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––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– 1 Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L. DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEGLI ALIMENTI E DEL FARMACO Corso di Laurea Magistrale in Farmacia APPLICAZIONI COSMETICHE DEI COMPONENTI DELLA CANNABIS SATIVA L. Relatore: Chiar.ma Prof.ssa PATRIZIA SANTI Laureanda: ELEONORA COMINELLI Anno Accademico 2017/2018

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEGLI ALIMENTI E DEL FARMACO

Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

APPLICAZIONI COSMETICHE DEI COMPONENTI DELLA CANNABIS SATIVA L.

Relatore: Chiar.ma Prof.ssa PATRIZIA SANTI

Laureanda:

ELEONORA COMINELLI

Anno Accademico 2017/2018

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Alla mia famiglia

Ai miei nonni

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INDICE

1. Introduzione

1.1. Tassonomia pag. 5

1.2. Morfologia pag. 8

1.2.1. Radice pag. 9

1.2.2. Fusto pag. 9

1.2.3. Foglie pag. 9

1.2.4. Infiorescenze pag. 9

1.2.5. Frutto pag. 11

1.3. Componenti della Cannabis pag.12

1.4. Coltivazione pag. 17

1.5. Storia pag. 21

1.6. Legislazione italiana pag. 27

1.7. Applicazioni pag. 29

1.7.1. Tessile pag. 29

1.7.2. Alimentare pag. 29

1.7.3. Medico-terapeutica pag. 32

1.7.4. Produzione di cellulosa pag. 33

1.7.5. Produzione di vernici, oli combustibili, biopolimeri pag. 33

1.7.6. Bioedilizia pag. 34

1.7.7. Produzione di energia pag. 34

1.7.8. Cosmesi pag. 34

2. Componenti estratte dalla Cannabis

2.1. Olio di semi pag. 36

2.1.1. Procedure di estrazione pag. 38

2.1.2. Caratterizzazione e composizione pag. 40

2.1.2.1. Acidi grassi pag. 44

2.1.2.2. Frazione insaponificabile pag. 46

2.1.3. Confronto con l’olio d’oliva pag. 48

2.1.4. Proprietà pag. 50

2.1.5. Stabilità e sicurezza pag. 56

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2.1.6. Formulazione pag. 60

2.2. Olio essenziale pag. 63

2.2.1. Composizione pag. 63

2.2.2. Proprietà pag. 68

2.2.3. Procedure di estrazione pag. 71

2.2.4. Applicazioni cosmetiche pag. 73

2.2.5. Altre applicazioni pag. 74

3. Prodotti in commercio

3.1. Bottega della canapa pag. 75

3.2. Alchimia natura pag. 76

3.3. Alcanda Skin Care pag. 77

3.4. La Saponaria pag. 78

3.5. Verdesativa pag. 78

3.6. Kialab pag. 79

4. Conclusioni pag. 80

5. Bibliografia pag. 81

6. Sitografia pag. 89

7. Ringraziamenti pag. 90

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1.1 Tassonomia

La tassonomia ufficiale identifica la Cannabis nella piccola famiglia delle

Cannabaceae (anche Cannabinaceae o Cannabidaceae), insieme solo al

luppolo o Humulus – appartenente all’ordine delle Urticales. Si tratta di una

pianta arbustiva inclusa nella classe delle Angiosperme – la cui classificazione

è stata nel tempo piuttosto articolata e oggetto di numerose controversie.

Figura 1. Tassonomia della Cannabis. Cannabis e danni alla salute - Aspetti tossicologici,

neuropsichici, medici, sociali e linee di indiritto per la prevenzione e il trattamento. Serpelloni

G; Diana M; Gomma M; Rimondo C. Dipartimento Politiche Antidroga. 20 gennaio 2011.

Capitolo 3

Il primo ad adottare il termine “sativa” fu il botanico tedesco Leonardt Fuchs

nel 1542, mentre fu Carlo Linneo (1770-1778) nel 1723 ad introdurre nella

sua pubblicazione “Species Plantarum” questo genere a pieni diritti nella

moderna nomenclatura botanica: egli lo considerava composto da una

singola specie indivisa, la Cannabis sativa L.

Successivamente, nel 1785, Jean-Baptiste Lamarck (1744-1829) avanzò una

tesi secondo la quale i ceppi provenienti dall’India si differenziavano da quelli

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europei, attribuendo alla nuova specie l’appellativo di Cannabis indica Lam.

(34,35,50,68,73).

Nel 1976 Small e Cronquist propongono nel libro “Pratictical and Natural

Taxonomy for Cannabis” l’esistenza di un unico raggruppamento,

riconducendo tutte le sottospecie alla “specie-madre” Cannabis sativa.

Solo recentemente, nel 2004, Hillig e Mahlberg, rimarcano nuovamente

l’esistenza di due specie del genere Cannabis: sativa, tipica dei Paesi

occidentali ed indica, tipica di India e Paesi limitrofi.

Ad oggi, la maggioranza dei botanici asseconda la classificazione del botanico

russo D. E. Janichewsky (1924), secondo il quale tale famiglia è composta da

tre specie principali: Cannabis sativa, Cannabis indica e Cannabis ruderalis.

Cannabis sativa: pianta alta, dalla forma piramidale e con foglie ben

distanti, idonea alla produzione di fibra e olio di semi

Cannabis indica: più bassa e con un numero maggiore di rami e foglie, ricca

di resina e THC (29,73,75).

Cannabis ruderalis: spontanea, tipica della Russia centrale, le sue

dimensioni la rendono appropriata per la coltivazione al chiuso, ma è meno

ricca di THC e CBD (50,79).

Per finalità forensi e legislative, la classificazione più importante è quella del

drug-type e del fiber-type, le quali si distinguono principalmente per il

contenuto di THC, componente psicotropo attivo, ossia tetraidrocannabinolo

e del suo precursore THCA o acido tetraidrocannabinolico: un elevato

contenuto è associato alla Cannabis terapeutica, uno scarso contenuto alla

Cannabis da fibra.

Tutte le varietà di Cannabis attualmente utilizzate per scopi medicinali

appartengono al tipo terapeutico, a causa del loro ingente contenuto di THC

biologicamente attivo, invece le tipologie di Cannabis non legate alla droga

sono conosciute anche con il termine “canapa” (34,50).

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Attualmente, secondo dati riportati dal Dipartimento politiche antidroga - in

base al contenuto in principio attivo - si può contare sull’esistenza di tre

chemiotipi:

chemiotipo 1: THC < 0.3% e CBD > 0,5%;

chemiotipo 2: THC > 0.3% e CBD > 0,5%;

chemiotipo 3: THC > 0.3% e CBD < 0,5%

Negli ultimi decenni, la varietà Cannabis sativa L. è stata ingiustamente

trascurata a causa della sua somiglianza con la varietà illegale di Cannabis

indica, nota come narcotico (1).

Il genere Cannabis si compone probabilmente di molte varietà: ne sono già

state descritte oltre 700 diverse e si presume ne verranno scoperte altre (30).

Figura 2. Disegno di Otto Brunfels, 1532. Cannabis and Cannabinoids, Pharmacology, Toxicology and therapeutic Potential.

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1.2 Morfologia

Autoctona di regioni asiatiche temperate, è diffusa a tutte le latitudini –

coltivata o spontanea – grazie alla sua predisposizione alla crescita in terreni

fertili, incolti e ben drenati. Il primo a considerare l’esistenza di varietà

coltivate e varietà spontanee fu Dioscoride - medico di Nerone - mentre

l’espansione planetaria è comprovata dall’esistenza di centinaia di

espressioni idiomatiche con cui è nota: il portoghese canhamo, l’iberico

canamo, il teutonico hamp, l’angolossassone hemp (50,55,61,68).

Predilige abbondanza di nutrienti ed acqua e ambienti aperti e soleggiati: i

bordi delle strade, le sponde di fiumi e i prati sono habitat ideali per la

Cannabis selvatica, in presenza di luce solare adeguata (30,32).

Solo raramente monoica, più comunemente dioica: organi maschili –

produttori di polline – e organi femminili – produttori di fiori e semi – si

trovano su piante diverse. È l’aspetto che permette di discernere in maniera

netta e pronunciata piante maschili da piante femminili: il sesso è

anatomicamente distinguibile solo dall’inizio della fioritura anche se le piante

maschili tendono ad accrescere in altezza, sacrificando le ramificazioni;

episodi di ermafroditismo si verificano unicamente in condizioni

particolarmente avverse.

È una pianta annuale caratterizzata da un ciclo naturale di vita breve: la

semina si esegue all’inizio della primavera e con una temperatura poco

superiore a 8-10°C in meno di sette giorni compaiono i primi germogli, la

fioritura si compie in estate inoltrata intorno ai 20° - al termine della quale

aumenta la produzione di terpeni - e la maturazione si raggiunge con

l’autunno a circa 15°C: la crescita completa dura 4-6 mesi (22,29,32,34,61).

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1.2.1 Radice

L’apparato radicale principale è a fittone e può raggiungere profondità fino a

2 metri se il terreno in cui cresce è ben permeabile: in questo caso sviluppa

anche sottili e fitte ramificazioni (6,33).

1.2.2 Fusto

Inizialmente ruvido, a seconda di vari fattori può raggiungere la maturità in

un range che va dai 30 cm fino ad altezze di 5 metri, fase nella quale

incrementa la sua robustezza e tenacia (30). Si caratterizza per la presenza di

una porzione fibrosa chiamata “tiglio” e di una legnosa detta “canapolo” (62).

Quando la crescita si realizza in masse fitte presenta rare ramificazioni poco

estese, diversamente si caratterizza di lunghi rami, dalla lunghezza analoga

allo stelo centrale (22) – il quale risulta più alto nelle piante maschio (16).

1.2.3 Foglie

Si aprono a ventaglio dal peduncolo. Inizialmente opposte, con l’inizio della

fioritura alterne. A punta, di colore verde scuro, intagliate, impari, picciolate,

palmate, ricoperte da foglioline lanceolate e dentellate. Si posizionano in file

ad uguale distanza intorno al fusto (22,30).

1.2.4 Infiorescenze

Nelle varietà dioiche i due sessi si posizionano nella porzione apicale dello

stelo, mentre nelle varietà monoiche, lo stelo accoglie l’infiorescenza

maschile nella parte centrale e quella femminile, maggioritaria, nella parte

apicale (11). La scelta di tali varietà ha ripercussioni qualitative e quantitative

sul prodotto finale – che sia seme o fibra – dovute al fatto che le piante

maschili, una volta rilasciato il polline dai fiori maturi, vanno incontro a morte

(32).

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Le infiorescenze maschili – staminifere - sono appese a grappoli liberi lungo

un ramo verticale privo di foglie (32), hanno ognuna cinque petali e cinque

stami. Possiedono un colore bianco-giallo (22). Giunte a maturazione

rilasciano il polline, il quale presenta dimensioni considerevolmente superiori

nelle varietà da droga (60). Essendo primariamente anemofila -

l’impollinazione avviene grazie al vento che trasporta polline ai pistilli

femminili, favorendo la fecondazione con conseguente formazione del seme

(34). La produzione di polline risulta molto copiosa: a partire da un unico

esemplare maschio possono essere liberati fino ad un milione di granuli

pollinici (80). In aggiunta il congelamento del polline garantisce la possibilità

di produrre semi fino a tre anni dal momento dell’operazione (32).

Le infiorescenze femminili – pistillifere – appaiono adunate in gruppi di 2-6

alle ascelle delle brattee, sono disposte a spighe e sono dotate di un calice

che circonda l’ovario, a cui sono legati due stigmi e due pistilli (29).

L’avvenuta fecondazione del pistillo dà il via alla formazione del seme. Un

esemplare femminile possente può produrre oltre 1 kg di seme, il quale

richiede dalle tre alle otto settimane di maturazione (34), dopo di che verrà

raccolto oppure costituirà prelibato cibo per uccelli o roditori, o ancora cadrà

a terrà, dove potrà germogliare la primavera successiva (32). Tuttavia secondo

Meier e Mediavilla, la fertilità dei fiori femminili si concentra in un lasso di

tempo molto fugace.

La brattea è rivestita di tricomi e ghiandole che secernono un’oleoresina gialla

ricca di composti attivi, in particolare THC. Colando sulle foglie vicine e

asciugandosi all’aria assume una colorazione dorata (30). La produzione di

resina protettiva conferisce una forma di difesa per la pianta (34) e la sua

secrezione è favorita soprattutto in climi caldi (82). I fiori femminili

rappresentano la porzione più potente della pianta: da essi si ottiene una

resina – che una volta essiccata – permette di ricavare le sostanze psicotrope,

esclusive di questa pianta. Producendo una quantità significativamente più

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elevata di composti psico-attivi rispetto a quelle maschili, le piante femminili

si prestano alla coltivazione per scopo ricreativo-terapeutico (34). In

particolare si ricorre a piante di sesso femminile non impollinate per

scongiurare un consumo energetico non necessario nella produzione di

seme, che di conseguenza pregiudica la resa ottimale di principi attivi (46).

1.2.5 Frutto

Il guscio duro e fibroso – detto achenio - normalmente contiene un solo seme

di piccole dimensioni (3-5 mm), preservandone il contenuto. Dal seme, liscio,

di forma ellittica (89) caratterizzato da un gradevole sapore di nocciola, è

possibile estrarre circa il 30% di olio (12) la cui composizione non differisce

significativamente anche tra varietà tra loro piuttosto differenti (64).

Figura 3. Seme di Cannabis - Hemp seed oil: A source of valuable essential fatty acids

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1.3 Componenti della Cannabis

Quasi nessuna pianta è stata protagonista di studi tanto quanto la Cannabis

sativa: sono oltre 10 mila gli articoli che svelano i suoi costituenti e le loro

proprietà biologiche (34), nonostante ricerca e applicazioni terapeutiche siano

state oggetto di limitazioni negli anni (7).

I componenti sono accumulati principalmente a livello dei tricomi (70). I

tricomi sono protuberanze epidermiche che coprono foglie, brattee e steli

delle piante e alcuni di essi, i tricomi ghiandolari, sono in grado di secernere

e immagazzinare metaboliti secondari come meccanismo di difesa (7). La

resina secreta dalle ghiandole contiene una varietà di costituenti, tra questi

si ritrovano i cannabinoidi, i terpenoidi e i flavonoidi. Sebbene i tricomi

possano essere trovati sia nelle piante maschili che femminili, sono

particolarmente concentrati sulle brattee che sostengono l'infiorescenza

femminile (34). Tuttavia, in piccole percentuali, i cannabinoidi sono stati

rilevati anche in altre porzioni della pianta come semi, radici e polline. Nello

specifico il livello nei semi e di conseguenza nell’olio di semi di canapa

dovrebbe essere molto basso in quanto derivante da varietà di sementi a

basso contenuto di sostanze psicoattive. Queste si ritrovano sulla superficie

esterna del frutto, probabilmente a causa della contaminazione a contatto

con foglie e fiori: è bene quindi prestare particolare attenzione alle procedure

successive di trattamento (7).

Si tratta di un vero e proprio tesoro di sostanze fitochimiche: sia la pianta che

i suoi prodotti pullulano di componenti attive esclusive. Attualmente sono

noti circa 538 suoi componenti, tra cui la classe più studiata è rappresentata

dai cannabinoidi detti anche fitocannabinoidi, considerati i principali

costituenti bioattivi della Cannabis, circa 90 dei quali riportati in letteratura.

Si tratta di composti terpeno-fenolici formati da 21 atomi di carbonio (22 per

le forme carbossilate). I prodotti predominanti sono THCA o acido

tetraidrocannabinolico e CDBA o acido cannabidiolico. Il primo è il principale

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cannabinoide della Cannabis di tipo farmacologico, mentre il secondo

predomina nella varietà da fibra (7,34).

Le loro proprietà farmacologiche si esplicano grazie all’interazione con il

sistema endocannabinoide umano, composto da due recettori accoppiati a

proteine G, ovvero CB1 e CB2 – i cui ligandi fisiologici sono l’anandamide o

arachidonil-etanol-amide e il 2-arachidonil-glicerolo. L’interazione si traduce

nella modulazione o nella regolazione di diversi processi endogeni come la

sensazione di appetito, la percezione del dolore, la variazione dell'umore, il

controllo dell'infiammazione, il metabolismo energetico e dei grassi (7).

Il Δ9-tetraidrocannabinolo (Δ9-THC) non è prodotto dal metabolismo della

pianta di Cannabis ma piuttosto deriva dalla decarbossilazione termica

(perdita di CO2) di THCA (34). E’ stato sintetizzato e isolato per la prima volta

nell'anno 1964. Costituisce il principale responsabile delle proprietà

psicoattive della pianta: la sua concentrazione è direttamente correlata alla

potenza degli effetti sul SNC della Cannabis, collocata tra gli psico-farmaci (84).

È quindi una delle rare piante la cui attività psicoattiva non è correlata a

particolari alcaloidi (34). Agonista parziale, possiede una maggiore affinità per

il recettore CB1, mediatore delle sue proprietà psicoattive. Oltre ad essere

presenti nel sistema nervoso centrale e in tutto il cervello, i recettori CB1 si

trovano anche sulle cellule immunitarie e in molti altri tessuti corporei,

mentre i recettori CB2 esercitano effetti immunomodulatori e regolano

Figura 4. Struttura chimica di THCA e THC - Comprehensive Natural Products II Chemistry and Biology, pag. 1040

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l'attività delle citochine. In realtà THC si lega a più bersagli molecolari:

presenta infatti potenti effetti antinfiammatori, antitumorali, analgesici,

rilassanti muscolari, antiossidanti e anti-spasmolitici. Non manca tuttavia un

corollario di effetti collaterali legati al THC tra cui ansia, deficit colinergici e

immunosoppressione. Rientra tra i composti più apolari ad oggi sfruttati

terapeuticamente.

Il CBD deriva della decarbossilazione termica di CBDA ed è stato sottovalutato

per molti anni rispetto al THC; in realtà esercita un ruolo protettivo

consolidato riducendo gli effetti collaterali di THC e aumentando di

conseguenza la sicurezza dei preparati a base di Cannabis.

Per giunta ha dimostrato notevoli proprietà anti-fungine e anti-batteriche,

specialmente su un batterio peculiare: lo Staphylococcus aureus meticillino-

resistente (MRSA).

Per tutte queste ragioni, la comunità scientifica è molto interessata a

sfruttare il potere farmacologico della Cannabis: recentemente sono stati

ingegnerizzati microrganismi per produrre THCA e CBDA (7).

Gli attuali trattamenti terapeutici a base di cannabinoidi sono limitati a casi

particolari, come la spasticità associata a sclerosi multipla in pazienti adulti,

come anti-emetici in associazione a terapie antitumorali e per stimolare

l'appetito nei pazienti con anoressia AIDS-correlata.

Figura 5. Struttura chimica di CBDA e CBD – Comprehensive Natural Products II Chemistry and Biology, pag. 1040

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Altri componenti non hanno nulla da invidiare ai precedenti, perché dotati di

altrettante proprietà caratteristiche: i terpeni costituiscono il più ampio

gruppo di sostanze fitochimiche, se ne contano infatti più di un centinaio nella

Cannabis e sono i principali responsabili dell’aroma della pianta. In base al

numero di unità isopreniche vengono classificati in monoterpeni, dotati di 10

atomi di carbonio, sesquiterpeni a 15 atomi di carbonio, diterpeni a 20 atomi

di carbonio e triterpeni a 30 atomi di carbonio. Risultano suscettibili alla

degradazione in occasione dello stoccaggio e dell’estrazione e sono ritenuti i

principali metaboliti secondari (7). Principalmente sono prodotti a livello dei

tricomi, sito condiviso con i cannabinoidi (53). Sempre insieme a questi ultimi,

vengono applicati con successo come marcatori chemio-tassonomici (68) e

agiscono in sinergia: ad esempio da una parte i terpeni conferiscono

all’essudato la viscosità necessaria per favorire la cattura degli insetti,

dall’altra i cannabinoidi esercitano ruoli di difesa come insetticidi (7). Grazie

al loro aroma, oltre a respingere quelli predatori, sono in grado anche di

attrarre insetti impollinatori. L’unione dei terpeni distillati nell’olio essenziale

conferisce l’aroma delle piante di Cannabis, dal momento che i cannabinoidi

risultano inodori (34).

I composti fenolici svolgono un’azione antiossidante, conferendo alle piante

una protezione dallo stress ossidativo. Tra questi flavoni e flavonoli nell’uomo

esercitano una vasta gamma di effetti biologici – in parte condivisi con terpeni

e cannabinoidi - come quelli anti-infiammatori, anti-cancro e neuro-

protettivi, mentre i lignani mostrano proprietà anti-ossidante, anti-virale,

anti-diabetica, anti-cancro e anti-obesità (7). Nella Cannabis sono stati finora

scoperti 23 flavonoidi. Oltre ai fiori – nei quali coprono circa il 2,5% del peso

secco – si ritrovano nelle foglie, nel polline e nel seme in fase di germinazione.

Prestano il loro contributo partecipando a molti ruoli fisiologici, uno tra tutti

la pigmentazione delle infiorescenze – indispensabile per attrarre insetti

impollinatori, non per nulla il termine “flavonoidi” deriva dal latino “flavus”

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che significa “giallo”. Gli

unici esclusivi della

Cannabis sono le

cannaflavine A e B. Questi

due flavonoidi si

distinguono per una

particolarità: la loro

biosintesi è così strettamente

correlata a quella dei cannabinoidi, al punto che, se la produzione di questi

ultimi da parte della pianta viene meno, sono i primi a risentirne (49).

Inoltre sono stati finora individuati 27 composti contenenti azoto, di cui 10

sono stati identificati come alcaloidi; i principali sono colina, neurina e

muscarina (34); carboidrati divisi tra 13 monosaccaridi (fruttosio, glucosio e

galattosio i principali), 2 disaccaridi (saccarosio e maltosio) e 5 polisaccaridi

(cellulosa, emicellulosa e pectina i principali). Sono stati riconosciuti anche 33

acidi grassi, prevalentemente insaturi, nell’olio di semi di canapa, 50

idrocarburi, 7 alcoli semplici tra cui metanolo ed etanolo, 12 aldeidi tra cui

l’acetaldeide, 13 chetoni tra cui l’acetone, 21 acidi tra cui l’acido arabinoico,

l’acido azelaico e l’acido gluconico, vitamine e pigmenti colorati (46).

Figura 6. Struttura chimica delle Cannaflavine A e B - Comprehensive Natural Products II Chemistry and Biology, pag.1063

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1.4 Coltivazione

Figura 7. Fotografia di una coltivazione di Cannabis sativa situata nella campagna cremonese

È forse una delle più antiche colture coltivate dall’uomo (47). Si ritiene che sia

stata lavorata per la prima volta in Cina tra 4000 e 6000 anni fa e durante la

storia venne sfruttata principalmente per ottenere fibre e olio. In Italia

rappresentava una coltura tradizionale (18) e in un passato non molto lontano

la nostra nazione occupava il secondo posto come produttore mondiale per

quantità - seconda solo alla Russia – e prima per l’eccellenza di prodotti

ottenuti. Al contrario di oggi, dove può essere lavorata rivolgendosi

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all’industria per sostenere le fasi post-raccolta, richiedeva una forte

manodopera: gli agricoltori dovevano occuparsi non solo della lavorazione

ma anche addossarsi onerosi impegni legati alle procedure successive, che

risultavano lunghe e faticose (45). A seguire ecclissata con un divieto imposto

a decorrere dal 1980, solo dal 1996 l’Italia ha riaperto le porte alla sua

coltivazione, a condizione che le varietà applicate contengano meno dello

0,2% di THC (18). La sua concentrazione può variare a seconda di diversi fattori

che influiscono sulla crescita della pianta, tra cui fertilità del suolo, clima,

temperatura, tempo di raccolta e luminosità. Nella varietà da droga il

contenuto di Δ9-THC può variare da 0,5% a 40% (84).

Le colture destinate alla produzione di fibre e semi si basano su varietà

monoiche (con fiori maschili e femminili sulla stessa pianta), adottate anche

quando la coltivazione è rivolta ad ottenere esclusivamente i semi, in quanto

questa tipologia di piante tende a non raggiungere altezze eccessive,

agevolando le operazioni di raccolta. Rispetto alla fibra, la produzione del

seme necessita di una persistenza maggiore della pianta in campo,

richiedendo successivamente meno difficoltà dal momento che il seme si

rivela il prodotto più facile da lavorare e da distribuire (45).

Si rivela una coltura eco-compatibile che non obbliga a trattamenti con biocidi

né fertilizzanti (77). Può anche non essere concimata – specialmente in terreni

adibiti alla coltivazione del mais, non esige irrigazione se il terreno è

permeabile consentendo un adeguato apporto di umidità, non ha nemici

importanti, grazie alla produzione da parte della pianta stessa di sostanze

insetticide e battericide: per tutti questi motivi il raccolto tende ad essere

soddisfacente (27,45). Offre quindi un alto rendimento con basse esigenze (2).

Si adatta alla maggior parte dei terreni, ma predilige quelli soffici, profondi e

permeabili (22). Un contenuto relativamente importante di argilla

rappresenta invece un ostacolo perché rende il suolo eccessivamente

compatto, favorendo l’accumulo di acqua nei pressi delle radici, condizione

incompatibile con la sua sopravvivenza (45). La morbidezza del terreno è un

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

elemento chiave per garantire una certa profondità da parte delle radici,

fondamentali per l’approvvigionamento di nutrienti (26).

Dal momento che mal sopporta i primi freddi invernali e non sopravvive in

ristagni intensi di acqua, il periodo migliore per procedere con la semina si

rivela tra il mese di marzo e il mese di aprile. La raccolta si realizza – secondo

vincoli stabiliti da disposizioni europee – quando almeno il 50% del seme è

giunto a maturazione, la quale prende il via circa un mese dopo la

fecondazione. È considerato inopportuno procrastinare abbondantemente

l’operazione in quanto una volta formati, i semi sono propensi a cadere senza

difficoltà a terra (45).

Adatta a facilitare la ripresa delle rotazioni agrarie, apporta benefici a suoli

impoveriti dalle monocolture: concede una considerevole fertilità residua e

arricchisce con una ragguardevole quantità di biomassa. L’accezione “terra di

canapa” stava ad indicare un terreno particolarmente fertile. Tra le altre

colture, è sicuramente il frumento quello che trae i maggiori vantaggi da

questa condizione. Un’altra proprietà importante è la sua capacità di

fitoestrazione: si offre per ripulire suoli particolarmente inquinati dalla

presenza indesiderata di metalli pesanti (27,45).

È possibile trovarla in tutte le zone temperate; possiede spiccate capacità di

adattamento ai più svariati climi grazie alla rapidità del suo ciclo vitale e alla

pluralità di varietà reperibili, anche se il più vantaggioso sembra essere quello

caldo-umido (34,45).

Discorso in parte analogo per l’olio essenziale, uno dei tanti prodotti ricavabili

dalla canapa, ricco di composti volatili isolati mediante tecniche come la

distillazione in corrente di vapore.

Si tratta, in realtà, di un prodotto di nicchia, la cui produzione è ad oggi

piuttosto rara. Diverse condizioni influenzano la resa delle infiorescenze e

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

quindi di conseguenza quella in olio essenziale, tra queste il tempo di raccolta,

la densità delle piante e l’impollinazione. Per ottenere una resa in olio elevata,

è bene attendere che almeno il 50% dei semi abbia raggiunto la maturità

prima di procedere alla raccolta, mentre se l’obiettivo è la migliore qualità

possibile di profumo, bisogna dunque intervenire tra la fioritura femminile e

la maturazione del seme, anche se il momento ideale per questo secondo fine

è conveniente venga stabilito varietà per varietà.

Per quanto riguarda la densità delle piante, quella ideale corrisponde alla

stessa richiesta per ottenere una massima resa dall’infiorescenza, pari a circa

15 piante al metro quadro o 5 kg di seme per ettaro; dal momento che la

sintesi dell’olio essenziale e dei suoi componenti si realizza nelle stesse

ghiandole resinose dove vengono prodotti i cannabinoidi, situate a livello

delle brattee che circondano ogni fiore femminile, una strategia opportuna

per massimizzare la resa consiste nell’aumentare la quantità dei fiori stessi.

Questa tecnica è realizzabile prevenendo l’impollinazione – quando possibile

– che oltre a ciò assicura contemporaneamente rendimenti cospicui in olio

essenziale. Tale procedura è facile da concretizzare in una serra, ma

praticamente irrealizzabile in campo, essendo l’impollinazione imprevedibile

in quanto anemofila.

Circa le condizioni climatiche, un fattore limitante è rappresentato

dall’abbondanza di piogge che, danneggiando i tricomi ghiandolari,

penalizzano la resa; inoltre influiscono negativamente sulla produzione

dell’olio essenziale essendo idrosolubile. Al momento non è ancora chiaro se

l’ora del raccolto abbia un qualche effetto sul rendimento. Per quanto

concerne le varietà, quelle dioiche sono preferite a quelle monoiche.

Infine, se per l’estrazione si adotta la distillazione in corrente di vapore è più

opportuno raccogliere i fiori e separarli dai gambi a mano, dal momento che

la scelta di affidarsi ad una tecnica automatizzata si traduce in una riduzione

di qualità dell’olio essenziale (51,53).

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

1.5 Storia

La storia millenaria della Cannabis si accosta attraverso un’intima ed

intrecciata relazione a quella del genere umano, accompagnando l’umanità

sin dai suoi albori, in una sorta di “coevoluzione” (47,65). E’ considerata una

delle piante più antiche e versatili: Fornendo un alimento nutriente dal suo

seme, una fibra resistente dal suo gambo e una medicina efficace dal suo fiore

e dalle sue foglie, la Cannabis ha contribuito allo sviluppo umano come

nessun'altra specie di pianta (13). Studi affermano che il suo uso risale al XXVIII

secolo a.C. (77), tuttavia già nella preistoria l’essere umano ricorreva a questa

pianta per ricavare reti dalla sua fibra vegetale al fine di rendere agevole la

cattura degli animali, preservate nel tempo come resti fossili da oltre 20 mila

anni (12).

Originaria dell’Asia Centrale - in un’area che si estende dal Nord-Ovest

dell’Himalaya alla Cina – è proprio in quest’ultimo paese dove riceve

un’attenzione particolare (50).

L’uso come medicinale fu riportato nel II secolo a.C. dalla farmacopea più

antica del mondo – il pen-ts’ao ching – per trattare “dolori reumatici,

stitichezza intestinale, disturbi dell’apparato riproduttore femminile, malaria”

basandosi su vicende tramandate oralmente riguardanti l’imperatore Shen-

Nung, vissuto nel corso del XXVIII secolo a.C. (73). Sempre nel II secolo, il

fondatore della chirurgia cinese Hua T’o ne indicava l’uso anestetico durante

le operazioni chirurgiche se mescolata al vino. Reperti archeologici e storici

riportano il suo utilizzo anche per la coltivazione di fibra, da cui ottenevano

corde, tessuti e manufatti di carta, a partire dal 4000 a.C.

I più antichi documenti esistenti che descrivono l'uso di semi di canapa come

alimento e per scopi medici provengono dalla Cina: stelo, foglie e semi sono

stati trovati in tombe risalenti ad oltre 4500 anni fa.

Confrontando le caratteristiche morfologiche e anatomiche dei resti vegetali

è stato dimostrato combaciassero alla quelli della Cannabis (37).

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

In India, la pianta ha avuto larga diffusione, sia per pratiche terapeutiche sia

per cerimonie sacre – a giustificare lo stretto legame intrecciato con la

religione che ne decantava le virtù sacre. Testi sacri indiani come l’Atharva

Veda intorno all’anno 1000 a.C. la esaltavano come “fonte di felicità,

donatrice di gioia e portatrice di libertà.” Le indicazioni a scopo terapeutico

erano innumerevoli, dalla funzione analgesica a quella antibiotica, diuretica,

espettorante, ipnotica, antispasmodica, tranquillante e anestetica.

Nell’antico Egitto scritti rinvenuti testimoniano che era conosciuta fin

dall’epoca della V dinastia, intorno al 2350 a.C; eppure il più antico esempio

di Cannabis come rimedio risulta inserito nel Papiro Ramesseum III, datato

1700 a.C.: “un trattamento per gli occhi a base di sedano e canapa, è

macinato e lasciato nella rugiada durante la notte. Entrambi gli occhi devono

essere lavati con esso la mattina presto” – suggerendo un potenziale

parallelismo nel suo possibile utilizzo come anti-infiammatorio. Nel papiro

Ebers vengono elogiate le sue proprietà come “anti-infiammatorio per

l’utero, antiparassitario ed ingrediente in impacchi per ferite”. Oltre che come

medicamento veniva gradita come fonte di fibre.

Dall’Egitto la pianta iniziò a mettere radici in tutta l’Africa, nelle cui regioni

sub-sahariane si stima essere presente da almeno 2000 anni. Altri studi (35)

suggeriscono sia conosciuta in questo continente dal XV secolo, introdotta

probabilmente da commercianti arabi, in qualche modo in contatto con

l’India. Ciò è suggerito dalla similitudine tra termini adottati per riferirsi a

modalità di preparazione della pianta, giustificando così l’influenza di un

paese sull’altro. In Africa era sfruttata come medicamento “per morsi di

serpente, per facilitare il parto, per la malaria e la febbre”.

In Europa la Cannabis sembrerebbe essere giunta prima dell’era cristiana: fu

per merito di invasioni da parte di tribù nomadi di Sciti, originari dell’Asia

centrale, che ne gradivano particolarmente l’uso. Una testimonianza fornita

da Erodoto d’Alicarnasso (484-425 a.C.) nel 450 a.C descrive un rito scita

scrivendo “accendono un falò, si siedono intorno ad esso, gettano il frutto sul

fuoco e inalano il fumo che si solleva dalla combustione” (…) “poi gettano più

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

frutti sul fuoco e diventano così ancora più intossicati, finchè alla fine si

alzano, ballano e cantano”. Affermazioni in seguito confermate da

ritrovamenti archeologici di semi bruciati in tombe di Sciiti tra la Siberia e la

Germania. Intorno al 1150 a.C. furono i musulmani ad introdurre in Europa,

prima in Spagna e poi in Italia, la fabbricazione della carta di Cannabis. Libri

scritti in questo periodo riportano molte descrizioni della pianta, mentre i

riferimenti sull’uso medico sono ancora limitati (73,89).

In occidente diverse testimonianze provengono dall’epoca greco-romana.

Omero nella sua Odissea cita una bevanda con il nome di “nephente”, la quale

in realtà era a base di hashish – resina con un contenuto di THC compreso tra

3 e 7%. Galeno invitava a servirsene durante i banchetti per “produrre gioia e

felicità”. La prima illustrazione botanica mai divulgata in occidente proviene

da una delle opere di Dioscoride, medico di Nerone, datata 512 d.C. In

precedenza, Plinio il Vecchio (23-79 d.C) nel suo Naturalis Historia ne

promuove l’uso “per curare emicrania e costipazione”, oltre ad indicare che

“vele e cordame delle navi romane erano intessute di canapa”. I Romani infatti

ne fecero largo uso per le corde delle loro navi (29,61).

Scorrendo lungo la linea del tempo, durante tutto il primo millennio dopo la

nascita di Cristo la Cannabis è ritenuta un famoso rimedio per molte malattie

diffuse in Europa. Nel Medioevo fu proibita in Spagna alla fine del VII secolo

e in Francia nell’VIII con accuse di stregoneria volte a chi ne faceva uso (37).

L’effettiva introduzione nella medicina occidentale si realizzò a metà del XIX

secolo, dove ebbero grande impatto le pubblicazioni del medico irlandese

William B. O’Shaughnessy e dello psichiatra francese Jacques-Joseph Moreau.

Il loro contributo fu significativo: il primo, venuto a contatto con la Cannabis

in India dove prestava servizio, sperimentò con successo sue preparazioni e

pubblicò un’opera suggerendo indicazioni per “reumatismi, convulsioni,

spasmi muscolari di tetano e rabbia”. All’epoca vi erano scarse opzioni

terapeutiche circa il trattamento di malattie infettive. Moreau – colpito dagli

effetti sorprendenti della sostanza - decise di applicarla in diversi preparati e

dopo un’accurata auto-sperimentazione, curò i pazienti di un manicomio,

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

descrivendo gli effetti positivi della Cannabis come calmante, stimolante

dell’appetito, analgesico, rilassante muscolare. Grazie quindi agli studi di

O’Shaughness in Inghilterra e di Moreau in Francia, l’intesse per l’uso

terapeutico accrebbe vertiginosamente da lì nel resto d’Europa fino

all’America – dove ebbe luogo nel 1860 la prima conferenza clinica sulla

Cannabis. Oltre a ciò in Francia le sue proprietà psicoattive si diffusero

rapidamente negli ambienti artistici del tempo, frequentati da famosi poeti e

scrittori come Victor Hugo, Honorè de Balzac, Charles Baudelaire (65,89).

Anche gli scienziati Giovanni Poli, medico e direttore della rivista scientifica

“Chimica applicata alla medicina” e Carlo Erba, fondatore dell’omonima casa

farmaceutica – intorno al 1850 - ne provarono gli effetti su loro stessi e

diffusero informazioni sulla sostanza provenienti dal mondo scientifico

internazionale. Quest’ultimo fu anche il primo a vendere in Italia preparati a

base di canapa indiana: avviò infatti la produzione di caramelle e sciroppi a

base di Cannabis (76).

Ma tra la fine del 1800 e dagli inizi del 1900 in poi, una serie di circostanze

storico-politiche convergenti, generarono un clima di ostilità intorno alla

Cannabis. Il primo paese ad imporre leggi proibizioniste fu l’Egitto dove la

coltivazione venne vietata fin dal 1879. Bollettini medici americani la

dichiarano “la più pericolosa sostanza mai apparsa” (61). Inoltre l’estrema

variabilità nell’efficacia dei diversi campioni di pianta si traduceva nella

difficoltà ad ottenere effetti replicabili; all’epoca, non essendo ancora

conosciuta la struttura chimica del principio attivo, si ricorreva a tinture o

estratti – la cui potenza era subordinata a diversi fattori. In aggiunta con

l’avvento della siringa ipodermica venne favorito l’uso iniettabile dei derivati

dell’oppio, in particolare della morfina; diverse sostanze sintetiche fecero il

loro ingresso sul mercato costituendo un’alternativa vantaggiosa in termini di

stabilità e di convenienza per il trattamento delle principali indicazioni della

Cannabis: come analgesico l’aspirina, come sedativi e narcotici il cloralio

idrato e i barbiturici. Infine furono sviluppati anche vaccini contro varie

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

malattie infettive, come il tetano. Per tutti questi motivi l’interesse medico

verso la Cannabis iniziò ad attenuarsi (89).

Nel 1925 venne circoscritto l’utilizzo di canapa, se non per motivi terapeutici.

In Italia la fiorente coltivazione dei primi anni del ‘900 subisce un freno con

l’entrata in vigore della legge Mussolini - Oviglio del 1923. Come risultato

della propaganda razzista del Federal Bureau of Narticotic (FBN), nel

continente americano, il 14 Giugno 1937 per un insieme di motivi estranei

alla scienza e alla pratica medica, il presidente Roosevelt firmò il “Marijuana

Tax Act” – legge sull’imposizione fiscale: non erano espressamente vietati il

consumo o la coltivazione ma l’impiego era subordinato al pagamento di

tasse elevate, all’ammontare diverso a seconda l’uso fosse medico o meno,

rendendo di fatto improponibile il suo utilizzo. Inizia così il proibizionismo

commerciale. In risposta a ciò, nel 1941 la Cannabis fu rimossa dalla XII

edizione della farmacopea statunitense e da lì a poco molti paesi seguirono

l’esempio (29,34,89).

Nel 1961 la “Single Convention on Narcotic Drugs” si propose di allargare il

controllo, riservato nel primo accordo solo a oppio, coca e loro derivati, anche

alla Cannabis e a composti con effetti simili, nell’intento di limitare il

possesso, l’uso, il commercio, l’importazione, l’esportazione e la produzione

delle sostanze stupefacenti esclusivamente all'uso medico e scientifico. Inizia

il proibizionismo moderno. Il testo verrà approvato dalle Nazioni Unite e

firmato da 183 paesi, entrando in vigore nel 1975 (29).

Tuttavia la ricerca scientifica non si arrestò mai totalmente, tanto che gli

scienziati Yehiel Gaoni e Raphael Mechoulam in Israele identificarono per la

prima volta la struttura chimica del Δ-9THC. Siamo nel 1964. Veniva così

guadagnata la possibilità di sintetizzare i suoi costituenti, riaccendendo i

riflettori sulle sue potenzialità: nei primi anni ’70 il numero di pubblicazioni

raggiunse il suo picco.

Facendo un passo indietro, se fino agli anni ’50 il consumo di Cannabis negli

Stati Uniti era limitato ai quartieri dei neri, dagli anni ’60 anche l’uso ricreativo

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

si intensificò, spandendosi capillarmente tra i giovani in tutto il mondo

occidentale, con un’impennata dal 5% del 1967 al 64% in soli quindici anni.

Negli anni ’90 – con la scoperta del sistema endocannabinoide umano –

l’interesse per questa pianta venne rinnovato (89). Contemporaneamente

venne reintrodotta in Europa la sua coltivazione, grazie anche ad un

contributo da parte dell’Unione Europea e di aiuti governativi per favorire il

progresso nelle fasi post-raccolta (45).

All'inizio del 2005, un laboratorio farmaceutico multinazionale ha ricevuto

l'approvazione in Canada e ha chiesto l'autorizzazione nel Regno Unito e

nell'Unione Europea per commercializzare un farmaco – il Sativex - il cui

principio attivo è una preparazione vegetale costituita da una miscela di due

estratti della Cannabis sativa, il cannabidiolo (CBD) e delta-9-

tetraidrocannabinolo (THC), indicato per il sollievo da dolore neuropatico

nella sclerosi multipla (89). Nel frattempo diversi paesi hanno rivisto la loro

politica sulla Cannabis, riaprendo le porte alle sue applicazioni e addirittura

in alcuni casi alla totale legalizzazione (65).

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

1.6 Legislazione italiana

La prima azione repressiva nei confronti della canapa indiana in Italia è

contenuta nella legge Mussolini-Oviglio del 18 febbraio 1923 - riguardante il

controllo delle droghe. (76). Veniva considerata “nemico della razza, droga da

negri” (61). L’eco delle restrizioni legali imposte dal Marihuana Tax Act (1937)

generarono una pessima reputazione nei suoi riguardi e di lì a poco oltre che

dalla farmacopea americana, la Cannabis venne depennata anche da quella

della maggior parte dei paesi occidentali. Nel 1961 tra gli stati che firmarono

il testo stipulato durante la convenzione unica delle sostanze stupefacenti

c’era anche l’Italia. Qualche anno dopo, nel 1975, l’allora presidente del

consiglio Cossiga firmò una legge contro gli stupefacenti (5).

Il 18 luglio 2006 un’ordinanza ministro della salute autorizza «l’importazione

di medicinali a base di delta-9-THC o trans-delta-9-THC per la

somministrazione, a scopo terapeutico, in mancanza di alternative

terapeutiche, a pazienti che necessitano di tali medicinali».

Pochi anni fa, esattamente nel 2014, a causa di difetti nella sua approvazione,

è stata definita incostituzionale la legge Fini-Giovanardi – ordinamento

responsabile fino a quel momento di un numero ragguardevole di arresti – la

quale contrariamente alla precedente, poneva in contrapposizione il

consumo personale dallo spaccio e non distingueva tra droghe leggere e

droghe pesanti – considerando Cannabis e derivati sprovvisti di attività

terapeutica. Sempre nello stesso anno sono state apportate modifiche al

“Testo unico”, concernente disposizioni su sostanze stupefacenti e

psicotrope, ribadendo l’illegalità nella coltivazione della Cannabis per un fine

diverso da quello agro-industriale. Infine il decreto Lorenzin (2015) ha rivisto

i punti relativi all’uso soggettivo e ha ridefinito la tabella delle sostanze

stupefacenti – senza modificare la classificazione della Cannabis ai fini della

prescrivibilità in ambito medico e terapeutico – considerato legittimo in Italia

(81).

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Fino al 2013 in Italia, secondo il DM del 1997, era possibile solo l’importazione

di specialità contenenti cannabinoidi, come il nabilone e il dronabinolo,

specialità indicate nel controllo dell’emesi associata alla chemioterapia e alla

stimolazione dell’appetito in pazienti con perdita di peso AIDS correlata. Il

DPR 309 del 1990 è stato revisionato nel 2013 in un DM e inserisce nella

sezione B della tabella II medicinali di origine vegetale a base di Cannabis

(sostanze e preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture) e autorizza

l’utilizzo terapeutico non solo del ∆-9-tetraidrocannabinolo, ma anche dei

prodotti vegetali che lo contengono: è una svolta per l’utilizzo medicinale

della Cannabis in Italia: i medici iniziano a prescriverla – dietro consenso

informato – e le farmacie a dispensarla – dietro presentazione di ricetta

medica non ripetibile (29).

Come riporta il testo: “(…) nella tabella I allegata al testo unico sono inclusi i

preparati attivi della Cannabis e nella tabella II, sezione B, sono incluse le

sostanze delta-9-tetraidrocannabinolo e trans-delta-9-tetraidrocannabinolo

o dronabinol, che possono essere impiegate come medicinali (…)

Discorso diverso per la coltivazione industriale, che non è mai stata

esplicitamente soggetta a divieti di legge. Negli anni successivi alla legge

Cossiga gli ultimi ettari coltivati con la canapa nel nostro Paese scompaiono

(5). Le spinte proibizioniste proveniente dagli Stati Uniti, combinate

all’introduzione sul mercato di fibre sintetiche e all’emergente affermarsi

dell’industrializzazione, portarono l’Italia verso un progressivo abbandono

della canapa da fibra intorno alla metà del secolo scorso. I tentativi di ripresa

compiuti tra gli anni ’70 e gli anni ‘90 furono osteggiati da episodi di

impropria interpretazione delle leggi antidroga – causa del sequestro di

coltivazioni di canapa da seme o da fibra – generando così un clima di

incertezza e ambiguità – che ha portato il ministero delle politiche agricole e

forestali del governo italiano, nel dicembre 1997, a muovere un primo passo

di apertura con la pubblicazione di una prima circolare contenente

“disposizioni relative alla coltivazione della Cannabis sativa L.” , seguita da

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

una seconda, nel 2002, che consentiva la coltivazione di sementi certificate,

comprese tra varietà ammissibili, con un limite massimo di THC fissato allo

0,2%, il tutto agevolando una concreta se pur timida ripresa della produzione

(81). Da poco, esattamente il 14 gennaio 2017 è entrato in vigore un

provvedimento che incoraggia la filiera agro-industriale, attraverso

disposizioni come una maggior tolleranza sulla concentrazione ammessa di

THC, che sale al 0,6% - giustificata dal fatto che determinate condizioni

ambientali favoriscono una maggior produzione di principio attivo da parte

della pianta – e l’abolizione dell’obbligo di segnalare entro una certa scadenza

l’avvenuta semina di varietà di canapa certificate - con contenuto di THC al

massimo dello 0,2% - al più vicino comando delle forze dell’ordine, snellendo

di conseguenza i vincoli che i coltivatori devono corrispondere (Gazzetta

ufficiale).

Una specifica sul contenuto limite di THC – normalmente assente nel seme –

per quanto riguarda l’uso alimentare, è stata invece omessa nella circolare

divulgata nel maggio 2009, attinente “la produzione e la commercializzazione

di prodotti a base di semi di canapa per l’utilizzo nei settori dell’alimentazione

umana”, sottolineando che “la possibilità di rilevarne tracce nei prodotti di

lavorazione (farine e oli) è esclusivamente dovuta a contaminazione di organi

fiorali e all’adozione di inidonee pratiche di mondatura del seme”. Tuttora non

esiste un riferimento preciso.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

1.7 Applicazioni

Da questa pianta è possibile ricavare un’innumerevole varietà di prodotti –

ragione per cui dopo essere stata ecclissata per lungo tempo, oggi si assiste

ad una rinascita (7).

Per l’uomo costituisce una risorsa straordinaria dalla notte dei tempi. La sua

versatilità la rende applicabile in diversi settori (59): della canapa non si spreca

nulla, per questo si presta per mille utilizzi. Diversi studi (18,23,88) dimostrano

che l’interesse nei suoi confronti, radicato da tempo immemore, è

notevolmente aumentato nell’ultimo decennio per la sua molteplicità di usi.

Viene considerata eco-compatibile e multifunzionale (40), potenzialmente

adattabile a diversi scopi.

1.7.1 Tessile: all’inizio del Novecento l’Italia occupava il secondo posto nella

classifica mondiale di produttori di canapa tessile (81). La sua fibra –

storicamente utilizzata - era tra le più durevoli e tenaci (34) e poteva essere

trasformata in tele, corde, vele, reti (13), utilizzate ad esempio dai pescatori

perché inalterabili all’acqua salata sia al tempo dei faraoni che dei fenici (31) -

ma anche tessuti per abbigliamento, eccezionali perché di lunga durata,

anallergici, traspiranti e termo-isolanti (81). I primi jeans Levi’s ad esempio

erano in fibra di canapa (34). In aggiunta più studi (2,7,77) sottolineano che

cresce senza chimica: non richiedendo biocidi né fertilizzanti ed esigendo un

minor fabbisogno idrico, sarebbe un’ottima alternativa al cotone.

1.7.2 Alimentare: oltre che per la fibra tessile, la canapa può essere coltivata

per ricavarne i semi. Per migliaia di anni il suo seme ha rappresentato una

notevole fonte di nutrizione tra le popolazioni del vecchio mondo. E’

composto per un quarto da elementi proteici, fornendo una combinazione

unica rispetto a gran parte degli alimenti vegetali (62). La principale proteina

trovata nella canapa è l’edestina, che rappresenta circa il 60-80% del

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contenuto proteico totale. L’edestina, insieme all’albumina, riveste

un’importanza rilevante dal punto di vista nutrizionale perché altamente

digeribili e provviste di tutti i nove aminoacidi essenziali per la sintesi proteica.

Considerevole in modo peculiare sia il contenuto di aminoacidi contenenti

zolfo, cioè cisteina e metionina, sia la sua quantità sorprendentemente

elevata di arginina, aminoacido essenziale durante la fase di crescita.

L’assenza di glutine lo rende un'importante fonte di proteine vegetali per il

crescente numero di persone che soffre di celiachia (12,13). La frazione lipidica

ammonta a circa al 75% (24) ed è composta prevalentemente da acidi grassi

poli-insaturi (PUFA). Questi si ritrovano anche nel suo prezioso olio, ottenuto

dalla spremitura a freddo di semi a basso contenuto di THC. Servono circa 4

kg di semi per ricavare un litro di olio commestibile (27). Tra i PUFA di spicco

emergono due acidi grassi essenziali detti EFA, l’acido linoleico (18:2, Ω-6) e

l’acido α-linolenico (18:3, Ω-3), in rapporto 3:1. Tale rapporto è ritenuto

ottimale perché soddisfa le esigenze della sana alimentazione ed è uno tra i

più alti riscontrabili nel regno vegetale. Sono detti “essenziali” poiché

l’organismo non è in grado di sintetizzarli - possono essere assunti solo con

l’alimentazione – per questo l’organizzazione mondiale della sanità (OMS) ne

raccomanda la regolare assunzione (44). Nell’olio di canapa si ritrovano anche

l’acido ɣ-linolenico (GLA 18:3, Ω-6) e l’acido stearidonico (SDA 18:4, Ω-3) –

altri alleati della salute. Infine nel frutto sono presenti notevoli quantità di

fibre alimentari insolubili, minerali come fosforo, magnesio, potassio e calcio,

vitamine. In particolare il considerevole contenuto di vitamina E lo

contraddistingue come fonte naturale di antiossidanti e previene

l’ossidazione degli acidi grassi insaturi (1). Grazie ai suoi importanti ruoli

fisiologici, l’olio di semi di canapa è ritenuto un prezioso nutraceutico. Infatti,

oltre al valore nutrizionale, apporta benefici positivi per la salute: è in grado

di contrastare efficacemente ipertensione, ipercolesterolemia (59), diminuire

il grado di aggregazione piastrinica, svolgere un effetto miocardio-protettivo

in seguito ad un danno e mantenere una corretta funzionalità cellulare

essendo gli EFA costituenti delle membrane cellulari, cui impartiscono

caratteristiche di elasticità, permeabilità e fluidità (9). I suoi acidi grassi poli-

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insaturi, quando assunto come integratore alimentare, apportano una serie

di benefici anche per la pelle, specialmente quelle più irritate e secche,

migliorando la qualità dei tessuti e alleviando i sintomi di alcune patologie

cutanee, come ad esempio l’eczema (13). Predisponendo di tutti gli

amminoacidi essenziali e degli acidi grassi essenziali per mantenere una vita

sana rappresenta una nuova apprezzabile fonte sia umana che animale di

nutrienti (23). Senza nulla togliere alle interessanti proprietà dei prodotti

commerciali a base di canapa, è fondamentale studiare il loro potenziale

tossicologico in termini di Δ-9 THC; tuttavia gli alimenti a base di canapa sono

ritenuti tra i più salutari per l’uomo e i rischi di THC nei prodotti alimentari

derivati risultano praticamente nulli (25).

1.7.3 Medico-terapeutica: probabilmente la più diffusa tra le piante ricche di

sostanze psicoattive (30), la Cannabis è ritenuta ineguagliabile per il suo ampio

contenuto di composti bio-attivi e le sue potenziali applicazioni (73). E’ stata

sfruttata nella medicina orientale per migliaia di anni nel trattamento di vari

disturbi (12). Con la scoperta del ∆-9THC è stato possibile ottenere prodotti di

sintesi, con la scoperta del sistema endocannabinoide si conoscono i

meccanismi d’azione, di conseguenza sicurezza ed efficacia dei farmaci sono

scientificamente provate (89). Il primo farmaco a base di cannabinoidi è stato

sviluppato in Canada nel 2005. La vendita di preparati a base di Cannabis in

Italia è ammessa dal 2013 dietro presentazione di ricetta medica.

Dalla Gazzetta ufficiale si evince che sono numerose le applicazioni

terapeutiche che la Cannabis può assecondare, tra cui in quelle consentite

rientrano “l'impiego nel dolore cronico e di quello associato a sclerosi multipla

e a lesioni del midollo spinale; nella nausea e vomito causati da

chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV; come stimolante dell’appetito

nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti

da AIDS e nell’anoressia nervosa; per l’effetto ipotensivo nel glaucoma; per la

riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles

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de la Tourette.” (Gazzetta ufficiale - Allegato tecnico per la produzione

nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di Cannabis).

Inoltre le fibre di canapa sono interessanti alla luce delle proprietà

antibatteriche, adatte alle produzione di dispositivi chirurgici. (1001)

Esterificando la canapa con un agente germicida, il 2-benzil-4-clorofenolo, si

ottiene un biopolimero funzionalizzato dotato di eccellenti proprietà

antimicrobiche in vitro, adattabile al campo biomedico per garantire

protezione nei confronti delle contaminazioni da batteri come

Staphylococcus aureus e Pseudomonas aeruginosa (15).

1.7.4 Produzione di cellulosa: essa è abbondante nelle fibre della corteccia,

note come fibre di rafia (7). La prima carta venne prodotta in Cina, centinaia

di anni prima di Cristo ed era di canapa, fatto a lungo ignorato (31). La carta

di canapa si ottiene dalla polpa del legno, è resistente e sottile, ideale per

redigere libri voluminosi (12). La prima Bibbia di Gutenberg venne stampata,

come gli altri libri di quell’epoca, su carta di canapa e lino (31). Carta di buona

qualità si ricava dalla fibra corta (Giovanardi e Grassi, 2004). Essendo da 50 a

100 volte più resistente rispetto alla carta di papiro veniva adottata anche per

la realizzazione di mappe navali (61). Si possono ricavare anche carta per

sigarette o banconote (13). Ad esempio gli Stati Uniti si avvalsero della canapa

come moneta fino all’inizio del XVII secolo (29).

1.7.5 Produzione di vernici, oli combustibili e biopolimeri: dalla pressatura a

caldo o con solventi dei semi si ottiene un olio la cui applicazione industriale

non alimentare primaria deriva dal suo elevato contenuto di acidi grassi poli-

insaturi che – all’ossigeno atmosferico – polimerizzano facilmente. Si ottiene

così un olio essicante adatto alla produzione di vernici in alternativa ai semi

di lino, di sigillanti, lacche, smalti (13,14). La domanda di oli di semi per la

produzione di biocarburanti è in notevole aumento (87). Nel 1941 Henry Ford

presentò un’auto - la “Hemp Body Car” -prototipo realizzato con un materiale

plastico ricavato a partire da fibra di canapa che rendeva la carrozzeria più

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leggera rispetto ai materiali normalmente adottati a questo scopo; inoltre

richiedeva esclusivamente biocombustibile di canapa (81). L'industria

automobilistica in generale è particolarmente interessata all'utilizzo di fibre

di canapa per produrre bioplastiche: oltre ad essere più leggere sono anche

più resistenti rispetto alla plastica in polipropilene (7).

1.7.6 Bioedilizia: fibre e gambi si sono rivelati risorse rinnovabili e valide dal

punto di vista ambientale per la fabbricazione di materiali isolanti (88). Il

canapulo – materiale legnoso dello stelo – miscelato con della calce, si palesa

come la porzione che meglio si presta per questo settore: la canapa fa da

riempitivo, la calce da legante (72). L’impasto ottenuto, aggiunto di acqua,

gode della straordinaria capacità ecologica di sequestrare anidride carbonica

(5). Una volta consolidata, la massa mostra anche caratteristiche di

isolamento termo-acustico, durevolezza ed è completamente biodegradabile

(14).

1.7.7 Produzione di energia: ottenibile a partire dalla biomassa vegetale –

ossia materiale prodotto biologicamente – che costituisce un’abbondante

risorsa rinnovabile (7) da cui è possibile estrapolare benzina o metano a prezzi

più competitivi rispetto al petrolio, il tutto a beneficio dell’ambiente (14).

1.7.8 Cosmesi: si sta espandendo un mercato sempre più promettente che

offre prodotti per la cura della pelle e dei capelli a base di olio di semi di

canapa ricavato da agricoltura biologica (88). Come quella farmaceutica,

anche l’industria del benessere si rivolge alla natura come fonte di ispirazione

per la creazione di nuovi prodotti di consumo, complice la forte fiducia da

parte del consumatore rivolta verso gli ingredienti naturali. Gli oli di semi

grazie alla loro preponderante composizione in acidi grassi vengono

frequentemente veicolati in prodotti cosmetici (87). Senza nulla togliere alla

sua frazione insaponificabile, è primariamente grazie al contenuto di acidi

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grassi insaturi se l’olio di canapa vanta diversi effetti positivi sulla pelle (77).

Oltre a questi e ai cannabinoidi, allo stesso modo terpeni e terpenoidi

rientrano tra le classi più importanti di composti biologicamente attivi della

Cannabis (34) e anch’essi vengono sfruttati dall’industria cosmetica: questi

composti volatili, che impartiscono un aroma unico a questa pianta, si

ritrovano nell’olio essenziale, applicato a cosmetici e profumi (63).

L'attuale scenario climatico ed economico spinge verso l'uso di risorse

sostenibili per ridurre la dipendenza dai prodotti petrolchimici e minimizzare

l'impatto sull'ambiente. Le piante sono preziose risorse naturali, perché

possono fornire sia sostanze fitochimiche che biomassa lignocellulosica. E a

questo scopo la canapa – esempio emblematico di raccolto multi-uso – si

presta più che bene (7). Si offre come potenziale soluzione in quei settori con

difficoltà in termini di impoverimento delle risorse naturali non rinnovabili.

Negli ultimi tempi è stata registrata una promettente richiesta di prodotti

semi-lavorati della canapa da aziende – come quella cosmetica – che

assecondano lo sviluppo di prodotti naturali ed eco-compatibili (45).

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2.1 Olio di semi

L’interesse rivolto verso prodotti sostenibili ed eco-friendly si dimostra in

netta crescita: un numero ragguardevole di consumatori indirizza la propria

attenzione alla ricerca di cosmetici e prodotti per la cura della persona green

e biologici. Per questo il settore cosmetico si sta sempre più orientando verso

l’offerta di prodotti di derivazione naturale – proposta che riscuote un grande

successo, riflesso nella conquista di una fetta consistente di mercato,

secondo il centro studi Cosmetica Italia.

L’industria cosmetica effettivamente ricorre spesso all’utilizzo di oli estratti

da piante vegetali – di gran lunga preferibili a quelli sintetici - in virtù di

diverse caratteristiche vantaggiose quali l’atossicità, la biodegradabilità e un

praticamente nullo impatto ambientale.

Cavalcando quest’onda, guadagnano sempre più spazio le applicazioni

dell’olio di semi di canapa. In linea con la domanda di un pubblico sempre più

ampio, l’assenza di pesticidi e la ridotta necessità di acqua nella coltivazione

amplificano il fascino che orbita intorno a questa pianta. Sostenibilità ed eco-

compatibilità giocano a suo pieno favore. In aggiunta a ciò, l’introduzione in

questo settore di una materia prima di eccellente qualità tradizionalmente

impiegata nell’applicazione tessile, costituisce un valore aggiunto della

canapa, definibile come ibrido cosmeto-tessile.

Indiscussi risultano i vantaggi, sia in termini pratici che economici, ricavati

dall’uso di materiale proveniente dalla stessa coltura in più ambiti diversi tra

loro (54,62).

Della canapa non si butta nulla: basti pensare che i residui ottenuti dalla

spremitura a freddo dei semi danno origine ad una farina potenzialmente

utilizzabile come scrub.

La rinascita della canapa, attirando su di sé l’attenzione grazie all’efficacia

provata dei suoi effetti benefici, ha suscitato un grande interesse da parte del

mondo cosmetico.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Infatti con la sua riscoperta, dai primi anni ’90, numerose sono state le

campagne pubblicitarie di prodotti per la cura del corpo contenenti olio di

canapa promosse sia in Europa che in America.

Pless e Leson confermano che il suo utilizzo in USA nei prodotti per la cura

del corpo prende il via circa dalla metà degli anni ’90.

Nel nuovo continente i cosmetici disponibili a base di olio di canapa spaziano

da lozioni per il corpo, a creme per le mani o idratanti per il viso, oli da

massaggio, saponette e saponi liquidi, shampoo e balsami per capelli, balsami

per le labbra e lozioni solari (67).

In passato veniva utilizzato principalmente per produrre saponi dal colore

verde intenso ed emulsioni calmanti per la cura della pelle. Per giunta veniva

considerato un rimedio per rimuovere la forfora e rallentare la caduta dei

capelli (66).

Il suo nome INCI – international nomenclature of cosmetic ingredients – è

Cannabis sativa Seed Oil.

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2.1.1 Procedure di estrazione

L’estrazione dell’olio dai semi di Cannabis sativa – comunemente noto come

olio di canapa - avviene prevalentemente con sistemi di spremitura a freddo

o, in alternativa, adottando solventi organici come l’n-esano.

A seconda della varietà, delle tecnica di elaborazione e della regione

geografica, i semi contengono circa il 25-35% di olio in peso. L’estrazione

meccanica offre il vantaggio di minimizzare i cambiamenti degradativi a cui

l’olio può essere soggetto, preservandone il contenuto. Data la sua

semplicità, l’estrazione a freddo rappresenta la procedura più

frequentemente adottata. Per la produzione di un olio di qualità diventa

importante attendere la massima maturazione del seme, considerato che lo

stadio di immaturità corrisponde ad un’ancora incompleta formazione degli

acidi grassi poli-insaturi, suoi preziosi componenti di grande interesse nel

settore cosmetico (20,41).

Attualmente l’estrazione a freddo non viene realizzata su larga scala; rispetto

alle tecniche che impiegano i solventi non consente una resa di estrazione

comparabile ma si dimostra più accettabile in termini di sicurezza, ambiente

e salute (18).

Infatti, l’utilizzo a livello industriale di solventi organici come l’n-esano per

l’estrazione di molti oli vegetali è accompagnato da fattori limitanti i quali,

oltre ad ostacolare il recupero della frazione oleosa, risultano incompatibili

con la sostenibilità ambientale, a causa della contaminazione del prodotto

finale da parte di residui tossici.

Ci si avvale di uno strumento di vetro, l’estrattore Soxhlet, dotato di una

camera in cui il materiale da estrarre viene posto all’interno di un contenitore

di carta. Qui viene raggiunto dal solvente che, riscaldato, evaporato,

condensato ed infine raffreddato, sgocciola fino a spingersi ad un livello tale

da provocarne lo svuotamento nel pallone di raccolta, dove il ciclo – destinato

al guadagno di una porzione alla volta del prodotto - può riprendere.

Inevitabilmente residui di solvente saranno associati al prodotto.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Diversamente, già in fase di ebollizione, il solvente può entrare a diretto

contatto con la droga, in un processo del tutto automatizzato, realizzato con

un’apparecchiatura chiamata Soxtec.

Recentemente si stanno affermando processi estrattivi che adottano fluidi

supercritici come l’anidride carbonica. Per fluido supercritico si intende “uno

stato termodinamico di transizione, senza discontinuità, tra gas e liquido”; si

rivela un ottimo solvente: la sua apolarità la rende applicabile solo su

composti della stessa natura, mentre atossicità, non infiammabilità e

riciclabilità sono proprietà tramite le quali estrarre materiale vegetale si

traduce in una salvaguardia sull’ambiente – allineandosi ai regolamenti

imposti dalla comunità europea. Disponendo di parametri critici accessibili e

accettabili - il suo punto critico è toccato ad una temperatura pari a 31° C e

ad una pressione pari a 73 atm – l’anidride carbonica permette estrazioni a

freddo, quindi si presta per lavorare sostanze naturali spesso termolabili e

facilmente ossidabili, come acidi grassi polinsaturi, le quali richiedono

trattamenti a temperature e pressioni relativamente contenute, aggirando lo

stress termico e scongiurando il rischio di alterazioni. Per di più, rispetto al

procedimento tradizionale, l’estratto ottenuto può vantare una maggiore

stabilità ossidativa, sterilità e purezza – quest’ultima raggiunta grazie al facile

e completo allontanamento per evaporazione del biossido di carbonio, che

torna in condizioni gassose senza lasciare residui, facilitando la

concentrazione del prodotto finale. Inoltre permette di conservare sostanze

naturalmente presenti nell’olio, come i tocoferoli con capacità anti-ossidante,

di solito rimosse nelle varie fasi di raffinazione e conservazione (19). Con un

numero minore di step e tempistiche accelerate, questa tecnica sostenibile

offre una resa maggiore in termini di estrazione, ma richiede spese rilevanti

e lunghi tempi di allestimento (44,46,85).

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2.1.2 Caratterizzazione e composizione

L'olio di semi di canapa non raffinato presenta una colorazione che varia dal

giallo spento al verde scuro e ha un piacevole sapore erbaceo e nocciolato; al

contrario quello raffinato è verde chiaro, leggermente opaco e poco saporito.

Il colore verde scuro tipico dell’olio naturale – scuro al punto da ricevere

l’appellativo di “olio nero” in alcuni Paesi - è dovuto alla presenza di pigmenti

come la clorofilla e i carotenoidi. Infatti il processo di raffinazione industriale,

adottato per migliorarne la conservabilità, interferisce con il mantenimento

delle sue qualità originarie poiché impoverisce sensibilmente il contenuto di

clorofilla, di antiossidanti e di altri componenti preziosi dell’olio come

vitamine, lecitine e fitosteroli, oltre ad eliminare gran parte del suo gusto

caratteristico (13,34).

I preziosi costituenti del seme si ritrovano anche nell’olio, la cui composizione

quantitativa divenne di interesse scientifico all’inizio del XX secolo. Per un

90% comprende acidi grassi insaturi, tra i quali racchiude una ricchezza

incomparabile di acidi grassi poli-insaturi. Questi rivestono circa l’80% del

contenuto totale: nel regno vegetale è uno di quelli che ne vanta i livelli più

abbondanti.

Tabella 1. Profilo degli acidi grassi - Hemp (Cannabis sativa L.) seed oil: analytical and phytochemical characterization of the unsaponifiable fraction

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Precisamente contiene due importanti acidi grassi essenziali: l’acido linoleico

(C18:2) per circa il 55-60% e l’acido α-linolenico (C18:3) per il 15-20%;

presenta anche quantità significative - se rapportato ad altri oli vegetali - di

acido ɣ-linolenico (C18:3) e di acido stearidonico (C18:4) e non manca l’acido

oleico – monoinsaturo – che ricopre circa il 10%.

Tra gli acidi grassi saturi, che rivestono il 10% del totale, spiccano l’acido

palmitico (C16:0) e l’acido stearico (C18:0).

Tale composizione può variare leggermente a seconda della procedura di

estrazione adottata per ottenerlo, oltre che al tipo di varietà coltivata (54,55,77).

Tabella 2. Tipica composizione degli acidi grassi in oli vegetali - Comprehensive Natural Products II Chemistry and Biology, pag. 1065

È interessante notare che solo l’olio di canapa si distingue per un rapporto ω-

6/ω-3 vicino a 3:1, raro nel regno vegetale. Nonostante questo, alti livelli di

acidi grassi insaturi si ritrovano facilmente anche in altri oli di semi, le cui

coltivazioni – a differenza della canapa – richiedono l’uso di sostanze

chimiche, pesticidi e diserbanti, sconveniente dal punto di vista sia

ambientale sia delle esigenze attuali di un gran numero di consumatori (66).

Nulla ha da invidiare la sua frazione insaponificabile – che finora ha ricevuto

una scarsa attenzione da parte dei ricercatori. In realtà si rivela un’altra

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brillante fonte di composti minori molti apprezzabili e rappresenta circa l’1,5-

2%.

I fitosteroli, come il β-sitosterolo e il campesterolo, ricoprono circa il 15-18%

di tale frazione, seguiti da una porzione di alcoli alifatici tra i quali si ritrovano

in quantità maggioritaria il geraniolo, il fitolo – componente della clorofilla –

e abbondanza di hexacosanolo. Composti terpenoidi – inizialmente notati

solo nell’olio essenziale, sono stati documentati anche nell’olio di semi (43).

Tra gli idrocarburi lo squalene è presente in piccole quantità, molto inferiori

rispetto a quelle riscontrabili nell’olio d’oliva. La componente vitaminica

invece prevede una quota preponderante di vitamina E – il principale

tocoferolo antiossidante presente nell’olio è il ɣ, tuttavia non mancano

quantità considerevoli dell’α, del β e del δ (13) - e quantità minori di vitamina

D, C ed A – quest’ultima principalmente sottoforma di β-carotene.

Infine, per ultimi ma non meno importanti, emergono anche cere, polifenoli,

clorofilla e minerali come calcio, magnesio, potassio, ferro e zinco (34,55).

Tabella 3. Quantità di fitosteroli della frazione insaponificabile - Hemp (Cannabis sativa L.)

seed oil: analytical and phytochemical characterization of the unsaponifiable fraction.

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Tabella 4. Quantità di alcoli alifatici della frazione insaponificabile –

Hemp (Cannabis sativa L.) seed oil: analytical and phytochemical

characterization of the unsaponifiable fraction.

Tabella 5. Quantità di squalene, idrocarburi lineari e cere della frazione insaponificabile –

Hemp (Cannabis sativa L.) seed oil: analytical and phytochemical

characterization of the unsaponifiable fraction.

Tabella 6. Contenuto di tocoferoli nella frazione insaponificabile –

Hemp (Cannabis sativa L.) seed oil: analytical and phytochemical

characterization of the unsaponifiable fraction.

L’enorme numero di componenti della Cannabis sativa e le loro probabili

interazioni rendono il suo olio di semi un elemento ideale e ricercato nelle

preparazioni cosmetiche.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

2.1.2.1 Acidi grassi

La presenza di acidi grassi poli-insaturi in un olio vegetale contribuisce a

determinare le sue attività caratteristiche. Acido linoleico, acido α e ɣ-

linolenico sono tutti e tre interessanti per la cura della pelle. A livello

dell’epidermide gli acidi grassi essenziali partecipano a diverse funzioni, tra

cui la sintesi di ceramidi – definite il cemento intercellulare dello strato

corneo – le quali, tenendo strettamente uniti tra loro i corneociti, concorrono

al perfetto funzionamento della barriera cutanea. Dal momento che la cute -

incapace di sintetizzarli – necessita di un continuo rifornimento esterno di

acidi grassi essenziali, applicati su di essa sono in grado di normalizzare

l’idratazione delle pelli secche.

La nostra pelle non è semplicemente un organo sensoriale e regolatore della

temperatura corporea, ma possiede importanti funzioni barriera: protegge il

corpo da un’eccessiva perdita di acqua e dalla penetrazione di sostanze

estranee e patogeni. La sua salute dipende in gran parte dal contenuto di

acqua, la cui quota nello strato corneo in condizioni fisiologiche corrisponde

a circa il 20-35% e conferisce caratteristiche di morbidezza, elasticità e

flessibilità. Fattori come l’avanzare dell’età, una bassa umidità relativa, clima

rigido invernale e agenti chimici disidratanti predispongono all’insorgenza di

secchezza, sensazione di avidità al tatto e desquamazione cutanea. Per

definizione, mentre la pelle normale si caratterizza per un alto contenuto di

acqua e una bassa percentuale di lipidi, la pelle secca presenta un basso

quantitativo sia di acqua che di grassi.

Nel lontano 1998 Leson e Pless sostenevano che nonostante ci si rifaccia ad

un utilizzo generico di acidi grassi insaturi da parte del settore cosmetico, solo

l’acido linoleico e il suo metabolita, l’acido ɣ-linolenico, possono vantare

effetti clinicamente testati sulla pelle. Nel frattempo le conferme di provata

efficacia anche per altri acidi grassi non sono tardate ad arrivare; di pari passo

negli ultimi anni, l’olio di semi di canapa è stato oggetto di numerosi studi e

le conoscenze scientifiche relative ai suoi benefici sono aumentate in modo

notevole (34,66,69).

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Doveroso accendere i riflettori sull’acido linoleico: oltre ad essere il più

abbondante nell’olio di canapa, appare quello più sfruttato nei prodotti

cosmetici: idrata la pelle, aiuta nel processo di guarigione da scottature solari

ed è un ottimo alleato nel trattamento dell’acne.

Vermaak et al. affermano che i primi sintomi della sua carenza sono

cambiamenti corporei come secchezza e desquamazione cutanea, dermatite

atopica, psoriasi, acne, fragilità ungueale, aumentata caduta dei capelli.

Tuttavia è possibile combatterli con applicazione topiche di questo acido.

Inoltre gli acidi grassi essenziali aiutano a riparare i danni della pelle

promuovendo la guarigione di ferite ed ustioni (25).

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2.1.2.2 Frazione insaponificabile

La frazione insaponificabile di un olio è – per definizione – quella porzione

che non si lasciare trasformare in sapone a contatto con sostanze alcaline. Oli

ricchi di componenti insaponificabili sono noti per le loro azioni

riepitelizzante, lenitiva e cicatrizzante (69).

Nell’olio di semi di canapa si dimostra una componente di spicco dalle azioni

emolliente, lenitiva e foto-protettiva legate alla presenza di sostanze nobili

come i fitosteroli e lo squalene, ma anche anti-ossidanti come la vitamina C,

la vitamina A e la vitamina E o tocoferolo.

Di quest’ultima in particolare, l’olio di canapa si rivela una pregevole fonte: il

suo contenuto è ritenuto medio-alto se rapportato ad altri oli vegetali

spremuti a freddo e non raffinati come l’olio d’oliva o l’olio di girasole.

La vitamina E appartiene alla classe dei composti liposolubili. Notoriamente è

conosciuta come potente antiossidante naturale ed esercita tale effetto sia

sulla pelle che all’interno del prodotto in cui è veicolata. Perché risulti

particolarmente potente come antiossidante, il rapporto tocoferolo/acidi

grassi dovrebbe essere superiore a 0,8 (77).

Tale azione viene esplicata interferendo con tutti i processi che stanno alla

base dello stress ossidativo - dannoso sia per la funzione che per l’integrità

cellulare – perché combatte i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento

precoce (62).

Oltre a ciò offre un’azione emolliente e lenitiva. Diversamente dalla vitamina

A non dà reazioni di ipersensibilità durante l’esposizione solare e si presta per

contrastare efficacemente gli arrossamenti cutanei (69).

Si compone di diversi isomeri, quattro di questi si ritrovano nell’olio di

canapa: l’α, il β, il δ e il ɣ-tocoferolo.

L’antiossidante principale dell’olio d’oliva - l’α-tocoferolo - risulta il meno

potente, mentre β, δ, ɣ presentano un potere antiossidante rispettivamente

130, 200 e 500 volte maggiore (13).

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Degne di nota anche le altre due vitamine presenti.

La vitamina C è conosciuta per l’immediato effetto di luminosità che

impartisce sulla pelle, per la sua capacità idratante e per la particolare

adattabilità sia a pelli grasse che secche. Interviene stimolando la sintesi di

collagene a livello del derma: così facendo rafforza la struttura di sostegno

della pelle, che appare più tonica ed elastica. Come già detto è anche

antiossidante: per questo motivo combatte l’azione nociva dei raggi solari e

protegge la cute dai processi di invecchiamento.

La vitamina A promuove il differenziamento e la proliferazione dei

cheratinociti, rafforzando lo spessore dello strato corneo. In più aumenta la

sintesi di sostanze capaci di legare l’acqua, ragione per cui favorisce

l’idratazione cutanea.

Sulla stessa linea, sali minerali come calcio, magnesio, potassio, ferro e zinco

collaborano al mantenimento di una pelle sana.

Per ultima la clorofilla, pigmento lipidico di colore giallo-verde dal potere

antiossidante, è instabile al calore e fotosensibile. Insieme ai caroteni

determina il colore dell’olio (62,77).

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2.1.3 Confronto con olio d’oliva

L’olio d’oliva – il cui nome INCI è Olea europea – riveste un’importanza

storica: si tratta di uno dei più antichi oli conosciuti dall’uomo e uno tra i più

pregiati.

La frazione saponificabile costituisce circa il 99% dell’olio. Si caratterizza per

la gran ricchezza di acido oleico (C18:1) che, come suggerisce il nome stesso,

domina con netta prevalenza e a differenza di quelli essenziali, può essere

biosintetizzato. Viene descritto come un potenziatore percutaneo di

assorbimento: tra gli acidi grassi insaturi risulta il più potente

nell’incrementare la permeabilità cutanea (87).

E’ accompagnato da una modesta quantità di acidi grassi saturi come l’acido

palmitico e l’acido stearico e da una timida quota di acidi grassi essenziali

linoleico ed α-linolenico, se confrontato con l’olio di semi di canapa.

Tabella 7. Acidi grassi nell'olio d'oliva extravergine

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Tra gli oli vegetali si distingue per essere uno dei più ricchi di frazione

insaponificabile, molto apprezzabile dal punto di vista cosmetico. Si presta ad

offrire nutrimento nei casi di pelle secca, disidratata o caratterizzata da rughe

e smagliature. Inoltre è efficace nella protezione da eritemi solari. Al contrario

dell’olio di canapa, i fitosteroli ne coprono una piccola porzione, mentre

dominano gli idrocarburi, in particolare lo squalene. I pigmenti colorati sono

gli stessi per entrambi. Infine, significativo in termini di stabilità il contenuto

di polifenoli e tocoferoli. Come già accennato, si evidenza una minor quantità

di vitamina E rispetto all’olio di canapa e l’isomero α del tocoferolo è

l’antiossidante maggioritario.

Tabella 8. Frazione insaponificabile dell'olio di oliva

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2.1.4 Proprietà

Grazie alla loro preponderante composizione di acidi grassi sono molteplici

gli oli di semi estratti da diverse specie di piante che comunemente vengono

inclusi come ingredienti nei prodotti cosmetici. Allo stesso modo la canapa.

L’interesse cosmetico mosso nei suoi confronti è legato al suo contenuto in

olio, ricca fonte di un profilo di acidi grassi essenziali degno di nota (88).

Diversi sono gli effetti positivi che si possono ottenere sulla pelle: problemi

come desquamazione e screpolature o secchezza rispondono a cosmetici che

lo riportano tra i costituenti. Grazie al suo contenuto di acidi grassi poli-

insaturi è in grado di alleviarne i difetti della cute, migliorandone levigatezza

e desquamazione. Allo stesso tempo esercita un effetto anti-age nel

rallentare il processo di invecchiamento cutaneo e la formazione delle rughe

d’espressione, poiché gli acidi grassi sono coinvolti nella sintesi di collagene

(66,67).

Vermaak et al. riportano i favorevoli effetti dell’acido linoleico e dell’acido

linolenico nel trattamento dell’acne, considerato che si dimostrano capaci di

inibire la crescita del Propionibacterium acnes; inoltre il primo si rivela

efficace come anti-infiammatorio naturale riducendo i segni tipici di tale

disturbo sulla pelle giovane. Questa ultima proprietà è giustificata dalla

conversione in vivo dell’acido linoleico prima in acido ɣ-linolenico, poi nella

prostaglandina E1, principale responsabile di tale azione.

Un’eccessiva produzione di sebo, oltre ad essere considerata un aspetto poco

accettato perché responsabile di untuosità e lucidità della pelle, contribuisce

alla sviluppo della patologica acneica, il cui principale agente eziologico è il

Propionibacterium acnes. Il sebo cutaneo – prodotto dalle ghiandole sebacee

concentrate in misura maggiore a livello del volto – si compone di una miscela

complessa di lipidi come trigliceridi, esteri del colesterolo, acidi grassi liberi e

squalene che in condizioni fisiologiche svolgono funzioni importanti al fine di

preservare l’integrità cutanea.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Per questo ci si rivolge ad ingredienti vegetali i cui componenti sono in grado

di ridurre la formazione del sebo: nello studio condotto da Ali et Akhtar è

stata testata una crema base contenente un estratto di semi di Cannabis

sativa al 3%, applicata due volte al giorno per tre settimane su un gruppo di

volontari. I risultati hanno rivelato che si tratta di un prodotto sicuro, ben

tollerato – non è stata segnalata alcun tipo di reazione allergica o irritante

durante il periodo di prova - ed efficace per contrastare la patologia acneica,

suggerendone così una possibile applicazione.

Oltre a ciò si ritiene che sia gli acidi grassi come oleico, linoleico, α e ɣ-

linolenico sia i fitosteroli come il β-sitosterolo manifestino una certa capacità

nell’inibire la conversione del testosterone nel suo metabolita, responsabile

di una maggior stimolazione nella secrezione sebacea cutanea.

Se l’azione antibatterica degli acidi grassi quali l’acido oleico, l’acido linoleico

e l’acido linolenico è solitamente legata alla presenza di una o più

insaturazioni, risultano essenzialmente due le ragioni che permettono di

motivare una maggior attività antibatterica riscontrata nell’olio non raffinato,

rispetto a quanto osservato per l’olio raffinato: il maggior contenuto di acido

alfa-linolenico e la presenza di componenti minori quali i tocoferoli e i

polifenoli – allontanati invece durante il processo di raffinazione.

Dallo studio condotto da Mikulcová et al. si evince che l’olio non raffinato è

in grado di inibire tutti i ceppi considerati indicati in tabella 9, attraverso un

effetto principalmente imputabile al tipo di batterio. Tuttavia la maggior

sensibilità dei Gram positivi all’azione dell’olio non raffinato rispetto ai Gram

negativi è dovuta alla differente composizione della parete cellulare. In

particolare Micrococcus luteus e Staphylococcus aureus si dimostrano i più

sensibili, al contrario Escherichia coli si distingue per essere il più resistente.

L’effetto inibitorio dell’olio dei semi di canapa contro i batteri patogeni più

comuni viene espresso, attraverso il metodo della diffusione su disco, come

diametro in millimetri della zona di inibizione: per calcolarne le dimensioni si

sottrae ad esso il diametro del disco di carta.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Tabella 9. Effetto inibitorio degli oli di semi di canapa contro i più comuni batteri patogeni – Formulation, characterization and properties of hemp seed oil and its emulsions.

Anche Ali et al. hanno analizzato l’attività antimicrobica dell’olio di semi di

canapa ad ampio spettro, contro due organismi Gram positivi (Bacillus subtilis

e Staphylococcus aureus), due organismi Gram negativi (Escherichia coli e

Pseudomonas aeruginosa) e due funghi, ovvero Aspergillus niger e Candida

albicans, utilizzando il metodo della diffusione in agar. I risultati hanno

mostrato una pronunciata attività antibatterica contro i batteri Gram positivi,

un’attività rispettivamente moderata e alta contro Escherichia coli e

Pseudomonas aeruginosa, mentre risulta inattivo contro i due funghi testati.

Infine nello studio condotto da Leizer et al., oltre a confermare l’attività

antimicrobica contro Staphylococcus aureus, Escherichia coli e Pseudomonas

aeruginosa, viene resa nota la capacità di inibire la crescita fungina, sia nei

confronti di Aspergillus niger che di Saccharomyces cerevisiae.

Tabella 10. Attività antibatterica dell'olio di semi di canapa – Antibacterial properties of hemp and other natural fibre plants: a review.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

L’azione idratante – attribuita principalmente al contenuto in acidi grassi

essenziali – lo rende un ottimo restitutivo per pelli aride.

E’ apprezzata oltre che per le pelli secche anche per prevenire o combattere

il foto-invecchiamento: i raggi UV sono i principali responsabili

dell’invecchiamento cutaneo, seguiti dalle trasformazioni organiche e

funzionali legate alla cronobiologia di ogni soggetto. Soprattutto a livello delle

zone cutanee scoperte si evidenziano tali modificazioni, che consistono in un

assottigliamento dell’epidermide ed in una ridotta produzione sebacea in

termini sia qualitativi che quantitativi.

Morganti e Randazzo sostengono che la presenza di acidi grassi insaturi,

utilizzati per uso topico, eserciti un importante ruolo protettivo ripristinando

e rigenerando le strutture biologiche cellulari della cute invecchiata, oltre a

garantire una protezione nei confronti delle aggressioni esterne. Arricchire

un prodotto cosmetico, adeguatamente protetto da fenomeni ossidativi, con

acidi grassi essenziali significa incrementare notevolmente (di circa il 20%) la

capacità della cute di legare acqua, aumentando di riflesso il grado di

idratazione.

Ma gli acidi grassi insaturi non sono i soli protagonisti dell’interesse

cosmetico: la vitamina E, ad esempio esercita un considerevole ruolo anti-

arrossamento.

La protezione della pelle nei confronti degli effetti dannosi tipici dei

cambiamenti stagionali rappresenta una grande sfida per l’industria

cosmetica.

E’ risaputo, ad esempio, che un’eccessiva esposizione alla luce solare genera

effetti nocivi sulla pelle.

I raggi UVB (290-320 nm) sono i più energetici e rappresentano i principali

responsabili dell’eritema, un arrossamento cutaneo che costituisce il primo

segnale di sofferenza della pelle, la cui entità è direttamente proporzionale a

durata ed intensità del contatto. I raggi UVA (320-400 nm) sono responsabili

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

della formazione di radicali liberi che, penetrando in profondità, danneggiano

due componenti del derma, il collagene e l’elastina. Invece i raggi UVC,

altamente nocivi, sembrerebbe non raggiungano la superficie terrestre.

In assenza di protezione, l’azione delle radiazioni provoca un ispessimento

dello strato corneo con sfaldamento degli strati di corneociti: la pelle diventa

ruvida e dal colorito opaco (69).

L’olio di semi di canapa è ottimo per affrontare i raggi solari senza temere

ustioni, arrossamenti o macchie perché filtra gran parte delle radiazioni UV.

Oomah et al. assicurano la sua capacità di assorbire i raggi UVB e UVC,

rimarcando il razionale di utilizzo ad ampio spettro nella protezione dalle

radiazioni UV.

Questo si combina alle azioni della vitamina E, di cui l’olio è abbondante, in

grado di assorbire la radiazione UVA esercitando un effetto protettivo sulla

pelle e preservandola dai danni del foto-invecchiamento (62). In aggiunta

combatte gli arrossamenti cutanei e insieme alla vitamina C contrasta il

processo di invecchiamento della pelle.

Ma non è finita qui: la crema base al 3% proposta da Ali et Akhtar si è rivelata

adatta, oltre al trattamento dell’acne giovanile anche in questo contesto, in

particolare l’efficacia nel combattere l’eritema solare è ascrivibile alla

presenza di composti fenolici dalla spiccata azione antiossidante.

Tenendo conto delle esigenze di mercato, Sapino et al. hanno allestito creme

doposole veicolabili con formulazioni spray sottoforma di emulsioni ad alta

viscosità a base di olio di canapa e olio d’oliva. La combinazione si è rivelata

vincente: i prodotti ottenuti risultano facili da applicare sulla pelle, molto

stabili e donano una piacevole sensazione di freschezza e idratazione

cutanea, soddisfando pienamente la domanda dei consumatori.

Studi in vitro hanno suggerito per l’olio di canapa un’azione antiossidante

paragonabile a quella dell’olio di germe di grano, sorprendentemente

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

rafforzata da un’ottima capacità chelante i metalli come il ferro, coinvolto

nelle reazioni ossidative (62).

La sua efficacia nell’inibire i radicali liberi risulta maggiore rispetto a quella

riscontrata nell’olio extravergine d’oliva. Anche in uno studio condotto da

Fawzy et al. finalizzato a comparare le diverse attività anti-radicaliche, la sua

azione risulta migliore rispetto a quella dell’olio d’oliva, ma viene superato

dall’olio di arachidi e dall’olio semi di girasole.

Un secondo studio in vitro che ha coinvolto alcuni topolini attesta che, sulla

loro pelle invecchiata, l’azione anti-age dell’olio – esercitata attraverso

iniezioni ipodermiche ripetute sempre in una specifica zona – ne migliora le

caratteristiche: in particolare aumenta il contenuto di acqua, lo spessore del

derma e il numero dei follicoli, oltre a restituire una maggiore elasticità grazie

alla stimolazione della sintesi di fibre di collagene (62).

La combinazione di tutte le sue componenti – grazie ad un effetto sinergico –

dà vita ad un prodotto in grado di esplicare contemporaneamente più azioni;

la sua provata efficacia lo rende un prodotto particolarmente invitante,

capace di attirare a sé l’attenzione del mondo cosmetico.

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2.1.5 Stabilità e sicurezza

L’idea di inserire l’olio di semi di canapa in un prodotto cosmetico ha il suo

fascino, ma senza prendere le adeguate precauzioni sia nella formulazione

che nel packaging, l’elevato grado di insaturazione degli acidi grassi che lo

compongono determina una più veloce ossidazione rispetto a quella

riscontrata con altri oli utilizzati come eccipienti cosmetici, ad esempio l’olio

di palma e l’olio d’oliva, con la comparsa di aldeidi maleodoranti e

conseguente irrancidimento dell’olio stesso.

La sua insaturazione costituisce di per sé un paradosso: se da un lato lo rende

una sostanza nutriente, dall’altro è responsabile della sua instabilità chimica.

Tale vulnerabilità non è propria solamente di questo olio, ma è caratteristica

di qualsiasi olio insaturo. Infatti oli saturi come quello di palma e quello di

cocco si dimostrano più stabili e solidi a temperatura ambiente, al contrario

di oli come quello di canapa o di lino altamente insaturi quindi meno stabili e

liquidi a temperatura ambiente. Gli acidi grassi essenziali possiedono

un’utilità dimostrata quando incorporati in creme idratanti per la pelle, a

condizione che, prima di essere applicati, non siano andati incontro ad

ossidazione. Il prodotto ossidato, infatti, porta con sé uno svantaggio:

contenendo polimeri oleosi può lasciare sulla pelle un’indesiderata

sensazione di untuosità, difficile da allontanare completamente. Oltre alla

reazione ossidativa a carico del doppio legame chimico, predominante

sembra essere il meccanismo di reazione ad opera di radicali liberi

dell’ossigeno diretti su atomi di carbonio allilico adiacenti all’insaturazione –

considerati i più suscettibili all’attacco degradativo a causa della bassa

energia di dissociazione dei loro atomi di idrogeno.

Per questa ragione oli prevalentemente monoinsaturi come l’olio d’oliva,

presentando minori posizioni di labilità, danno prova di una maggiore

inalterabilità (13).

In uno studio realizzato da Sapino et al., l’olio di canapa è stato confrontato

con l’olio d’oliva in termini di stabilità all’ossidazione. I dati ottenuti hanno

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dimostrato che l’olio di canapa si rivela meno stabile. Una più decisa

fotostabilità della clorofilla, abbondante nell’olio d’oliva, è probabilmente

imputabile ad un più ampio contenuto di antiossidanti, capaci di proteggere

il pigmento dalla fotodegradazione.

Concludendo, Sapino et al. affermano che l’olio di canapa può essere ritenuto

relativamente stabile: la sua stabilità si mantiene fino a temperature che si

aggirano intorno ai 250°C (34).

Tuttavia, pur essendolo in misura minore rispetto all’olio d’oliva, la ricchezza

di tocoferoli e di altri antiossidanti come fitosteroli e polifenoli contrasta in

parte l’elevata suscettibilità all’irrancidimento, legata all’abbondanza di acidi

grassi poli-insaturi.

Dal momento che i suoi maggiori componenti benefici sono anche i principali

responsabili della sua instabilità, diventa strettamente necessario

predisporre di un controllo qualità per tutta la durata del processo

produttivo.

Dopo la spremitura l’olio viene rapidamente imbottigliato in recipienti opachi

per proteggerlo dall’azione dell’aria e della luce. Nonostante ciò per la

conservazione a lungo termine ci si serve di ambienti freschi e asciutti.

Come anticipato in precedenza, anche la clorofilla è instabile: la sua

fotodegradazione dà origine a radicali liberi, accelerando in questo modo la

reazione di lipoperossidazione a carico degli acidi grassi insaturi (20,77).

Per prima cosa l’aggiunta un lipide in una formulazione deve essere

necessariamente subordinata ad un attento processo di purificazione. Dopo

di che la sua applicazione in un prodotto è strettamente condizionata dal

supplemento di antiossidanti, al fine di aumentare la shelf-life del cosmetico.

A questo proposito la vitamina E viene frequentemente sfruttata come

antiossidante naturale e conservante (66).

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Al contrario, se utilizzato come tale gli antiossidanti naturalmente presenti

nell’olio garantiscono una certa sicurezza, non rendendo quindi necessaria

l’aggiunta di conservanti sintetici.

I composti fenolici presentano una grande influenza sulla sua stabilità:

prevengono il deterioramento neutralizzando le temute reazioni radicaliche

responsabili dell’ossidazione lipidica. Polarità, solubilità e numero di idrossidi

nella molecola polifenolica sono alcuni dei fattori che rivestono un ruolo di

tutto rispetto nell’esercizio dell’attività antiossidante (78).

Fino ad oggi non è stata segnalata alcuna reazione allergica all’olio di canapa.

Al contrario per l’olio di semi di lino sono note diverse reazioni avverse legate

all’elevato contenuto in acido α-linolenico, ritenuto leggermente irritante per

le mucose.

L’olio di canapa ne dispone in quantità considerevolmente inferiori; ciò

nonostante prima di applicare un qualsiasi prodotto, il consumatore – a sua

discrezione – può sottoporsi ad un test allergico per scongiurare qualsiasi

rischio (66).

Provenendo da sementi certificate e autorizzate - al fine di garantire un certo

livello di sicurezza nei prodotti e un certo grado di tutela per i consumatori -

normalmente non contiene quantità significative di sostanze psicoattive.

Tuttavia tracce di THC possono essere rilevate nelle analisi, dal momento che

la resina secreta dai tricomi tende ad aderire su altre porzioni della pianta e

possono rappresentare un grosso ostacolo all’espansione di cosmetici

contenenti olio di canapa nel mercato dei prodotti naturali. Esistono quindi

accorgimenti per prevenire tale contaminazione: essenzialmente consistono

in una pulizia accurata dei semi e nella rimozione del loro rivestimento

esterno prima di procedere alla lavorazione. Qualora fosse comunque

presente, le quantità di THC sarebbero talmente esigue da ovviare un

possibile assorbimento attraverso la pelle, scongiurando così il rischio di

effetti avversi. In più, essendo il THC una sostanza fotolabile e incline

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all’ossidazione andrà immediatamente incontro a reazioni degradative al

momento dell’applicazione del prodotto (20,,34,67).

Nel 1999 Cirimele et al. hanno verificato la potenziale contaminazione

realizzabile durante le normali pratiche igieniche utilizzando come prodotto

per capelli lo shampoo “Cannabio” contenente quantità esigue di THC e CBD,

sostenendo una totale sicurezza riscontrata nell’analisi.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

2.1.6 Formulazione

L’aspetto formulativo dell’olio di canapa riveste una notevole importanza.

Ad esempio, dal momento che l’olio di canapa utilizzato nel settore cosmetico

è lo stesso sfruttato in campo alimentare, non mancano testimonianze di

individui che – note le sue spiccate proprietà – lo applicano puro come olio

da massaggio. Tuttavia l’applicazione dell’olio come tale può non incontrare

il favore del consumatore, a causa della sua consistenza oleosa e della sua

notevole untuosità. Come se non bastasse un ulteriore effetto non proprio

desiderato di questa strategia di utilizzo riguarda il fatto che sulla pelle andrà

rapidamente incontro ad ossidazione, generando uno spiacevole odore

corporeo (67).

Per questo si privilegiano formulazioni che garantiscono una maggiore

praticità e gradevolezza, come ad esempio creme e geli.

Il grado di apprezzamento è presto raggiunto se si trasforma l’olio in un

lipogel: la gelificazione dell’olio di canapa prevede l’impiego di argille

anioniche, modificate con l’ausilio di metodi rigorosamente green. Questa

modifica che consiste essenzialmente nell’aggancio di una componente

lipofila, aumenta l’affinità tra la matrice inorganica e l’olio: si ottiene un

prodotto applicabile in trattamenti anti-age come siero contorno-occhi, olio

da massaggio, impacchi o maschere (62).

Oltre all’utilizzo diretto, l’olio di canapa può rappresentare un ingrediente

innovativo per formulazioni cosmetiche, a cui presta le sue innumerevoli

proprietà.

La presenza di un olio in una formulazione contribuisce ad aumentare la

stendibilità del prodotto e a migliorare la texture: i legami insaturi dei suoi

acidi grassi generano una particolare angolazione delle catene lipidiche tale

per cui si assiste ad un incremento sia in termini di mobilità che di

permeabilità cutanea, assicurando una sensazione al tatto particolarmente

leggera e delicata (69).

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

La pelle è permeabile ai lipidi applicati localmente: così grazie al contenuto di

acidi grassi essenziali, l’olio di canapa è ideale come componente in oli per il

corpo e in creme arricchite di lipidi – noti per il loro elevato potere di

penetrazione cutanea. (19,42).

Karus e Leson riportano che il chimico austriaco Peter Rausch ha delineato un

possibile ventaglio di applicazioni attribuibili all’olio di canapa nei cosmetici e

nei prodotti per l’igiene personale – al punto che la sua azienda, nel 1994, ha

lanciato una linea di articoli per la cura della persona a base di olio di canapa,

comprendente saponi, shampoo e gel. Secondo i risultati dei suoi test,

sostituire oli vegetali convenzionali con olio di canapa in creme e lozioni gioca

a favore di una migliore penetrazione cutanea e riduce la viscosità del

prodotto. Oltre a ciò lo propone come materia prima alternativa anche nella

produzione di saponi, emulsionanti, shampoo e cosmetici.

Si ritrova utilizzato anche come fase olio di emulsioni applicabili sottoforma

di creme con azione anti-age e capacità idratante. Callaway e Pate

sostengono che il potere di idratazione esercitato da creme per la pelle

contenenti olio di canapa è legata anche al contenuto di ɣ-linolenico e di acido

stearidonico, acidi grassi presenti in porzione minoritaria.

Quando è presente all’interno di emulsioni acqua in olio e si vuole ottenere

una certa inalterabilità, bisogna tenere presente che tanto più piccole

saranno le dimensioni iniziali delle particelle, tanto maggiore risulterà la

stabilità a lungo termine.

A tal proposito Kowalska et al., hanno determinato le condizioni ottimali per

ottenere un’emulsione stabile, concludendo che essa dovrebbe contenere

una quantità di olio che si aggira tra i 30 e i 50 gr; dopo di che risulterebbe

necessario avvalersi di un tempo di omogeneizzazione che oscilla tra i 2,5 e i

6 minuti.

Per definizione un’emulsione è un sistema eterogeneo costituito da due fasi

liquide immiscibili tra di loro, in cui una è dispersa nell’altra sottoforma di

piccole goccioline sferiche.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Il caricamento dell’olio in nano-emulsioni – ottenute tramite un processo di

omogeneizzazione ad alta energia, rivelatosi il più adeguato – offre diversi

vantaggi cosmetici: innanzitutto migliora la biodisponibilità degli acidi grassi

insaturi, poi garantisce una certa protezione dalle reazioni ossidative ed infine

aumenta la stabilità dell’emulsione stessa.

Per contrastare gli svantaggi legati alla suscettibilità ossidativa, l’olio di

canapa è stato proposto in formulazioni tecnologicamente avanzate come le

nano-particelle solide lipidiche, le quali possono essere veicolate sia in creme

giorno e notte, sia in sieri. Le nano-particelle lipidiche sono eccipienti

cosmetici che forniscono un ventaglio di vantaggi, il che significa oltre ad una

migliore stabilità ed efficacia, una più ampia biodisponibilità sulla pelle,

esaltandone le preziose caratteristiche (54,62).

Oltre che per la pelle, è un ottimo emolliente anche per i capelli.

Ogni capello, che prende origine nel bulbo pilifero a livello del cuoio

capelluto, è composto da una massa compatta di cellule morte e

cheratinizzate. Ciascun bulbo è provvisto di una ghiandola sebacea con

funzione lubrificante sulla radice del capello e comincerà a produrre un nuovo

capello solo dopo un periodo di circa 6 anni, quando questo cadrà.

L’esposizione al sole, i frequenti lavaggi, il calore del phone e agenti chimici

aggressivi possono indebolire e danneggiare gli strati più esterni dei capelli

che, diversamente dalla pelle, non vanno incontro a rigenerazione ma

diventano sempre più fragili, spenti e sfibrati.

L’inserimento di lipidi in prodotti per la cura dei capelli si traduce in una

migliore gestibilità degli stessi, una più accentuata lucentezza e una maggiore

morbidezza (66).

In qualsiasi prodotto lo si trovi, le “stupefacenti” proprietà dell’olio sono

addizionate all’azione dei suoi numerosi e apprezzabili componenti attivi.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

2.2 Olio essenziale

Durante la fioritura oltre al seme è possibile la raccolta delle infiorescenze

femminili per l’estrazione dell’olio essenziale, un altro interessante prodotto

ricavabile dalla Cannabis. Tra tutti gli oli essenziali in commercio, si tratta di

uno dei più insoliti: la reputazione della pianta può ingiustamente giocare a

sfavore del rapporto con il potenziale consumatore. Tuttavia il suo inebriante

odore, una delle caratteristiche distintive della pianta, non ha nulla a che fare

con il contenuto di cannabinoidi, dal momento che questi risultano inodori.

2.2.1 Composizione

Per definizione, l’olio essenziale si compone di miscele complesse di composti

volatili e odorosi prodotti dalla pianta, caratterizzabili in GC-MS

(gascromatografia-spettrometria di massa). I fragranti composti chimici –

responsabili dell’aroma unico, deciso e intenso, ricco di note verdi ed erbacee

della pianta fiorita e del suo olio essenziale dal colore giallo pallido – sono i

terpeni e principalmente i loro derivati terpenoidi (63).

I terpeni rappresentano la seconda classe di composti biologicamente attivi

tipici della pianta, prodotti negli stessi tricomi ghiandolari condivisi con i

cannabinoidi.

Sono due le principali differenze tra terpeni e terpenoidi: innanzitutto i primi

sono idrocarburi semplici mentre i secondi si distinguono per l’aggiunta di

gruppi funzionali, tra cui alcoli, eteri, aldeidi, chetoni, esteri (48).

Figura 8. Tricomi ghiandolari della Cannabis – Taming THC: potential Cannabis synergy and phytocannabinoid-terpenoid entourage effects.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Secondariamente i terpeni costituiscono una classe di sostanze, la cui

struttura recante atomi di carbonio e di idrogeno è ottenuta a partire da unità

di isoprene (C5H8), mentre i terpenoidi non rispettano a pieno la regola

isoprenica. Questi ultimi rappresentano inoltre una grande percentuale

dell'olio essenziale della Cannabis sativa L. (34).

Ad oggi sono stati identificati più di 120 terpenoidi nella Cannabis, alcuni in

concentrazioni più elevate rispetto ad altri, a seconda di svariati fattori - tra

cui la varietà, la densità delle piante, il tempo di raccolta, le condizioni

metereologiche, l’impollinazione – i quali possono influire sulla composizione

e sulla resa dell’olio essenziale. Tendono a coprire circa l’1% del peso totale

dell’infiorescenza, mentre possono rappresentare fino al 10% del contenuto

dei tricomi (74,86).

Tra questi sono compresi 58 monoterpenoidi, 38 sesquiterpenoidi, 1

diterpenoide, 2 triterpenoidi e altri 4 terpenoidi. Tuttavia all’aumentare delle

molecole di isoprene nella struttura chimica si riduce la facilità di estrazione

dei composti: di fatto, tra tutti, coloro che impartiscono principalmente alla

Cannabis il suo odore distintivo sono monoterpenoidi e sesquiterpenoidi

volatili. La componente dominante si conferma quella dei monoterpenoidi,

dotati di 10 atomi di carbonio, tra cui si ritrovano β-mircene, limonene, trans-

ocimene, α e β-pinene, β-fellandrene, linalolo, α-terpinolene, 1,8 cineolo o

eucaliptolo.

Tra i sesquiterponoidi, a 15 atomi di carbonio, si ritrovano β-cariofillene, α-

umulene, α e β-fellandrene.

Il sesquiterpenoide cariofillene-epossido, per esempio, è il

composto principale che i cani da ricerca sono addestrati a

riconoscere, poiché il THC non ha odore.

Figura 9. Struttura chimica del β-cariofillene-epossido - Comprehensive Natural Products II Chemistry and Biology, pag. 1061

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

L’unico terpenoide esclusivo della Cannabis è il

monoterpenoide m-menta-1,8 (9) -dien-5-olo, tutti gli altri

possono essere trovati ubiquitariamente in natura (34).

In assoluto, nel gruppo dei costituenti principali dell’olio

essenziale di Cannabis sativa, Piccaglia et al. hanno indicato

il mircene (14,6-20,9%), l’α-pinene (9,5-16,3%) e il β-

cariofillene (10,3-24,6%).

Tabella 11. Attività dei terpenoidi della Cannabis – Taming THC: potential cannabis synergy and phytocannabinoid-terpenoid entourage effects

I terpenoidi mostrano una vasta gamma di attività biologiche riconducibili ad

ogni singolo composto, in virtù della loro lipofilia, di conseguenza della

capacità di interagire con le membrane biologiche, spingendosi fin oltre la

Figura 10. Struttura chimica del m-menta-1,8(9)-dien-5-olo - Comprehensive Natural Products II Chemistry and Biology, pag. 1061

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

barriera emato-encefalica. Inoltre ciascuno dei composti conferisce una

particolare nota di profumo.

Il D-limonene, tipico del limone e di altri oli essenziali a base di agrumi, è il

secondo terpenoide più ampiamente distribuito in natura, la cui ubiquità

supporta l’ipotesi di un suo importante ruolo ecologico. Si tratta di un potente

agente ansiolitico in grado di aumentare le concentrazioni di serotonina nella

corteccia prefrontale e di dopamina nell'ippocampo. Conferisce un profumo

fresco e dolce. E’ un ingrediente comune nei prodotti cosmetici.

Il β-mircene è un monoterpene non ciclico; presenta una miriade di attività,

le principali sono la potente azione analgesica, quella sedativa e quella

rilassante muscolare. Secondo Mediavilla e Steinemann si tratta del

terpenoide più abbondante prodotto dalla Cannabis. In alte concentrazioni si

ritrova anche nel luppolo (Humulus lupulus) e nella citronella (Cymbopogon

citratus). Si distingue per il suo odore gradevole, dalla nota leggermente

verde, per questo è ampiamente sfruttato nel settore dei profumi.

L'α-pinene è un monoterpene biciclico e rappresenta il terpenoide più

ampiamente diffuso in natura. Si ritrova nelle conifere ed in innumerevoli oli

essenziali vegetali, con un ruolo insetto-repellente. Noto come anti-

infiammatorio e broncodilatatore; curiosa la sua attività come inibitore

dell’acetil-colinesterasi, caratteristica utile a contrastare i deficit di memoria

a breve termine indotti da un’intossicazione da THC.

Il D-linalolo è un alcol monoterpenoide comune nella lavanda e nella rosa,

le cui attività ansiolitica e anestetica locale sono ampiamente conosciute.

Nell'aromaterapia tradizionale, viene sfruttato per alleviare le bruciature

della pelle senza lasciare cicatrici. Costituisce circa il 5% dell’olio essenziale di

Cannabis.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Il β-cariofillene costituisce il sesquiterpenoide più comune riscontrato nella

Cannabis (52) capace di attrarre insetti impollinatori e al contempo sfoderare

effetti repellenti contro altri insetti. Si è dimostrato agonista selettivo del

recettore CB2, offrendo grandi promesse come composto terapeutico, sia a

livello sistemico, sia in applicazioni dermatologiche come per la dermatite da

contatto. Presente anche nel pepe nero.

Il nerolidolo è un alcol sesquiterpenico con proprietà sedative, capace di

inibire la crescita di funghi, parassiti e leishmania. Si ritrova anche nelle

arance.

L'ossido di cariofillene è un sesquiterpenoide comune anche alla melissa e

all'eucalipto. Utile nella difesa delle piante in quanto funge da insetticida e da

antimicotico.

Il fitolo è un diterpene prodotto dalla degradazione di clorofilla e tocoferolo.

Reperibile anche nel thè verde.

L’eucaliptolo o 1,8-cineolo è un noto antibatterico e antifungino; oltre a ciò

migliora l’irrorazione sanguigna cerebrale, potenziando così l’attività

corticale. Grazie alla sua nota fresca, fragrante, dolce, che richiama la menta,

è apprezzato in campo cosmetico. Tipico anche di salvia, rosmarino, alloro e

canfora (48,63,74).

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

2.2.2 Proprietà

Oltre alle proprietà biologiche proprie di componenti specifiche, l’olio nel suo

insieme, secondo Kedzia et al., vanta proprietà antiparassitarie, antimicotiche

e antibatteriche.

L’attività antimicrobica è indubbiamente la più interessante, oltre ad essere

la più studiata. Diversi sono i costituenti che forniscono il loro contributo,

ottenendo un effetto complessivo degno di nota.

Kedzia et al. si sono concentrati principalmente sull’inibizione di batteri

anaerobi, concludendo che quelli Gram positivi erano i più suscettibili all'olio

essenziale di Cannabis rispetto a quelli anaerobi Gram negativi, dotati di una

maggior resistenza in virtù della loro membrana esterna.

Uno studio condotto da Nissen et al. sostiene che gli oli essenziali di canapa

possano inibire significativamente la crescita microbica, in misura maggiore a

seconda della varietà e del tempo di semina. In particolare viene testata

l’attività antimicrobica dell’α-pinene della varietà “Futura” contro tre micro-

organismi: vengono presi in considerazione batteri Gram positivi come

Clostridium spp, Enterococcus spp e Streptococcus spp, batteri Gram negativi

come Pseudomonas spp e lieviti.

Tabella 12. Attività antimicrobica espressa come dosaggio minimo di concentrazione battericida dell'olio essenziale futura e alfa pinene su specie chiave di Gram + e Gram – batteri - Characterization and antimicrobial activity of essential oils of industrial hemp varieties (Cannabis sativa L.)

Anche E. B. Russo nel 2011 afferma che il pinene, veicolato in oli essenziali, si

dimostra un antisettico eccellente e sicuro, in grado di inibire batteri come

MRSA (Methicillin resistant Staphylococcus aureus).

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Inoltre Stefanini et al. sottolineano una buona efficacia dell’olio essenziale

contro un ampio spettro di micro-organismi e una notevole attività contro

Clostridium spp, focalizzando l’attenzione sull’α-pinene, il composto dalle

migliori prestazioni, capace di inibire completamente la crescita dei lieviti.

L’azione antimicrobica dell’olio

essenziale di Cannabis viene

considerata modesta anche da

Novak et al., dopo un’attenta

analisi su diversi batteri indicati

nella tabella 13.

McPartland e Russo sottolineano che il mircene lavora in sinergia con altri

componenti, incrementando la potenza antibiotica dell’olio essenziale contro

lo Staphylococcus aureus, il Bacillus subtilis, lo Pseudomonas aeruginosa e un

ceppo specifico di Escherichia coli. Inoltre affermano che proprietà

antibatteriche dose-dipendenti sono proprie di composti come l’α-pinene,

l’α-terpineolo e il terpinen-4-olo.

Limonene, linalolo e pinene risultano in grado di inibire con MIC diverse

l’agente patogeno responsabile dell’acne, il Propionibacterium acnes. Per

MIC si intende la più piccola concentrazione di olio essenziale in grado di

inibire la crescita dei micro-organismi testati.

Tabella 13. Organismi analizzati nel test antimicrobico - Essential oils of different cultivars of Cannabis sativa L. and their antimicrobial activity

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Il limonene si è rivelato addirittura più potente del triclosan e, così come il

linalolo, riesce a contrastare la produzione di citochine pro-infiammatorie

come il TNF-α, garantendo un effetto anti-infiammatorio addizionale. Per

questi motivi, se l’olio essenziale viene associato ad estratti dal contenuto

predominante in CBD, cannabinoide capace di attenuare l'aumento della

produzione di sebo, si ottiene un effetto sinergico offrendo così un approccio

nuovo e promettente per il trattamento dell’acne giovanile. Inoltre, note le

tossicità esigue relative a CBD e ai terpenoidi, appaiono considerevolmente

minimizzati i rischi rispetto all’utilizzo dell’isotretinoina, agente teratogeno

(74).

Gli effetti repellenti contro molti insetti sono attribuiti principalmente a

limonene, α e β- pinene, α-terpineolo e borneolo (Piccaglia et al., 2005) ma

anche a β-cariofillene, ossido di cariofillene e a nerolidolo.

È vero anche che la sinergia che si instaura tra la particolare miscela di mono

e sequiterpeni in toto – artefice della notevole viscosità tipica delle

essudazioni di Cannabis - combinata agli effetti insetticidi dei fitocannabinoidi

fornisce una strategia difensiva nei confronti dei predatori (74).

Infine proprietà antimicotiche sono primariamente attribuibili a composti

come il limonene, l’eucaliptolo, nerolidolo e l’ossido di cariofillene.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

2.2.3 Procedure di estrazione

L’olio essenziale si ottiene dall’idro-distillazione delle infiorescenze fresche,

le quali sono considerate materiale residuo delle varietà da fibra di Cannabis

Sativa legali e certificate (10). Per questo il THC non viene rilevato. Inoltre

detenendo un peso molecolare elevato, una scarsa solubilità in acqua e una

bassa volatilità, qualora fosse presente, non risulterebbe adeguato per essere

distillato. In aggiunta, la presenza di altri cannabinoidi risulta molto esigua

(52,58). Il risultato è quindi un prodotto vendibile legalmente. Analogamente ai

cannabinoidi, la produzione di terpenoidi da parte della pianta aumenta con

l’esposizione alla luce e si riduce con la fertilità del suolo. A sostegno di tale

teoria, la coltivazione in serra permette di ottenere rese più elevate (74).

Tra le tecniche a disposizione, raccomandata da numerose farmacopee per

piante medicinali, la distillazione in corrente di vapore è quella più

assiduamente impiegata per concentrare i componenti in un olio essenziale

(83). Mediante questa modalità, l’acquisizione dell’essenza si realizza

attraverso più passaggi: il primo consiste nell’estrazione, seguita da

separazione ed infine recupero del prodotto. La prima fase viene realizzata

grazie all’interazione tra il materiale vegetale – precedentemente sminuzzato

e adagiato su una superficie all’interno della camera di condensazione – e il

vapore d’acqua, ricavato dalla sua ebollizione. Successivamente quest’ultimo,

caricato delle sostanze volatili, grazie ad un alternarsi di evaporazioni e

condensazioni, viene concentrato a livello della colonna di rettifica. Il risultato

sarà una miscela eterogenea olio-acqua composta da due fasi immiscibili,

agevolmente scindibile con l’ausilio di un imbuto. La fase oleosa del distillato

corrisponde all’olio essenziale. Tale metodo raggiunge la massima resa

quando si ha a disposizione la droga fresca. Esiste una distillazione

alternativa, quella a secco, che si differenzia dalla precedente per l’assenza di

solvente: si condensano i vapori ottenuti dal riscaldamento diretto del

materiale. La freschezza della materia prima è un requisito fondamentale in

quanto molti dei costituenti principali volatilizzano in breve tempo e

l’essicazione, specialmente a temperature elevate, riduce la resa in olio

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

essenziale perché porta alla perdita di aromi delicati, inficiando più sulla

quantità di mono che di sesquiterpeni (8,85).

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

2.2.4 Applicazioni cosmetiche

Si tratta di un prodotto di nicchia - novità dal punto di vista commerciale - dal

costo relativamente elevato (72). In Europa, grazie all’ottimizzazione dei

metodi di produzione agricola della canapa per l’ottenimento su larga scala,

si prospettano possibilità concrete per un’acquisizione competitiva anche

dell’olio essenziale, abbattendo così i prezzi attuali (68).

Molto apprezzato nella cosmesi naturale: viene impiegato come ingrediente

di oli da massaggio dal momento che si presta ad un rapido assorbimento e

garantisce una confortevole sensazione cutanea; come base per cosmetici,

tra cui shampoo e saponi a cui dona il tipico aroma di Cannabis, ma anche

nelle creme: in particolare si consiglia in condizioni di pelle secca; ancora

come additivo naturale di aromi e fragranze nei profumi, sua applicazione

principale. Grazie alla sua nota olfattiva interessante, offre la possibilità di

realizzare prodotti pregiati dotati di componenti naturali gradevoli, per di più

distinti con profumazioni ad impatto ambientale praticamente nullo.

Il gradimento di un profumo è indubbiamente un aspetto molto soggettivo:

ciascuno si basa su una particolare sensibilità rispetto al proprio olfatto. Per

questo motivo le valutazioni dei test sull’aroma dell’olio essenziale forniscono

risultati molto diversi tra loro. Tuttavia è possibile estrapolare tre

considerazioni: oli con percentuali elevate di sesquiterpeni risultano poco

apprezzati; al contrario oli con decise percentuali di monoterpeni e scarse di

sesquiterpeni ricevono molta approvazione. Infine, oli misti provenienti da

ceppi diversi hanno sorprendentemente riscosso i punteggi migliori. Ai fini

commerciali, questa è sicuramente una peculiarità da tenere in

considerazione. La fragranza differisce in base al ceppo utilizzato: altro

elemento non di poco conto nella realizzazione di prodotti cosmetici come

profumi, oli e creme (52,71).

Inoltre Meier e Mediavilla suggeriscono che indagare sull’ampia variabilità dei

fenotipi terpenici di Cannabis sativa possa aprire le porte alla scoperta di

nuovi aromi interessanti per l’industria dei profumi.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Essendo soprattutto ricco di monoterpeni è suscettibile all’ossidazione: per

questo motivo va conservato con cura, al riparo da luce e fonti di calore. Se

ossidato, l’olio essenziale può scatenare reazioni allergiche anche a basse

dosi, diversamente non risulta sensibilizzante sulla pelle (74).

2.2.5 Altre applicazioni

Inoltre le sue potenzialità gli permettono di poter essere sfruttato anche in

altri settori: per l’olio essenziale di canapa sono noti molti utilizzi. Ad esempio

nella nell’aromaterapia, in virtù delle proprietà aromatiche riconducibili

all’azione dei singoli componenti terpenici, migliora lo stato di benessere

psico-fisico dell’individuo, oppure come sostanza aromatizzante nella birra o

ancora come repellente contro molti insetti o mezzo di protezione per le

piante, in accordo con il suo ruolo di metabolita secondario indispensabile

nella difesa da ostilità ambientali (52,63).

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

3. Prodotti in commercio

Attualmente, sul mercato italiano, l’olio di Cannabis sativa è uno degli

ingredienti presenti nella formulazione di molti prodotti cosmetici o viene

utilizzato come tale. Sono diverse le aziende sul territorio che sfruttano le sue

eccezionali proprietà:

3.1 Bottega della Canapa è un’azienda italiana che nasce con lo scopo preciso

di riscoprire e promuovere la pianta con le sue innumerevoli qualità. La sua

linea di prodotti cosmetici naturali e biologici si prende cura della salute di

viso, corpo e capelli, le cui formulazioni prevedono un’unione sinergica tra le

meravigliose doti dell’olio di semi di canapa con altri principi attivi naturali

estratti da coltivazione biologica, in un incontro ravvicinato e vincente.

Figura 11. Linee di prodotti di Bottega della canapa

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Emulsione a base di olio di canapa e di oliva

per nutrire ed idratare la pelle matura del

viso. Si caratterizza per le spiccate azioni

antiossidante, anti-invecchiamento e

rigenerante.

INGREDIENTI Aqua, Glyceryl Stearate, Cetearyl Alcohol, Stearic Acid, Sodium Lauroyl Glutamate, Butyrospermum

Parkii Seed Butter, Cetyl Alcohol, Simmondsia Chinensis Seed Oil, Cannabis Sativa Seed Oil, Olea

Europaea Oil, Daucus Carota Extract, Benzyl Alcohol, Salicylic Acid, Glycerin, Sorbic Acid, Parfum.

Addolcente e rinfrescante, combatte lo stress da

esposizione solare idratando a fondo. È ideale per tutti i

tipi di pelle. Non unge, rigenera i tessuti stressati dal sole.

INGREDIENTI

Aqua, Glyceryl Stearate, Cetearyl Alcohol, Stearic Acid, Sodium Lauroyl

Glutamate, Simmondsia Chinensis Seed Oil, Butyrospermum Parkii Seed

Butter, Calendula Officinalis Extract, Glycine Soja Seed Oil, Hypericum

Perforatum Extract, Cannabis Sativa Seed Oil, Benzyl Alcohol, Salicylic Acid,

Glycerin, Sorbic Acid, Mentha Piperita Oil, Parfum, Linalool.

3.2 Alchimia natura è un’azienda artigianale, che coltiva e raccoglie piante

officinali e le trasforma in prodotti cosmetici bio-ecologici a base di materie

prime rinnovabili di origine vegetale, senza aggiungere silicoli, derivati del

petrolio, conservanti aggressivi o profumi sintetici. I cosmetici a base di olio

di canapa che propone sono due:

Figura 13. Crema dopo-sole all'olio di canapa

Figura 12. Crema nutriente all'olio di canapa e di oliva

Figura 14. Canapa crema viso e Canapa maschera viso

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

La Crema viso a base di olio di canapa si rivela un ottimo restitutivo per pelli

secche e stressate da vento, sole e freddo, grazie all’elevato contenuto di

acidi grassi polinsaturi. La ricchezza di Vitamine E e C contrasta la formazione

di radicali liberi, donando giovinezza e luminosità alla pelle. Ottima per pelli

disidratate, come crema da notte e dopo sole. Ideale anche per la pelle

maschile, nutriente, ma non untuosa, lascia la pelle morbida e compatta.

INGREDIENTI: Aqua, Cannabis sativa seed oil, Prunus amygdalus dulcis oil, Cetyl alcohol, Cetearyl alcohol, Alcohol, Glyceryl stearate, Potassium palmitoyl hydrolyzed wheat protein, Tocopheryl acetate, Calendula officinalis extract, Cananga odorata flower oil, Cymbopogon martinii oil, Pelargonium graveolens oil, Glucose, Glycine, Hydrolyzed wheat protein, Panthenol, Tocopherol, Ascorbyl palmitate, Sodium glutamate, Sodium PCA, Urea, Sorbitol, Xanthan gum, Lecithin, Citric acid, Potassium sorbate, Sodium benzoate, Lactic acid, Citronellol, Linalool, Geraniol, Farnesol, Benzyl salicylate, Eugenol, Geranial, Limonene, Neral, Benzyl benzoate.

Vellutata maschera a base di olio di canapa ed estratto di carota, dalle

proprietà tonificanti ed elasticizzanti. Restitutiva e illuminante, ottima da

usare dopo il sole per nutrire e accentuare l’abbronzatura.

INGREDIENTI: Aqua, Vitis vinifera oil, Cannabis sativa seed oil, Cetyl alcohol, Zinc oxide, Cetearyl alcohol,

Aloe barbadensis gel, Oryzanol, Glyceryl stearate, Alcohol, Panthenol, Polyglyceryl-4 caprate, Potassium palmitoyl hydrolyzed wheat protein, Olea europaea oil, Daucus carota extract, Calendula officinalis extract, Ascorbyl palmitate, Tocopherol, Beta-carotene, Potassium sorbate, Sodium benzoate, Lecithin, Citric acid, Xanthan gum, Lactic acid.

3.3 Alcanda Skin Care è un’azienda italiana giovane e dinamica il cui nome

deriva dall’acronimo di “aloe”, “canapa” e “lavanda” - elementi principali

della linea cosmetica. Il prodotto principe è la crema Renascentia: texture

soffice e profumazione delicata, nasce dall’idea di offrire alla donna di oggi

un prodotto tutto in uno per la cura del viso. Grazie alla combinazione di

elementi naturali, attentamente selezionati, garantisce notevoli benefici

senza dover ricorrere ad ulteriori prodotti di completamento o integrativi.

Per l’olio di canapa, proveniente da coltivazioni proprie, è assicurato il

mantenimento di tutte le proprietà durante il trattamento di spremitura dei

semi e successive lavorazioni. La sua presenza offre tre vantaggi indiscutibili:

grazie alla ricchezza di peptidi bioattivi e aminoacidi, agevola il processo di

rigenerazione cellulare continua; i suoi acidi grassi essenziali nutrono e

ammorbidiscono la pelle in profondità ed infine è in grado di prevenire

macchie cutanee, lesioni e infiammazioni della pelle.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

INGREDIENTI: Aqua, Aloe Barbadensis Leaf Juice,

Lavandula Angustifolia Flower Water, Coco-Caprylate,

Caprylic/Capric Triglyceride, Propanediol, Cetyl Palmitate,

Zea Mays Starch, Cannabis Sativa Seed Oil, Cetearyl

Alcohol, Cetearyl Glucoside, Palmitoyl Hexapeptide-19,

Hydrolyzed Verbascum Thapsus Flower, Kigelia Africana

Fruit Extract, Donkey Milk, Quillaja Saponaria Bark Extract,

Malva Sylvestris Leaf Extract, Lavandula Angustifolia

Flower Extract, Macadamia Ternifolia Seed Oil, Hydrolyzed

Hyaluronic Acid, Oryza Sativa Starch, Simmondsia

Chinensis Seed Oil, Butyrospermum Parkii Butter, Olea

Europaea Oil Unsaponifiables, Opuntia Ficus-Indica Seed

Oil, Caffeine, Mandelic Acid, Ubiquinone, Tocopherol, Ascorbyl Palmitate, Lecithin, Glucose, Glycerin,

Tocopheryl Acetate, Cetyl Alcohol, Heptyl Undecylenate, Magnesium Aluminum Silicate, Benzyl

Alcohol, Glyceryl Stearate, Parfum, Ethylhexylglycerin, Tetrasodium Glutamate Diacetate, Capryloyl

Glycerin/Sebacic Acid Copolymer, Diheptyl Succinate, Citric Acid, Sodium Benzoate, Potassium Sorbate,

Hydroxyisohexyl 3-Cyclohexene Carboxaldehyde, Hydroxycitronellal.

3.4 La Saponaria è sia un laboratorio artigianale di cosmetici ecobio che uno

spaccio aziendale. Realizza prodotti fatti a mano e certificati biologici, efficaci

e buoni per chi li usa ma anche amici dell’ambiente, dando origine a linee di

cosmetici per viso, capelli, corpo, oltre alla linea solari, linea bimbi e linea

uomo.

Olio protettivo e rivitalizzante, dona elasticità,

rassoda la pelle e combatte la disidratazione. Può

essere utilizzato puro come olio da massaggio grazie

al suo alto grado di penetrazione cutanea. Offre

azioni anti-age, calmante, emolliente. Senza aggiunta

ulteriore di antiossidanti.

INGREDIENTI: Cannabis sativa Seed Oil puro al 100%

3.5 Verdesativa è un’azienda italiana leader nella cosmesi naturale certificata

– nello specifico certificazioni bio e vegan - specializzata nella produzione di

cosmetici green ed eco-friendly (shampoo, deodoranti, creme viso e corpo,

detergenti) a base di olio di canapa sativa.

Figura 15. Crema viso Renascentia

Figura 16. Olio di canapa

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79

Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Trattamento specifico purificante e rivitalizzante, deterge a

fondo la fibra capillare asportandone le cellule morte ed

assorbendo l’eccesso di sebo. La sinergia del prezioso olio di

canapa – riequilibrante e lenitivo - dell’argilla bianca e della

bentonite – argille dalle proprietà assorbenti e deodoranti -

dona ai capelli lucentezza e volume, migliorando

rapidamente l’aspetto della chioma. Consigliato su capelli

grassi e capelli con problemi di forfora.

INGREDIENTI: Aqua; Disodium Coco-Glucoside; Bentonite; Kaolin; Sodium Lauroyl Glutamate; Sodium Lauroyl Sarcosinate; Lactic Acid; Cannabis Sativa Seed Oil; Benzyl Alcohol; Glycerin; Potassium Sorbate; Amyris Balsamifera Bark Oil; Cinnamomum Cassia Extract; Citrus Aurantium Amara Leafl Oil; Citrus Aurantium Dulcis Oil; Melaleuca Alternifolia Leaf Oil; Santalum Album Oil; Linalool; D-Limonene; Geraniol; Cinnamal; Tocopherol.

3.6 Kialab è un’azienda italiana che opera nel settore cosmetico e, grazie alla

sua esperienza, svolge attività di consulenza formulativa alle aziende e per lo

sviluppo di nuovi principi attivi. Il Kiaderm® H-Oil – definito “oro verde” – è

attualmente presente come ingrediente in diversi prodotti cosmetici per le

sue proprietà emollienti, nutrienti, illuminanti. Oltre alle numerose già

presenti sul mercato, Kialab formula nuove proposte, ad esempio l'olio

illuminante leave-in, da utilizzare sia prima che dopo l'asciugatura: restituisce

lucentezza, dona morbidezza e migliora la definizione dei capelli.

Figura 17. Shampoo crema a base di canapa e argilla bianca

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80

Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

4. CONCLUSIONI

La Cannabis sativa è indubbiamente una risorsa incredibile: nel corso della

storia e in diverse parti del mondo, la canapa è stata spesso protagonista,

venerata per la sua psico-attività e utile come rimedio, come fonte di fibre e

come fonte di cibo. Dalla spremitura a freddo dei semi si ricava un olio dal

piacevole sapore di nocciola, considerato di grande pregio cosmetico in

ragione dell’elevato e introvabile contenuto di acidi grassi che conferiscono

eccellenti proprietà emollienti, riequilibranti e nutrienti. Ma non solo, di tutto

rispetto anche la sua frazione insaponificabile che, oltre a preservare in parte

dalle reazioni degradative legate alla ricchezza di acidi grassi poli-insaturi,

concorre nel potenziare le sue raffinate qualità. Per questi motivi si rivela un

ottimo ingrediente per prodotti destinati al trattamento di viso, corpo e

capelli. Numerose sono le aziende italiane che ne sfruttano le preziose doti.

Della pianta non si risparmia nulla, tanto è vero che a partire dalle

infiorescenze femminili si ottiene un olio essenziale dal colore giallo pallido,

composto principalmente da terpenoidi che, agendo in sinergia, permettono

di assicurarsi un prodotto di rilievo. Molto apprezzato dal mondo cosmetico,

tanto da veicolarlo, ad esempio, come ingrediente in oli da massaggio sino ad

arrivare all’impiego come aroma di profumi e fragranze, sua applicazione

principe.

Dalla sua riscoperta, la strada della Cannabis sativa nel settore cosmetico si è

dimostrata in ascesa; l’interesse nei suoi confronti non stenta a cessare,

pertanto si prospetta la scoperta di nuove potenziali e interessanti

applicazioni.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

7. RINGRAZIAMENTI

Se c’è qualcosa che ho imparato, è che niente è più doveroso e urgente di un

ringraziamento. In poche righe non sarà semplice riuscirci a dovere, ma sono

sicura che - chi nutre affetto nei miei confronti - in realtà già sa.

Desidero innanzitutto ringraziare profondamente la professoressa Santi –

relatrice di questa tesi – oltre che per il pronto aiuto, la disponibilità e la

precisione riservatemi durante tutto il periodo di stesura – per la lezione di

vita che difficilmente scorderò: mai abusare del proprio tempo.

Un enorme grazie ai miei genitori, mio punto fisso e mio esempio, per tutto.

Per aver sempre creduto in me, a volte più di me, per il vostro incrollabile e

instancabile sostegno, sia emotivo che economico. Se esistesse una parola

che vale più di un grazie, sarebbe per voi. Mi avete permesso di realizzare un

sogno! Grazie papà per i tuoi immancabili messaggi portafortuna ricevuti

appena prima di un esame, grazie mamma, sei scolpita nel mio cuore:

l’eternità per me sei tu.

Grazie ai miei fratelli, il mio secondo cuore, Andrea e Alberto: la mia vita senza

di voi sarebbe infinitamente più noiosa! Siete la mia missione da compiere!

Alla nonna Marisa e al nonno Renzo, per tutte le pause merenda trascorse

insieme, momento di leggerezza fatto di coccole, di mele e di chiacchiere.

Ringrazio i nonni Luigi e Marisa che mi guardano dall’alto, oggi non sono

fisicamente qui ma ci sono più di tutti: siete il mio cielo.

A Paolo, perché quando ci sei tu spunta sempre il sole. Grazie per tutto quello

che deve ancora venire!

A Jessica, da sempre compagna di mille avventure e altre ancora. Sei

straordinaria: per me sei questo e molto altro ancora.

Grazie ad Aurelia e Mirella, amiche speciali su cui so di poter contare, belle

dentro e fuori.

A Flavia, amica da tenere stretta “con entrambe le mani”.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

A Tiziana, così simile a me, perché c’è chi ti vuole bene e chi, silenziosamente,

lo fa.

Un forte ringraziamento va a tutto lo staff dell’osteria “La Vigna”, dai gestori

– datori di lavoro meravigliosi – agli incredibili colleghi e colleghe Alice, Sara,

l’altra Sara, Serena, Nadia, Andrea, Erick, Monica e Virginia. Non avrei potuto

trovare di meglio!

Ad Arianna, grazie per avermi fatto riscoprire la bellezza di avere accanto chi

sa volerti bene veramente. Sei troppe cose insieme, il resto lo sai già!

Un grazie al trio Ilaria, Stefano e Alessandra, sicura che la bella amicizia che ci

lega continuerà anche da lontano.

A Silvia e Alessandra, le mie liguri preferite.

A Elena per la gentilezza smisurata e il supporto a distanza che, credimi, si è

fatto sentire! Tu sei la prova che non tutti i regali sono da scartare.

Grazie a Maddalena, Elena, Miriam, compagne di liceo e non solo, complici

amiche.

Ad Agata, Raffaele, Michele, Gianmarco: con voi il divertimento è sempre più

che assicurato.

A Luigi: un ringraziamento dal profondo dell’anima.

A Francesco, sempre presente fino a questo punto di arrivo e

contemporaneamente di partenza della mia vita.

Alle mie colleghe, ma soprattutto dolci amiche farmaciste: a Gaia, compagna

di casa e di un insieme di ricordi che ancora mi emozionano, alla mitica e

inimitabile Linda per le risate di cuore, a Giulia, da sempre risorsa inesauribile:

non sarebbe stato lo stesso senza di te! A Francesca, Ilaria e Marcella per

l’allegria che sapete trasmettere.

A Sara e Marco, sempre sorridenti ed entusiasti della vita, da esserne

contagiosi.

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Applicazioni cosmetiche dei componenti della Cannabis sativa L.

Ad Andrea e Luca, per l’affettuoso sostegno reciproco.

Un grazie gigante ed inossidabile a tutti, sia quelli citati che non, per tutte le

volte che “non posso perché devo studiare”, incontrando la vostra totale

comprensione, per i vostri incoraggiamenti: anche se in quel momento era

impossibile crederci, mi tranquillizzava sentirvelo dire. Sono così fortunata ad

avervi nella mia vita, con il cuore nelle parole, vi voglio un gran bene.

Ultime ma non meno importanti le aziende cosmetiche italiane riportate –

preziose fonti di materiale da cui prendere spunto – per aver acconsentito di

buon grado di accendere i riflettori sui loro prodotti, con una gentile

concessione che ha arricchito il mio elaborato.

E infine ringrazio me... per esserci riuscita.