Croce Trattati d' Amore Del Cinquecento.

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SCRITTORI DEL PIENO E DEL T RDO RINASCIMENTO XIV. TRATTATI ARIORE DEL CINQUECENTO. I molti trattati dell arnore che si chiama (e per certo aspetto a .buon titolo) « platonico » nei quali l Italia del Rinascimento tiene il primato cosi della anteriorità coine del numero, sono, in generale, nelle storie letterarie, oggetto di diffidenza, e volentieri di satira e d ironia I). Vero che, a compenso, in quelle fil osof iche si discorre di essi con serietà come parti di un alta concezione del mondo 2); ina a me vi101 parere che converrebbe in certa guisa riunire i due diversi modi e scrutare alquanto piì~ a fondo la loro duplice ed ibrida natura. Anzitutto, conviene ben chiari re i l concetto dell amore platonico, -che tal volta viene mescolato e confuso con l altro dell amo re d iin- maginazione, cioè con le immagini e i desiderii e le brame amorose che piace intrattenere e godere di sopra della realtà da cui sono de- :sunte e a cui si ri feri scono, nella quale non si può, nelle pratiche condizioni in cui ci si trova, e spesso non si vuole, impegnarsi, co- sicchè l affetto rimane chiuso in quella cerchia che dell immagi- nazione e del suo vagare tra n~alinconico dolce 3). Ma il concetto del- l am ore platonico non ciò, perchè questa forma di amore esclude affatto e radicalmente il desiderio e la brama del possesso, e vuol x) Si veda i n modo spicc to questo superficiale discorrere i n una delle il - ti;ne esposizioni della vita letteraria itali~na el Cinquecento, nel Cinqtrecento cli G. TOFFARIN Milano, 1929)~ pp. 137-4j. (2) Le trattazioni pi ù recenti dell argomento si clebboilo allo PPL.~U~II, ie IiIee dei- LieLte, Leone Ebreo (Tuhiiigen, 1926); al DE RUGGIERO, itzascimento e Rifornza, (Bari, 1937)~ 146-58; a NESCA A. ROB, VeoyIato~zisaz of the Itn- lian Renaissalzce (London, 1935 ; e a ED. F. MEYLAN, L évol~~iioil e la no- tioiz d amozlr ylatoizique (in Hzrinanisnze et Xenaissartce, V 418-42). (3) Precipuamente come amore dliiiimagiiiaziotie lo coiicepiva una nobile scrittrice italiana, Neera, iiel suo libretto, L amore platonico (Napoli, iSg7 , che del resto ricco, coine le altre cose sue, di fine compreiisione e di delicata os- servazione morale. «La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da B. Croce», 40, 1942 © 2009 per l’edizione digitale: CSI Biblioteca di Filosofia. Università di Roma “La Sapienza” – Fondazione “Biblioteca Benedetto Croce” – Tutti i diritti riservati

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    SCRITTORI DEL PIENO E DEL T RDO RINASCIMENTOXIV.

    TRATTATI ARIORE DEL CINQUECENTO.

    I molti trattati dell arnore che si chiama (e per certo aspetto a.buon titolo) platonico nei quali l Ita lia del Rinascimento tieneil primato cosi della anteriorit coine del numero, sono, in generale,nelle storie letterarie, oggetto di diffidenza, e volentieri di satira ed ironia I ) . Vero che, a compenso, in quelle filosofiche si discorredi essi con seriet come parti di un alta concezione del mondo 2) ;ina a me vi101 parere che converrebbe in certa guisa riunire i duediversi modi e scrutare alquanto p i ~a fondo la loro duplice edibrida natura.

    Anzi tutto, conviene ben chiarire il concetto dell amore platonico,-che tal volta viene mescolato e confuso con l altro dell amore d iin-maginazione, cio con le immagini e i desiderii e le brame amoroseche piace intrattenere e godere di sopra della realt da cui sono de-:sunte e a cui si riferiscono, nella quale non si pu, nelle pratichecondizioni in cui ci si trova, e spesso non si vuole, impegnarsi, co-sicch l affetto rimane chiuso in quella cerchia che dell immagi-nazione e del suo vagare tra n~alinconico dolce 3) . M a il concetto del-l amore platonico non ci, perch questa forma di amore escludeaffatto e radicalmente il desiderio e la brama del possesso, e vuol

    x ) Si veda in modo spicc to questo superficiale discorrere in una delle il -ti;ne esposizioni della vita letteraria i t a l i ~ n a el Cinquecento, nel Cinqtrecento cliG. TOFFARINMilano, 1929)~pp. 137-4j.

    (2) Le trattazioni pi recenti dell argomento si clebboilo allo PPL.~U~II,i eIiIee dei- LieLte, Leo ne Eb reo (Tuhiiigen,1926); al DE RUGGIERO,i tzascimentoe Ri fornza, (Bari, 1937)~ 146-58; a NESCAA. ROB,VeoyIato~zisaz of the I t n -l ia n Renaissalzce (London, 1935 ; e a ED. F. MEYLAN, L v o l ~ ~ i i o i l e l a n o-tioiz d amozlr ylatoizique (in Hzrinanisnze et Xenaissartce, V 418-42).(3) Precipuamente come amore dliiiimagiiiaziotie lo coiicepiva una nobilescrittrice italiana, Neera, iiel suo libretto, L amore platonico (Napoli, iSg7 , chedel resto ricco, coine le altre cose sue, di fine compreiisione e di delicata os-servazione morale.

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    3 4 SCRITTORI EL PI NO EL TARDO RIN SCIMENTOessere di un amore senza alcuna cupiditas che si soddisfa nella con-templazione, nel culto e nella pura gioia della bellezza.

    E qui la contraddizione di questo concetto, perch la bellezza.che vi si ha di mira non quella vera che ha un senso proprio, l abellezza estetica, cio la gioia di un atto spirituale di creazione poe-tica e di conoscenza contemplativa, che perci priva di ct~piditas .praticamente disinteressata, non le si pu assegnare nemmeno ilc puro desiderio di bellezza di cui quei teorici parlavano (I), per-ch essa, per definizione, pura di desiderio, e ogni desiderio, an-che quello di godere una poesia, cade fuori della sua cerchia ed pratico e non estetico. Per contrario, quell ainore iiient altro checupiditas desiderio, braina, spinta al possesso, che coine tale si ri-veste sempre di fantasmi e vive nei suoi fantasmi non la poesiadell amore, ma l amore stesso in anima e corpo, fervente nella pro-pria proiezione immaginosa. Purificare l amore in atto dall immagineche gli risponde varrebbe quanto svuotarlo di s stesso, sopprimerel amore e con l amore la bellezza nel senso amoroso, che pur sivorrebbe fermare a contemplare gioiendone. Si potr bene sforzarsie industriarsi, e fino a un certo segno riuscire, a restringere e adattenuare la cupiditas; e, in effetto, i teorici dell ainor platonico pre-scrivevano che solo alcuni sensi potessero aver parte nella celebra-zione di quel mistero, la vista e l udito, o tutt al pi, come alcunodi essi pi indulgente o pii ardito concedeva, un lieve unirsi delielabbra, un casto bacio, efflorescenza dell aniina piuttosto che fisico.contatto (distinguendo, come si fa nel Cortegia?zoper bocca del Bembo,il bacio lecito dell amore razionale da quello illecito del sensuale)ina pii1 rigorosi non permettevano altro organo sensitivo che l oc-chio. Tuttavia, per quanto comprimessero e torturassero la realt delprocesso amoroso, anche il solo sguardo non perde inai, in quel rap--porto, l suo carattere di uno sguardo di desiderio e di brama delpossesso. Nel concetto dell amore platonico c , dunque, l irreale, i lcontradittorio, l impossibile; e di reale c unicamente l attrazionesensuale coine in ogni altro amore, e non solo non si riesce in esso.

    convertire la cupiditns in teoresi, sia di estetica conteinplazione esia di speculativa meditazione, ma neppure a innalzarla alla sferamorale, perch la moralit azione giudizio che cade sull azione,e non mai vagheggiamento o culto di un essere o di una creatura,,

    ( I ) Oltre l commento ficiiiiatio al C o ~ z v i t oplatonico, si tenga presente rDell amor celeste e divino, canzone di GIROLAMOENIVIENI ol con~rneilto el.conte GIO.PICODELL MIRANDOLAed. di Lucca, Marescandoli, 1731).

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    la quale, per adorna che la si pensi di ogni v ir t ~morale, in quantovagheggiata e abbracciata col desiderio, e in quanto oggetto di

    compiacimento, termine di un processo edonistico e non gi di unprocesso morale.

    Cos analizzato nella sua intrinseca contraddizione, l amor pla-tonico si dimostra nien t altro che un caso particolare di un pii1 com-prensivo ma similmente contradittorio concetto, che quello dellafelicit pura e infinita, la quale anche essa vuole escludere l ir re -quietezza, la finitezza del desiderio, la lotta per il possesso che siacquista e si perde o sempre a rischio di perdersi, e vuole essere,innaturalinente, sicurezza cli beatitc~dine,stato paradisiaco. E, in co-testa innaturalezza, ben naturale che l id ea di beatitudine abbiauna delle scie manifestazioni pi intense e p i ~spiccate nell amoredel l uoi~lo della donna, nella dualit e unit sessuale, foildamei~talenella vita fisiologica, perch generatrice propag-atrice di vita. ache, nondimeno, tale amore non sia se non un caso particolare eche quella idea non si leghi di necessit alla relazione dei due sessi,

    gi comprovato dal fatto clie nel primo suo iilsigne teorizzaineilto,nella filosofia platonica del oniiito (per non parlare di taluni menosignificanti riflessi clie di ci si ebbero nel Rinasciinento, in Mi-chelailgelo per es. , o nel Varclii), si configur coine rapporto uni-sessuale e come amore senza cupidit dell uomo per l uo il~o ,per i lbello efebo, che la ragione per la quale alla forma clie prese neitempi i~ loderni stato spesso contestato il diritto di valersi d i quel-i aggettivo, platonico In verit, si amano non solo dagli uoniiilile donne e dalle donne g li uomini o dagli uoiilini gli uonlini, ma stanti altri esseri e cose ; e per ciascuno di essi si costruisce o si pubcostruire una teoria d i ainor platonico, onde il seiltitnento tenta disciogliersi dal servaggio del patire e dell operare, e cerca di conse-guire un inodo di essere non conturbato e non conturbabile, perchsottratto ai motivi dei turbamenti. Anche nell unione inistica e reli-giosa si osserva questo conato di ottenere una piena beatitudine,annegando nella coiltemplazione, che poi non contemplazione, glidfetti, che poi non si riesce mai acl annegare, giaccl-i la creaturavivente solo in qiianto tutta affetto.

    Tentativo, conato, lo abbiamo cl-iiamato, e non gi attuazione,perch nel conato o tentativo, pensato nella sua real t, non s i trovapoi altro che lo sforzo continuo di ogni nostro atto a raggiungere ilproprio fine e riposare e godere in questo raggiungiiiiento, e insiemecon ci l impossibilit di arrestarsi in questo riposo e godimento, eil pungolo e la necessith di compiere nuovi atti con nuovi affanni e

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    36 SCRITTORI DEL PIENO E DEL TARDO RINASCIMENTOdolori. La felicit si tocca solo per ripassare da essa all'infelicit, epercorrere in perpetuo questa via: n l'uomo vuole veramente altro,perch, se altrimenti volesse, vorrebbe la morte e non la vita. Eperci, se quel conato reso attuale e posto come un fatto, taleescogitazione non appartiene alla realt vivente, ma all'astrazione delmomento della felicit dal congiunto momento dell'infelicit, dell 'amorecoine gioia dall'amore come spasimo di cupiditas e di quella. astra-zione si compone la teoria dell'ainor platonico, che una teoria enon una realt, una teoria contradittoria, di cui sola realt la con-tradittoriet. Platone, e in generale la filosofia greca, non si liberda questa idea di una condizione di beatitudine da conseguire, nassurse inai al diverso concetto, o, se cosi piace dire, alla sublimerassegnazione del sempre desiderare, volere, soffrire e andare pi iiialto, che il poeta moderno tent di effigiare nel carattere di Faust.In verit, nessun uomo stato o sar mai beato (salvo che nel sensoschernitore di uno stato d'istupidimento e d'imbecillit), e nessunoha mai platonicamente amato. Si richiamino alla memoria tutti icanti d'amore nei quali l'amore l-ia avuto la sua espressione cli ve-rit, e non vi si trover mai altro che desiderio, affanno, brama,godimento, speranza, malinconia, tristezza, e, nell'infinita variet delsentire, altres il sospiro e l'invocazione della felicit e della beati-tudine, nla come un momento labile e presto sommerso o immersonella pienezza del sentimento.

    Che l'atnore platonico sia una mera teoria e contradittoria, allaquale non corrisponde, perch al coiltradittorio non pu corrispon-dere, alcuna realt, confermato dall'osservare I'atteggiainento pra-tico che consegue alla teoria, e che un volere illudere e ingannares Y medesimi: ~oloilt 'illusione che pu determinare certi esterioricomportamenti, ma non mai veramente ingannare la coscienza, cheingannare non si lascia, e protesta e mornlora contro l'altro s me-desiiiio clie s' infinge e mente. Anche quando l'esteriore comporta-mento inganna altrui o diretto a iilgannai-10, l cosi ingannatosempre tale che inganna s stesso, asserendo possibile l'impossibile,e appagaildosi del suono di questa asserzione o lasciaildosene incan-tare. I,a satira si sempre esercitata sull'amor platonico nella stessae19 l l Rinascimento fino gil giU al motto del Giusti s d giovaneromailticizzante, che almaliacca sul serio un pudico adulterio Tal-volta, in effetto, si scivolava addirittura nell'ipocrisia, giocando conle formole filosofiche per coprire lascivia e mal costume. Della qualcosa persisteva sempre il pericolo, ed essa fu sospettata perfino nellaVenere celeste dell'amore platonico o socratico, nonostante la netta

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    XIV. TRATTATI D AMORE DEL CINQUECENTO 37esclusione della Venere panclemia e la severa condanna che Socratepronunzi del vizio immondo 1). Oltre la realt delle sue vuote eclequivoche combinazioni di parole, l amor platonico di anche ori-gine a sforzi sociali d i metterlo in pratica, conle nell atteggiamentospiritilale delle prciezlses che il Molire satireggi e di cui il Saint-vremond diceva :. Elles ont tir une gassion toute sensible dii cceur l esprit et converti des mouvements en ides o nella costumanzaclella servit d amore la cui estrema forma fu veduta, tra cu-riosit e meraviglia e scandalo e risa dei riguardanti non italiani, inItalia, nel famigerato cicisbeismo . Tornava difficile persuaderequegli stranieri, nel gi molto diverso mondo europeo settecentesco,che il cicisbeismo non era una riconosciuta pratica dell adulterio,ma la sembianza decrepita dell amor platonico, che trovava ancoracelebranti e devoti 2 ) .Quando, dopo essersi reso ben cl-iiaro il concetto contradittoriodell amor platonico nel suo contenuto e nella sua genesi e nella suairreale realt, si passa a considerare i molti voluini composti nel Ri-nascimento, che espongono e ragionano la relativa teoria, non ci sar .pi luogo a irriderli e a ironizzai-li, perch la domanda che sorgenon volge pii1 sulla saldezza filosofica che quella dotti-ina serbi pernoi, ma sull ufficio che essa compi nello svolgimento del pensierodella vita morale. Questo ufficio non dov esser nrillo o trascurabile,se tanto fervore suscit negIi animi e tanto interessamento mentale,quanto attestato dalla copia stessa delle trattazioni dell argomento,e dalla diffusione largl~issin~ahe ebbe l idea dell amore platonico,le cui impronte si scorgono un po dappertiitto e che dett tanti so-netti e canzoni e poemi.C era, nella contradittoriet di quel concetto, un elemento posi-tivo, che rappresentava un progresso, non solo sull ascetismo me-dievale e sul suo misoginismo, ma anche sulla correlativa reazionesensuale e, per cos chiamarla, boccaccesca, che aveva rivendicatogl incoercibili bisogni della natura e i diritti dell amore terreno.I, elemento positivo era nell implicita affermazione che l amore ter-reno e la vita morale non sono inconciliabili, che la conciliazionenon sia da cercare nella soppressione dell uno dei due, ma neil ele-

    I) In difesa di Socrate scrisse nel secolo decimottavo un dotto tedesco,I. M . GESSNER, l Socrates saizctzis pederasta (G6ttiilget1, 1752), ristampato dalUonneau (Paris, Liseux, I 877).(2) Si vedano, a proposito della monografia del Valinaggi sui Cicisbei, al-cune mie considerazioni i n Conversac;ioni critiche, serie IV, 345 47.

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    38 SCRITTORI DEL PIENO E DEI, TARDO RINASCIMENTOvamento spirituale. Di questa esigenza si e ra avuto un precorrimentonell ideale d amore della lirica trobadorica e nella scuola dello stilnuovo; rna nei trovatori il problema morale non otteneva rilievo ntrattazione razionale, e negli stilnovlsti la donna, oggetto di amore, la-sciava trasparire una creatura angelica, alla quale alfin cedeva il posto.

    Certo, la via intrapresa dalla dottrina dell amor platonico prestos intricava e avvolgeva entro s stessa senza venire a soddisfarel esigenza iniziale con la risoluzione del problema, ptrch, inveced indagare il processo della sensibilit e della coscienza etica, del-l azione vitale e dell azione morale, e di seguirne il contrasto e ditrovarne la mediazione, si perdeva nella mitologia di un unione im-mediata. di un culto che fosse tutt insieme edonistico senza sensua-lit, cz i~ id it as ine czlpiditate, amore senza amore. Ben altrimentidrammatica, o, per dir meglio, dialettica, la relazione tra amoree moralit, che richiede l amore e i1 superamento dell amore, l at-taccamento e il distacco, l ardore della passione e la forza della ri-nuncia e che, attraverso questa vicenda incessante, attua I amplia-mento, e insieme l innalzamento, dell animo umano, Santi, eroi, poeti,pensatori hanno molto operato, creato cose di eterna bellezza, ritro-vato supreme verith, perch hanno molto amato e molto sognato emolto sofferto per amore.

    Ci spiega anche perch la teoria dell arnore platonico fosse ilnaturale complemento della concezioiie filosofica del Rinascimento,del suo platonismo e neoplatonismo, e perch questa concezione, asua volta, le porgesse il necessario fondamento 1 ) . L ainor purodella bellezza corporeo-spirituale oltrepassava la creatura, che ne era,piuttosto che l oggetto, il medio corporeo e spirituale, il medio con-ducente, e guidava l anima alla somma bont, bellezza e sapienza,alla divinit; cio, inovendo da un punto particolare, compieva lastessa ascesa onde quella filosofia menava dalla terra al cielo e chiu-deva il circolo dell essere che circolo d amore. Mitologica l unaconcezione, si fondeva con l altra similmente mitologica ma I unae l alt ra valevano aiizitutto per ci che espressamente negavano, ildualis~noneclievale, e l una e l altra avvicinavano la terra al cielodonde il dubbio che affior talora negli spiriti cristiani sulla sua or-todossia 2). E l un a come l altra non poterono mantenersi in questa

    r ) Si veda nel cap. X del CASSIRER ~ z d i v i d z ~ o cosmo nella filoso adel Rinascinzertto (trad. ital., Firenze, 1935 ~ pec. pp. zog 16

    2) I Benivieni, nell avvertenza premessa alla ricordata sua canzone e a1comtnento del Pico, diceva: c Ma poich riel ritrattare di poi essa Canzone e

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    forma nel pensiero moderno, nel quale prima a perire fu la dottrinadell amor platonico, e pi a lungo persistette l altra dell ascesa a Dioe del riposo in Dio, perch, sebbene pi o meno corrosa dal nuovoelemento critico e dialettico, ebbe parte pi o meno larga nei grandisistemi dallo Spinoza allo Schelling, allo Hegel ed ai loro epigoni.

    Tale quale l abbiamo definito il significato della dottrina del-l amore platonico e della Bellezza, da ricongiungersi al moto antiasce--tic0 umanistico e intendersi in funzione di questo come la ricercad i un etica nuova e pii alta e pi fine; epper non senza ragione

    stato detto che la ricerca dell amor puro ingentilisce gli animi,ossia ha tra i suoi motivi, e in mezzo ai suoi stessi errori , sentimentigentili. In altro riguardo, credo che convenga anzitutto insistere adissociarla, come ho fatto, e a nettamente distinguerla, dalle dottrinepropriamente estetiche, nella cui storia stata mescolata, confon-dendo, come si di sopra notato, per effetto di un vero e proprioequivoco verbale, la bellezza dell arte, che la vera bellezza, conla bellezza che cos si dice per metafora, e che invece la voluttdel l immagine amorosa. Si pretendeva di ricercare e definire la bel-lezza che tale fosse universalmente e che sia forza che piacciaa ognuno per adoprare le parole del Firenzuola 1): la quale teoriafaceva il paio con l altra dell amore puro, e , come in questo nonera dato superare la cuyiditas cos in essa di attingere una bellezzapura fuori dei compiacimenti personali, sicch il concetto di bellezzasi aggirava in una tautologia, o scendeva ad arbitrarie determina-zioni dei caratteri materiali delle cose belle (per es. della bellezzadel corpo utnano e pii1 particolarmente di quello della donna, e dellesingole parti del corpo a ciascuna delle quali si poneva un partico-lare paradigma di bellezza). E nondimeno non da negare che uiiindiretto e remoto legame con la fantasia e la contemplazione este-tica sia in quell atteggiatnento, e pertanto nella correlativa dottrina,in quanto, per l appunto, lo sforzo di contemplare una bellezza am-

    Comento, essetido gi maiicato quello spirito e fervore che aveva condotto mea comporla e lui a interpetrarla, nacque negli animi ilostri qualche ombra di du-bitazione, se era conveniente ad un professore della legge di Cristo, voletldo eglitrattare di amore, massime celeste e diviilo, trattarne come platoiiico e noil comecristiano, pensaildo che fosse bene sospendere la pubblicazioile di tale opera, al-meno fino a tanto che noi1 vedessiino se essa per qualche riformazioile potessed i platonica diveilire cristiana

    I ) Si veda L a belle ca de lle donlze. Su questa sorte di trattazioni il lavoropiii recente che io conosca di W E R N E R M U L ER T T Literarische FI-azlen-bi ldervor zlnd itz der italierzisclzetz Renaissance (Hamburg, Gildenverlag, 1941 .

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    240 SCRITTORI DEL PIENO E DEJ. TARDO RINASCIMENTOmirevole che non sia oggetto di pratica spinta al possesso n di de-siderio, posto che riesca davvero, o nei fuggevoli momenti in cuiriesce, si risolve in una creazione e in uii estasi estetica, nel supe-ramento che si compie nella nascita di una poesia.

    Si vorr, dunque, continuare a tratta re con disdegno o con coni-passione o beffardamente i trattati d amore del cinquecento, le paginedel Bembo e del Castigl ione, del Betussi e di Tullia d1Aragoi1a, ealtre della stessa qualit? 1). Sono di filosofia divulgativa, senza dub-.bio, ma pur di fil.osofia, rivoli del maggior fiume filosofico del Rinasc imento; e, quantunque non s iano pagine di poesia perch i teo-rizzamenti non sono poesia, hanno pregi letterarii, il che pur qual-cosa. Forse, liberate le menti dallo stimolo polemico intorno all ir-reale amor platonico, defiilitu la natura e l ufficio storico di questaescogitazione, sar dato leggerli per il loro verso, cercandovi ci bsolo, poco che sia, che vi si deve e vi si pu trovare.

    xv.

    L impresa f ~ i ipetute volte definita dai molti che trattaronodi questa materia nel cinquecento, dal Giovio, dal Ruscelli, dal Con-tile, dall ilmmirato, dal Capaccio, dal Tasso, da Filippo Sassetti;ma, in verit, in tutte quelle scolastiche definizioni si desidera pro-prio la definizione che assegni il genere prossimo e la differenza spe-cifica. una significazione della mente nostra sotto un nodo diparole e di cose ; una figurazione simbolica che i grandi signorie i cavalieri portano nelle sopravvesti, nelle bande e nelle bandiereper significare parte dei loro generosi pensieri un compo-

    ( I ) Li spregiava, ma forse non aveva posto in essi attenzione, il Gioberti, ilquale nell avvertenza premessa al trattato el zlono (ed. di Firenze, Le Monnier,1857 p. 29) scriveva: Erran o a partito coloro che pigliano questi socratici ra-gionamenti di amore (dai dialoghi platonici) come scherzi rettorici, destituiti d ivalore scientifico e consentono ai conlenti che ne facevano i nostri eleganti, m afrivoli, prosatori e poeti del cinquecento; i qual i cornenti sono di tanto nerbo,qua nto le frasche dei Pitagoristi sulla sapienza e simbolica numerale dei primie sinceri Pitagorici. L amore platonico la molla della vita pratica, come la ra-gione della speculativa: per opera di esso l anima dell individuo esce dalla sferadella pretta speculazione, entra negli ordini operativi, partecipa alla vita univer-sale della Psiche cosmica, si congiunge il Logo, e si re nde capace di coope rarecon esso all abbellimento successivo delle cose create

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    XV. IMPRESE E TRATTATI DELLE IMPRESE 24nimento di .figura e di motto rappresentante virtuoso e magnanimodisegno >I tin esposizione di < concetti sotto simboli di cose na-turali una unione di figure e di note onde si significano inostri concetti intorno a le cose fatte o che abbiamo da fare 1 ) .11 Sassetti, che da fervido studente di filosofia in Pisa e scolaro diLazzaro Bonainico si accinse all opera armato di ferrei strumenti lo-gici, procedendo, colile dice, nel suo discorso per le spezie allacognizione del genere e quindi alla divisione di esso per le sue dif-ferenze non seppe addurre coine genere se non la significazione(lei concetti 2).

    Definizione inesatta e impropria, che per altro non difficile so-stituire con quella propria, che di una concisa forma retorica ossiaoratoria, diretta a richiamare e a fermzre l attenzione e a imprimerenella memoria un sentimento o un proposito o anche una sentenza.in questa definizione trovano il loro fondatilento i requisiti posti daitrattatisti come il Giovio, che li enumera in cinque: giusta propor-zione di anima e di corpo, cio del motto e della figura che nonsia oscura di sorta da aver mestiere della Sibilla per interprete, iltanto chiara da essere intesa da ogni plebeo che la sua figura sipresenti attraente e allegra alla vista con stelle, soli, lune, fuoco,acqua, alberi verdeggianti , istrumenti meccanici, animali bizzarri euccelli fantastici, ed escluda le figure uinaiie; e che l altro suo coni-ponente, il ~nott o, ia coinunemente di una lingua diversa dall idiomadi colui che fa l impresa, perch l sentimento sia alquanto pii1 co-perto e sia breve, ma non tanto che si faccia dubbioso 3). Simil-mente il Sassetti la diceva una ineravigliosa e celata significazionedel concetto umailo, fatta per la qualit o azione consignificata diuna immagine di cosa divina, naturale o fatta per arte, la qualeazione o qualit sia similitudine dello espresso concetto, e con pa-role scritte in poco numero significanti questa similitudine in qua-lunque modo (4). Anche l Ammirato ammoniva a non farla oscura

    I ) Queste definizioni sono recate dal SALZA,a letterntzli-n delle itizprese e l a forf t l iza d i esse nel Cinquecento, in appendice alla sua monografias u Lrica Contile (Firenze, 1go3), pp. 229, 238

    (2) Si vedano le sue lettere del 573 al Giacomini, a proposito del discorsoche preparava sull argoinento, in Le t t e re ed i i e e inedite (ed. Marcucci, Firenze,r8551, PP. 42-49.( 3 ) PAOLO GIOVIO Ragionanzelzto sopra i mo tt i per disegn i d arm e td amo re che comunemente clziamano Imprese con un discorso d i Girolnm oKzrscelli intorno. all o stesso sog getto (in Venetia, appresso Giordano Ziletti alsegno della Stella, 1560): v. p. 6.

    (4) Op. cit., pp. 42 5.

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    42 SCRITTORI DEL PIENO E DEL TARDO RINASCIMENTOi n modo da convertirla da impresa in enigma 1). Si trattava, insomma,d i avvivare 1 immaginazione e di sorprendere 1 intendimento con unainvenzione ingegnosa che velasse e svelasse insieme, si sottraesse esi lasciasse prendere, giocando a nascondino; donde la affinit che

    stata notata dei procedimenti dell impresa con quelli del concet-tisino e del barocchismo 2). Quanto poi l ravvicinamento da alcuniproposto dell impresa alla poesia 3), chiaro che essa cosa di altranatura da questa, sebbene debba ammettersi come ben naturale clietalvolta vaghezza pittorica e poetica possano spirare nell apparenzadi una figurazione di emblema o di un motto che l accompagna.

    Che Ie imprese e le loro variet e le forme a loro affini, dettepi specificamente emblemi, divise, insegne, medaglie e simili 4,siano cose di ogni et e ancor oggi in uso, s intende da s. Ma bensi pu domandare per qual inodo avessero tanto favore e cosi Iargadifftisione quale parvero a un tratto acquistare in Italia sin dai primidel Cinquecento. Senonch a questa domanda si trova la risposta nelGiovio, che era storico sincrono assai buon osservatore e bene in-formato, i1 quale ci attesta che a questi nostri tempi, dopo la ve-nuta del re Carlo ottavo e di Lodovico XII in Italia, ognuno cheseguitava la milizia, imitando i capitani francesi, cerc di adornarsid i belle e pompose imprese, delle quali rilucevano i cavalieri apparte-nenti a compagnie con diverse livree, perciocch ricamavano d ar-gento, di martello dorato, i saioni e le sopravvesti, e nel petto enella schiena stavano l imprese de capitani, in modo che le mostredelle genti d arme facevano pomposissimo e ricchissimo spettacoloe nelle battaglie si conosceva l ardir e il portamento delle compa-gnie 5 ) . N solo oper l esempio dei francesi, ma quello degli spa-gnuoli, che non meno sfoggiavano in quelle dimostrazioni, come puvedersi, t ra l altro, con particolare riferimento alla societ italo-spa-gnuola che s accoglieva in Napoli, nel libro della Cuestion e amor-

    i ) In SALZA,p. cit., p. 229.2)M. P R A Z Stzid i szil concettismo (Milaiio, La Cultura, 19?4 , p. v111 e

    y assinz.3) Riferimenti del PRAZ,op. cit., p. 39. I1 BARGAGLI ,Delle imprese (Ve-

    nezia, 1591), pp. 38-9, poneva l affinit con la poesia in ci, che l anima e laforma essenziale delle imprese la comparazione, o similituditie , che tantodel poeta familiare, e di lui, se non pii1 propria, si ben da lui pi volentieri espesso usata che da qualunque altro scrittore D

    (4) Pi particolarmente di ogni altro, le viene distinguendo e differenziandoi Ruscelli, nel cit. discorso, che tieti dietro al agionamento del Giovio.5) Op. cit., p. 5

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    XV. IMPRESE E TRATTATI DELLE IMPRESE 4 3che del 1513 nel quale tanta parte dat a alle descrizioni parti-colareggiate de 10s diversos e ricos atavios con letras e invencio-nes di cui s i abbigliavano e adornavano quei cavalieri 1 ) . Era 1111rifiorire in Italia, e in ambiente d i cultura e d i umanismo, del costumeiiledievale, che gll Ita lian i per altro presero ad affinare con singolareingegnosit: un esercizio (come dice il Giovio) solamente da gr ansignori e da begli ingegni di raro e perfetto giudici0 >> 2). I1 qualeGiovio, nel mentovato su o libretto che il pi piacevole e graziosoche si abbia sull argomento, descrive e illustra, recandone le occasionie i significati, u na ser ie delle pi belle imprese dell et sua, tra lequali no n lascia di far la critica di quelle variamente difettive, ndi far ricordo di talune che venivano fuori, in quel fervore dellamoda, strane o ridicole.

    Per dare esempio di quelle difettive, tale era al dir del Gio-vio l bel suggetto senza motto che po rt il contestabile d iBorbone, il quale pinse nella sopravesta della sua compagnia uncervo con l ali

    Ed io lo vidi nella giornata d i Ghiaradadda: volendo dire che, nonbastando il correr siio velocissimo, sarebbe volato in ogni difficile e gravepericolo senza freno; la quale ililpresa per la bellezza del vago animaleriusc, ancorch pomposa, come cieca, non avendo motto alcuilo che glidesse lume. Il che diede materia di varia interpretazione, come acutissi-mamente interpret uii gentiluomo francese, chiamato La Motta Angru-gno, che and in Roma appresso il papa quando venne l acerba nuovadel Cristianissimo sotto Pavia, e, ragionandosi della perfidia di Borbone,disse a papa Clemente: Borbone, ancora che paia essere stato tradi-tore del suo re e della patria, merita qualche scusa per aver detto moltoavanti quel ch ei pensava di fare, perch portava nella sopraveste il cervocon l ali, volendo chiaramente dire che aveva animo di fuggire in Borgo-gna, al che fare non gli basterebbero le gambe se non avesse avuto ancol ali; perci gli fu aggiunto il motto: ursum intendinzzls nlis

    ( I ) CROCE, a Spngn a nella vita italiana dtrrante la rinascen?a (terzaed., Bari, 19411, pp. r3j-49.

    (2) Op. cit. Irene di Spilimbergo (v. la sua vita in Rime di diversi nobi-liss. t eccell. signori n nzoiqte della s. Irene d i Spilitnbergo Venezia, 1581 si dilettava molto di fare imprese tiegli abiti che ella portava e nei lavori e inaltre cose che spesso donava. Per le quali con ingegnosa invenzione ad alcunoscopriva, ad alcuno nascondeva Ie sue intenzioni i suoi pensieri, e sotto formadi animali o sotto la vaghezza di un fiore o sotto la veste di vivaci colori o al-tra cosa trovata da lei, aiutando quello che non poteano esprimere le cose soleco n poche e brevi parolette, le quali o trovava da si: voleva che fossero com-poste dai priini letterati della citt

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    244 SCRITTORI DEL PIENO E EL T RDO RIN SCIMENTOAltres priva di motto era una bellissima impre sa che f u portata dallasignora Ippolita Fioramondo, marchesana di Scaldasole in Pavia, la quale all et nostra avanz di gran lunga ogni altra donna d ibellezza, leggiadria e creanza amorosa .

    Ella spesso portava una gran veste di raso di color celeste, seminataa farfalle, di ricamo d oro, ma senza motto, volendo dire ed avvertire gliamanti che non si appressassero molto al suo fuoco, acci che talora nonintervenisse loro quel che sempre interviene alla farfalla, la quale per ap-pressarsi alla ardente fiamnia da s stessa si abbrucia. Ed essendo dirnan-data da monsignore di Lesui, bellissimo e valorosissimo cavaliero, il qualeera allora scolare, che gli esponesse questo significato: - Mi convienediss ella - usar la medesima cortesia con quei gentiluomini che tni ven-gono a vedere, che solete usar voi con coloro che cavalcano in vostracompagnia, percl-i solete mettere un sonaglio alla coda del vostro cor-siero, che per morbidezza e fierezza trae di calci, come avvertimento chenon si accostino per pericolo delle gambe. - Ma per questo non si retirmonsignor di Lesui, perch molt anni persevero nell amore suo, ed al fine,essendo ferito a morte nella giornata di Pavia e riportato in casa dellasignora Marchesana, pass di questa vita non poco consolato, perchlasci lo spirito estremo suo nelle braccia della sua cara, come diceva,signora e padrona.

    Tra le ridicole, ancorcli talvolta non difettive perch formate edi figure e di motti, egli ricord a quella di un fiero soldato o sche ranoo spadaccino che fosse, Bastiano del Mancino, che portava sulla ber-retta una piccola suola di scarpa con n lettera T e una grossa perlao margherita sulla punta d elia sliola, per significare Margheri tat e sola d i cor amo; e di un aItro che, innamorato di una madonnaBianca Paltriniera, portava una piccola candela di cera bianca ne lsuo berrettino di scarlato, che sillabava: can de la Bianca; e di uncavaliere spagnuolo di casa Porres che , innamorato di una Anna,damigella della regina Isabella, e volendo esortarla a non consen-tire a un altro cavaliere parimente aspirante alla mano della bella,portava sul cimiero un anitroccolo, in ispagnuolo anadino ail-labando Ana di o

    Narra anche di qualche impresa ch e lui Giovio, richiesto, compose

    Fu x gran signore nostro padrone, innamorato di una dama, la qualeper propria incontinenza non si contentava dei favori del nobilissimoamante, e praticandole in casa un giovane di nazion plebea ma per altroassai disposto della persona e non brutto di viso, s fattamente di lui s in-vaghi ch ella, come si dice, ne menava smanie, e per ultimo indegnamenteio riput degno deI suo amore. Venne assai tosto la cosa alle orecchie

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    XV. IAIPRESE E TRATTATI DELLE IMPRESE 45di quel signore, forse palesandosi per s stessa la donna per gl inconsi-derati e poco onesti modi suoi, di che egli estremissimamente si scanda-lizz e comandommi (ch ben comandarmi con assai sicurt poteva), ch iogli facessi una impresa dell antescritto teiiore: he egli veramente sitenea beato essendo nel possesso di tanto bene; ma, accortosi poi d esserfatto compagno di persona si vile, li parve che da un sommo bene fosseridotto in estrema miseria e dispiacere. o sopra questo soggetto fecidipingere un carro trionfale, tirato da quattro cavalli bianchi, e sopra viera -un imperator trionfante, con uiio schiavo negro dietro, che sopra ilcapo gli tenea la laurea all antica romana, essendo lor costume per am-morzar la superbia e la vana gloria dellyimperatore di mettergli appressouno schiavo. Era di sopra il motto, tolto da Giovenale, ci06 Servzis currirPortatur eodenz; volendo dire: Bench io abbia il favore di questagenti1 donna, noil mi aggrada, per, essendomi comune con si ignobile edinfimo servo. L impresa era bellissiina vista in pittura e a quel geiiti-lissimo signore grandemente soddisfece: la feci poi scolpire in una me-daglia d oro, e fu anco tolerata l effigie dell uonio da chi scrupolosocompositor dell impresa, essendo in abito straordinario.

    I1 Gjovio era lodato per aver tentato il primo d i voler ridti-,cere crive i1 Bargagli questa invero nobilissima materiae ingegnosa dell in~ pre sesotto certi ordini e salde regole come dipiofessioile o arte per certo ai suoi tempi nuova, si pu quasidire, o non troppo o non quanto oggid usata, e nella maniera che.or si vede da niuno degli antichi, se non forse da Eschilo e da E u+ipide, mostrata e non mai prontamente esercitata > 1). Non solo laormai si coltivava con abbondanza e facilit non mai veduta, ma diessa si era per la prima volta scoperta la vera natura e tutte leproprie sue degne qualit 2): onde se ne moltiplicaroilo i trattatiin forma sia di ragionamenti sia di dialoghi.Alle imprese di cavalieri e di guerrieri, che si dissero eroi-che >> e che esprimevano affetti alti e gentili, fortezza d animo evirt di amore, si aggiungevano le altre che pi propriamente sichiamarono emblemi e che avevano contenuto pii particolar-mente didascalico e parenetico, racchiudenti verit morali. Furono

    I ) Op. cit., p. 15. I1 vanto gli fu contestato dall Ammirato nel suo dialogoIl R o t a ovvero delle i;npi-ese, che Io attribuiva invece al napoletano Epicuro:.si veda E. PRCOPO, . A Epictiro (in Giorn stor d lett. it. X I I , pp. 37-47.Ma, poich,. sebbene 1 Epicuro fosse gran conoscitore di imprese, la sua precet-tistica rimase inedita o non mai scritta, la contestazione delIyAmrniratonoti avevabuon fondamento.

    (2) BARGAGLI,OP. cit., ilella prefaz.

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    46 SCRITTORI DEL PIENO E DEL TARDO RINASCIMENTOesse opera precipua degli umanisti; e questa seconda serie rappre-sentata dagli Emblemata dell Alciato, divulgatissimi, e molte volte,per due secoli, ristampati e riccamente commentati ( I ) . Innumeri sonoi volumi di tal sorta che si composero nella seconda met del cin-quecento e per gran parte del secolo seguente 2). Gradivano, questeimprese morali e filosofiche, da una parte per i l loro aspetto esote-rico ai pochi iniziati, e dall altra, miravano a incuriosire e attiraregli ignoranti e i fanciulli per far loro apprendere e ricordare veritetiche e religiose (3) due tendenze che sono sembrate opposte inache erano fondate sull unica natura di quel giocare ingegnoso. Igesuiti se ne valsero largamente 4, coine del resto di molte altreforme di prodtizione barocca, non tanto per intimit di legame chel i stringesse al barocco, quanto perch il gesuitismo fiori proprio~lull etk del gusto barocco, e perci prendeva il suo bene dove lotrovava tantocli, nell ottocento, si fece volentieri purista e linguaiolo.

    Pure non intendo per quale ragione sia sembrato severo o in-giusto il giudizio che a me occorse dare (5) di cotesta produzionesecentesca; e mi si sia voluto ammonire che anche quelle che anoi paion oggi aberrazioni del gusto meritano spassionata attenzionepiuttosto che l atteggiamento di chi guarda con disprezzo e passaoltre 6). Appuilto l attenzione spassionata che si d a loro menaa riconoscere che l itldustria mentale, che profusamente si spendevanel configurare quelle imprese e nell osservarle con curiosit e conammirazione, andava a scapito di pi titile lavoro, della seria me-ditazioile e della seria esortazione (7). La riprova di ci sta nel fattostorico che se nel seicento il culto delle imprese cavalleresche f usoverchiato da quello dell emblematica morale, questa a sua voltadecadde e fin coi1 l essere messa in oblio per effetto dei razionalismo

    I ) La priiila ediz. del r53r. Si vede intorno a questo libro H. GXEEN,Alidl-ea Alciati and tlze book of e~itblerns London, 1872) ; e D. DUIAXCHI nel-1'Arclz. sto .. Zonzb., X X , 1913; anche P.E. VIARD,. n d r A l c i a t (Paris, 1926),PP. 315-3 *

    2) I1 citato libro del PRAZ, he di un collezionista e di un bibliofilo, ned larga inforn~azioiie.e ne ha ariclie una edizione inglese, che contiene aggiunte ;Stzrdies n sevelzteelzth c en tu ry im ag er-y , vol. I (Lotldon, Tl~eWarburg Insti-tute, 1939 : un secondo volume promesso dovr dare una completa bibliografia .della letteratura degli emblemi.

    (3) PRAZ,OP. cit., p. 134.4)OP. it., P. 135 sgg(5) Nella Sto?- ia del l 'e t barocca.6) PRAZ,OP.cit., p. 135 sgg.

    (7) PRAZ, P.cit., p. 8, e di nuovo.n l suo volume inglese, p r 7.

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    X V . IMPRESE TR TT TI DELLE IMPRESE 247e del libero pensiero che scossero la pigrizia mentale coltivata da lgesuitisino e dal tardo e degenere umanismo o accaclemismo che s ichiami 1). La nuova classe socialmente operosa o borghese come si suo1 dirla, rese antiquate le vesti e le divise e le impresecavalleresche di tradizione medievale; e i nuovi divulgatori di filo-sofia e di scienze e di riforme sociali e politiche adottarono modipi diretti e pi spediti di comunicazione verso il pubblico da edu-care, istruire e commuovere.

    I -trattati delle imprese e degli emblemi del cinquecento avevanocarattere pratico, indirizzati a dare precetti e avvertimenti ed esempiiper la composizione di quelle figure e quei motti, e, come si no-tato, anche quando procuravano di costruirne una teoria filosofica.(il Ruscelli, tra gli altr i, prendeva il discorso assai d a loi~tano,di-stinguendo le cose, che la nostra mente pu capii-e, in corporee esenza corpo, visibili con gli occhi del corpo o solo con gli occhidella mente e invisibili a quelli, e deducendo dalle cose visibili,poste come prime, le operazioni, e cos via), fallivano nel determi-nare il carattere proprio di quei nessi di pittura e di scrittura.Quanto alla preistoria del genere, che sembrava che allora venisse ridotto a perfezione come diceva il Ruscelli, e pel quale Sci-pione Bargagli era lodato come un Aristotele in materia di im-prese >> per averne trattato scientificamente 2) , quei teorici ri-salivano addirittura al principio del mondo, e nelle et rernotissimvne trovavano i precedenti, segnatamente nei geroglifici degli Egizii,dei quali avevano bens un idea attinta all antica tradizione ma noilpoco fantasiosa o inesatta, e rispetto ai quali stiiziavano che, conl aggiungere alle figure i motti, si fosse pervenuti appunto alla mo-derna perfezione, di cui si menava vanto 3). Solo, forse pi reali-

    I ) I1 Volkmai~i~iiell op. che citiatno pi oltre) par che invece consideri(p. 117 abbandono dell emblematica come effetto di una decadenza della vivacesensibilit visiva, die alles i n Bildern sieht und schopferiscli zu Bilderii gestaltet,wie dies die Icunst dei- Renaissance und die Gelehrsamkeit des Humanismus ohne-Weiteres auch bei de i Aufizahme und Ausdeutuilg aiitiker Eleineiite tat s Male imprese e gli embletni non eratio priii~ariaiizenteed essenzialmetite manifesta-zione di fantasia pittorica, si invece uii ntodz~s ignificandi, che, abusato a mezzopedagogico e divulgativo, fin col diventare un vuoto trastullo, clie in ultimovenne a fastidio e a noia.

    2) PRAZ, P. cit., p. 37.(3) Cos il Ruscelli ed altri. Per la relazione coi geroglifici, v LUDWIG.

    VOLKMANNilder-Scl~riften de r Renaissance, Hie~~oglyylzilcin Enzblenzatikn ihrer Be~ielzzingenztnd Fortzvil-ktrngen (Leipzig, Hierseinann, 1923 : che si

    I-annoda a KARLGIEHLOW,Die Hieroglyplzenkunde des Hnm anism us in del Al

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    248 SCRITTORI DEL PIENO E DEL TARDO RINASCIMENTOsticamente, il Sannazaro ne poneva l'origine, non nell'anticl-iit manel medioevo, e in una pratica necessit 1 ) .

    Ma ecco, al termine della et barocca, Giainbattista Vico, cheusciva dal pieno di quella letteratura e di essa era espertissimo, in-vestire e superare le imprese con la genialit della sua mente filo-sofica e penetrare di l dalla forma i~ioderna scoprire nel fondo->,per la ignoranza della scrittura, e nondimeno, nei casi come quellidella guerra, per la necessit a spiegarsi e si esplicavano peratti o segni corporei senza scritture e parole, e si, mutole, par-lavano : parlavano di per s, e i loro significati erano naturali,laddove le moderne bisognava animarle con motti perch avevano.significaziorii analoghe . Conformi alle primitive erano ancora leinsegne militari o le bandiere, che sono una certa lingua armata

    -1egorie er Renaissance (Wien-Leip~ig,1915 . Ma che gli artisti usassero figu-razioni e simboli che risalivano agli egizii, e che i trattatisti ponessero gli emblemiin relazione coi geroglifici coine uno scrivere per figure, non dimostra clie questisi legassero in alcun modo a quella anticl~issima tradizione, perch, come s i detto, l'essenziale era l'unione della figura col motto, e percl~ contemporaneierano consapevoli della loro vera e recente origine storica. I1 lavoro del Volkmannmi sembra ben p i ~ tile per conoscere quel che nel cinque e seicento si sapevao si fantasticava dei geroglifici che non per la teoria e storia delle imprese e de-.gli emblemi.

    I ) In una sua poco nota ma importante lettera, indirizzata a Camillo Ca-racciolo, sulle armi e insegne delle famiglie, nella quale, distinguendole dalle di-vise e imprese iisate modernamente e restringendole agli stemmi delle famiglie,.stimava (concordando in ci con le opinioni di persone grandi da lui rac-colte) che fossero di invenzione francese, come i francesi ne erano i maestri, antoche in Napoli, nel quattrocento, il re Federico dlAragona e altri possedevano librifrancesi dell'arte del blasonare - e come francese era la successione feudale delprimogenito. L'origine di esse, cio& la scaturigine prima, si soleva dagli iiomiilidi dottrina e di ingegno > riportare alla grande adunata della prima crociata, al.tempo di papa Urbano 11, col precipuo concorso dei norinanni, per necessitdi quel19immenso et honorato esercito, per potersi discernere l'uno soldato dal'altro : onde, essendo stata l'insegna o arma usata in una milizia cos glo-riosa come quella, per questo meritamente ciascuno la ritenne poi, non solamente-durante la sua vita, ina i figliuoli e discendenti appresso le pigliarono e conser-varono per dignit ed onore n Questa lettera fu pubblicata dal Minieri Riccio.nel Giornale napoletano della dovne~zica . I, n. 3, I j gennaio 1882.

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    XV IMPRESE E TRATTATI DELLE IMPRESE 24delle citt con le quali a guisa di favella fansi intendere le nazionine maggior loro affari del Diritto naturale delle genti, che sono leguerre, le alleanze e i commerci >. Altro che le immaginarie origini-attribuite alle imprese nobili o blasoni, colne ilscite dalla Germaniacol costume dei tornei per meritare l amore delle nobili donzelle colvalore dell armi 1) romanzerie affatto estranee ai tempi barbarinei quali nacquero, ed a popoli feroci e crudi e teorie che non spiegano tutte le apparenze e per ispiegarne alcune, bisognasforzare la ragione 2). Pure, si direbbe che ai trattatisti cinquecentistie secentisti delle iniprese, a tutti coloro che hanno delle impreseingegnose ragionato, ignari affatto delle cose di questa Scienzanuova la forza del vero avesse fatto loro cadere dalla penna chele chiamarono e r o i cl1e ovvero che cos le chiamassero indovi-nando 3) . Da eroi erano in effetto, ma non da quelli dei romanzi,s invece da eroi > > nel senso vichiano, cio ignari di lettere e barbari.Coli ci il Vico non solo gettava uno di quei suoi raggi potentiche rischiaravano filosofia e storia insieme, ma segnava la differenzaprofonda tra le imprese che ubbidivano a urgenti necessit pra-.tiche, e quelle sfoggianti, galariti e ingegnose, tra la seriet delleprime e la conilaturata frivolezza delle altre.

    i ) I1 RARGAGLI, OP. cit., p. 7, sosteneva l origine delle imprese dalla Bre-tag na di Art e della Tavola rotonda, e per mezzo degli oggetti che le donne do-mavano ai cavalieri e che essi ponevano sopra gli elmi come stiinoli d onore neileloro imprese di guerra, donde il costutiie di portare quei colori e figure nei tor-neamenti e nelle giostre.(2) Si veda Scie12;a tztlova prima, 1 111, cap. 27-31, e Scienja nuozla se

    conda I 11, sez. 11, cap. IV e VII. Cfr. in proposito CROCE,La Jilosofa diG . B. Vico 3, pp. 51 2.Anche il rapporto che il Vico pone tra queste scrittureanalfabeticlie e i geroglifici giusto, riferendosi egli alla sola forma primitiva deigeroglifici colne scritture per figure, e ignorando quella, di poi scoperta, i11 cuiessi erano diventati prevalenteinente fonici, s?gtii di lettere o di gruppi di lettere.3) Scien;a nzlova prima, 111, C. 27; e Scielqa nuova seconda, 1. C

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