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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VENEZIA F ACOLTÀ DI E CONOMIA DIPARTIMENTO DI SCIENZE GIURIDICHE I IL M MEZZANINE F FINANCE Professore: Leonardo Di Brina Assistente: Ivan Zanette Gruppo di studio: Cristina Loro n.m.803405 Francesco Pellegrini n.m.781126 Laura Polotto n.m.787660 Roberto Marin n.m.802240 Ruggero Piran n.m.780993 ANNO ACCADEMICO 2005/2006 1

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Professore: Leonardo Di Brina Assistente: Ivan Zanette

Gruppo di studio:

Cristina Loro n.m.803405

Francesco Pellegrini n.m.781126

Laura Polotto n.m.787660

Roberto Marin n.m.802240

Ruggero Piran n.m.780993

ANNO ACCADEMICO 2005/2006

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INDICE

CAPITOLO 1

ASPETTI INTRODUTTIVI

1.1 La disciplina antecedente la riforma....................................................5 1.2 L’intervento del legislatore................................................................10 1.3 Il problema della partecipatività degli strumenti finanziari...............22 1.4 Diritti Patrimoniali.............................................................................25 1.5 Diritti amministrativi .........................................................................27 1.6 Il mezzanin finance e la riforma del diritto societario.......................29

CAPITOLO 2

MEZZANINE FINANCE: CARATTERISTICHE DELLO STRUMENTO

2.1 Struttura di un finanziamento mezzanino ..........................................38 2.2 I vantaggi del mezzanine finance ......................................................46 2.3 Forme di postergazione......................................................................48 2.5 Rendimento........................................................................................55 2.6 Diritto di voto nel mezzanine financing ............................................60 2.7 Scadenza ............................................................................................69 2.8 Covenants...........................................................................................70 2.9 I vantaggi per i creditori senior..........................................................80 2.10 Tecniche di emissione e di negoziazione sui mercati primario e secondario ................................................................................................80

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CAPITOLO 3

LA CONFIGURAZIONE GIURIDICA DI UN INTERMEDIARIO DI MEZZANINE FINANCE

3.1 Introduzione .......................................................................................83 3.2 Il mezzanine finance: caratteristiche fiscali dello strumento.............85 3.3 Organismi di investimento collettivo in valori mobiliari ..................87 3.4 Fondi chiusi........................................................................................88 3.5 Societa’ ..............................................................................................96 3.6 Conclusioni ........................................................................................97 3.7 Alcuni casi pratici ............................................................................100

CAPITOLO 4

LA VALUTAZIONE DELLE IMPRESE TARGET E PROFILO DI RISCHIO E DI RENDIMENTO DI UN INVESTIMENTO

MEZZANINO

4.1 Le imprese target di un finanziamento mezzanino:.........................101 caratteristiche economiche e finanziarie................................................101 4.2 . Criteri economici e finanziari di valutazione di un investimento in capitale intermedio.................................................................................105 4.3 Valutazione del profilo di rischio ....................................................109 4.4 .La strutturazione di un investimento mezzanino............................113 4.5 Rischio e rendimento di un investimento mezzanine finance: la teoria di portafoglio e la teoria delle opzioni...................................................115 4.6 Conclusioni ......................................................................................119

CAPITOLO 5

IL MERCATO DEL MEZZANINE FINANCE

5.1 Il mercato del mezzanine finance negli stati uniti d’america ..........123 5.2 Il mercato del mezzanine finance in europa ....................................125 5.3 Il mercato del mezzanine finance in gran bretagna .........................127 5.4 Il mercato del mezzanine finance nei paesi dell’europa continentale...............................................................................................................128 5.5 Tendenze evolutive del mercato europeo del mezzanine finance ...130

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CAPITOLO 6

IL PROJECT FINANCING

6.1 Project financing: profili economici dell’istituto.............................133 6.2 project financing: il caso italiano.....................................................134 6.3 Project Financing: il profilo giuridico e la legge merloni ...............137 6.4 elementi tipici di un operazione di projec finanancing....................141 6.5 gli obiettivi del Project Financing....................................................144 6.6 i soggetti coinvolti nel Project Financing ........................................145 6.7 i rischi del Project Financing ...........................................................146 6.8 Project Financing: il modulo giuridico della concessione di costruzione e gestione............................................................................147

CAPITOLO 7

Esempio di contratto mezzanine finance ...............................................155

ALLEGATO.........................................................................................156

ALLEGATO TABELLE.....................................................................163

GLOSSARIO........................................................................................171

BIBLIOGRAFIA .................................................................................171

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Capitolo 1

ASPETTI INTRODUTTIVI

L’art. 2346, comma 6, c.c.1 ha consentito l’emissione di “strumenti

finanziari forniti di diritti patrimoniali o di diritti amministrativi, escluso il

voto nell’assemblea generale degli azionisti”, consentendo all’imprenditore

vie alternative al reperimento di finanziamenti. Oggi è possibile non solo

offrire titoli di debito, ma anche strumenti “ibridi”, a metà strada tra i titoli

azionari e i titoli obbligazionari e dotati di un certo grado di partecipatività.

1.1 LA DISCIPLINA ANTECEDENTE LA RIFORMA

In questa materia l'ordinamento interno, pur conoscendo da tempo,

come tutti gli ordinamenti dei paesi a economia avanzata, le obbligazioni

convertibili in azioni2, è apparso fino a poco tempo fa relativamente in

1 Art 2346, comma 6: Resta salva la possibilità che la società, a seguito dell’apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o di servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell’assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione. 2 Sulle quali per tutti cfr. G. Domenichini, Le obbligazioni convertibili in azioni, Milano, 1993, passim; G.F. Campobasso, voce «Obbligazioni di società», in Digesto delle disc. priv., sez. comm., Torino, 1994, p. 289; Id., Gli Jtrumenti di finanziamento: le obbligazioni, in AA.VV., Il diritto delle società per azioni: problemi, esperienze, progetti, a cura di P. Abbadessa e A. Rojo, Milano, 1993, p. 265; in prospettiva storica, ma ancora di grande interesse, G. Minervini, Obbligazioni convertibili in azioni e opzione, in “Riv. dir. comm.”, 1946, I, pp. 499 ss.

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ritardo, o quantomeno su posizioni piuttosto “conservatrici”, rispetto ai

principali ordinamenti stranieri.

Non conosceva, a livello di diritto positivo (a differenza ad esempio

dell'ordinamento tedesco)3, le obbligazioni “partecipanti”, strumenti che

non sono peraltro rimasti ignoti né alla pratica4 né alla dottrina5, e

manteneva un impianto normativo in tema di obbligazioni (con la sola

eccezione dell'istituto delle convertibili) che era ancora sostanzialmente

quello già delineato nel Cod. Co. del 1865 e poi perfezionato, anche a

seguito dei lavori della Commissione del 18696, dal Cod. Co. 1882.

Titoli “partecipativi” di natura ibrida si sono per vero riscontrati, in Italia,

già sotto la vigenza del Cod. Co. 1882, nella forma tanto delle c.d. “azioni

industriali”7 quanto delle obbligazioni emesse da società le quali

3 221 AktG. (Gewinnschuldverschreibungen). Su tale previsione cfr. almeno M. Luller, KOlner Kommentar zum Aktiengesetz, K6In-Berlin Bonn-Munchen, 1995, rdn. 3}, pp. 533 ss.; U. Hiiffer, Aktiengesetz, cit., rdn. 221, p. 970; Hirte, Kapitalgesellscha[tsrecht, cit., rdn. 596, pp. 186 ss. 4 Per un esempio recente, tra i moltissimi, cfr. Emissione Mediobanca, prestito obbligazionario 1999-2004, indicizzato all'andamento dell'indice azionario MIB 30 Collable, Archivio Prospetti, deposito dell'l 1.3.1999 n. 4478. 5 Cfr. per esempio F. Chiomenti Titoli obbligazionari c.d. “bull and bear”: obbligazioni o titoli per operazioni di borsa, in “Riv. dir. comm.”, 1987, I, p. 141; Campobasso, voce “Obbligazioni di società”, ci t. , p. 286; Id., Gli strumenti di finanziamento: le obbligazioni, cit., p. 257. 6 In tale sede, come è noto, il dibattito si concentrò principalmente sull'opportunità di superare il limite all'emissione rappresentato dall'ammontare del capitale versato ed esistente previsto dall'art. 135 Cod. Co. 1865: cfr. in argomento la Relazione Mancini, gli atti della Commissione del 1869 e la Memoria Castagnola, che si leggono tutti in Castagnola, Nuovo (codice di commercio, cit., pp. 533 ss. Il risultato dei lavori della Commissione fu la previsione, al co. 2 dell'art. 171, che le società “possono emettere obbligazioni anche per una somma maggiore (del capitale versato ed esistente), quando l'eccedenza sia garantita da titoli nominativi a debito dello Stato, delle Province o dei Comuni, aventi corrispondente scadenza e depositati nella cassa dei depositi e prestiti per rima. nervi fino al1'estrazione delle obbligazioni emesse”. Fu poi il r.d.l. 21 aprile 1927, Il. 698 che consentì l'emissione di obbligazioni per somma eccedente il capitale sociale, quando vi fosse garanzia ipotecaria o ricorresse una ragione di interesse per l'economia nazionale. 7 Disponeva infatti l'art. 86 del Cod. Co. che: “la partecipazione agli utili concessa agli impiegati o ad altri dipendenti della società, per rimunerazione totale o parziale dell'opera

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acquistavano titoli di debito a loro volta emessi da Comuni e Province8;

titoli questi ultimi spesso dimenticati dalla dottrina più recente, ma a torto,

in quanto essi si presentano come interessanti archetipi dei titoli messi oggi

dalle società veicolo nelle operazioni di cartolarizzazione9.

Successivamente al codice del 1942, gli “ibridi” hanno invece assunto

principalmente la forma di “certificati di partecipazione”, titoli

rappresentativi di un diritto di associazione in partecipazione.

Solo più di recente l'ordinamento nazionale in adempimento di impegni

internazionali ha espressamente previsto l'ipotesi di titoli “ibridi”

rappresentativi di un prestito subordinato e irredimibile o a lunghissima

scadenza.

Ad essi si sono successivamente affiancati seppur con applicazione

settoriale altri strumenti dotati per più aspetti di carattere ibrido: dai titoli

emessi dalla società cessionaria o dalla società emittente titoli per finanziare

l'acquisto dei crediti” di cui all' art. 5 della legge 30 aprile 1999 n:130 in

loro non attribuisce per sé sola a essi la qualità di soci”. Sulle azioni industriali cfr. diffusamente G.U. Portale, I conferimenti «atipici» nella società per azioni, Milano, 1974, in particolare pp. 14 ss. 8 Se ne ha notizia dagli Atti della Commissione del 1869, tornata del 19 ottobre 1869: “Per sovvenire ai bisogni dei Comuni e delle Province si costituirono per esempio delle società aventi per scopo di raccogliere i titoli creditori emessi da quei corpi morali che potrebbero incontrare sul mercato delle difficoltà e di sostituirvi dei titoli uniformi, i quali, più che dal versato capitale sociale, sono garantiti dal complesso dei crediti che costituiscono il portafoglio della società” (il brano si legge per esteso in Galdi, Il Codice del Commercio del Regno d'Italia, cit., p. 379) 9 Sulle obbligazioni emesse invece in Francia a partire dal 1850 dalle grandi compagnie di strade ferrate, cfr. Spolidoro, Il capitale sociale, cit.,p. 206 (ed ivi i riferimenti alla più antica letteratura), il quale non a torto rileva che “la classica contrapposizione concettuale tra azioni e obbligazioni nasconde in realtà una parentela assai stretta. Essa si manifesta in una serie di analogie o, se si preferisce, di coincidenze normative che lasciano intendere che il processo di avvicinamento fra tali azioni e obbligazioni ha una storia meno breve di quel che comunemente si pensa e soprattutto non riguarda soltanto il contenuto dei diritti incorporati nel titolo ma strutture più profonde”.

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tema di cartolarizzazione10, ai titoli (aventi anche forma di obbligazione, se

emessi ai sensi dell' art. 37 sexies della legge 11 febbraio 1994, n. 109,

come modificata dalla legge 18 novembre 1998, n. 415, c.d. Merloni-ter)

emessi dalla società veicolo per il reperimento dei mezzi necessari alla c.d.

finanza di progetto11, ad altri strumenti innovativi di finanziamento via via

comparsi sul mercato italiano, quali ad esempio i c.d. “riverse

convertible”12.

In linea di massima il nostro ordinamento non pone significative

condizioni alla capacità d’indebitamento delle s.p.a.. Ciò non significa che

non debba essere rispettato il benché minimo principio di equilibrio

sostanziale tra capitale proprio dell’impresa e capitale altrui; vi è tuttavia

una sostanziale tolleranza che il legislatore concede all’imprenditore nel

reperimento dei capitali necessari all’attività d’impresa, anche e soprattutto

in ragione delle mutevoli esigenze di mercato.

Il codice civile del 194213 ha creato una disciplina della s.p.a. cui risulta

estranea una visione dell’impresa come strumento per un’efficiente raccolta

10 Sulla quale cfr. almeno AA.VV., La cartolarizzaziolle dei crediti, a cura di R. Pardolesi, Milano, 1999,passim (in particolare pp. 155 ss.); A. Sciarrone Alibrandi, Il credito «cartolarizzato» e le società cessionarie, ed. provv., Milano, 2000, passim 11 Sia consentito rinviare, qui, alla relazione del Lamandini Le scelte inerenti alla struttura finanziaria delle società di progetto. Gli aspetti giuridici dell'emissione degli strumenti finanziari, al Convegno di studi dal titolo La legge Merloni ter e il project financing del settore pubblico: opportunità e problemi per le banche organizzato dall'Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa, Milano, 12 e 13 giugno 2000. 12 Si tratta di “obbligazioni” caratterizzate da particolari modalità di rimborso: infatti, qualora alla scadenza del periodo di durata del titolo la quotazione del parametro di riferimento, costituito da un'azione X sia uguale o maggiore di un prezzo prefissato (c.d. “Strike”) noto fin dall'emissione dell'obbligazione, viene rimborsato al sottoscrittore l'intero valore nominale; diversamente, viene consegnato al sottoscrittole un numero di azioni X pari al rapporto tra il valore nominale sottoscritto e il prezzo “strike”. 13 Da “Le Società”N.8/2004 Gli strumenti finanziari alla luce della riforma del diritto societario di Sergio Perugino.

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di capitale14 . Il sistema di finanziamento delle s.p.a., così come previsto dal

suddetto codice civile, presupponeva che i mezzi di finanziamento delle

società fossero forniti in prima istanza dai soci dell’impresa, che si

accollavano il rischio della stessa e successivamente dalle banche per il

reperimento dei capitali che i soci non fossero in grado di procurare. E’

stata altresì trascurata la possibilità che i mezzi di finanziamento potessero

provenire da soggetti che, sebbene non interessati ad un’attiva

partecipazione all’attività d’impresa, sarebbero comunque pronti a

finanziarla, vedendo in essa una forma alternativa d’investimento dei propri

risparmi.

Và da sé che il sistema è entrato ben presto in crisi allorché le società

italiane hanno dovuto confrontarsi con la concorrenza di imprese estere,

non vincolate come le nostre da un ordinamento eccessivamente

penalizzante per quanto riguarda il reperimento di fonti di finanziamento.

La possibilità delle imprese estere di accedere a fonti di finanziamento

alternative al prestito bancario e a costi minori ha permesso loro una

maggiore competitività e ha messo a disposizione degli investitori prodotti

finanziari diversificati15.

Al di là di ciò, era tuttavia auspicabile un allineamento tra l’ordinamento

azionario italiano e quello dei paesi più finanziariamente sviluppati.

14 D.Preite, “Investitori Istituzionali e Riforma del Diritto delle Società per Azioni” in riv.soc., 1993, 492-493. 15 La prassi aveva già individuato tra azioni ordinarie e obbligazioni alcune varianti, dando vita così ad una serie di tipologie intermedie di titoli che hanno consentito alle società di adattarsi il più possibile alle mutevoli esigenze dei risparmiatori

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1.2 L’INTERVENTO DEL LEGISLATORE

Per regolare la situazione dal punto di vista normativo, il nostro

ordinamento ha pensato bene di rifarsi all’ordinamento dei paesi che per

primi hanno visto il sorgere, in forme assai variegate, queste forme di

finanziamento.

Nel mondo anglosassone il tradizionale strumento per l’emissione di titoli

di debito è quello che si avvale di un trust16, nel Regno Unito però il suo

utilizzo è rimesso interamente all’autonomia negoziale, mentre negli Stati

Uniti è obbligatorio17.

La veicolazione del prestito tramite un trust avviene nel senso che, a fronte

del finanziamento, la società emette debt securities sulle quali per effetto

del contratto di trust che viene contestualmente sottoscritto il sottoscrittore

non ha che una proprietà beneficiaria.

Si prevede cioè, convenzionalmente, che il diritto alla restituzione del

capitale e al pagamento degli interessi spetti al trustee (il quale risulta

anche titolare di ogni eventuale diritto di garanzia), di modo che il trustee,

e non, viceversa, il titolare del titolo, è creditore della società in ipotesi di

liquidazione o di ammissione a procedura concorsuale ed è sul trustee che

grava la responsabilità di imporre alla società l'adempimento delle sue

obbligazioni anche se, nell'ipotesi in cui il trustee dovesse omettere di

assolvere a questo incarico, agli stockholders viene riconosciuto un diritto

residuale, di natura equitativa, a far rispettare le obbligazioni, ponendo il

trustee nella posizione di coobbligato.

16 trust non è invece in genere utilizzato ove il debitore sia uno Stato. 17 Sia pure con alcune eccezioni, essenzialmente riconducibili alle emissioni garantite dallo Stato o alle emissioni internazionali che non richiedono il prospetto in base al Securities Act 1993.

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Il vantaggio principale dello strumento va ovviamente ritrovato in ciò: che,

essendo normalmente il trustee un intermediario finanziario, gli

obbligazionisti (non diversamente da quanto accade agli investitori che si

affidino a fondi comuni) possono contare sull'attività di monitoraggio di un

investitore professionale18.

La relazione tra bondholders e trustee genera dunque un rapporto di

“agenzia” inerente alla gestione del prestito fatto alla società, che non è

governato da regole, quali quelle societarie, incentrate sul potere di nomina

e revoca, quanto piuttosto su vincolanti regole di condotta, la cui

violazione determina obblighi risarcitori e talora sostitutivi.

È muovendo da questa comune radice che gli ordinamenti anglosassoni

sono via via venuti sviluppando, grazie allo strumento contrattuale della

“subordinazione” (o postergazione), strumenti di finanziamento “ibridi”.

Riguardo la vivace controversia circa il carattere perpetuo, il legislatore a

intervenne espressamente evidenziando come la fattispecie di un

finanziamento “perpetuo” sia considerata dal legislatore inglese compatibile

anche con una relazione di debito e non solo con una relazione di

conferimento in senso proprio.

Se ne desume con un ragionamento che di per sé non è tuttavia

completamente trasponibile in Italia, dove si pone anche un problema di

differenziazione tra mutuo e associazione in partecipazione19, che non può

18 Si noti peraltro che, malgrado il silenzio della legge, anche i contratti di trust prevedono in genere la convocazione di un'assemblea dei bondholders per assumere decisioni rilevanti nell'interesse collettivo (negli Stati Uniti, tuttavia, la natura individuale del diritto alla restituzione e al pagamento degli interessi tollera limitazioni solo in casi tassativamente previsti): in luogo di molti, cfr. Campobasso, Gli strumenti di finanziamento: le obbligazioni, cit, p. 254. 19 Sul quale diffusamente, in risposta al Perpetual Notes e obbligazioni a lunga e lunghissima scadenza, Lamandini in “Banca, borsa e tit. cred.”, 1991, I, pp. 606 ss., Portale, Prestiti “subordinati e prestiti irredimibili (appunti)”, cit., p. 9. Rileva ora correttamente Campobasso, Gli strumenti di finanziamento le obbligazioni, cit., p. 226

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essere risolto facendo leva sul suddetto elemento che, poiché tratto

essenziale del mutuo è il diritto alla restituzione, “le securities qualificate

come perpetue o irredimibili continuano ad essere prestiti, se nella sostanza

è previsto che esse debbano essere rimborsate al verificarsi della

liquidazione della società”.

In base alle istruzioni che la Banca d’Inghilterra emanò nel 1986

consentendo agli emittenti di debiti perpetui di sostituire, alla clausola di

conversione obbligatoria effettiva, una diversa clausola di conversione

convenzionale, lo strumento ibrido viene così a rappresentare un diritto del

titolare al pagamento periodico di interessi ed alla restituzione del capitale

solo in fase di liquidazione dell’ente. Ed è proprio per questo motivo che

questo tipo di security, in genere detta capital security si qualifica come

irredimibile o perpetua.

La pretesa è tuttavia subordinata al massimo grado20, nel senso che non è

assistita da alcuna garanzia, se non quella della decadenza dal beneficio

del termine per il caso di mancato pagamento, una o più volte, degli

interessi maturati e può essere soddisfatta solo dopo che tutti gli altri

creditori della società siano stati integralmente pagati e sempre che le

perdite non eccedano un determinato ammontare. In questa evenienza

operano infatti meccanismi di conversione automatica (effettiva o

nota l che “per quanto riguarda la durata del prestito obbligazionario, la possibilità di emettere obbligazioni irredimibili è pacificamente ammessa nell'ordinamento inglese e d'altro canto nulla osta negli altri ordinamenti a che il termine di durata sia commissariato all'attuale durata della società”. 20 Si legge così, nei regolamenti di emissione, che “the rights of the trustee, the bondholders and the couponholders in respect of the principal of and the interest on the bonds and under the guarantee thereof are subordinated to the claims of all senior creditors [...]”. Si noti peraltro che i portatori di capital securities sono creditori di ultimo grado anche quando la società abbia emesso altre subordinated debt securities, le quali normalmente rappresentano pretese sì subordinate ma di grado precedente.

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convenzionale) dello strumento in azione se la società non provvede al

ripianamento delle perdite.

Ciò non di meno al titolare dello strumento è pur sempre riconosciuto - a

differenza di quanto sembrano invece prevedere in Italia le Istruzioni di

vigilanza della Banca d’Italia il diritto di chiedere la dichiarazione di

fallimento dell'ente per il caso di insolvenza e inadempimento dell'obbligo

di pagamento degli interessi. Ciò che, come vedremo nel seguito, non

sembra privo di rilievo ai fini della qualificazione giuridica.

Negli Stati Uniti un ibrido corrispondente alle perpetual notes ha avuto

qualche successo, ai fini del finanziamento dell'industria bancaria, nello

stesso arco di tempo in cui esso è comparso e ha ricevuto regolamentazione

nel Regno Unito. Qui ha tuttavia assunto, almeno inizialmente, la forma di

perpetuai preferred stock e dunque, secondo le nostre categorie, natura di

capitale di rischio.

Meno frequenti, seppur non del tutto assenti, erano anche allora i casi di

irredeemable annuities, i quali, come le perpetuai notes, si presentano come

bonds la cui scadenza coincide con la data di liquidazione della società.

Altri strumenti ibridi presenti già da tempo negli Stati Uniti sono i trust

preferred securities che hanno progressivamente preso il posto delle

perpetual preferred shareres. Si tratta di corporate securities che hanno

caratteristiche comuni sia alle preferred stock sia alle corporate debt

securities. Infatti, pur nell'ampia varietà di forme da esse assunte nella

pratica (conseguenza dell'ampia libertà di regolamentazione rimessa

all'autonomia negoziale negli Stati Uniti), queste securities consistono

essenzialmente in ciò: l'emittente è un trust o una società veicolo allo

scopo costituita (la quale può avere indifferentemente la forma di

corporation o di partnership) che, a fronte del collocamento di titoli

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“partecipativi” (necessariamente diversi dalle azioni), raccoglie attività

finanziarie che a sua volta presta, sottoscrivendo un prestito

obbligazionario a lungo termine munito di clausola di subordinazione, alla

società beneficiaria della complessiva operazione di finanziamento.

Le obbligazioni da quest'ultima emesse, le quali possono essere o non

essere convertibili, sono strutturate in modo tale da consentire al trust o

alla società veicolo di servirsi degli interessi e, alla scadenza, della quota

capitale al fine di onorare gli impegni “incorporati” nei titoli da essi stessi

emessi.

Le obbligazioni hanno durata di 30 anni, normalmente rinnovabile di altri

19 (ma l'obbligazione assume talora carattere perpetuo quando l'emittente

non è una società statunitense). I titoli emessi dal trust o dalla società

veicolo sono riscattabili alla scadenza del sottostante prestito

obbligazionario (o in ipotesi di sua estinzione anticipata) e, a somiglianza

delle preferred shares, presentano clausole di interest deferral fino a un

massimo di 5 anni per il caso di mancato conseguimento di utili

distribuibili di periodo.

La particolare convenienza dell' operazione per gli emittenti va

rinvenuta sia nel fatto che, fiscalmente, gli interessi pagati dalla società

beneficiaria sono oneri deducibili, sia nella circostanza che le società di

rating considerano questi strumenti equity like.

Per questo dal 1996 negli Stati Uniti vennero ampliamente emesse capital

securities, spesso in luogo del perpetual preferred stock. Esse devono

tuttavia prevedere un differimento, per un periodo della durata minima di

cinque anni consecutivi, nella distribuzione di utilità ai possessori delle

preferred securities e si richiede che il prestito obbligazionario sia

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subordinato ad ogni altro debito subordinato della società bancaria e che

esso abbia la più lunga durata possibile.

L'arbitraggio finanziario consente alle parti di modellare secondo le

singole esigenze del caso concreto il contenuto contrattuale della relazione

di finanziamento,superando agevolmente, specie quanto alla componente

patrimoniale e reddituale della “partecipazione”, le eventuali indesiderate

esternalità derivanti da scelte regolamentari.

Anche gli “ibridi debt/equity” non costituiscono naturalmente un

trovato della sola fantasia finanziaria anglosassone. Gli ordinamenti

continentali conoscono infatti da tempo per effetto della già rilevata, e

“antica”, circolarità dei modelli - strumenti “ibridi” di finanziamento

suscettibili di cartolarizzazione. Con una differenza però: che essi, in questi

ordinamenti, tendono a ricevere una collocazione sistematica autonoma e

una tipizzazione,seppur minima, sia rispetto al capitale sia rispetto al debito

vero e proprio.

In Francia le loro caratteristiche principali consistono nel fatto che essi non

sono rimborsati che in sede di liquidazione dell'ente, dopo il pagamento di

tutti gli altri creditori; attribuiscono sotto il profilo amministrativo

essenzialmente diritti d'informazione e dal punto di vista patrimoniale

riconoscono al titolare: (i) sia una ,partecipazione agli utili; (ii) sia un

diritto alla quota di liquidazione, subordinatamente peraltro al pagamento

di tutti i creditori sociali, ivi compresi i prestiti partecipativi.

Del fatto che questi certificati di partecipazione equivalessero o meno

all’acquisto di azioni se ne è occupata anche la Commissione dell’Unione

Europea, stabilendo, nel caso Swissair, che tali certificati non

comporteranno alcun diritto di voto, ne conferiranno ai loro detentori alcun

diritto ad una quota delle attività residue dell’impresa in caso di

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liquidazione; in tal caso essi andranno rimborsati al loro prezzo originario

prima che si proceda ad un qualsiasi rimborso del capitale azionario.

La Commissione è inoltre del parere che tali certificati speciali di

partecipazione costituiscano sostanzialmente una forma di capitale di

credito e non un capitale proprio.

Seguendo (in qualche misura) questi modelli stranieri l'ordinamento

interno, come si è detto, ha visto comparire nella pratica diverse fattispecie

di titoli ibridi21. Tra questi particolare rilevanza sistematica spetta a quelli

che il legislatore ha ritenuto di “tipizzare” con riguardo al settore bancario -

all'art. 12, ultimo comma testi unico bancario i titoli, che possono assumere

per espressa previsione anche la forma di obbligazioni, rappresentativi di un

prestito subordinato irredimibile.

Come è stato correttamente rilevato, l'adozione della categoria, in

adempimento degli impegni comunitari derivanti dalla direttiva

89/299/CEE, riflette l'adozione di un concetto “materiale di capitale

proprio”, in quanto si riconosce l'esistenza di forme di finanziamento

(caratterizzate da un minimo di durata) da parte di terzi. I tratti tipologici

della fattispecie sono fissati nelle vigenti Istruzioni di vigilanza della Banca

d'Italia al Titolo V, capitolo 3:

21 Sulla “prima” stagione dei titoli “atipici”, rappresentativi spesso di un’associazione in partecipazione in iniziative immobiliari, cfr. supra, nota 10. Sulle peculiari «quote» di partecipazione emesse dalle Casse di Risparmio, cfr. innanzitutto R. Costi, Per la riforma delle Casse di Risparmio: le indicazioni della Banca d'Italia, in “Giur. comm.”, 1982,I, p. 283e Id., La riforma delle Casse di Risparmio: problemi giuridici. ivi, 1982, I,p. 456 e quindi, per la conclusione della vicenda, Cass., sez. un., 27 .10.1994, n. 8836 in “Banca, borsa e tit. cred.”, 1995, II, p. 526 con nota di R.Lener (e ivi gli altri riff): e si noti che qui la Suprema Corte ha ritenuto giustificata dalla particolare natura “partecipativa” delle quote la durata perpetua delle stesse.

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prestiti irredimibili […] sono passività il cui contratto prevede le seguenti

condizioni:

a) in caso di perdite di bilancio, le somme rinvenienti dalle suddette

passività e dagli interessi maturati possono essere utilizzate per far fronte

alle perdite, al fine di consentire all'ente emittente di continuare l'attività;

b) in caso di andamenti negativi nella gestione, può essere sospeso il

diritto alla remunerazione nella misura necessaria a evitare o a limitare il

più possibile l'insorgere di perdite;

c) in caso di liquidazione dell' ente emittente, il debito può essere

rimborsato solo dopo che siano stati soddisfatti tutti gli altri ereditari non

egualmente subordinati.

A differenza che nelle precedenti Istruzioni, la Banca d'Italia, ha qui

dovuto, sulla spinta della prassi, ulteriormente approfondire la distinzione

tra “equity” e “quasi equity” distinguendo, anche in punto di disciplina, gli

ibridi di patrimonializzazione indicati dagli “strumenti innovativi di

capitale”, intendendo per tali quei titoli “quali le preference shares” che

“sono titoli emessi da controllate estere incluse nel gruppo bancario” e che,

per la loro prevalente componente “equity” sono computati, per intero, nel

patrimonio di base e non già, come gli ibridi di patrimonializzazione, in

quello supplementare.

La Banca d'Italia ha in particolare precisato che gli strumenti innovativi

di capitale, per poter essere computati a patrimonio, devono: essere

irredimibili. L'eventuale facoltà di rimborso da parte dell’emittente non può

essere prevista prima che siano trascorsi 10 anni dall' emissione; il rimborso

deve essere preventivamente autorizzato dalla Banca d'Italia;

prevedere eventuali clausole di revisione automatica del tasso di

remunerazione (c.d. step up) solo dopo 10 anni di vita del prestito;

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l'ammontare dello step up non può eccedere, alternativamente, i 100 punti

base oppure il ,50% dello spread rispetto alla base di riferimento al netto del

differenziale tra la base di riferimento iniziale e quella sulla quale si calcola

l'aumento di tasso;

prevedere la possibilità di non corrispondere gli interessi ai detentori dei

titoli se, nell' esercizio precedente, la banca che controlla direttamente o

indirettamente la società emittente non ha avuto profitti distribuibili e/o non

ha pagato dividendi agli azionisti, ordinari e di risparmio;

gli interessi non possono essere cumulabili: qualora non siano pagati, il

diritto alla remunerazione è perso definitivamente;

prevedere che in caso di liquidazione della banca, i possessori dei titoli,

privilegiati rispetto ai detentori di azioni ordinarie e di risparmio, devono

essere subordinati a tutti gli altri creditori;

essere assistiti da apposito contratto, detto di on lending, che determini

il trasferimento delle somme raccolte alla banca a condizioni analoghe a

quelle previste per l'emissione.

Tutto questo ha il merito di evidenziare come la risposta regolamentare,

quand'anche comporti la definizione di condizioni legali per il

riconoscimento di determinati effetti sul piano della disciplina, non debba

(e non possa) più muovere da una prospettiva tipizzante e costrittiva che

disconosca l' elasticità delle fattispecie sia azionarie sia obbligazionarie.

In questo senso l’aggiornamento delle Istruzioni di vigilanza aiuta a

illuminare il tema degli ibridi di patrimonializzazione: spesso muovendo

dal presupposto (in verità coerente con la concezione tipizzante del codice

del 1942 ma per vero non altrettanto coerente con le indicazioni che

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vengono dall'esperienza finanziaria internazionale, fortemente

condizionata dal modello concettuale anglosassone) che in tanto gli ibridi

siano ammissibili in quanto in difetto di tipizzazione legale risultino

riconducibili a un rapporto contrattuale sottostante tipico, seppur diverso

dal conferimento e dal prestito.

Questa prospettiva ricostruttiva sembra a sua volta aver risentito

dell'ambiguità della disciplina regolamentare dettata dalla Banca d'Italia.

Questa infatti, nel definire gli ibridi di patrimonializzazione, non sembra

aver attribuito particolare significato sistematico alla circostanza che invece

appare rilevante nell'esperienza della piazza londinese che il titolare dei

perpetuals (o il trustee) conserva in genere il diritto di chiedere la

liquidazione dell' ente per il caso di mancato pagamento degli interessi

dovuti da parte della banca; ciò almeno fin tanto che non scatti il

meccanismo di conversione automatica convenzionalmente pattuito, anche

per gli strumenti, di diritto italiano22 sulla falsariga delle c.d. deeming

provisions.

Non si nega certo che il “tipo” dell'associazione in partecipazione o

della cointeressenza possa in molte situazioni essere di ausilio nella

definizione del regime giuridico degli “ibridi”, specie in quei casi in cui essi

come accade ai prestiti irredimibili definiti dalla Banca d'Italia più si

allontanano dal debito pur senza sconfinare in una situazione azionaria.

22 Cfr. Galletti, «elasticità» della fattispecie obbligazionaria, cit., p.272. La convinzione dell'ammissibilità di clausole di conversione automatica non sembra possa ritenersi messa in discussione dall'orientamento manifestato, in tutt'altro contesto, dalla CONSOB, laddove essa ha ritenuto inammissibili previsioni statutarie di conversione automatica delle azioni di risparmio in azioni ordinarie in occasione del lancio di un'offerta pubblica (cfr. “CONSOB informa”, n. 31 del2 agosto 1999). La CONSOB è infatti pervenuta alla detta conclusione svolgendo considerazioni in ordine all'obiettivo di facilitazione della contendibilità del controllo, che non hanno qui modo di operare.

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Non sembra che da ciò possa desumersi la generale riconduzione degli

ibridi alla fattispecie dell' associazione in partecipazione, non fosse altro

perché, a seconda della concreta conformazione dei diritti patrimoniali e

amministrativi nel singolo caso, da un lato vi sono ibridi, quali i perpetuals

nella loro “originaria” e tuttora diffusa versione londinese23, che

mantengono natura (sia pure sui generis) di debito e dall' altro lato vi sono

ibridi nei quali l'apporto è imputato a capitale e che dunque sono assumibili

nel tipo

azionario (da noi, oggi, nella categoria delle azioni di risparmio, intesa

come categoria tipica a contenuto atipico).

In una prospettiva orientata alla regolazione, d'altronde, più di una

perplessità sembrerebbe esservi circa l'opportunità di scelte regolatorie che

non si limitassero a riconoscere l'esistenza di strumenti finanziari

partecipativi e non partecipativi intermedi tra azioni e obbligazioni - in

certo qual modo ponendo rimedio alla solo limitata disponibilità del trust

negli ordinamenti continentali per modulare la fattispecie di finanziamento

ma intendessero fare ampiamente leva sul contratto di associazione in

partecipazione per definire il contenuto di tutte le fattispecie “ibride” di

finanziamento.

Ciò non tanto per il rilievo sistematico pur autorevolmente avanzato, ma in

genere giustamente ritenuto superabile secondo cui “il modello

dell'associazione in partecipazione sarebbe naturalmente funzionale a

vicende nelle quali il rapporto tra le parti resta personalizzato, sicché il

risparmiatore che investe (vuole e) può altrimenti, ed efficacemente,

tutelarsi” mentre non sembra essere disponibile per “l'offerta alla massa

23 cfr. Vanoni, I crediti subordinati, cit., pp. 99 ss.

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della partecipazione al capitale di rischio o di credito coinvolto in un affare

o in un impresa, nella cui gestione non si possa minimamente intervenire e

con margine di perdita limitato all'investimento effettuato” perché tale

risultato è “ordinato nel codice con gli schemi questa volta tipici delle

azioni di accomandita per azioni o dei titoli obbligazionari”; ma piuttosto

perché un simile atteggiamento, pur correttamente rivendicando

“l'elasticità” della fattispecie obbligazionaria, pretende di estendere i limiti

della fattispecie non con un ampio richiamo al free bargaining (rimettendo

dunque alle parti ampi poteri dispositivi nella definizione del contenuto

della categoria azionaria e obbligazionaria e per le aree più marcatamente

ibride definendo una terza fattispecie residuale a contenuto “atipico”), ma

con l'utilizzo di un (ulteriore) schema tipico: l'atipico si farebbe dunque

tipico tramite altre figure tipiche (quelle dell'associazione in

partecipazione o quelle dell'interessenza). Ciò che in verità non sembra

assecondare adeguatamente i bisogni dell'economia, perché vale per sua

natura a reiterare solo contenuti predeterminati e sottrae l'opportunità alla

pratica di sviluppare liberamente nuovi strumenti.

Con il D.Lgs. n. 6/200324 il legislatore italiano pone mano al tema del

finanziamento delle società. Per accrescere la competitività delle società

italiane e per consentire loro un più facile accesso ai mercati, è stato

previsto un rafforzamento della struttura finanziaria delle stesse. La legge

delega stabilisce nel dettaglio i criteri di attuazione per singole tipologie di

società. Il legislatore ha così inteso permettere oltre all’offerta di titoli di

debito anche l’emissione di strumenti “ibridi”, che assimilano

24 Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 "Riforma organica della disciplina delle societa' di capitali e societa' cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2003 - Supplemento Ordinario n. 8

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caratteristiche economiche e giuridiche intermedie tra titoli azionari e titoli

obbligazionari e che presentano inoltre un certo grado di partecipatività

all’organizzazione corporativa delle società, ma non tale da permettere di

qualificare gli stessi come strumenti rappresentativi del capitale di rischio.

1.3 IL PROBLEMA DELLA PARTECIPATIVITÀ DEGLI STRUMENTI

FINANZIARI

L’art. 2346 c.c.25 offre la possibilità di attribuire diritti patrimoniali e

amministrativi ad alcuni strumenti finanziari: il problema consiste nel

capire se tali diritti siano attribuibili anche agli strumenti finanziari non

partecipativi o siano invece esclusivi di quelli partecipativi. Viene da

chiedersi se solo gli strumenti dotati anche dei diritti amministrativi siano

25 Art. 2346 c.c. :Emissione delle azioni. - La partecipazione sociale è rappresentata da

azioni; salvo diversa disposizione di leggi speciali lo statuto può escludere l'emissione dei relativi titoli o prevedere l'utilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e circolazione.

Se determinato nello statuto, il valore nominale di ciascuna azione corrisponde ad una frazione del capitale sociale; tale determinazione deve riferirsi senza eccezioni a tutte le azioni emesse dalla società.

In mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, le disposizioni che ad esso si riferiscono si applicano con riguardo al loro numero in rapporto al totale delle azioni emesse.

A ciascun socio è assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. L'atto costitutivo può prevedere una diversa assegnazione delle azioni.

In nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore all'ammontare globale del capitale sociale.

Resta salva la possibilità che la società, a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione.

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riconoscibili come strumenti partecipativi26. Come si evince dall’art. 4,

comma 6, lett. c della legge delega27 si intuisce che il legislatore volesse

riconoscere a questi ultimi la possibilità esclusiva di conferire diritti

amministrativi28.

Oggi è implicitamente abbandonato il principio di bilanciamento tra

l’aspetto amministrativo e l’aspetto patrimoniale del titolo azionario: si

abbandona il principio che subordina la limitazione del diritto di voto al

riconoscimento di un trattamento preferenziale nella partecipazione agli

utili, come pure nella rimborso del capitale in sede di liquidazione. Alla

luce di quanto detto sembra poco realistico classificare gli strumenti

finanziari sulla base della dotazione o meno di diritti amministrativi.

L’opinione prevalente è che non sia la partecipazione al rischio d’impresa

che permette di distinguere lo strumento partecipativo da quello non

partecipativo, il socio dagli altri finanziatori; è il diritto di voto a costituire

l’elemento fondamentale per distinguere i titoli partecipativi da quelli non

partecipativi. A tal fine assume particolare importanza l’art. 2365 c.c.29 che

26 Ferri jr. “Finanziamento dell’impresa e partecipazione sociale” in riv.dir.comm. 2002, 121 27 la riforma è diretta a “prevede la possibilità, i limiti e le condizioni di emissione di strumenti finanziari non partecipativi e partecipativi dotati di diversi diritti patrimoniali e amministrativi”

28 In realtà non mancano interpretazioni differenti della norma atte a garantire la più ampia autonomia statutaria nell’articolazione della disciplina del finanziamento dell’impresa. 29 Art.2365 c.c. (Assemblea straordinaria). - L'assemblea straordinaria delibera sulle modificazioni dello statuto, sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori e su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza. Fermo quanto disposto dagli articoli 2420-ter e 2443, lo statuto puo' attribuire alla competenza dell'organo amministrativo o del consiglio di sorveglianza o del consiglio di gestione le deliberazioni concernenti la fusione nei casi previsti dagli articoli 2505 e 2505-bis, l'istituzione o la soppressione di sedi secondarie, la indicazione di quali tra gli amministratori hanno la rappresentanza della societa', la riduzione del capitale in caso di

23

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individua nell’assemblea straordinaria l’organo sociale deputato a prendere

decisioni in merito al finanziamento dell’impresa. Pertanto nel momento in

cui un dato finanziamento, tra le altre facoltà, dovesse conferire al titolare

dello stesso anche il diritto di voto nell’assemblea straordinaria, il titolo in

esame è da considerarsi partecipativo. Il finanziamento dello stesso sarà un

finanziamento societario e il relativo titolare dovrà essere qualificato socio

a tutti gli effetti di legge.

Contenuto degli strumenti finanziari

In materia di conferimenti, per quanto riguarda i titoli azionari30, il

legislatore introduce il principio della disponibilità tra i soci del rapporto tra

valore del singolo conferimento e quantità delle azioni da ciascuno di essi

possedute. La non necessaria proporzionalità tra conferimento e numero

delle azioni attribuite al singolo conferente amplia l’autonomia negoziale

dei soci. Tale impostazione permette una maggiore tutela degli apporti del

socio che non possono essere imputati al capitale sociale, ma che comunque

avvantaggiano la società. Ancora oggi sembra che per i titoli azionari, i beni

conferibili restino circoscritti al denaro, ai beni in natura e ai crediti (art.

2342 c.c.31).

recesso del socio, gli adeguamenti dello statuto a disposizioni normative, il trasferimento della sede sociale nel territorio nazionale. Si applica in ogni caso l'articolo 2436. 30 Da “Le Società”N.8/2004 Gli strumenti finanziari alla luce della riforma del diritto societario di Sergio Perugino. 31 Art.2342 c.c. (Conferimenti). - Se nell'atto costitutivo non e' stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in danaro. Alla sottoscrizione dell'atto costitutivo deve essere versato presso una banca almeno il venticinque per cento dei conferimenti in danaro o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare. Per i conferimenti

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Nell’art. 2346 c.c.32 il legislatore è chiaramente intenzionato ad annoverare

tra i beni conferibili anche “opere e servizi”, ai fini dell’emissione di altri

strumenti finanziari. Ciò lascia supporre che i possibili conferimenti in

relazione agli altri strumenti finanziari comprendano una categoria di beni

sicuramente più ampia rispetto a quella prevista per le azioni e per le

obbligazioni.

1.4 DIRITTI PATRIMONIALI

In tema di diritti particolari attribuibili alle azioni si ravvisa la possibilità,

prevista dall’art. 2350, commi 2 e 3 c.c., che la società, fatto salvo quanto

di beni in natura e di crediti si osservano le disposizioni degli articoli 2254 e 2255. Le azioni corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione. Se viene meno la pluralita' dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro novanta giorni. Non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di opera o di servizi. 32 Art.2346 c.c. (Emissione delle azioni). - La partecipazione sociale e' rappresentata da azioni; salvo diversa disposizione di leggi speciali lo statuto può escludere l'emissione dei relativi titoli o prevedere l'utilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e circolazione. Se determinato nello statuto, il valore nominale di ciascuna azione corrisponde ad una frazione del capitale sociale; tale determinazione deve riferirsi senza eccezioni a tutte le azioni emesse dalla società. In mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, le disposizioni che ad esso si riferiscono si applicano con riguardo al loro numero in rapporto al totale delle azioni emesse. A ciascun socio e' assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. L'atto costitutivo può prevedere una diversa assegnazione delle azioni. In nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore all'ammontare globale del capitale sociale. Resta salva la possibilità che la società, a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione.

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previsto dall’art. 2447 bis, possa emettere azioni fornite di diritti correlati ai

risultati dell’attività sociale in un determinato settore33, con il limite

dell’impossibilità di distribuire utili in mancanza degli stessi in bilancio e

quindi con il conseguente rinvio della distribuzione nel periodo successivo

alla sua approvazione.

Per quanto riguarda le obbligazioni si evince dall’art. 241134 c.c. che il

credito degli obbligazionisti alla restituzione del capitale e agli interessi può

essere in tutto o in parte subordinato alla soddisfazione dei diritti di altri

creditori della società. I tempi e le modalità di rimborso del capitale e del

pagamento degli interessi possono subire delle variazioni in ragione di

parametri oggettivi legati anche alla performance economica dell’azienda.

Viene estesa anche l’entità massima di obbligazioni che l’impresa può

emettere, così come previsto dall’art. 2412 c.c.35, evidenziando la volontà

33 Da “Le Società”N.8/2004 Gli strumenti finanziari alla luce della riforma del diritto societario di Sergio Perugino. 34 2411. - Deposito e iscrizione della deliberazione Il notaio che ha verbalizzato la deliberazione dell'assemblea, entro trenta giorni, verificato l'adempimento delle condizioni stabilite dalla legge, ne richiede l'iscrizione nel registro delle imprese contestualmente al deposito e allega le eventuali autorizzazioni richieste. L'ufficio del registro delle imprese, verificata la regolarità formale della documentazione, iscrive la delibera nel registro. Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge, ne dà comunicazione tempestivamente, e comunque non oltre il detto termine, agli amministratori. Gli amministratori, nei trenta giorni successivi e, in mancanza, ciascun socio a spese della società, possono ricorrere al tribunale per il provvedimento di cui ai commi secondo e terzo. Tutti i termini previsti in disposizioni speciali con riferimento all'omologazione della delibera decorrono dalla data dell'iscrizione nel registro delle imprese. Comma così sostituito ex art. 32, l. 24-11-2000, n. 340 Il tribunale, verificato l'adempimento delle condizioni richieste dalla legge e sentito il pubblico ministero, ordina l'iscrizione (2) nel registro delle imprese. Il decreto del tribunale è soggetto a reclamo davanti alla corte di appello entro trenta giorni dalla comunicazione. La deliberazione non può essere eseguita se non dopo l'iscrizione. 35 Art.2412 c.c. (Limiti all'emissione). - La societa' puo' emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato. I

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del legislatore di assottigliare la linea di confine tra capitale di rischio e

capitale di credito36.

1.5 DIRITTI AMMINISTRATIVI

Per quanto riguarda i diritti amministrativi diversi dal diritto di voto di

cui si è detto in precedenza, il nuovo art. 2348, comma 2, c.c., stabilisce che

“si possono tuttavia creare con lo statuto o con successive modificazioni di

questo, categorie di azioni fornite di diritti diversi anche per quanto

concerne l’incidenza delle perdite. In tal caso la società, nei limiti imposti

dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle

varie categorie”.

Per quanto riguarda gli strumenti finanziari, ai possessori di tali

strumenti sembra preclusa la possibilità di partecipare all’assemblea degli

sindaci attestano il rispetto del suddetto limite.Il limite di cui al primo comma puo' essere superato se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da parte di investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali. In caso di successiva circolazione delle obbligazioni, chi le trasferisce risponde della solvenza della societa' nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali. Non e' soggetta al limite di cui al primo comma, e non rientra nel calcolo al fine del medesimo, l'emissione di obbligazioni garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprieta' della societa', sino a due terzi del valore degli immobili medesimi. Il primo e il secondo comma non si applicano all'emissione di obbligazioni effettuata da societa' le cui azioni siano quotate in mercati regolamentati, limitatamente alle obbligazioni destinate ad essere quotate negli stessi o in altri mercati regolamentati. Quando ricorrono particolari ragioni che interessano l'economia nazionale, la societa' puo' essere autorizzata con provvedimento dell'autorita' governativa, ad emettere obbligazioni per somma superiore a quanto previsto nel presente articolo, con l'osservanza dei limiti, delle modalita' e delle cautele stabilite nel provvedimento stesso. Restano salve le disposizioni di leggi speciali relative a particolari categorie di societa' e alle riserve di attivita'. 36 M.Notari,”Azioni e strumenti fianziari:confini delle fattispecie e profili di disciplina”,in Banca,Borsa tit.cred.2004

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azionisti (art. 2346, comma 637, art. 2349, comma 238). Per quanto riguarda

gli altri diritti amministrativi, il legislatore sembra voler lasciare ampio

margine di manovra: possibilità di ispezionare i libri sociali, di richiedere

relazioni all’organismo amministrativo, di intervenire nelle assemblee, di

votare su argomenti specificamente indicati (art. 2351, ultimo comma).

CONSIDERAZIONI

37 Art.2346 c.c. (Emissione delle azioni). - La partecipazione sociale e' rappresentata da azioni; salvo diversa disposizione di leggi speciali lo statuto puo' escludere l'emissione dei relativi titoli o prevedere l'utilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e circolazion.Se determinato nello statuto, il valore nominale di ciascuna azione corrisponde ad una frazione del capitale sociale; tale determinazione deve riferirsi senza eccezioni a tutte le azioni emesse dalla societa'. In mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, le disposizioni che ad esso si riferiscono si applicano con riguardo al loro numero in rapporto al totale delle azioni emesse. A ciascun socio e' assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. L'atto costitutivo puo' prevedere una diversa assegnazione delle azioni. In nessun caso il valore dei conferimenti puo' essere complessivamente inferiore all'ammontare globale del capitale sociale. Resta salva la possibilita' che la societa', a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalita' e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione. 38 Art.2349 c.c. (Azioni e strumenti finanziari a favore dei prestatori di lavoro). - Se lo statuto lo prevede, l'assemblea straordinaria puo' deliberare l'assegnazione di utili ai prestatori di lavoro dipendenti delle societa' o da societa' controllate mediante l'emissione, per un ammontare corrispondente agli utili stessi, di speciali categorie di azioni da assegnare individualmente ai prestatori di lavoro, con norme particolari riguardo alla forma, al modo di trasferimento ed ai diritti spettanti agli azionisti. Il capitale sociale deve essere aumentato in misura corrispondente.L'assemblea straordinaria puo' altresi' deliberare l'assegnazione ai dipendenti della societa' o di societa' controllate di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, forniti di diritti patrimoniali o diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti. In tal caso possono essere previste norme particolari riguardo alle condizioni di esercizio dei diritti attribuiti, alla possibilita' di trasferimento ed alle eventuali cause di decadenza o riscatto.

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Perché il debito di mercato sostituisca i prestiti bancari serve un elevato

livello dell’informazione societaria, tanto più che oggetto della riforma

sono emittenti piccoli e medi. La depenalizzazione e la riduzione delle

sanzioni per reati connessi alla corretta e completa informativa sociale non

vanno nella direzione dell’incentivazione degli strumenti finanziari

alternativi al credito. Vi sono poi problematiche relative alla tutela degli

investimenti connessi all’emissione di questi strumenti, nonché al

ripensamento delle azioni al risparmio per le s.p.a. quotate in borsa39.

1.6 IL MEZZANIN FINANCE E LA RIFORMA DEL DIRITTO SOCIETARIO

In questi ultimi anni, gli scambi di prodotti finanziari innovativi si

sono fortemente sviluppati nei mercati borsistici40 .

Nuovi tipi di contratti vengono frequentemente proposti dagli operatori, a

servizio delle esigenze di diversificazione dei rischi, assecondando il

processo di globalizzazione dei mercati finanziari.

I profili di rischio/rendimento dei prodotti derivati, sia a livello macro che

microeconomico sono complessi e richiedono particolare attenzione.

Da qui la necessità di gestione unitaria del rischio da parte degli

intermediari finanziari e di forme di controllo coordinato, cui sollecitano

anche le direttive recentemente emanate dalle Autorità di Vigilanza41.

39 Da “Le Società”N.8/2004 Gli strumenti finanziari alla luce della riforma del diritto societario di Sergio Perugino. 40 Tratto dall’introduzione di Luigi Arcuti al testo “Strumenti Finanziai innovativi e profili di Rischio” Gruppo IMI edizioni Il Sole 24 Ore 41 Tratto da”Strumenti finanziari innovativi e profili di rischio” a cura di Ranier S. Masera e Marcello Mentini, Finanza ed industria collana IMI-Il Sole 24 Ore Libri

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Va osservato al riguardo che per molti intermediari tali riflessioni

vengono sempre più stimolate dalle modifiche intervenute negli anni più

recenti nella struttura stessa del loro bilancio, in cui le partite off-balance

tendono a pareggiare se non a superare le più tradizionali attività on-

balance. Tutte comunque devono essere ricomprese tra le poste di

bilancio, superando la dicotomia42 on-off, che non ha più ragion d'essere.

Il problema che si pone non è quindi puramente finanziario ma investe

l'esatta misurazione del merito di credito e del relativo rischio. Tale

valutazione risulta peraltro alquanto complessa, in quanto il rapporto

bilaterale che si crea tra due controparti crea, a sua volta, una catena di

interrelazioni con altri intermediari, che tende ad amplificare

considerevolmente la dimensione delle relative esposizioni creditizie.

La salvaguardia della stabilità del sistema finanziario, nel rispetto

dell'autonomia e dell'efficienza degli enti creditizi, è compito prioritario

delle Autorità di Vigilanza, che tendono a determinare dei ratios

patrimoniali in relazione alle diverse configurazioni assunte dal rischio.

Allo stesso tempo gli intermediari creditizi e finanziari affinano la

formulazione di prodotti sempre nuovi e modificano così in continuazione il

peso del rischio e le relative tecniche di valutazione e controllo. In questo

gioco, che nasce come noto dalle esigenze finanziarie sempre più sofisticate

di diversi soggetti, entrano anche operatori non bancari e società finanziarie

di tanti livelli, spesso facenti parte di gruppi creditizi diversificati43.

42 Divisione in due parti, separazione tra due elementi; divisione di un concetto in due parti, solitamente contrarie 43 A tale proposito, risulta di primaria importanza la considerazione, da parte di ciascun operatore, non solo del suo return-on-equity, ma anche del più innovativo concetto del return-on-risk; in ogni caso, è opportuno che vengano imposte delle regole prudenziali per evitare di giungere al point of no return.

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In sintesi, risulta oggi evidente che in questo campo di attività sempre più

innovative e sofisticate, in cui progressi telematici e la caduta delle barriere

ai movimenti internazionali dei capitali tendono a stimolare lo sviluppo

continuo di nuove tecniche, si può continuare a operare con successo solo

se si ha competenza analitica, preparazione professionale, contezza del

limite dei propri poteri, e una attenta valutazione del merito di credito delle

controparti44.

Il forte sviluppo delle operazioni di ristrutturazione (corporate

restructuring) di imprese commerciali e industriali verificatosi nel mondo

anglosassone nel corso degli anni ottanta ha portato con sé numerose

innovazioni finanziarie. Fra queste ultime un ruolo indubbiamente

particolare, specie per il potenziale utilizzo in altre tipologie di operazioni

finanziarie, è stato svolto dal debito mezzanino o capitale intermedio

(“mezzanine debt” o “intermediate capital”), uno strumento di

finanziamento che ha trovato larga diffusione nelle operazioni di leverage

buy-out e management buy-out 45, sia inizialmente negli Stati Uniti, sia

successivamente in Gran Bretagna.

Tale strumento ha invece finora riscontrato minore sviluppo nei paesi

dell'Europa continentale, dove solo a partire dalla fine del decennio scorso

ha cominciato a trovare applicazione in operazioni di acquisizione e

ristrutturazione finanziaria di imprese industriali e commerciali di alcuni

paesi46.

Il debito mezzanino47 è uno strumento finanziario che si colloca in una

44 Tratto da”Strumenti finanziari innovativi e profili di rischio” a cura di Ranier S. Masera e Marcello Mentini, Finanza ed industria collana IMI-Il Sole 24 Ore Libri 45 D’ora in poi indicati con le sigle “LBO-MBO”. 46 I paesi europei in cui viene fatto uso di questo strumento sono principalmente: Francia, Italia, Svezia, Germania e Belgio. 47 Tratto da il Mezzanine finance di Giancarlo Forestieri e Roberto Tasca

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posizione intermedia, in termini di rischio e conseguentemente di costo48,

fra il capitale di debito49 (“ senior debt”) e il capitale di rischio (“ equity”).

Tale posizione intermedia deriva dal fatto di essere, in forme e misure

differenti, subordinato al debito senior in sede di rimborso delle quote

capitale durante la gestione ordinaria dell'impresa mutuataria e/o di

liquidazione in caso di insolvenza dell'emittente.

Nonostante i vantaggi che il debito mezzanino presenta per investitori,

emittenti e altre categorie di finanziatori (senior lenders ed equity investors)

di un'impresa, e l'ampia gamma di situazioni nelle quali esso avrebbe

potenziale applicazione, tale strumento ha finora trovato una diffusione

relativamente limitata nel mercato europeo, specie al di fuori delle

operazioni di LBO/ MBO50. Ciò è in parte legato a problemi di carattere

istituzionale, relativi alla diversa configurazione dei sistemi finanziari

europei e anglosassoni, e a problemi di carattere strettamente tecnico, quali

l'eccessiva rigidità, in termini di rendimento, di covenants, e di richieste di

garanzie reali (security), presentata dalla maggioranza dei mezzanine

players europei51.

La struttura tecnica adottata dai finanziamenti mezzanine in numerosi casi

nel mercato europeo riflette infatti una concezione dello strumento che

potrebbe definirsi di “superloan” 52. Tale concezione distorta dello

48Inteso come rendimento atteso per l'investitore. 49 Tratto da “Corporate & Investment Banking” a cura di Giancarlo Forestieri Egea editrice 50 Leverage buy-out e management buy-out. 51 Tale rigidità ha finito per generare una percezione dello strumento, da parte delle banche commerciali e degli azionisti, più vicina a quella di capitale di debito a costo elevato, piuttosto che di capitale di rischio a basso costo. 52 Per superloan si intende una forma di prestito con rendimento e rischio più elevato, piuttosto che di effettivo capitale intermedio, capace di coniugare, mediante un elevato grado di flessibilità, i vantaggi del capitale di debito con quelli propri del capitale di rischio.

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strumento mezzanine si è inoltre riflessa in un'eccessiva enfasi posta da

parte dei finanziatori/investitori sulle garanzie reali offerte dall'impresa

finanziata. A questo proposito è opportuno segnalare fin d'ora come un

finanziamento mezzanino, per la sua stessa posizione intermedia, debba di

fatto considerarsi una forma di finanziamento cash-flow lending 53.

Un secondo tipo di problema è invece connesso alla recente situazione di

mercato che, di fronte alla contrazione dell'offerta di credito bancario nella

maggioranza dei paesi europei, ha visto un parallelo incremento dell'offerta

di capitale di rischio da parte degli equity funds, disposti a rivedere al

ribasso le proprie aspettative di rendimento, allo scopo di incrementare il

volume di investimenti. Ne è seguita una diminuzione delle opportunità di

impiego per le istituzioni specializzate nell'offerta di debito mezzanino,

costrette a competere con gli investitori in capitale di rischio per un numero

ridotto di potenziali investimenti.

Il successo registrato dal debito mezzanino nel corso dell'ultimo

decennio nei paesi anglosassoni non si è dunque tradotto, così come l'analisi

delle sue caratteristiche tecniche e dei vantaggi ad esse connessi potrebbe

logicamente far pensare, in un sostanziale ampliamento geografico e

operativo delle sue opportunità di utilizzo. La diminuzione delle operazioni

di LBO/MBO54 nei primi anni novanta si è di fatto tradotta in una

contrazione del mercato del debito mezzanino, sia nei paesi anglosassoni,

sia nei paesi dell'Europa continentale55. A tale contrazione si contrappone

53 Cash-flow lending: ossia di finanziamento basato prevalentemente sui flussi di cassa attesi dell'impresa finanziata come strumento per il rimborso delle quote d’interessi e capitale dello stesso, e non dunque su eventuali garanzie reali. 54 Leverage buy-out e management buy-out. 55 A tale proposito si veda “Gli intermediari finanziari e le operazioni di Leverage buy-out” di Pierpaolo Ferrari.

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tuttavia la recente nascita di un numero ristretto di istituzioni specializzate

nell'offerta di debito mezzanino, principalmente operanti nel mercato

britannico, le quali si propongono di estendere il campo di applicazione

dello strumento di finanziamento in esame. L'analisi della struttura

finanziaria/operativa e delle modalità gestionali di tali istituzioni presenta

dunque un notevole interesse al fine di trarre utili indicazioni di carattere

normativo per la costituzione di fondi mezzanine operanti nei paesi

dell'Europa continentale56.

Le attuali difficoltà del mercato del capitale intermedio in Europa, se

analizzate e comprese nelle loro motivazioni di fondo, possono inoltre

rappresentare un utile punto di partenza per disegnare in modo efficace le

modalità tecnico-operative e in generale la strategia di un potenziale fondo

mezzanino operante nei paesi dell'Europa continentale. Lo stato embrionale

del mercato dell'Europa continentale, infatti, se da un lato costringe a

riflettere circa le prospettive future dello stesso; dall'altro rappresenta un

vantaggio rispetto ai mercati più maturi, caratterizzati da prassi operative

ormai consolidate e diffuse, in quanto consente di disegnare le

caratteristiche tecniche dello strumento e la strategia di un potenziale fondo

mezzanino in modo da minimizzare i problemi recentemente incontrati nei

mercati più sviluppati.

La presente ricerca è suddivisa in sei parti principali.

Successivamente a questo primo capitolo ,di carattere introduttivo alla

forma dello strumento mezzanino, l'analisi si è concentrata sulle

caratteristiche tecniche e giuridiche del mezzanine finance. Si analizzano in

particolare le diverse forme che il finanziamento mezzanino può assumere,

56 Da materiale gentilmente fornito via e-mail dal prof. Giancarlo Foresteri

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sia in termini di strumenti tecnici utilizzati, sia in termini di forme di

postergazione, rendimento, scadenza, covenants e garanzie. Un'enfasi

particolare è posta sulla caratteristica di flessibilità dello strumento, legata

alla pluralità di configurazioni tecniche che esso può assumere, specie per

ciò che concerne la struttura dei flussi di cassa.

In oltre tale capitolo è altresì dedicato all'esame dei vantaggi che lo

strumento offre alle diverse parti coinvolte: investitori, imprese emittenti e

altri finanziatori dell'impresa (azionisti e creditori senior). È interessante

osservare come tali vantaggi trovino applicazione non solo nei casi di

acquisizioni caratterizzate da un elevato grado di leva finanziaria

(LBO/MBO), ma anche in numerose altre situazioni. Questo è in particolare

vero per ciò che concerne le imprese di piccole-medie dimensioni, non

quotate in borse valori, il cui ricorso al mercato dei capitali per il

finanziamento di progetti di crescita è stato, ed è tuttora, tradizionalmente

limitato nella maggioranza dei paesi dell'Europa continentale. Il secondo

capitolo esamina più in dettaglio la tipologia di imprese ideali destinatarie

dei finanziamenti mezzanine. Si illustrano in particolare, ponendosi

nell'ottica di un investitore mezzanino, le caratteristiche ideali di un'impresa

target di un investimento in capitale intermedio e i criteri economico-

finanziari che devono guidare la valutazione del merito creditizio di tale

impresa. Nell'ambito di questi ultimi, un'enfasi particolare è posta sul

concetto di “debt capacity” dell'impresa finanziata, a sua volta strettamente

connesso all'esame dei flussi di cassa attesi di quest'ultima.

Il terzo capitolo della ricerca, ponendosi nell'ottica di un potenziale

investitore in debito mezzanino, esamina il problema del pricing57.

57 Pricing inteso come il problema della determinazione del grado di rischio e del conseguente livello di rendimento atteso di un investimento mezzanino.

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Si evidenziano i problemi che emergono da un'applicazione rigida e

meccanicistica dei modelli teorici più diffusi per la valutazione delle attività

finanziarie rischiose, cercando tuttavia di trarre utili indicazioni dalle

conclusioni che essi propongono con riferimento ad altre tipologie di

attività finanziarie. Come si avrà modo di osservare, entrambe le teorie

analizzate, la teoria moderna di portafoglio e la teoria delle opzioni, sono in

grado di fornire utili indicazioni in relazione al problema del pricing di un

investimento mezzanino.

Il quinto capitolo della ricerca è dedicato all'analisi della situazione del

mercato del debito mezzanino in Europa. Si esaminano in particolare le

recenti tendenze evolutive, sia in termini di caratteristiche degli strumenti,

sia in termini di istituzioni attive in tale mercato, che hanno caratterizzato il

mercato del mezzanine financing nei primi anni novanta. Un'attenzione

particolare è posta ai problemi che attualmente caratterizzano il mercato e

che occorre tenere presente nel disegnare la struttura tecnico-operativa sia

dello strumento, sia di un potenziale fondo mezzanino destinato a operare

prevalentemente nei mercati dell'Europa continentale.

Ponendosi più direttamente dal punto di vista di una costituenda

istituzione specializzata nell'investimento in capitale intermedio in Europa,

il sesto capitolo esamina le possibili configurazioni giuridiche che il fondo

potrebbe assumere in quattro paesi: Italia, Francia, Regno Unito,

Lussemburgo58.

L'opportunità delle diverse alternative viene valutata soprattutto in base

58 Le motivazioni della scelta di questi paesi sono diverse: Francia e Italia vengono analizzate in quanto mercati dell'Europa continentale più sviluppati per ciò che concerne l'utilizzo del debito mezzanino; il Lussemburgo è stato scelto soprattutto per ragioni di tipo fiscale, in quanto in questo paese la normativa dei fondi e delle società di investimento è molto favorevole; il Regno Unito, infine, è stato preso in considerazione in quanto sede di istituzioni finanziarie specializzate nell'offerta di finanziamenti mezzanine.

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al trattamento fiscale previsto dai vari ordinamenti. Nell'analisi si

esaminano anche i vantaggi in termini di flessibilità al momento della

sottoscrizione la possibilità di ricorrere a forme di debito piuttosto che

unicamente a capitale proprio e quelli legati al grado di autonomia -

l'opportunità di aumentare liberamente il capitale del fondo che tali

alternative offrono.

Infine nel sesto capitolo si analizza la possibilità di sfruttare uno

strumento alternativo al finanziamento Mezzanino,ma comunque legato ad

esso,configurando l’utilizzazione di un finanziamento in forma di project

financing.

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Capitolo 2 MEZZANINE FINANCE: CARATTERISTICHE

DELLO STRUMENTO

SOMMARIO: 2.1 Struttura di un finanziamento mezzanino, 2.2 Forme di postergazione, 2.3 Rendimento, 2.4 Scadenza, 2.5 Covenants, 2.6 Tecniche di emissione e di negoziazione sui mercati primario e secondario.

2.1 STRUTTURA DI UN FINANZIAMENTO MEZZANINO

Il mezzanine financing rientra nella categoria degli strumenti finanziari

partecipativi venutasi a creare con la nuova formulazione dell’art. 2346 c.c.

Il legislatore, in coerenza anche con quanto previsto dall’art. 4, co. 2, lett. a,

d.lgs. n. 366/01, ha inteso garantire alla categoria degli strumenti finanziari

parteciapativi, e quindi anche al finanziamento mezzanino la più ampia

autonomia statutaria. Con il termine “mezzanine financing” o “intermediate

capital” si fa generalmente riferimento a un insieme di strumenti finanziari

che presentano caratteristiche tecniche differenti. In generale è possibile

identificare, nell'ambito di un finanziamento mezzanino, due componenti

distinte: il debito subordinato, che generalmente presenta la forma di un

vero e proprio prestito, caratterizzato da un tasso di interesse fisso o

indicizzato a un parametro di mercato emesso mediante ricorso alla tecnica

del private placement; ed il cosiddetto “equity kicker”, che consente

all'offerente debito mezzanino di beneficiare di eventuali apprezzamenti del

valore di mercato del capitale di rischio dell'impresa finanziata.

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La seconda componente è generalmente rappresentata da warrants o da

opzioni call sui titoli rappresentativi del capitale di rischio dell'impresa

finanziata, con un prezzo di esercizio calcolato in modo da soddisfare le

esigenze di rendimento dei sottoscrittori di debito subordinato,

compatibilmente con il grado di rischio assunto. I warrants hanno

generalmente una scadenza media di circa dieci anni, anche se l'orizzonte

temporale di esercizio dei warrants (“exit horizon”) è generalmente molto

inferiore, compreso fra tre e sei anni.

Associata alla seconda componente, l'equity kicker nella forma di

warrants, vi è spesso un'opzione put, connessa dall'impresa finanziata

all'investitore mezzanino, che consente a quest'ultimo di cedere i warrants

prima della scadenza (generalmente al termine del quarto anno) a un prezzo

di esercizio predeterminato, funzione del reddito operativo o del cash-flow

operativo dell'impresa (solitamente un multiplo di una delle due variabili).

A fronte della concessione di tale opzione put, l'impresa finanziata ottiene

generalmente l'opzione call, esercitabile un anno dopo la scadenza

dell'opzione put, che consente alla stessa di riacquistare prima della

scadenza i warrants emessi, a un prezzo di esercizio anch'esso

predeterminato.

Le due componenti di un finanziamento mezzanino, debito subordinato

ed “equity kicker”, possono essere racchiuse nel medesimo strumento,

mediante il ricorso a titoli di debito o di capitale quali: obbligazioni

subordinate convertibili (convertible subordinated bonds); titoli

rappresentativi del capitale di rischio, quali le azioni privilegiate italiane, le

redeemable preference shares59 britanniche o le stille beteiligung tedesche,

59Titoli rappresentativi del capitale di rischio

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caratterizzati da alcune fondamentali differenze rispetto alle azioni

ordinarie, presenti e combinate in modo variabile, quali: la partecipazione

agli utili con esclusione dalla partecipazione alle perdite; l'assenza del

diritto di voto; il rimborso a scadenza; un rendimento minimo garantito

(generalmente di 5 punti percentuali superiore al tasso di mercato monetario

della valuta di riferimento); l'assenza della possibilità di partecipare alle

decisioni di gestione, ad eccezione di alcuni limitati poteri di controllo (es.

revisione del bilancio). In questo senso il finanziamento mezzanino, come

altri strumenti finanziari partecipativi, presenta caratteristiche comuni alla

disciplina delle obbligazioni: esso attribuisce ai titolari diritti verso la

società , ma non configura la partecipazione alla formazione del capitale

sociale. Esso rappresenta posizioni contrattuali nei confronti della società

emittente e, conseguentemente la disciplina dello stesso non può che

connotarsi per avere pochi punti di contatto con quella delle azioni. Gli

argomenti che possono giustificare la scelta legislativa sono

fondamentalmente due: il fatto che possa essere riservata ai portatori dello

strumento finanziario in questione la facoltà di concorrere alla formazione

della volontà sociale, con riferimento a individuate materie, mediante

l’esercizio di diritti amministrativi (di voto o di altro tipo) e la circostanza

che l’apporto di essi possa anche andare a costituire patrimonio della

società (non imputato a capitale) ed essere ricondotto nell’alveo dell’equity

nell’accezione più condivisa del termine60.

I titoli di debito rappresentano ciascuno di essi una frazione di egual valore

di una operazione di finanziamento a titolo di mutuo, secondo una

regolamentazione stabilita dalla società emittente. Essi sono emessi in sede

60 “Struttura finanziaria e governo nelle società di capitali.Le prospettive di riforma”. Di Lamadini Marco Ediz. Il Mulino 2003 pag 103 e ss.

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nell'ambito di una operazione finanziaria e costituiscono perciò titoli di,

massa61; in quanto tali, i titoli di debito presentano il carattere della

fungibilità, in relazione ad una unità, tipo, con possibilità di emettere titoli

multipli e, correlativamente, di procedere al loro raggruppamento o

frazionamento. Quel che importa, per la qualificazione della fattispecie, è

che la causa dell'emissione di tali titoli sia costituita da un'unica operazione

economica, con unicità di condizioni (pur potendovi essere una pluralità di

emissioni, anche a condizioni diverse).

A differenza delle obbligazioni di società per azioni, per i titoli di debito

non è prevista una specifica disciplina legislativa, restando così pienamente

operante l'autonomia negoziale. La decisione di emissione perciò deve

determinare il tipo di titoli da emettere, il loro numero e valore nominale,

nonché le modalità di circolazione.

Circa il tipo di titoli da emettere, si deve riconoscerne l'appartenenza al

genus “strumenti finanziari”, ai sensi dell'art. 1 t.u.f, e della disciplina

regolamentare (art. 39 delibera Consob 1.7.1998, n. 11522, c.d.

regolamento sugli intermediari).

61 Ha poco senso perciò ipotizzare “l'emissione di un unico titolo di debito, privo del carattere della serialilà” (così, invece, TASSINARI, 137). Secondo un'analoga opinione, i titoli di debito non sono necessariamente titoli di massa: così: G. GIANNELLI, Le operazioni sul capitale nella società a responsabilità limitata, in La nuova disciplina della società a responsabilità limitata, a cura di V. Santoro, Milano, 2003, 278. Invece, PORZIO, .sub art. 2483, 230, esprime soltanto un dubbio circa la qualificazione necessaria dei titoli di debito come titoli di massa.

Tuttavia, non si può seguire tale opinione. siccome la pur scarna disciplina legislativa dei titoli di debito presuppone la serialità della loro emissione: in particolare, disponendo che possa essere prevista la modificabilità circa le condizioni del prestito solo con il consenso della maggioranza dei possessori (vedi, infra, § 9). Al riguardo merita considerare che la norma in commento si giustifica proprio per l'intento legislativo di superare la preclusione codicistica all'emissione delle obbligazioni da parte delle s.r.l. e di consentire, quindi, l'emissione di analoghi titoli, che non possono non essere caratterizzati dalla serialità, propria delle obbligazioni; d'altronde, l'emissione di titoli a carattere individuale (sia documenti di legittimazione, sia titoli di credito) da parte delle società a responsabilità non richiedeva - e non richiede tuttora - alcuna specifica regolamentazione.

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La genericità62 della categoria “titoli di debito” sembra consentire alle

società a responsabilità limitata di emettere titoli di varia natura: titoli

rappresentanti semplici documenti di legittimazione63 (per facilitare al

sottoscrittore l'esercizio del diritto alla riscossione degli interessi o altro

corrispettivo ed al rimborso del capitale; ovvero per consentire, come nei

titoli impropri, il trasferimento di tale diritto senza osservanza delle forme

proprie della cessione, ma con gli effetti di quest'ultima), nonché titoli

corrispondenti alle obbligazioni64, eventualmente anche per richiamare la

regolamentazione prevista per tali titoli dalla disciplina delle società per

azioni. Nel caso in cui siano emessi titoli obbligazionari, se ne deve

62 Cfr. Buonocore, La riforma, 177, che ritiene la locuzione volutamente generica. La Associazione Preite, Il nuovo, 244, parla di “atipicità” dei titoli di debito. 63 Cfr. SPADA, L'emissione, 805, secondo cui è possibile , anche se poco conveniente nella pratica, finanziamenti , che l'operazione sia frazionata in unità omogenee non documentate da titoli circolari. Vedi pure TASSINARI,137. 64 Invece, secondo V. Salafia, Il nuovo modello di società a responsabilità limitata, in Società, 2003, 12, la riforma avrebbe tenuto fermo “il divieto di emissione di titoli di obbligazionari di massa”, probabilmente nella considerazione che i titoli di debito possono essere sottoscritti solo da determinati soggetti. Cfr. pure B. Ianniello, La riforma del diritto societario, Milano, 2003, 206. Secondo V. Vaccini, I titoli rappresentativi di un debito e il nuovo diritto societario, in www.dirittobancario.it, le srl non potrebbero emettere titoli obbligazionari in quanto la delibera CICR, relativamente all’emissione di obbligazioni da parte di soggetti diversi dalle banche, si riferisce esclusivamente alle società per azioni ed in accomandita per azioni: al riguardo si deve ricordare che la gerarchia delle fonti non consente ad un regolamento ( qual è la delibera del CICR) di derogare ad una disposizione di livello legislativo, ossia all’art. 2483, che, pur non prevedendo espressamente l’emissione di obbligazioni per le srl, consente alle srl di emettere titoli di debito e comunque ha soppresso il divieto di emissione di obbligazioni stabilito dall’art. 2486, co.3, nel testo previgente. Peraltro, il decreto correttivo della riforma societaria (d.lgs. 6.2.2004, n. 37) ha stabilito che la Banca d'Italia e la Consob emanino le disposizioni regolamentari, in attuazione del t.u.b. c del t.u.f, ed in adeguamento alla nuova disciplina delle società di capitali (art. 6 del decreto correttivo). Gli emanandi regolamenti dovranno poi tener conto della legge sugli interventi per la tutela del risparmio, attualmente all’esame del Parlamento (disegno di legge n. C,4705, presentato il 16.2.2004) e che ridisegna le competenze della Banca d'Italia e, in sostituzione della Consob, dell'Autorità per la tutela del risparmio. Il superamento del divieto. per le società a responsabilità limitata, di emettere obbligazioni è affidato da Porzio, sub art. 2483, 229; G.E Campobasso, La riforma delle società di capitali e delle cooperative, Torino, 2003, 197.

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riconoscere la natura di titoli di credito, circolanti secondo le regole dei

titoli di credito nominativi resta salva comunque la possibilità che la società

emittente decida di non incorporare le quote del prestito in titoli di credito65

ovvero le incorpori in titoli di credito diversi dalle obbligazioni66.

Alla stregua all'esperienza formatasi per le obbligazioni nelle società

per azioni, è ammissibile che la società emetta titoli di debito diversi per

ciascun prestito, fermo restando, tuttavia, che devono essere identici , in

relazione alla standardizzazione dell'operazione , tutti i titoli (nonché le

condizioni del prestito e le modalità del rimborso) emessi per ciascun

prestito; in particolare, l'uniformità deve riguardare il tipo dei titoli ed il

loro valore nominale, essendo questi i caratteri essenziali di un'operazione

di massa, qual è l'emissione dei titoli di debito. La serializzazione dei titoli

di debito e la loro conseguente fungibilità li rendono idonei , qualora

ricorrano gli altri presupposti , alla immissione nei mercati finanziari67, ad

opera, tuttavia, non della società emittente, bensì dei sottoscrittori.

65 Cfr. pure GIANNELLI, Le operazioni. 278 s. Invece, secondo ASSOCIAZIONE PREITE, Il nuovo, 245, invece l’espressione “titoli” di debito farebbe ritenere che debba trattarsi necessariamente di ,documenti incorporanti un diritto alla restituzione”. Tuttavia, la dizione legislativa, proprio per la sua genericità, non impone che il diritto sia “incorporato” nel titolo, potendo la delibera di emissione attribuire ai titoli di debito - come spiegato nel testo , la natura di semplici documenti di legittimazione. 66 Secondo SPADA, L'emissione, 245, potrebbero essere emesse cambiali finanziarie ai sensi della I.994, n. 43; vedi pure T. Pietraforte. sub art. 2483, in La riforma Lo Cascio, 8, 2003, 322. Si deve rilevare, tuttavia, che titoli di credito diversi dalle obbligazioni potrebbero essere utilizzati dalle srl per l'emissione dei titoli di debito a condizione che utilizzati dalle srl per l'emissione dei titoli di debito a condizione che vengano eliminate le preclusioni legislative finora esistenti (l'emissione di cambiali finanziarie è tuttora espressamente qualificata come raccolta di risparmio: art. 1, co. 3, 1.n. 43/1994): in tal senso vedi ora, la modificazione dell'art. 11 del t.u.b. con l'art. 9.2, lett. b), del d.lgs. n. 6/2003 (introdotto dal decreto correttivo. d.lgs. n. 37/2004).

67 Cfr. Associazione Preite, Il nuovo, 245

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E’ opportuno precisare fin d'ora come il debito mezzanino sia uno

strumento di finanziamento caratterizzato da un elevato grado di flessibilità,

presentandosi di fatto in diverse configurazioni per quanto concerne la

struttura dei flussi di cassa previsti, in modo da adattarsi nel migliore dei

modi alle esigenze dell'impresa finanziata. Se si considera la componente

debito subordinato, ad esempio, sovente il finanziamento mezzanino

assume la configurazione tipica di uno zero coupon bond. Le modalità di

determinazione e di pagamento di quest’ultimo sono senza cedole,

rappresentano ossia un caso estremo rispetto a quello a cedola ridotta e non

prevedono il pagamento di alcuna cedola. Il rendimento per il possessore è

dato esclusivamente dalla differenza tra il prezzo di acquisto e di rimborso,

tenuto conto del periodo di investimento68. Oppure ancora, può assumere la

configurazione dello “stepped interest”, ossia di una passività che paga

interessi a tassi inferiori a quelli di mercato per un periodo iniziale (2 o 3

anni), uguali ai tassi di mercato per un periodo successivo (2 anni), e infine

superiori ai tassi di mercato69 per il periodo residuo fino alla scadenza. Tale

configurazione risulta particolarmente conveniente per quelle imprese

caratterizzate da un elevato tasso di crescita e dunque da elevati fabbisogni

di cassa per i primi anni. Alternativamente, un finanziamento mezzanino

può prevedere una quota di pagamenti più elevata per i primi anni nel caso

di cash-generative companies, ossia di imprese con elevati flussi di cassa.

Infine, il debito subordinato può anche assumere la configurazione di

“payment in kind debt”70 (d’ora in poi pik debt), ossia pagare interessi non

68 Tratto da Piccolini A. Stagno d’Alcontres, “Società di capitali” commentario art.2411. 69 Tale struttura consente di far fronte in modo migliore al periodo critico di un’operazione di MBO/LBO, tipicamente i primi 2-3 anni. 70 In alcuni Paesi esiste anche la possibilità di emettere particolari azioni privilegiate a remunerazione differita, caratterizzate dall'accumulo dei dividendi, anziché dalla distribuzione degli stessi: si pensi al caso delle Pik Preferred Shares statunitensi.

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nella forma di flussi monetari, ma piuttosto come semplice incremento del

valore nominale del debito sul quale sono calcolati.

La scelta della forma tecnica di un finanziamento mezzanino assume

particolare rilevanza per ciò che concerne la percezione dello stesso da

parte dei restanti soggetti finanziatori dell'impresa (azionisti e banche

creditrici) come capitale di debito a costo elevato o, alternativamente, come

capitale di rischio a basso costo. Se infatti l'enfasi, in termini di

determinazione del rendimento atteso, viene posta sulla prima componente

(interessi sul debito subordinato), il capitale intermedio viene

automaticamente assimilato a una forma di debito a costo elevato. Se,

viceversa, l'enfasi viene posta sulla seconda componente (guadagno in

conto capitale legato alle aspettative di buon andamento dell'impresa

finanziata), e conseguentemente l'onere finanziario fisso a carico

dell'impresa viene ridotto, il finanziamento mezzanino viene più facilmente

percepito come capitale di rischio a costo ridotto.

Prima di passare ad analizzare più in dettaglio le caratteristiche tecniche

dello strumento in esame, è opportuno rilevare come nel corso dei primi

anni novanta il debito mezzanino71 abbia subito una tendenza verso la

semplificazione. Sono infatti venute progressivamente a mancare le

complicate strutture finanziarie che avevano caratterizzato le operazioni di

Leverage buy-out e di Management buy-out (d’ora in poi verranno indicati

con la seguente sigla LBO e MBO) della fine degli anni ottanta72, quando

71 Il debito mezzanino ha trovato sinora impiego prevalente in operazioni di leveraged buy-out, anche se il suo utilizzo può in concreto rispondere ad altre finalità. 72 Una rassegna delle principali operazioni di Lbo realizzate negli anni Ottanta e novanta è contenuta rispettivamente in: Banca Commerciale Italiana, Il leverage buy-out: esperienze internazionali e prospettive per l’Italia, in “Tendenze Reali”, 1990; A. FOSSATI -S. PALEARI, Le peculiarità dei buy-out in Italia negli anni Novanta, in Notiziario Economico della Banca San Paolo di Brescia, Brescia ,1996.

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nello strutturare il passivo di un'impresa si ricorreva a diverse gradazioni di

juniority (“diferent layers”): si avevano così, ad esempio, oltre ai

tradizionali senior debt ed equity, il senior subordinated debt, il junior

subordinated debt, ed eventuali altre forme di capitale intermedio.

Più recentemente, anche nelle operazioni più complesse la struttura

finanziaria è stata generalmente limitata a tre diversi gradi della scala

rischio-rendimento: i) debito senior, ii)debito mezzanino e iii) capitale di

rischio (equity).

2.2 I VANTAGGI DEL MEZZANINE FINANCE

Le caratteristiche di flessibilità e il peculiare profilo di rischio-

rendimento del debito mezzanino rendono quest'ultimo uno strumento

finanziario particolarmente vantaggioso, non solo per gli investitori che lo

sottoscrivono, ma anche per gli altri soggetti finanziatori73 dell'impresa

emittente. Tali vantaggi sono prevalentemente connessi alla natura di

strumento di finanziamento/investimento che si colloca in posizione

intermedia, in termini di rischio e di costo/rendimento, fra capitale di debito

e capitale di rischio, e come tale capace di completare il quadro delle

opportunità sia per le unità in avanzo, potenziali investitrici, sia per quelle

in disavanzo, potenziali debitrici.

I vantaggi offerti dal debito mezzanino sono risultati particolarmente

significativi ed evidenti nei casi di acquisizioni finanziate mediante un

elevato grado di leva finanziaria (LBO e MBO), per le quali tale strumento

73 intermediari creditizi in veste di creditori senior e investitori in capitale di rischio.

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ha finora trovato prevalente applicazione74. Più in particolare, le

caratteristiche del debito mezzanino che ne hanno favorito l'iniziale

introduzione e il successivo sviluppo in queste tipologie di operazioni sono

legate ad alcuni aspetti principali: la possibilità per l'impresa di

diversificare, in termini di costo, le fonti di finanziamento, non limitandosi

unicamente a due livelli75, ma attraendo una gamma più vasta di potenziali

finanziatori; la possibilità di sfruttare una struttura di cash-flows attesi che

supera, in termini di capacità di sostenere oneri finanziari (debt capacity),

l'ammontare di debito senior offerto dalle banche, sovente basato sul valore

delle attività a garanzia più che sui flussi di cassa attesi; la possibilità di

sfruttare una struttura di flussi di cassa attesi che consenta di remunerare

una passività, addizionale rispetto al debito senior, che preveda un periodo

di grazia iniziale, nel corso del quale non vi è rimborso delle quote capitale;

ciò in quanto si prevedono flussi di cassa superiori dopo un periodo iniziale,

legati alla progettata liquidazione di attività sussidiarie superflue, alla

quotazione in borsa dell'impresa o alla sua ristrutturazione; la flessibilità

offerta dal debito mezzanino in termini di utilizzo successivo all' operazione

di buy-out. I vantaggi offerti risultano particolarmente evidenti nel caso in

cui un'impresa oggetto di un'operazione di buy-out disponga dell'

opportunità di effettuare un’acquisizione successiva. In questo caso, le

banche finanziatrici (senior lenders) non sono generalmente disposte, dato

l'elevato livello di leva finanziaria già esistente, ad aumentare la propria

esposizione, specie in considerazione del fatto che i potenziali benefici della

stessa verrebbero interamente a ricadere sui detentori del capitale di

74 Tratto da “Corporate & investment Banking” a cura di Giancarlo Forestieri edizioni EGEA Vignate(MI) 2000. 75 capitale di debito a rischio e costo ridotti e capitale azionario a rischio e costo elevati

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rischio76. Analogamente, le prospettive di rendimento dell'acquisizione

sono generalmente al di sotto del rendimento richiesto dai venture

capitalists.

Tale contrasto può dunque essere agevolmente superato mediante il

ricorso ulteriore agli investitori mezzanine.

A fianco di tali peculiarità del debito mezzanino, il cui effetto benefico

trova esclusiva applicazione alle operazioni menzionate (LBO/MBO), vi

sono tuttavia dei vantaggi di carattere generale offerti dallo strumento alle

diverse categorie di soggetti finanziatori di un'impresa: creditori senior,

equity investors e mezzanine investors. Ancora una volta, tali vantaggi

risultano particolarmente significativi ed evidenti nel caso di un'impresa

caratterizzata da un sensibile fabbisogno finanziario, legato a un processo di

crescita interna77 o esterna78, o dalla necessità/opportunità di una

ristrutturazione. Essi permangono tuttavia anche per ordinarie situazioni di

gestione finanziaria di un'impresa, e come tali presentano una rilevanza di

carattere generale.

2.3 FORME DI POSTERGAZIONE

Come accennato in precedenza, il capitale intermedio è postergato

rispetto al debito senior. Occorre precisare cosa si intende esattamente con

76 “I vantaggi del mezzanine finance per i diversi soggetti finanziatori” di Sironi A. EGEA Milano 1994. 77 finanziamento di un progetto di investimento. 78 Finanziamento di un'acquisizione.

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il termine postergazione. Ciò sta ad indicare che in caso di insolvenza e

conseguente liquidazione dell’impresa emittente/mutuataria, i creditori

junior (subordinati), sono soddisfatti in modo residuale rispetto ai creditori

senior. In altre parole, le entrate derivanti dalla liquidazione delle attività

dell'impresa insolvente vengono utilizzate, fino a totale disfacimento, per il

rimborso dei creditori senior. Se vi sono disponibilità residue, e solo in tal

caso, i creditori subordinati possono ottenere un rimborso parziale o totale

del capitale investito.

Il piano di rimborso del debito subordinato è generalmente strutturato in

modo tale che, a fronte del normale pagamento di quote d’interesse e quote

di capitale ai creditori senior, il solo pagamento delle quote interesse ai

creditori junior, questi ultimi vengono cioè rimborsati del capitale solo

quando il debito senior è stato interamente ripagato. In pratica è come se il

debito subordinato fosse dotato di un “grace period”, nel corso del quale

non vi è rimborso delle quote capitale pari alla scadenza del debito senior.

Si possono anche avere casi particolari in cui, oltre a non ricevere alcun

rimborso di quote capitale, i creditori junior non ricevono alcun flusso di

interesse. In questo caso il debito subordinato viene in pratica a coincidere,

in termini di struttura dei flussi di cassa, a uno zero coupon bond con

scadenza pari alla data di completo rimborso dei creditori junior. Le

condizioni specifiche di juniority del debito subordinato in termini di

rimborso variano da caso a caso e sono generalmente indicate nell’

“intercreditor agreement”, un documento che rappresenta il frutto della

negoziazione fra creditori senior (generalmente banche commerciali) e

creditori junior.

Il debito subordinato - noto anche come debito junior o, in presenza di

determinate caratteristiche, come debito mezzanino è costituito dall'insieme

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dei finanziamenti il cui rimborso e la cui remunerazione sono postergati

rispetto al debito senior, ossia, in caso di dissesto della società, avvengono

solo dopo il totale soddisfacimento dei creditori senior. Si tratta di prestiti a

media-lunga scadenza, con una durata oscillante in genere fra i 5 e i 12 79anni e in grado di assumere, in concreto, svariate forme tecniche80.

In termini di combinazione rischio/rendimento, il debito subordinato si

trova una posizione intermedia fra il capitale di rischio e il debito senior. In

comune con il capitale di rischio, il debito subordinato ha il fatto che, in

caso di defauit della società, può essere restituito solo dopo che sono stati

rimborsati integralmente tutti i creditori senior. In comune con il capitale di

debito, possiede schemi contrattuali che, nella maggior parte dei casi, sono

riconducibili a quelli dei prestiti obbligazionari, caratterizzati da una

remunerazione certa e predefinita81.

Le forme tecniche del debito subordinato sono assai varie: prestiti a

medio-lungo termine non “titolarizzati”, obbligazioni ordinarie, prestiti

obbligazionari con il pagamento differito degli interessi, obbligazioni

convertibili e con warrant per la sottoscrizione di azioni dell'emittente

oppure azioni privilegiate.

Il debito subordinato è generalmente dotato, analogamente al debito senior,

di una garanzia reale (collateral) nei confronti delle attività dell'impresa

debitrice. Tale garanzia è tuttavia residuale rispetto a quella del debito

senior (“second security”). In caso di inadempienza dell'impresa, i creditori

senior si rifanno sulle attività in considerazione, e solo se il ricavato della

79 Allo scopo di garantire all'operazione una maggior flessibilità, nella maggior parte dei casi è prevista la possibilità di rimborso anticipato su iniziativa del debitore 80 J. Allen, “Lbos. The Evolution of Financial Structures and Strategies”, in Chew D. Jr (a cura di), The New Corporate Finance, Irwin, McGraw-Hill, 1999. 81 . J. Willis e D. Clark, An lntroduction to Mezzanine Finance and Private Equity, in “journal of Applied Corporate Finance”, 1989.

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liquidazione supera il valore nominale del debito senior il debito

subordinato viene rimborsato parzialmente o totalmente. Tale caratteristica

del debito subordinato presenta implicazioni di rilevanza superiore a quelle

che possono apparire a prima vista. La presenza di una second security

fornisce, infatti, ai creditori junior il potere di influire nelle decisioni circa il

comportamento da adottare in caso di insolvenza dell'impresa debitrice. Si

possono infatti avere casi in cui, in presenza dell'inadempienza del

mutuatario, i creditori senior valutano conveniente la liquidazione

dell'attivo in quanto quest'ultimo presenta un valore di mercato prossimo al

valore nominale del debito senior, e quindi sufficiente a garantire il

rimborso dello stesso. La soluzione della liquidazione può invece non

risultare conveniente per i creditori junior, ai quali non sarebbe possibile

ottenere il rimborso del capitale investito. Per questi ultimi si presenta

maggiormente conveniente la soluzione di una rinegoziazione delle

condizioni complessive del passivo (debito senior e debito junior) con lo

scopo di mettere nuovamente l'impresa finanziata in condizioni di produrre

reddito. In casi particolari come questo la presenza della second security

rende impossibile ai creditori senior di decidere autonomamente per la

liquidazione senza il preventivo consenso dei creditori junior. È dunque

questo un motivo che rende poco gradito il debito mezzanino, dotato di una

second security, ai creditori senior.

Nonostante la presenza di una garanzia reale sulle attività dell'impresa

finanziata, è bene tuttavia precisare fin d'ora come il debito subordinato sia

un tipo di finanziamento prevalentemente basato sui flussi di cassa attesi

(cash-flow lending). Risulta infatti evidente come, nella maggioranza dei

casi, il fatto che la garanzia sia “subordinata” a quella di cui usufruiscono i

creditori senior, i quali applicano spesso margini di valutazione (“shrinkage

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margins”) relativamente ridotti al valore di mercato delle attività oggetto

della garanzia, rende impossibile basarsi sulle aspettative di liquidazione di

queste ultime come fonte di rimborso dell'investimento.

E’possibile osservare come nella realtà esistano due principali tipologie

di clausole di subordinazione: la subordinazione completa e quella parziale

(“inchoate”). Nel primo caso il creditore junior è dotato di una posizione di

subordinazione esclusivamente nei confronti di uno specifico creditore,

definito senior, e dunque con riferimento a un determinato ammontare di

finanziamento. È questo il caso tipico di un finanziamento subordinato

sottoscritto dalla casa madre di un'impresa o dal management in

un'operazione di MBO. In tali casi la subordinazione fa infatti esclusivo

riferimento ai creditori senior che entrano inizialmente nell'operazione.

Viceversa, nel caso di subordinazione parziale, il creditore junior riconosce

di essere subordinato nei confronti della totalità degli altri creditori

dell'impresa finanziata, compresi quelli che eventualmente finanzieranno

l'impresa in futuro82.

Ulteriori differenze fra le due tipologie di subordinazione fanno

riferimento alla struttura dei flussi di cassa (interessi e rimborso delle quote

capitale) durante la gestione ordinaria e al rimborso in caso di liquidazione

dell'impresa. Nel caso di subordinazione completa, non vi è generalmente

rimborso delle quote capitale, e a volte nemmeno pagamento degli interessi,

fino al completo rimborso dei creditori senior. Inoltre, in caso di

liquidazione, gli specifici creditori senior ricevono la propria quota

82 Tale apparente contraddizione terminologica deriva dal fatto che la tipologia di subordinazione trae la propria denominazione dalla condizione dei creditori senior, e non da quella dei creditori subordinati. Così nel caso di subordinazione completa, i creditori senior sono dotati di “seniority” nei confronti di tutti gli altri creditori dell’impresa. Viceversa, nel caso di subordinazione parziale, i creditori senior godono di seniority unicamente nei confronti di una specifica categoria di creditori, quelli subordinati.

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dell'attivo e quella relativa ai creditori subordinati. Viceversa, nel caso di

subordinazione parziale vi è generalmente pagamento sia di quote interessi

che di quote capitale durante la gestione ordinaria e in sede di liquidazione i

creditori senior ricevono esclusivamente la propria quota dell'attivo.83

2.4 DIFFERENZE TRA LA POSTERGAZIONE LEGALE (DI DIRITTO

ITALIANO) ED I FINANZIAMENTI CON FUNZIONE SOSTITUTIVA DEL

CAPITALE (DI DIRITTO TEDESCO).

Innanzitutto, è opportuno segnalare che la disciplina in esame, sebbene

contenga un generico riferimento a situazioni di squilibrio tra capitale di

rischio e capitale di credito che non si sono necessariamente tradotte in una

crisi finanziaria dell'impresa è, tuttavia, molto diversa da quella individuata

dalla giurisprudenza tedesca84.

Come si è detto, infatti, quest'ultima ritiene che i prestiti concessi dai soci

alla società non possono essere rimborsati (proprio in quanto

kapitalersetzende), se il bilancio non mostra una plusvalenza dell'attivo

rispetto al passivo, almeno pari al capitale" sociale. La giurisprudenza

tedesca, in altri termini, poiché adotta la già vista tecnica della

riqualificazione del rapporto, non può fare a meno di riconoscere l'esistenza

di quegli effetti di natura sostanziale, di cui si è parlato nei precedenti

paragrafi.

Nulla di tutto ciò è previsto dalla riforma del nostro diritto societario. La

norma qui esaminata si limita a dire che i finanziamenti dei soci debbono

essere postergati, qualora siano stati erogati in determinate circostanze. Ma

83 Vedi note tabella 1.1

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non dice che il prestito deve essere riqualificato come apporto in conto

capitale, e quindi non impone che, prima del rimborso ai soci, si sia

assicurato un margine di garanzia a favore dei creditori: non impone, cioè,

che la società mantenga un patrimonio netto d'importo almeno pari al

capitale.

Non possono sfuggire le differenze pratiche, oltre che concettuali, tra i due

sistemi:

i) secondo la giurisprudenza tedesca, gli amministratori qualora sussistano

le accennate condizioni non solo hanno l'obbligo di rifiutare la restituzione

dei finanziamenti in parola; ma possono anche tenere conto della

postergazione di una parte del passivo nella situazione patrimoniale che

sono chiamati a redigere per stabilire se la società è sovra indebitata e se,

pertanto, è venuto il momento d'accedere alla procedura d'insolvenza;

ii) nel nostro ordinamento, invece, gli amministratori si trovano di fronte ad

un'alternativa assai più drastica, giacché delle due l'una: o la società è in

grado di pagare, ed allora non si può negare il rimborso al socio richiedente;

oppure non è in grado di farlo, ma allora, se non si riesce ad ottenere nuovo

capitale di rischio ci si deve rivolgere al tribunale.

La soluzione accolta dalla riforma si colloca, dunque, a metà strada tra

quella indicata dal testo novellato del Gmbh,Gesetz, e quella ribadita dalla

giurisprudenza della Corte federale tedesca: sul piano della fattispecie è più

rigorosa della prima, giacché consente di postergare anche i finanziamenti

effettuati quando la società non si trovava ancora in una situazione di crisi

finanziaria; sul piano della disciplina, tuttavia, è meno rigorosa della

seconda, per il semplicissimo motivo che non impone agli amministratori di

bloccare il rimborso del prestito, ogni qual volta il capitale sociale risulti

84 Un cenno in Abbadessa,Il problema 499ss.

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intaccato da una perdita, di qualunque ammontare.

Il legislatore italiano sembra aver assunto un atteggiamento intermedio:

per un verso, precisa che le somme rimborsate ai soci debbono essere

restituite alla massa (sulla base di un'inefficacia ex lege, sotto molti aspetti

assimilabile a quella disposta per le attribuzioni gratuite dall'art. 64 1. fall.)

solo nell'ipotesi in cui il fallimento venga dichiarato nell'anno successivo

all'atto; per altro verso, però, non si spinge ad affermare che la

postergazione abbia come necessario presupposto l'apertura del concorso, e

quindi lascia aperto il dubbio se la norma non debba fungere, innanzi tutto,

da criterio. direttivo per gli amministratori ed i liquidatori85

2.5 . RENDIMENTO

Il rendimento del debito mezzanino riflette il fatto che lo strumento

stesso è composto da due diversi elementi. Si hanno così due componenti di

reddito che sono il flusso di interessi connesso al debito subordinato e l'utile

in conto capitale connesso all'equity kicker nell’esercizio dell'opzione

warrant.

È evidente come i due valori siano fra loro dipendenti. Un maggiore

interesse connesso al debito subordinato comporta, dato un certo grado di

rischio dell'operazione, l'accettazione di un minore rendimento sul fronte

dell' equity kicker, e viceversa.

Dal punto di vista normativo l’art. 2414 n.4, l’art. 2411 e la stessa

85 In realtà, la circostanza che si sia prevista come specifica sanzione della restituzione del prestito postergato una vera e propria inefficacia di diritto del rimborso potrebbe far pensare che il legislatore abbia ritenuto inapplicabile la disciplina dell'indebito. Se così fosse, la norma conterrebbe un'implicita conferma della tesi, per così dire processualista.

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Relazione al D. lgs. N. 6/2003 che si riferiscono alle varie modalità di

rimborso e di rendimento di obbligazioni e strumenti finanziari ibridi,come

il finanziamento mezzanino, concedono che si possa partecipare anche

giuridicamente al rischio di impresa contribuendo ad assottigliare la linea di

confine tra capitale di rischio e capitale di debito.

La possibilità di rendere questi partecipi del rischio di impresa è nei

limiti del loro rendimento (art. 2411 co. 2) e nei tempi di rimborso del

capitale (co.1).

A differenza della disciplina riguardante le obbligazioni, per gli

strumenti finanziari ibridi l’art. 2411 nel terzo comma riferisce che

l’incidenza del rischio d’impresa negli strumenti finanziari ibridi può essere

convenzionalmente integrale (“strumenti finanziari… che condizionano…

l’entità del rimborso del capitale all’andamento economico della società”).

Riguardo ai limiti alle modalità di determinazione, il rimborso del

capitale è un diritto non sopprimibile da parte dell'emittente. Tant'è che

questi può disporre dell'entità (partecipandola al rischio d'impresa) del

pagamento degli interessi (art.2411 co.2) di obbligazioni e di titoli ibridi,

ma non già del capitale delle obbligazioni.

L'autonomia contrattuale è piena in ordine alla remunerazione del

prestito obbligazionario, potendola correlare nei tempi e nell'entità ai

risultati economici della società o ad un comparto di essa o a settori

economici ovvero a indici di riferimento .

L’art. 2411 co.3 estende le norme di disciplina degli artt. 2410-2420-

ter, ad alcune categorie di strumenti finanziari ibridi, in particolare a quelli

per i quali il diritto al rimborso è correlato ai risultati economici della

società, come il finanziamento mezzanino, per quanto concerne il capitale

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di rischio (c.d. con clausola di “cointeressenza”86 o senza garanzia di

rimborso)87. Emerge dunque un principio di tutela secondo cui l'assunzione

del rischio di impresa postula l'applicazione delle norme in esame volte a

costituire, tra l'altro, una disciplina organizzativa dei portatori di codesti

titoli, analoga a quella prevista per gli obbligazionisti: le prerogative che ne

derivano costituiscono il bilanciamento all'assunzione del rischio

imprenditoriale senza acquisto della qualità di socio. Per gli strumenti

finanziari del patrimonio di destinazione (art. 2447-ter, co. 1, lett. e), i quali

ex lege sono muniti di clausola di “cointeressenza” poiché partecipano

all'affare del patrimonio destinato, tale principio trova anche espressa

menzione nell'art. 2447-octies, che al co. 1 prevede l'assemblea speciale dei

portatori dei titoli e ai co. 2 e 3 richiama espressamente gli artt. da 2415

(escluso il co. 1) a 2419. La disposizione del co. 3 art. 2411 è applicabile

alle altre categorie di strumenti finanziari ibridi, se partecipanti al rischio di

impresa; quindi, qualora ricorra tale presupposto, anche agli strumenti

finanziari emessi a fronte di apporti non di capitale (2346, co. 6) ed a quelli

emessi in favore di dipendenti (art. 2349, co. 2).

Tuttavia si pongono alcuni problemi di coordinamento fra le

disposizioni richiamate; in particolare, la limitazione all'emissione sino al

doppio del capitale e delle riserve legali e disponibili (art. 2412) opera, per

gli strumenti finanziari del patrimonio dedicato, in concorso con un

ulteriore limite, dovendo tali strumenti finanziari rapportarsi ai limiti

dimensionali del patrimonio (2447 bis, ult. co.), il quale non può essere

86 Partecipazione di più individui agli interessi, agli utili e anche alle perdite di un affare o di un’azienda.87 Essi ricomprendono anche gli strumenti finanziari partecipativi, i quali tuttavia prevedono diritti amministrativi che nel caso in esame possono anche non ricorrere.

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superiore ad un decimo del patrimonio netto della società. Inoltre gli

strumenti finanziari di cui agli artt. 2346, co. 6 e 2349, co. 2: possono essere

muniti di diritto di voto su argomenti di competenza dell'assemblea sociale

(da esercitarsi fuori da essa), possono essere dotati di ulteriori diritti

amministrativi e, in particolare, ad essi può essere riservata la nomina di un

amministratore indipendente (art. 2351, co. 4). Ne consegue che le

competenze dell'assemblea speciale dei portatori di strumenti finanziari

dotati di diritti amministrativi e partecipanti al rischio d'impresa saranno più

estese di quelle previste all'art. 2415 (e v. anche art. 2376), ricomprendendo

l'esercizio di tali diritti amministrativi. Inoltre, potrebbe determinarsi una

concorrenza tra i poteri di impugnativa del rappresentante comune (art.

2418) e dei titolari di strumenti finanziari muniti di diritti amministrativi o

di diritto di voto su argomenti di competenza dell'assemblea sociale. Il

grave inconveniente può essere superato ove si ritenga che codesti diritti

possano essere esercitati dai titolari esclusivamente col metodo collegiale,

vale a dire mediante delibera dell'assemblea speciale ex art. 2415 e,

conseguentemente, attribuendo legittimazione al rappresentante comune ex

art. 2418, co. 1 ed un residuale potere di azione dei singoli portatori dei

titoli, nei limiti dell'art. 2419;confermando che tale tipologia di strumenti

finanziari sono di regola titoli di massa emessi in serie.

La postergazione, dato che produce effetti solo nei confronti dei creditori,

finisce con l'assumere caratteristiche molto simili, se non identiche, alle

varie forme d'integrazione straordinaria della responsabilità patrimoniale,

ove tra di esse s'includano le previsioni normative volte a rafforzare la

posizione dei credi tori concorsuali tramite l'eliminazione (o la

postergazione) di alcune poste dal passivo: viene a collocarsi, cioè, accanto

alle azioni revocatorie e alle altre ipotesi d'inefficacia relativa, che servono

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a modificare la consistenza del patrimonio responsabile (e dei debiti ad esso

correlati) ai fini del concorso esecutivo88.

Ciò non significa che gli amministratori o i liquidatori della società non

siano in qualche modo vincolati dalle norme in esame. La loro eventuale

responsabilità, però, è uno strumento accessorio di tutela dei creditori,

mentre lo strumento primario, la postergazione, può realizzarsi solo

all'interno di un concorso esecutivo, e cioè solo in un ambiente protetto da

uno sbarramento ideale (si pensi al pignoramento, o al vincolo di

destinazione imposto sul patrimonio del debitore dalla dichiarazione di

fallimento), che fa assumere a certi effetti giuridici quel carattere di

relatività, dianzi evidenziato.

I presupposti e gli effetti della postergazione non divergono in maniera così

netta e sensibile da quelli dell'azione revocatoria (un credito postergato ha

ben poche probabilità d'essere soddisfatto, se la società è in solvente) e sono

perfettamente compatibili con lo schema generale delle integrazioni

straordinarie della responsabilità patrimoniale.

Al riguardo, basta andare col pensiero al co. 2 dell'art. 44 I. fall., che priva

d'effetti nei confronti della massa anche i pagamenti ricevuti dal fallito

dopo l'apertura del fallimento; o basta, ancora, ricordare le altre forme

d'inopponibilità (l'ari. 56, co. 2, l'art. 68, ultima parte, e l'art. 70, vecchio

88 Le espressioni utilizzate nel testo possono sembrare imprecise e discutibili, dato che, nel caso della postergazione, non s'incrementa l'attivo, ma si elimina (nel senso attribuibile alla parola nel contesto qui esaminato) una posta dell'attivo: non si dovrebbe parlare, pertanto, di una .forma d'integrazione straordinaria della responsabilità patrimoniale, bensì di uno specifico .strumento di tulela dei creditori in sede di concorso.. Come si può capire, ai nostri fini cambierebbe poco o nulla; e si potrebbe replicare, inoltre, che i creditori sociali vengono comunque soddisfatti con risorse aggiuntive: quelle lasciate libere, appunto, dalla postergazione delle pretese dei soci. È evidente, però, che la terminologia utilizzata nel testo è stata scelta per ben altri scopi: fare riferimento a istituti già noti nella nostra letteratura giuridica, per i quali si rinvia alle opere , tra le tante di A. DE MARTINI, Il patrimonio del debitore nelle procedure

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testo, I. fall.; l'art.6 della legge per la cessione dei crediti d'impresa, e così

via elencando), che non si limitano a rendere espropriabili dei beni usciti

dal patrimonio del debitore, ma dettano regole assai più articolate e

penetranti per l'attuazione del concorso esecutivo.

Come si vede, il legislatore ha disegnato una molteplicità di strumenti, tutti

volti a rendere la sanzione il più possibile adeguata all'interesse da tutelare.

Tra i predetti strumenti non sembra un fuor d'opera annoverare, d'ora in poi,

anche l'istituto di cui ci stiamo occupando

2.6 DIRITTO DI VOTO NEL MEZZANINE FINANCING

Un'attenzione particolare merita il tema del diritto di voto di cui possono

essere forniti gli strumenti finanziari partecipativi.

Nell’art. 2346, ult. co.89, il legislatore detta una disciplina riferita

esclusivamente a strumenti finanziari ossia a strumenti “negoziabili sul

mercato dei capitali”, ricompresi fra quelli individuati dall’art. 1, co. 2, del

d.lgs. n. 58/9890 e prefigura, per contrapposizione, che diritti propri

concorsuali, 1956,di E.F. RICCI, Lezioni sul fallimento, I, Milano, 1997

89 2346. ult.co.: Resta salva la possibilità che la società, a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione.

90 Per "strumenti finanziari" si intendono: a) le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali; b) le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali; c) le quote di fondi comuni di investimento; d) i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario; e) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici;

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dell’azionista possano essere attribuiti ai portatori degli strumenti finanziari

partecipativi. Tali indicazioni trovano completamento logico nel disposto

dell’art. 2376, che prevede la costituzione di un’assemblea speciale nei casi

in cui gli strumenti finanziari attribuiscono diritti corporativi e nell’ultimo

comma dell’art. 235191, che regola l’esercizio del diritto di voto dei

portatori laddove esso sia attribuito.

Come si è avuto modo di sottolineare, l'ultimo comma dell'art. 2346,

nell'indicare i diritti di partecipazione, amministrativi e patrimoniali, di cui

possono essere forniti gli strumenti finanziari dei quali si ammette

l'emissione da parte della s.p.a., fa salvo espressamente il diritto di voto

nell'assemblea generale degli azionisti.

A fronte di tale disposizione l'art. 2351, ult. co., precisa che “gli

strumenti finanziari di cui agli artt. 2346, sesto com ma, e 2349, secondo

comma, possono essere dotati del diritto di voto su argomenti

f) i contratti "futures" su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; g) i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonchè su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; h) i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi di interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; i) i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici, nonchè i contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; j) le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere. 91 2351. - Diritto di voto Ogni azione attribuisce il diritto di voto. L'atto costitutivo può tuttavia stabilire che le azioni privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale allo scioglimento della società abbiano diritto di voto soltanto nelle deliberazioni previste nell'articolo 2365. Le azioni con voto limitato non possono superare la metà del capitale sociale. Non possono emettersi azioni a voto plurimo.

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specificatamente indicati e in particolare può essere ad essi riservata,

secondo modalità stabilite in statuto, la nomina di un componente

indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di

sorveglianza o di un sindaco”

Questa regola è da porre in relazione: (i) con quattro disposizioni

specificative ossia gli artt. 2383. 2400, 2409-duodecies, co. 2, e 2409-

noviesdecies. quest'ultimo in quanto operante un richiamo applicativo del

disposto dell'art. 2383 all'organo gestori o nel sistema monistico; (ii) con il

disposto dell'art. 2376, che prevede la costituzione dell'assemblea speciale

dei portatori di strumenti finanziari partecipativi. nel (solo) caso in cui

questi siano forniti di diritti amministrativi.

Queste norme hanno indotto la dottrina a porsi il problema di

individuare l'ambito entro il quale l'autonomia statutaria può attribuire agli

strumenti finanziari il diritto di voto ex art. 2351 e, quindi, le modalità di

secondo le quali tale diritto può essere esercitato.

Prioritario, rispetto alla soluzione da dare al problema, è accertare se il

divieto posto dall'ultimo co. dell'art. 2346 di attribuire agli strumenti

finanziari il voto nell'assemblea “generale” degli azionisti, abbia carattere

dispositivo o, al contrario, sia inderogabile.

In realtà il carattere preliminare di tale accertamento è solo apparente,

in quanto la portata precettiva della regola in esame non può desumersi che

dal complesso della normativa.

Una normativa che ha dato luogo, in dottrina, a tre interpretazioni diverse.

Una parte della dottrina ha ritenuto che l'interpretazione più coerente, al

di là della pessima formulazione dell'art. 2351, ult. co., è quella di ritenere il

principio de quo inderogabile; con la conseguenza che ai titolari di

strumenti finanziari può essere riservato esclusivamente il voto nell'ambito

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della propria assemblea speciale. Tale conclusione si deriva (a) dal fatto che

l'art. 2411, rende applicabili le norme codicistiche dettate in tema di

obbligazioni agli strumenti finanziari che condizionano i tempi e l'entità del

rimborso del capitale all'andamento economico della società; (b) dalla

circostanza che l'art. 2447-octies disciplina le assemblee speciali dei

portatori degli strumenti finanziari di partecipazione all'affare cui è dedicato

uno specifico patrimonio; (c) dal dato che la legge (art. 2541) disciplina le

assemblee speciali di portatori di strumenti finanziari nelle cooperative92.

La correttezza di tale lettura troverebbe, poi, conferma testuale nel fatto

che l'art. 2351, ult. co., prevede che, ai portatori di strumenti finanziari, può

essere attribuito il diritto di nominare un componente degli organi sociali ivi

indicati e non dell'intero organo; dal che si desume che l'atto di nomina

debba essere separato rispetto a quello dell'assemblea (la delibera

dell'assemblea speciale) ed a questo sovrapporsi93. Deve inoltre desumersi

che il diritto di nomina dei dirigenti della società, nonché il diritto di

ottenere rendiconti periodici analoghi a quelli cui hanno diritto, ex art. 2381

gli amministratori non esecutivi non sia ascrivibile ai portatori si strumenti

finanziari94. I diritti amministrativi cui fa riferimento il 2346, ult. co. sono

esclusivamente quelli che competono ai soci, individualmente, per

partecipazioni di misura predeterminata o in assemblea.

I diritti ed i compiti riservati agli amministratori restano esclusi

pertanto dal novero di quanto può competere ai portatori di strumenti

finanziari; ciò anche in coerenza con la più marcata e rigida distinzione di

compiti di organo gestori o ed assemblea delineata dagli artt. 2364, 2380-

bis, 2381 e 2392, nel nuovo testo. Sorge quindi il problema della

92 Santoro, sub art. 2351, 152, nt.21. 93 Santoro, sub art. 2351, 151, Desana, Le azioni, 124. 94 Si veda in proposito A. Stagno D’Alcontres, Società di capitali

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conflittualità che può derivare dalla violazione da parte dell'assemblea

generale dei diritti riservati all'assemblea speciale95.

Altra parte della dottrina, pur riconoscendo il significato sistematico del

disposto dell'art. 2376, che prevede espressamente la costituzione di

assemblee speciali dei portatori di strumenti finanziari partecipativi che

conferiscano diritti amministrativi, ha sottolineato come l'interpretazione

secondo la quale il voto può essere espresso dai titolari strumenti finanziari

esclusivamente nell'ambito della propria assemblea speciale, deve essere

valutata con cautela in quanto qualche disposizione codicistica che adombra

la possibilità di un voto da esprimersi nell'ambito dell'assemblea generale

degli azionisti96. Il riferimento è all'art. 2506-ter, co. 4, che richiede il

consenso unanime dei portatori degli strumenti finanziari per l'esonero degli

amministratori dalla redazione dei documenti prodromici alla scissione e

all'art. 2526, co. 2, che prevede che, nelle cooperative, non possa essere

riservato ai portatori degli strumenti finanziari più di un terzo dei voti.

Da ultimo un'autorevole dottrina97 ha attribuito al divieto espresso dall'art.

2346, ult. co., il carattere di regola di natura dispositiva, ritenendo che essa

sia derogabile da parte dell'autonomia statutaria, in forza del disposto

dell'art. 2351, la cui portata precettiva sarebbe quella di ammettere che ai

95 Non è da escludere pero aprioristicamente che la formulazione del co. 2 dell’art. 2377 osti all’impugnazione da parte dei portatori degli strumenti finanziari nel rispetto dei presupposti indicati dalla norma. Il fatto che il riferimento sia operato esclusivamente in favore dei portatori di speciali categorie di azioni non necessariamente esclude che la norma possa esprimere un principio generale. Restano salvi comunque i diritti derivanti da vizi ex art. 2379 ed i poteri che competono al rappresentante comune eletto dall’assemblea speciale. 96 Sul punto v.A. STAGNO D’ALCONTRES, Le azioni e gli altri strumenti finanziari partecipativi, Relazione al Convegno L.U.I.S.S. su La riforma del diritto societario, del 9-10.5.2003, 13 del dattiloscritto. 97 F. Galgano, Il nuovo diritto societario, in Trattato Galgano, 2003, 135; nello stesso senso cfr. Associazione Preite, Il nuovo diritto, 100 e F. Dimundo, sub art. 2346, ne La Riforma Lo Cascio, 4, 2003, 13.

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portatori di strumenti finanziari partecipativi possa essere riconosciuto il

diritto di esprimere voto nell'assemblea generale degli azionisti; ciò in

quanto la competenza dell'assemblea straordinaria non potrebbe essere

ampliata fino a comprendere argomenti diversi da quelli inerenti il

pregiudizio dei diritti di categoria. E’ altresì da ritenersi riconosciuta senza

alcuna esitazione ai portatori legittimati di strumenti finanziari il diritto

d’intervento nell’assemblea generale, considerato che la disposizione del

co. 1 di cui all’art. 2370 sembra avere la funzione di assicurare a tutti i

votanti il diritto d’intervento più che quella di escludere la partecipazione al

dibattito assembleare di non soci, ammesso che ciò sia consentito dallo

statuto. In questa prospettiva non può dubitarsi del fatto che gli strumenti

finanziari possano essere dotati, in forza di espressa previsione statutaria,

dei diritti d'informazione propri dei soci, primo fra tutti quello di consultare

i libri sociali. Ciò anche in considerazione di due circostanze: (i) che

l'attribuzione di tale diritto appare coerente con la possibilità di “fornire” gli

strumenti finanziari del diritto ad una partecipazione agli utili; (ii) che dal

disposto degli artt. 2421 e 2422 si ricava che il diritto all'informazione è

disciplinato dal codice civile esclusivamente con riferimento agli strumenti

finanziari emessi ai sensi dell'art. 2447 ter, lett e98.

La pluralità delle letture dimostra di per sé l'opinabilità di ognuna delle

soluzioni prospettate. In questo quadro credo che ogni ipotesi interpretativa

debba tener conto del complesso dei dati ricavabili dall'ordinamento.

Questi sono molteplici e, pertanto, può essere utile riassumerli:

il primo è il divieto di attribuire il diritto di voto nell'assemblea generale

98 Si veda in merito A. Stagno D’Alcontres, Società di Capitali

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degli azionisti ai portatori di strumenti finanziari, posto dell'art. 2346, ult.

co.; il secondo è il riconoscimento all'autonomia statutaria del potere di

riservare agli strumenti finanziari il diritto di voto su argomenti specifici ed

in particolare la nomina di un componente gli organi sociali; il terzo è la

configurazione di un'assemblea speciale dei portatori strumenti finanziari

che conferiscono diritti amministrativi all'art. 2376; il quarto è la

precisazione che ai componenti gli organi sociali nominati dai portatori

strumenti finanziari si applicano le medesime norme previste per gli altri

componenti l'organo cui partecipano; il quinto è la precisazione, operata

dagli artt. 2383, co. 1, (richiamato dall'art. 2409-noviesdecies) e dall'art.

2400, che la nomina, rispettivamente, degli amministratori e dei sindaci

compete all'assemblea salvo il caso di cui all'art. 2351, che è equiparato a

quello di designazione extrassembleare dei componenti degli organi sociali

da parte dello Stato o di enti pubblici ed infine il sesto è l'adozione da parte

del legislatore della stessa tecnica espositivo cui si è fatto cenno al punto

precedente, all'art. 2409-novies, co. 3, che riserva al consiglio di

sorveglianza la nomina dei componenti il consigli di gestione, salvi quelli

nominati ex art. 2351.

Queste regole implicano una serie di considerazioni derivate: la prima è

che, con riferimento ai portatori di strumenti finanziari forniti di diritti

amministrativi, la legge prevede direttamente la costituzione d'una specifica

assemblea speciale; la seconda è che la nomina di componenti degli organi

sociali costituisce uno degli specifici argomenti in ordine ai quali

l'autonomia statutaria può attribuire il diritto di voto ai portatori di

strumenti finanziari partecipativi, dal momento che detta ipotesi è indicata

con la locuzione in particolare e perciò come ipotesi esemplificativa; la

terza è che la nomina di amministratori e/o sindaci, operata ai sensi dell'art.

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2351, dai titolari di strumenti finanziari è equiparata dalla legge alla

designazione operata dallo Stato o dagli enti pubblici in via extrassembleare

ed è per questo considerata derogatoria rispetto alla regola generale di

elezione in assemblea generale degli azionisti (nella specie, in sede

ordinaria); la quarta è che la precisazione di cui all'ultimo inciso dell'art.

2351, ult. co., per la quale si applicano alle persone così nominate

medesime norme previste per gli altri componenti gli organi sociali, è

confermativa della superiore considerazione e mira ad escludere che, in via

interpretativa, possano essere estesi ai componenti gli organi così designati

le regole (in tema di revoca, ad es.) proprie di quelli nominati dallo Stato o

da altri enti pubblici; la quinta ed ultima è che, conferimento agli argomenti

rispetto ai quali lo statuto prevede il voto degli strumenti finanziari, diverse

di quelle di competenza “fisiologica” dell'assemblea straordinaria, la

delibera relativa, pur ponendosi all'interno di un più complesso

procedimento deliberativo, che si concreta nella delibera dell'assemblea

della società, assume una rilevanza propria ed autonoma, tanto da poter

assumere, come nei casi di nomina agli organi sociali, un'efficacia propria

ed autonoma rispetto all'organizzazione sociale.

Da queste considerazioni sembra potersi desumere un dato certo e,

cioè, che il voto dei portatori degli strumenti finanziari, allorché previsto

dallo statuto, deve concretarsi in una manifestazione collettiva di volontà

espressa nell'ambito di un'assemblea settoriale. Altro discorso è affermare

che quest'assemblea sia coincidente con quella di cui al 2376. La

disposizione si limita a prevedere che l'intervento dell'assemblea speciale è

necessario esclusivamente rispetto alle delibere dell'assemblea che

pregiudicano i diritti di una categoria di azioni o di strumenti finanziari

partecipativi che attribuiscono diritti amministrativi ed (ii) ad imporre che

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la deliberazione della assemblea speciale, quando essa sia dichiarata ad

assicurare determinazioni in ordine a tali materie, sia assoggettata

all'applicazione delle regole proprie della celebrazione dell'assemblea

straordinaria.

Al di fuori dell'ambito delineato dall'art. 2376, co. 1, non si versa

nell'ipotesi di assemblea speciale delineata dal legislatore e non trovano

applicazione in conseguenza le relative regole procedimentali.

D'altro canto la volontà collettiva della categoria (di azionisti o

portatori di strumenti finanziari partecipativi) deve pur formarsi, quando sia

riservato ai portatori di diritto di voto ai sensi dell'art. 2351, ult. co.

Sicuramente potrà disciplinare la materia lo statuto sociale prevedendo che

le regole in conformità delle quali la decisione deve essere assunta. Queste

potranno essere le più diverse, purché assicurino il rispetto del diritto

attribuito alla categoria. Nulla osta a che si preveda l'estensione delle regole

procedimentali (quelle proprie dell'assemblea straordinaria) richiamate

dall'art. 2376. Ma del pari non si può ritenere che non sia ammesso il

ricorso ad altre forme di formazione della volontà collettiva che possono

andare da ipotesi in cui si mutuano modelli già adottati, con riferimento ad

altre fattispecie, dall'ordinamento, come quella di una decisione assunta, nel

rispetto del metodo collegiale, con maggioranze analoghe a quelle

dell'assemblea ordinaria; ad altre che prevedano, tecniche del tutto

particolari, come, ad esempio, la comunicazione in via autonoma del voto

di ogni singolo azionista o portatore di altri strumenti finanziari

partecipativi agli amministratori della società.

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2.7 SCADENZA

Come osservato in precedenza, il debito subordinato non viene

generalmente rimborsato prima del completo rimborso del debito senior99.

Tale condizione rende inevitabilmente lo strumento in esame una forma di

finanziamento a lungo termine, caratterizzata da una scadenza superiore a

quella media del debito senior. Tale scadenza, variabile fra quattro e dieci

anni, presenta una certa differenza a seconda del mercato considerato. In

generale, infatti, il debito mezzanino presenta una scadenza media più

prolungata, mediamente compresa fra otto e dieci anni, negli Stati Uniti.

Viceversa, la scadenza è più ridotta, mediamente compresa fra quattro e

otto anni, nei mercati europei.

Nonostante la natura a lungo termine dello strumento in esame, occorre

tuttavia rilevare come l'elevato grado di rischio delle operazioni tipicamente

oggetto dei finanziamenti composti di debito senior e debito junior

comporti sovente una rinegoziazione della struttura del passivo nell'arco di

pochi anni, con possibilità di rimborso anticipato (3-4 anni) del debito

mezzanino. Ne segue una scadenza effettiva generalmente più ridotta di

quella originariamente negoziata.

99 Per debito senior si intende il complesso dei finanziamenti a medio-lungo termine a fronte dell'operazione di buy-out, recanti una clausola di rimborso privilegiato rispetto agli altri debiti. La durata dei finanziamenti senior è compresa fra i 5 e gli 8 anni e il loro totale rimborso precede sempre l'ammortamento del debito subordinato e dell'eventuale debito mezzanino impiegati per completare il finanziamento dell'operazione.

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2.8 COVENANTS

Le restrizioni imposte alle imprese che ricorrono al finanziamento

mezzanino dai sottoscrittori dello stesso strumento sono generalmente

assimilabili, nonostante la maggiore assunzione di rischio e il connesso

maggiore rendimento atteso, a quelle tipicamente imposte dai senior

lenders. Fra le più comuni si possono ricordare (tali covenants possono

naturalmente presentarsi in forme e combinazioni differenti): divieto di

effettuare operazioni di finanza straordinaria (acquisizione di imprese,

cessione di attività, riacquisto di azioni proprie, ecc.) senza il preventivo

assenso dei creditori junior; divieto di pagare dividendi senza il preventivo

assenso dei creditori junior; obbligo di mantenere un rapporto minimo fra

capitale di rischio (equity) e capitale di debito (debito senior e debito

subordinato); obbligo di conservare un grado minimo di liquidità (rapporto

fra attività correnti e passività correnti).

È evidente come, a fronte di maggiori restrizioni richieste imposte dagli

investitori in capitale intermedio, vi sia una minore flessibilità offerta

all'impresa finanziata dallo strumento in esame, e dunque minori siano le

concrete possibilità di sviluppo dello stesso. Ragionando in termini della

scala rischio-rendimento che va dal capitale di debito (senior) al capitale di

rischio, l'imposizione di covenants più restrittivi spinge il debito mezzanino

verso il gradino più basso (debito senior) e ne comporta un'inevitabile

diminuzione di attrattiva.

Essendo il debito mezzanino uno strumento finanziario partecipativo,

vediamo in concreto come vengono redatti tali tipologie di strumenti

finanziari ed eventuali loro restrizioni:

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CLAUSOLA GENERALE

La società, a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera

o servizi, può emettere strumenti finanziari ai sensi dell' art 2346 u.c.c.c..

DIRITTO ALLA RESTITUZIONE DELL'APPORTO

I sottoscrittori di tali strumenti finanziari avranno il diritto alla restituzione

dell'apporto allo scioglimento della società sempreché siano stati soddisfatti

i creditori sociali;eventualmente nel caso in cui l’apporto consista nella

prestazione di opera o di servizi i sottoscrittori avranno diritto alla

restituzione del valore dell'apporto ove la delibera di emissione lo consenta,

dettando criteri per la determinazione del valore dell'opera o del servizio

apportati, oppure i sottoscrittori di tali strumenti finanziari non avranno il

diritto alla restituzione dell'apporto allo scioglimento della società.

LIQUIDAZIONE ANTICIPATA DELL'APPORTO

La società e/o il sottoscrittore hanno facoltà di effettuare od ottenere la

liquidazione anticipata dell'apporto sempreché al momento della

liquidazione sussista la relativa riserva iscritta al passivo del bilancio ed

essa non risulti erosa da perdite.

A tal fine le eventuali perdite, una volte erose le riserve di utili devono

essere ripartite proporzionalmente tra il capitale e le riserve da capitale

formatesi a seguito dei conferimenti dei soci da un lato e la riserva relativa

agli apporti dei sottoscrittori di strumenti finanziari dall'altro.

La decisione inerente alla liquidazione su richiesta della società è assunta

dall'organo amministrativo (eventualmente previa autorizzazione

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dell'assemblea ordinaria) con determinato preavviso. Tale decisione deve

essere pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

La liquidazione su istanza del titolare degli strumenti finanziari deve essere

chiesta mediante lettera raccomandata indirizzata alla società con

l'indicazione delle generalità del titolare che chiede il rimborso, del

domicilio per le comunicazioni inerenti al procedimento, del numero e della

categoria degli strumenti finanziari per i quali si chiede il rimborso. Gli

strumenti finanziari per i quali si chiede il rimborso non possono essere

ceduti e devono essere depositati presso la sede sociale. Il rimborso dei

relativi strumenti finanziari deve essere eseguito entro determinati giorni

dalla ricezione della richiesta da parte della società.

DIRITTO AGLI UTILI ED A PLUSVALENZE PATRIMONIALI

I sottoscrittori degli strumenti finanziari avranno diritto a percepire

complessivamente una percentuale degli utili netti risultanti dal bilancio

regolarmente approvato, dedotto quanto per legge debba essere accantonato

a riserva legale; oppure i sottoscrittori degli strumenti finanziari avranno

diritto a percepire complessivamente una percentuale degli utili netti

risultanti dal bilancio regolarmente approvato, di cui l'assemblea

deliberi la distribuzione.

Eventualmente i sottoscrittori degli strumenti finanziari avranno diritto

inoltre a percepire, allo scioglimento della società, complessivamente una

percentuale delle plusvalenze patrimoniali residuate una volta pagati i

creditori sociali e rimborsati gli apporti dei soci e dei titolari di strumenti

finanziari.

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In ogni caso detta quota di utili (e di plusvalenze) sarà ripartita tra i

possessori degli strumenti finanziari partecipativi in proporzione al numero

dei titoli da ciascuno posseduti.

STRUMENTI FINANZIARI DI PARTECIPAZIONE AD UN

AFFARE EX ART. 2447-Bis

I sottoscrittori degli strumenti finanziari emessi a fronte del patrimonio

destinato di cui alla delibera avranno diritto a percepire complessivamente

una percentuale degli utili netti prodotti dall'affare di cui trattasi risultanti

dal bilancio regolarmente approvato, dedotto quanto per legge debba essere

accantonato a riserva legale; oppure i sotto scrittori degli strumenti

finanziari emessi a fronte del patrimonio destinato di cui alla delibera

avranno diritto a percepire complessivamente una percentuale degli utili

netti prodotti dall'affare di cui trattasi risultanti dal bilancio regolarmente

approvato, di cui l'assemblea deliberi la distribuzione.

In ogni caso detta quota di utili sarà ripartita tra i possessori dei predetti

strumenti finanziari in proporzione al numero dei titoli da ciascuno

posseduti.

COMPENSI NON CORRELATI AGLI UTILI

I sottoscrittori degli strumenti finanziari avranno diritto a percepire

compenso pari ad una percentuale del valore dell'apporto da essi effettuato;

oppure i sottoscrittori degli strumenti finanziari avranno diritto ad uno

sconto di una determinata percentuale sull’acquisto dei beni o dei servizi

prodotti dalla società.

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DIRITTO DI INTERVENTO IN ASSEMBLEA

I sottoscrittori degli strumenti finanziari hanno diritto di intervento senza

diritto di voto nelle assemblee dei soci.

COMPETENZA ALLA EMISSIONE

La decisione di emettere gli strumenti finanziari è di competenza di un

organo amministrativo o un’assemblea, che potrà adottarla in presenza per

esempio delle seguenti condizioni, come particolari necessità di bilancio o

esigenza di finanziare il compimento di determinate operazioni, o

limitazioni riferite all'ammontare dell'emissione o al tempo della stessa.

DIRITTO ALLA NOMINA DI UN COMPONENTE DEGLI ORGANI

AMMINISTRATIVI O DI CONTROLLO.

Ai titolari di strumenti finanziari è riservata la nomina di un componente

indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di

sorveglianza e di un sindaco.

A tal fine la nomina di cui sopra sarà effettuata dall'assemblea speciale dei

portatori di strumenti finanziari regolata dall'art. 2376 c.c..

I membri così nominati sono revocabili dall'assemblea dei soci, nel rispetto

delle condizioni di legge, fermo restando che il nuovo membro da sostituire

a quello revocato va comunque nominato dai titolari di strumenti finanziari

secondo le disposizioni sopra dettate.

DIRITTO DI VOTO

I titolari di strumenti finanziari hanno diritto di voto su determinati

argomenti. Detto voto sarà espresso in seno all'assemblea generale degli

azionisti ed a tal fine la relativa deliberazione, oltre a riportare

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l'approvazione dei soci con i quorum previsti nel determinato statuto, dovrà

altresì essere approvata dai titolari di strumenti finanziari che rappresentino

almeno una percentuale determinata degli strumenti finanziari emessi dalla

società ovvero

almeno una percentuale determinata degli strumenti finanziari presenti in

assemblea.

Ciascun sottoscrittore di strumenti finanziari, ha diritto di impugnare le

deliberazioni assembleari nelle quali ha diritto di voto indipendentemente

dalle quantità sottoscritte, oppure dovranno essere approvate dall'assemblea

speciale dei titolari di strumenti finanziari regolata dall'art. 2376 c.c. le

deliberazioni dell'assemblea relative a determinati argomenti:

DIRITTO DI IMPUGNARE LE DELIBERAZIONI DEL CONSIGLIO DI

AMMINISTRAZIONE

Ciascun sottoscrittore di strumenti finanziari ha diritto di impugnare le

deliberazioni del consiglio di amministrazione lesive dei suoi diritti

indipendentemente dalle quantità sottoscritte e di ispezionare i libri sociali

ed ottenerne estratti a proprie spese.

NOMINA DI UN RAPPRESENTANTE COMUNE

I titolari di strumenti finanziari possono nominare un rappresentante

comune secondo le disposizioni e con i compiti di cui all'art. 2541 c.c..

ASSEMBLEA SPECIALE

Le deliberazioni dell'assemblea dei soci che pregiudicano i loro diritti

devono essere approvate dall'assemblea speciale dei titolari di strumenti

finanziari.

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DIRITTO DI OPZIONE

Ai titolari di strumenti finanziari è riservato il diritto di opzione per la

sottoscrizione di nuove emissioni di strumenti finanziari, da esercitarsi in

conformità alle disposizioni di cui all'art. 2441 commi 1, 2 e 3 c.c. in quanto

compatibili.

Ai medesimi è riservato il diritto di opzione per la sottoscrizione di azioni

di nuova emissione e di obbligazioni convertibili, da esercitarsi in

conformità alle disposizioni di cui all'art. 2441 in quanto compatibili,

sempreché tale diritto non sia esercitato dai soggetti ivi indicati.

SANZIONI PER INADEMPIMENTO

Se il sottoscrittore che non abbia interamente liberato il titolo al momento

della sottoscrizione non esegue i pagamenti dovuti, decorsi quindici giorni

dalla pubblicazione di una diffida nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica,

gli amministratori, se non ritengono utile promuovere azione per

l'esecuzione dell'apporto, offrono gli strumenti finanziari relativi agli altri

sottoscrittori, in proporzione ai titoli da ciascuno detenuti, per un

corrispettivo non inferiore al valore degli apporti ancora dovuti. In

mancanza di offerte possono far vendere i titoli a rischio e per conto del

sottoscrittore, a mezzo di una banca o di un intermediario autorizzato alla

negoziazione nei mercati regolamentati. Qualora la vendita non possa aver

luogo per mancanza di compratori, gli amministratori possono dichiarare

decaduto il sottoscrittore, trattenendo le somme riscosse, salvo il

risarcimento dei maggiori danni. I titoli non venduti, se non possono essere

rimessi in circolazione entro l'esercizio in cui fu pronunziata la decadenza

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del sottoscrittore moroso, devono essere estinti con la corrispondente

riduzione della relativa riserva. Il sottoscrittore in mora nei versamenti non

può esercitare i diritti di voto eventualmente allo stesso spettanti in forza

del presente statuto nell'assemblea speciale o in quella dei soci.

Finché lo strumento finanziario non è interamente liberato non possono

essere emessi titoli al portatore.

DECADENZA

La decadenza del sottoscrittore, oltre che nel caso sopra indicato, può aver

luogo per l'interdizione o l'inabilitazione del sottoscrittore o per la sua

condanna ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai

pubblici uffici;

qualora il sottoscrittore, senza il consenso dell'organo amministrativo,

eserciti per conto proprio o altrui un'attività concorrente con quella della

società direttamente o a mezzo di soggetti interposti; a tal fine si

considerano in ogni caso soggetti interposti, salva la possibilità di provare

la qualità di soggetto interposto di altre persone, i parenti in linea diretta ed

il coniuge nonché le società nelle quali il sottoscrittore detenga una quota di

partecipazione superiore ad una percentuale determinata del capitale ovvero

rivesta la carica di amministratore;

in caso di inadempimento o impossibilità di adempimento dell'apporto

d'opera o di servizi eventualmente effettuato;

in caso di scomparsa o dichiarazione di assenza del sottoscrittore ai sensi

degli art. 49 e segg. c.c. ovvero qualora questi per almeno un determinato

numero di anni consecutivi non eserciti alcun diritto sociale ad esso

spettante; e nel solo caso in cui l'atto costitutivo preveda la necessità di

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determinati requisiti soggettivi, nell'ipotesi in cui vengano meno i requisisti

soggettivi richiesti per l'acquisto degli strumenti finanziari.

E’decaduto di diritto il sottoscrittore che sia dichiarato fallito.

La decadenza, quando non opera di diritto, deve essere deliberata dagli

amministratori o con decisione adottata con il voto favorevole dei soci che

rappresentano più di una percentuale determinata del capitale sociale.

La relativa deliberazione deve essere motivata e pubblicata nella Gazzetta

Ufficiale della Repubblica o comunicata al sottoscrittore con lettera

raccomandata con avviso di ricevimento).

Contro la deliberazione di esclusione il sottoscrittore può proporre

opposizione al tribunale, nel termine di sessanta giorni dalla pubblicazione

della deliberazione di decadenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica o

dalla comunicazione della deliberazione di decadenza.

Il sottoscrittore decaduto ha/non ha diritto alla liquidazione dell'apporto (in

caso affermativo sempreché al momento della liquidazione sussista la

relativa riserva iscritta al passivo del bilancio ed essa non risulti erosa da

perdite).

È condizione necessaria del valido esercizio del diritto di conversione che la

prestazione d'opera o di servizi o anche di beni in natura costituente

l'oggetto dell'apporto sia stata effettivamente eseguita. Se invece l'apporto

relativo agli strumenti finanziari da convertire è in denaro, è necessario che

esso al momento della conversione sia stato eseguito almeno per il 25%.

Se la riserva relativa all'apporto sia stata erosa da perdite al momento

dell'esercizio del diritto di conversione, tale diritto potrà essere esercitato

soltanto per il minore importo risultante al netto delle perdite subite.

TRASFERIMENTO DI TITOLI NON INTERAMENTE LIBERATI

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Coloro che hanno trasferito gli strumenti finanziari non liberati sono

obbligati in solido con gli acquirenti per l'ammontare dei versamenti ancora

dovuti, per il periodo di tre anni dal trasferimento, oppure è vietata la

circolazione del titolo non liberato.

TECNICHE DI CIRCOLAZIONE

Gli strumenti finanziari sono rappresentati da titoli nominativi o al

portatore o all'ordine oppure non sono rappresentati da titoli e si

trasferiscono a mezzo dell'iscrizione del trasferimento su apposito libro

tenuto a cura della società, ove, previa identificazione a cura dell'organo

amministrativo, verrà raccolta la sottoscrizione del cedente e del

cessionario.

Eventualmente la circolazione degli strumenti finanziari non è consentita.

STRUMENTI FINANZIARI CONVERTIBILI

Possono essere emessi anche strumenti finanziari convertibili in

partecipazioni azionarie. Essi devono essere offerti in opzione agli azionisti

ai sensi dell'art. 2441 c.c..

In tal caso si applica, in quanto compatibile, l'art. 2420-bis c.c..

Ove l'apporto del sottoscrittore sia rappresentato dalla prestazione di opera

o di servizio, la conversione può avvenire solo se sia stato attribuito ai

sottoscrittori il diritto alla restituzione del valore dell'apporto, secondo i

criteri per la determinazione del valore dell'opera o del servizio apportati

stabiliti dalla delibera di emissione.

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2.9 I VANTAGGI PER I CREDITORI SENIOR

Dal punto di vista dei creditori di un'impresa, i vantaggi del debito

mezzanino emergono in relazione alla sua capacità di migliorare, se

utilizzato come strumento di finanziamento di un processo di crescita

dell'attivo, o di mantenere inalterato, se utilizzato come strumento di

finanziamento sostitutivo del capitale di rischio, il merito creditizio

dell'impresa finanziata. Ipotizzando una clausola di subordinazione

parziale, i vantaggi connessi alla situazione dei creditori senior variano a

seconda che il debito mezzanino si configuri come risorsa finanziaria

addizionale per il finanziamento di un nuovo investimento o come risorsa

finanziaria sostitutiva di parte del capitale di rischio100.

Nel primo caso la posizione dei creditori viene migliorata, nel senso che il

merito creditizio dell'impresa finanziata viene positivamente influenzato. Di

fatto, è come se il rapporto di capitalizzazione dell'impresa venisse

incrementato.

Nel secondo caso invece i creditori senior mantengono inalterata la

propria posizione, permettendo peraltro alle imprese mutuatarie di

finanziare progetti di investimento che presentano adeguati profili di

redditività e/o temporaneamente di ottenere una riduzione del costo dei

liquidi.

2.10 TECNICHE DI EMISSIONE E DI NEGOZIAZIONE SUI MERCATI

100 Da la “La ricerca del valore. Una guida per il management e per gli azionisti” Bennett Stewart III G. Milano, Egea, 1998

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PRIMARIO E SECONDARIO

Dal punto di vista strettamente operativo, l'emissione di debito

mezzanino sul mercato primario avviene attraverso la tecnica del private

placement. In seguito alla determinazione della struttura finanziaria ottimale

di un'impresa, l'istituzione che svolge il ruolo di arranger si incarica di

contattare, in forma privata, i potenziali offerenti di debito mezzanino

(equity funds, mezzanine funds, investitori istituzionali o dipartimenti

specializzati di banche internazionali) al fine di negoziare con questi ultimi

le migliori condizioni di tasso, scadenza, juniority. Il ruolo di arranger può

anche essere direttamente svolto da un'istituzione specializzata come un

fondo mezzanino, il quale si limiterà a contattare i potenziali senior lenders

ed eventualmente a cedere parte della quota di capitale intermedio

sottoscritto a un'altra istituzione.

È interessante osservare come, quando l'istituzione che sottoscrive

inizialmente la quota di mezzanine financing non è un fondo mezzanino o in

generale un'istituzione specializzata in tale strumento, si abbia sovente il

tentativo di cedere sul mercato secondario parte, o tutta, la quota

sottoscritta. Ciò avviene contattando quelle istituzioni potenzialmente

interessate e dotate della competenza necessaria a valutare lo strumento. La

scarsa diffusione del capitale intermedio in Europa si riflette anche in una

limitata liquidità del mercato secondario.

È inoltre importante sottolineare come tale scarsità di spessore e

liquidità del mercato secondario in Europa riguardi in particolare le fasi

successive alla conclusione della transazione.

L'eventuale cessione della quota di debito mezzanino sottoscritta

avviene infatti esclusivamente nella fase immediatamente successiva la

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conclusione di un'operazione. Trattandosi in genere di operazioni

caratterizzate da un elevato grado di rischio, se le condizioni economico-

finanziarie dell'impresa debitrice seguono il percorso originariamente

formulato in sede di proiezioni, l'istituzione che ha sottoscritto la quota di

debito mezzanino non ha più interesse a cederla e conserva dunque in

portafoglio l'investimento. Se invece tali condizioni si deteriorano in

seguito a fattori specifici dell'impresa finanziata (management prodotti,

ecc.) o generici di mercato (tassi di interesse, ciclo macroeconomico, ecc.),

diviene praticamente impossibile trovare una controparte disposta a rilevare

la quota.

Ù

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Capitolo 3 LA CONFIGURAZIONE GIURIDICA DI UN

INTERMEDIARIO DI MEZZANINE FINANCE

SOMMARIO: 3.1. Introduzione, 3.2 Caratteristiche fiscali dello strumento di mezzanine finance, 3.3 Organismi di investimento collettivo in valori mobiliari 3.4 Fondi chiusi, 3.5 Società, 3.6 Conclusioni, 3.7 Casi pratici,

3.1 INTRODUZIONE

La scelta della configurazione giuridica di un fondo mezzanine, ossia di

un organismo intermediario che intervenga a favore di imprese target

nell'organizzazione e nell'offerta di finanziamenti mezzanine, non si

presenta facile. A tal fine risulta utile analizzare quanto già acquisito dalla

prassi in materia, premettendo sin da ora che la diffusione di questi

intermediari in Europa è ancora relativamente limitata: come si è potuto

notare in precedenza, infatti, sinora ha avuto maggiore sviluppo il debito

mezzanino, ossia lo strumento di finanziamento utilizzato dagli investitori

istituzionali soprattutto per il finanziamento di operazioni di LBO e MBO.

La scelta delle possibili configurazioni giuridiche va effettuata tenendo

conto soprattutto di due fattori.

In primo luogo una configurazione giuridica efficiente deve in primo luogo

soddisfare le esigenze di operatività del fondo, fornendo allo stesso un

elevato grado di autonomia ossia l'opportunità di aumentare liberamente il

capitale del fondo e flessibilità ossia la possibilità di ricorrere a forme di

debito piuttosto che unicamente al capitale proprio.

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In secondo luogo vanno valutate le implicazioni di natura civilistica e

soprattutto i vantaggi e gli svantaggi di natura fiscale che una forma

giuridica piuttosto che un'altra possono comportare: a questo scopo occorre

considerare non solo la normativa del paese nel quale si intende collocare il

fondo ma anche la normativa del paese in cui risiedono o hanno sede legale

i partecipanti al fondo e la normativa del paese in cui il fondo effettua i

propri investimenti, ossia il paese sede delle imprese target.

Atteso il fatto che non esistono quasi termini di confronto o esperienze che

possano suggerire la soluzione più efficiente, si è ritenuto necessario fornire

una gamma di possibilità piuttosto ampia, anche se, come si vedrà, le

condizioni sopra esplicitate vengono soddisfatte soprattutto da una

configurazione giuridica di tipo societario. Le principali alternative sono

comunque tre:

1. organismo di investimento collettivo di tipo aperto;

2. organismo di investimento collettivo di tipo chiuso;

3. società.

Gli aspetti fondamentali della normativa che regola le varie tipologie di

fondi considerate sono stati esaminati in 4 paesi membri dell'Unione

Europea, ossia Francia, Italia, Lussemburgo e Regno Unito. La scelta è

ricaduta su Francia e Italia in quanto paesi dell'Europa continentale nei

quali lo strumento del debito mezzanino è attualmente maggiormente

sviluppato; la scelta del Lussemburgo è motivata soprattutto da ragioni di

tipo fiscale, in quanto in questo paese la normativa dei fondi e delle società

di investimento è molto favorevole; il Regno Unito, infine, è stato preso in

considerazione perché, come si è visto, in esso sono presenti da tempo

istituzioni finanziarie specializzate nell' offerta di finanziamenti mezzanine.

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3.2 IL MEZZANINE FINANCE: CARATTERISTICHE FISCALI DELLO

STRUMENTO

Obiettivo di quest'ultimo paragrafo è quello di presentare le caratteristiche

fiscali che lo strumento finanziario “mezzanine financing” assume nella

normativa italiana e in quella francese.

Le due componenti del finanziamento mezzanino, rappresentate dal debito

subordinato e dall' equity kicker, possono sia essere tenute distinte che

racchiuse in un medesimo strumento finanziario.

Nel primo caso la componente di debito subordinato può essere

rappresentata sia da obbligazioni subordinate che da zero coupon bonds;

contestualmente, per quanto concerne la componente di equity kicker,

vengono emessi warrants.

La componente reddituale del debito subordinato che viene assoggettata a

tassazione in capo al soggetto creditore è rappresentata dall'interesse attivo

corrisposto dall'impresa finanziata. In capo a quest’ultima invece l'interesse

corrisposto costituisce un onere deducibile dal reddito d'impresa. Sia in

Italia che in Francia il regime di tassazione degli interessi generati dal

debito subordinato non differisce da quello generalmente previsto per gli

interessi obbligazionari; pertanto, trattandosi di tassazione di interessi in

capo ad organismi societari, l'aliquota applicata in Italia è sensibilmente

superiore a quella applicata in Francia.

Nel caso di emissione di zero coupon bonds sia la normativa italiana che

quella francese prevedono che la differenza tra prezzo di emissione e prezzo

di rimborso sia assoggettata allo stesso regime impositivo degli interessi.

In Italia non esiste una regolamentazione specifica sui warrants. La Francia

invece ha elaborato una normativa apposita. È previsto che l'emissione di

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warrants dia origine ad un provento tassabile in capo alla società emittente

soltanto nell' esercizio in cui scade il diritto di sottoscrizione dell' azione e

parimenti, alla stessa scadenza, rappresenti una perdita netta per il

detentore. Qualora venga esercitata l'opzione call, che consente all'impresa

emittente di riacquistare prima della scadenza i warrants emessi ad un

prezzo di esercizio predeterminato, l'eventuale guadagno (perdita) che la

stessa può realizzare è tassato (dedotto). L'esercizio dell' opzione put

concessa al detentore del warrant, che consiste nella cessione del titolo

prima della scadenza, può parimenti generare una plusvalenza tassabile o

una minusvalenza deducibile. Il detentore, qualora eserciti il diritto

contenuto nel warrant, è tassato sulla differenza tra il prezzo di mercato

dell'azione sotto stante e il prezzo determinato per l'acquisto dell' azione più

il premio versato per l'acquisto del warrant.

In Italia generalmente si ritiene che i warrants rientrino tra i beni relativi

all'impresa la cui cessione dà origine a plusvalenze tassabili o minusvalenze

deducibili, in quanto la legislazione tributaria non assimila espressamente i

warrants ai titoli la cui cessione dà origine a ricavi.

Quando le due componenti del finanziamento mezzanino vengono

racchiuse nel medesimo strumento finanziario, si fa più frequentemente

ricorso all' emissione di obbligazioni subordinate convertibili o titoli

rappresentativi del capitale di rischio, quali le azioni privilegiate.

La tassazione delle obbligazioni subordinate convertibili è, sia in Italia che

in Francia, la stessa delle obbligazioni ordinarie; allo stesso modo le azioni

privilegiate sia in Italia che in Francia ricevono lo stesso trattamento fiscale

delle azioni ordinarie.

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3.3 ORGANISMI DI INVESTIMENTO COLLETTIVO IN VALORI

MOBILIARI

Una configurazione possibile può essere quella di un fondo comune di

investimento aperto, ossia di un organismo di investimento collettivo in

valori mobiliari aperto alla pubblica sottoscrizione, individuato ai sensi

delle direttive CEE 611/1985 e 220/1988.

Tale struttura esiste in tutti i 4 paesi considerati: in Italia vi sono i “fondi

comuni di investimento mobiliare” introdotti dalla Legge 77/1983, seguiti

dalla recente introduzione delle SICAV, che si differenziano dai primi in

quanto costituite come società per azioni; in Francia i “Fonds Commun de

Placement Collective en Valeurs Mobiliers” aperti al pubblico, introdotti

con una Legge del 13 luglio 1979, nel Regno Unito gli “unit trusts”, in

Lussemburgo gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari, da

ultimo disciplinati dalla Legge 30 marzo 1988.

Tutti gli organismi considerati hanno una configurazione giuridica simile:

esiste infatti una separazione tra il fondo, definito come un insieme di

risorse finanziarie fornite da una pluralità di soggetti, e il “gestore” del

fondo stesso che investe tali disponibilità in forma collettiva (generalmente

si tratta di una società di gestione). Tali organismi hanno caratteristiche

comuni

In primo luogo si tratta di organismi il cui oggetto esclusivo è

l'investimento collettivo in valori mobiliari dei capitali raccolti presso il

pubblico e che adottano nella propria gestione il principio della ripartizione

dei rischi.

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In secondo luogo le quote sottoscritte dai partecipanti al fondo devono

essere riacquistabili o rimborsabili, direttamente o indirettamente a carico

del patrimonio degli organismi stessi su richiesta dei portatori.

Le suddette caratteristiche lasciano intuire che un fondo di questo genere

ben difficilmente potrà attagliarsi alle esigenze proprie di un fondo

mezzanino.

Nel caso del mezzanino è infatti improbabile che il finanziamento del

fondo, per la parte che residua dopo il finanziamento dei promotori del

fondo stesso, sia aperto alla pubblica sottoscrizione; né sembra plausibile

che il principio informatore della gestione sia quello, tipico dei fondi aperti,

di minimizzare il rischio assunto dai sottoscrittori (si rammenta ad esempio

che in Italia solo il 10% del patrimonio dei fondi comuni può essere

investito in titoli non quotati).

3.4 FONDI CHIUSI

Una seconda alternativa è rappresentata dai fondi chiusi (closed-end funds).

Si tratta di fondi comuni di investimento che si differenziano da quelli

aperti in quanto in essi il patrimonio gestito è predeterminato e pertanto

l'ingresso è possibile, a titolo originario, soltanto al momento dell'

emissione delle quote ovvero, a titolo derivativo, durante la vita del fondo,

acquistando le quote dai sottoscrittori originari. Il grado di autonomia e

flessibilità di questa tipologia di fondo è dunque assai ridotto.

Il fondo chiuso investe generalmente in titoli non quotati, anche se esistono

numerosi fondi, specie negli USA e nel Regno Unito, che investono in titoli

quotati. L'investimento in titoli non avviene, come nel caso dei fondi aperti,

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per negoziazione, bensì al fine di “ partecipare” alle imprese di cui vengono

sottoscritti i titoli. Obiettivo del fondo è infatti quello di assumere

partecipazioni in società che possono crescere in modo che la successiva

alienazione delle quote (alla vecchia proprietà o ai nuovi soci) permetta di

realizzare una plusvalenza distribuibile ai partecipanti al fondo o

reinvestibile nel fondo stesso.

Nel modello europeo-continentale i fondi chiusi vengono promossi da una

società di gestione, così come accade per i fondi aperti; gli obblighi, le

politiche d'investimento e le caratteristiche giuridiche e operative del fondo

sono contenute in un documento denominato “regolamento”. I mezzi

raccolti dal fondo vengono depositati direttamente dal sottoscrittore in una

banca denominata “depositaria” (custodian) la quale terrà a dossier i titoli

quotati e non quotati acquistati dal fondo e vigilerà sulla regolarità delle

operazioni effettuate. Nel caso di un fondo mezzanino avente la

configurazione giuridica di un fondo chiuso è probabile che il procedimento

di costituzione sia inverso, ossia che una volta raccolti i mezzi finanziari tra

le banche e le altre istituzioni finanziarie, ferma restando la possibilità per

altre persone fisiche o giuridiche di contribuire per la restante parte, si

proceda ad affidare l'incarico della gestione ad una società appositamente

costituita.

Sinora si è descritto un primo modello, di natura contrattuale, di fondo

chiuso. Esiste anche un secondo modello, la cui struttura è di tipo statutario

anziché contrattuale101, diffuso soprattutto nei paesi anglosassoni (ad

101 Come indicato nella Direttiva CEE del 20 dicembre 1985 n. 611,gli O.I.C.V.M. possono assumere due forme giuridiche diverse; natura contrattuale: in tale caso sono solitamente privi di personalità giuridica e di soggettività tributaria. All'interno di questa categoria si possono distinguere: organismi per i quali il possesso del capitale investito e dei redditi da questo fruttati compete all'organismo stesso (possesso legale) e, contemporaneamente, ai sottoscrittori di quote, come nel caso degli unit trust del Regno

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esempio gli investment trusts inglesi). Questo secondo modello prevede la

costituzione, da parte dei promotori, di un organismo dotato di personalità

giuridica (solitamente una società), il cui fine esclusivo è quello di

raccogliere un determinato ammontare di mezzi da investire in imprese non

quotate, per le quali vi siano ragionevoli prospettive di crescita nel medio-

lungo periodo. I conferimenti vanno a costituire un patrimonio di cui

diviene titolare la società stessa e i cui certificati sono costituiti da azioni

quotate102.

Fatte queste premesse esaminiamo le principali tipologie di fondi chiusi

presenti in :Francia,Lussemburgo,Regno Unito ed Italia.

In Francia esistono dal 1983 i fonds communs de placement a risque

(FCPR) e dal 1985 le sociétés de capital-risque.

I primi non hanno personalità giuridica, sono costituiti sulla base di uno

Statuto approvato dalla Commissione degli Operatori di Borsa e devono

essere amministrati da un gestore persona fisica o giuridica (spesso il

gestore è una filiale di una società finanziaria).

I sottoscrittori possono essere persone fisiche e giuridiche. La quota minima

di sottoscrizione varia da un minimo di 100 Franchi Francesi ad un

massimo di 100.000 Franchi Francesi, a seconda del tipo di sottoscrittore

cui il fondo è destinato (persone fisiche o investitori istituzionali). Il

Unito,ed organismi basati su una comproprietà del capitale investito e dei redditi da esso fruttati da parte di tutti i sottoscrittori, noti anche come mutual funds.; natura statutaria: sono dotati di personalità giuridica e, almeno in linea di principio, di soggettività tributaria. In questo caso gli O.I.C.V.M. assumono la forma legale di società per azioni, in cui il possesso del capitale investito e dei redditi da esso fruttati è della società, mentre i sottoscrittori sono azionisti e possiedono pertanto la società stessa. 102 La partecipazione del management nella società è di solito limitata all'l %; esso tuttavia percepisce una commissione di gestione (management fee) che si aggira sul 2-3% del patrimonio. Il vero profitto sta però nella clausola che riserva al manager il diritto di trattenere, di solito, un quinto delle plusvalenze realizzate all'atto della liquidazione, mentre i restanti 4/5 vengono distribuiti agli altri “soci-sottoscrittori”.

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patrimonio massimo gestito dai fondi chiusi è di 500 milioni di franchi. Nel

caso di un fondo destinato a investitori istituzionali, istituzioni finanziarie,

imprese industriali, francesi ed esteri, quale potrebbe essere il fondo

mezzanino, il gestore del fondo deve detenere almeno 1'1 % del capitale del

fondo stesso. I sottoscrittori non possono chiedere il riscatto della propria

quota per un periodo di tempo che può andare da un minimo di tre anni ad

un massimo di dieci. Il portafoglio di questi fondi, entro il termine di un

anno, deve essere investito per almeno il 40% in partecipazioni, azioni,

obbligazioni convertibili di società non quotate né sul mercato ufficiale, né

sul Second Marché. Inoltre il fondo non può detenere più del 10% dei titoli

di una stessa società.

Le sociétés de capital-risque si differenziano dai fondi comuni per la natura

statutaria, cui consegue una diversa disciplina civilistica e fiscale; tuttavia

una Legge del 23/12/1988, destinata a ricostruire il quadro giuridico

generale applicabile a tutti gli organismi di investimento collettivo, ha

accentuato la convergenza degli statuti dei fondi e delle società a rischio.

La normativa fiscale si differenzia per i due tipi di organismi considerati.

I fonds communs de placement à risque beneficiano di un regime fiscale

che assicura la piena trasparenza del fondo, per cui tutti i redditi percepiti

dallo stesso (dividendi, interessi, capital gains) non subiscono imposizione

in capo allo stesso, ma vengono tassati in capo ai partecipanti, con

normative diverse a seconda che si tratti di persone fisiche o giuridiche .

Le sociétés de capital risque, invece, vengono tassate secondo il diritto

comune per cui subiscono l'imposta del 33,33 % sugli interessi percepiti,

godono di esenzione sui dividendi qualora rientrino nel campo di

applicazione della direttiva società madri-società figlie (partecipazioni

91

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superiori al 10%), oppure, qualora i dividendi siano tassati, godono del

credito d'imposta (avoir fiscal). Le plusvalenze sono tassate al 15 % se si

tratta di plusvalenze a lungo termine (ossia se realizzate su titoli detenuti

per più di 2 anni), al 33,33 % se si tratta di plusvalenze a breve termine.

L'esperienza lussemburghese di fondi chiusi è molto simile a quella

francese. Tali organismi possono essere sia a struttura contrattuale che a

struttura societaria; mentre i primi devono investire essenzialmente in titoli

quotati in borsa, i secondi possono investire una quota rilevante del loro

patrimonio in titoli non quotati, in crediti, e in altri strumenti del mercato

monetario. Si segnalano, tra i fondi considerati, gli organismes de

placement collectif dont l'objet principal est le placement dans de capitaux

à risques élevés. Anche questi ultimi possono essere costituiti sia come

società che come fondo. Tali organismi devono investire almeno il 50% del

proprio capitale in titoli di società non quotate, di nuova costituzione o

meno. La percentuale può essere raggiunta in un tempo indeterminato, a

differenza di quanto previsto generalmente negli altri paesi. Inoltre il

patrimonio non può essere investito in misura superiore al 20% in titoli di

un'unica società. I fondi a rischio elevato, a differenza degli altri fondi di

investimento, possono contrarre prestiti fino al 25 % del proprio attivo. La

quota minima che il partecipante al fondo deve sottoscrivere è di 500.000

Franchi Lussemburghesi103. Inoltre è possibile procedere a nuove emissioni

purché le precedenti quote siano state interamente sottoscritte e pagate.

Viste le peculiarità della normativa - possibilità di indebitamento,

possibilità di aumento del capitale, investimenti a rischio relativamente

elevato - una struttura di questo genere, preferibilmente in forma societaria,

103 Valore che risale al 1990

92

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potrebbe rappresentare una valida alternativa nella scelta della

configurazione del fondo mezzanino.

Anche in Lussemburgo, come in Francia, con testualmente all'istituzione

dei fondi chiusi104, si è proceduto alla creazione di un secondo mercato, in

cui possono essere smobilizzate le quote, al fine di facilitare 1'accesso delle

imprese partecipate dai fondi.

Nel Regno Unito i fondi chiusi assumono la forma tipica di investment

trust. Va comunque rimarcato che in questo paese si riscontra una pluralità

di istituzioni pubbliche e private che operano genericamente nell' apporto di

capitale di rischio, sviluppatesi sull'impulso di una tradizione ormai

secolare in questo settore, ma recentemente alimentata dall'ingresso di

società di venture capital statunitensi. A tale proposito, occorre brevemente

sottolineare come la distinzione tra fondi chiusi e società di venture capital

abbia perso gran parte del suo valore nei paesi anglosassoni (e soprattutto

negli Stati Uniti) dove l' osmosi tra fondi chiusi in forma statutaria e società

di venture capital si è definitivamente completata e il fondo chiuso è

diventato quasi esclusivamente lo strumento operativo attraverso il quale si

perseguono obiettivi di venture capital.

Nell'Europa continentale, invece, la distinzione tra fondi chiusi e società di

venture capital è ancora netta non solo sotto il profilo teorico, ma anche dal

punto di vista operativo. Infatti le società per azioni che gestiscono il

venture capital hanno natura di finanziarie di partecipazione e intervengono

soprattutto nel finanziamento dell'impresa nel suo stadio iniziale (seed e

start-up financing); di norma invece i fondi chiusi intervengono in una fase

più adulta dell'impresa e non possono assumere il ruolo di azionisti di

maggioranza.

104 Legge 30 marzo 1988

93

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Nella fase più adulta dell'impresa entrano in gioco anche le banche d'affari

(merchant banks) le quali sono le principali operatrici nelle manovre di

finanza straordinaria. Esse hanno un coinvolgimento finanziario sia in

termini di equity che di senior money, assumono spesso posizioni di

azionisti di maggioranza relativa, hanno un coinvolgimento strategico nell'

azienda.

Gli investment trust, come si è detto, rappresentano l'espressione tipica di

fondo chiuso, a natura statutaria, presente nel Regno Unito: si tratta di

società di investimento che devono soddisfare determinati requisiti (sezione

842 dell'Income and Corporation Taxes Act del 1988); uno di questi

consiste nel divieto di distribuire sotto forma di dividendo i proventi

maturati durante l'esistenza del fondo. Inoltre non devono investire più del

15 % dell' attivo in titoli di una singola società. Per ottenere l'ammissione

delle proprie azioni al listino ufficiale non devono investire più del 25 %

dell' attivo in società non quotate105. A differenza dei fondi aperti (unit

trust) gli investment trust possono ricorrere all'indebitamento per ottenere

una certa leva finanziaria: essi infatti possono emettere obbligazioni e

azioni privilegiate; questa caratteristica conferisce agli investment trust

interessanti vantaggi in termini di sottoscrizione e li rende attraenti come

possibile configurazione di un fondo mezzanino.

Non esistono particolari agevolazioni fiscali106: il regime fiscale ad essi

applicato è quello delle società in generale (imposta sul reddito del

33%);così pure i proventi erogati ai partecipanti al fondo subiscono in capo

105 Qualora il limite del 25% sia superato si può comunque ottenere l'ammissione al

listino con la qualifica di investment companies, per le quali è prevista una normativa più rigida riguardo all'informativa di bilancio.

106 Fino al 1980 era prevista l'esenzione sui guadagni di capitale realizzati sulle azioni

di partecipazione all'investment trust.

94

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ad essi l'imposizione prevista dalle norme generali della tassazione del

reddito delle persone fisiche e delle persone giuridiche.

Italia i fondi chiusi sono stati introdotti con la recente Legge del 1517/1993.

La normativa prevede che il Ministero del Tesoro, sentita la Banca d'Italia,

possa autorizzare l'istituzione di fondi chiusi da parte di società con un

capitale minimo di 5 miliardi, nel caso in cui la gestione sia esclusivamente

di fondi chiusi, ovvero di 7 nel caso in cui sia congiunta di fondi chiusi ed

aperti. Il fondo deve avere una durata compresa tra i 5 e i 10 anni (estesa ad

8 per i fondi le cui quote di partecipazione siano quotate). L'ammontare

minimo di ogni singola sottoscrizione non può essere inferiore a 100

milioni (400 milioni se la sollecitazione al pubblico risparmio è effettuata al

di fuori dei canali tradizionali). La società di gestione deve investire il

proprio patrimonio in quote dei fondi dalla stessa gestiti, nelle misura

minima del 5% e massima del 10% dell'ammontare di ciascun fondo.

Il patrimonio del fondo può essere investito esclusivamente in valori

mobiliari non quotati, limitatamente alle azioni, alle quote, alle obbligazioni

convertibili o cum warrant dello stesso emittente, in misura non inferiore al

40% e non superiore all'80% del valore complessivo del patrimonio stesso,

in titoli di Stato italiano o esteri in misura inferiore al 20% del patrimonio,

in valori mobiliari quotati nei mercati regolamentati nazionali e in quelli

esteri riconosciuti (il limite massimo per le azioni quotate in borsa o al

mercato ristretto è del 20%).

L'investimento in titoli emessi da una stessa società non può superare il

20% del patrimonio del fondo; inoltre il patrimonio del fondo non può

essere investito in valori mobiliari ceduti da un altro fondo gestito dalla

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medesima società di gestione ovvero emessi o collocati da soggetti facenti

parte del gruppo di appartenenza della società di gestione.

Ulteriori limiti concernono l'acquisto, da parte della società di gestione, per

ciascun fondo da essa gestito, di azioni o quote con diritto di voto emesse

da una stessa società (30% del valore nominale se società non quotata, 5%

se quotata); in ogni caso non è consentito accumulare partecipazioni per un

ammontare tale da consentire di esercitare il controllo sull'emittente (art.

10,6° comma, Legge 15/7/1993).

La disciplina tributaria di questi fondi agevola principalmente

l'investimento in valori mobiliari non quotati. Essa si ispira a quella prevista

per i fondi comuni di investimenti aperti: vi è dunque un'imposta

patrimoniale sul fondo la cui aliquota si riduce dallo 0,25% allo 0,1 % nel

caso in cui l'ammontare del valore netto del fondo sia investito

prevalentemente in titoli non quotati; al fondo inoltre sono applicate

ritenute a titolo d'imposta sui redditi derivanti dagli investimenti effettuati. I

proventi erogati alle persone fisiche sono esenti; quelli erogati a persone

giuridiche subiscono la normale imposizione, ma hanno diritto ad un credito

d'imposta del 25%

3.5 SOCIETA’

Un'ulteriore configurazione adottabile da un fondo mezzanino è quella

societaria, per certi aspetti simile a quella dei fondi chiusi di tipo statutario

presenti nei paesi anglosassoni.

96

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Rispetto ai fondi chiusi, le forme societarie presentano un maggior grado di

autonomia/flessibilità, dovuto al fatto che in ogni momento è possibile

procedere ad un aumento di capitale della società stessa. In tal caso, la

normativa rilevante è quella che regolamenta le società nel paese

considerato, fatte salve specifiche disposizioni qualora la società rivesta

caratteristiche particolari disciplinate da una normativa apposita (ad

esempio le sociétés de capital risque in Francia, società che hanno per

oggetto sociale l'acquisizione di partecipazioni in società non quotate,

devono soddisfare particolari condizioni e godono di agevolazioni fiscali).

L'utilizzo di società di venture capital tuttavia può rivelarsi non proficuo

per un fondo mezzanino, che, per le sue peculiari caratteristiche, può non

rientrare nelle griglie normative che disciplinano le suddette società.

3.6 CONCLUSIONI

Le configurazioni giuridiche che può assumere il fondo mezzanine variano

notevolmente tra i paesi considerati; come si è visto infatti in ciascun paese

le tre categorie analizzate (fondi aperti, fondi chiusi e società) si

differenziano tra di loro sia a livello strutturale che a livello di normativa

fiscale, risultando quindi più o meno attraenti per il tipo di fondo che si

intende realizzare. Non è perciò possibile individuare una struttura comune

che, a prescindere dal paese in cui la si intenda localizzare, rappresenti la

struttura giuridica ottimale, ma la scelta va compiuta singolarmente per

ciascun paese.

Una struttura giuridica ottimale per il fondo mezzanino deve soddisfare

alcune delle seguenti condizioni; godere di un elevato grado di flessibilità

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consentendo quindi di effettuare liberamente aumenti di capitale qualora

risulti opportuno; presentare vantaggi e opportunità in sede di

sottoscrizione, offrendo la possibilità di ricorrere a forme di debito piuttosto

che unicamente alla raccolta di capitale; risultare un investimento attraente

in grado di garantire un elevato rendimento sia lordo che netto, dove per

netto si intende quanto residua dopo le imposte pagate sia dal fondo che dal

sottoscrittore;infine offrire ai promotori del fondo la possibilità di

discriminare 1'accesso di eventuali ulteriori partecipanti.

In Italia le prime due condizioni e la quarta sono soddisfatte unicamente da

una struttura societaria, per la quale non esistono vincoli stringenti alla

struttura patrimoniale né in sede di costituzione, né in fasi successive.

Tuttavia tale configurazione giuridica non appare altrettanto opportuna ai

fini della terza condizione, in quanto né la normativa fiscale italiana sui

profitti societari (aliquota del 52,2%), né quella riservata ai non residenti sui

dividendi ricevuti (ritenuta d'imposta del 32,4 % senza concessione del

credito d'imposta) si presenta molto vantaggiosa. Il rendimento netto

dell'investimento non è quindi in prima analisi molto attraente; tuttavia

questa valutazione può essere modificata in presenza di Convenzioni contro

la doppia imposizione che riducono 1'ammontare della ritenuta in capo ai

non residenti e concedono il credito d'imposta (un esempio a questo

proposito è rappresentato dalla recente nuova Convenzione tra Italia e

Francia che, oltre a ridurre l'aliquota, concede anche il credito d'imposta);

inoltre la recente Direttiva società madri-società figlie, recepita in Italia col

Decreto Legislativo 5 marzo 1993, consente, in presenza di partecipazioni

superiori al 25 % detenute per più di 1 anno, l'esenzione totale sui

dividendi.

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Per la Francia valgono le stesse considerazioni effettuate per l'Italia, tranne

l'esistenza di un'imposizione sui profitti societari più contenuta di quella

prevista nel nostro paese (33,33 %). Inoltre in Francia esiste una particolare

tipologia di fondo chiuso, avente forma societaria, rappresentata dalle

sociétés de capital-risque, che potrebbe essere appropriata per un fondo

mezzanino.

In Lussemburgo la forma più idonea sembra essere quella degli organismes

de placement collectif dont l’objet principal est le placement dans de

capitaux à risques élevés, organismi di tipo chiuso aventi come oggetto

principale il collocamento in capitali a rischio elevato, costituibili sia come

fondi che come società. Il trattamento fiscale di cui godono unito alla

possibilità di indebitamento, a quella di procedere ad aumenti di capitale e a

quella di effettuare investimenti a rischio relativamente elevato, rendono

tale forma una valida alternativa per il fondo mezzanino.

Anche nel Regno Unito la configurazione giuridica migliore per il fondo

mezzanino sembra essere quella del fondo chiuso, ossia dell' investment

trust. Si segnala tuttavia come molto spesso, per la costituzione di fondi di

venture capital e di management buy out, sia stata utilizzata la struttura

giuridica della limited partnership. Questa struttura infatti consente agli

investitori che abbiano esigenze diverse e che provengano da paesi diversi

di investire volta per volta attraverso la partecipazione diretta nelle società

target, attuabile mediante la detenzione diretta delle azioni delle stesse. Dal

punto di vista fiscale il vantaggio è indubbio: la totale trasparenza

dell'organismo societario, che non subisce autonoma tassazione, né è

considerato stabile organizzazione di investitore estero, fa sì che ciascun

investitore sia tassato sui proventi e sui guadagni di capitale realizzati dalla

società in cui ha investito come se li avesse ricevuti direttamente.

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Se non esistono particolari vincoli alla localizzazione in uno piuttosto che in

un altro paese, la soluzione che, ad una prima analisi, risulta preferibile è

quella offerta dal Lussemburgo. Tale paese infatti rappresenta uno dei centri

europei in cui i fondi di investimento hanno maggiore diffusione e

detengono una quota di mercato pari a circa il 15 %. Questo successo deriva

non solo dai vantaggi fiscali concessi, ma anche dall'esistenza di un

apparato normativo flessibile che ben si adatta alle esigenze e alle nuove

iniziative degli operatori e alla presenza di infrastrutture molto sofisticate

(1'authority lussemburghese - Luxemburg Monetary lnstitute - consente una

certa flessibilità pur esercitando un rigido controllo).

Inoltre la partecipazione di non residenti al fondo non risulta penalizzata

dalla presenza di eventuali doppie imposizioni:l'orientamento più recente è

infatti quello di consentire l'applicabilità delle Convenzioni bilaterali contro

la doppia imposizione anche ai fondi comuni di investimento.

3.7 ALCUNI CASI PRATICI

Trattato in allegato.

100

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Capitolo 4

LA VALUTAZIONE DELLE IMPRESE TARGET

E PROFILO DI RISCHIO E DI RENDIMENTO

DI UN INVESTIMENTO MEZZANINO SOMMARIO: 4.1 Le imprese target di un finanziamento mezzanino : caratteristiche

economico-finanziarie, 4.2 Criteri economico finanziari di valutazione di un investimento in capitale intermedio 4.3 Valutazione del profilo di rischio 4.4 La strutturazione di un investimento mezzanino, 4.5. Rischio e rendimento di un investimento in mezzanine finance: la teoria di portafoglio e la teoria delle opzioni, 4.7 Conclusioni.

4.1 LE IMPRESE TARGET DI UN FINANZIAMENTO MEZZANINO:

CARATTERISTICHE ECONOMICHE E FINANZIARIE.

Per individuare i candidati ideali per un investimento mezzanino ci si

basa su un duplice ordine di considerazioni: da un lato le esigenze delle

imprese, ossia l'individuazione delle situazioni in cui si ha effettivamente

un fabbisogno di capitale intermedio; dall'altro la capacità delle imprese,

ossia l'identificazione degli attributi che queste ultime debbono possedere

affinché siano in grado di far fronte ai maggiori oneri finanziari che un

finanziamento mezzanino inevitabilmente comporta.

Per quanto concerne il primo aspetto, è possibile rilevare come un

finanziamento mezzanino, per la propria posizione intermedia fra debito

senior e capitale di rischio, risulti uno strumento di finanziamento capace di

soddisfare fabbisogni di diversa natura. Più in particolare esso manifesta la

propria rilevanza:

101

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- quando, in presenza di opportunità di investimento caratterizzate da un

buon profilo di rischio-rendimento atteso, il ricorso al capitale di rischio

come strumento di finanziamento è precluso da una struttura del sistema

finanziario che rende poco conveniente l'accesso al mercato azionario per

imprese di dimensioni inferiori a una certa soglia minima, e allo stesso

tempo il grado di leva finanziaria è troppo elevato per consentire il ricorso

all'emissione di debito senior;

- quando si ha un fabbisogno di finanziamento connesso alla crescita di

un'impresa medio/piccola il cui azionariato non desidera subire gli effetti di

diluizione e/o di perdita del controllo che conseguirebbero all'emissione di

nuovo capitale di rischio, e allo stesso tempo non è in grado di aumentare

ulteriormente la propria esposizione nei confronti dei creditori senior;

- quando, pur in presenza di accesso al capitale di rischio, gli azionisti

intendono massimizzare l'effetto di leva finanziaria senza peraltro poter

ricorrere ulteriormente all' emissione di debito senior;

- quando, pur in presenza di accesso al mercato del debito senior, i flussi di

cassa attesi connessi a un potenziale investimento sono sensibilmente

spostati nel tempo, con conseguente eccessiva assunzione di rischio per un

potenziale creditore senior (es. project financing).

Per quanto concerne invece il secondo aspetto, quello relativo alla

valutazione di un investimento in capitale intermedio, una particolare

rilevanza assume l'analisi delle caratteristiche economico-finanziarie che

un'impresa emittente dovrebbe idealmente possedere. A questo proposito

occorre anzitutto rilevare come un finanziamento mezzanino, sia che esso

venga considerato puramente addizionale o piuttosto sostitutivo di

preesistente capitale di debito (senior) o di rischio, comporti

inevitabilmente un incremento degli oneri finanziari, in termini di flussi di

102

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interessi, a carico dell'impresa finanziata. Anche ipotizzando l'assenza di

rimborso di capitale per un determinato periodo di tempo, vi sono infatti

flussi di interessi che, come osservato in precedenza, si basano su un

tasso107, maggiore di quello tipico del debito senior. Per questo motivo

occorre che l'impresa possa far fronte ai maggiori flussi di cassa in uscita

connessi al finanziamento mezzanino.

Il primo fattore chiave per valutare la possibilità di un investimento in

capitale intermedio è quindi costituito dalla capacità dell'emittente di

produrre flussi di cassa abbondanti e relativamente stabili. Essi verranno

prevalentemente utilizzati per far fronte ai maggiori oneri finanziari, e ben

poco rimarrà disponibile108 per accrescere il capitale circolante, le

immobilizzazioni tecniche e sostenere le spese di ricerca e sviluppo. Da

questa semplice osservazione scaturiscono alcune considerazioni in merito

alle caratteristiche economico-strategiche che le imprese “target“ di un

investimento in capitale intermedio dovrebbero possedere. È bene precisare

come le caratteristiche illustrate di seguito non debbano ritenersi

cumulative, nel senso di congiuntamente necessarie affinché un'impresa

possa considerarsi capace di emettere capitale intermedio. Esse vanno

piuttosto considerate fra loro alternative, ossia come parametri di

valutazione delle potenziali imprese emittenti.

- Imprese i cui prodotti non sono soggetti a rapidi mutamenti tecnologici.

Società che offrono prodotti ad alta tecnologia non sono infatti idonee a

essere finanziate mediante debito mezzanino. Ciò in quanto i prodotti a

tecnologia avanzata sono costantemente esposti al rischio di obsolescenza e

generano pertanto elevati costi di ricerca e sviluppo. Al tempo stesso,

107 generalmente variabile. 108 una volta realizzato il progetto di investimento/acquisizione per il quale il finanziamento mezzanino è stato erogato.

103

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poiché l'obsolescenza può ridurre significativamente il loro valore, essi non

possono nemmeno costituire un'adeguata garanzia per il finanziatore.

Inoltre, come si è già detto, vi è l'esigenza di coprire un importante esborso

per oneri finanziari; l'instabilità del cash-flow tipica dei settori “di ricerca”

rende non credibile questa copertura.

- Imprese che operano in settori relativamente maturi, non soggetti a

sensibili fluttuazioni. Tale caratteristica conferisce stabilità al cash-flow e

rende dunque maggiormente possibile stimare con relativa accuratezza i

flussi di cassa futuri dell'impresa. È evidente come in questo caso esista una

sorta di trade-off fra stabilità dei flussi di cassa e prospettive di crescita di

questi ultimi. In altre parole, imprese operanti in settori relativamente

maturi sono anche caratterizzate da un limitato business risk e come tali

presentano un minor rendimento atteso.

- Imprese che godono di una posizione di leadership di mercato o

comunque di una forte posizione di nicchia. Essere leader in un settore

maturo significa infatti essere difficilmente attaccabili dalla concorrenza.

Ogni tentativo di conquistare quote di mercato da parte delle altre imprese

operanti nel settore diviene infatti particolarmente complesso in quanto

l’aumento del fatturato deriva prevalentemente dalla sottrazione di quote

alle altre imprese.

i)Imprese dotate di un management esperto e capace nelle posizioni chiave

di carattere operativo (produzione, marketing).ii) Imprese la cui efficienza

produttiva le colloca, o quantomeno attribuisce loro la capacità di

collocarsi, fra i “low cost producers” del settore.iii)Imprese i cui flussi di

cassa non sono soggetti ad ampie e prolungate fluttuazioni della redditività.

In altre parole, le imprese in esame devono aver generalmente dimostrato di

conservare discreti margini di redditività anche in periodi di

104

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recessione.iiii)Imprese la cui struttura del passivo lascia spazio per un

possibile incremento della leva finanziaria. In generale, l'impresa target

deve possedere una situazione patrimoniale il più possibile

solida.iiiii)Imprese dotate di una buona qualità dell' attivo, con una

prevalenza di attività a breve rispetto alle immobilizzazioni. Fra queste

ultime, si dovrebbe inoltre avere una prevalenza di immobilizzazioni

materiali109 rispetto a quelle immateriali.iiiiii) Imprese che non sono

soggette a significative minacce di importazioni o ad altri rischi di carattere

economico.

Per ciò che concerne la dimensione media di un'impresa target di un

finanziamento mezzanino, è possibile rilevare come il fatturato sia

generalmente compreso fra 20 milioni e 400 milioni di dollari110. Si tratta

inoltre generalmente di imprese non quotate, per le quali non è dunque

disponibile la capitalizzazione di mercato.

4.2 . CRITERI ECONOMICI E FINANZIARI DI VALUTAZIONE DI UN

INVESTIMENTO IN CAPITALE INTERMEDIO.

Come osservato in precedenza, un finanziamento mezzanino racchiude

due componenti distinte, una componente di debito subordinato e una di

capitale di rischio (equity kicker). La valutazione di un investimento in

capitale intermedio combina dunque aspetti di una convenzionale

valutazione di tipo creditizio e di una decisione di investimento in capitale

109 possibilmente non gravate da alcun diritto speciale e quindi in grado di costituire una garanzia per il finanziatore. 110 18-360 milioni di euro.

105

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azionario. Entrambe sono tuttavia prevalentemente incentrate sulla stima

dei flussi di cassa futuri dell'impresa finanziata. In questo senso, le

proiezioni economico-finanziarie rappresentano un momento di

fondamentale importanza per la valutazione di un finanziamento

mezzanino. Ciò richiede generalmente di assumere come base l'analisi

storica delle performances dell'impresa, desumibili dai bilanci degli ultimi

esercizi111 debitamente normalizzati. I dati così ottenuti vanno inoltre

correlati con le informazioni relative all'andamento del mercato e alla

struttura interna dell'impresa (management, prodotti, etc.), in modo da poter

meglio interpretare le condizioni ambientali e interne nelle quali le

performances di cui sopra sono state realizzate.

L'analisi dei dati storici non è tuttavia sufficiente per valutare

l'opportunità di un finanziamento mezzanino. Fermarsi a questo stadio

vorrebbe dire operare esclusivamente sulla base di ciò che è stato o,

analogamente, proiettare in avanti acriticamente il passato. Le proiezioni

sono quindi indispensabili per verificare i risultati finanziari corrispondenti

a diverse ipotesi alternative circa l'evoluzione delle condizioni operative e

ambientali dell'impresa. Si sono spesso effettuate previsioni ipotizzando

contemporaneamente tre diversi scenari: uno ottimistico, uno più realistico

e uno pessimistico. Tali previsioni vengono inoltre affiancate dall'analisi

delle “condizioni minime” che consentono all'impresa di generare una

redditività sufficiente a soddisfare le esigenze di rendimento degli

investitori (“sensitivity analysis”)

Partendo dalla stima delle vendite future (variazioni dei volumi e dei

prezzi), si arriva generalmente, sulla base delle ipotesi relative alla struttura

dei costi operativi e al margine lordo di gestione, alla previsione di altre

111 generalmente cinque.

106

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voci di bilancio a essi logicamente correlate, quali il capitale circolante, le

immobilizzazioni tecniche e quindi il fabbisogno finanziario. Tale variabile

assume particolare rilevanza per la comprensione dell’ effettiva necessità di

un finanziamento mezzanino, e di come quest’ultimo deve essere

strutturato. L'obiettivo finale delle proiezioni è tuttavia la determinazione

del reddito ante interessi e imposte112 o, meglio ancora, del cash-flow

operativo disponibile per far fronte agli oneri finanziari.

Una regola di carattere generale richiede che il rapporto fra valore

atteso di EBIT e la somma degli interessi passivi su debito senior e debito

subordinato si mantenga al di sopra di un livello minimo, generalmente pari

a 1,4. Vi sona tuttavia dei casi in cui l'elevata redditività degli investimenti

per i quali il finanziamento viene richiesto113 porta ad accettare, almeno per

i primi anni delle proiezioni, valori del rapporto EBIT /Interessi inferiori

alla soglia minima indicata.

Più in particolare, l'analisi della capacità di un'impresa di far fronte a un

finanziamento mezzanino deve basarsi sul criterio della “debt capacity”,

ossia sulla determinazione del servizio del debito che, dati i flussi di cassa

attesi, l'impresa è in grado di sostenere. A tal fine, l'analisi è diversa a

seconda che si tratti di finanziare la crescita di un'impresa che possiede una

determinata struttura del passivo o piuttosto che si intenda valutare le

possibilità di successo di un' operazione di LBO e MBO o in generale di

un'operazione di ristrutturazione finanziaria.

Nel primo caso, data una struttura del passivo preesistente, la

determinazione della quantità di debito mezzanino che l'impresa può

sostenere si basa sulla stima dei flussi di cassa futuri residui dopo il

112 reddito operativo o EBIT - earnings before interest and taxes;d’ora in poi per esplicare tale definizione verrà utilizzata unicamente la sigla EBIT. 113 relativamente alla redditività storica dell'impresa.

107

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pagamento degli interessi passivi sul capitale di debito. Tali flussi devono

essere attualizzati a un tasso pari al costo medio ponderato del debito

mezzanino e del capitale di rischio. 114

Se, viceversa, l'operazione da valutare prevede la completa

ristrutturazione del passivo di un'impresa, la valutazione della capacità di

sostenere le diverse fonti di fondi115 dovrà tenere in considerazione al

denominatore del rapporto di cui sopra anche il costo del debito senior. La

struttura finanziaria andrebbe dunque sottoposta a un vincolo di equilibrio

economico-finanziario, date le ipotesi di composizione e di costo delle

singole fonti.

È interessante infine osservare come, limitatamente alle operazioni di

LBO/MBO, la determinazione della struttura finanziaria dell'impresa target

sia generalmente basata su due distinti modelli, di fatto rispondenti a,

semplici convenzioni. Il primo, definito “operating model”, determina la

struttura del passivo sulla base di multipli del reddito ante interessi e

imposte (EBIT). Il secondo, definito “balance-sheet model”, determina

invece la struttura finanziaria dell'impresa sulla base di una convenzione

circa il peso percentuale delle diverse fonti di fondi. L'applicazione del

114 Così, ad esempio, ponendo: FCc = flusso. di cassa operativo (ante interessi e ante imposte) dell' anno i; IPi = interessi passivi sul capitale di debito esistente; E = quantità di capitale di nicchia (inclusa la componente equity kicker del finanziamento mezzanino); Dsub = debito subordinato; Kc :costo del capitale di rischio (rendimento atteso degli azionisti); ksub = costo del debito subordinato; N = numero di anni pari alla scadenza del finanziamento previsto si avrà che l'ammontare massimo di finanziamento mezzanino che l'impresa può sostenere è quello che rende pari a zero il rapporto dove al numeratore compaiono i flussi di cassa residui, disponibili per remunerare debito mezzanino e capitale di rischio; al denominatore il costo medio delle due fonti di fondi addizionali rispetto al debito senior (debito subordinato rischio), e capitale di ponderato per i rispettivi pesi. 115 debito senior, debito subordinato e capitale di rischio.

108

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modello “operatine” conduce ad una valutazione complessiva dell'

operazione di buy-out pari a 6,6 volte il reddito operativo ante interessi e

imposte (EBIT). Così, l'ammontare di debito senior risulta pari a 4 volte

EBIT, il debito mezzanino 2 volte EBIT, e il capitale di rischio 0,6 volte. I

valori utilizzati e dunque la struttura finanziaria risultante rispondono a una

sorta di convenzione generalmente applicata in tali operazioni, con le

evidenti variazioni apportate in funzione della specificità dei singoli casi in

base a fattori quali la stabilità dei flussi di cassa, le prospettive di crescita e

il livello corrente dei tassi di interesse. Nel modello “balance sheet” la

struttura finanziaria risultante è di fatto equivalente, anche se la regola

utilizzata è quella generalmente definita del “60-30-10”. È opportuno

sottolineare ancora come i valori utilizzati dai due modelli rispondano a

convenzioni che trovino applicazione, nei mercati anglosassoni,

esclusivamente alle operazioni di MBO e LBO. Infatti, la quota di

finanziamento mezzanino applicata nei mercati dell'Europa continentale è

generalmente inferiore116.

4.3 VALUTAZIONE DEL PROFILO DI RISCHIO

Analogamente alle altre tipologie di investimento finanziario,

l’investimento in capitale intermedio presenta un problema di carattere

valutativo che consiste nella determinazione, da parte del potenziale

investitore, del prezzo, e dunque del rendimento atteso, che risulti coerente

con la percezione del rischio associato all’investimento stesso. A tale

problema si affianca inoltre, nel caso di un investimento in capitale

116 Tra il 15% e il 20%.

109

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intermedio, quello relativo alla strutturazione dell’ operazione, ossia alla

suddivisione del rendimento che si intende conseguire nelle due componenti

di reddito di un finanziamento mezzanino: interessi sul debito subordinato e

utile connesso all’ esercizio delle opzioni sul capitale di rischio

dell’impresa finanziata.

Seguendo la logica, il problema che il potenziale finanziatore

mezzanino ha di fronte è suddivisibile in tre fasi.

Inizialmente occorre stimare il grado di variabilità (rischio) dei flussi di

cassa attesi riportati; successivamente è necessario determinare il livello di

rendimento coerente con tale grado di rischio.

Infine occorre strutturare l’operazione in modo tale da suddividere tale

rendimento nelle sue due componenti: interessi sul debito subordinato117 e

utile connesso all’ esercizio delle opzioni su titoli azionari118.

Il debito mezzanino presenta diversi vantaggi per gli azionisti (equity

investors), principalmente legati alla possibilità di incrementare il grado di

leva finanziaria. Ciò avviene senza peraltro modificare il livello di rischio

finanziario percepito dalle banche finanziatrici, le quali conservano

inalterata la propria posizione finanziaria, sia in termini di protezione in

caso di liquidazione dell'impresa, sia in termini di attività a garanzia del

finanziamento. Più in particolare, ponendosi dal punto di vista degli

azionisti/imprenditori, è possibile osservare come il debito mezzanino

consenta di far fronte, nel caso di favorevoli opportunità di investimento, a

eventuali fabbisogni finanziari che non possono essere soddisfatti mediante

raccolta di capitale di debito, a causa di un eccessivo livello di

indebitamento o di eventuali restrizioni imposte dai preesistenti creditori

117 utile connesso allo spread sul costo della raccolta. 118 Da “Strumenti finanziari innovativi e profili di rischio” a cura di Ranier S., Gruppo IMI, Il Sole 24 Ore, 1993.

110

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senior (covenants), senza peraltro subire gli effetti di diluizione e/o di

perdita del controllo che un'emissione di nuovo capitale di rischio

inevitabilmente comporterebbe.

Si può notare anche come il debito mezzanino consenta, grazie alla

flessibilità relativa ai flussi di cassa ad esso associati, di far fronte al

fabbisogno finanziario connesso a un progetto di investimento che prevede

un periodo di tempo iniziale durante il quale non vi sono flussi di cassa in

entrata (es. project finance), senza peraltro rinunciare al controllo

(proprietà) dello stesso; inoltre il debito mezzanino, se utilizzato nell'ambito

di un processo di ristrutturazione finanziaria come fonte sostitutiva di parte

del capitale di rischio, permette di migliorare la redditività del capitale di

rischio grazie a due effetti principali che sono la riduzione del costo

medio119 delle fonti di finanziamento dell’impresa, determinata dalla

deducibilità degli interessi sul debito subordinato e dal minore costo di un

finanziamento mezzanino rispetto al capitale di rischio e l'incremento della

leva finanziaria120.

119 Il costo medio ponderato del capitale (weighted average cost of capital - W A CC) per un'impresa sia dato dalla media ponderata del costo delle diverse fonti di finanziamento. Analiticamente: (1) WACC = [(D x Kd) + (Sub x Kd) + (E x Ke)] / [D + Sub + E] = [Kd x D/A)] + [Ksub x (Sub/A)] + [Ke x (E/A)] Dove: D = debito senior Sub = debito subordinato E = capitale di rischio Kd = costo del capitale di debito Ksub = costo del debito subordinato Ke = costo del capitale di rischio A = D + Sub + E = totale dell' attivo Dalla (1) è agevole osservare come sostituendo parte del capitale di rischio (E) con debito subordinato, essendo per definizione Ksub<Ke, si ottenga una riduzione di WACC. Tale riduzione, congiuntamente all'effetto connesso all'incremento della leva finanziaria, può essere meglio illustrata facendo ricorso a un esempio. Si consideri il caso di un'impresa caratterizzata dalla seguente struttura semplificata di bilancio. 120 “Le operazioni Bancarie” Ruozi R.EGEA Milano 1997.

111

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Il capitale intermedio, così come ogni altra forma di investimento

finanziario, deve essere valutato da parte di un potenziale investitore sulla

base del profilo di rischio e rendimento atteso dello stesso121.

Le caratteristiche rilevanti del debito mezzanino rappresentano notevoli

vantaggi per un potenziale investitore in quanto, collocandosi in posizione

intermedia, in termini di rischio e rendimento, fra capitale di debito e

capitale di rischio, il debito mezzanino rappresenta un efficace veicolo di

completamento degli strumenti finanziari a disposizione degli investitori,

offrendo indubbie potenzialità di diversificazione di prodotto; inoltre grazie

alla componente equity kicker il debito mezzanino offre ai potenziali

investitori l'opportunità di intervenire nel capitale di rischio di imprese che

non avrebbero altrimenti offerto a investitori esterni la possibilità di

partecipare al proprio capitale. Un ulteriore vantaggio è dato dal fatto che

essendo formalmente rappresentato da un titolo di credito, il debito

mezzanino offre, a differenza del capitale di rischio, la garanzia di un

rendimento certo, rappresentato dagli interessi sulla componente del debito

subordinato, e in questo modo limita il rischio dell'investitore; poi grazie

alla presenza della componente equity kicker, nella forma di warrants od

opzioni call sui titoli azionari dell'impresa finanziata, il debito mezzanino, a

differenza del debito ordinario, è caratterizzato da un rendimento atteso

illimitato superiormente, nel senso che l'utile dell'investitore, nel caso di un

significativo apprezzamento del valore del capitale dell'impresa finanziata

potrebbe teoricamente raggiungere livelli particolarmente elevati.

Si ha un’ulteriore aspetto rilevante, in quanto il debito mezzanino si colloca

in posizione intermedia fra capitale di debito e capitale di rischio non solo

dal punto di vista strettamente finanziario, ma anche da un punto di vista

121 Da “Il mezzanine financing” a cura di G. Forestieri, R. Tasca, Milano, Egea, 1994

112

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“psicologico”, nel senso che esso consente agli investitori, e

simmetricamente all'impresa finanziata, di approfondire la conoscenza

reciproca limitando il coinvolgimento iniziale a un rapporto di

creditore/debitore, consentendo tuttavia di estendere successivamente tale

rapporto nel caso si concretizzino le condizioni necessarie.

4.4 .LA STRUTTURAZIONE DI UN INVESTIMENTO MEZZANINO

Capovolgendo l’ordine logico delle tre fasi, si procede anzitutto

ipotizzando di conoscere il grado di rischio e il conseguente rendimento

richiesto. Il problema iniziale è dunque quello di ripartire il rendimento

atteso, supposto dato, nelle due componenti del debito subordinato e dell’

equity kicker.

E’ bene precisare che non esiste in realtà alcuna regola oggettiva che

consenta di risolvere in modo definitivo tale problema. ma si possono

unicamente illustrare alcuni punti che occorre tenere presente in sede di

analisi del problema:

La componente di rendimento associata all’ equity kicker presenta un grado

di aleatorietà maggiore rispetto a quella degli interessi sul debito

subordinato. Ciò in quanto la prima componente è per definizione parte del

capitale di rischio dell’impresa, e come tale è soggetta a maggiore rischio

rispetto al debito subordinato. A titolo esemplificativo si consideri come, se

il valore del capitale di rischio dell’impresa finanziata scendesse fino a

rendere sconveniente l’esercizio dei warrants, la componente equity kicker

perderebbe interamente valore, mentre ciò non implicherebbe l’incapacità

dell’impresa di far fronte agli obblighi connessi al pagamento degli interessi

113

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e al successivo rimborso del debito subordinato122. La suddivisione del

rendimento complessivo fra le due componenti deve dunque tenere

adeguatamente in considerazione tale elemento: un maggiore affidamento al

rendimento della componente equity kicker comporta inevitabilmente un

maggiore grado di variabilità del rendimento complessivo e dunque un

maggiore grado di rischio. Maggiore è il peso attribuito alla componente

equity kicker, maggiore dovrebbe dunque logicamente risultare il

rendimento atteso complessivo.

A differenza del rendimento connesso alla componente debito

subordinato, quello della componente equity kicker non è limitato

superiormente. In altre parole, mentre l’utile associato agli interessi sul

debito subordinato è limitato allo spread rispetto al costo della raccolta,

quello relativo all’ esercizio delle opzioni potrebbe raggiungere livelli

teoricamente molto elevati. Un’ottima performance dell’impresa finanziata

porterebbe infatti a un significativo incremento del valore del capitale di

rischio: tale incremento si rifletterebbe in modo amplificato in un

incremento di valore dei warrants, dato l’effetto di leva associato a tali

strumenti finanziari.

Le osservazioni svolte nei punti precedenti consentono di effettuare

alcune considerazioni conclusive in merito al problema in esame. Dato un

certo esborso iniziale sotto forma di debito subordinato, migliori sono le

aspettative dell’investitore mezzanino circa le condizioni economico-

finanziarie future dell’impresa finanziata e minore è il grado di variabilità

associato a tali aspettative, maggiore dovrebbe logicamente risultare, per un

122 Ne segue che in una simile situazione l’investitore vedrebbe confermate unicamente le aspettative di rendimento legate alla componente del debito subordinato e non quelle connesse all’ equity kicker.

114

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investitore avverso al rischio, la quota del rendimento complessivo

dell’investimento da attribuire alla componente equity kicker. Viceversa,

minori sono le aspettative dell’investitore circa le condizioni economico-

finanziarie future dell’impresa123, e maggiore la variabilità di tali

condizioni, maggiore dovrà essere, dato un certo investimento iniziale, la

quota di rendimento da attribuire alla componente del debito subordinato.

4.5 RISCHIO E RENDIMENTO DI UN INVESTIMENTO MEZZANINE

FINANCE: LA TEORIA DI PORTAFOGLIO E LA TEORIA DELLE OPZIONI

Nell’ analisi condotta finora si è ipotizzato che il grado di rischio e il

conseguente livello di rendimento complessivo richiesto dall’investitore

fossero entrambi noti. Nella realtà, la determinazione di tali variabili è forse

il problema maggiormente complesso e rilevante che un investitore

mezzanino deve affrontare. Tale problema, che di fatto consiste nel pricing

dell’investimento, assume infatti nel caso di un finanziamento

mezzanino,una complessità particolare data la flessibilità dello strumento e

le conseguenti diverse possibili configurazioni tecniche che esso può

assumere. Più in particolare, i problemi che si pongono nella valutazione

del rischio di un investimento mezzanino, e del rendimento atteso

necessario per compensare l’assunzione di tale rischio, sono sintetizzabili in

tre diversi punti.

Il primo problema è legato al fatto che lo strumento in esame racchiude

due componenti distinte, rispettivamente di capitale di debito124 e di

123 supponendo che queste ultime siano comunque sufficienti a garantire il rendimento complessivo richiesto. 124 debito subordinato.

115

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capitale di rischio125 Come noto, le due componenti presentano profili di

rischio126 estremamente differenti, e come tali difficilmente assoggettabili

al medesimo modello teorico di riferimento per la determinazione del

connesso rendimento atteso. Ciò in quanto la variabilità dei possibili

risultati associati alle due componenti è influenzata in misura differente

dalle condizioni generali di mercato e da quelle specifiche dell’impresa, il

rendimento ex-post della componente debito subordinato è infatti

maggiormente soggetto, specie nel caso di un finanziamento a tasso fisso,

all’ evoluzione dei tassi di interesse di mercato. Viceversa, il rendimento

ex-post della componente equity kicker è maggiormente soggetto a fattori di

carattere specifico, quali l’evoluzione delle condizioni economico-

finanziarie dell’impresa.

Il secondo problema riguarda le caratteristiche tecniche dello strumento: il

fatto cioè di non essere un titolo mobiliare negoziabile a costi di transazione

ridotti in mercati caratterizzati da un elevato grado di liquidità, rende il

debito mezzanino scarsamente assoggettabile ai tradizionali modelli di

valutazione delle attività finanziarie rischiose. Da un lato vengono infatti

esasperate le condizioni di irrealismo di alcune delle ipotesi teoriche alla

base di tali modelli (assenza di tassazione e di costi di transazione, uguale

diffusione delle informazioni fra gli operatori del mercato e conseguente

formulazione di aspettative omogenee, numerosità dei potenziali investitori

e conseguente incapacità degli stessi di influenzare il prezzo,e uguale

orizzonte temporale di investimento per tutti gli investitori). Dall’ altro

viene a mancare lo strumento fondamentale per la stessa applicazione

125 equity kicker. 126 variabilità del risultato.

116

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operativa di tali modelli, ossia la valutazione continua “al mercato“

dell’attività finanziaria in esame.

Il terzo problema è infine connesso alla natura peculiare delle operazioni

nelle quali il debito mezzanino trova generalmente collocazione. Si tratta

infatti di finanziamenti di importo unitario rilevante a imprese caratterizzate

da dimensioni relativamente ridotte e da un grado di rischio, sia

d’impresa127, sia finanziario128, particolarmente elevato.

Da un lato si potrebbe dunque concludere che la componente di rischio

specifica, o “diversificabile”, così come generalmente definita nella

modellistica teorica, insita in tale tipologia di investimento, sia

particolarmente elevata. Dall’ altro, tuttavia, la dimensione unitaria elevata

dei finanziamenti mezzanine, connessa alla stessa natura di prestiti emessi

mediante sindacazione privata, rende dubbia l’effettiva possibilità di

conseguire la soglia dimensionale di portafoglio necessaria per ottenere la

“diversificazione” del rischio specifico.

Anche se un incremento dei tassi di interesse di mercato non si riflette

esplicitamente in una diminuzione di valore del debito mezzanino, data

l’assenza di un “mercato pubblico” di tale strumento, è evidente come un

finanziamento a tasso fisso comporti, nel caso di rialzo della struttura dei

tassi, un costo opportunità addizionale legato all’immobilizzazione di

risorse finanziarie remunerate a un tasso inferiore a quello vigente nel

mercato.

Tale ipotesi equivale ad assumere che il mercato è caratterizzato da

concorrenza perfetta, e dunque gli investitori sono price takers. In sostanza

non è possibile reperire dati relativi alla serie storica dei “prezzi”.

127 business risk. 128 financial risk.

117

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Un approccio alternativo all’ analisi del problema del pricing di un

investimento in debito mezzanino è quello basato sulla teoria delle opzioni.

Anche in questo caso, analogamente a quanto osservato con riferimento alla

teoria di portafoglio, pur non consentendo di giungere a conclusioni

oggettive, il modello teorico può fornire utili indicazioni al riguardo. A

questo scopo, si consideri anzitutto il profilo dei risultati (“pay-offs “)

conseguibili da un investitore in debito mezzanino in funzione dei diversi

valori dell’ attivo dell’impresa finanziata. Si ipotizzi di considerare un

finanziamento mezzanino, con scadenza pari a 5 anni; composto da un

ammontare di debito subordinato pari a Debito subordinato129 e di un equity

kicker rappresentato da un numero N di warrants con prezzo di esercizio

pari a Ps. La struttura finanziaria dell’impresa emittente è composta da

debito senior per un ammontare pari a Debito senior130 e da capitale di

rischio per un ammontare pari a E. La relazione fra valore dell’ attivo

dell’impresa e valore dell’investimento mezzanino può essere sintetizzata.

In primo luogo se alla scadenza il valore dell’ attivo dell’impresa fosse

nullo, anche il debito mezzanino sarebbe privo di valore. L’investitore

subirebbe dunque una perdita pari a Dsub.

Se si hanno valori dell’attivo a scadenza superiori a zero ma inferiori al

valore del debito senior (Dsen) l’investitore conseguirebbe comunque una

perdita pari al montante dell’intero investimento iniziale: l’impresa sarebbe

infatti insolvente e la liquidazione dell’attivo sarebbe sufficiente a

rimborsare, in parte o del tutto, solo i creditori senior;

Per valori dell’attivo a scadenza compresi invece fra il valore del debito

senior e la somma del debito senior e del debito subordinato, l’impresa

129 D’ora in poi sarà indicato con Dsub 130 D’ora in poi sarà indicato con Dsen

118

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risulterebbe ancora insolvente, e l’investimento mezzanino assumerebbe un

valore pari alla differenza fra il valore dell’ attivo e il valore del debito

senior (Dsen) .

Infine per valori dell’attivo superiori al capitale di debito complessivo

(Dsen + Dsub) ma inferiori alla somma del capitale di debito e del prodotto

fra prezzo di esercizio (Ps) dei warrants le difficoltà che si incontrerebbero

in questo secondo caso sarebbero d’altronde numerose, non essendo

disponibili le serie storiche dei prezzi degli in vestimenti in esame.

Per valori dell’ attivo superiori alla somma di cui sopra, il valore

dell’investimento mezzanino sarebbe pari alla somma del montante del

debito subordinato e dell’utile connesso all’esercizio dei warrants, dato dal

prodotto fra la differenza fra prezzo di mercato di un’ azione (Pm) e prezzo

di esercizio dei warrants, e numero di questi ultimi.

4.6 CONCLUSIONI

A parità di altre condizioni131, il valore dell’investimento mezzanino è tanto

maggiore quanto maggiore è il valore atteso delle attività dell’impresa

finanziata: un maggiore valore aumenta infatti il valore delle opzioni call e

riduce quello dell’opzione put.

Un incremento della volatilità del valore delle attività dell’impresa

finanziata influisce in modo contrastante, a parità di altre condizioni132, sul

valore dell’investimento mezzanino: aumentano infatti sia i valori delle

opzioni call acquistate, sia il valore dell’ opzione put ceduta. L’aumento di

131 volatilità del valore dell’attivo dell’impresa, ammontare e scadenza del finanziamento subordinato, livello dei tassi di interesse, ecc. .

119

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valore delle opzioni call a fronte di un incremento della volatilità è tanto

maggiore quanto maggiore è il numero di warrants ottenuto

dall’investitore, ossia quanto maggiore è la componente equity kicker. Ciò

in quanto la prima opzione call, quella con prezzo di esercizio pari a Dsen,

risente in misura minore di un incremento della volatilità essendo

un’opzione deeply in the money.

Al contrario, gli effetti di un incremento della volatilità si manifestano

in modo rilevante sul valore della seconda opzione, quella implicita nella

componente dell’ equity kicker. Viceversa, l’aumento di valore dell’

opzione put risulta tanto maggiore quanto più tale opzione è vicina alla

condizione di at the money133. Ne segue che la relazione fra il valore di un

investimento mezzanino e la volatilità dei flussi di cassa attesi e dunque del

valore delle attività dell’impresa finanziata, è tanto più positiva quanto

maggiore è la componente equity kicker dell’investimento e quanto

maggiore è il grado di capitalizzazione dell’impresa finanziata. Ciò

risponde in effetti intuitivamente a logica: a fronte di un maggior grado di

volatilità134 dei flussi di cassa attesi, l’investimento assume valore maggiore

se vi è un elevato numero di warrants135 e un alto grado di

capitalizzazione136.

A parità di altre condizioni137, una scadenza più prolungata

dell’investimento mezzanino produce anch’ essa effetti contrastanti sul

132 valore dell’ attivo dell’impresa, livello dei assi di interesse, ammontare e scadenza del finanziamento subordinato, ecc. . 133 ossia quanto minore è il grado di capitalizzazione dell’impresa. 134 rischio. 135 e si sfrutta così al massimo la possibilità di un sensibile incremento del valore del capitale di rischio connesso a un’elevata volatilità. 136 minimizzando così il rischio di perdite in conto capitale connesse all’investimento iniziale del debito subordinato. 137 volatilità del valore delle attività, valore dell’ attivo dell’impresa, livello dei tassi di interesse e ammontare del debito subordinato.

120

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valore di quest’ultimo: da un lato aumenta il valore delle due opzioni call,

dall’altro aumenta quello dell’opzione put. Anche in questo caso, gli

incrementi di valore delle tre opzioni sono funzione degli elementi

esaminati nel punto precedente: la rilevanza della componente equity kicker

dell’investimento mezzanino , il grado di capitalizzazione dell’impresa

finanziata. In sintesi, dunque, una scadenza più prolungata conduce a un

incremento del valore dell’investimento mezzanino tanto maggiore quanto

maggiore è la componente equity kicker dell’investimento e quanto

maggiore è il grado di capitalizzazione dell’impresa.

Si ricordi che il prezzo di esercizio di tale opzione è pari alla somma

delle due categorie di capitale di debito (Dsen + Dsub). Ne segue che essa

sarebbe at the money se il valore di mercato del capitale di rischio

dell’impresa fosse nullo.

Si fa in questo caso riferimento sia alla scadenza del debito subordinato,

sia a quella degli warrants.

Le conclusioni di carattere normativo che si possono trarre dall’analisi

finora svolta sono fondamentalmente tre.

La prima, intuitivamente semplice ma rilevante, riguarda le aspettative

circa i flussi di cassa dell’impresa finanziata, e dunque il valore atteso

dell’attivo di quest’ultima: a fronte di aspettative particolarmente

ottimistiche, l’investitore mezzanino deve enfatizzare la seconda

componente del proprio investimento, quella dell’ equity kicker. È solo

quest’ultima infatti che consente di beneficiare di un significativo

incremento di valore delle attività dell’impresa.

La seconda conclusione riguarda le aspettative circa la variabilità, e

dunque il rischio, dei flussi di cassa futuri dell’impresa finanziata.

121

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Ipotizzando una distribuzione normale dei valori dell’attivo dell’impresa

finanziata, maggiore è la volatilità attesa, maggiore è l’attenzione che

l’investitore mezzanino deve porre al rapporto di capitalizzazione

dell’impresa finanziata, e maggiore è la convenienza ad aumentare la

seconda componente del proprio investimento, quella dell’ equity kicker, e

corrispondentemente a ridurre la prima competente, quella del

finanziamento subordinato. Si è infatti osservato come, a fronte di un’

elevata volatilità dell’attivo, il valore dell’investimento mezzanino è tanto

maggiore quanto maggiore è il grado di capitalizzazione dell’impresa

finanziata e quanto maggiore è la componente equity kicker.

La terza conclusione riguarda infine la scadenza dell’investimento

mezzanino: la convenienza ad allungare quest’ultima è per l’investitore

tanto maggiore quanto maggiore è il grado di capitalizzazione dell’impresa

finanziata e quanto maggiore è il peso della componente equity kicker

dell’investimento.

122

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Capitolo 5 IL MERCATO DEL MEZZANINE FINANCE

SOMMARIO: 5.1. Il mercato del mezzanine finance negli Stati Uniti d’America, 5.2 Il

mercato del mezzanine finance in Europa,5.3 Il mercato del mezzanine finance in Gran Bretagna,5.4 Gli operatori in Europa, 5.5 Tendenze Evolutive del mercato europeo del mezzanine finance.

5.1 IL MERCATO DEL MEZZANINE FINANCE NEGLI STATI UNITI

D’AMERICA

Come accennato in precedenza, il debito mezzanino si è sviluppato agli

inizi degli anni ottanta nel mercato statunitense in stretto collegamento con

le operazioni di ristrutturazione/acquisizione d'impresa, caratterizzate da un

elevato grado di leva finanziaria. Nato nella forma di obbligazioni ad

elevato rischio e rendimento, i cosiddetti “junk bonds”, il mercato

statunitense del capitale intermedio ha attraversato due fasi temporali

distinte.

La prima fase, dai primi anni ottanta fino al 1990, è stata caratterizzata

da tassi di crescita particolarmente sostenuti, legati allo sviluppo delle

operazioni di LBO/MBO. È la fase di esplosione del mercato dei junk

bonds, sottoscritti in larga parte da investitori istituzionali quali fondi

pensione, compagnie di assicurazione, fondi comuni aperti (open-end

mutual funds), banche regionali e savings and loans.

La seconda fase, iniziata con la crisi del mercato dei junk bonds del

1990, ha visto la progressiva uscita dal mercato degli investitori istituzionali

sopra menzionati, scottati dalle sensibili perdite connesse all'insolvenza di

numerose imprese oggetto di operazioni di LBO/MBO, e spinti dalle

123

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autorità di vigilanza ad applicare criteri più restrittivi di valutazione

qualitativa degli impieghi/investimenti.

L'uscita dal mercato di tali operatori ha favorito la costituzione di

numerosi fondi specializzati, i cosiddetti “mezzanine funds”, caratterizzati

da una dimensione media variabile fra 125 milioni di dollari e 400 milioni

di dollari.138

Il cambiamento della categoria di investitori è stato accompagnato da un

mutamento nella natura delle operazioni finanziate: il finanziamento

mezzanino si è infatti trasformato da strumento volto a colmare il gap fra

senior debt ed equity in operazioni caratterizzate da alto rischio e di

dimensioni elevate, a semplice forma di finanziamento del capitale

circolante per imprese medio-piccole che non hanno accesso al mercato dei

capitali. Analogamente, la struttura tecnica dello strumento è mutata: dai

junk bonds si è passati al vero e proprio finanziamento mezzanino. La

differenza fra i due riguarda la dimensione media delle emissioni139, la

tecnica di emissione140 e la componente dell' equity kicker, assente nei junk

bonds. La propensione al rischio inizialmente mostrata dai mezzanine

investors è inoltre andata progressivamente diminuendo: le condizioni

138 Fra i principali mezzanine funds attualmente operanti negli USA si possono annoverare i seguenti: - Forstmann Little & Co., fondato nel 1983 da Theodore Forstmann; - ML-Lee Acquisition Fund I e ML-Lee Acquisition Fund II, entrambi fondati da Thomas H. Lee; - Cigna Investments (400 m); - Westinghouse International Credit; - Rice Mezzanine Lenders (125 m); - Generai Electric Capital, il braccio finanziario della GeneraI Electric; - UBSAM (NY) Growth Company Mezzanine Fund I. 139 da 3 a 40 milioni di dollari contro i 100 milioni di dollari di una tipica emissione di junk bonds. 140 private placement invece di collocamento pubblico.

124

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contrattuali inerenti il finanziamento mezzanino hanno infatti mostrato una

maggiore rigidità, riflessa in richieste di uno status simile a quello dei

senior lenders.

5.2 IL MERCATO DEL MEZZANINE FINANCE IN EUROPA

Nonostante lo strumento del debito mezzanino sia stato “importato”

dagli Stati Uniti in Gran Bretagna, e successivamente da quest'ultima nei

paesi dell'Europa continentale, è possibile riscontrare alcune sostanziali

differenze di carattere tecnico fra i due mercati (statunitense ed europeo).

La forma contrattuale: il finanziamento mezzanino in Europa è

originato dal mercato bancario con la forma di un prestito a tasso variabile

(Libor + spread)141; non vi è dunque la forma del titolo obbligazionario a

tasso fisso, tipica dei junk bonds, con la quale si è originariamente

sviluppato negli USA;

La forma di emissione: il mercato statunitense del debito mezzanino è

un mercato di titoli emessi in forma “pubblica” e sottoposti a rating dalle

maggiori agenzie specializzate (Standard & Poors e Moodys); viceversa, il

mercato europeo è un mercato “privato”, caratterizzato dall'emissione

mediante private-placement;

La scadenza: come già accennato in precedenza, la scadenza media dei

finanziamenti mezzanine è più ridotta in Europa142 rispetto agli Stati

141 Ciò comporta sovente la necessità per le imprese emittenti di debito mezzanino di convertire, mediante il ricorso a interest rate swaps, la passività da tasso variabile a tasso fisso.

142 dai quattro agli otto anni.

125

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Uniti143;

La struttura finanziaria delle operazioni: negli Stati Uniti l'operazione

tipica di buy-out è finanziata con una percentuale di debito mezzanino

compresa fra il 20% e il 30% del finanziamento complessivo; nei mercati

europei, invece, tale percentuale è generalmente compresa fra il 15% e il

20%;

La garanzia: mentre negli Stati Uniti la concorrenza più elevata ha

spinto gli investitori in capitale intermedio a non richiedere alcuna forma di

garanzia reale, in Europa la maggioranza delle operazioni concluse ha visto

l'inserimento, per il debito mezzanino, della menzionata “second

security”144;

I covenants: il mercato europeo del debito mezzanino si è

contraddistinto, dall' origine alla fine degli anni ottanta, per una maggiore

rigidità riflessa in particolare in covenants più restrittivi di quelli

tradizionalmente applicati negli Stati Uniti, e dalla ricerca continua, da

parte degli investitori, di uno status il più possibile vicino a quello dei

senior lenders.

La maggioranza delle differenze menzionate sono riconducibili a due

fattori principali che sono da un lato la diversa struttura dei sistemi

finanziari statunitense ed europei: i secondi privi di una infrastruttura di

investitori istituzionali e di un mercato di titoli obbligazionari privati145

dotati del grado di sviluppo riscontrabile nel mercato statunitense, e

caratterizzati invece da un'industria bancaria fortemente sviluppata e dall'

143 dagli otto ai dieci anni. 144 nonostante vi sia da parte di alcuni operatori la disponibilità a finanziare senza acquisire garanzie reali, la diffusione di questa convenzione è ormai tale che l'eventuale sottoscrizione senza garanzia renderebbe successivamente complessa la sindacazione del finanziamento; 145 corporate bonds.

126

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altro la diversa fase storica nella quale lo strumento si è sviluppato nei due

mercati: il debito mezzanino ha infatti trovato in Europa un mercato

caratterizzato da una maggiore avversione al rischio da una congiuntura

economica dotata di minori prospettive di crescita per le imprese, e da un

contesto di tassi di interesse crescenti146.

5.3 IL MERCATO DEL MEZZANINE FINANCE IN GRAN BRETAGNA

Chiarite tali differenze di carattere tecnico, è bene precisare come lo

stadio di sviluppo del mercato europeo del debito mezzanino sia

sensibilmente diverso fra Gran Bretagna, dove lo strumento è stato

originariamente importato dagli USA, ed Europa continentale. Pur tenendo

presente le differenze di cui sopra, è possibile osservare come,

analogamente al caso statunitense, anche in Gran Bretagna lo strumento in

esame abbia conosciuto due diverse fasi di sviluppo.

La prima, strettamente legata alle grandi operazioni di LBO/MBO degli

anni ottanta, è stata caratterizzata da elevati tassi di crescita e arriva fino al

1989.

La seconda fase, iniziata con il 1990, ha subito indirettamente il crollo

del mercato statunitense dei Junk bonds, e più direttamente le conseguenze

negative della recessione dei primi anni novanta e del fallimento di alcune

operazioni di buy-out britanniche nelle quali si era fatto largo ricorso al

finanziamento mediante debito mezzanino, con strutture finanziarie

alquanto complesse, generatrici di elevate commissioni per investment

146 a partire dalla seconda metà degli anni ottanta.

127

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banks e layers, ma comunque incapaci di far fronte alle difficoltà operative

successivamente incontrate dalle imprese. Ne è seguita una contrazione del

mercato, accompagnata da un processo di trasformazione simile a quello

verificatosi negli USA: dall'utilizzo del debito mezzanino per operazioni

complesse e di dimensioni rilevanti, si è passati al suo impiego per

finanziamenti a imprese di medie dimensioni147, incapaci di ricorrere al

mercato dei capitali. Analogamente, hanno cominciato a sorgere e

svilupparsi diverse categorie di investitori: da investitori istituzionali quali

investment trusts e merchant banks si è passati ai fondi specializzati in

capitale intermedio.

5.4 IL MERCATO DEL MEZZANINE FINANCE NEI PAESI DELL’EUROPA

CONTINENTALE

Il mercato del debito mezzanino nell'Europa continentale è nato con un

netto ritardo, e ancora presenta uno scarso grado di sviluppo, rispetto a

quello dei paesi anglosassoni. L'utilizzo dello strumento in esame è stato

finora esclusivamente limitato alle operazioni di MBO/LBO, e gli operatori

intervenuti in qualità di “arranger” sono stati, nella maggioranza dei casi,

istituzioni finanziarie britanniche o statunitensi. Dal momento della sua

nascita, nel 1986, all' agosto 1993,il debito mezzanino è stato utilizzato in

59 operazioni di MBO/LBO realizzate in Europa continentale, per un valore

complessivo di 1.349 miliardi di lire, ammontare inferiore a quello relativo

alle operazioni concluse in Gran Bretagna nel solo 1989. Le motivazioni di

tale situazione di arretratezza rispetto ai mercati anglosassoni sono

147 fatturati compresi fra 10 e 200 milioni di utili

128

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molteplici.

Le banche commerciali dei paesi dell'Europa continentale hanno

generalmente mostrato un' elevata disponibilità a offrire capitale di debito

ad un costo inferiore, in termini di spread rispetto al costo della raccolta,

rispetto a quello generalmente vigente nei paesi anglosassoni. Ciò ha

inevitabilmente ridotto la necessità di uno strumento, il debito mezzanino,

volto a coprire il gap lasciato libero da senior lenders ed equity investors,

sovente generato dall'indisponibilità delle banche commerciali di spingersi

al di là di una soglia massima di rischio.

Il mercato delle transazioni ad elevato grado di leva finanziaria, nel

quale il debito mezzanino ha finora trovato prevalente utilizzo, è

indubbiamente meno sviluppato nei paesi dell'Europa continentale rispetto

ai paesi anglosassoni, dove è originariamente sorto.

Il mercato dell’Europa continentale è caratterizzato da un elevato grado

di frammentazione: ogni paese presenta sistemi fiscali e giuridici differenti,

e sensibili divergenze nella struttura proprietaria delle imprese e nella

cultura manageriale. Ciò richiede un elevato grado di flessibilità e

un'indubbia maggiore capacità di adattamento da parte delle istituzioni

specializzate nell' offerta di debito mezzanino.

Nonostante ciò, è opportuno rilevare come l'interesse dei principali

fondi britannici specializzati nell'offerta di finanziamenti/investimenti in

capitale intermedio si sia recentemente rivolto in modo sempre maggiore

verso i paesi dell'Europa continentale, specie con l'intento di estendere il

campo di applicazione al di là delle operazioni di LBO/MBO

.

129

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5.5 TENDENZE EVOLUTIVE DEL MERCATO EUROPEO DEL MEZZANINE

FINANCE

Più recentemente, il mercato europeo del debito mezzanino ha

attraversato un periodo di tensione e contrazione, legata a diversi fattori,

quali: la contrazione dell'offerta di credito bancario (debito senior) nei

primi anni novanta, oltre a generare i tipici problemi connessi a una

situazione prossima a quella di un credit crunch, ha inevitabilmente

determinato anche un sensibile calo delle operazioni di MBO/LBO, sulle

quali si era tradizionalmente concentrata la già limitata attività di mezzanine

financing; la contrazione dell'offerta di credito, e in particolare l'accresciuta

sensibilità delle banche commerciali al rischio di credito del proprio

portafoglio impieghi, ha inoltre portato a un incremento della quota di

finanziamento delle imprese via capitale di rischio (equity), costringendo di

fatto le imprese a una riduzione del grado medio di leva finanziaria

adottato, e conseguentemente del livello di rischio finanziario (financial

risk). Nonostante ciò, le aspettative (richieste) di rendimento degli offerenti

debito mezzanino sono rimaste stabili, riducendo così la convenienza stessa

dello strumento.

Un ulteriore fattore è dato dallo squilibrio fra domanda e offerta di capitale

di rischio148 ha inevitabilmente portato gli equity funds ad accettare

rendimenti inferiori a quelli caratteristici della fine degli anni ottanta, allo

scopo di aumentare i propri investimenti. In altre parole, numerosi offerenti

di capitale di rischio sono divenuti disposti ad accettare rendimenti inferiori,

con lo scopo di aumentare il volume degli investimenti. Conseguenza

inevitabile di tale mutato atteggiamento degli equity funds, in presenza di

148 “too much equity chasing too few transactions”.

130

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una rigidità delle aspettative/richieste di rendimento degli investitori in

capitale intermedio, è quella di ridurre la convenienza relativa del secondo

strumento.

A fronte di tali fattori che sembrano frenare lo sviluppo del mercato del

debito mezzanino in Europa, occorre tuttavia rilevare come, in una

prospettiva di allargamento dell' applicazione dello strumento in esame al

di fuori delle tradizionali operazioni di LBO e MBO, la contrazione

dell'offerta di credito senior, così come la tendenza verso una maggiore

rigidità delle istituzioni bancarie nel valutare il merito creditizio di

un'impresa, rappresentano fattori positivi che potrebbero favorire lo

sviluppo del mercato.

In presenza di una carenza di capitale di debito per il finanziamento di

processi di crescita, il ricorso al capitale intermedio rappresenterebbe infatti

la naturale soluzione, senza che quest'ultimo venga esclusivamente

utilizzato con lo scopo di sfruttare al massimo l'effetto di leva finanziaria. È

tuttavia evidente come, a fronte delle caratteristiche strutturali dei mercati

finanziari europei, in particolare dell'Europa continentale, il potenziale

sviluppo del debito mezzanino permanga nella forma del prestito bancario e

non in quella più tipicamente statunitense del titolo negoziabile. Ne segue

che lo sviluppo stesso del mercato richiede un numero crescente di

istituzioni capaci di comprendere appieno i vantaggi offerti dallo strumento,

di valutarne in modo adeguato rischi e potenzialità di rendimento, e

soprattutto di disegnarne le caratteristiche tecniche in modo da enfatizzarne

la percezione quale capitale di rischio a basso costo, piuttosto che di

capitale di debito a costo elevato.

131

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In questo senso, occorre disegnare il finanziamento mezzanino nel

modo più flessibile per ciò che concerne garanzie, scadenza149, covenants,

interessi e forma di partecipazione al capitale di rischio dell'impresa150.

149 il più possibile conforme alla struttura dei flussi di cassa attesi dell'impresa finanziata. 150 rendimento atteso spostato verso la componente dell' equity kicker.

132

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Capitolo 6 FORMA ALTERNATIVA:

IL PROJECT FINANCING SOMMARIO: 6.1 Project financing:profili economici dell’istituto , 6.2 Project

financing: il caso italiano , 6.3 Project financing: profilo giuridico e legge Merloni , 6.4 Elementi tipici di un operazione di project financing , 6.5 Gli obiettivi del project financing 6.6 I soggetti coinvolti nel project financing., 6.7 I rischi del project financing, 6.8 Project financing: il modulo giurdico della concessione di costruzione e gestione.

6.1 PROJECT FINANCING: PROFILI ECONOMICI DELL’ISTITUTO

Il project financing, ossia la realizzazione di opere pubbliche senza oneri

finanziari per la pubblica amministrazione, costituisce un modello per il

finanziamento e la realizzazione di opere pubbliche del tutto nuovo nella

disciplina di settore che, nelle aspettative dei suoi sostenitori, dovrebbe

porre rimedio alla scarsità di fondi pubblici e al gap infrastrutturale che

divide l’Italia dagli altri Paesi industrializzati151.

Il Project Financing nasce nei paesi anglosassoni come tecnica finanziaria

innovativa volta a rendere possibile il finanziamento di iniziative

economiche sulla base della valenza tecnico-economica del progetto stesso

piuttosto che sulla capacità autonoma di indebitamento dei soggetti

promotori dell'iniziativa. Il progetto viene valutato dai finanziatori

principalmente per la sua capacità di generare flussi di cassa, che

costituiscono la garanzia primaria per il rimborso del debito e per la

remunerazione del capitale di rischio, attraverso un'opportuna

contrattualizzazione delle obbligazioni delle parti che intervengono

nell'operazione. La fase di gestione dell'opera costituisce elemento di

133

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primaria importanza, in quanto soltanto una gestione efficiente e

qualitativamente elevata consente di generare i flussi di cassa necessari a

rimborsare il debito e remunerare gli azionisti152.

Il project financing si configura innanzitutto come una complessa

operazione economico-finanziaria rivolta ad un investimento specifico per

la realizzazione di un’opera e/o la gestione di un servizio, su iniziativa di

promotori (sponsors) privati o pubblici. I più autorevoli esperti sul tema

usano definire il project financing come “un’operazione di finanziamento di

una particolare unità economica, nella quale un finanziatore è soddisfatto di

considerare, sin dallo stadio iniziale, il flusso di cassa e gli utili dell’unità

economica in oggetto come la sorgente di fondi che consentirà il rimborso

del prestito e le attività dell’unità economica come garanzia collaterale del

prestito153”.

6.2 PROJECT FINANCING: IL CASO ITALIANO

In Italia, fino a pochi anni fa, questo modo di agire era patrimonio teorico di

pochi eletti. Infatti, i servizi erano concepiti principalmente come pubblici e

quindi non gestibili da soggetti privati. Ora, grazie ad una nuova cultura di

governo (privatizzazioni, liberalizzazioni, … ) ed alcune nuove situazioni

economico-finanziarie (calo dei tassi di interesse, stabilità della moneta,

151 Da “Gli appalti di lavori pubblici”- Edito dalle Edizioni Simone 152 UFP – Unità Tecnica Finanza di Progetto 153 Nevitt K.P., Project Financing, trad. it. della 4 ed. a cura di P. De Sury, Roma, 1987, 13. L’istituto è stato prevalentemente studiato dalla dottrina aziendalistica, come forma di finanziamento alternativa al tradizionale finanziamento di impresa: Imperatori, Il project financing - Una tecnica, una cultura, una politica, Milano, 1995. V. inoltre sull’istituto Draetta U. - Vaccà C. (cur.), Il project financing: caratteristiche e modelli contrattuali, Egea, Milano, 1997; De Sury P. - Miscali M., Il Project Finance, Milano, Egea 1995.

134

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calo dei bilanci pubblici, … ), la formula del project financing inizia a

prendere piede anche in Italia ed è in costante espansione.

In Italia le prime operazioni di finanza di progetto sono state realizzate a

seguito della liberalizzazione del mercato della produzione dell'energia

elettrica154, delineata agli inizi degli anni novanta dalla legge 9/91 e dalla

legge 10/91. Secondo stime fornite dall'Associazione Bancaria Italiana, tali

operazioni hanno permesso la realizzazione di impianti di cogenerazione

per un controvalore stimato di circa 5 miliardi di Euro.

Tutto ciò ha fornito la prova tangibile della applicabilità della finanza di

progetto alla realtà italiana ed ha aperto la strada alla applicazione di tali

tecniche nell'ambito delle infrastrutture di pubblico servizio.

Il ricorso ad uno strumento introdotto appositamente per favorire la

partecipazione di investitori privati nella realizzazione di opere pubbliche è,

d'altra parte, una scelta quasi obbligata per un paese come l'Italia, il cui

livello di infrastrutturazione è al di sotto di quello degli altri partners

dell'Unione Europea e in cui solo recentemente è stata favorita la

partecipazione privata in settori storicamente pubblici.

Numerose sono le ragioni per cui il ricorso al Partenariato Pubblico Privato

può dare oggi, in Italia, un importante contributo al processo di

modernizzazione del Paese. Tra queste, in particolare, vale menzionare la

possibilità di incrementare la dotazione infrastrutturale del Paese a parità di

risorse pubbliche impegnate, grazie all'apporto di risorse private addizionali

ovvero la possibilità di liberare risorse pubbliche da impiegare in quei

settori in cui i servizi di pubblica utilità sono ancora carenti; una più attenta

fase di programmazione, l'adozione di procedure di gara trasparenti, una

migliore allocazione dei rischi, attraverso un'opportuna contrattualizzazione

154 UFP – Unità Tecnica Finanza di Progetto

135

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delle rispettive responsabilità, quali condizioni dirette a consentire una più

efficiente, anche in termini di tempi, costruzione e gestione dell'opera,

funzionale alla prestazione di servizi di pubblica utilità qualitativamente

migliori; una maggiore trasparenza dei costi complessivi di gestione dei

servizi, atta ad innescare meccanismi che stimolino un'effettiva concorrenza

sui costi di gestione volta a consentire una progressiva riduzione degli stessi

ed infine un'ottimizzazione dell'uso delle risorse disponibili, capaci di

generare un circolo virtuoso tra spesa pubblica e prestazioni di servizi

pubblici (miglioramento dei servizi di pubblica utilità erogati a parità di

spesa pubblica) in funzione della qualità delle opere pubbliche.

Queste motivazioni non sono state, finora, tutte apprezzate in eguale

misura. In particolare, si può forse evidenziare una tendenza a valorizzare

solo il primo dei fattori elencati, a detrimento degli ulteriori elementi che,

invece, rappresentano la reale svolta cui modelli di Partenariato Pubblico

Privato, se adeguatamente perseguiti, possono dare un contributo assai

significativo.

Oltre che dall'effetto di addizionalità delle risorse finanziarie disponibili,

originato dal ricorso al settore privato, le pubbliche amministrazioni

dovrebbero essere indotte a ricorrere a modelli di Partenariato Pubblico

Privato per la realizzazione di infrastrutture di pubblica utilità in quanto “il

ricorso a tale strumento può incentivare un miglioramento nella qualità

progettuale ed assicurare una contrattualizzazione più adeguata dei servizi

per la gestione e la manutenzione delle opere, da cui dipende largamente la

loro utilità sociale155” . E' chiaro, peraltro, che il raggiungimento di un tale

obiettivo richieda tempi lunghi di maturazione potendo essere definito una

sorta di rivoluzione copernicana nella triangolazione tra pubblica

155 DPEF 2000-2003

136

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amministrazione, settore privato e utenza finale. Ciò perché la variabile

qualitativa è quella che consente la composizione e ponderazione dei

diversi interessi in gioco, in quanto progettazione, finanziamento,

costruzione e gestione efficienti di infrastrutture destinate al servizio della

collettività consentono: all'amministrazione, di svolgere la propria funzione

nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità, che devono

caratterizzare l'azione amministrativa, attraverso una corretta allocazione

delle risorse pubbliche, intese in senso lato - fondi pubblici, risorse umane e

strumentali - in funzione della prestazione di servizi pubblici di elevato

livello qualitativo; al settore privato, di perseguire il proprio scopo di

profitto, incentivando l'innovazione ed in funzione dell'apertura di nuovi

settori del mercato, in passato dominio prevalente dalla pubblica

amministrazione e all'utente finale, di ottenere servizi di pubblica utilità più

efficienti ed in grado di elevare il livello qualitativo della vita nel Paese,

senza che ciò comporti ulteriori aggravi fiscali.

6.3 PROJECT FINANCING: IL PROFILO GIURIDICO E LA LEGGE

MERLONI

La realizzazione di opere pubbliche o di pubblico interesse con ricorso al

capitale privato nel nostro ordinamento transita, in prima battuta, attraverso

l’affidamento di un contratto di concessione di costruzione e gestione, la cui

norma di riferimento al riguardo è l’art. 19, comma 2 della legge 109/94

(legge Merloni). I procedimenti previsti per l’affidamento del contratto di

concessione sono quelli della licitazione privata ex art. 20, comma 2 (c.d.

finanza di progetto ad iniziativa pubblica) e quello più complesso,

137

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scindibile in più fasi, con il promotore contemplato negli artt. 37-bis e ss.156

della legge Merloni (c.d. finanza di progetto ad iniziativa privata).

Per questo motivo le riflessioni per migliorare la finanza di progetto in

Italia sembrano non poter prescindere dall’incidere sulla legge Merloni.

Tuttavia, la presenza di attori che concorrono a rendere effettiva la finanza

di progetto quali la Pubblica Amministrazione, gli istituti di

credito/finanziatori, gli appaltatori, i gestori di servizi pubblici, i fornitori, i

consulenti economico-finanziari, gli operatori del diritto e il confronto con

le esperienze europee ed internazionali, avvertono come gli interventi

migliorativi debbano essere inseriti in modo sistemico, in tutti quegli ambiti

regolamentari sensibili all’efficacia dello strumento di finanziamento in

oggetto. Inoltre, è oramai evidente come la finanza di progetto faccia parte

del genus più ampio del Partenariato Pubblico-Privato (PPP) per la

realizzazione di opere pubbliche, che può essere attuato mediante modalità

156 In modo schematico, la disciplina introdotta con gli art. 37bis ss. si articola come segue: a) nel riconoscimento dell’autonomia della figura del promotore e della fase della promozione dell’opera pubblica; b) nella precisa individuazione nella concessione di costruzione e gestione della forma giuridica idonea a realizzare un finanziamento di progetto, con l’introduzione di significative modifiche all’istituto, tra le quali la possibilità di conferire al concessionario diritti non direttamente correlati all’opera che si intende realizzare; c) nella rimessione alla volontà delle parti del contenuto negoziale, in particolare per ciò che concerne la determinazione e l’aggiornamento delle tariffe dei servizi previsti nel progetto, in modo da consentire la copertura dei costi di esercizio e del servizio del debito e un’adeguata remunerazione del capitale; d) nella determinazione del procedimento con cui pervenire legittimamente alla scelta del progetto e del concessionario; e) nel riconoscimento della possibilità di realizzare la separazione giuridica e finanziaria dell’iniziativa dalle altre attività degli sponsors attraverso la costituzione di società di progetto, con la previsione di deroghe al diritto societario al fine di massimizzare la capacita di finanziamento della medesima società; f) nella previsione di adeguate, o almeno certe, forme di tutela del privato nel caso di revoca o inadempimento dell’ente concedente; g) nella disciplina delle garanzie dirette in favore dei finanziatori, riconoscendo agli stessi la facoltà di subentrare al concessionario nel rapporto con l’amministrazione.

138

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e tecniche contrattuali che prescindono dalla tradizionale concessione di

costruzione e gestione.

Metodologicamente si devono, in un primo tempo, individuare i temi che

costituiscono un ostacolo alla realizzazione di opere in finanza di progetto e

poi, successivamente, occorre identificare i relativi ambiti di applicazione e

gli strumenti più idonei a rimuoverli. Con questa premessa metodologica gli

ambiti di intervento possono essere quello della legge Merloni, ma anche

quello della legge fiscale, o, ancora, del codice civile, della legge

fallimentare, etc., e gli strumenti possono variamente consistere in una

modifica di legge, nell’inserimento di una norma regolamentare,

nell’interpretazione ministeriale favorevole, o, ancora, nell’esercizio

dell’autonomia contrattuale secondo delle best practices ed, infine,

semplicemente mediante l’emersione di norme esistenti ma inapplicate157.

Alla disciplina già prevista dagli artt. 37-bis e seguenti della Legge quadro,

hanno fatto seguito ulteriori interventi legislativi volti ad ampliare la portata

dell’istituto.

In particolare, la legge 24 novembre 2000 n. 340, all’art. 21 ha previsto

l’utilizzo del project financing anche con riferimento alla realizzazione “di

nuove infrastrutture viarie di interesse nazionale per le quali sono

utilizzabili sistemi di pedaggiamento”.

Allo stesso modo, la legge 21 dicembre 2001, n. 443 (c.d. Legge obiettivo)

ha conferito al Governo la delega per l’emanazione di uno o più decreti

legislativi concernenti, tra l’altro (art. 1, comma 2, lett. a), ma cfr. anche

lett. c), “la disciplina della tecnica di finanza di progetto per finanziare e

157 UFP – Unità Tecnica Finanza di Progetto: “L’accerchiamento della Merloni”- Roma, febbario 2005.

139

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realizzare, con il concorso del capitale privato”, le infrastrutture pubbliche e

gli insediamenti strategici e di preminente interesse nazionale.

Sempre al fine di promuovere l’utilizzo del project financing, l’art. 7 della

L. 17 maggio 1999, n. 144 ha previsto, nell’ambito del CIPE158,

l’istituzione dell’Unità tecnica-finanza di progetto.

Per quanto concerne l’inquadramento giuridico dell’istituto, è stato

osservato che, nel nostro ordinamento giuridico, il project financing si

configura come una tecnica di finanziamento non sussumibile in una

categoria contrattuale tipica, rappresentando invece la “sommatoria di

singoli contratti (contratti di fornitura, di appalto, di finanziamento, di

garanzia, di società, di concessione di costruzione e gestione/di

management) che ne costituiscono la struttura”. In questa prospettiva, si

ritiene che l’impiego del project financing non richieda tanto una disciplina

ad hoc, quanto la valorizzazione del “collegamento negoziale” che si genera

tra i rapporti contrattuali che, a diverso livello, si concentrano intorno

all’operazione di finanziamento159.

Con gli articoli in esame, il legislatore ha comunque inteso rispondere alle

aspettative degli operatori economici del settore garantendo maggiore

certezza e stabilità al rapporto tra l’amministrazione concedente e

l’aggregato dei soggetti privati interessati a finanziare la realizzazione di

un’opera o di un servizio pubblico, fornendo un corpus di regole definite

idonee a consentire previsioni ragionevoli dei flussi di cassa.

158 Si tratta di un organo composto da 15 unità, di estrazione marcatamente tecnica, investito del compito di promuovere, all’interno delle pubbliche amministrazioni, l’utilizzo di tecniche di finanziamento di infrastrutture con ricorso a capitali privati (cfr. art. 7 cit.).

140

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6.4 ELEMENTI TIPICI DI UN OPERAZIONE DI PROJEC FINANANCING

L'utilizzo del Project Financing comporta alcune specifiche implicazioni dal

punto di vista organizzativo e contrattuale. Il finanziamento, infatti, non è

diretto ad un'impresa pre-esistente bensì va a beneficio di una società di

nuova costituzione (“società di progetto” o anche “SPV” - Special Purpose

Vehicle) la cui esclusiva finalità è la realizzazione e la gestione del progetto

stesso.

La società di progetto è un'entità giuridicamente distinta da quella del/i

promotore/i del progetto, con la conseguente separazione dei flussi generati

dal progetto da quelli relativi alle altre attività del promotore. Il duplice

risultato é che, in caso di fallimento del progetto, il finanziatore non potrà

rivalersi su beni del promotore diversi da quelli di proprietà della società di

progetto e, simmetricamente, in caso di fallimento del promotore la società

di progetto continuerà ad esistere perseguendo le proprie finalità.

Inoltre, la costituzione di una Special Purpose Vehicle consente agli enti

finanziatori l'applicazione di formule di controllo molto stringenti e

l'imposizione di vincoli contrattuali e societari necessari alla strutturazione

di un'operazione di Project Financing.

Il primo aspetto importante nella definizione di project financing è quello

della costituzione di una società di scopo che abbia come oggetto sociale

esclusivo la realizzazione e la gestione dell’iniziativa.

In termini generali la separazione giuridica del progetto consente quella

separazione economica ( da cui trae origine l’espressione inglese ring

fence) che è alla base stessa del project financing. Questo vuol dire che se la

159 Sul tema v. le interessanti considerazioni di Rabitti, Project Finance e collegamento

141

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struttura finanziaria del progetto si fonda principalmente sui flussi di cassa

che esso è in grado di generare, la prima condizione che deve essere

soddisfatta è quella dell’isolamento giuridico di tale flusso di cassa da tutte

le altre attività dei promotori.

Dal lato dei promotori, in ring fence è importante perché consente loro di

limitare l’impatto di un’eventuale andamento negativo del progetto sul

proprio bilancio. Il loro rischio nel progetto viene limitato al solo capitale

sociale versato nella società di progetto e alle eventuali garanzie collaterali

dagli stessi fornite.

Dal lato delle banche, il ring fence consente di isolare facilmente il flusso di

cassa, sul quale si fondano le loro aspettative di rimborso e di

remunerazione, da entrate ed uscite connesse ad altri progetti e ad altre

attività dei promotori.

Questo è il motivo per cui il ring fence acquista un ruolo essenziale nel

project financing, inteso come costruzione di un progetto mediante il suo

isolamento giuridico.

Il principio del ring fence ha anche un’implicazione rilevante da un punto di

vista finanziario.

Esso determina una correlazione diretta tra fabbisogni e coperture

finanziarie relativi al progetto specifico, facendo assumere a ogni

finanziamento caratteristiche diverse in funzione del tipo di investimento

realizzato.

Altro elemento fondamentale nell’ambito di un’operazione di project

financing è rappresentato dal piano economico e finanziario del progetto.

Il finanziamento viene concesso dai soggetti creditori, molto spesso istituti

di credito, sulla base del flussi di cassa attesi dall’attività svolta dall’unità

contrattuale, in Contratto e impresa, 1996, II, 224 ss.

142

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economica per la cui costruzione si richiede il finanziamento stesso e sulla

base della loro capacità di remunerare e rimborsare il debito. Elemento

necessario di tali operazioni è perciò l’attesa capacità del progetto di

generare reddito.

Per poter valutare i rischi sottostanti al progetto le banche devono

esaminare nel dettaglio il proprio investimento, analizzando le diverse

dinamiche che concorrono alla formazione dei flussi di cassa e tutti i rischi

di possibili scostamenti tra i dati attesi e quelli reali.

Questo vuol dire che il piano economico costituisce il documento chiave ai

fini dell’investimento delle banche creditrici, le quali non potendo fare

affidamento su garanzie tradizionali aventi finalità puramente “satisfattive”

pari all’interno valore dell’importo erogato, saranno indotte a concedere il

capitale necessario ai fini della realizzazione del progetto, nella misura in

siano sufficientemente confidenti della sua capacità di generare flussi di

cassa in misura tale da assicurare il rimborso e la remunerazione del

prestito.

La natura autoliquidante di ogni operazione di project financing, che

costituisce l’elemento innovativo e tipizzante di tale tecnica finanziaria,

trova la sua massima espressione negoziale nel contratto di finanziamento,

nel quale si darà rilievo alle assumption economico-finanziarie accolte nel

relativo piano, che sarà allegato allo stesso contratto di finanziamento. Il

puntuale rispetto di tali assumption è strettamente monitorato dai soggetti

finanziatori, grazie ai pervasivi poteri di controllo e di verifica ai medesimi

contrattualmente attribuiti e ad esse sono legate eventuali cause di

risoluzione del rapporto di finanziamento160.

160 Cfr. a tal riguardo anche P. Carriere, “Il leverage financing e il project financing alla

luce della riforma dl diritto societario: opportunità e limiti”, in Le Società, 2003.

143

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6.5 GLI OBIETTIVI DEL PROJECT FINANCING

L'esigenza di ricorrere a tale sistema di finanziamento è determinata, per gli

enti pubblici, essenzialmente dal sempre più preoccupante divario esistente

fra fabbisogno finanziario per opere infrastrutturali di uso collettivo ed

attuali disponibilità monetarie a favore del settore pubblico. Questo divario,

che, vista la scarsità delle risorse a disposizione, è purtroppo destinato a

divenire sempre più ampio, può venire colmato esclusivamente tramite un

corposo intervento di finanziamento da parte di soggetti privati (imprese e

banche), disposti a riporre fiducia nelle potenzialità di remunerazione

connesse al progetto in questione e a rischiare quindi i loro capitali.

Per le imprese private, invece, il Project Financing rappresenta una

modalità di attivazione di ingenti risorse finanziarie presso il sistema

creditizio, senza la necessità di dover integralmente garantire i

finanziamenti. Le banche che operano in Project Financing erogano infatti

finanziamenti in favore di società costituite “ad hoc” dagli “sponsor del

progetto” limitandosi a richiedere a questi ultimi garanzie “limitate”

(limited recourse). Le banche che operano in Project Financing devono

quindi valutare con grande analiticità ogni aspetto del progetto (legale,

fiscale, economico, tecnico) prima di assumerne i relativi rischi. Il Project

Financing è quindi per le imprese una modalità tecnica per affrontare

progetti anche di grandissima dimensione, altrimenti non compatibili con la

loro diretta capacità patrimoniale e finanziaria.

144

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6.6 I SOGGETTI COINVOLTI NEL PROJECT FINANCING

I soggetti coinvolti in una operazione di project financing, sono solitamente

molti e di differente natura.

Possono essere delle Società di progetto (Special purpose vehicle),le quali

sono formate dai promotori, cioè da tutti quei soggetti che forniscono

capitale di rischio e promuovono la realizzazione dell'iniziativa,

seguendone tutte le fasi. La creazione di una società permette la separazione

delle attività relative al progetto da quelle personali di ciascun singolo socio

e consente quindi di ottenere un isolamento giuridico ed economico-

finanziario del progetto stesso. Normalmente la società di progetto si

assume direttamente la responsabilità del debito nei confronti delle banche

creditrici oppure della banche, le quali intervengono sia in qualità di

consulenti finanziari (verifica informazioni, analisi delle proposte,

individuazione del progetto migliore dal punto di vista economico-

finanziario) che in qualità di finanziatori (creazione di un pool di banche

finanziatrici; il credito viene erogato dopo aver effettuato: analisi del

progetto e dei suoi elementi basilari, test di viabilità, analisi del flusso di

cassa, calcolo degli indici sintetici, analisi di sensitività).

Anche la Pubblica Amministrazione può essere un soggetto coinvolto in

un’operazione di project financing, essa deve rendere il progetto bancabile,

intervenendo tramite opportuni sistemi di sostegno pubblico al progetto

(fondi perduti, sgravi fiscali, sostegni ai prezzi).

Inoltre ci possono essere Istituzioni finanziarie multilaterali (enti costituiti

su base multinazionale per promuovere investimenti e sviluppo economico

a livello mondiale), Esperti indipendenti (esperti legali, assicurativi, tecnici

o società di consulenza etc.) e Controparti commerciali (costruttori di opere,

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fornitori di materie prime, acquirenti finali del prodotto, responsabili di

manutenzione etc.)

6.7 I RISCHI DEL PROJECT FINANCING

L’analisi dei rischi del progetto è una fase fondamentale nello sviluppo di

un project financing, in quanto la corretta allocazione dei rischi può

determinarne il successo o l'insuccesso. Infatti esistono varie tipologie di

rischio e ogni soggetto coinvolto nell'operazione deve assumersi i rischi che

meglio di ogni altro riesce a controllare. Solo allora infatti l'operazione è

equilibrata e procede senza intoppi o brutte sorprese. L’individuazione,

segmentazione e delimitazione dei rischi rende applicabile tecniche di

copertura che mitigano i rischi del progetto.

La volontà di assumere un rischio è comunque funzione del ritorno

economico atteso dall’attività collegata all’assunzione del rischio.

Oltre all’affidamento sugli utili di cassa attesi al termine del progetto,

l’altro elemento che caratterizza tali operazioni è dato dalle garanzie

rilasciate dalla società di scopo, dai promotori nonché da altri soggetti terzi.

A tal riguardo è possibile classificare le strutture di Project Financing in

funzione della tipologia di rivalsa dei soggetti finanziatori sugli azionisti

della Società di Progetto. In particolare, è possibile identificare operazioni

“senza rivalsa” (without recourse) cioè operazioni di Project Financing in

cui è esclusa la rivalsa dei finanziatori sugli azionisti; in questo caso le

banche operano secondo logiche non tradizionali accollandosi rischi vicini a

quelli imprenditoriali, alternativamente, esistono soggetti terzi che

forniscono singolarmente o in modo combinato appropriate garanzie.

146

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Si possono avere operazioni con “rivalsa limitata” (limited recourse):

operazioni di Project Financing in cui la rivalsa dei finanziatori sugli

azionisti è limitata nel tempo, nell'ammontare e nella qualità.

Infine operazioni con “rivalsa piena” (total recourse) le quali sono

operazioni di Project Financing in cui la rivalsa dei finanziatori sugli

azionisti della Società di Progetto è totale161.

6.8 PROJECT FINANCING: IL MODULO GIURIDICO DELLA

CONCESSIONE DI COSTRUZIONE E GESTIONE

Nella storia recente la forma classica in cui si è realizzato il “Project

Financing all'italiana” è la concessione di costruzione e gestione. Questo

strumento ha infatti permesso di realizzare e gestire molte infrastrutture in

Italia, che se debitamente strutturato potrebbe assomigliare alle più evolute

tipologie americane o anglosassoni di project financing.

Il legislatore ha individuato, cogliendo ispirazione nella prassi operativa,

nella concessione di costruzione e gestione la “cornice” giuridica delle

operazioni di finanziamento privato di opere pubbliche. Nell’operare tale

scelta, il legislatore ha però apportato al regime tradizionale dell’istituto,

come esso emerge anche dalle ricostruzioni dottrinali e giurisprudenziali, le

modifiche necessarie per adattare il medesimo alle caratteristiche del

project financing162.

161 In questo caso vengono a cadere i presupposti del Project Financing anche se non viene a mancare la capacità del settore privato di intervenire nella costruzione, finanziamento e gestione delle iniziative. 162 Da “Gli appalti di lavori pubblici”- Edito dalle Edizioni Simone.

147

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Com’è noto, la stessa legge quadro definiva la concessione di costruzione e

gestione come il contratto concluso fra un imprenditore ed una

amministrazione aggiudicatrice, in cui la “controprestazione a favore del

concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e

di sfruttare economicamente opere” (art. 19, comma 2). Si prevedeva inoltre

che la concessione potesse essere affidata solo in base al progetto definitivo

e, in generale, che gli affidatari dell’incarico di progettazione, a qualsiasi

livello, non potessero partecipare alla gara per l’affidamento della

concessione (art. 17, comma 9).

Le innovazioni introdotte dal legislatore alla disciplina della concessione di

costruzione e gestione in generale (attraverso la novella dell’art. 19) e in

particolare con la disciplina del project financing, sono date

dall’ampliamento dell’oggetto della concessione, in modo da

ricomprendere: la progettazione definitiva e la progettazione esecutiva

(nuova formulazione dell’art. 19); l’esecuzione dei lavori pubblici, o di

pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati,

nonché la loro gestione funzionale ed economica (nuova formulazione

dell’art. 19) e la gestione di servizi di pubblica utilità (37quinquies e art.

37sexies); in secondo luogo dal superamento dell’incompatibilità tra

progettazione e realizzazione, almeno per quanto riguarda la progettazione

preliminare ed infine dalla possibilità di affidare la concessione di

costruzione e gestione sulla base del solo progetto preliminare (nuova

formulazione dell’art. 20, secondo comma).

Nella rigida separazione tra progettazione ed esecuzione era stato ravvisato

uno dei principali elementi ostativi alla realizzazione di operazioni di

project financing, nelle quali invece è fondamentale che i principali soggetti

dell’operazione (promotori e finanziatori) possano intervenire nella

148

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progettazione dell’opera. In tale fase si stabiliscono le caratteristiche

dell’opera da realizzare (dimensioni, livello di attività ecc.) con i relativi

costi, sui quali costruire le posizioni di equilibrio del piano di investimento.

Essendo quindi la progettazione finanziaria strettamente compenetrata con

quella ingegneristica, risulta oltremodo limitante doverla adattare su un

progetto già definito da altri, la cui realizzazione e gestione

l’amministrazione pone quale oggetto di gara. Tale conclusione è

confermata dalla naturale diffusione del project financing nell’ambito delle

concessioni di programma, promiscuamente dette di servizi e di

committenza, caratterizzate dall’affidamento al concessionario delle fasi

ideativa, progettuale, realizzativa e gestionale e che, dopo l’approvazione

della legge n. 109 del 1994 parevano ormai delegittimate dal divieto di cui

all’art. 17, comma 9 e dalla soppressione della cd. concessione di

committenza (art. 19, comma 3).

La redazione del progetto preliminare viene ora affidata al promotore in

sede di proposta di finanziamento. Occorre peraltro sottolineare che, per

l’autonomia che assume la fase di promozione dell’opera rispetto alla fase

di realizzazione del progetto, l’affidamento al promotore della

progettazione preliminare non costituisce propriamente una deroga al

divieto di cui all’art. 17, comma 9, né complessivamente la fattispecie può

qualificarsi come concessione di committenza. Se infatti l’iniziativa parte

unilateralmente dal promotore, questi non può considerarsi “affidatario”

dell’incarico di progettazione ai sensi della norma citata, né può dirsi che,

prima della gara di cui all’art. 37quater, il promotore si assuma

l’obbligazione multipla di mettere a punto e gestire l’intero programma,

costruttivo e gestionale163.

163 Da “Gli appalti di lavori pubblici”- Edito dalle Edizioni Simone

149

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Va inoltre sottolineata la possibilità che al concessionario siano attribuiti

diritti sull’opera realizzata diversi da quelli che costituiscono gestione della

medesima, possibilità che risulta esplicitamente dagli articoli 37quinquies e

37sexies nei quali l’impiego della disgiuntiva “o” tra gestione

dell’infrastruttura e gestione di un servizio di pubblica utilità introduce, per

la prima volta in un testo normativo, una netta contrapposizione tra l’attività

che costituisce gestione e l’attività che si concreta in erogazione di un

servizio di utilità.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Sorto all'inizio degli anni ottanta nel mercato statunitense, il debito

mezzanino ha conosciuto un intenso periodo di sviluppo come strumento di

finanziamento delle operazioni di ristrutturazione d'impresa caratterizzate

da un elevato grado di leva finanziaria. Importato nella seconda metà degli

anni ottanta nel mercato europeo, tale strumento non ha ancora conosciuto

in questo mercato, specie per ciò che concerne i paesi dell'Europa

continentale, un grado di sviluppo coerente con quelli che appaiono essere i

vantaggi offerti dallo strumento.

L'analisi svolta nel corso della prima parte della ricerca, incentrata sulle

caratteristiche tecniche dello strumento e sulle opportunità di utilizzo dello

stesso, ha infatti chiaramente evidenziato le qualità di flessibilità e i

vantaggi che esso è in grado di offrire ai diversi soggetti finanziatori di

un'impresa164. Si è in particolare mostrato come tali vantaggi si estendano al

di là delle operazioni di LBO/MBO nelle quali il debito mezzanino ha

finora trovato prevalente applicazione. Un finanziamento mezzanino può

164 azionisti e creditori senior

150

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invece apportare sostanziali benefici ai diversi soggetti finanziatori di

un'impresa in diverse situazioni, e in particolare nel caso vi sia un

fabbisogno di finanziamento di un processo di crescita.

Si è inoltre mostrato come, ponendosi nell' ottica di un investitore in

capitale intermedio, il problema del pricing di un investimento mezzanino

non possa essere affrontato applicando in modo meccanicistico i

tradizionali modelli di valutazione delle attività finanziarie rischiose. Dall'

analisi di questi ultimi, e in particolare dall' esame della moderna teoria di

portafoglio e della teoria delle opzioni, è tuttavia possibile trarre utili

indicazioni con riferimento alla valutazione del rischio e del rendimento di

un investimento mezzanino.

Gli ostacoli che ancora si pongono allo sviluppo del mercato europeo del

debito mezzanino sono di diversa natura.

- In alcuni paesi dell'Europa continentale, fra i quali l'Italia, il debito

subordinato non esiste, dal punto di vista giuridico, come forma

contrattuale. Tale difficoltà è stata in passato superata strutturando le

operazioni sotto diversa giurisdizione. Se tuttavia dovesse sorgere una

disputa fra creditori senior e creditori junior, non si sarebbe certi di come

quest'ultima verrebbe risolta. In sostanza, pur ricorrendo a giurisdizioni

estere, l'assenza di una precisa cornice normativa locale rende molto più

incerta e dunque più rischiosa un' operazione di finanziamento mezzanino.

- Lo scarso grado di sviluppo del mercato secondario dei titoli

obbligazionari emessi da imprese (corporate bonds) rende poco probabile

una crescita significativa del mercato del debito mezzanino. È infatti

verosimile ipotizzare che il capitale intermedio conservi in Europa la forma

del prestito bancario e veda dunque limitata la possibilità di un significativo

151

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sviluppo del mercato secondario. Quest'ultima è condizionata dal fatto che

un numero sempre crescente di istituzioni finanziarie165 acquisisca

familiarità con lo strumento e ne comprenda i vantaggi in termini di profilo

rischio/rendimento e di flessibilità.

Anche superando i problemi di carattere tecnico-istituzionale di cui sopra,

nei paesi dell'Europa continentale permane un ostacolo di carattere

culturale, connesso all' avversione degli investitori nei confronti del ricorso

a un eccessivo grado di leva finanziaria. Ne segue che l'applicazione

esclusiva del debito mezzanino a operazioni di acquisizione nelle quali la

funzione dello strumento è puramente quella di superare l'in disponibilità di

ulteriore capitale di debito senior comporterebbe inevitabilmente scarse

prospettive di sviluppo del mercato.

A fronte di tali difficoltà, vi sono tuttavia alcune interessanti opportunità

connesse all' attuale fase congiunturale attraversata dai mercati finanziari

europei. Fra queste si possono segnalare le seguenti.

La crisi che ha recentemente colpito le banche commerciali europee sta

spingendo le stesse a ricorrere a criteri più restrittivi di valutazione del

merito creditizio delle imprese. Vengono dunque meno le politiche

aggressive tipiche della seconda metà degli anni ottanta, le quali rendevano

in qualche modo ridondante il finanziamento mezzanino. Pur avendo un

effetto duplice166, è probabile che in futuro prevalga il primo effetto, ossia

quello di un maggiore spazio per gli offerenti di debito mezzanino connesso

alla contrazione del debito senior.

Lo stato di arretratezza del mercato europeo dei finanziamenti mezzanine

165 fondi specializzati, banche, finanziarie, fondi equity, fondi pensione, società di assicurazione 166 minore offerta di credito bancario ma anche meno operazioni da strutturare e maggiore concorrenza con investitori equity

152

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rende possibile evitare gli errori di rigidità commessi nei mercati più maturi

(USA, Regno Unito): sfruttando al massimo le caratteristiche di flessibilità

del debito mezzanino - in termini di garanzie, covenants, struttura dei flussi

di interesse e rimborso del capitale, scadenze e forma di partecipazione al

capitale di rischio disponibile agli investitori mezzanine - in modo che lo

strumento venga percepito come una forma di capitale di rischio a basso

costo, vantaggioso per tutte le parti, e non invece come forma di debito

senior a costo elevato167.In sintesi, il finanziamento mezzanino dovrebbe

strutturarsi in modo da essere parte della soluzione e non parte del problema

che le imprese di piccole e medie dimensioni si trovano ad affrontare.

Oltre che delle opportunità di ulteriore sviluppo, si è diffusamente

trattato della struttura giuridica con la quale un intermediario può svolgere

un'attività di MF. In particolare, è stato esaminato il quadro giuridico-

fiscale in vigore nei principali paesi industrializzati ove più sviluppata è

l'attività di mezzanine finance. Accanto all'esame del quadro giuridico-

fiscale, si è trattato delle ragioni che possono guidare la scelta alternativa

relativa alla configurazione giuridica con la quale può operare un

intermediario. A questo proposito, è possibile affermare che le due

alternative più efficienti sembrano essere quella del fondo chiuso e quella

della società di capitali. Per effettuare la scelta fra le due alternative occorre

confrontare i vantaggi fiscali caratteristici di un fondo con la flessibilità

finanziaria della società di capitali, la quale può associare mezzi propri e di

terzi, sfruttando al meglio gli effetti che la leva finanziaria produce sul

ROE. Le due alternative si caratterizzano per la produzione, a parità di

ROA atteso, di diverse combinazioni di rendimento atteso e rischio, in

167 « streched senior debt » o « superloan »

153

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grado di soddisfare opportunamente le alternative funzioni di preferenza

degli investitori. Proprio sul matching tra la combinazione rendimento

atteso-rischio e la funzione di preferenza dei potenziali investitori si deve

fondare la scelta finale.

154

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ALLEGATO

ALCUNI CASI PRATICI

Analisi del caso in cui il fondo mezzanino è costituito in forma di SICAV

francese

Il regime fiscale cui sono sottomesse le SICAV tende ad evitare la doppia

imposizione. Le SICAV sono innanzitutto esonerate dall'imposta sulle

società relativamente a quella parte di utili che proviene dalla gestione del

portafoglio o dalle plusvalenze realizzate attraverso la cessione dei titoli del

portafoglio;sono previste norme che consentono ai soci di pagare le imposte

sui proventi percepiti168, che mantengono la loro natura, come se

fossero loro personalmente a possedere e gestire il portafoglio titoli

(principio della trasparenza). Occorre quindi rinviare norme che regolano

l'investimento diretto in azioni e obbligazioni.

I redditi che derivano da questi investimenti sono generalmente inclusi nella

base imponibile del percettore. Nel caso in cui quest'ultimo sia una persona

fisica residente, viene concessa la possibilità di optare, per alcune categorie

di interessi , per un prelievo alla fonte a titolo d'imposta (prelévèment

forfetaire). Per quanto concerne i dividendi viene concesso un credito

d'imposta (avoir fiscal) pari al 50% del dividendo ricevuto.

Ai nostri fini è necessario analizzare il trattamento fiscale applicabile nel

caso in cui la SICAV investa in Italia o il partecipante alla SICAV sia

residente o avente sede in Italia.

Il quadro normativo delineato in questa analisi deriva dall'applicazione sia

delle normative interne dei due paesi che dalla Convenzione contro le

168 I proventi percepiti continuano ad essere trattati come dividendi, interessi o capital gains e non concorrono a formare un provento complessivo indistinto.

156

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doppie imposizioni stipulata tra Italia e Francia il 5 ottobre 1989 ed entrata

in vigore il 1 maggio 1992169. Occorre considerare sia la normativa prevista

nel paese fonte del reddito che in quello di residenza del sottoscrittore,

distinguendo tra i diversi tipi di reddito, ossia interessi e dividendi.

Non trova invece applicazione la Direttiva società madri-società figlie

(recepita in entrambi i Paesi) in quanto la SICAV, pur rivestendo

formalmente la configurazione giuridica di una società per azioni, non

rientra nell' elenco degli organismi societari previsti dalla Direttiva stessa.

Dividendi

Si distinguono diverse ipotesi:

A1. la società (alfa) che distribuisce il dividendo alla SICAV ha sede legale

in Francia e l'investitore è una persona fisica residente in Francia o persona

giuridica avente sede legale nello stesso paese.

Alfa paga su un utile di 100 un'imposta societaria pari al 33,33 %.

Distribuisce quindi alla SICAV (che ipotizziamo unica azionista) un

dividendo di 67 circa. Valendo il principio di trasparenza l'investitore, il

quale include il dividendo nella propria base imponibile170, ha diritto ad un

credito d'imposta pari al 50% del dividendo;

169 Infatti a nostro avviso tra i destinatari della Convenzione rientrano anche gli organismi di investimento collettivo (art. 1 e art. 3 letto d). L'applicazione delle convenzioni agli organismi di investimento collettivo, tuttavia, è ancora un problema aperto. 170 Si rammenta che i proventi distribuiti dal fondo mantengono la loro natura.

157

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B1. la società (alfa) che distribuisce il dividendo ha sede legale in Francia e

l'investitore è una persona fisica residente in Italia o persona giuridica

avente sede legale nello stesso paese.

Alfa paga su un utile di 100 un'imposta societaria pari al 33,33 %.

Distribuisce quindi alla SICAV (che ipotizziamo unica azionista) un

dividendo di 67 circa. A sua volta la SICAV opera una ritenuta a titolo

d'imposta sui proventi che distribuisce al sottoscrittore italiano, pari, in

virtù dell' applicazione della Convenzione, al 15%. Rientrando la SICAV

tra gli organismi di investimento collettivo di diritto estero previsti dal D.L.

83/1992, il quale ha recepito le direttive comunitarie, l'imposizione sui

proventi in Italia è quella contenuta nel suddetto decreto. Pertanto i proventi

sono assoggettati ad una ritenuta del 12,5% (applicata dall'intermediario

autorizzato in Italia) a titolo d'imposta se il percettore è una persona fisica e

a titolo d'acconto se è una persona giuridica. Nel caso in cui i proventi siano

percepiti fuori dal territorio nazionale non subiscono la ritenuta alla fonte e

concorrono a formare il reddito imponibile, con possibilità per le persone

fisiche e le società di persone non esercenti attività d'impresa, nonché per

gli enti non commerciali, di optare per la tassazione separata con la

medesima aliquota del 12,50% prevista per la ritenuta alla fonte.Se i

proventi vengono inclusi nella base imponibile del percettore, al fine di

evitare la doppia imposizione economica, la Convenzione Italia-Francia

prevede che la Francia conceda un credito d'imposta (indiretto) pari al 50%

del dividendo ridotto della ritenuta pattizia del 15%. Per evitare la doppia

imposizione giuridica, invece, l'Italia concede un credito d'imposta (diretto)

fino a concorrenza della quota d'imposta italiana corrispondente al rapporto

tra i redditi prodotti all' estero e il reddito complessivo (art. 15, T.D.

917/86);

158

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C1. La società (beta) che distribuisce il dividendo ha sede legale in Italia e

l'investitore è una persona fisica residente in Francia o persona giuridica

avente sede legale nello stesso paese.

Beta paga su un utile di 100 un'imposta societaria pari al 52,2%. Sui

dividendi distribuiti ad un non residente (ad esempio una SICAV francese)

la normativa interna italiana prevede che su tutto il dividendo gravi una

ritenuta del 32,4%, ridotta al 15 % in base alla Convenzione. Quindi da un

lato nel momento in cui la società italiana distribuisce un dividendo alla

SICAV applica una ritenuta del 15%, dall'altro avendo la SICAV diritto al

credito d'imposta, quest'ultimo, verrà a sua volta ridotto del 15%. Valendo il

principio di trasparenza l'investitore, il quale include il dividendo nella

propria base imponibile, ha diritto, in base alla Convenzione Italia-Francia,

ad un credito d'imposta (indiretto) concesso dall'Italia pari ai 9/16 del

dividendo ridotto della ritenuta pattizia del 15%. Per evitare la doppia

imposizione giuridica, invece, la Francia concede un credito d'imposta

(diretto) fino a concorrenza della quota d'imposta francese corrispondente al

rapporto tra i redditi prodotti all' estero e il reddito complessivo.

DI. la società (beta) che distribuisce il dividendo ha sede legale in Italia e

l'investitore è una persona fisica residente in Italia o persona giuridica

avente sede legale nello stesso paese.

Beta paga su un utile di 100 un'imposta societaria pari al 52,2%.

Applicando la ritenuta pattizia del 15% distribuisce quindi alla SICAV (che

ipotizziamo unica azionista) il dividendo. La SICAV a sua volta opera una

ritenuta del 15% in quanto la normativa sugli OICVM francesi prevede che

si applichino le ritenute qualora i dividendi siano distribuiti a un non

residente. In Italia infine detti proventi sono assoggettati ad una ritenuta del

159

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12,5% 171a titolo d'imposta se il percettore è una persona fisica e a titolo

d'acconto se è una persona giuridica. Nel caso in cui i proventi siano

percepiti fuori dal territorio nazionale non subiscono la ritenuta alla fonte e

concorrono a formare il reddito imponibile, con possibilità per le persone

fisiche e le società di persone non esercenti attività d'impresa, nonché per

gli enti non commerciali, di optare per la tassazione separata con la

medesima aliquota del 12,50% prevista per la ritenuta alla fonte.

Se i proventi vengono inclusi nella base imponibile del percettore, al fine di

evitare la doppia imposizione economica, la Convenzione Italia-Francia

prevede che l'Italia conceda un credito d'imposta (indiretto) pari ai 9/16 del

dividendo ridotto della ritenuta pattizia del 15 %. Per evitare la doppia

imposizione giuridica, invece, l'Italia concede un credito d'imposta (diretto)

fino a concorrenza della quota d'imposta italiana corrispondente al rapporto

tra i redditi prodotti all' estero e il reddito complessivo (art., 15 T.V.

917/86).

Interessi

Si distinguono diverse ipotesi:

A2. La SICAV investe in obbligazioni francesi e il sottoscrittore è residente

o avente sede in Francia.

Se si tratta di una persona giuridica l’interesse ricevuto viene tassato con

l’ordinaria imposta sul reddito (33,33%); se si tratta di una persona fisica,

qualora il titolo sia un’obbligazione privata ordinaria o un'obbligazione

pubblica, può optare tra imposizione ordinaria e ritenuta a titolo d'imposta

del 19,4 %.

171 applicata dall'intermediario autorizzato in Italia

160

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B2. La SICAV investe in obbligazioni francesi e il sottoscrittore è residente

o avente sede in Italia.

Gli interessi provenienti da obbligazioni pubbliche e private ordinarie sono

esenti da imposta alla fonte, mentre quelli di obbligazioni convertibili e cum

warrant sono soggetti ad un'imposta pattizia del 10%. Tali redditi vengono

tassati in capo al percettore italiano in base alla normativa già descritta 172,

con la differenza che in questo caso non c'è credito d'imposta indiretto e il

credito d'imposta diretto è limitato al 10%.

C2. La SICAV investe in obbligazioni italiane e il sottoscrittore è residente

o avente sede in Francia.

Gli interessi provenienti da obbligazioni pubbliche e private ordinarie sono

esenti da imposta alla fonte, mentre quelli di obbligazioni convertibili e cum

warrant sono soggetti ad un'imposta pattizia del 10%. Tali redditi vengono

tassati in capo al percettore francese con imposizione ordinaria e la Francia

concede credito d'imposta diretto.

D2. La SICA V investe in obbligazioni italiane e il sottoscrittore è residente

o avente sede in Italia.

Gli interessi provenienti da obbligazioni pubbliche e private ordinarie sono

esenti da imposta alla fonte, mentre quelli di obbligazioni convertibili e cum

warrant sono soggetti ad un'imposta pattizia del 10%. Tali redditi vengono

tassati in capo al percettore italiano in base alla normativa già descritta

(OICVM di diritto estero), con la differenza che in questo caso non c'è

credito d'imposta indiretto e il credito d'imposta diretto è limitato al 10%.

172 OICVM di diritto estero

161

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Analisi del caso in cui il fondo mezzanino è costituito in forma di società di

capitali con sede in Francia

Il fondo mezzanine potrebbe assumere la configurazione giuridica di una

società di capitali. In tal caso, sugli utili prodotti il fondo è soggetto al

regime ordinario delle società (33,33 %), mentre per gli investitori nel

fondo è necessario distinguere tra persone fisiche e persone giuridiche,

residenti o avente sede in Italia ed in Francia.

Se l'investitore è una persona fisica residente in Francia, i dividendi

concorrono a formare la sua base imponibile e gli viene concesso un credito

d'imposta pari al 50% del dividendo; se l'investitore è una persona giuridica

francese il reddito è esente; se l'investitore è una persona giuridica italiana

che detiene almeno il 25 % del capitale da un minimo di 1 anno, si applica

la direttiva comunitaria società madri-società figlie in base alla quale il

reddito è esente per il 95%; ed in ultimo, se l'investitore è una persona fisica

residente in Italia il reddito percepito concorre a formare la sua base

imponibile e gli viene concesso un credito d'imposta, in base alla

convenzione Italia-Francia, dal Tesoro francese pari al 50% del dividendo

ridotto di una ritenuta pattuale del 15%. Per evitare la doppia imposizione

giuridica l'Italia concede un credito d'imposta diretto.

162

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ALLEGATO TABELLE

TABELLA 1.1. Tipologie di subordinazione.

Completa Parziale

Creditori senior Specificatamente

identificati Tutti i restanti creditori

Pagamento interessi Solo in alcuni casi Sempre

Rimborso quote

capitale

Solo dopo il completo

rimborso dei creditori

Senior

Secondo un normale

Piano di ammortamento

Posizione dei creditori

senior in caso di

liquidazione dell'attivo

Rimborso in funzione

della somma di debito

Senior e debito junior

Rimborso in funzione

della propria quota

La Tabella 1.1 riassume sinteticamente le differenze menzionate173.

È evidente come i due casi presentino differenze sostanziali in termini

di profilo di rischio per i diversi creditori dell'impresa, specie per ciò che

concerne la situazione relativa a un'eventuale insolvenza, e conseguente

liquidazione, dell'impresa finanziata

Per comprendere tali differenze, si consideri l'esempio di un'impresa

caratterizzata dalla struttura di bilancio riportata nella Tabella 1.2174:

Si ipotizzi a questo punto di esaminare la situazione dei creditori A, B e

C in ipotesi di insolvenza e conseguente liquidazione delle attività

dell'impresa finanziata, nei seguenti tre casi:

173 Vedi tabella n°1.1 nell’allegato

163

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1. posizione paritetica dei tre creditori;

2. subordinazione completa di C rispetto a B;

3. subordinazione parziale di C;

Le Tabelle 1.3, 1.4 e 1.5175 riassumono schematicamente i tre casi, in

funzione dei diversi valori di liquidazione delle attività dell'impresa

finanziata.

Come osservabile, nel caso di posizione paritaria dei tre creditori, la

liquidazione delle attività dell'impresa finanziata porta a una ripartizione

pro-quota del valore di realizzo, proporzionale all'originale quota di

finanziamento dell'impresa.

In questa prima ipotesi i tre creditori vengono interamente rimborsati

del capitale unicamente nel caso in cui il valore di realizzo dell'attivo sia

pari alla differenza fra valore originale dell'attivo e valore dei mezzi propri

(500).

Introducendo l'ipotesi di una subordinazione completa di C rispetto a B,

si osserva come la posizione di B migliori sensibilmente rispetto al caso

precedente. Si ha infatti un rimborso totale del finanziamento già nel caso di

un valore di realizzo pari a 300. Parallelamente, la situazione di C peggiora

sensibilmente, ad eccezione del caso in cui il valore di realizzo è pari a 500.

La situazione di A resta invece inalterata. Essendo infatti C subordinato

esclusivamente nei confronti di B, A conserva la propria condizione di

creditore ordinario, non risentendo degli effetti della postergazione di C.

Nell'ultimo caso, quello relativo a una subordinazione parziale di C

rispetto a tutti gli altri credi tori, si osserva un ulteriore peggioramento della

situazione di C, il quale vede rimborsare il proprio capitale unicamente

174 Vedi tabella n° 1.2 nell’allegato 175 Vedi tabelle nell’allegato

164

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nell'ipotesi di un realizzo pari a 500. A tale peggioramento della situazione

di C corrisponde un miglioramento equivalente della situazione degli altri

creditori, A e B. Sia A che B beneficiano infatti della condizione di

seniority nei confronti di C. Dalle osservazioni svolte è infine possibile

concludere come entrambe le posizioni dei creditori senior e dei creditori

junior (subordinati) vengano “ottimizzate” nel caso di una clausola di

subordinazione completa.

Il confronto delle Tabelle 1.4 e 1.5176 mostra infatti come sia B

(creditore senior in entrambi i casi, sia di subordinazione completa che di

subordinazione parziale) che C (creditore subordinato in entrambi i casi)

vedano ottimizzata la propria posizione nel caso di subordinazione

completa. Ciò è conseguenza del fatto che in caso di subordinazione

parziale parte del beneficio viene ripartito anche ai creditori che nel caso di

subordinazione completa non sono dotati di seniority, nell'esempio il

creditore A.

TABELLA 1.2.

ATTIVO PASSIVO

Debito A = 300

Debito B = 100

Debito C = 100

600

Mezzi propri = 100

176 Vedi tabelle nell’allegato

165

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TABELLA 1.3. Caso 1: posizione paritetica dei tre creditori.

VALORE DI LIQUIDAZIONE

DELLE ATTIVITÀ

DELL’IMPRESA

200

300

400

500

VALORE DI REALIZZO DI A 120 = 40% 180 = 60% 240 = 80% 300 = 100%

VALORE DI REALIZZO DI B 40 = 40% 60 = 60% 80 = 80% 100 = 100%

VALORE DI REALIZZO DI C 40 = 40% 60 = 60% 80 = 80% 100 = 100%

TABELLA 1.4. Caso 2: subordinazione completa di C rispetto a B.

7.2 VALORE DI

LIQUIDAZIONE DELLE

ATTIVITÀ DELL’IMPRESA

7.3 200

7.4 300

7.5 400

7.6 500

7.7 VALORE DI

REALIZZO DI A

7.8 120

= 40%

7.9 180

= 60%

7.10 24

0 = 80%

7.11 30

0 = 100%

7.12 VALORE DI

REALIZZO DI B

7.13 80

= 80%

7.14 10

0 = 100%

7.15 10

0 = 100%

7.16 10

0 = 100%

7.17 VALORE DI

REALIZZO DI C

7.18 0 =

0%

7.19 20

= 20%

7.20 60

= 60%

7.21 10

0 = 100%

TABELLA 1.5. Caso 3: subordinazione parziale di C.

166

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7.22 VALORE DI

LIQUIDAZIONE DELLE

ATTIVITÀ DELL’IMPRESA

7.23 200

7.24 300

7.25 400

7.26 500

7.27 VALORE DI

REALIZZO DI A

7.28 15

0 = 50%

7.29 22

5 = 75%

7.30 30

0 = 100%

7.31 30

0 = 100%

7.32 VALORE DI

REALIZZO DI B

7.33 50

= 50%

7.34 75

= 75%

7.35 10

0 = 100%

7.36 10

0 = 100%

7.37 VALORE DI

REALIZZO DI C

7.38 0 =

0%

7.39 0 =

0%

7.40 0 =

0%

7.41 10

0 = 100%

TABELLA 3.1. Struttura finanziaria 1.

ATTIVO PASSIVO

Debito = 40

Totale attivo = 70

Capitale =30

Supponendo di avere i seguenti dati:

Kd = 12 %

Ke = 20%

si avrebbe un WACC per l'impresa pari a:

[Kd x D/A] + [Ke x E/A] = 6,857% + 8,571% = 15,428%

167

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TABELLA 3.2. Struttura Finanziaria 2.

ATTIVO PASSIVO

Debito = 40

Debito subordinato = 15 Totale Attivo = 70

Capitale = 15

In questo secondo caso il W ACC sarebbe dato da:

[Kd x (D/A)] + [Ksub x (Sub/A)] + [Ke x (E/A)] = 6,857% + 3,429% + 4,286% = 14,572%

TABELLA 3.3.

STRUTTURA FINANZIARIA CASO I CASO 2

EBIT 15 15

Interessi su debito senior (4,8) (4,8)

Interessi su debito subordinato 0 (2,4)

Utile ante imposte 10,2 7,8

Imposte (50%) (5,1) (3,9)

Utile netto 5,1 (3,9)

168

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ROE 17% 26%

TABELLA 3.4.

ATTIVO PASSIVO

Debito = 400 Totale attivo = 500

Capitale = 100

TABELLA 3.5.

VALORI DI LIQUIDAZIONE 200 300 400

Valori di realizzo dei creditori 200 = 50% 300 = 75% 400 = 100%

Valori di realizzo degli azionisti 0 0 0

TABELLA 3.6.

ATTIVO PASSIVO

169

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Debito = 400

Debito subordinato = 100 600

Mezzi propri = 100

TABELLA 3.7.

VALORE DI LIQUIDAZIONE 240 = 40% 360 = 60% 480 = 80%

VALORE DI REALIZZO DEI

CREDITORI SENIOR 240 = 60% 360 = 90% 400 = 100%

VALORE DI REALIZZO DEI

CREDITORI JUNIOR 0 0 80 = 80%

VALORE DI REALIZZO DEGLI

AZIONISTI 0 0 0

TABELLA 3.8.

VALORI DI LIQUIDAZIONE 240 = 40% 360 = 60% 480 = 80%

Valore di realizzo dei ereditari 240 = 48% 360 = 72% 480 = 96%

Valore di realizzo degli azionisti 0 0 0

170

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GLOSSARIO

Azioni correlate

Nuovi strumenti finanziari, previsti dalla riforma del diritto societario (d.

lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) al fine di consentire alle società per azioni più

facile accesso a fonti di finanziamento. Le azioni correlate forniscono un

rendimento correlato all’andamento di uno solo dei settori di attività in cui è

impegnata la società. Si tratta di uno strumento, nato nei mercati finanziari

anglosassoni (tracking shares) per consentire al mercato di investire su

progetti con uno specifico profilo di rischio-rendimento. L’emissione di

questo tipo di azioni presuppone l’esistenza di patrimoni distinti (business

groups) soltanto a fini interni alla società; i business groups, infatti,

rientrano nel patrimonio generale dell’ente e i portatori di tracking shares

possono essere solo beneficiari di un diritto di prelazione sugli stessi. Le

azioni correlate rappresentano uno strumento analogo a quello previsto per i

finanziamenti di uno specifico affare (art. 2447-bis cod. civ.). A differenza

di quest’ultimo, tuttavia, non si realizza un’autonomia sotto il profilo

patrimoniale dei proventi dell’affare; difatti, non possono essere pagati

dividendi ai possessori di azioni correlate, se non nei limiti degli utili

risultanti dal bilancio della società. Fonti: art. 2350, 2° e 3° c., cod. civ.

URL:http://www.ia.net.au/publications/fulltext/virtualflotations.pdf

http://www.estig.ipbeja.pt/~ac_direito/Ferrarini4a.pdf

http://www2.bc.edu/~chemmanu/paper/tracking.pdf

171

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Buy back

Riacquisto di azioni proprie da parte della società target. Utilizzato anche

per definire il riacquisto delle azioni possedute dal venture capitalist da

parte del gruppo imprenditoriale originario.

Covenant

Clausola tipica dei contratti creditizi a medio e lungo termine, con la quale

l’impresa debitrice si impegna a non porre in essere situazioni che

potrebbero pregiudicare l’ente finanziatore o comunque accrescere il rischio

di default, riconoscendo generalmente al finanziatore il diritto di

rinegoziare o revocare il credito, qualora le condizioni contenute nella

clausola siano violate. Ciò può verificarsi, a seconda di quanto previsto

nella clausola, quando l’impresa debitrice consegua risultati economici e

finanziari non soddisfacenti rispetto alle previsioni fornite al finanziatore,

ovvero quando la medesima impresa compia atti gestionali tali da

pregiudicare l’interesse del finanziatore, o comunque da alterare il profilo di

rischio rispetto all’assunzione della delibera di affidamento.I covenants di

bilancio sono quelli più frequentemente utilizzati. In tal caso, la clausola si

basa sui bilanci d’esercizio o sui bilanci consolidati, solitamente facendo

riferimento alla serie storica delle principali grandezze economico-

finanziarie dell’impresa affidata e mettendo “paletti”, affinché la struttura

patrimoniale e quella finanziaria di tale impresa restino sempre compatibili

con il nuovo volume di debiti da essa assunti.Tra i covenants di bilancio si

segnalano quelli che prevedono a carico dell’impresa finanziata l’impegno a

mantenere per tutta la durata del finanziamento: a) un importo di capitale

172

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netto contabile non inferiore ad un minimo stabilito; b) l’indebitamento

totale entro un determinato limite rispetto al capitale netto; c) l’indicatore di

liquidità corrente non inferiore ad un minimo stabilito; d) gli oneri

finanziari entro una percentuale di fatturato. Finora in Italia i covenants

hanno trovato scarsa applicazione, ma iniziano a diffondersi soprattutto

quando nelle operazioni di finanziamento intervengono operatori stranieri.

Covered bonds

Strumenti finanziari che riconoscono all’investitore un privilegio su una

porzione dell’attivo dell’emittente rappresentata, in genere, da

finanziamenti immobiliari o da crediti verso il settore pubblico (Stato, enti

pubblici locali). Tali titoli si sono originariamente sviluppati in Germania

(Pfandbriefe), ma strumenti analoghi sono stati introdotti anche in Francia

(obligations foncières) e in Spagna (cedulas ipotecarias); nell’ordinamento

italiano non esiste una disciplina specifica (tuttavia, è allo studio, anche in

relazione alla progettata riforma della Cassa Depositi e Prestiti, un disegno

di legge). L’emissione di questi strumenti finanziari è particolarmente

vantaggiosa per gli intermediari bancari, siccome tali titoli beneficiano di

un trattamento preferenziale in termini di regolamentazione prudenziale e

soddisfano le condizioni richieste dal Sistema europeo delle banche centrali

per l’inserimento nella lista delle attività idonee come garanzia per le

operazioni di politica monetaria dell’Eurosistema.

URL: http://www.hypverband.de/hypverband

173

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Cash flow

Flussi di cassa monetari derivanti da attività di impresa, che naturalmente

possono essere positivi o negativi.

Closing

Momento della conclusione di un'operazione di investimento, generalmente

coincidente con la girata delle azioni della società acquisita e il conseguente

versamento del prezzo di acquisto da parte dell'investitore.

Corporate governance

Insieme delle regole che definiscono i comportamenti da rispettare per il

governo dell'impresa e i rapporti tra gli azionisti e il management.

Corporate venturing

Attività di venture capital promossa e realizzata da gruppi industriali con

l'obiettivo di acquisire partecipazioni in aziende sinergiche, sotto il profilo

strategico, tecnologico o commerciale, con l'attività svolta dalla capo-

gruppo.

Cluster venture

Operazione di investimento finalizzata al raggruppamento (cluster) di più

società operative indipendenti, integrabili verticalmente od orizzontalmente,

e caratterizzate da similitudini in termini di prodotti, mercati e tecnologie.

174

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Debito subordinato

Finanziamento a titolo di capitale di debito, definito anche junior debt, il

cui rimborso è subordinato al preventivo rimborso di altre forme di debito

(definite senior).

Debito senior

Capitale di debito di tipo tradizionale, il cui rimborso è privilegiato rispetto

a tutte le altre forme di finanziamento e la cui remunerazione è correlata ad

un tasso di interesse, fisso o variabile, definito al momento dell'erogazione

del finanziamento.

Equity

Nel linguaggio economico-finanziario il termine è utilizzato per indicare i

mezzi propri di una azienda, ovvero il valore netto posseduto dagli azionisti

di una società, dopo che sono stati soddisfatti tutti i debitori. L’equity si

calcola sottraendo al totale delle attività l’ammontare complessivo delle

passività ed esprime perciò l’entità del capitale di rischio a disposizione

dell’impresa, in alternativa al capitale di credito, ottenibile con

finanziamenti creditizi da parte dei soci o dei terzi. Con l’attività di private

equity gli investitori istituzionali apportano capitale di rischio in imprese

non quotate effettuando un investimento a medio o lungo termine, con

l’obiettivo di realizzare un elevato guadagno (capital gain), al momento in

cui la partecipazione è smobilizzata con la cessione della partecipazione

agli altri soci dell’iniziativa, secondo un accordo raggiunto con loro fin

dall’inizio dell’operazione, ovvero a terzi, sovente attraverso la quotazione

in borsa della società partecipata. Nell’ambito della private equity, si

distingue solitamente l’attività di venture capital, che riguarda l’apporto di

175

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capitale in imprese nella fase di avvio o di rilancio. Nel finanziamento di

un’impresa l’equity si contrappone al capitale di credito (c.d. debito senior);

in posizione intermedia in termini di rischio si trova, invece, il debito

mezzanino (mezzanine finance).

Nei rapporti con gli intermediari in titoli, il termine equity viene impiegato

per definire il saldo del valore dei titolo posseduti dal patrimonio del

cliente, che è calcolato sottraendo dal totale dei titoli presenti in portafoglio

il valore di quelli che sono stati acquistati per mezzo di capitale, ottenuto

dando in garanzia gli stessi titoli Nella pratica degli affari si parla anche di

brand equity, per indicare il patrimonio di marca.

In un diverso ed originario significato (del quale quello sopra indicato

costituisce una accezione nell’ambito delle partecipazioni sociali e degli

investimenti) nel linguaggio giuridico dei paesi di common law l’equity

indica il complesso di regole giurisprudenziali che costituiscono norme

complementari ed integrative della common law; la giurisdizione dell’equity

ha sempre riguardato solo il diritto civile e non è mai intervenuta in materia

penale. Tale corpo di regole si formarono in Inghilterra entro le particolari

corti di equity, che rappresentavano, a quel tempo, giurisdizione parallela e

concorrente con quella delle corti reali. Essa costituisce una fonte di diritto

particolare all’ordinamento inglese ed ai sistemi che ad esso si ispirano,

priva di equivalenza nella civil law. La differenza più importante tra i diritti

riconosciuti dalla common law e quelli ammessi dall’equity riguarda

l’opponibilità ai terzi: mentre i legal right sono opponibili a qualsiasi terzo,

gli equitable right sono limitati ai rapporti con le parti e sono inopponibili

ai terzi in buona fede.

176

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Equity kicker

Premio dato a particolari categorie di finanziatori a titolo di capitale di

debito, che consiste nella possibilità di partecipazione a quote, minoritarie,

di capitale di rischio.

URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html

Fair value

Criterio di valutazione degli strumenti finanziari in bilancio, secondo un

principio di contabilità internazionale (IAS 39), adottato dallo IASC

(International Accounting Standards Committee), organismo privato che

svolge attività di autoregolamentazione nella materia. Il “fair value”

corrisponde, nel caso di strumenti quotati, al valore di mercato; negli altri

casi occorre fare riferimento al valore di mercato di strumenti analoghi, ove

esistenti, oppure a un valore stimato in base ai modelli generalmente

utilizzati sul mercato. Una recente disposizione comunitaria impone

l’utilizzo di questo criterio per la valutazione di tutti gli strumenti finanziari

in bilancio, ad eccezione dei titoli detenuti fino a scadenza (held-to-maturity

investments), dei crediti erogati direttamente dall’impresa che redige il

bilancio (originated loans), delle partecipazioni in società controllate in

modo esclusivo o congiunto e in quelle collegate, nonché delle passività

diverse da quelle di trading.

Più in generale, il regolamento CE 19 luglio 2002, n. 1606/02, impone alle

società tenute alla redazione del bilancio consolidato (e, se previsto dalla

legge nazionale, anche alle altre società per azioni) di seguire tutti i princìpi

IAS a partire dal 2005. Da ultimo, il d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in

177

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attuazione della riforma del diritto societario, dispone che nella nota

integrativa al bilancio d’esercizio si debba fare riferimento, per le riduzioni

di valore delle immobilizzazioni immateriali di durata indeterminata, al loro

valore di mercato (art. 2427, n. 3-bis, nuovo testo). Fonti: direttiva

2001/65/CE, che ha modificato le norme europee in materia di bilanci

individuali e consolidati (direttive 78/660/CEE, 83/349/CEE e 86/635/CEE)

URL:http://www.iasc.org.uk/cmt/0001.asp;

http://www.europa.eu.int/eur-lex/it/index.html

Funding

Processo di raccolta dei capitali che può essere riferito sia alla ricerca delle

fonti finanziarie da parte di un fondo di venture capital, per lo svolgimento

della propria attività di investimento, che alla ricerca, da parte di un

imprenditore, o aspirante tale, di capitale di rischio presso il mercato degli

investitori istituzionali.

Golden share

Azione societaria con speciale diritto di veto nelle decisioni societarie.

Azione simbolica, generalmente posseduta dallo Stato che, come da statuto

o da legge, attribuisce diritti particolari, come il gradimento per acquisti di

pacchetti azionari rilevanti, il veto su alcune decisioni strategiche, la

nomina della maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione.

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Holding period (regola di)

Periodo minimo di tempo nella detenzione di uno strumento finanziario,

periodo trascorso il quale il possessore può esercitare determinati diritti

ovvero può alienare il titolo senza subire determinati effetti. Il periodo

minimo di tempo intercorrente tra l’acquisto e la vendita di un titolo

costituisce una regola legislativa o convenzionale in varie situazioni. Negli

Stati Uniti l’holding period è previsto nella rule 144 della SEC: l’investitore

professionale che sottoscriva titoli emessi dalle società o acquisti titoli al di

fuori dei mercati regolamentati può cederli a privati soltanto dopo avere

tenuto in portafoglio quei titoli per almeno un anno. Nel nostro ordinamento

si discute se introdurre una regola analoga a tutela dei risparmiatori per

l’immissione di bond nel mercato, senza che vi sia stata una sollecitazione

pubblica e, quindi, senza che sia stato predisposto il prospetto informativo;

una alternativa, forse troppo penalizzante per gli investitori professionali, a

tale regola è quella di imporre all’investitore cedente la garanzia per la

solvenza dell'emittente (così è previsto nelle società per azioni dall’art.

2412, 2° comma, cod. civ. per l’emissione di obbligazioni eccedenti il

doppio del patrimonio netto; nonché nelle società a responsabilità limitata

dall’art. 2483 per l’emissione di titoli di debito). Ai fini tributari un holding

period è previsto come requisito per beneficiare di un speciale regime

fiscale circa i dividendi distribuiti da società. Un periodo minimo di

detenzione è talvolta previsto nei piani di stock option a favore di

dipendenti o amministratori di società, con il divieto di alienazione, per un

determinato lasso di tempo, delle azioni loro attribuite.

URL: http://www.sec.gov/investor/pubs/rule144.htm

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IAS (International Accounting Standard)

Per principi contabili internazionali si intendono, ai sensi del Regolamento

CE 1606/2002, gli International Accounting Standard (IAS), gli

International Financial Reporting Standard (IFRS) e le relative

Interpretazioni (SIC/IFRIC), le successive modifiche di detti principi e le

relative interpretazioni, i principi e le relative interpretazioni (denominate

Standing interpretations committee: SIC), che saranno emessi o adottati in

futuro dall’International Accounting Standard Board (IASB). Il

procedimento di revisione è stato ultimato dallo IASB nel corso del 2004.

Gli IAS intendono armonizzare le informazioni contabili fornite dalle

società (specie quotate) allo scopo di garantire un elevato livello di

trasparenza e comparabilità dei bilanci e, conseguentemente, un efficiente

funzionamento del mercato comunitario dei capitali e del mercato interno.

In Italia il decreto legislativo n. 38 del 2005 ha recepito la disciplina

comunitaria, disponendo l’applicazione degli IAS ai bilanci d’esercizio

(obbligatoriamente per i bilanci decorrenti dal 1° gennaio 2006) di società

quotate, società aventi strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura

rilevante, banche ed intermediari finanziari sottoposti a vigilanza da parte

della Banca d’Italia. Per i bilanci consolidati, invece, è prevista

l’applicazione obbligatoria degli IAS per i soggetti sopra indicati sin

dall’esercizio 2005. Un autonomo regime è, invece, stabilito per le società

assicurative. Per le società diverse da quelle sopra indicate e diverse, altresì,

da quelle che possono redigere il bilancio in forma abbreviata ex art. 2435-

bis del cod. civ., è prevista la facoltà di redigere il bilancio d’esercizio

conformemente agli IAS (i) a partire dall’esercizio 2005, nel caso in cui

queste siano incluse in un bilancio consolidato redatto secondo i principi

contabili internazionali ovvero optino per l’applicazione dei medesimi

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principi per la redazione del proprio bilancio consolidato e (ii) a partire

dall’esercizio che sarà individuato con decreto interministeriale, negli altri

casi. Il decreto legislativo introduce, tra l’altro, specifici limiti alla

distribuzione delle poste del patrimonio netto e degli utili alimentati con le

rivalutazioni derivanti dall’applicazione del richiamato metodo del fair

value. I criteri guida sono essenzialmente due: da un lato, quello di

mantenere anche per le società che adottano gli IAS il principio di

derivazione dell’imponibile dalle risultanze di bilancio e, dall’altro,

compatibilmente con questo principio, il mantenimento della neutralità

dell’imposizione tra tali imprese che redigono il bilancio con gli IAS e

quelle che continuano ad applicare i principi nazionali. L’entrata in vigore

della disciplina IAS ha comportato l’adozione di provvedimenti della

Consob (Delibera n. 14990 del 14 aprile 2005, modificativa del

Regolamento Emittenti), con nuove disposizioni in materia di informativa

infrannuale, nonchè la possibilità, per le società quotate, di pubblicare la

prima relazione trimestrale IAS/IFRS entro 75 giorni dalla fine del primo

trimestre, rispetto al termine ordinario di 45 giorni.

Fonti: Regolamento CE 19 luglio 2002, n. 1606; Regolamento CE 29

settembre 2003, n. 1725; Regolamento 19 novembre 2004, n. 2086;

Regolamento CE 29 dicembre 2004, n. 2236; Regolamento CE 29 dicembre

2004, n. 2237; Regolamento CE 29 dicembre 2004, n. 2238 Direttiva CE n.

2001/65; Direttiva CE n. 2003/51 D. lgs. 28 febbraio 2005, n. 38 (Gu n. 66

del 21 marzo 2005); Consob. Regolamento Emittenti modificato con

Delibera 14 aprile 2005, n. 14490

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Leveraged buy-out (LBO)

Operazione (in realtà, una pluralità di operazioni) volta ad acquisire il

controllo di una società (target), utilizzando la leva finanziaria e ricorrendo

ai flussi di cassa (ovvero alla cessione di assets) della società acquisita per

rimborsare i capitali necessari per la stessa operazione ed i relativi interessi.

Si parla di management buy-out quando l’operazione è condotta dai

managers della società da acquisire allo scopo di migliorare, divenuti essi

proprietari del capitale di comando, la gestione e la redditività della stessa

società. Il leveraged buy-out si realizza solitamente attraverso varie fasi:

costituzione di una apposita società (NewCo), la quale raccoglie i mezzi

finanziari occorrenti e, una volta acquisito il controllo della target, si fonde

con la NewCo, in modo che i propri debiti siano adempiuti dalla società

risultante dalla fusione e, quindi, con il patrimonio e con l’attività

originariamente della target. Poiché nel nostro ordinamento non è

consentito che una società finanzi o garantisca l’acquisto delle proprie

azioni (art. 2358 cod. civ., divieto sanzionato penalmente), si è dubitato

circa la legittimità di tale operazione (vedi, in particolare, Cass. pen., 4

febbraio 2000, n. 5503); tali dubbi sono totalmente fugati dalla riforma del

diritto societario (art. 7 della legge 3 ottobre 2001, n. 366; d. lgs. 17 gennaio

2003, n. 6), che, introducendo il nuovo l’art. 2501-bis cod. civ. ha prescritto

una maggiore trasparenza per tale operazione (il progetto di fusione deve

indicare le risorse finanziarie previste per soddisfare le obbligazioni della

società risultante dell’operazione, con specifiche indicazioni nella relazione

degli amministratori e degli esperti). Fonti: art. 2501-bis cod. civ., nel

nuovo testo introdotto dal d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6

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Management buy-out (MBO)

Operazioni di acquisizione di un'impresa al termine della quale la proprietà

risulta distribuita tra un gruppo di manager interni alla stessa. Nel caso in

cui l'operazione avviene con l'utilizzo prevalente di capitale di debito, si

definisce Management leveraged buy-out (MLBO)

URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html

Merger laveraged buy-out (MBO)

Sotto l’etichetta del LBO sono riconducibili operazioni di acquisizione

differenti tra loro, sia per la struttura finanziaria sia per le forme giuridiche

attraverso le quali l’acquisizione viene perfezionata. La forma più

impiegata di LBO, che tra l’altro è quella tipizzata dal legislatore, è la cd.

merger laveraged buyout (MBO) che si realizza attraverso un procedimento

di fusione per incorporazione della società target nella newco (forward

merger) o viceversa (reverse merger). Il debito contratto dalla società

acquirente al fine di dar corso all’acquisizione viene garantito, in un primo

tempo, con pegno sulle azioni della target e, successivamente alla fusione,

con la costituzione di garanzie reali sui beni del patrimonio già appartenuto

alla società target ed ormai ridotto ad unità con il patrimonio della Newco; il

debito, inoltre, viene rimborsato utilizzando i flussi di cassa (cash flow)

prodotti dall’impresa della società bersaglio e/o alienando cespiti aziendali,

non strategici, di proprietà di quest’ultima.

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Opzione put

Diritto a vendere le azioni dell'impresa a condizioni prefissate, ad una certa

data, oppure al verificarsi di determinati eventi.

URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html

Opzione call

Diritto ad acquistare le azioni dell'impresa a condizioni prefissate, ad una

certa data, oppure al verificarsi di determinati eventi.

URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html

Portfolio company

Impresa presente nel portafoglio di un operatore di venture capital.

Prestito Obbligazionario Convertibile (POC)

Emissione di obbligazioni che garantisce ai possessori dei titoli la

possibilità, entro una certa data, ovvero ad una determinata scadenza, di

convertire gli stessi in azioni della medesima società.

Preference shares

Strumenti finanziari con caratteristiche, sia dei titoli di credito, sia dei titoli

di rischio; più precisamente, essi prevedono una remunerazione, in misura

fissa o variabile, in correlazione al valore nominale dei titoli, subordinata

alla circostanza che la società emittente abbia prodotto utili nell’anno

precedente alla data del pagamento degli interessi. Le preference shares

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prevedono la postergazione nel rimborso del capitale e sono prive di diritti

amministrativi.

URL:http://www.bancaditalia.it

(percorso:pubblicazioni/vigilanza/istruzioni di vigilanza per le banche/titolo

IV, cap. 1, § 3)

Prestito Obbligazionario Convertibile (POC)

Emissione di obbligazioni che garantisce ai possessori dei titoli la

possibilità, entro una certa data, ovvero ad una determinata scadenza, di

convertire gli stessi in azioni della medesima società.

URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html

Private equity

Termine utilizzato più frequentemente per indicare, in modo generale, "il

mestiere" dell'investitore nel capitale di rischio, facendo specifico

riferimento alle operazioni di investimento realizzate in fasi del ciclo di vita

delle aziende successive a quella iniziale.

URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html

Price on earning

Multiplo borsistico derivante dal rapporto tra il valore della capitalizzazione

di Borsa di un'impresa e il suo risultato netto.

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Private equity

Termine utilizzato più frequentemente per indicare, in modo generale, "il

mestiere" dell'investitore nel capitale di rischio, facendo specifico

riferimento alle operazioni di investimento realizzate in fasi del ciclo di vita

delle aziende successive a quella iniziale

Project financing

Operazione complessa, nata nei paesi di common law, consistente nella

copertura finanziaria di un progetto imprenditoriale (frequentemente

infrastrutture nel settore delle opere pubbliche) sulla base delle prospettive

di reddito e sui flussi di cassa attesi dalla specifica iniziativa; essa è

realizzata attraverso più contratti collegati. All’operazione partecipa,

normalmente, una banca (arranger) che organizza il prestito (reperisce i

fondi sul mercato assicurando comunque la sottoscrizione diretta di un certo

ammontare); i termini e le condizioni del finanziamento sono stabiliti nel

term sheet. La banca, inoltre, effettua l’analisi dei costi, dei ricavi del

progetto, della ripartizione dei rischi (information memorandum). Il

finanziamento avviene mediante l’apporto di fondi assimilabili a capitale

proprio (prestiti o anticipazioni a rimborso subordinato), ovvero mediante

capitale di debito (finanziamenti tradizionali con priorità di rimborso che

possono essere con o senza garanzia reale). Regole particolari, specie con

riguardo al piano economico e finanziario, sono previste per le operazioni

realizzate nell’ambito di lavori pubblici. Fonti: legge 11 febbraio 1994, n.

109, art. 37-bis

URL: http://www.autoritalavoripubblici.it/del/det51.html

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Recovery ratio

Tasso o percentuale del credito recuperato nei confronti di un’impresa

debitrice, che sia assoggettata ad una procedura concorsuale. Poiché a

seconda del credito ovvero a seconda della classe in cui il credito, nei

concordati preventivi o fallimentari, è compreso, la percentuale di recupero

può essere diversa, i recovery ratios indicano in quale misura ciascun tipo

di credito è recuperato. Qualora il credito verso una società in procedura

concorsuale (concordato preventivo, fallimento o amministrazione

straordinaria) sia soddisfatto mediante conversione del credito di capitale di

rischio (tale possibilità è ora espressamente prevista dall’art. 160, 1°

comma, legge fall.), recovery ratio indica il rapporto di conversione del

credito in capitale. Per il concordato della Parmalat in amministrazione

straordinaria nel programma di ristrutturazione del gruppo sono stati

indicati i recovery ratios per ciascun tipo di credito e per ciascuna società

debitrice.

URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html

Senior Debt

Capitale di debito di tipo tradizionale, il cui rimborso è privilegiato rispetto

a tutte le altre forme di finanziamento e la cui remunerazione è correlata ad

un tasso di interesse, fisso o variabile, definito al momento dell'erogazione

del finanziamento.

URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html

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Start up

Investimento finalizzato all'avvio di un'attività imprenditoriale, quando non

si conosce ancora la validità commerciale del prodotto/servizio, ma esiste

già almeno un prototipo.

URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html

Stock options

Le stock options (e, più precisamente, i piani di stock options) costituiscono

modi con cui una società remunera i propri amministratori (ovvero dirigenti

o altri dipendenti), concedendo loro opzioni per il futuro acquisto o

sottoscrizione di azioni della stessa società ad una determinata data (entro

tale periodo di tempo, c.d. vesting period, la società può comunque

deliberare nuovi aumenti di capitale) e ad un prezzo prestabilito (se le

azioni sono attribuite a titolo gratuito si parla di stock grant). Esse

costituiscono perciò forme retributive (normalmente aggiuntive a quelle

tradizionali), a carattere incentivante, essendo i beneficiari di tali piani

(amministratori, dirigenti o altri dipendenti) stimolati a contribuire alla

crescita di valore delle azioni, in modo da poterle acquistare o sottoscrivere

ad un prezzo inferiore al loro valore di mercato (è possibile che ne sia

vietata l’alienazione per un determinato periodo di tempo, c. d. holding

period). Per lo stock granting a favore dei dipendenti la Consob ha ritenuto

necessaria una deliberazione dell’assemblea, trattandosi di utilizzazione

degli utili, con effetti solo sul patrimonio netto e non sul conto economico

dell’esercizio (comunicazione Consob 30 luglio 2002, n. 2053725). Diversi

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dai piani di stock options sono i management by objectives-MBO, compensi

aggiuntivi (bonus, solitamente annuali) che una società si impegna a

corrispondere ai propri dirigenti o amministratori, nel caso in cui essi

raggiungano determinati obiettivi nello svolgimento del loro incarico.Le

stock options sono disciplinate, sotto il profilo fiscale, dal TUIR (che

distingue i piani rivolti alla generalità dei dipendenti ed i piani per singole

categorie di dipendenti o singoli dipendenti) e sono ora previste dalla

riforma del diritto societario. Per le società quotate in borsa devono essere

indicati nella nota integrativa al bilancio i compensi corrisposti agli

amministratori, compresi i piani di stock options. Fonti: art. 48, 2° comma,

lettere g) e g-bis) del TUIR-D.P.R. n. 917/1986; art. 2389, 2° c., cod. civ.

(nel testo introdotto dal d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) Consob, delibera n.

13613/2002; comunicazione n. 2053725/2002

URL: www.borsaitalia,it

Strumenti finanziari partecipativi

Nuovo strumento finanziario, introdotto accanto alle azioni nella nuova

disciplina della società per azioni, nell’ottica di favorire la diversificazione

delle fonti di finanziamento della società, rimettendo allo statuto le modalità

e le condizione di emissione. Tali strumenti possono attribuire diritti

patrimoniali o anche amministrativi, ma mai il diritto di voto nell’assemblea

generale degli azionisti. Gli strumenti finanziari partecipativo sono titoli

emessi a fronte di apporti che non costituiscono conferimenti al capitale

della società e, quindi, non sono rappresentativi di una quota del capitale

della società; su tale presupposto viene consentito che l’apporto consista

anche in opera o servizi prestati da soci o terzi. La natura giuridica degli

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strumenti finanziari partecipativi è incerta, atteso che essi si pongono lungo

una linea di confine (resa più labile dalle novità introdotte con la riforma

societaria) tra titoli di rischio e titoli di debito; la legge, inoltre, rimanda agli

statuti il compito di definire elementi necessari ai fini di comprendere

questa distinzione come quelli relativi ai diritti patrimoniali. Gli strumenti

finanziari in discorso, peraltro, appaiono più affini alle azioni per la

possibilità di attribuire ai portatori alcuni diritti di partecipazione alla vita

societaria e soprattutto di controllo sulla gestione (l’art. 2351, 5° comma,

prevede che lo statuto possa riservare agli strumenti finanziari partecipativi

la nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione

o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco), tipicamente esclusi per gli

obbligazionisti Fonti: art. 2346, 6° comma, cod. civ.

URL:http://www.fondazionelucapacioli.it

http://www.assogestioni.it/pdf/ArticoloNotari.pdf

VaR (Value at Risk)

Negli investimenti finanziari il VaR indica la misura del rischio rispetto al

capitale investito, ossia quale sarà, in un determinato arco di tempo

(orizzonte temporale del VaR) e secondo un livello predefinito di

probabilità (livello di confidenza, solitamente molto elevato, ad es. il 95%)

il valore minimo del capitale investito. Invece, lo scostamento massimo del

rendimento è indicato dal Rendiment at Risk (RaR). Il VaR è un indicatore

di rischio molto utilizzato dagli operatori finanziari e dagli analisti, siccome

consente di confrontare il rischio di prodotti finanziari molto diversi tra

loro. Di recente la Consob ha consentito alle SGR di indicare nei contratti

di gestioni patrimoniali c.d. flessibili, invece del benchmarck, un indicatore

del livello di rischio massimo che l’investitore è disposto a sopportare, ossia

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il VaR. In tal caso, il prospetto periodico della gestione dovrà riportare “una

misura di rischio ex post coerente con il parametro di rischio indicato nel

contratto” (Notiziario Consob, 21 novembre 2005, n. 46 Fonti: art. 50 del

regolamento Consob sugli intermediari (delibera 1° luglio 1998, n. 11522 e

successive modificazioni)

Venture capital

Finanziamento, con apporto di capitale di rischio (il venture capital

costituisce perciò un tipo di private equity), a imprese medie-piccole o che

generano utili dopo un lungo periodo di tempo. Il finanziamento viene

realizzato attraverso l’acquisto di una partecipazione azionaria (o

obbligazioni convertibili), in molti casi effettuato da un fondo chiuso, al cui

capitale partecipano intermediari finanziari, investitori privati e fondi

pensione.Il contratto tra il venture capitalist e l’impresa prevede

normalmente lo staging: i fondi necessari per realizzare il progetto

imprenditoriale vengono erogati in fasi successive, a condizione che

determinati obiettivi reddituali e di crescita siano stati raggiunti. Ai

finanziatori sono attribuiti poteri di controllo sulla gestione dell’impresa,

normalmente, attraverso la assegnazione di un certo numero di posti nel

consiglio di amministrazione (è abbastanza comune che i fondatori

dell’iniziativa e gli investitori esterni abbiano un uguale numero di posti; in

caso di controversie, un ruolo determinante è svolto dagli altri componenti

l’organo amministrativo). Fonti: d. lgs. 2 febbraio 2001, n. 96 URL:

www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Regolament/Intermedia

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