Corano. Identità e storia - estratto libro - Paoline

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Primo di una collana che ha come obiettivo di far conoscere l’Islam a un pubblico vasto, il libro presenta l’identità e la storia del Corano, testo sacro e normativo per i fedeli musulmani, che ad esso ispirano ogni aspetto della vita personale e sociale. http://www.paolinestore.it/shop/corano.html

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Immagine in copertina e in frontespizio: CC0 Public Domain

PAOLINE Editoriale Libri

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Introduzione

Il Corano?... Parliamone.L’opinione pubblica, nei Paesi arabi ed europei, lo

ha tanto scomodato nei suoi discorsi, articoli, talk show da quasi vent’anni.

Le occasioni non sono certo mancate. Dal monta-re del jihadismo, in particolare di al-Qaida e dell’ISIS, alle rivolte arabe, dalle vignette di Charlie Hebdo agli attentati di Parigi e Bruxelles, dalla guerra di Siria al f lop dei Fratelli Musulmani e al ritorno del governo militare in Egitto, dalla Libia a...

Senza scordare la mancanza di diritti umani in mol-ti Paesi islamici, le forme dittatoriali di governo, la li-bertà dimezzata delle minoranze religiose, etniche e culturali, la commistione tra Stato, società e religione. E poi la donna araba e la società patriarcale.

Per una parte tutte le colpe sono prevalentemente occidentali, per l’altra prevalentemente islamiche e del Corano.

È ora di saperne di più o, addirittura, di sapere qual-cosa del libro dell’islam, almeno per stare sulla notizia con un po’ di cognizione di causa.

Questo testo è un'anteprima del libro. Il numero delle pagine è limitato.

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Nota per il lettore

Per le parole arabe si è adottata la traslitterazione in-ternazionale, limitata all’indicazione della vocale lunga, a eccezione delle parole ormai entrate nell ’uso comune dei mass media, come islam, Allah, ramadan.

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STRUTTURA DEL CORANO

Il nostro discorso sul Corano inizia lasciando do-verosamente la parola ai musulmani, a cui la rivelazio-ne coranica è destinata, affinché essi stessi ne diano una definizione.

« Il Corano è la raccolta delle parole divine rivelate al Profeta Muhammad, dapprima nella sua città nata-le, La Mecca, a partire dal 610, poi a Medina, dal 622 fino alla sua morte, nel 632 » (A. Mérad).

« Il Corano è una predicazione orale, ricevuta fram-mentariamente dall’angelo Gabriele per via uditiva, come parola increata di Dio, dal profeta » (S.H. Bou-bakeur).

« Il Corano è il libro costituito totalmente ed esclu-sivamente dalla rivelazione fatta al profeta Muhammad e della quale esso rappresenta la riproduzione integra-le. In esso non è contenuto quindi nessun termine estra-neo a questa rivelazione o suscettibile di essere attribui-to a un’altra [rivelazione] » (A. Guéllouz)1.

1 A. Mérad è professore emerito dell’università di Paris III - Sor-bonne Nouvelle; S.H. Boubakeur è rettore emerito della Grande Mo-schea di Parigi, commentatore del Corano; A. Guéllouz, intellettuale tunisino, è professore emerito dell’università di Tunisi e di Paris I.

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A un occhio e un orecchio attenti non possono sfug-gire le diverse sottolineature dei nostri autori, che do-vremo chiarire strada facendo.

Identità del Corano

Denominazioni del Corano

Il nome Qur’ān non significa la natura del messag-gio quanto la sua finalità: è la parola divina destinata alla recitazione. Donde viene il nome? Quella che dal-la maggioranza degli studiosi viene considerata la pri-ma rivelazione (Cor. 96,1-5) inizia con la forma impe-rativa del verbo qara’a: iqrā’!, da cui qur’ān.

Iqrā’ è tradotto in italiano « recita! »2, « proclama! »3, « grida! »4, ma anche « leggi! »5, perché in Cor. 96,4 vie-ne menzionato il calamo. Dunque il Corano è la « re-citazione » della rivelazione data da Dio a Muhammad in forma orale e, da questi, al credente perché sia me-morizzato e recitato6.

2 Nella traduzione del Corano fatta da Ida Zilio Grandi, edito da Mondadori (2010).

3 Nella traduzione del Corano di Cherubino Mario Guzzetti, edi-to da Elledici (19932).

4 Nella traduzione del Corano fatta da Alessandro Bausani, edito da Rizzoli (20094).

5 Nella traduzione del Corano di Hamza Roberto Piccardo, edito da Newton Compton (1996).

6 Cfr. Cor. 7,204; 16,198; 39,23; 73,4.20. Le modalità di citazio-ni numeriche del Corano e la traduzione dei versetti seguono l’edizio-

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- hudā: guida, direzione nella retta via della vera re-ligione monoteista11;

- rahma: misericordia12 del Dio Misericordioso, che perdona il peccatore, eccetto colui che associa il Dio unico ad altri dei;

- āya: nome di derivazione siriaca, significa « se-gno », talvolta « miracolo » ma anche « messaggio rive-lato ». Successivamente il termine assunse il significa-to di « versetto » che quindi è un « segno » di Dio.

Corano e sunna

La rivelazione coranica è « dettata », è una Parola che appartiene in toto alla fonte d’ispirazione e che « di-scende » letteralmente in un soggetto, in forma media-ta. Per i musulmani pertanto il Corano è Parola di Dio detta a Muhammad, e poi trascritta integralmente nel libro, senza contaminazione alcuna con altre Scrittu-re o tradizioni religiose.

La rivelazione si distingue dall’ispirazione, in cui un soggetto è influenzato da Dio, in modo da concepire in se stesso un pensiero. La sunna profetica, che è la raccolta dei hadīth di Muhammad, cioè dei suoi detti, delle sue azioni e anche dei suoi silenzi su una deter-

11 Cor. 2,2.97; 3,138.12 Cor. 7,203; 10,57.

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minata questione, è ispirata. Corano, rivelato, e sunna, ispirata, sono le due fonti principali della dottrina isla-mica e dei principi legislativi e delle norme della legge religiosa islamica (sharī‘a).

La sunna non gode del consenso universale dei mu-sulmani: distinguiamo infatti tra la sunna « sunnita » e la sunna « sciita », che non coincide con le raccolte ca-noniche sunnite13.

Struttura del Corano

Le sure

Cosa significa sura? L’origine del vocabolo è assai in-certa: secondo alcuni studiosi occidentali deriva dall’e-braico post-biblico shūrāh (serie, fila, ordine), secondo altri dal siriaco sūrtā (uno scritto o parte di una Scrit-tura). In lingua araba sura significa « muro di cinta », « muraglia », una « disposizione armoniosa di pietre », un

13 La sunna « sunnita » è una produzione sterminata di hadīth, oltre un milione, contenuti in numerose raccolte di diverso valore. Gli ulema, i dotti islamici, hanno riconosciuto la massima autorevolezza a quelle di al-Bukhārī (m. 870) e di Muslim (m. 875), entrambe chiamate al-Sahīh (l’Autentico), che, con altre quattro raccolte, quelle di Ibn Māja (m. 887), di Abū Dāwūd (m. 889), di al-Tirmidhī (m. 892) e di al-Nasā’ī (m. 915), formano « i sei libri » canonici della sunna « sunnita ». Accanto ad esse esistono molte altre raccolte di minor valore. La sunna « sciita » compren-de solo quei hadīth della sunna « sunnita » utilizzati dagli Imam sciiti oltre ai loro scritti.

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muro di tanti mattoni, cioè di gruppi di versetti. Nel Corano la parola indica talvolta una parte della rivela-zione, non meglio specificata. L’attuale vulgata del Co-rano, chiamata vulgata di ‘Uthmān14, comprende 114 sure. I musulmani distinguono tra le sure rivelate alla Mecca, quelle rivelate a Medina e quelle rivelate nel cor-so di viaggi o spostamenti del Profeta. Dai hadīth sap-piamo che alcune sure furono rivelate di seguito, senza interruzioni, altre in modo differito, modalità detta tanjīm (struttura a stella), e altre ancora parallelamente.

Ogni sura è contraddistinta dal titolo (variabile nei diversi manoscritti o frammenti), che non è rivelato. In capo a ogni sura, eccetto la 9 che originariamente co-stituiva un tutt’uno con la 8, è posta la basmala (bi-smi llā r-rahmān r-rahīm, nel nome di Dio, il Clemente, il Compassionevole). Mentre alcuni commentatori la con-siderarono rivelata, numerandola come primo versetto della sura, altri, con maggior attendibilità storica, la considerarono non rivelata.

Secondo la tradizione islamica il Profeta, assistito da scribi e hāfiz (memorizzatori del Corano), nelle not-ti del mese di ramadan revisionava la rivelazione, rag-gruppando dei versetti su base tematica. Una o più se-

14 Con vulgata intendiamo il codice coranico fatto redigere e revi-sionare, secondo i musulmani, dal terzo califfo ‘Uthmān, regnante dal 644 al 656.

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re fra di loro, perciò sarebbe più opportuno chiamarli « appellativi », come suggerisce Déroche16. Ogni sura rappresenta una tappa della formazione, meglio, della istituzione del credente, che si appropria, consolida o si ri-appropria delle verità eterne e universali.

La riclassificazione delle sure secondo l’ordine cronologico

L’ordine delle sure della vulgata dunque non è quel-lo cronologico della rivelazione.

Gli ulema, in particolare i giureconsulti, alle prese con il problema di stabilire con esattezza la cronologia dei versetti giuridici abroganti e abrogati17, hanno pro-fuso molti sforzi al riguardo. Ibn al-Nadīm (m. 995), nel suo Kitāb al-Fihrist (L’indice) e Jamāl al-Dīn al-Suyūtī (1445-1505), nel Kitāb al-Itqān fī ‘ulūm al-Qur’ān (Il compendio delle scienze del Corano) sono le auto-rità musulmane di riferimento per la cronologia.

Anche gli occidentali hanno dedicato diversi studi alla riclassificazione delle sure coraniche, in particola-re Gustav Weil (1808-1889), capofila della scuola dei « quattro periodi della rivelazione », tre alla Mecca e uno a Medina; Theodor Nöldeke (1836-1930); Frie-

16 F. Déroche, Le Coran, PUF, Paris 20093, p. 27.17 Vedi cap. 4, pp. 89-91.

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drich Schwally (1863-1919); William Muir (1819-1905) e Richard Bell (1876-1952), il cui metodo innovativo di analisi non parte dalle sure costituite ma dalle « uni-tà di base » della rivelazione (uno o pochi versetti di una determinata sura), di cui mette in evidenza rima-neggiamenti, interpolazioni e traslazioni in sure pre-cedenti o successive.

Gli studiosi occidentali attuali si basano su uno schema cronologico della rivelazione che, accogliendo la tradizionale distinzione fra sure meccane e sure me-dinesi, suddivide la rivelazione meccana in almeno tre sottoperiodi, di cui il primo termina con l’emigrazio-ne di un gruppo di musulmani dalla Mecca in Etiopia (615-616), il secondo con lo scacco della predicazione di Muhammad a Ta’if (620), il terzo con l’emigrazio-ne dei musulmani a Medina (622).

I versetti e le sezioni

In lingua araba i versetti sono chiamati āyāt (pl. di āya), che significa « segni ». Il Corano chiama āyāt an-che i segni dell’unicità e dell’onnipotenza di Dio, nel-la creazione e nella storia. Pertanto tutto il Corano, nella sua interezza, è il segno prodigioso dell’Unico Onnipotente.

In vista della recitazione o lettura salmodiata, il Co-rano fu diviso in versetti, in base alla rima e all’asso-

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nanza. Lo stile e la lunghezza dei versetti varia: nelle sure del primo periodo18 sono brevi, rimati e ritmati, poetici, ricchi di simboli e metafore, mentre sono ge-neralmente lunghi e prosaici nelle sure medinesi. Tal-volta consistono in una sola parola, talvolta nella con-catenazione di più proposizioni.

Nei vari manoscritti o frammenti, a volte la suddi-visione in versetti è diversa e diverso è il loro numero complessivo. La vulgata di ‘Uthmān conta 6236 verset-ti, mentre nelle edizioni maghrebine i versetti sono 6600.

Il Corano è altresì diviso in sezioni di uguale lun-ghezza (7 manāzil, stazioni; 30 o 60 juz’ o hizb, frazio-ni), sia per la lettura, da compiersi in altrettanti giorni a seconda degli eventi e delle occasioni, sia per la me-morizzazione. Nella scuola coranica, il fedele inizia a memorizzare il Corano dalle sezioni più brevi, le ulti-me del testo della vulgata.

Ogni sura è inoltre suddivisa in paragrafi, rub‘, o quarti, segnati a margine.

Nella vulgata vi sono anche versetti traslati da una sura all’altra o inseriti tardivamente, per ordine del Pro-feta anche dopo la sua morte, affermano i musulmani; nella fase della redazione del testo, affermano gli stu-diosi occidentali.

18 Cfr. Cor. 74,1-7; 91,1-10; 99,104 e altre.

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Le lettere liminari

Numerose sure iniziano con gruppi di lettere, dette liminari, il cui significato sfugge sia ai dotti musulma-ni sia agli studiosi occidentali. Quattro sure, la 20, la 36, la 38 e la 50, prendono addirittura il titolo da que-ste misteriose lettere. Quindici delle ventotto lettere dell’alfabeto arabo sono preposte a ventinove delle 114 sure19.

Tante e disparate le congetture. La maggioranza dei commentatori musulmani afferma che il loro signifi-cato è noto a Dio, mentre pochi ritengono che l’esege-si debba legittimamente continuare a interrogarsi.

Il riformista islamico Rashīd Ridā20 ha enunciato la dottrina contemporanea ortodossa dell’interpreta-zione di queste lettere. Occorre:

- anzitutto privilegiare la dottrina classica del tafwīd (rimettersi a Dio) che esige l’umile ossequio della ragio-ne di fronte al mistero che Dio ha riservato a se stesso;

- rigettare l’interpretazione razionale, aberrante, di certi commentatori classici come Fakhr al-Dīn al-Rāzī21;

19 Si tratta delle sure: 2, 3, 7, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 19, 20, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 36, 38, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 50, 68.

20 Vedi cap. 4, pp. 106-108.21 Vedi cap. 4, pp. 85, 98.

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- respingere l’interpretazione cabalistica, di matri-ce ebraica, che associa un valore numerico alle lettere alfabetiche;

- riaffermare la tesi classica secondo cui le lettere li-minari sono un argomento a sostegno dell’inimitabi-lità (ī‘ jāz) del Corano;

- accogliere la tesi di alcuni commentatori moderni che, in queste lettere, ravvisano simboli di realtà attual-mente incomprensibili ma potenzialmente comprensi-bili in futuro, grazie al progresso scientifico.

Trasmissione del Corano e questioni letterarie

Dalla recitazione alla scrittura

La memoria ha un posto importante nella civiltà antica, i poeti e i loro trasmettitori dell’Arabia preisla-mica conservavano e recitavano a memoria le poesie, forma letteraria per eccellenza. Riguardo al Corano, sembra che alcuni trasmettitori avessero iniziato ad an-notare il testo, a sostegno della memoria. Ancora vi-vente Muhammad, apparvero i « lettori » (qurrā ’) del Corano, che lo apprendevano a memoria e lo recitava-no senza variazioni testuali, benché alcuni hadīth ri-portino che talvolta certi lettori recitavano « secondo il senso » e non « secondo la lettera ». Con il tempo, co-

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me preciseremo, nacquero diverse recitazioni e scuole di recitazione coraniche, dette « letture ».

Malgrado la decadenza morale di certi lettori, i di-sordini e le passioni politiche che arroventarono i primi due secoli dell’islam, gli ulema pensano che l’autentici-tà del Corano sia stata garantita dal rigore degli ambien-ti religiosi di Mecca e Medina. Tuttavia, nel X secolo sono note quattordici letture del Corano e ciò significa che, per oltre due secoli, furono tollerate varianti di let-tura sia nel rasm22 sia nella vocalizzazione (l’inserimen-to dei segni vocalici, dapprima inesistenti) del Corano.

Nell’Arabia preislamica le lettere alfabetiche veniva-no diversamente pronunciate a seconda dell’origine et-nica dei locutori. Lo conferma un hadīth, secondo cui il Profeta, con attitudine pedagogica, accettò le diverse lezioni del Corano, confidando che il tempo avrebbe condotto le tribù a una recitazione univoca, dopo aver familiarizzato con il dialetto meccano dei Quraysh. Nell’ultima « ricapitolazione » del Corano, poco prima della sua morte, secondo la tradizione musulmana, Muhammad avrebbe dato la recitazione definitiva, a cui si adeguò la vulgata.

22 Rasm (traccia, disegno, schizzo, maniera) designa lo scheletro consonantico della lingua araba. Il rasm di ‘Uthmān era privo di segni essenziali per una lettura univoca del testo, quali i punti diacritici con-sonantici, i segni di vocalizzazione, di geminazione, di pausa della vo-ce e non veniva scritta la consonante hamza.

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Indice

Introduzione pag. 5

1 Struttura del Corano » 9

Identità del Corano » 10 Denominazioni del Corano » 10 Corano e sunna » 12

Struttura del Corano » 13 Le sure » 13

La riclassificazione delle sure secondo l’ordine cronologico » 16

I versetti e le sezioni » 17 Le lettere liminari » 19

Trasmissione del Corano e questioni letterarie » 20 Dalla recitazione alla scrittura » 20 Lingua e vocabolario coranico » 23 Parole islamiche e parole « straniere » » 25 La recitazione del Corano » 27 Rime e ritornelli » 28

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2 Il Corano parla di se stesso pag. 30

I periodi della rivelazione coranica » 32 Temi coranici essenziali » 34 Dio e i suoi Bei Nomi » 34 L’uomo creatura e vicario di Dio » 38 Il Giudizio finale » 42 La salvezza » 44 La legge divina (sharī‘a) » 48 Versetti in evidenza » 52

3 La storia del testo coranico » 55

La storia del testo coranico secondo i musulmani » 55 La critica letteraria occidentale del testo coranico » 59 Gli elementi di coesione del testo » 60 I generi letterari del Corano » 60 Le « tessere » delle tradizioni religiose e storiche: hadīth e akhbār » 63 Le compilazioni delle akhbār » 64 Le tradizioni religiose o hadīth » 65 La storiografia primitiva islamica del testo coranico » 66 I frammenti manoscritti antichi del Corano » 66

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Le akhbār della storia del Corano pag. 67Esistevano scritti del Corano al tempo

di Muhammad? » 68 Chi fu il primo a scrivere il Corano? » 69 Al-Bukhārī e la tradizione canonica

della trasmissione coranica » 71 Le akhbār di Ibn Shabba: i codici concorrenti » 72

Le akhbār e i silenzi di Ibn Sa‘d » 73 Le akhbār di Sayf b. ‘Umar e le città

di guarnigione » 74 La distruzione dei documenti » 75 Le recensioni coraniche concorrenti » 76

Il ruolo del califfo omayyade ‘Abd al-Malik » 77

Due testimoni esterni » 78In conclusione » 80

4 Esegesi del Corano » 83

Questioni preliminari » 83 Versetti solidi e versetti allegorici » 83 Tafsīr e ta’wīl » 88 L’abrogazione (naskh) dei versetti

coranici » 89 Le circostanze della rivelazione

(asbāb al-nuzūl) » 91

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L’« inimitabilità » del Corano pag. 92 Parola di Dio « creata » o « increata » » 93 L’esegesi coranica classica » 94 La fase primitiva dell’esegesi coranica » 94 Lo sviluppo del commentario coranico » 95 L’esegesi coranica moderna » 102 Il rinnovamento esegetico » 102 La scuola salafita del Manār » 104 L’esegesi ideologica » 110 L’esegesi scientifica » 110 L’esegesi rivoluzionaria » 111 L’esegesi tematica » 115 La scuola moderna » 116 La storicità del testo » 121

Conclusioni » 127Bibliografia » 130

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La collana propone testi divulgativi sull’islam che trat-tano ciascuno un particolare aspetto della fede, della cultura, della società musulmana. Con serietà e preci-sione nelle informazioni ma semplicità nello sviluppo dei temi, intende fornire un valido supporto conosci-tivo a un pubblico ampio.

1. Augusto Negri, Corano. Identità e storia2. Silvia Scaranari, Jihād. Significato e attualità

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28E 1 € 11,00

Da quasi vent’anni l’opinione pubblica parla del Corano in discorsi, articoli, talk show. Essa percepisce confusamente che il Corano è il motore di cambiamenti o di stagnazioni di un grande segmento della società globale.

Il testo sacro dell’islam ora è difeso ed esal-tato, ora è vituperato e messo sotto accusa, ma con quanta cognizione di causa? Non possiamo esimerci dal saperne di più, anche in Italia, dove la comunità musulmana è numerosa.

Quindi cos’è il Corano? Di che cosa parla? Come si è formato? Come è giunto a noi? Qual è la sua interpretazione? Come ha ispirato e ancora oggi ispira la dottrina, la morale, la legge, la devozione, le società e le culture islamiche?

Augusto Negri, sacerdote, insegna Storia dell’islam presso la Facoltà Teologica e l’ISSR di Torino e l’Università Pontificia Salesiana. È cofondatore e direttore del « Centro Federico Peiro-ne » per il dialogo cristiano-islamico di Torino e consultore della Commissione Islam dell’Ufficio Ecumenismo e Dialogo della CEI. Fra le sue pubblicazioni: Islam (2007); con S. Scaranari Introvigne: I musulmani in Piemonte (2005); con B. Ghiringhelli: I matrimoni cristiano-islamici in Italia (2008).

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