era completamentedistrutta; ormai era coperto solodi stracci e cenere, e le lunghe

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bruciature sul viso e sul resto delcorpo erano ancora rosse einfiammate, ma avevano già unaspetto migliore rispetto a pochiminuti prima.

«Posso farlo io», disse Stefan,che si stava avvicinando a lorosorreggendosi al murodell’edificio. Appariva stanco emalandato, ma anche le sueferite stavano già guarendo. «Mifa sempre piacere che Elena bevail mio sangue».

«Nessuno ti vieta dipartecipare. Ma si è fatta male

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sul serio», disse Damon in tonopratico, «e in questo momentonon hai il Potere necessario aguarirla»Elena cercava di nonguardare la mano destra. Anchese non riusciva a muoverla, nonle faceva più tanto male. Potevaessere un brutto segno.Significava forse che le sueterminazioni nervose eranomorte? Diede una rapida,ansiosa occhiata alla mano e le sirivoltò lo stomaco. Quel brevesguardo era bastato a mostrarlela carne annerita e infiammata,

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la pelle a brandelli e… Oddio,pensò, intravedendo un pezzettod’osso sotto la carne. Emise unbasso, involontario lamento.

«Bevi», disse Damon conimpazienza. «Permettimi diguarirti prima che arrivino e tiportino al reparto ustioni».Elena era ancora esitante eDamon sospirò e si girò di nuovoverso il fratello. «Senti», disse,addolcendo il tono di voce, «nonsi tratta solo di Potere. A volte ilsangue riguarda la premuraverso una persona».

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«Lo so», rispose Stefan, eammiccò, guardandolo con ariastanca. «Volevo solo assicurarmiche lo sapessi anche tu».

Damon storse la bocca in unsorriso sarcastico. «Sono unuomo fatto e finito, fratellino»,disse. «So un sacco di cose». Sigirò di nuovo verso Elena. «Bevi,su», insisté, e Stefan le sorriserassicurante.

Elena gli rispose con uncenno del capo prima di premerela bocca sul collo di Damon.Nell’attimo stesso in cui assaggiò

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il suo sangue, si sentì avvolgeredal calore e la mano smise difarle male. Non sentiva più ilfreddo martellare della pioggiasul capo e sulle spalle, nonsentiva nemmeno l’acqua gelidache le scorreva lungo il corpo. Sisentiva accolta, protetta, amata eil tempo si fermò, permettendoledi trattenere il respiro.

Damon?, pensò, cercando dientrare in contatto con la suamente. Lui non le rispose con leparole, ma con un’ondata diaffetto e premura, di amore

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incondizionato. Nonostante lostordimento, Elena compreseche c’era qualcosa di nuovo inlui…

In passato, quando lei eDamon avevano lasciato che leloro menti entrassero incontatto, aveva spesso sentitoche lui tratteneva una parte di sé.Oppure, nelle rare occasioni incui aveva oltrepassato le barriereinteriori che lui innalzava controgli intrusi, aveva trovato rabbia erisentimento, e un bambinosperduto incatenato a una roccia.

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Ora Elena percepiva soloamore e pace mentre sicongiungeva a Damon. Quando,alla fine, si ritrasse da lui, nonriuscì a tornare subito al mondoreale. Stefan non era più accantoa loro. Stava ancora piovendo efra i capelli, sulle spalle, lungo ilcollo, le braccia e il resto delcorpo le scorrevano rivoli diacqua fredda. La mano le facevamale ed era ancora solcata daibrutti segni di una bruciatura,ma era guarita al punto di nondover finire sotto i ferri:

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sarebbero bastati un po’ diunguento e una fasciatura.

Erano arrivate un paio diautopompe e delle macchinedella polizia, che si eranofermate nel vialetto con le sirenespiegate e le luci lampeggianti.Vicino al garage, Elena vide cheMeredith aveva lasciato cadere dicolpo il braccio di Stefan, e capìche aveva bevuto dal suo polso.

Si rese vagamente conto chesolo poche ore prima quel gestol’avrebbe sconvolta. Pensava cheMeredith non si sarebbe mai

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degnata di bere il sangue di unvampiro e che Stefan avessesempre tenuto in serbo il suosangue per lei, come parte delloro legame esclusivo. Ma inquel momento non riusciva aprovare alcuna emozione ariguardo.

Era come se tutte le barrierefra loro fossero crollate. Che quelnuovo stato di cose durasse o no,erano tutti uniti per il momento.Avevano visto il peggio l’unodell’altro. Avevano detto la veritàe avevano superato quella brutta

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avventura. E ora, se Meredithaveva bisogno di aiuto, era ovvioche Stefan le desse il suo sangue.Sarebbe stato lo stesso perognuno di loro.

I vigili del fuoco saltarono giùdal camion e srotolarono i tubi.Mentre questi badavano aspegnere l’incendio, una coppiadi poliziotti in uniforme e unuomo che doveva essere ilcomandante dei vigili del fuocosi diressero risoluti verso lasignora Flowers, Matt, Alaric,Celia e Bonnie, tutti accalcati in

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macchina. Anche Meredith eStefan si unirono a loro.

«Perché non l’accompagnanodentro casa?», si chiese d’untratto Elena ad alta voce eDamon le rivolse uno sguardovacuo, sbigottito.

«Non ne ho idea», disse,scandendo le parole. «A me nonè proprio venuto in mente chesaremmo potuti entrare.Immagino che tutti si sentano indovere di rimanere fuori perassistere all’incendio. Perassicurarsi che lo spirito non

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esca».«Sembra di essere alla fine

del mondo», disse Elenadolcemente, pensando ad altavoce. «Prima, persino lapensione sembrava così lontanache semplicemente non facevaparte del quadro. Ora che sonoarrivate altre persone, il mondoricomincia a girare».

Damon rispose con unmormorio evasivo. «Faremmomeglio ad andare là», disse.«Penso che potrebbero averbisogno di aiuto». La voce della

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signora Flowers si era alzata eaveva assunto un tono indignato,anche se Elena non riusciva adistinguere le parole. Seguendo ilvampiro, sorrise tra sé: daquando Damon si preoccupavache qualcuno, oltre a lei, potesseaver bisogno di aiuto?

Quando si avvicinarono,Elena vide che la signora Flowersera uscita dall’auto e avevaassunto la sua miglioreespressione da vecchiettasquilibrata ed eccentrica: occhiazzurri spalancati, mani sui

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fianchi e Alaric a reggerlel’ombrello.

«Giovanotto!», sbraitò alcomandante dei vigili del fuoco.«Cosa vorrebbe insinuarechiedendomi perché la miamacchina non è parcheggiata nelgarage? Sono sicura di averetutto il diritto di distribuire imiei beni dove mi pare sulla miaproprietà! In che mondo viviamose devo essere penalizzata egiudicata perché non seguo leconvenzioni? Lei osa suggerireche io possa aver previsto in

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qualche modo l’incendio?»«Be’, signora, sono cose che

succedono. Io non suggerisconulla, ma non può impedirci difare delle indagini», disseimperturbabile il comandantedei vigili.

«Che ci fanno qui tutti questiragazzi?», chiese uno deipoliziotti, dando un’occhiataintorno. I suoi occhi indugiaronosulla giacca di pelle bruciata diDamon e sulla chiazza di carneviva che sfregiava la guancia diStefan. «Dobbiamo fare una

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chiacchierata con ognuno divoi», disse. «Per cominciare,dateci i vostri nomi e indirizzi».

Stefan fece un passo avanti,guardando negli occhi ilpoliziotto. «Sono certo che nonsarà necessario», disse a bassavoce, in tono convincente. Elenasentì che stava usando il Potere.«L’incendio è scoppiato perché ilgarage è stato colpito da unfulmine durante il temporale. Incasa c’erano solo questa donnaanziana e qualche ospite. È tuttocosì chiaro e semplice che non

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c’è bisogno di interrogarenessuno».

Il poliziotto lo guardòperplesso, poi annuì e il suovolto si rischiarò. «Questitemporali possono provocaremoltissimi danni», rispose.

Il comandante dei vigili delfuoco sbuffò. «Ma di che staparlando? Qui intorno non ècaduto nessun fulmine».

Stefan spostò lo sguardo su dilui. «Non c’è niente su cui valgala pena investigare…». Mal’incanto si ruppe e i tre uomini

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presero a guardarlo sospettosi.Elena comprese che Stefan

non aveva abbastanza Potere percontrollare tutti e tre, e che nonsarebbe riuscito a convincerenemmeno uno di loro serestavano insieme, perché l’unorisvegliava i dubbi dell’altro. Ilvolto di Stefan era stanco etirato. Aveva combattuto unalunga battaglia – più di una, adire il vero. E il suo Potere nonera mai molto forte, soprattuttoquando non beveva sangueumano. Se avesse avuto motivo

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di preoccuparsi per lei, se avessesaputo di dover affrontare lospirito, si sarebbe preparato eprobabilmente avrebbe evitato dibere solo qualche sorso disangue animale nei giorniprecedenti.

Damon fece un passo avanti.«Signore?», disse coneducazione. Il comandante deivigili lo guardò. «Se potessiparlare un attimo con lei inprivato, sono sicuro chepotremmo chiarire la faccenda».

L’uomo aggrottò la fronte ma

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lo seguì nella veranda sul retrodella pensione. Il secondopoliziotto si accodò a lui. Simisero di fronte a Damon, sottole luci della veranda. All’inizio loguardavano con sospetto, poi,poco per volta, mentre loascoltavano, rilassarono le spallee cominciarono ad annuire e asorridere.

Stefan parlò di nuovo conl’altro poliziotto, a bassa voce.Elena sapeva che era in grado diinfluenzare una persona sola,persino in quello stato.

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Meredith e Bonnie eranoentrate nell’antiquataautomobile della signora Flowers– Elena sospettava che fosse piùvecchia della sua proprietaria –ed erano immerse in unaconversazione, mentre Alaric eCelia, sotto l’ombrello,continuavano ad aiutarel’anziana signora, intenta adascoltare il dialogo di Stefan conil poliziotto, e Matt si aggiravanelle vicinanze.

Elena passò davanti a lorocon tranquillità e s’infilò in

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macchina, sedendo sul sedileposteriore con Bonnie eMeredith. Lo sportello si chiusecon un bel rumore secco,rassicurante, e il sedile di pellenera produsse una serie di cigoliie scricchiolii mentre siaccomodava.

I riccioli rossi di Bonnie,inzuppati di pioggia, si eranolisciati e le ciocche bagnate lependevano dritte sulle spalle eincollate alla fronte. Aveva il visosporco di cenere e gli occhiarrossati, ma rivolse a Elena un

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genuino sorriso di gioia.«Abbiamo vinto», disse. «Èscomparso per sempre, non èvero? Ce l’abbiamo fatta».

Meredith manteneva il suocontegno serio, ma era esultantee i suoi occhi grigi luccicavano.Aveva ancora una goccia delsangue di Stefan sulle labbra edElena represse l’impulso dipulirlo. «Sì, abbiamo vinto»,confermò Meredith. «Siete statestraordinarie, tutte e due.Bonnie, è stato davvero sagace daparte tua cominciare a

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confessare piccole gelosie più infretta possibile. Sei riuscita adistrarre lo spirito perpermetterci di attaccarlo. EdElena…». Deglutì. «Mettere lamano nel fuoco è stato un veroatto di coraggio. Come sta?».

Elena tese la mano e fletté ledita davanti a loro. «Gliincredibili poteri del sangue divampiro», disse allegramente.«Molto utile per i postumi di unabattaglia, giusto, Meredith?».

Meredith arrossì per labattuta, poi abbozzò un sorriso.

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«Non so», disse. «Mi sembrastupido non approfittare di tutti inostri… vantaggi. Mi sento giàmeglio».

«Anche tu sei stata fantastica,Meredith», disse Bonnie.«Combattevi come se stessidanzando. Il modo in cui usavi ilbastone era così aggraziato, forte,bello e super-tosto».

Elena assentì. «Non sarei mairiuscita a prendere la rosa se tunon avessi ferito lo spirito».

«Penso che siamo stati tuttifantastici», disse Meredith. «Si

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richiama all’ordine la primariunione della Società di MutuaAmmirazione degli ex allievidella Robert E. Lee School».

«Dobbiamo chiamare Matt edirgli quanto è statomeraviglioso», disse Bonnie. «Eimmagino che anche Stefanfaccia parte degli ex allievi,giusto? Penso che ora che ilmondo è cambiato, dovrebbeaver preso il diploma con noi».Sbadigliò, mostrando la piccolalingua rosa simile a quella di ungatto. «Scusate, sono distrutta».

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Elena si accorse di essereanche lei molto stanca. Era statadavvero una lunga giornata. E unanno molto lungo da quando ifratelli Salvatore erano arrivati aFell’s Church e la sua vita eracambiata per sempre. Si accasciòsul sedile e appoggiò la testasulla spalla di Meredith. «Grazieper aver salvato di nuovo la città,grazie a entrambe». Le sembravaimportante dirlo. «Magaridomani potremo tornare allanormalità».

Meredith fece una risatina e

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le abbracciò entrambe. «Nullapuò sconfiggere la nostrasorellanza», disse. «Siamotroppo forti per la normalità».Fece un respiro tremante, comese stesse per piangere. «Quandolo spirito vi ha prese», disse convoce pacata, «ho temuto diavervi perse per sempre. Siete lemie sorelle, sul serio, non solo lemie amiche, e io ho bisogno divoi. Voglio che lo sappiate».

«Puoi contarci», disseBonnie. Annuendo con fervore.Elena tese le braccia verso di

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loro. Le tre amiche si strinsero dinuovo con forza in un abbracciodi gruppo, fra le risate e qualchelacrima.

Il domani sarebbe arrivato econ esso, forse, sarebbe arrivataanche la normalità, qualunquecosa significasse a quel punto.Per il momento, Elena aveva lesue vere amiche. Era tantissimo.E, qualunque cosa le riservasse ilfuturo, questo sarebbe statosufficiente.

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16

Il giorno successivotornarono tutti alla pensione.Dopo la pioggia della notteprima, la luce del sole era tersa eogni cosa appariva luminosa,bagnata e pulita, nonostante lapuzza di fumo che permeava lapensione e i resti carbonizzati delgarage che si scorgevano dallafinestra dello studiolo.

Elena sedeva sul divano,

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appoggiata a Stefan. Lui seguì coldito i contorni della bruciatura,ormai quasi del tutto guarita, suldorso della sua mano. «Come sisente oggi la mia eroina?»,chiese.

«Grazie a Damon, la manoquasi non mi fa più male».

Damon, seduto accanto aStefan, le rivolse un breve,accecante sorriso, ma non dissenulla.

Elena si accorse che eranotutti gentili e premurosi l’unoverso l’altro. Si sentiva come

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quella giornata, e pensava cheprobabilmente tutti si sentisseroallo stesso modo: luminosi,freschi e puliti, ma leggermentefragili. Tutti parlavano a bassavoce, si scambiavano sorrisi oascoltavano in silenzio, rilassati.Era come se insieme avesseroportato a termine un lungoviaggio o un’impresa difficile, efosse giunto il momento diriposare.

Celia, in pantaloni di linochiari e una camicia di seta grigiopiccione, elegante e posata come

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sempre, si schiarì la gola. «Partooggi», disse quando ebbe tutti glisguardi puntati addosso. Le suevaligie erano ordinatamenteallineate sul pavimento, accantoalle gambe. «Fra tre quarti d’orac’è un treno per Boston, sequalcuno vuole accompagnarmialla stazione».

«Ma certo, ti accompagnoio», si offrì subito Alaric,alzandosi in piedi. Elena guardòMeredith, ma la sua amica avevala fronte aggrottata e sembravapreoccupata per Celia.

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«Non sei costretta a partire,lo sai», le disse. «A tutti noifarebbe piacere che restassi».

Celia scrollò vistosamente lespalle ed emise un piccolosospiro. «Grazie, ma è ora chevada. Anche se abbiamo distruttoun libro raro d’incalcolabilevalore e probabilmente non mipermetteranno mai più di metterpiede all’università di Dalcrest,non mi sarei persa per niente almondo quest’esperienza».

Meredith le sorrise e sollevòun sopracciglio. «Ti riferisci

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anche a quei momenti in cui haisfiorato la morte?».

Anche Celia sollevò unsopracciglio. «Perché, c’è statoun momento in cui non abbiamosfiorato la morte?».

Risero entrambe, ed Elena fufelice di vedere che la tensionetra loro era evaporata.

«Torna quando vuoi, miacara, saremo lieti di averti qui»,disse di cuore la signora Flowers.«Terrò sempre una stanza liberaper te».

«Grazie», rispose Celia in

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tono commosso. «Spero di potertornare e rivedervi tutti ungiorno o l’altro». Lasciò la stanzacon Alaric, e presto si sentirono irumori della porta esterna che sichiudeva e della macchina che simetteva in moto.

«Addio, Celia», cinguettòBonnie. «Alla fine si èdimostrata piuttosto in gamba,non è vero?». Continuò, senzaaspettare la risposta. «Chefacciamo oggi? Dobbiamo vivereun’avventura prima che l’estatefinisca».

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«Non ti bastano le avventureche hai vissuto finora?», chieseincredulo Matt, che se ne stavaspaparanzato sulla sedia adondolo nell’angolo.

«Volevo dire qualcosa didivertente, la tipica avventuraestiva», rispose Bonnie. «Parlodi andare in giro a godercil’estate, non di catastrofi,desolazione e battaglie mortali.Vi rendete conto che ci sonorimaste solo tre settimane primache inizi di nuovo la scuola? Senon vogliamo che gli unici

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ricordi di quest’estate a Fell’sChurch siano un disastrosopicnic e una spaventosa battagliacontro uno spirito, faremmomeglio a darci una mossa. Iovoto per andare alla fiera dellacontea oggi. Su, andiamo!», lispronò, saltando sulla sedia.«Montagne russe! Case stregate!Paste fritte! Zucchero filato!Damon può vincere per me ungrosso animale impagliato eportarmi a fare un giro nelTunnel dell’amore… Saràun’avventura!».

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Guardò Damon sbattendo leciglia, con aria maliziosa, ma luinon stette al gioco. Infatti,teneva lo sguardo fisso ingrembo, con un’espressione tesa.

«Avete fatto un ottimolavoro, ragazzi», disse la signoraFlowers. «Di sicuro meritate unpo’ di tempo per rilassarvi».

Nessuno rispose. Il silenzioteso di Damon riempiva lastanza, attirando su di lui tutti glisguardi. Alla fine, Stefan sischiarì la gola. «Damon?», lochiamò con cautela.

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Damon serrò le mascelle ealzò gli occhi per guardarli. Elenaaggrottò la fronte. Era rimorsoquello che leggeva sul suo viso?Damon non si sentiva mai incolpa: il rimorso non era unadelle sue tante qualità.«Sentite», disse all’improvviso.«Mi sono accorto… mentretornavo dalla DimensioneOscura…». Si fermò di nuovo.

Elena scambiò uno sguardopreoccupato con Stefan. Anchebalbettare e non riuscire atrovare le parole per esprimersi

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non era tipico del suo carattere.Damon scosse la testa e si

riprese dall’emozione. «Eroappena tornato in vita e tutto eradifficile e doloroso, ma mentre, apoco a poco, recuperavo lamemoria, mentre mi preparavo atornare a Fell’s Church», disse,«l’unica cosa che riuscivo apensare era a come Elena avessemesso a soqquadro il cielo e laterra per trovare Stefan. Nessunostacolo le avrebbe impedito dicontinuare le ricerche. Io l’hoaiutata, ho rischiato tutto per lei

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e ci siamo riusciti. Abbiamotrovato Stefan e l’abbiamoriportato a casa, sano e salvo. Maquando sono stato io a perdermi,mi avete lasciato solo su quellaluna».

«Ma Damon», disse Elena,sporgendosi verso di lui,«pensavamo che fossi morto».

«E comunque abbiamocercato di mettere a soqquadro ilcielo e la terra per salvarti», siaccalorò Bonnie, guardandolocon i grandi occhi castani lucididi lacrime. «Lo sai. Elena ha

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tentato di tutto per corromperele Guardiane affinché tiriportassero indietro. È quasiimpazzita di dolore. Macontinuavano a dire che quandoun vampiro muore, se ne va persempre».

«Ora lo so», disse Damon.«Non sono più arrabbiato. Misembra siano passati secolidall’ultima volta che me la sonopresa per quel motivo. Infatti,non ve lo sto dicendo perquesto». Lanciò un’occhiatacolpevole a Elena. «Devo

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scusarmi con tutti voi».Per un attimo, tutti

trattennero il fiato. Damon nonsi scusava. Mai.

Elena aggrottò la fronte. «Percosa?».

Damon scrollò le spalle e unbreve sorriso compiaciuto glipassò sul volto. «Per cosa nondovrei scusarmi, piuttosto, miaprincipessa». Tornò serio. «Laverità è che non meritavo diessere salvato. Da vampiro hofatto cose terribili a tutti voi, eanche quando sono ridiventato

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umano mi sono comportatomale. Ho combattuto controMeredith; ho messo in pericoloBonnie nella DimensioneOscura. Vi ho messi tutti inpericolo». Si guardò attorno. «Midispiace», disse, rivolto a tutti,con una nota di sincero rimorsonella voce.

A Bonnie tremavano lelabbra. Poi si alzò e gli gettò lebraccia al collo. «Ti perdono!».

Damon sorrise e le diededelle pacche sulla testa,imbarazzato. Scambiò con

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Meredith un solenne cenno delcapo, che sembrò indicare cheanche lei lo perdonava… perquella volta.

«Damon», disse Matt,scuotendo la testa. «Sei sicuro dinon essere posseduto? Sembriun po’… fuori di te. Finora seistato gentile solo con Elena».

«Be’, non abituartici», disseDamon, che sembrava sollevatodi essersi tolto dal cuore il pesodella confessione. «Matt».

Matt parve sorpreso e felice:era come se Damon gli avesse

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fatto un regalo chiamandolo conil suo vero nome, una voltatanto, anziché chiamarlo “Mutt”o rivolgersi a lui a gesti. Elenavide Stefan che dava al fratellouna spintarella d’intesa,affettuosa, e Damon che glirispondeva con una gomitata.

No, lei non ci avrebbe fattol’abitudine. Damon, svuotato daisentimenti di gelosia erisentimento, era bello eintrigante come sempre, mamolto più alla mano. Nonsarebbe durata, ma, per il

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momento, poteva godersi quelcambiamento.

Si soffermò a osservarli conattenzione: i fratelli Salvatore. Ivampiri che amava. Stefan, con isuoi morbidi riccioli scuri e gliocchi verdi, le braccia e le gambelunghe e la sensuale curva dellabocca che aveva sempre voglia dibaciare. Dolcezza, solidità e unasofferenza che lei sola riuscivaad alleviare. Damon, pelle di setae lineamenti finemente cesellati.Volubile e irresistibile. Li amavaentrambi. Non provava

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dispiacere, ma soltanto unasincera, totale gratitudine per ildestino che li aveva gettati sulsuo cammino.

Ma non sarebbe stato facile.Non riusciva a immaginare cosasarebbe successo una voltasfumata quell’inedita atmosferadi amicizia e piacevolezza tra idue fratelli e tra tutti loro. Nondubitava che sarebbe finita.Rabbia e gelosia fanno partedella vita, e si sarebbero formatedi nuovo.Strinse la mano diStefan e da sopra la sua spalla

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sorrise a Damon, notando comesi ravvivava il suo sguardo.

Sospirò fra sé e sorrise piùapertamente. Bonnie avevaragione: il college era propriodietro l’angolo, un’avventuracompletamente nuova. Fino aquel momento, avrebbero coltoogni occasione per divertirsi.

«Zucchero filato?», chiese.«Non ricordo nemmeno l’ultimavolta che l’ho mangiato. Sonodecisamente a favore dell’idea diavventura che ha Bonnie».

Stefan le sfiorò le labbra con

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un bacio che era già dolce eleggero come lo zucchero filato, elei si accoccolò fra le sue braccia.

Non sarebbe durata. Losapeva. Ma era molto felice.Stefan non era più in lutto,arrabbiato, e timoroso, ma era dinuovo se stesso, era la persona dicui si era innamorata. E Damonera vivo e al sicuro, era di nuovotra loro. Tutti i suoi amici eranoattorno a lei.

Finalmente, era davvero acasa.