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BOLLETTINO SALESIANORivista della Famiglia Salesianafondata da san Giovanni Bosco nel 1877

Esce in 34 edizioni nazionalie in 14 linguecon 960 .000 copie mensili

Quindicinale d'informaz . e cultura religiosa

ANNO 100 - NUMERO 71o Aprile 1976

DirettoreDON ENZO BIANCO

CollaboratoriSr Giuliana Accornero - Pietro Ambrosio -Teresio Bosco - Carlo De Ambrogio - Sr MariaElia Ferrante - Jesús MélidaFotografiaAntonio GottardtArchivio : Guido Cantoni

Direzione e AmministrazioneVia della Pisana, 1111 - C .P . 909200100 Roma-AurelioTel . (06) 64 .70 .241C .C .P . 1/5115 intestato a :Direzione Generale Opere D . Bosco - RomaComposizione e impaginazioneScuola Grafica Salesiana Pio XI - Roma

StampaOfficine Grafiche SEI - Torino

ResponsabileDon Teresio BoscoAutorizzazione delTribunale di Torino n . 403 del 16 .2 .1949

Per ricevere il Bollettino Salesiano(l'invio è gratuito a Cooperatori,Benefattori e Amici dell'Opera diDon Bosco)rivolgersi alla Direzione (Roma)oppure :Via Maria Ausiliatrice, 3210100 Torino - Tel . (011) 48 .29 .24Per il cambio d'indirizzocomunicare anche l'indirizzo prece-dente

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COPERTINALA

Foto diTeresio Chiesa

Il ritorno della Pasqua ricorda l'incontro - non dol-ciastro ma drammatico - di Cristo con gli uomininell'Eucaristia. Un incontro divenuto centrale nellavita e nella pedagogia di Don Bosco . E incontro dariattualizzare con i giovani d'oggi nelle comunità edu-cative della Famiglia Salesiana .

A ll'inizio c' è un grido di di-« . . . sperazione. Si innalza versol'alto . Il grido del popolo ebreo pri-gioniero in Egitto, terra straniera . Ilgrido di Cristo davanti all'impresa diaffrontare la morte per noi . Il gridodi tutti, i prigionieri dell'egoismo edella paura della morte, lontano daDio. Il grido dei prigionieri tra i filispinati .

« Ho visto la sofferenza del mio po-polo, e sono sceso per liberarlo : è ilgrido di Dio per la sua gente . . . Sonpassati due giorni, e spunta l'alba delterzo quando la morte viene sconfitta,e Cristo passa dalla morte alla vita .Tempo di Pasqua : cadono le catenedella morte .

« Da quel giorno son molte le cate-ne cadute, catene di odio e di violen-za, di solitudine e di morte . . . Ora siamliberi dal peccato e dalla morte . E'Pasqua per noi . . .

« E' così che è tempo di festa per gliuomini liberi, la famiglia di Dio . Tem-po di ritrovarci e ricordare le impresedi Dio e di Gesù . Tempo di ringra-ziare . . . di cantare . . . di stare seduti in-sieme, noi tutti e Dio, seduti alla men-sa del pane di vita . . . » .

Con queste forti parole un libro fre-sco di stampa (« Ragazzi in preghiera »,della LDC) presenta ai ragazzi l'incon-tro eucaristico con il Signore . Testopieno di poesia, ma anche di teologia .Testo che - a ben guardare - nonsi scosta molto da quello classico disan Tommaso d'Aquino : « Misterodella Cena! Cristo diventa nutrimen-to, è ricordata la sua passione, l'ani-

ma si colma di grazia, e ci viene datoun pegno di salvezza futura » .

E' la vicenda umana dell'Uomo-Diofatto pane per la fame degli uomini .Un fatto centrale, che coinvolge tutti,perché Pasqua è una svolta per tutti .E coinvolge in modo speciale chi in-tende vivere nella scia di Don Bosco . . .

Tra i ricci un piccolo nastro

Sappiamo la centralità dell'Eucari-stia nella vita di Don Bosco . Tuttocominciò con mamma Margherita, chedi domenica prendeva i suoi tre figlio-li, li vestiva meglio che poteva, li pet-tinava a riccio, e metteva tra i ricciperfino un piccolo nastro . « Sapeteperché faccio così? - poi chiedevaloro . - Perché è domenica! Bisognache anche all'esterno si mostri la gioiache ogni cristiano deve provare in que-sto giorno. Io vorrei che il vestito bel-lo vi ricordasse la bellezza dell'anima .Gesù sarà contento di vedervi inginoc-chiati così davanti al tabernacolo, e vibenedirà » .

E mamma Margherita preparò il suoGiovannino alla prima comunione adieci anni, mentre di solito allora ibambini la ricevevano sui dodici o tre-dici . Quel mattino non lo lasciò par-lare con nessuno prima del rito, e leistessa fece la comunione con lui . Poi,tornati a casa, non volle che si occu-passe in faccende materiali, ma lo in-trattenne in letture e in preghiera . Con-seguenza di questa educazione fu cheGiovannino non potè più fare a menodell'Eucaristia .

QUESTO NUMEROINLa Famiglia Salesiana 30 Intermediario dei rapiti 30 Uruguay . La famiglia salesiana

10 Il minuscolo concilio dei Vescovi In fraternità cristiana 5 Vietnam . « Nuovo tipo di vita »12 Quando le suore « riposano » 6 Brasile . Dove i bianchi vanno a scuo-21 Più lettori per Bollettino Salesiano la dagli indios Protagonisti29 Editori a convegno 28 Colombia . Le suore malate di lebbra 16 Budda : una scala a Cristo?

(Intervista a mons . CarrettoNella Chiesa 23 Guatemala . 1 salesiani nel terremoto nel 25° di episcopato)2 Fatto pane per la nostra fame 9 Italia . Concorso sulle missioni

Nel mondo dei giovani 20 E ora che abbiamo visto . . . Missioni Salesiane 1875-197528 Il mitra trasformato in pennello 24 Dalla parte dei Mixes11 Pasolini, Don Bosco, i giovani 11 « nostro » villaggio15 Insegnategli la purezza 29 « Puf » non risponde più per le rime Rubriche

30 Riccardo e Silvana Scuola intitolata a D'Acquisto 29 e 31 LibriNell'azione 28 Stati Uniti . Come fu che 32 Ringraziano i nostri santi22 Argentina. La prima parrocchia fu Tom Connor non presentò le dimis- 34 Preghiamo per i nostri morti

per gli emigrati sioni 35 Crociata missionaria

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PER LA NOSTRA FAREE divenuto sacerdote, sappiamo

quanto significò per lui il sacrificioeucaristico . I biografi raccontano fattistraordinari accaduti durante le suemesse, ma insistono non meno nel direche di consueto egli evitava ogni singo-larità che potesse dare nefl'occhio, cheera sempre esatto nelle cerimonie, enon impiegava mai più di mezz'oranella celebrazione. Eppure - aggiun-gono - la gente correva a vederlo,perché suscitava « un soavissimo sen-timento di fede », e « l'impressionericevuta non si cancellava più » .

Hanno pure scritto che la vita diDon Bosco dipendeva dall'Eucaristiapiù di quanto la vita di un bimbo di-penda dalla sua mamma; che la suapersona era diventata « un involucrodel Redentore » ; che egli a piena ra-gione poteva presentarsi e dire comesan Paolo: « Sembra che viva io, manon sono più io che vivo : chi vive inme è Cristo » .

La colonna su cui poggiaun polo del mondo

Don Bosco fu figlio del suo tempo :le sue idee sull'Eucaristia non si sco-stavano da quanto insegnato nei semi-nari dell'800. Sarebbe sbagliato cer-care in lui per esempio la ricchezzadella nuova teologia eucaristica sortadal Concilio . Ma il suo amore all'Eu-caristia, quella « sapienza del cuore »che scavalca i sillogismi, gli suggerì in-tuizioni così valide in campo educa-tivo da collocarlo ben oltre la culturateologica del suo tempo, e da farneun modello non ancora superato .

Egli parlava dell'Eucaristia, soprat-

tutto ai ragazzi, con stile semplicissi-mo. L'immagine sua più spontanea eradella colonna : « La frequente confes-sione, la frequente comunione e la san-ta messa quotidiana, sono le colonneche sorreggono un istituto educativo » .

Non è casuale che l'incontro col suoprimo ragazzo (quel Bartolomeo Ga-relli con cui 1'8 dicembre 1841 diedeinizio alla sua attività fra i giovanitorinesi) sia avvenuto al momento del-la messa. Del resto quando Don Boscoebbe in Valdocco il primo fazzolettodi terra tutto suo, la « casa Pinardi »,ne fece subito una piccola chiesa peri suoi ragazzi .

Don Bosco fu impenitente costrut'tore di chiese, proprio per offrire airagazzi l'ambiente dell'incontro con ilSignore. E un incontro con i fiocchi .Voleva che ogni messa fosse celebratanel fasto e nella gioia della Pasqua . Iragazzi non vi stavano impalati ma agi-vano. Entravano numerosi nel presbi-terio, indossavano gli abiti del piccoloclero, cantavano, si muovevano tra lu-ci e fiori . La liturgia era qualcosa disolenne, da essere vissuta con dignitàma anche con gioia. Don Bosco volevache i ragazzi fossero protagonisti .

E li volle giovanissimi al banchettoeucaristico. In questo senso leggeva leparole di Gesù : « Lasciate che i fan-ciulli vengano a me, e non impedi-telo » . Più concretamente scrisse : « Sitenga lontana come la peste l'opinionedi taluno che vorrebbe differire la pri-ma comunione a un'età troppo inoltra-ta, quando per lo più il demonio hapreso possesso del cuore di un giova-netto . . . Se sa distinguere tra pane epane, e palesa una sufficiente istruzio-

ne, non si badi più all'età, e venga ilSovrano celeste a regnare in quell'ani-ma benedetta » . Mezzo secolo più tar-di Pio X, il « Papa che aprì i taberna-coli ai giovanissimi », esclamerà : « Cisaranno dei santi tra i fanciulli! » . Laconsuetudine educativa di Don Boscoera già lì a confermarlo in pieno .

Sacramentaliter

Don Bosco fu un promotore con-vinto della comunione frequente . LaChiesa piemontese propendeva alloraper la cautela nella frequenza eucari-stica, e Don Bosco stesso scriverà nel-le « Memorie dell'Oratorio » : « Eracosa assai rara trovare, chi incoraggias-se alla frequenza dei sacramenti » . Maegli battè la strada opposta . Il « Rego-lamento dell'Oratorio », continuamen-te aggiornato da Don Bosco, nelle pri-me edizioni incoraggiava alla comunio-ne mensile, poi a quella settimanale ;poi a una frequenza ancora maggiore .Così il piccolo Domenico Savio, sottola guida del suo maestro, passò gra-datamente dalla comunione mensile aquella quotidiana . E si immergeva tan-to nel ringraziamento che dimenticavala colazione, la ricreazione e, se nonera chiamato, perfino la scuola . . . Mala sua condotta diventò « per ogni latoirreprensibile » .Don Bosco motivava la comunione

frequente con le stesse parole delSignore : « Venite a me tutti! » . E'Gesù stesso che chiama, che invita acibarsi del suo corpo, dato per la sal-vezza degli uomini . L'Eucaristia, nel-la spiegazione che Don Bosco dà aisuoi ragazzi, appare come segno del-l'amore di Cristo e come cibo . « Per-ché Gesù Cristo ha istituito questosacramento? », si domanda . E rispon-de: « Per dare un segno del grandeamore che portava agli uomini, e perdare un cibo adatto alle anime nostre » .Egli accoglie in pieno la dottrina disant'Alfonso sull'Eucaristia come « Pa-ne di vita » . E' il cibo dei forti, o me-glio dei deboli che nutrendosi inten-dono diventare forti. Così l'Eucaristia,questa colonna, ha benefico effettosul mondo intero : « Che grande veritàio vi dico in questo momento! La fre-quente comunione è la grande colonnache tiene su il mondo morale e ma-teriale, perchè non cada in rovina! » .

Perciò : « Se volete sapere il miodesiderio, eccovelo: comunicatevi ognigiorno . Spiritualmente? Il Concilio diTrento dice : "sacramentaliter". Dun-que? Dunque fate così » .

Nel tempo stesso Don Bosco inco-raggiava anche la comunione spiritua-le, e la « visita a Gesù sacramentato » .« E' impossibile - sosteneva - che 3

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un giovanetto che di propria iniziativapassa alcuni minuti davanti al taber-nacolo, conduca poi una vita cattiva » .

Che cosa farebbe Don Bosco oggi

Il progetto di Don Bosco è passatoora alla Famiglia Salesiana . I giovanisono più numerosi e inquietanti chemai . Più audaci e più fragili . Più auto-nomi e più esposti. Più coerenti e piùsbandati . Più adulati e più tentati . Han-no tutto e sono insoddisfatti . Sono unacasta, un ceto sociale, una massa dimanovra in mano ai mestatori, un mer-cato volubile ma colossale in balìa del-le agenzie pubblicitarie . I figli di DonBosco devono mettersi dalla loro parte,per portarli a Chi veramente può spez-zare i loro ceppi e saziare la loro fame .

Mille esperienze recenti dicono chequesti ragazzi sono aperti all'incontrocon Cristo, alla preghiera, al sacrificio,oggi non meno di ieri . Certo hanno illoro stile nel parlare con Dio e di Dio,e con questo stile bisogna fare i conti .Con le loro canzoni e i loro strumentimusicali . Pregano il giornale, i fattidella cronaca, i drammi del terzo mon-do, i problemi del loro quartiere, leangosce dei compagni drogati . Se nonsi sa precederli su queste strade, saràbene almeno seguirli.

Qualcuno ha notato che l'espressio-ne « Visita a Gesù sacramentato » nonpiace ai giovani, e ha proposto terminicome « dialogo » o altri ; cambino purele etichette purché rimanga la sostan-za, come del resto rimane sostanzial-mente vero anche oggi che ragazzicapaci di inginocchiarsi per libera scel-ta dinanzi al Cristo, e di parlare insincerità con lui, non possono poi con-durre una vita cattiva .

Seduti insieme, noi tutti e Dio

La proposta eucaristica ai giovanipassa attraverso la testimonianza degliadulti . Mamma Margherita fa la comu-nione con Giovannino, e per questo ècredibile . Così i genitori che vanno allamessa insieme con i figli, così gli edu-catori che partecipano tutti alle cele-brazioni comunitarie dei loro giovani,così gli animatori dei gruppi .

Ma « dare il buon esempio » è solola facciata esteriore di una realtà piùprofonda e più ricca . Una « comunitàdi fede » non è solo una realtà umanama anche divina, un fatto sopranna-turale, un segno visibile della miste-riosa presenza di Dio in mezzo agliuomini. Per questo al centro della co-munità di fede è l'Eucaristia . Essa è« comunione », cioè unione vitale deifedeli con Cristo e fra loro. Perciò è« sociale », è il fondamento indispen-sabile per creare la comunità .

Don Bosco voleva che i suoi ragazzifossero protagonisti attivi della liturgia .Foto nella pagina precedente : celebra-zione domestica dell'eucaristia, per ungruppo giovanile (foto Vincent Herve) .

La riforma liturgica ha rinnovatol'aspetto comunitario delle celebrazio-ni. Certe « liturgie della parola » ovedopo l'ascolto ci si apre al commentofraterno, durano (specie tra i giovani)un'ora e anche più . Ma anche le li-turgie « ordinarie » hanno saputo crea-re ormai un clima nuovo nelle comu-nità vive, hanno suscitato la gioia e ilgusto della preghiera in comune. Sem-bra impensabile un ritorno all'isolazio-nismo delle « folle solitarie » di fedeli,intenti durante la messa chi a leggereun libriccino, chi a recitare il rosa-rio, chi a fare per suo conto la « viacrucis » o ad accendere candeline asant'Antonio, in attesa del momentodella comunione . Sembra più verosi-mile oggi quello « star seduti insieme,noi tutti e Dio, alla mensa del Panedi vita » di cui scriveva il citato libro« Ragazzi in preghiera » .

La grande chiesa è spesso un am-biente così poco intimo, che di solitonessuno si toglie il cappotto . Ma sesi giunge a « fare comunione » trauomini e con Dio, allora la comunitàsi apre al sociale nel senso più pieno .Non è solo più un guardarsi in faccia,uno stringere delle mani, uno scambia-re abbracci di pace: è anche tutto ciòche tali gesti significano . Perché il« vicino » non è solo lui, un uomoqualunque, ma rappresenta tutti gliuomini .

Per riconciliarci fra noi occorre pri-

ma aver litigato; e d'improvviso ci siaccorge che è avvenuto davvero : siscoprono le ingiustizie commesse, leantipatie, i pregiudizi, gli egoismi, ipeccati sociali (il benessere dell'Occi-dente - si sa - è pagato in gran par-te dalla fame del Terzo Mondo) . E siscopre che la vera riconciliazione nonè solo psicologica, sentimentale, mapassa attraverso la materia, la pesan-tezza delle cose .

Un popolo itinerante e affamato

Una tendenza fin troppo diffusa edifesa vorrebbe che il clima etereo dicerta liturgia rimanesse sempre immu-ne da questo « realismo esagerato » .Ma non può essere così . Cristo istituìl'Eucaristia - e gli evangelisti l'han-no sottolineato energicamente -« nella notte in cui fu tradito » . Nonsdolcinature, ma dramma .E la commozione e le lacrime di

Don Bosco all'altare - sembra piùgiusto immaginare - non nascevanoda sentimentalismi ma da consapevo-lezze, di fronte a Dio, misericordiose• drammatiche insieme : le forze delmale, la gioventà abbandonata a sestessa, i popoli all'oscuro del Vangelo,i suoi missionari, le defezioni, gli eroi-smi oscuri . . . E come ad avvolgere tut-to, la pietosa provvidenziale bontà diDio. Come non commuoversi, in quel-lo sconcertante « a tu per tu » che èla messa?

Anche la proposta eucaristica offer-ta da Don Bosco ai suoi giovani nonera un'evasione : era situata sul pianodella lotta, del superamento, della vit-toria sul male, della generosità finoall'oblatività . In questa tensione del-lo spirito all'Oratorio si formavano levocazioni, i missionari, i santi .

C'è ora un gesto nella nuova litur-gia, che da principio (e ancora oggi inqualcuno) ha incontrato resistenze : lacomunione ricevuta in piedi, e proces-sionalmente . Eppure è il segno ester-no di una realtà che si compie nellecomunità di fede. Con quell'avanzarecompatti ci si accorge che non si for-ma un agglomerato casuale di individuisparsi, ma un « popolo » cosciente dinon avere dimora stabile, e che perciòcammina unito verso la salvezza. Unpopolo itinerante e affamato di eter-no, che per poter andare verso la casadel Padre ha bisogno di irrobustirsispezzando e condividendo il Pane del-la vita .

Per tutte queste cose, per i giovani•

gli adulti, per i consacrati e gli spo-si, per i forti e i deboli, per i giusti• i peccatori, per tutta la fame e setedi amore e di giustizia che tormentail mondo, questa Pasqua ci ricorda cheCristo si è fatto pane .

E

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Una lettera giunta da Saigon informa sulla situazionedei 130 salesiani residenti in Vietnam, confermandoi timori ma anche alimentando la speranza .

utti i salesiani si sforzano molto« di adattarsi al nuovo tipo divita . Certamente c'è tanta stanchezza,ma con la grazia di Dio speriamo disuperarla » . Questo è il giudizio sin-tetico formulato dal superiore salesia-no per il Vietnam, in una lettera per-venuta da Saigon il 6 gennaio scorso .

Del « nuovo tipo di vita » che siconduce oggi in Vietnam parlano am-piamente i giornali di questi tempi ;quanto alla « molta stanchezza », ri-sulta dovuta al fatto che i salesianioltre agli impegni della vita religiosae degli studi (sono in maggioranzaancora in formazione), devono anchededicare molto tempo al lavoro, neces-sario per ricavare dalla terra di chemangiare .

La lettera, giunta per via ordinaria(in certi periodi « la posta si può direnormale »), contiene altre informazionisui 130 salesiani del Vietnam (« stan-no tutti bene »), e sulle loro opere .

La zona di Saigon

Della zona di Saigon, dove si trovala metà dei salesiani, sono nominatesei opere . La « Scuola Tecnica DonBosco », che era un tempo ritenuta lapiù bella opera della Congregazionenel paese, « è già amministrata e di-retta dallo stato . Il 24 dicembre abbia-mo firmato un documento di impre-stito della scuola, e nessuno dei confra-telli lavora più lì » .

Il « Foyer Don Bosco », un orfano-trofio, « attualmente è in piena atti-vità, con 121 allievi . Ma in un prossi-

mo futuro lo stato ne prenderà purela direzione ». Non molto lontano dal-la « Casa della delegazione » « stia-mo preparando il terreno, per lavorar-lo in futuro e ricavarne i mezzi di sus-sistenza » .

Nella casa di formazione di ThuDuc « ci sono settanta aspiranti » . Nonragazzini, ma giovani dai 15-16 anniin su, che nonostante tutto aspiranoalla vita salesiana. « Mezza giornatavanno a studiare in una scuola pub-blica, l'altra mezza giornata lavoranoi campi. Lo spirito è molto buono » .A Tam Hai, noviziato, « ci sono

dodici novizi che continuano egregia-mente le loro attività sotto la guidadi don Majcen » .

L'ultima opera nella zona di Saigon,la parrocchia di Ba Thdn a una tren-tina di chilometri dalla capitale, « vamolto bene » .

Le altre opere

A 70 chilometri da Saigon, sullastrada per Dalat, c'è la parrocchia diDoc Mo, con un gruppo di chiericiliceali : « Si è appena completata la co-struzione dell'abitazione, e iniziato lostudio. Lavoro e studio vanno bene, lospirito è buono, ma non manca la stan-chezza fisica » .A Dalat, nello studentato teologico,

« la vita è più dura » . Dovrebbero tro-varvisi 42 chierici con due sacerdoti .« I confratelli, oltre a tre ore di scuo-la al giorno, vanno a lavorare su unterreno vicino alle cascate Dalata » .Ciò significa di sicuro un'ora di stradaa piedi per andare, e un'altra per tor-

nare, magari con un carico sulle spal-le per provvedere al fabbisogno dellacomunità .

In due parrocchie vicine a Dalat,Thanh Bình e Lién Khuong, i salesia-ni « possono essere autosufficienti pervivere . La stagione della raccolta, ap-pena passata, è stata discreta . E le atti-vità apostoliche danno buoni risulta-ti » . Anche qui ci sono chierici stu-denti, che naturalmente « sono moltostanchi, perché bisogna che lavorino estudino » .

Ma non ostante tutto, si costruisceancora . . . « L'ultima parrocchia tuttanuova si trova a Gia Mo, dove è sta-ta costruita una piccola casa (baracca) .E la gente aiuta a costruire la chiesa,semplice, di legno » .

Sperare, non ostante tutto

Il quadro tracciato dalla lettera è atinte forti . I missionari europei caccia-ti mesi fa dal Vietnam trovano per orasorprendente la « tenuta » dei loro fra-telli vietnamiti . Nel 1975 i salesianinel paese erano 141 . Dopo una dozzi-na di espulsioni erano scesi a 130, tut-ti ormai vietnamiti (salvo due o tre) .Ora si sa di 11 giovani salesiani chehanno «lasciato» la congregazione,ma nel tempo stesso si sa di dodicinovizi ben intenzionati di prenderne ilposto. E un salesiano laureato in inge-gneria, uscito tre anni fa dalle file sale-siane, ora ha chiesto di rientrare e harinnovato i suoi voti .

La vita in un « Vietnam del sud »in affannosa ricerca di un nuovo e in-certo equilibrio, è difficile per tutti,ma assai più per religiosi che oltre alleurgenze impellenti della pura soprav-vivenza biologica sono impegnati in unaseria osservanza religiosa . Per quel cheè dato sapere dalle fonti più diverse,c'è per tutti la necessità di esercitareun qualche mestiere, di trovare unappezzamento da coltivare a riso o pa-tate dolci, di allevare un po' di bestia-me (un pollaio, qualche maiale, costi-tuiscono oggi una ricchezza inestima-bile . . .) .

Ma che sarà domani? Forse alcuni,forse molti di questi salesiani non sa-pranno resistere . In altre famiglie reli-giose si sono già verificati sgretola-menti dolorosi . Ma per ora « lo spi-rito dei confratelli è estremamentebuono », assicura la lettera giunta daSaigon .E dunque come non sperare, non

ostante tutto? Anche perché oggi piùche mai in Vietnam risultano necessa-rie due qualità che don Bosco esigevada tutti i suoi figli : « Lavoro e tem-peranza - aveva detto, e è diventatoil motto salesiano - fanno fiorirela congregazione » .

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Sào Gabriel, 1975 . Il Vescovo e il Sindaco parlano a un gruppo di indios a cui la giovane Chiesa del Rio Negro affideràl'evangelizzazione delle loro comunità .

DOVE I BIANCHI VANNOIl Rio Negro, la Prelatura del Brasile affidata ai Sale-siani nel 1914, sotto la spinta missionaria è in pienatrasformazione . Trenta tribù di indios si organizzanoin comunità di base che imitano le comunità cristianedei primi tempi .

F in laggiù in fondo al Brasile è arri-vato un lungo nastro d'asfalto :

una strada chiamata Perimetral perchéha il compito di correre lungo i con-fini del paese . Aveva cominciato a sro-tolarsi da Amapà sull'Atlantico, erascivolata lungo le tre Guaiane, poilungo il Venezuela, e infine accantoalla Colombia. Una corsa di oltre2 mila Km (e la strada non si fermalì : scenderà verso sud, in cerca di unaltro nastro di asfalto, ancor più lun-go, che ha attraversato l'Amazzonia) .

Dove la Perimetral arriva, le cosecambiano. Giunta a Sào Gabriel, ilcentro della Prelatura del Rio Negro,ecco cosa è successo . 11 piccolo cen-tro contava prima 600 abitanti, per lopiù indios, e ora si sono aggiunti aloro 5 mila bianchi . « Civilizados », co-me li chiamano. Sono arrivati con la

strada. Dal 1975 Sào Gabriel è un'al-tra cosa .

Bianchi e indios si sono trovati gliuni di fronte agli altri : « In princi-pio io avevo qualche timore - diceil vescovo mons . Michele Alagna appre-standosi a narrare la vicenda sorpren-dente -. All'inizio non è che le coseandassero proprio bene . I bianchi di-sprezzavano gli indigeni, e li tratta-vano come esseri inferiori . Ma dovet-tero presto ricredersi . Il giorno in cuisi riaprirono le scuole, le mamme bian-che portarono i loro bambini . E checosa trovarono? Molti insegnanti in-dios. Quegli indios disprezzati, eranopiù istruiti dei bianchi, e bisognò ri-spettarli . Non solo più istruiti, ma piùgarbati, più delicati, più maturi . . . So-no bastati tre mesi, e i rapporti fracivilizzati e indigeni sono miglioratiradicalmente » .

Che i figli dei civilizzati venganomandati a scuola dai cosiddetti sel-vaggi non è l'unica meraviglia dellamissione del Rio Negro. La novità,la svolta decisiva, è costituita dalle 350comunità di base già costituite fra gliindios dai missionari, e in continuaespansione .

Le 350 comunità di base

Un documento della Prelatura diceche cosa sono queste comunità di baserealizzate nel Rio Negro : « Un insie-me di persone che vivono in una stes-sa area, possiedono un senso di iden-tità del gruppo, e condividono unacultura comune » . Esistono nel RioNegro 30 tribù diverse, ma l'« insie-me di persone » chiamate a formareuna comunità di base appartiene aun'unica tribù . Sono tutti Tucanos, otutti Pariani, o Banivas, o Macus . . .O meglio, gli uomini appartengono al-la stessa tribù ; quanto alle donne, esseper un'atavica legge matrimoniale so-no scelte obbligatoriamente da tribùdiverse; ma ciò non attenua affattol'omogeneità del gruppo .

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Le comunità di base raggruppanoda 50 a 90 persone ciascuna ; hanno ipropri capi, ma non vivono isolate :fanno riferimento al missionario re-sponsabile della parrocchia in cui sitrovano (il Rio Negro attualmentecomprende 8 parrocchie e 3 centri mis-sionari) . Questi salesiani a loro voltafanno riferimento a un organismo cen-trale che ha nel vescovo il coordina-tore generale. Con lui collaborano varialtri coordinatori, che si preoccupanodella pastorale, dei problemi sociali,dell'amministrazione, dell'educazione• della salute (gli ultimi due settorisono affidati alle FMA) .

Il numero di 350 comunità di baseè provvisorio : dieci anni fa non neesisteva neppure una ; oggi esse raccol-gono la maggior parte degli indiqs (trai 20 e i 25 mila) ; ma il programmaè di raggiungerli tutti e al più presto .

Si comincia così . Il missionario riu-nisce gli indios di un piccolo centro,• parla loro con la consueta cordialità :parla dei bambini, della necessità diistruirli e prepararli . Parla della chie-sa: non c'è ancora un posto dove ospi-tare il Signore, che si accontenta an-che di una piccola capanna come leloro. Gli indios sono più che persua-

si, e si decide di costruire la scuola,la cappella . Se ci sono 25 alunni, i mis-sionari assegnano un insegnante . Conla cappellina occorre un catechista . Maallora bisogna organizzare tutto bene,• ci vogliono i responsabili . In generedopo un anno di questa collaborazionesi scelgono i capi stabili, mediantedemocratiche elezioni . Così nasce lacomunità .

Non è questione soltanto di mura

La comunità completa e bene orga-nizzata ha un « capitào » responsabiledelle attività materiali, un vice-capoche lo coadiuva, un amministratore, uncatechista che ogni domenica radunatutti per la funzione, l'insegnante, edeventuali altri animatori .

Gli indios prendono le cose moltosul serio . C'è da costruire, da compe-rare i sillabari e l'attrezzatura scola-stica, da pensare ai poveri, ai malati . . .Occorrono i fondi . Allora si decide dicoltivare tutti insieme alcuni campi (ingenere a mandioca, e lì il terreno nonmanca); si lavora « per la comunità »un giorno o due al mese, tutti insie-me. Quando le necessità primarie so-

DATE E DATI SUL RIO NEGRO

La Regione . Il Rio Negro è situato nell'estremo Nord-Ovest del Brasile,al confine con Venezuela e Colombia . Attraversato dall'equatore, è copertodi fitta foresta tropicale e solcato da grandi fiumi navigabili . 11 maggioredi essi dà il nome alla regione .

Superficie . II Rio Negro è vasto quasi come l'Italia : 286.866 Kmq .

Abitanti . Sono appena 40 mila: se fossero diffusi uniformemente nellaregione, se ne troverebbe uno ogni 7 Kmq Essi invece sono concentratilungo i fiumi, l'unica via di comunicazione fino a non molti anni fa .

La Prelatura . E' una delle 14 diocesi dell'Amazzonia Brasiliana . Affidataai Salesiani nel 1914 come Prefettura Apostolica, è stata elevata a PrelaturaNullius nel 1925 . Vi lavorano 22 sacerdoti salesiani, 14 Coadiutori e 44 Figliedi Maria Ausiliatrice (giunte nel 1923) .

La popolazione . E' composta di indios, civilizzati e una minoranzadi meticci chiamati Caboclos . La sua distribuzione nei tre municipi della regio-ne risulta irregolare :

a Barcelos gli indi sono il 20% e i civilizzati 1'80% ;a Santa Isabel indi e civilizzati si aggirano attorno al 50% ;a Sào Gabriel gli indi sono 1'80% .

Il Vescovo . Mons. Michele Alagna è il terzo vescovo residenziale delRio Negro (dopo mons . Lorenzo Giordano e mons . Pietro Massa) . Nato a Mar-sala (Trapani) nel 1913, a vent'anni si recava missionario a Corumbà (MatoGrosso) . Ordinato sacerdote nel 1942 a Sào Paulo, tornava a Corumbà dovedimostrò grande capacità organizzativa nelle più svariate attività . Nel 1967è stato consacrato Vescovo e chiamato a reggere la Prelatura dei Rio Negro .

A SCUOLA DAGLI INDIOSno in tal modo soddisfatte, si pensaanche a costruire il campo sportivo, acomperare gli strumenti per l'orche-strina. . . Chiaro che non è più questio-ne di tirar su soltanto delle mura : ciòche si costruisce è il gruppo e la suasolidarietà umana e cristiana .

Oltre al lavoro in comune, gli indiosimparano a scambiare le idee tra loro,accettare le decisioni comuni una vol-ta discusse e approvate, non interfe-rire nei compiti altrui, compiere la re-visione di ciò che si è realizzato . Im-parano ad accettare gli altri come so-no, a pensare in termini di benecomune . Anche i missionari hanno daimparare, se non vogliono sciuparetutto : devono saper suggerire senzaessere invadenti, in modo che tuttosorga non come imposto ma da deci-sioni della comunità ; devono aver pa-zienza e attendere che le comunità ma-turino a poco a poco .

Nei centri di Jauareté, Parì, Ta-raquà, Sào Gabriel gli indios sono giàtutti raccolti in comunità di base . ASanta Isabel si è già molto avanti inquesto lavoro . Si sta incominciandoa Barcelos. E si arriverà presto a tuttigli altri centri . Dove si realizzano ve-

re comunità di base, nasce uno spiritodi famiglia fondato sulla solidarietà ge-nuina . E si rinnovano gli incanti delleprimitive comunità cristiane .

La «magna charta » :un ciclostilato

Il rapido riassetto ecclesiale e socia-le del Rio Negro trova spiegazione cer-tamente nei 50 e più anni di intensolavoro missionario svolto in preceden .z a dai Figli di Don Bosco, come purenell'impegno senza riserve degli attua-li 36 salesiani e 44 Figlie di MariaAusiliatrice . Ma non meno nella vastacapacità organizzativa di mons . Alagna .Semplice, schivo, quasi timoroso diessere di peso agli altri, ha dimostratocon i risultati conseguiti di essere l'uo-mo giusto al posto giusto .

Arrivò nella seconda metà del 1967,e durante le vacanze cominciò a riu-nire i suoi missionari . Poi prese l'abi-tudine di raggiungerli con le sue cir-colari, per proporre delle linee d'azio-ne comuni, per dare una certa unitàal lavoro pastorale. Da allora ogni an-no li raduna per fare il punto sulla si-tuazione e programmare il futuro . Nel 7

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maggio 1968 aveva già visitato tutti icentri della Prelatura, e constatatal'amara povertà e le tantissime neces-sità della gente . Quel mese stesso scri-veva al ministro dell'interno ricordan-dogli che « i vari centri della Prela-tura sono le uniche affermazioni di"brasilianità" esistenti in questa im-mensa foresta », e sollecitando il suointeressamento . L'anno dopo, il mini-stro gli regalava una lunghezza d'ondae gli apparecchi per collegare fra lorovia radio tutti i centri della missione .

A fine anno i suoi missionari ave-vano raccolto i dati essenziali sul RioNegro e potevano preparare le statisti-che riassuntive riguardanti le scuole,gli ospedali, agricoltura e allevamento,ecc. Vescovo e missionari insieme ela-borano allora una specie di « magnacharta » della Chiesa nel Rio Negro .Non si pensi a uno splendido volumerilegato in oro : sono poche pagine diciclostilato molto approssimativo . Male idee sono nitide, e confortate dal-l'impegno deciso di coloro che devonotradurle in realtà .

Si concorda che i sacerdoti lasceran-no alle suore la direzione di tutte lescuole, per dedicarsi meglio al mini-stero . Si decidono anche le comunitàdi base : questa rivoluzione nella vitadel Rio Negro è contenuta in tre oquattro righe appena . Ma subito alcu-ni missionari si recano a Manaus eBelem per imparare la dinamica digruppo e tutto ciò che serve per ani-mare le comunità .

Ogni anno, qualcosa di nuovo

Nel 1969 mons. Alagna avvia lascuola di dattilografia, che da allorasforna ogni anno qualche decina di di-plomati con una professione sicura .Nel 1971 ottiene dal governo l'elettri-

Sfilano gli studenti del collegio sale-siano di Sào Gabriel. « L'apostolatomigliore si fonda sull'educazione », so-stiene il mons. Alagana, e potenzia al

8 massimo le scuole .

cità per la cittadina di Sao Gabriel,poi per Jauareté (piccoli impianti elet-trici erano già in funzione nelle mis-sioni, ma ora il servizio si estendefinalmente alla popolazione) .

Ogni anno c'è qualcosa di nuovo :una scuola, un ospedale, una coopera-tiva, un'associazione . Nel 1974 il Papainvita le chiese locali a celebrare l'An-no Santo, e la Prelatura del Rio Ne-gro lo prende molto sul serio . Mons .Alagna passa personalmente in cia-scun centro, chiamando a raccolta i fe-deli . Tutti quelli che possono raggiun-gono il centro più vicino : arrivano apiedi, e soprattutto in barca . C'è chifa anche tre giorni di viaggio per do-mandare perdono e accostarsi al ban-chetto eucaristico : è davvero tempo diriconciliazione con Dio e con i fratelli .Nel 197,5, la strada Perimetral portaa mons. Alagna un nuovo gregge difedeli e tanti nuovi problemi : i civi-lizados . . .

Gli indios diventano maestri

« L'apostolato migliore è quello chepoggia sull'educazione », sostiene mon-signor Alagna . Per questo ha dato tan-ta importanza alle scuole. E le scuolegli hanno dato ragione : le comunitàdi base meglio riuscite, più sviluppa-te, e più in grado di affrontare l'onda-ta dei bianchi in arrivo, sono quelleche fanno perno sulla scuola .

Le scuole della Prelatura oggi sono80, gli insegnanti laici 179, gli alun-ni 4 .350. Il governo paga gli stipendiagli insegnanti ; ha anche donato venti« voadeiras » : canoe d'alluminio spin-te da un motore, veri scuolabus acqua-tici, che raccolgono lungo i fiumi glialunni per portarli a scuola e riportarlia casa. Ma per tutto il resto - edi-fici, attrezzature, ecc. - devono prov-vedere i missionari e le loro comunitàdi base .

E i maestri, anche pagati, non si in-ventano. Farli venire di fuori? Ma chiha voglia di finire nel Rio Negro?Mons . Alagna aveva trovato a Sào Ga-briel la scuola ginnasiale, massimo« centro culturale » della Prelatura .Aperta nel 1967, essa aveva licenziatoi suoi primi 14 allievi nel 1971 . Per-ché non trasformare questi allievi inmaestri? Nel 1973-74 mons . Alagnaorganizza corsi intensivi di preparazio-ne per 50 maestri . Al termine essi af-frontano il concorso statale, e conse-guono il diploma : potranno insegnarein tutte le scuole elementari del Bra-sile . Tra essi sono 17 indios . Il fattoè inaudito, i giornali ne parlano comedi un avvenimento . Negli anni succes-sivi, altri si cimentano e vincono il con-corso . Così, gli indios diventano mae-stri dei figli dei bianchi . . .

Processione dell'Anno Santo a S5oGabriel. La Chiesa del Rio Negro hapreso molto sul serio il Giubileo, e neha fatto il tempo della riconciliazionecon Dio e con i fratelli .

Non soltanto mons. Alagna ponela sua fiducia nella scuola, altrettantofanno i ragazzi . Studiano molto volen-tieri . Alcuni per recarsi a scuola devo-no fare due o tre ore di canoa al gior-no. Sono rimasti famosi due ragazziche hanno lasciato Jauareté e in canoahanno percorso 500 Km . per raggiun-gere un centro dove poter frequentarela quinta elementare. I giovani con me-no di vent'anni oggi sanno quasi tuttileggere . Grazie alla scuola trovano fa-cilmente un posto di lavoro . Possonoarruolarsi, diventano elettori. Comedire, non più esseri inferiori ma citta-dini a pieno diritto .

Ospedali e cooperative

I missionari del Rio Negro hannoanche realizzato cinque ospedali e dueambulatori, tutti affidati alle FMA .Ogni ospedale ha il suo medico fissoe sessanta posti-letto .

Gli indigeni soprattutto ne hannobisogno : diversi loro gruppi sono disalute cagionevole . Una suora-medicodi Parì, notando la fragilità fisica de-gli indigeni della sua zona, ha realiz-zato quasi 500 prove di « TubercolinaPPD RT 23 » ; risultato : 87 reazionipositive e 189 con effetto debolmen-te positivo . Ha dovuto affrettarsi a cer-care i rimedi .

I missionari hanno realizzato tra gliindios anche delle cooperative agrico-le. Prima non esistevano strade, non

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c'erano mercati . Inutile quindi coltiva-re, perfino il denaro non si sapeva ache cosa servisse . Ora le strade ci so-no, si può trasportare, si può vendere .L'indio, abituato un tempo a riceveregratis, viene ora educato a lavorare, amettere insieme il raccolto, a dividerecon gli altri il ricavato. Gli indigenidel Rio Negro lavorano volentieri : van-no a caccia e pesca, coltivano i campidi mandioca, raccolgono la frutta, alle-vano animali domestici . La cooperativadi Parì si è perfino acquistata una« lancia » con cui trasporta sul fiumei propri prodotti .

Liturgia e allegria

Soprattutto la pastorale assorbe imissionari . Essi non impongono il bat-tesimo, né lo sollecitano . Al contra-rio, sono gli indios a richiederlo coninsistenza per i loro figli ; e i missio-nari all'occasione pretendono dai geni-tori un approfondimento della loro fe-de e un'assunzione più responsabile diimpegni cristiani .

La liturgia soprattutto festiva trovagli indios molto ben disposti . Il sacer-dote riesce a passare nelle singole co-munità solo una volta al mese, ma ilculto domenicale viene realizzato rego-larmente : dai catechisti (tutti gli annii numerosi catechisti indigeni si riuni-scono per un breve corso di aggiorna-mento). Cinque comunità hanno già ilministro dell'Eucaristia, che vive nel-la comunità stessa : il sacerdote nellasua visita mensile lascia l'Eucaristia neltabernacolo della cappella, e il ministrodurante le funzioni domenicali distri-buisce ai fedeli la comunione . Da treanni, ogni anno, in quasi tutte le comu-nità si predicano gli esercizi spirituali .Un gruppo itinerante, costituito da unsacerdote, una suora e un laico, rea-lizza questo compito, che lascia nellecomunità più fede, più maturità e piùimpegno .E con la Grazia di Dio non può

mancare l'allegria . Diverse comunitàhanno già le loro squadre sportive, ilgruppo teatrale, il complessino con bat-teria, chitarra, sassofono per allietarele funzioni sia religiose che ricreative .

Una massa da trasformarein comunità

Le difficoltà certo non mancano. An-cora oggi, mettersi in viaggio per i fiu-mi del Rio Negro costituisce un rischio .Si sale sopra una voadeira, si dicestaremo via tre giorni, si sa quando siparte ma non si sa quando si arriva .Un temporale, un guasto al motore, oqualcosa di peggio? A chi è rimasto acasa non rimane che pregare e sperare . . .

E ai tanti problemi un altro si ag-

giunge : l'arrivo dei civilizados . Di5 .000 giunti a Sào Gabriel, 3 .000 so-no ragazzi e giovani . Moltissimi senzaprima comunione e senza istruzione dialcun genere . Per loro si sono appron-tati corsi serali in gran fretta . Ma allafine del '76 si prevede che Sào Ga-briel conterà 10 mila abitanti . Arriva-no dagli stati poveri del Nordeste edel Sud, e cercano benessere . Il RioNegro è ricco e può dar da mangiarea tanti . Ma tutta quella gente va inco-lonnata e organizzata . E' una massa,bisogna trasformarla in comunitàumana .

Occorrono missionari . Durante l'An-no Santo, mons . Alagna ha potutoordinare il primo sacerdote nativo delRio Negro: il salesiano padre EdimarDa Silva, figlio del notaio di SantaIsabel . Quel giorno è stata una festaindescrivibile, incominciata con i fuo-chi d'artificio fin dal mattino presto .

Mons . Alagna spera che una stazio-ne radio lo aiuterà molto nel mante-nere i contatti con tutti . Il governoha già assicurata una banda d'ondasu cui trasmettere, ma il vescovo devecercarsi tutti gli impianti (costosissi-mi) e il personale specializzato .

Occorrono insegnanti . Gli indioscrescono sotto tutti gli aspetti, e sonoin grado di far scuola anche ai bian-chi. Sono pochi gli insegnanti, e de-vono crescere sempre più . Ma il pri-mo ad aver fiducia nel futuro è mons .Alagna .

L'anno scorso, in una riunione il re-sponsabile del territorio confinante« Roraima » gli ha domandato se po-teva mandargli qualcuno dei suoi inse-gnanti indigeni per le tribù delle sueparti . « Adesso no - ha rispostomons . Alagna -. Ma fra pochi annistia sicuro che glieli manderò » .

ENZO BIANCO

CONCORSO A PREMI SULLE MISSIONIPER GLI ALUNNI DELLE SCUOLE STATALI

Con la « segnalazione » ai Provveditorati agli Studi fatta dal Ministero dellaPubblica Istruzione nel febbraio scorso, è entrato nella sua fase ufficiale l'inte-ressante Concorso bandito dall'e Associazione Cooperatori Salesiani d'Italia »per sensibilizzare i ragazzi,delle Scuole Elementari (secondo ciclo) e MedieInferiori, alle Missioni .

I Cooperatori Insegnanti sono ora al lavoro per incoraggiare e animarela partecipazione al Concorso, in modo che il maggior numero di alunni pos-sibile prenda contatto con l'affascinante mondo delle Missioni e ne studii problemi .

Essi, attraverso queste pagine, lanciano un appello e domandano a tuttii lettori del Bollettino Salesiano che operano nel mondo della Scuola Sta-tale, sia come insegnanti che nei ruoli direttivi, di affiancarsi a loro ed esten-dere così a tanti altri alunni la partecipazione al Concorso, la cui scadenzaè stata fissata al 30 giugno 1976 .Nel numero di febbraio scorso il Bollettino diede al riguardo le principaliinformazioni . « Il Bando », con tutte le necessarie indicazioni, può essere riti-rato presso i Centri Cooperatori, o richiesto al seguente indirizzo :

Ufficio Nazionale CooperatoriViale dei Salesiani, 9 - 00175 ROMA Tel. (06) 74 .80 .433

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A Roma, nel gennaio scorso : un « Incontro dei Vescovimissionari salesiani » per ricordare il centenario dellemissioni di Don Bosco, per cogliere le nuove prospet-tive e superare le nuove difficoltà che il mondo mo-derno offre alla diffusione del Vangelo .

<tC

onosciamo, venerabili Fratelli,le ansie e i gravi problemi che

il vostro zelo deve affrontare in unmomento che segna un'era nuova, unasvolta decisiva nel campo dell'attivitàmissionaria . Nuove prospettive, ma an-che nuove difficoltà, si aprono oggi aimagnanimi ardimenti dei pionieri delVangelo. Tutto ciò significa che l'apo-stolato missionario dev'essere oggi con-cepito con vedute più larghe e moder-ne. Un rinnovamento s'impone . . . » .

I « venerabili fratelli »sono i ven-ti Vescovi missionari salesiani, e chi lisaluta e li esorta così è il Papa, nel-l'udienza del 21 gennaio scorso .

Un rinnovamento, dice il Papa, s'im-pone, ma « tutto ciò non avviene sen-za rischio . Occorre pertanto un'oculatavigilanza da parte vostra . . . » . E i Ve-scovi missionari si sono riuniti proprioper questo, perché sentono di essereentrati in un'era nuova, che richiedevedute più moderne e un rinnovamen-to doveroso, ma nello stesso temporischioso .

L'iniziativa, l'« Incontro dei Vesco-vi missionari salesiani », era stata pro-

posta dal Rettor Maggiore stesso, e haavuto luogo sotto la regìa del Consi-gliere per le Missioni don Tohill, pres-so la Casa Generalizia di Roma, trail 12 e il 24 gennaio . Un « minuscoloconcilio missionario », in cui i Vescovihanno ascoltato, parlato, discusso, pre-gato e deciso insieme . Sette Vescovidall'India, quattro del Brasile, due delParaguay, uno rispettivamente da Cile,Ecuador, Etiopia, Messico, Thailandia,Venezuela e Zaire . E con loro seiIspettori salesiani nelle cui Ispettoriesi trovano le missioni .

Scolari diligenti

Anzitutto i Vescovi hanno ascoltato,per il doveroso aggiornamento : si sonofatti scolari. Il « piano di studio » eramassiccio (don Altarejos, l'esperto inmissiologia del Dicastero missionariosalesiano, aveva scomodato per le le-zioni i nomi più grossi delle universitàGregoriana, Salesiana e Urbaniana, ilmeglio che potesse offrire il centrodella cristianità) . Ci furono conferenzeper un aggiornamento dottrinale sulla

missiologia, sugli aspetti giuridici del-le missioni, sulla pastorale e spiritua-lità missionaria . Conferenze comple-mentari sull'etnologia, sulle religioninon cristiane, sull'ecumenismo . I Ve-scovi si mostrarono scolari molto dili-genti e desiderosi di imparare . (E di-re che tanta gente invece è convintadi sapere già tutto . . .) .

Alle lezioni facevano seguito riunio-ni di gruppo, esposizione di esperien-ze, comunicazioni di vario genere . Set-te ore al giorno . « Più faticoso che fa-re sette leghe a cavallo nella foresta »,lamentava un monsignore abituato piùalla sella del cavallo che al sedile delbanco. Ma in realtà, quando i Vescoviaffrontarono l'ultimo punto in pro-gramma, finirono per aggiungere oredi « straordinario » rubate al riposo .L'ultimo punto prevedeva conversazio-ni su « gli aspetti specifici salesianidella missione », come dire scendereal pratico, ai problemi concreti . Peiesempio i problemi del personale sale-siano: se ci fossero più missionari, ecome prepararli, e come animarli . Lacorresponsabilità di Vescovi e Ispet-tori che agiscono sulle stesse aree . Ilruolo sempre più rilevante delle Figliedi Maria Ausiliatrice . Come sollecita-re un più valido aiuto dai laici impe-gnati in missione . Come suscitare voca-zioni locali in modo che le giovaniChiese diventino al più presto capacidi badare da sole a se stesse . . .

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Vescovi, ma figli di Don Bosco

E' la prima volta che i Vescovi mis-sionari salesiani delle varie parti delmondo si riuniscono appositamente .Forse la prima volta in assoluto : nonrisulta che altre congregazioni abbianochiamato i loro Vescovi a « concilio » .E loro notavano anche presso la SantaSede, con apprezzamento . Hanno det-to: « La Congregazione non abbando-nai i suoi Vescovi ». Perché a volte ireligiosi diventati vescovi possonosembrare come strappati per semprealla loro Congregazione, per essere tra-piantati lontano .

In realtà i Vescovi salesiani conve-nuti a Roma sono « pastori » di ter-ritori di missione affidati dalla SantaSede alla Congregazione di Don Bo-sco, e quindi ancora legati all'operasalesiana . Ma la Congregazione nonprende quei territori « per sé » quasiuna conquista . Al contrario assume so-lo dei doveri, cioè la responsabilità difarvi crescere una Chiesa nuova conun suo clero diocesano, e di renderlaal più presto autonoma . E' un generareal mondo - quello della fede - deifigli perché crescano in fretta e vada-no poi a vivere per conto loro .

La Congregazione si addossa pertan-to di fronte alla Santa Sede il doveredi non lasciar mancare il personale inquei territori, e quello di provvederea un minimo di mezzi economici . Inpiù si rassegna fin dall'inizio - macon la gioia dei genitori fortunati - adare figli e opere perché diventinopresto Chiese mature e si stacchinoda lei . . . Il gesto del Rettor Maggiore,che ha inviato i vescovi missionari, hadetto semplicemente che la Congrega-zione non si ferma ai mezzi economicima guarda soprattutto alle persone .

Persone del resto che si sentono le-gate a Don Bosco con doppio filo diferro . « Vescovo sì, ma sempre figliodi Don Bosco », ha detto uno di loro .E mons. D'Rosario nel saluto finaleal Rettor Maggiore ha voluto dire conuna « battuta » il senso di smarrimen-to che proverebbero loro, Vescovi sa-lesiani, se tagliati fuori dalla loro fami-glia religiosa . Ha raccontato di quelbambino indiano tanto piccolo e sem-pre attaccato al « sari » della mamma,che un brutto giorno si smarrisce . Eva in giro sconsolato domandando atutti: « Avete visto da qualche partela mia mamma senza di me? » .

I Vescovi missionari ora sono tor-nati alle loro difficili missioni. Dopoquell'incontro indimenticabile con ilPapa. Dopo tanti scambi di idee, infor-mazioni e impressioni . E con tanti pro-getti . Come capita sempre dopo ogni« concilio », anche minuscolo .

JESÚS MÉLIDA

Pfl$OUflI

Don BOSCO

I GiOUflflI

ori voglio infierire sul poveroPasolini . Lo hanno fatto anche

troppo sul suo corpo, mentre sulla suamemoria e sulla sua opera è stato alza-to un tale polverone che sarà difficileper qualche tempo capire in quale sta-to si trovino .

Personalità contraddittoria, protago-nista e testimone della nostra epocaegoista e violenta, Pasolini è stato tra-dito e ha tradito più volte .

Tradito dalla poesia, che era verae genuina soprattutto quando egli erapovero, ma che non giunse mai al gran-de pubblico .

Tradito dai suoi romanzi, specie daipiù famosi, che furono più noti perlo scandalo del linguaggio e delle situa-zioni di quanto non fossero letti e ca-piti. Romanzi e cinema lo fecero ricco,e fu tradito dal denaro .

Come saggista, scrisse ferocementecontro le convenzioni, contro la societàconsumistica, contro la violenza chepervade tutto, e di tale violenza è sta-to vittima .

Ma egli ha anche tradito . Ha tra-dito quei giovani di borgata, che avevaesaltato come tipi di un'umanità piùvitale, affascinandoli proprio con queimiti falsi che condannava : la potenza

del denaro, l'auto di lusso, il nomeprestigioso. E li ha strumentalizzati alproprio vizio .

Ha tradito la sua polemica controla violenza usando violenza, fisica emorale, e della peggiore specie : con-tro ragazzi ancora adolescenti . La nuo-va spietata violenza, che egli negli ulti-mi tempi leggeva negli occhi della gio-ventù, era il frutto anche della suaopera, sempre tesa allo scandalo, allarottura di ogni norma, al rifiuto diogni codice, all'esaltazione del sesso .

Non possiamo fare a meno di pen-sare, per contrasto, a Don Bosco, an-ch'egli scrittore e polemista, contesta-

tore di molti aspetti del suo tempo, eamico dei poveri . Ma quanto diversoil suo modo di « fare cultura »! Chia-rezza di stile, vero linguaggio popola-re, intuizione della potenza della comu-nicazione sociale . Ma soprattutto, chia-rezza di vita, e nessuna separazionefra ciò che si scrive e ciò che si è . Nonvelleità di difendere la causa dei po-veri accumulando denaro, ma opereconcrete, servizi sociali, e realizzatisenza avere un soldo in tasca .

E soprattutto, non l'equivoco este-tizzante malsano « amore per la gio-ventù » di un uomo solo, e forse di-sperato, ma l'amore costruttivo di chiapre oratori e scuole, propone con auto-rità contratti di apprendistato, elabo-ra metodi pedagogici nuovi, e rispettail giovane interamente e sempre, per-mettendogli di essere se stesso .

Si dirà: « Ma don Bosco era unsanto »! E poiché Pasolini, per vocedi gregge di intellettuali, è stato lìper lì glorificato quasi come un santodella cultura marxista e laica, possia-mo concludere che ogni cultura ha ilsanto che si merita .

Exallievo DOMENICO VOLPI(Riduzione da « Voci Fraterne ») 11

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a quando ci è stata comunicatal'apertura del nuovo oratorio

di periferia, i miei "impegni" sonoaumentati . . . E quante altre necessitàdevo avere presenti! Devo "aiutare"le mamme a prepararsi seriamente perfare le mamme, pregare perché durinoi frutti dell'Anno Santo, per gli uomi-ni che sono al governo, per tanta gen-te senza casa e senza pane . . . » .

L'elenco ha tutta l'aria di voler con-tinuare .

E continua, infatti. Ma non lo se-guo più nei dettagli : ne intravedo ledimensioni, come di onde concentri-che che si vanno dilatando. In quelpaio di occhi - occhi di bimba fratrine di rughe - è concentrata tuttal'intensità dinamica di cui le membrasono state defraudate dagli anni : annidi cortile e di portineria, di scuola edi catechesi . Riandando a ritroso neglianni, quante immagini si sovrappon-gono sul óideo della memoria di suorLuigina . Vi sfilano le generazioni diallieve che riempivano di chiasso e dimusica il collegio. Le mamme sempretrepide, che lei tranquillizzava con pa-role semplici ma capaci di infondereserenità .

Suor Luigina

Ottantatrè anni : da otto, ogni annoè ora un susseguirsi di giornate tutte

Ogni stagione ha i suoi doni : anche la vecchiaia. Perle suore anziane sono doni di raccoglimento in Dio,di preghiera, di offerta per il inondo intero . Quaranta« case di riposo » accolgono le Figlie di Maria Ausilia-trice che dopo una vita d'intenso lavoro si preparanoall'incontro con quel Cristo a cui un giorno lontanosi erano donate per sempre .

uguali, sulla scena fissa della sua ca-meretta che si spalanca sul giardino .Sotto, a poca distanza in linea d'aria,corre il raccordo autostradale che vaverso il mare . Vi sfrecciano le auto,con il loro bagaglio di umanità varia :pure per questa gente suor Luigina haun pensiero, tanti pensieri . Anche se,viste di lassù, quelle auto non sembra-no che modellini di plastica per leautopiste dei bambini .

Le giornate « tutte uguali », però,le vediamo solo noi . Noi, che ci sen-tiamo sani e ci crediamo sicuri, chenon sappiamo vivere senza agitarci ecorrere a vedere ed esplorare . Per quel-la suora invece - come per le altresuore « a riposo » con lei - il nonpoter più muovere le gambe non co-stituisce, in fondo, una vera e propriainvalidità . Chi può incatenare lo spi-rito?

OLIANDO

LE SUOREIAlPIIXIINIII

Intorno al mappamondo . Inauguratoin occasione del viaggio del Papa alleFilippine, esso è poi servito per visua-lizzare tanti altri viaggi, ogni voltatrafitto da tante punture di spilli .

« Signore, ti offro questa immobi-lità : solleva la stanchezza di tutti imissionari » . Si può « agire » nel Re-gno e per il Regno, anche solo con ilcuore che si dona .

Intorno al mappamondo

Eccole riunite intorno al mappa-mondo, le suore anziane o malate del-la casa di riposo fra i colli e il lago .Stanno delineando l'itinerario delleMadri in visita alle Ispettorie del-l'America .

Ormai comincia a essere sciupatoquel povero mappamondo, trafitto datante punture di spilli : ogni tappauna bandierina. Inaugurato in occasio-ne del viaggio del Papa alle Filippine,è servito poi a visualizzare i viaggidel Rettor Maggiore e quelli della Ma-dre Generale. Lo si dovrà sostituire,

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per poter tenere sempre ben localizza-ta la preghiera, nell'offerta quotidianadella serena adesione alla volontàdi Dio .

Oggi tutte sono a Caracas con i lororosari, con le visite a Gesù in chiesa ;poi saranno a Santiago, a Belo Hori-zonte, a Hong Kong . . . Chi potrà cono-scere la confortante e valida compa-gnia che queste missionarie silenzioseoffrono ai superiori nei loro viaggi?

« Non riesco più a seguire tutti »,dice con un certo affanno apostolicouna suora anziana un po' curva e tre-mante, ma eretta nello spirito . Enume-ra sulle dita i suoi impegni apostoliciguardandosi attorno : sembra una non-nina alle prese con una turba di fru-goli giocherelloni . Ma quel suo sguar-do circolare è un gesto del cuore, che« vede » i destinatari della sua missio-ne . Spiega infatti che deve pregare perla guerra in Libano, per i disoccupatidelle grandi aziende in crisi, perchéil Signore tocchi il cuore dei terroristi,per le intenzioni del Papa, del RettorMaggiore, della Madre . . . E poi le èstata espressamente affidata una cate-chesi parrocchiale, e in ultimo si è ag-

CASE DI RIPOSO, OASI BENEDETTE

giunta anche la nuova fondazione diTeheran!

Quanto da fare! Ma quanta gioianel cuore, che sente di appartenere atutti, perché in Dio sa di poter ope-rare per il mondo intero. Vien da pen-sare a quell'incisiva affermazione diMauriac: « L'universo della Grazia èun universo senza solitudini, perchéinvisibili scambi creano, nella preghie-ra, vincoli eterni fra gli uomini » .

La bacheca nel soggiorno

Nel piccolo soggiorno di una diqueste case di riposo l'interesse apo-stolico è orientato per mezzo di unabacheca che sta a indicare l'ampiezzadella dedizione instancabile di quellecare suore anzione. Vi si espongonotalvolta lettere di parenti, di exallieve,di conoscenti, che chiedono aiuto dipreghiere per le più svariate necessità ;il più delle volte sono ritagli di gior-nale o di riviste . Una specie di ufficioinformazioni sulla vita della Chiesa edel mondo: il Sinodo, un'Esortazioneapostolica, scoperte e invenzioni, con-gressi, calamità pubbliche . . .

Quante sono . Una quarantina, su 1 .438 case che le Figlie di Maria Ausi-liatrice hanno nel mondo . Costituiscono un aspetto inatteso, in un pano-rama di intensa attività segnata dall'immancabile presenza giovanile .

Dove sono . Queste oasi benedette e provvidenziali sono disseminatein zone tranquille tra il verde, oppure accanto a complessi scolastici o cen-tri giovanili . Sorgono a Nizza, Las Piedras, Contra di Missaglia, Villa Salus(Torino), Aglié, Serravalle, Lorena, Alta Gracia, Pu2bla, Orta, Roppolo, Cata-nia Barriera, Yercaud, St . Cyr, Kortrjik, Lagugnano, Rosà . . .

Chi le abita . Vi sono ospitate le Figlie di Maria Ausiliatrice consumatedal lavoro, o precocemente sottratte dalla malattia all'azione pastorale diret-ta : sottratte ma non allontanate, separate ma non divise .

Come si vive . Non è sempre facile, all'inizio, adattarsi all'idea del« riposo », per chi non si è mai risparmiata in tante fatiche : nello spiritoc'è ancora tutta una tensione a donarsi, a fare, a superarsi . . . Poi, di luce inluce, lo spirito giunge a sempre maggiore chiarezza : « Chi fa la volontà delPadre mio, questi è per me fratello e sorella e madre . . . lo ho scelto voiperché portiate frutto : chi rimane in me, porta molto frutto . . . » .

Un lavoro diverso . Il loro riposo, nello stile evangelico e salesiano, èsoltanto un lavoro « diverso un lavoro che si è più interiorizzato, e si èfatto preghiera e offerta sulla dimensione della Chiesa e del mondo . La gene-rosa adesione di queste suore alla volontà di Dio porta loro in cuore tantagrazia e gioia, da riversare su tutto l'istituto delle FMA e sulla Chiesa .

Una missione speciale. Nel periodo di più intenso lavoro in preparazioneal recente Capitolo Generale, la Madre Generale ha rivolto a tutte le « caresorelle malate e anziane „ un particolare invito . Ha scritto loro : « Voi caresorelle, che siete tanto purificate dal dolore, avete gli occhi più chiari pervedere e aiutarci a vedere, nella luce vera, i valori perenni dell'istituto che Diovuole siano conservati, e insieme le vie nuove che Egli vuole siano aperteper il bene della Chiesa . I vostri "sì" che offrirete generosamente alSignore, saranno da Lui trasformati in tanti raggi di verità per il Capitolo .Sarete così anche voi "suore capitolari" . Invisibili ma operose, voi porteretefuoco di Spirito Santo nei lavori di gruppo e nelle assemblee » .

Da ogni parte pervennero risposte commoventi, che rivelavano la viva-cità spirituale di queste « care sorelle pronte a offrire a piene mani i lorodoni spirituali .

Con questo mezzo le aspirazioni ele vicende dei fratelli (conosciuti o nonon importa) e gli avvenimenti reli-giosi, politici e sociali di ogni popolo,entrano nelle intenzioni delle preghie-re e delle offerte quotidiane di tuttala piccola comunità. Accade allora chedurante il rosario - e quanti, primadi sera! - vengano ricordati il chie-rico che riceve gli Ordini sacri e l'ope-raio che cerca lavoro, i viaggiatori deltreno deragliato, il carabiniere feritodai banditi e l'alpinista disperso nellatormenta . Tutto, dalla bacheca, passaper il cuore nella loro vita e diventapreghiera .

Una suora non molto avanti neglianni, paralizzata in seguito a un inci-dente, ogni mattina è amorevolmentesistemata in una poltroncina a rotelle .Ha risolto di sbrigare così la sua atti-vità apostolica : si fa portare in cappel-la vicino al Tabernacolo, e poi . . . Losanno lei e Gesù soltanto, tutto il la-voro che compiono insieme nelle di-verse parti del mondo . A chi la inter-roga, risponde semplicemente : « Ripe-to ogni giorno il mio sì incondiziona-to, e chiedo soprattutto al Signore dimoltiplicare le vocazioni sacerdotali ereligiose » .

Se è vero, come è stato detto, che« il sublime è il profondo del quoti-diano », qui siamo alle soglie del su-blime .

Il Papa, i vescovi, i sacerdoti sonosempre ai primi posti nelle intenzioni .

Suor Lucia - quanti passi e quantecorse aveva fatto! - un giorno si ve-de amputare la gamba destra . Si speradi arrestare il male . Ma a breve distan-za di tempo deve lasciare anche la si-nistra sul tavolo operatorio . Dimessadall'ospedale, riprende la sua vita apo-stolica : una vita rinnovata e arricchitada un'offerta serena e forte . Suor Lu-cia sa che ci sono sacerdoti oppressida tante difficoltà: il suo contributopuò essere efficace per il loro mini-stero . E si assume la maternità spiri-tuale di tutte le anime che, da questomomento, avranno bisogno di lei . Sen-te che la Provvidenza glie le ha affi-date, in adozione speciale, da quandole ha chiesto di non fare più un passoper incontrarle .

Originali promemoria

« Oh, se potessi fare di questa gior-nata tutta una catena - di atti di amorea Dio! » . « Perché, suor Caterina? »« Vorrei legare a Lui tutto il mondo :specialmente quei poveretti che non loconoscono e non lo amano » .

Suor Caterina vive in una piccolacasa di riposo annessa a uno studen-tato . Vi spira un'atmosfera particolar- 13

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mente giovanile . La veranda piena disole in cui si riunisce la comunità, erastata un tempo la sede delle animatericreazioni delle giovani suore studen-ti . Queste abitano ora all'altra estre-mità della casa, ma conservano l'abi-tudine di passare spesso da questa ve-randa per salutare le loro amiche, con-fidenti, consigliere e . . . protettrici, so-prattutto nell'imminenza delle sessionid'esame . Nel giorno dell'esame poi,qualcuna di quelle « care vecchiette »trova un originale promemoria : unfiocco, una coccardina o un semplicefiore di plastica, con un saluto e il ti-tolo della prova . E' il SOS che in-fonde fiducia nelle candidate, e im-pegna le loro « custodi » a un'assisten-za intensificata . Che sarà compensata,la domenica seguente, da un lieto po-meriggio musico-drammatico, che lestudenti sanno sempre improvvisareattingendo al repertorio più svariato . . .

Così le giovani dicono grazie alleveterane, che hanno costruito con gene-rosità e sacrificio il ricco patrimoniodell'Istituto ; e le anziane guardano congrato compiacimento alle nuove gene-razioni che con slancio giovanile con-tinuano la loro opera .

Una specie di banco di credito

Non è solo la preghiera che occupale suore delle case di riposo . Tuttequelle che possono si adoperano in atti-vità diverse . Quanta gioiosa premurain quello sferruzzare variopinto, inquel comporre con gusto e fantasiaritagli e scampoli per confezionare in-dumenti per le missioni, berrettini esciarpe per i bimbi poveri del rione .E c'è chi può ancora prestarsi in aiutoper qualche assistenza al vicino orato-rio; chi non rinuncia, anche a costodi sacrificio, a trovarsi in portineriaper salutare le exallieve che vengonoper gli incontri .

Alcune suore continuano il loro apo-stolato attraverso la corrispondenzacon quelle stesse assistite che, un gior-no forse ribelli o insofferenti, oggi at-tendono da loro una parola di confor-to o chiedono un consiglio prima diqualche decisione importante .

La « casa di riposo » è una speciedi banco di credito per le varie casedell'Ispettoria, e la partecipazione spi-rituale di quelle suore è come una fir-ma di garanzia per ogni nuova inizia-tiva pastorale . Le suore che lavoranofra la gioventù sanno di poter ricevereaiuto nelle varie difficoltà . E si creaun clima di affettuosa reciprocità : l'in-teressamento porta a più alta quota ilfervore delle anziane e malate, chesanno di avere ancora parte viva nel-l'incremento apostolico dell'Istituto .

14 Giungono perfino, quasi per implicito

La bacheca nel soggiorno raccoglie elenchi di iniziative da sostenere con lapreghiera.

regolare « contratto », elenchi di alun-ne di scuola, di gruppi di catechesi, diiscritte ai centri giovanili . E subitovengono suddivise le « opere », sorteg-giati gli elenchi, e le suore assumonoun impegnativo madrinato : la miasquadra, la mia classe, il mio oratorio . . .

Le ore di festa

Non mancano, fra le mura della ca-sa di riposo, le ore liete e distensivedella ricreazione quotidiana : nel cli-ma di familiare semplicità si condivi-dono gioie e speranze, con l'interessesempre proteso alle speranze e alla sto-ria di tutti gli uomini, sentiti vera-mente come fratelli nell'universale ten-sione alla Gioia .

Se poi c'è una Superiora in visita,anche solo per una breve sosta, si vederisplendere sui volti una létizia quasifanciulla, che fa scordare gli acciacchie i malanni . Si preparano piccoli doni,industriose sorprese, si allestiscono per-fino recite « a soggetto » per offrire al-le visitatrici una cronaca illustrata alvivo degli avvenimenti più interessantidella vita di casa. E non di rado, inqueste feste di famiglia, si rievocanoi tempi che furono .

Ci sono ore, in queste case benedet-te, che sono ancor più autenticamenteore di festa : sono quelle che segnanoil passaggio all'Eternità . Lo testimonia-no le cronache delle case, che riserba-no le pagine più commoventi proprioalle circostanze dei sereni trapassi ditante sorelle . Queste pagine non han-no l'evanescenza della poesia, non tra-ducono l'emotività momentanea dellospettatore estraneo od occasionale ;riassumono l'esperienza esistenziale divite che, trascorse in solidarietà fra-

terna e in comunione quotidiana, tro-vano nella « Luce vera » il loro epi-logo più naturale .

Ognuna ha il suo stile

Ognuna ha il suo stile : c'è chi chie-de di avere attorno le consorelle e leprega di intonare un canto alla Ma-donna: il canto d'entrata nel Tempio,come gli antichi pellegrini d'Israelenell'atto di varcare una soglia attesa esognata durante le fatiche di un lungocammino .

Qualche volta si stabilisce una disin-volta atmosfera di partenza, con i pre-parativi del caso: con i sereni com-miati, si affidano alla « viaggiatrice »le raccomandazioni per la Madonna,per Don Bosco, per madre Mazzarello .La si incarica di particolari commis-sioni per quando giungerà nella Geru-salemme celeste, e se ne attendono confiduciosa speranza gli effetti .

« Perché piangi? -, dice una suoramolto grave al fratello sacerdote cheamministra il sacramento degli infer-mi -. Io vado in Paradiso! » .

Una moribonda, che fatica ormai adarticolare parola, riesce a raccoglieretutte le sue forze per confidare a chil'assiste : « Pensa alla mia gioia : trapoco sarò immersa nella santissimaTrinità! » .

Un'altra dice semplicemente : « So-no serena . Ho lavorato per il Signore,e ho voluto bene a tutti! » .

Ognuna col suo stile .Ma in comune hanno una certezza :

quando una vita si è donata tutta aDio, giunta al tramonto trova Dio chesi dona tutto a lei .

GIULIANA ACCORNERO, FMA

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EDUCHIAMO COME DON BOSCODon Bosco nel 1885 fece un « so-

gno » stupendamente bello : « Mi pa-reva - raccontò - di trovarmi davan-ta a un immenso, incantevole declivio ;verdeggiava in dolce pendìo: sembravaun paradiso terrestre, illuminato da unaluce più abbagliante del sole . L'erbapettinatissima era punteggiata di fiori .In mezzo vi si stendeva un tappetto diun candore così niveo da accecare.Sugli orli del tappeto si leggeva, a ca-ratteri d'oro, la seguente scritta :"Beati i puri che camminano secondola Legge del Signore . Dio non priveràdi beni quanti camminano nell'innocen-za. Non resteranno confusi in tempicritici e si sazieranno durante i giornidi carestia . Il Signore conosce i giornidegli immacolati e la loro eredità per-durerà in eterno"» .

« Poi, vidi due stupende fanciulledodicenni sedute sul margine del tap-peto dove il declivio faceva scalino.Il loro contegno era dignitoso; irradia-vano dagli occhi una gioia di felicitàcelestiale. Sulle loro labbra sfavillavaun dolce sorriso . Una veste biancascendeva fino ai loro piedi e una cin-tura rossa fiammeggiante con bordid'oro allacciava i fianchi . Portavano alcollo come monile un nastro di corolledi gigli, di viole, di rose . Come brac-cialetti avevano ai polsi un mazzo dimargheritine. Ma la bellezza e il ful-gore di quei fiori non erano confron-tabili con le gemme più preziose . Unacapigliatura gli scendeva lungo le spal-le. Cominciarono un colloquio con unosquillo incantevole di voce .Una di loro disse: « Che cos'è l'in-

nocenza? E' lo stato felice della Gra-zia santificante conservata per mezzodella costante ed esatta osservanzadella Legge di Dio » . E l'altra fanciullaribatteva: « La purezza è fonte e ori-gine di ogni scienza e di tutte le virtù » .

INSEGNATEGLILA PUREZZA

La prima riprese il duetto dopo un atti-mo di silenzio e disse : « Oh, se i gio-vani conoscessero quale prezioso te-soro è l'innocenza! Ma purtroppo nonriflettono e non pensano quale dannosi infliggono quando la macchiano.L'innocenza è come uno squisitissimoliquore ». E la seconda fanciulla aggiun-se: « D'accordo, ma è racchiuso den-tro un flacone di fragilissimo cristallo;se non è portato con grande cautelafacilmente s'infrange come il vetro sof-fiato » . E la prima ancora : « L'innocenza è una gemma preziosissima » . La se-conda commentò: « Ma chi non ne co-nosce il valore, la perde con facilità;•

la baratta con qualsiasi oggetto vile•

banale » .Il « sogno » di Don Bosco s'intona

perfettamente alla Dichiarazione sul-l'Etica Sessuale del gennaio u .s. cheil Santo Padre tanto raccomanda dileggere, di meditare e di studiare .

Ecco allora alcune indicazioni prati-che, estratte dalla « Dichiarazione „pontificia .

• Occorre instillare nei giovani ilconcetto che, per conservare la purez.za ci sono i mezzi sempre raccoman-

dati dalla Chiesa per vivere una vitacasta : la disciplina dei sensi, dello spi-rito, la vigilanza e la prudenza nell'evi-tare le occasioni di peccato, la custo-dia del pudore, la moderazione nei di-vertimenti, le sane occupazioni ; il fre-quente ricorso alla preghiera e ai sa-cramenti della Confessione e dell'Euca-ristia » .

Occorre « che i giovani, soprat-tutto, si preoccupino-di sviluppare laloro pietà verso l'immacolata Madre diDio » . La Vergine Madre di Dio è laprima nell'amore a Cristo . La preghierasi fa poesia, si fa canto, si fa gioia,si fa sicurezza quando si parla di Leio quando ci si rivolge a Lei .

• Occorre che « i giovani si propon-gano come esempio da imitare la vitadei santi e degli altri fedeli, special-mente degli adolescenti che si sonodistinti nella pratica della castità » .

• Occorre in particolare che « tuttiabbiano un'alta idea della virtù dellacastità, della sua bellezza, del suo ri-fulgente splendore. Essa onora l'essereumano, lo rende capace di un amorevero, disinteressato, generoso e rispet-toso degli altri » :

Carlo De Ambrogio

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Singolare concezione di uno scultore indiano degli anni '60 : tra Budda eGandhi, la figura di Cristo Redentore.

Ricordi di un'infanzia felice, di un'adolescenza tra-punta di ideali, di un apostolato difficile ma ottimistae perciò fortunato . E di una tegola sul capo, chiamataepiscopato. Ma mons . Pietro Carrello più che di ricordivive del presente, della calda realtà thailandese. E diuna convinzione : che Budda, da ostacolo che era con-siderato fino a non molto tempo fa, può farsi scala percondurre il popolo Thai a Cristo .

Domanda. Mons . Carretto, comeè diventato Salesiano?Mons. Carretto . Io provengo dal-

l'oratorio di Torino-Crocetta . Un chie-rico americano che vi studiava la teo-logia suscitò in me, tredicenne, il de-siderio delle missioni . Anche mio fra-tello Carlo (il noto « fratel Carlo » deiPiccoli fratelli di Gesù, ndr) qualcheanno più tardi frequentò l'oratorio ;quanto alle mie tre sorelle, per loroc'era l'oratorio delle FMA in BorgoSan Paolo . . . Eravamo una famiglia dioratoriani .

In quell'ambiente è maturata la miavocazione .

Pensaci bene, Pierino

Domanda. Di Don Bosco hanno16 scritto che « in principio era la mam-

ma », cioè mamma Margherita . E' sta-to così anche per lei?Mons. Carretto . Sì, la mia mam-

ma ha avuto su di me una presa deter-minante. Papà era piuttosto riservato,silenzioso, chiuso in se stesso, comeerano tanti padri nel vecchio Piemon-te . Quando gli dissi : « Voglio farmisalesiano », rispose : « Pensaci bene,Pierino, poi fai come vuoi » . La mam-ma invece mi instillò il bisogno dellapreghiera, l'affetto alla Madonna, lagenerosità verso le missioni, l'amoreall'altare . A cinque anni servivo lamessa, e voleva che lo facessi bene. Lamia vocazione è nata anche dal cuoredella mia mamma .

Domanda. Dopo di lei due sorelle,Emerenziana e Dolcidia, hanno abbrac-ciato la vita religiosa diventando Fi-glie di Maria Ausiliatrice . E sia pure

INTERVISTAA MONS. PIETRO CARRETTONEL 25' DI EPISCOPATO

BUDDJI

CR/~ú A

fi CRISTO .a 44 anni suonati, anche Carlo è en-trato in noviziato abbracciando lo sta-to religioso . Perché in qualche fami-glia a volte si ha di queste « esplosio-ni di vocazioni »?Mons. Carretto . Certo il clima fa-

miliare, la preghiera . Quanti rosari ab-biamo recitato insieme durante la guer-ra! Papà era sotto le armi, la mammaci diceva : « Dobbiamo salvare papàcon il nostro rosario ». Questa devo-zione messaci nel cuore fin da bambi-ni ha voluto dire molto . E poi .l'ora-torio : si viveva così bene l'ideale del-l'apostolato . Ricordo poi quand'eronell'Aspirantato di Ivrea, e mia sorellaEmerenziana veniva a trovarmi : com-plottavamo insieme sulla possibilitàche anche lei diventasse Figlia di DonBosco . . . Come appunto avvenne .

Perché l'esplosione di vocazioni?Dobbiamo lasciare la vera risposta allaProvvidenza, la sola a sapere comevanno davvero queste cose .Domanda. Ha accennato alla casa

di formazione di Ivrea . Che cosa ricor-da di quegli anni?Mons. Carretto . E' stata una co-

sa favolosa (ci sono rimasto dal 1925al '28) . Si viveva in pieno clima mis-sionario : una tensione dello spirito chesi traduceva nell'essere sempre prontia qualsiasi cosa ci fosse richiesta . Tut-to ci pareva facile .

Nel mio corso eravamo in 52 ; quan-do giunse il momento di partire, a die-ci di noi i genitori non dettero il per-messo, e fecero il noviziato in Italia .Ma partimmo in 42. I superiori ci ave-vano destinati per i vari paesi, for-mando gruppetti omogenei e tenuti in-sieme da profonda amicizia . In 16 par-timmo per la Thailandia . Ricordoquando ricevemmo il Crocifisso a To-

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rino nella Basilica di Maria Ausilia-trice . La gente sgranava gli occhi sudi noi : « Guarda come sono giovaniquesti chierici! » . Avevo 16 anni .Ivrea è stata per me qualcosa di fa-voloso .

Una tegola, una seconda tegola

Domanda. E cosa ha provato di-ventando Vescovo?Mons. Carretto. La mia nomina

a Vescovo fu veramente impensata .Ordinato sacerdote nel 1939, ero stato6 anni a Bang Kok durante il diffi-cile periodo della guerra, nella Pro-cura missionaria. Poi mi fecero diret-tore a Ban Pong : una scuola e tantiragazzi. Mi ero buttato a capofitto :con i confratellii formavamo « un cuorsolo e un'anima sola » . I ragazzi aumen-tavano di numero, la scuola dava buo-ni risultati, ero felice . E improvvisa-mente mi cade sulla testa una tegola :mi fanno Ispettore .

L'Ispettoria era ancora abbastanzapiccola, perciò aprii una scuola a BangKok e potei fare anche da Direttoredi quella comunità. Era una scuola tec-nica, e diventerà presto l'opera più bel-la dei Salesiani in Thailandia . Ma men-tre cominciavo a capire qualcosa delmestiere di Ispettore, mi capitò sulcapo la seconda tegola : la nomina aVescovo .

Avevo appena 38 anni, mi sentivoimpari alla responsabilità . Non possoraccontare molto, sono tenuto al se-greto, ma dirò solo che il Rettor Mag-giore d'allora, don Ricaldone, tagliòcorto ai miei pianti con un netto « Ac-cetta, e sta' zitto » . . .

Camminare nell'acqua

Domanda. Un Vescovo missionarioè diverso dagli altri Vescovi?Mons. Carretto . Se essere Vesco-

vo vuol dire servire, siamo nel pienosignificato della parola . Perché in mis-sione il Vescovo dev'essere pronto afare di tutto . Sono Vescovo da 25 an-ni, e non ho mai avuto un segretario .Sono io il cameriere di me stesso, eforse per questo nella mia stanza vasempre tutto bene .

Ho scoperto che, specie quando siva in visita pastorale, il modo miglio-re per far andare bene le cose è asse-condare fino all'ultimo il desiderio deiparroci, dei confratelli, dei fedeli . Na-turalmente ciò esige un po' di genero-sità, ma se ci si preoccupa di capireche cosa vogliono gli altri, e si cercadi accontentarli, si ha la gioia grandedi vedere che tutto procede bene .Domanda . D'accordo, eccellenza .

Ma ci è giunta una foto in cui lei ap-

pare seduto sopra una scaletta, scalzoe in attesa che il sole la asciughi . Nonc'è proprio differenza tra un Vescovomissionario e gli altri?Mons. Carretto . Sì, ricordo quel-

la foto . . . L'anno scorso più di3 .000 Kmq della mia diocesi eranostati allagati da un'inondazione senzaprecedenti . Migliaia di case distrutte,tutto il raccolto perduto. Ero andatoa visitare i villaggi per confortare quel-

Mons. Pietro Carretto .

la povera gente a vedere che cosa sipoteva fare. Avevo dovuto camminarenell'acqua . . . e hanno scattato quella fo-to a tradimento! Ma niente di straordi-nario, per carità . Io non so come so-no gli altri Vescovi . So solo che noiin Thailandia dobbiamo essere « tuttoa tutti » .Domanda. Un vescovo è sempre

in mezzo a tanta gente ; ma nello stes-so tempo - con tutte le responsabi-lità che gravano su di lui - non sisente solo?Mons. Carretto . Per niente . E mi

spiego . Io sono del principio di farsapere a tutti quello che si fa . Quelloche c'è in casa . Quanto si spende .Quanto rimane . Quando ci si riuni-sce, tutti possono esporre e proporreliberamente idee e progetti . E deci-diamo di comune accordo . Se la tortaè grande, le fette saranno grandi . Sela torta è piccola ci si accontenterà diuna fetta piccola . Ogni anno a dicem-bre faccio i conti e li rendo di pubbli-ca conoscenza . Questa politica delle« carte in tavola » aiuta a superareogni isolamento .

Altro esempio: io mi sento ancoragiovane e viaggio molto . Faccio il gi-ro della diocesi tre o quattro volteall'anno, e vado a trovare tutti . I fre-quenti contatti creano una buona in-tesa . Io non ho segreti per i miei con-

fratelli . E non mi pare che qualcuncdi essi abbia grossi segreti per me .

No davvero, non mi sento mai solo .

Farsi come loro

Domanda. Che cosa prova lei peri Thailandesi?

Mons. Carretto . Don Ricaldonediceva a noi futuri missionari : « Fa-tevi come loro » . Era un programma,su cui don Cimatti ci fece un piccolocanto: « Siamo o non siam? Rispon-diam : Siam » . Un simpatico gioco diparole : allora Thailandia si chiamavaSiam (pronuncia Sciàm), nome poi ab-bandonato perché non piaceva (signi-ficava « abbronzato ») . E' più belloThailandia, cioè « terra dei liberi » .Ma la sostanza per noi rimane : « Sia-mo Siam », dobbiamo esserlo . Io misento immedesimato .

Questo « farsi come loro » passa inpratica attraverso a cose concrete .Anzitutto la lingua . Io la possiedo me-glio di molti Thailandesi, e a volte midiverto a far notare piccoli errori .

Avere una buona conoscenza dellastoria e geografia del paese . Conoscobene uomini e cose, al punto che mol-ti si stupiscono . Quando mi trovo conautorità civili o religiose, mi mostroaggiornato, pongo sempre domande ri-guardanti la loro vita pubblica . Essipossono anche provare nessun interes-se per il mio cristianesimo, ma devo-no ammettere che io mi interesso inpieno delle cose loro .

Quando viaggio indosso semprel'abito del missionario, ben riconosci-bile . Succede per esempio in treno chemi vedono straniero e mi guardanocon sospetto. Allora sono il primo arompere il ghiaccio con una domandaqualsiasi, la richiesta di un'informazio-ne. « Parla proprio come noi! », si di-cono subito meravigliati, e il ghiaccioè rotto. Non mi sono mai trovato indifficoltà o a disagio .

Posso dire di aver tentato di farmiuno di loro, e di esserci riuscito .

Domanda . Che iosa significaBudda per un thailandese?

Mons. Carretto . Purtroppo la cre-denza popolare nel Budda è una cre-denza divina . Non possiamo negarlo .Quando lavoravo in mezzo ai ragazzi,a volte ne chiamavo qualcuno : « Tiho visto pregare prima di dormire .Che cosa hai detto? » « Ho pensatoal Budda ». « Bravo, hai fatto bene .Ma di' un po', Budda è morto? »« 2500 anni fa ». « E quando hai pre-gato, ti ha sentito? » .

Molti cadono dalle nuvole, non sierano mai posta una domanda del ge-nere. Ho avuto anche di queste rispo-ste : « Non mi ha udito ; ma il suo 17

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ricordo, come quello di mamma, miaiuta » . Altri invece dicono chiaro :« Sì, mi ha udito » .

La maggioranza del popolo attribui-sce a Budda delle qualità e dei poteriche sono divini .

Budda non era ateo

Domanda. I missionari come par-lano di Budda?

Mons. Carretto . Il nostro compitoè di demitizzare. Ai miei ragazzi chedicevano: « Sì mi ha sentito », io ag-giungevo : « Tu sai che 2500 anni fa,sette giorni dopo la morte, lo hannobruciato e hanno sparso le sue ceneriin tutto il mondo buddista. Come puòsentirti? » .Nel medesimo tempo però esprimo

un giudizio molto positivo su Buddauomo: « E' stato un grandissimouomo, un vero educatore del popolo,a cui ha dato principi morali di fon-damentale importanza . Ma - conclu-do - era soltanto un uomo » . Di quimi diventa possibile fare il passo finoa Dio .

La religione buddista è basata su treprincipi, le « tre gemme », che sonoil Budda, la legge, la comunità deibonzi . Di solito -i buddisti non stannolì a chiedersi : queste tre gemme so-no tutte di importanza uguale? Mapensandoci devono convenire che lacomunità dei bonzi è meno importantedi Budda. Allora io chiedo: « E tra ilBudda e la legge, chi è superiore? »Così li porto a notare che Budda nonha inventato la legge, ma solo l'ha sco-perta : essa preesisteva a Budda . Aquesto punto introduco un nuovo con-cetto : quello del « datore della leg-ge », cioè Dio, al quale vanno giusta-mente attribuite quelle qualità e pre-rogative divine che di solito tanti bud-disti attribuiscono all'uomo Budda . . .E concludo : « Noi cristiani possiamoessere buddisti . Non c'è difficoltà . Mavoi buddisti, per essere cristiani dove-te accogliere un'idea nuova : quelladi Dio » .

In tal modo spiano la strada al cri-stianesimo .Domanda. Budda è un ostacolo al-

l'azione missionaria?

Mons. Carretto . Fino a ieri lo ab-biamo considerato un grosso ostacolo .Ora preferiamo considerarlo una sca-la per giungere a Dio .

Facciamo molto affidamento sulledichiarazioni del Mahatma Gandhi,che era indiano e buddista . Il Mahat-ma ha provato nei suoi scritti cheBudda non era ateo . Era un credentein Dio, ma si ribellava all'idea piutto-sto materialistica che circolava alloranel mondo hindù . Un Dio dalle forme

umane : dalla sua testa aveva avuto ori-gine la casta dei bramini, dal petto iguerrieri, dalla pancia gli artigiani, dal-le gambe i contadini . E poi c'era l'enor-me massa dei paria - i senza casta,70 milioni - che non si sapeva didove venissero fuori . Gandhi sostieneche Budda si è ribellato a questa visio-ne materialistica di Dio, che al contra-rio ne aveva auna concezione trascen-dente. Era agnostico : non nel sensodi chi dice « Dio non mi interessa »,ma nel senso filosofico di chi dice« Dio è al di sopra delle capacità cono-scitive umane » .

Ora su quest'idea noi cristiani pos-siamo far leva per una proposta delCristo . Colui che né il Budda né altrouomo poteva conoscere, Cristo è ve-nuto a rivelarcelo. Ci ha detto che èun essere spirituale, che crea gli uomi-ni non secondo caste ingiuste ma tuttiuguali (e questo è anche il pensierodi Budda), un essere che è padre evuole la felicità eterna dei suoi figli .

Anche la morale di Budda può es-sere « scala » per salire a Cristo . Bud-da ha dato ai suoi seguaci 5 precetti :non uccidere, non adulterare, non ru-bare, noti dire falsa testimonianza, nonbere sostanze alcooliche. Ora i primiquattro precetti si trovano pari parinel Decalogo, e il quinto - anche senon in forma così drastica - rientranella virtù della temperanza. Quindi,sul piano morale c'è già accordo di so-stanza tra il buddismo e il cristiane-simo .

Anche Budda cambiò religione

Domanda. I Buddisti sembrano fe-lici nella loro religione. Che bisognoc'è di portare loro il cristianesimo?Mons. Carretto . Facile a dirsi, fe-

lici . Come si può essere felici senzaDio? Prendiamo il problema fonda-mentale dell'aldilà . Il buddismo ha ri-sposto con la dottrina della trasmigra-zione : c'è un « giudizio » in base alquale l'anima che è uscita dal corposubirà in un'altra vita l'effetto del suoprecedente comportamento, buono ocattivo . Buddisti in buona fede pos-sono sentirsi tranquillizzati da questarisposta, sul cui orizzonte non appareil volto di Dio. Ma intanto il proble-ma in loro rimane, quell'insoddisfa-zione profonda che faceva esclamare asant'Agostino: « Ci hai creati per te,Signore, e il nostro cuore è inquietofinchè non riposa in te » .Domanda. La conversione di un

buddista thailandese alla fede cristia-na, non gli crea molte difficoltà nellasua vita privata, familiare e sociale?Non crea quasi una sua emarginazionedalla società in cui fino allora era vis-suto?

Battaglia con elefanti, istoriata sul por-tale di un tempio . Per la Thailandia- elefanti o carri armati, le cose noncambiano - settecento anni di storiasono stati settecento anni di guerra .Come per gli Occidentali e i 2500 annidella loro storia .

Mons. Carretto . Sì e no. Alcuneconversioni non comportano conse-guenze di questo genere, altre - per-ché negarlo? - sì. In Thailandia, perdire « chiesa buddista » dicono « chie-sa thai » . Il buddismo è così incarnatonella cultura, che thailandese e bud-dista sono divenuti sinonimi . Ciòspiega perché a volte la conversionediventa un « taglio » . Ricordo unaprincipessa da me battezzata e cresi-mata, che fu « completamente tagliatafuori » dalla sua famiglia . Ma ormaiqueste vicende non sono più una re-gola, stanno anzi diventando eccezio-ne. Oggi si sta diffondendo un fortesenso di tolleranza verso quelli che siconvertono . Si sta facendo stradal'idea che la religione è problema dicoscienza, strettamente privato, e chebisogna rispettare le scelte altrui . So-prattutto nelle città, le crisi ormai so-no rare .

Ed è anche facile far accettare aibuddisti l'idea della conversione . Iodico loro : « Chi è stato il primo a cam-biare religione? Budda stesso! (Buddaera nato induista). E perché ha cam-biato? Perché la sua religione non losoddisfaceva. Ora, perché vorreste im-pedire a un buddista la ricerca di unanuova religione, se la precedente nonla soddisfa? » .

Non accusate il maestro

Domanda. Lei si è presentato inThailandia come un occidentale venu-to a insegnare un modo nuovo di pen-sare e di vivere. Ma un thailandesecolto potrebbe ricordarle che il bilan-cio del mondo occidentale è quantomai fallimentare; che nei duemila annidi cristianesimo si sono combattute5.000 guerre, si è praticata la schia-

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Lo storico incontro del 5 giugno 1972 : Paolo VI riceve il Patriarca generale delbuddismo thailandese (a destra), accompagnato da mons . Carretto . Motivo dellavisita : « Da alcuni anni - ha confidato il Patriarca al Vescovo salesiano - seguola sua attività spirituale, e non ho mai visto un uomo così votato a un unicoideale . Io come buddista voglio la pace ; perciò voglio dire al Papa : "Io ti ammiro,tu sei l'unica autorità spirituale al mondo che possa ottenere la pace"» .

vitù e il colonialismo, si sono inven-tati il materialismo ateo e i campi diconcentramento, si è prodotta e utiliz-zata la bomba atomica . . .Mons. Carretto . Direi a quel thai-

landese colto : « Quello che tu rin-facci a me, io lo posso rinfacciare ate». La storia thailandese, cominciatapraticamente nel 1200 con l'arrivo delpopolo Thai nella regione attuale, èstata per 700 anni un susseguirsi diguerre continue . Il popolo Thai, tra-smigrando sotto la spinta di GengisKhan, cominciò con l'occupare terrenon sue. E le occupò con una guerra .Poi fu in guerra con Laos, Cambogia,Birmania, Vietnam . Nel 1767 la Thai-landia fu completamente distrutta daiBirmani . I Birmani erano buddisti, ithailandesi anche ; fu guerra tra fratel-li . Morale : non è questione di reli-gione, ma di pratica . Ci sono thailan-desi buoni e thailandesi cattivi, comeci sono cristiani buoni e purtroppo cri-stiani cattivi .

Obiezioni del genere contro l'Occi-dente ne ho sentite più volte, e in que-sti casi dico : « Se una persona si com-porta male, voi non accusate il suomaestro, ma accusate lui. Il maestrocon - ogni probabilità gli ha insegnatobene, e non ha colpa se l'allievo poirazzola male ». E di solito ci si accordanell'identificare un nemico comune,l'egoismo, l'ingordigia, che spinge tan-ti uomini a mettere da parte gli inse-gnamenti ricevuti, sia quelli di Buddache quelli di Cristo .Domanda . Fra i Thailandesi che

ha conosciuto, chi l'ha impressionatodi più?Mons. Carretto . Il patriarca gene-

rale del buddismo thailandese, il ven .Somdey Phra Vannarat: mi è rimasto

nel cuore. Un venerando monacoentrato in monastero fin da ragazzo,un asceta nobilissimo che ha condottovita esemplare sotto tutti i punti divista .

La prima volta che l'incontrai, nel1972, mi disse : « Lei deve ottenermiun favore . Io vorrei vedere il Papa .E sa perché voglio vederlo? Perché glivoglio bene « . Domandai : « Perchémai vuole bene al Papa? » Rispose :« Da alcuni anni seguo la sua attivitàspirituale, e non ho mai visto un uomocosì votato a un unico ideale . Io comebuddista voglio la pace ; perciò vogliodire al Papa : 'Io ti ammiro, tu seil'unica autorità spirituale al mondoche possa ottenere la pace"» .

Come presidente della «Commissio-ne nazionale per i contatti con le di-verse religioni » ottenni l'udienza, eil 5 giugno 1972 ebbi la gioia di pre-sentarlo a Paolo VI insieme con la de-legazione ufficiale buddista che lo ac-compagnava. E' morto un anno e mez-zo dopo .

Ma quest'uomo semplice, retto, one-sto, desideroso della pace, rimane perme la più bella figura di thailandeseche abbia conosciuto .

Manca lo spirito della Croce

Domanda . Mons. Carretto, i gio-vani d'Italia e dell'Europa non parto-no più per le missioni con l'entusia-smo dei suoi tempi . Che impressionele fa questo nostro mondo occidenta-le, che lei ha lasciato ormai da quasimezzo secolo?Mons. Carretto . Mi pare manchi

lo spirito della Croce . Noi vivevamocon lo spirito della Croce . Per noi fa-re un sacrificio, una rinuncia a qual-

cosa, era quasi un desiderio, era il mo-do più chiaro di dire al Signore : « Mipare che ti voglio bene in questo mo-mento » .

Questa società che dà soltanto sen-za chiedere mai niente, mi sembra lapiaga dell'umanità d'oggi . Il giovanenon diventa mai capace di dare, marimane chiuso nel suo egoismo ; nonsi rovescia e non si apre agli altri neldesiderio di servire . « A che cosa pos-so rinunciare io per fare del bene aglialtri? » Questa è la molla che devespingere la gioventù . Se non educhia-mo i giovani all'amore alla Croce, nonriusciremo mai a far amare Cristo chesta sulla Croce .

Abbiamo fatto buoni passi avanti

Domanda. Da 47 anni lei vive inThailandia : è soddisfatto di ciò che èriuscito a realizzare?Mons. Carretto . Globalmente sì .

Come il contadino che ha messo insie-me un buon raccolto, ma si rende con-to che se non avesse commesso qual-che errore avrebbe potuto otteneredi più. Certo, ho motivi di domandareperdono al Signore . Ma mi pare chein Thailandia abbiamo fatto dei buonipassi avanti .

In neanche 50 anni di attività sale-siana, siamo riusciti a consegnare allaChiesa thailandese una diocesi nuova,costruita si può dire dal nulla, eora completamente autoctona: quellaRajaburi .

Il giorno della mia consacrazioneepiscopale, in Thailandia c'erano appe-na 4 Vescovi di cui uno solo autocto-no . Ora abbiamo deciso di nazionaliz-zare completamente la gerarchia . L'ab-biamo deciso non per timore di atteg-giamenti xenofobi (il popolo thailan-dese, vissuto sempre libero, è immuneda tali paure, anzi è animato verso glistranieri da uno squisito senso di ospi-talità) . Lo abbiamo deciso, perché losi può fare . Forse io sarò l'ultimo Ve-scovo non thailandese a lasciare la se-de vescovile . Non che ci tenga a rima-nere il più a lungo possibile: aspettosolo che nella mia giovanissima diocesidi Surat Thani qualche mio confra-tello thai sia preparato, per cedergliil posto .

Si capisce, continuerò a lavorare co-me missionario . Le mie ossa, se ilSignore vorrà, desidero lasciarle inThailandia .

E guardo a questo « mio » paesecon tanta fiducia . Credo che esso gio-cherà un ruolo importante per la paci-ficazione dell'Estremo Oriente . Guar-do alla Thailandia come a nazione bud-dista che è in preparazione al cristia-nesimo .

e. b 19

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Cherrapunjee, il luogo più piovoso del mondo, ha riservato una delle sue rare giornate serene per l'incontro dei « visi-tatori dall'Italia » con la comunità cristiana locale .

ornato dall'India, mi sento mi-« gliore in tutti i sensi . Ringra-zio Dio, Don Bosco e l'Ausiliatrice . Ecercherò di fare tesoro di quanto misono spiritualmente arricchito, per ifratelli indiani che ho incontrato . In-tanto mi impegno alla costruzione diun pozzo per irrigare nel lebbrosariodi Madras . . . » . Poche righe dalla let-tera di F .F. (Moncalvo, Asti), cheesprimono più di un lungo discorsotutto il significato dell'esperienza vis-suta nella « Visita alle missioni del-l'India » . Una visita organizzata daiCooperatori, e che ha avuto luogo dal16 novembre al 3 dicembre 1975 (ilBS ne aveva dato l'annuncio nel fasci-colo dello scorso settembre) .

Alla visita, compiuta anche per com-memorare il Centenario delle missionisalesiane, hanno preso parte 37 tra gio-vani e anziani, Cooperatori e simpa-tizzanti ; c'erano quattro coppie di spo-si, un vescovo e cinque sacerdoti . Mol-ti partecipanti erano già prima impe-gnati in qualche forma di apostolatomissionario ; ma non mancava qualcu-no indifferente (almeno all'inizio) ver-so le missioni e simili problemi . . .

Altra cosa è veaerecon i propri occhi

L'iniziativa era stata presentata noncome un viaggio turistico, ma comeun momento di autenticità cristiana,come una testimonianza da offrire eun'occasione per imparare . La prepa-razione remota al viaggio era stata com-

20 pinta attraverso la lettura di libri di

La « Visita alle missioni dell'India » compiuta da Coope-ratori e simpatizzanti nel novembre scorso, non è stataun viaggio turistico ma la scoperta di un mondo di fra-telli con cui vivere d'ora innanzi in solidarietà cristiana .

facile accesso sull'India, del decretoconciliare Ad Gentes, di ciclostilati in-viati appositamente dall'Ufficio Coo-peratori .

Le tappe più significative del viag-gio furono Benares, Calcutta, Krishna-gar, Shillong e Madras . Benares, lacittà dell'induismo, fu occasione perriflettere sui contenuti di questa filo-sofia e religione indiana . A Calcuttail gruppo incontrò le varie comunitàsalesiane operanti nella città, e l'operameravigliosa di madre Teresa . Partico-lare interesse ha destato nell'Assamil costituirsi di tante comunità cristia-ne in piena espansione . Pure indimen-ticabile è risultata a Madras la visitaall'opera fondata da Padre Mantovani,e l'incontro con i Cooperatori salesia-ni della città . . .

Durante il viaggio i partecipanti sisono riuniti più volte a discutere traloro sull'esperienza che stavano viven-do . Due o tre volte hanno anche dia-logato con gruppi ristretti appartenen-ti a religioni e credenze diverse : era-no interessanti esperienze di ecumeni-smo. Non meno suggestiva risultavaalla domenica la semplice partecipa-zione alla messa delle varie comunitàcristiane .

L'esperienza è stata positiva ancheper l'altra « sponda » . Ha scritto inmerito il missionario don Giuseppe

Dal Broi di Bandel (Calcutta) : « Il vi-vo interessamento dei buoni Coopera-tori ai nostri problemi, alle nostre spe-ranze e alle nostre ansie, ci è stato distimolo a lavorare con sempre mag-gior energia per il bene spirituale emateriale di questa terra . L'affiatamen-to cordiale tra europei e nativi, quelleriunioni familiari tanto suggestive,quelle partecipazioni in comune allefunzioni liturgiche, non saranno facil-mente dimenticate . Giuseppe (il fale-gname nella cui casa a Mawlai si ten-ne una riunione con oltre cento fedelie i Cooperatori) mi espresse tutta lasua gioia perché gli avevamo portatoin casa quei benemeriti visitatori . Al-tra gente, che aveva appena vistopassare i Cooperatori, mi chiedeva stu-pita : "Sono proprio venuti da cosìlontano per visitarci?"» .

I missionari sono rimasti senz'altrosoddisfatti . E' stato un motivo di in-coraggiamento per loro, che a volte sisentono isolati e dimenticati . « Vi assi-curo che siamo stati felici di averviavuti con noi . Fa sempre bene averevisite del genere, che infondono unnuovo coraggio » : così don RosarioStroscio, Vicario generale della dioce-si di Krishnagar. E un bravo Coadiu-tore salesiano del Meghalaya : « La lo-ro visita ha portato qui un'ondata digran bene. Me ne servirò come spunto

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per far comprendere quanto sia bellala religione cattolica che sa suscitaretanta cordialità e affetto » (ErnestoFerraris) .

Per conto loro i visitatori si sonosubito accorti che una cosa è cono-scere le missioni attraverso le confe-renze dei missionari o le descrizionidelle riviste, e ben altra cosa è vederecon i propri occhi, avvicinare quellagente, stare a tu per tu, e attraversoun dialogo diretto - con il missiona-rio che fa da interprete - entrare incomunione con loro . Lì sei a faccia afaccia con i problemi, lì vedi il mondoloro così com'è . Si può intervistare ilmissionario, toccare con mano le suerealizzazioni, misurare il suo sacrificio,a volte il suo eroismo . Se poi si hapossibilità di pregare e di celebrarel'Eucaristia con una comunità missio-naria dalla fede viva e genuina, alloraci si sente ricaricato e diverso . Con-fronti la tua vita borghese con la po-vertà di certe zone, e senti per forzail bisogno di cambiare radicalmentela tua vita, di dividere il pane con ilfratello povero .

Il gruppo « Noi per loro »

Questo viaggio non è il primo com-piuto dai Cooperatori ma il quarto .Sono 121 le persone che in tal modohanno visitato le missioni . L'idea eranata quasi per caso. Si sa, sono moltiquelli che amano viaggiare per cono-scere il mondo . Ma c'è un « mondo »che le agenzie di viaggio non fanno enon faranno mai visitare : quello delle

missioni . Perché non colmare questalacuna? E così da alcuni anni, per ini-ziativa dei Cooperatori d'Italia, questiviaggi sono stati organizzati .

Da simili visite nasce tutta una retedi rapporti epistolari, di incontri inpatria con i missionari che tornano, diaiuti economici per modesti e grandiinterventi da compiere a livello perso-nale o di gruppo .

In concreto i partecipanti alle visitesi sono costituiti in un gruppo deno-minato « Noi per loro », e allargandol'iniziativa ad altri amici e familiari,hanno potuto già raccogliere 51 milio-ni 826.000 lire. Le hanno utilizzateper casette e aule scolastiche a Rana-bondo (Bengala Occidentale), abitazio-ni a Madras, casette ai lebbrosi diNongpoh, sussidi ai catechisti diLiluah e Kohima, ai seminaristi diShillong . . . Per parte loro i partecipan-ti alla visita del novembre scorso ave-vano raccolto e poi donato direttamen-te oltre sette milioni di lire ; in piùhanno « adottato » diversi bambinidelle opere di madre Teresa, impe-gnandosi a sostenere le spese della lo-ro educazione .

A dicembre in Patagonia

Da questi viaggi prende sempre av-vio qualche microrealizzazione a carat-tere sociale, e fra i partecipanti piùgiovani matura qualche vocazione dilaico missionario .

Le esperienze fatte sono un invitoa continuare . « Memorabile, fantasticae mastodontica - scrive L. B . da Li-vorno - è l'opera delle missioni inIndia : ha lasciato in me un senso pro-fondo di gioia l'essere cristiano catto-lico. Sono opere che tutti dovrebberoconoscere ». « Vorrei dirlo a tanti altri,giovani e non giovani : andate purevoi, fate sacrifici e mettete da parte ildenaro per affrontare le spese comeho fatto io . . . Andate a vedere! Torne-rete cambiati » (S. B. di Roma) . « Orache i ricordi del viaggio mi si presen-tano con più ordine alla memoria, risu-scitando sempre la commossa ammira-zione per l'Opera missionaria, sarògrato se vorreste farmi avere il "pianodi aiuto" di cui si parlò durante ilviaggio . . . » (A . T . di Torino) .E dopo questo quarto, un quinto

viaggio è in programma : la « Visitaalle missioni della Patagonia », ai luo-ghi cioè che videro la prima attivitàmissionaria salesiana . Si svolgerà trail 20 dicembre 1976 e il 5 gen-naio 1977, e ripercorrerà con volutafedeltà le tappe dei primi missionaridi Don Bosco (la Segreteria generaledei Cooperatori, in Roma, è già in gra-do di fornire le prime informazioni alriguardo) .

I Cooperatori Salesiani hanno presoun'utile iniziativa, che anche altri nellaFamiglia di Don Bosco potranno farepropria: procurare

PIU' LETTORIAL BOLLETTINO

L'iniziativa è motivata da due circo-stanze stimolanti :- il centenario delle Missioni Sale-

siane, sulle quali il BS con i suoi ser-vizi si fa attento informatore ;- e l'imminente centenario del BS

stesso (il primo numero uscì nel set-tembre 1877) .

Ecco la loro idea . « Abbiamo pen-sato - scrivono i Cooperatori - didedicare i mesi di aprile e maggio diquest'anno a diffondere il BS fra i no-stri amici, familiari e conoscenti a cuiancora non giunge, con un'azione in-tensa, capillare e intelligente » .

Perché lo fanno? Perché il BS « cisembra un mezzo particolarmenteadatto a tener viva l'attenzione sui pro-blemi dell'educazione della gioventùe dell'evangelizzazione missionaria, equindi adatto a stimolare i laici a im-pegnarsi in questi campi

Come lo fanno? Queste le loro indi-cazioni pratiche :

1 . Individuare tra i conoscenti e i fa-miliari quanti possono ricevere bene-ficio dalla lettura del BS (specialmentegiovani sposi, animatori e dirigenti digruppi, insegnanti, lavoratori), uscendoanche fuori della cerchia normale diquelli che sono già del « nostro » am-biente .

2 . Parlare loro del BS, possibilmentedarne una copia in lettura, e offrireloro di farlo giungere regolarmente perposta .

3. Fare l'elenco - completo di indi-rizzo, e scritto a macchina o stampa-tello - e inviarlo a : « Bollettino Sale-siano - Via Maria Ausiliatrice, 32 -10100 Torino » .Perché l'iniziativa risulti efficace

- precisano i Cooperatori - « occorreassicurarsi che la persona messa inelenco non riceva già il BS, sappia chelo riceverà, e . abbia detto esplicita-mente che lo gradisce . E' bene preci-sare inoltre che non si richiede unaquota di abbonamento, ma che tuttisono invitati a sostenere le spese- come diceva Don Bosco - « conquella offerta che detterà la carità delloro cuore» .

TUTTI I LETTORIdel BS possono associarsi all'iniziativadei Cooperatori, inviando indirizzi diamici e conoscenti che gradiscono ri-cevere la « Rivista della Famiglia Sale-siana » .

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L a prima parrocchia affidata (nel1877) ai salesiani fu quella di

« San Juan Evangelista », nel rioneLa Boca alla periferia di Buenos Aires .La Boca era un sobborgo malfamato,abitato per lo più da poveri emigratiitaliani, e reso infausto dalla presenzadi alcuni facinorosi che l'avevano tra-sformato - come scrissero allora -in « covo di assassini e nido di anar-chici » . All'origine di questa primaparrocchia affidata ai salesiani stannodue nomi: quelli di don GiovanniCagliero e don Francesco Bodrato, ca-pi rispettivamente della prima e secon-da spedizione missionaria salesiana .Ma ecco come andarono i fatti .

I primi dieci Salesiani giunti condon Cagliero in Argentina nel 1875su invito dell'Arcivescovo di BuenosAires mons. Aneiros, appena comin-ciarono a orientarsi nel nuovo mondorimasero fortemente impressionati dalmiserando spettacolo che offriva ai lo-ro occhi il rione La Boca . In quel« refugium peccatorum » (come tra l'al-tro fu definito) aveva trovato nascon-diglio una minoranza di veri teppisti,tra cui pericolosi « rivoluzionari perse-guitati nella loro patria » . Alcuni mesiprima dell'arrivo dei Salesiani a Bue-nos Aires, esattamente il 28 .2.1875,un gruppo di questi sediziosi con altriprovenienti da altre parti della cittàdi era reso famoso per un paio di ribal-derie : il saccheggio del palazzo arcive-scovile e l'incendio del collegio « Sal-vador » tenuto dai padri Gesuiti .

Don Cagliero volle vedere che cosafosse veramente questo pauroso quar-tiere . Un giorno si riempì le tasche dimedagliette di Maria Ausiliatrice, e dasolo, a piedi, vi si recò . Attraversatii prati che separavano la città dal rio-

LA PRIMAFU PER GLIEMIGRATIne, vide subito nelle strade, fra le po-vere casupole di legno, una grandequantità di ragazzacci che scorrazzava-no allo stato brado . E nello scorgereun prete, non parve loro vero di poterfare un po' di baldoria a sue spese . Magiunti vicini, rimasero stupiti nel ve-derlo sorridente e sentirlo parlare indialetto : nel loro dialetto . Don Ca-gliero approfittando della sorpresatrasse di tasca una manciata di meda-gliette e le scagliò più lontano chepotè. I ragazzi, forse ritenendole mo-nete, vi si gettarono sopra e gli lascia-rono libero il passaggio . Affrettando ilpasso egli si avventurò per le stradee fece il giro del porto, cercando direndersi conto di ogni cosa . E quandoincontrava un gruppo di ragazzi, lan-ciava altre medagliette . . .

L'indomani don Cagliero andò araccontare ogni cosa all'Arcivescovo .« Lei ha commesso una grossa impru-denza - sentenziò mons . Aneiros -.Io non ci sono mai andato a La Boca,e non permetto a nessuno dei miei sa-cerdoti di andare da quelle parti . E' unesporsi a gravi pericoli » .

Dagli archivi l'immagine sbiadita di una processione - risalente ai primi delsecolo - nella prima parrocchia salesiana di La Boca . Nella foto accanto al titolo

22 la chiesa parrocchiale.

« Eppure io avrei l'intenzione di tor-nare. Sa che ho seminato? Adesso bi-sogna che vada a raccogliere . . . » .

Due o tre giorni più tardi don Ca-gliero era là . E c'erano anche i ragazzi :« Il prete delle medagliette! », grida-rono in dialetto, e gli corsero incon-tro. La prima volta, essi avevano ra-strellato le medagliette fino all'ultima,poi erano corsi a casa per mostrarlealle mamme e alle nonne, e ora le por-tavano appese al collo. Ma ne voleva-no altre da portare a casa. Don Ca-gliero ascoltava, distribuiva i suoi pic-coli tesori, raccontava qualche barzel-letta . Uomini e donne uscivano sul-l'uscio a vedere il misterioso prete del-le medagliette . . . Don Cagliero intantodescriveva ai ragazzi stupefatti un gran-de cortile pieno di giochi, canti e mu-sica, che avrebbe costruito proprio lì aLa Boca . . . Fu un piccolo trionfo .

L'indomani tornò a fare il suo ren-diconto all'Arcivescovo . « Poiché lei ècosì ostinato nel voler andare a La Bo-ca - concluse mons . Aneiros -, io ledarò quella parrocchia! » .

E giela diede davvero . Primo parro-co salesiano fu don Francesco Bodrato,che ne prese possesso il 20 .5.1877 .Con i suoi confratelli subito costruìuna piccola scuola in cui raccogliere iragazzi della strada . Lavorò con tantoimpegno, che in breve tempo la zonafu risanata sotto tutti i punti di vista .Quanto ai pericolosi teppisti, essi « aiu-tarono » il lavoro di bonifica con unmetodo tutt'altro che infrequente trala malavita : molti si fecero fuori tradi loro . . .

Quella prima parrocchia aveva giàalcune caratteristiche che saranno poicomuni a tante altre parrocchie da al-lora affidate ai figli di Don Bosco :zona di periferia, gente del popolo,minoranza ostile e pericolosa, iniziodifficile, poi lenta ma costante « cre-scita » - insieme con l'opera salesia-na - della popolazione e di tutto ilrione. « Pueblo con cura progresa »,dice a ragione la saggezza popolaredell'America Latina : paese con sacer-dote progredisce .

a

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Scene e volti dei dolore, l'indomani della tragedia . Le anti-che chiese della capitale (foto in alto) non hanno rettoall'urto del sisma. E l'angoscia dei sopravvissuti : un mi-lione di senzatetto .

G li ottanta salesiani e le settantaFiglie di Maria Ausiliatrice che

lavorano nel Guatemala sono usciti in-columi dal terribile cataclisma che il4 febbraio scorso ha seminato distru-zione e morte nel piccolo stato del Cen-tro America. E anche se le loro operenon ne sono uscite del tutto indenni,essi appena passato il primo sgomentosi sono dedicati con tutte le loro forzea soccorrere la popolazione più colpita .

Come è noto il sisma - che haraggiunto il grado 6 .45 della scalaRichter - si è verificato nel cuoredella notte, provocando nel crollo de-gli edifici 23 .000 morti e un milionedi senzatetto su sei milioni di abitan-ti . All'appello delle autorità civili e delcard. Casariego la risposta dei figli diDon Bosco è stata pronta . L'ampio col-legio « Don Bosco » della capitale èdiventato centro di raccolta e distribu-zione degli aiuti che giungevano dal-l'estero, e i chierici del liceo e dellateologia si sono prodigati nel lavorodi smistamento di viveri, indumenti emedicinali d'ogni genere . Anche i no-vizi sono subito accorsi nei quartieridi periferia, dove erano soliti recarsinei giorni festivi a fare l'oratorio, perrecare conforto e dare una mano .

A rendere drammatica la situazioneera stato il perdurare del terremoto,le cui scosse - da cinque a seicentodi forza considerevole, senza contarele minori - hanno tenuto in ango-scia la gente per più giorni e impeditodi dormire la notte .

Ora che il panico si è placato, sipensa a ricostruire . Delle sei case sale-siane e otto delle FMA (di cui rispet-tivamente due e tre nelle missioni fragli indi Kekchì) solo alcune hanno su-bìto gravi danni . Non quelle delle mis-sioni, ma quelle della capitale : la'par-te più antica dello Studentato Teolo-gico, le grandi vetrate artistiche delTempio al Sacro Cuore, e soprattuttoil vecchio edificio che accoglieva ilCentro sociale. Quest'ultimo dovrà disicuro essere abbattuto .

Accertare la sicurezza degli stabiliè la premessa per l'attività successiva,

Le opere dei Salesiani e delle FMA sono rimaste tuttepiù o meno lesionate, ma le persone sono uscite inco-lumi dal cataclisma che in febbraio ha devastato ilGuatemala. E hanno potuto prodigarsi in soccorso allepopolazioni più colpite e bisognose di aiuto .

e al più presto sono stati chiamati itecnici. Ora si pensa soprattutto a riat-tivare il Centro sociale, e ad aprire leporte delle scuole ai ragazzi più biso-gnosi . In questa campagna di aiutid'emergenza vengono mobilitati sia isalesiani che i loro giovani . Anche daaltre Ispettorie vengono offerti contri-buti in varie forme .

Il Guatemala è abituato da sempreai cataclismi . Se non sono i suoi 28vulcani (che in memorabili eruzioni di-strussero la capitale una prima voltanel 1541 e poi ancora nel 1776), arri-va ogni tanto il terremoto . L'ultimonel 1947, ma fu veramente terribilequello del 1917 . Mentre la mente uma-na rimane sbigottita di fronte al mi-stero di questi fenomeni terrificanti,il cuore invece si apre alla generosità .E per i figli di Don Bosco è un'occa-sione in più per « fare famiglia » .

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Le due spine dorsali del Messico,la Sierra Madre Orientale e la

Sierra Madre Occidentale, scendendoparallele verso Sud rinchiudono nellaloro conca la capitale della nazione,Città del Messico . Poi, continuando ascendere, si stringono e si annodanosaldamente fra loro, in un groviglio dimontagne vertiginose e di vulcani dainomi contorti, che riesce a noi quasiimpossibile pronunciare. Procedendoancora verso sud, il groviglio lenta-mente si scioglie e i rilievi si disten-dono in cerca della pianura : non senzainnalzare ancora, di tanto in tanto,qualche robusta impennata rocciosaverso il cielo . Una di queste impennatesfiora i quattromila metri d'altezza esi chiama monte Zempoaltéptl, chevuol dire « Luogo delle Venti Divi-nità » . In cerca di queste divinità

L'ombra dell'antica potenza

I bambini correvano anascondersi

Una parrocchia di fedeli infedeli

Nonsi conosce l'asfalto - Sulla schiena il fagotto dell'ulti-mo nato

Rivalità che separano più dei crepacciAlcool e comunismo - Aspergono i campi con il san-gue - Formare le guide del popolo .

arroccate sul monte, si mossero nellanotte dei tempi i Mixes .

L'ombra dell'antica potenza

Forse venivano dal Perù . Si apriro-no la strada nel sangue, travolgendoaltri popoli e stabilendo in quella lo-ro « terra promessa » uno dei più te-naci domini del messico precolombia-no. Nel corso dei secoli successivi non

si lasciarono piegare né dagli Aztechi,né dai Conquistadores spagnoli, che silimitarono a tenerli a bada piazzandofortezze strategiche lungo i loro con-fini .

Accettarono pacificamente soltantoi pacifici missionari Domenicani venu-ti dalla Spagna, che fecero tra loro unbuon lavoro di evangelizzazione . Ma iDomenicani spagnoli furono cacciati200 anni fa, dalla guerra di indipen-

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denza . E i Mixes si ritrovarono soli,spauriti, rintanati nella foresta .

Oggi dell'antica potenza di questopopolo non è rimasta che l'ombra . Ladecadenza del loro dominio fu lentama inesorabile . I quasi centomila di-scendenti del fiero popolo Mixe, arroc-cati sulle montagne dello stato diOaxaca, hanno vissuto ormai per trop-po tempo tagliati fuori dal mondo, esi trovano inesorabilmente precipitatinell'arretratezza .

Nel 1962 la Santa Sede compiva unaripartizione più razionale delle dioce-si messicane . Il Vescovo di Tehuan-tepec mons . Palacios, a cui toccò tral'altro la cura del popolo Mixe, contòcon tristezza i sacerdoti del suo terri-torio : erano soltanto quattro . Con essidoveva badare ai centomila Mixessparsi in diciotto paesi e 103 villaggi .

Come fare? Gli vennero in mentei Salesiani, e li invitò a visitare il ter-ritorio . Accompagnò personalmentel'Ispettore salesiano don Gonzalez, eil Direttore don Sanchez, in una visitacompleta alla regione. Disse che inten-deva affidar loro quel vasto territorio,come « missione » . I figli di Don Bo-sco videro, e non si sentirono il corag-gio di abbandonare i Mixes . Al restopensò il Delegato Apostolico, che nonlasciò scampo a ripensamenti e pentimenti .

I bambinicorrevano a nascondersi

24 agosto 1962. Per l'intera giornatai primi missionari salesiani dovetterocavalcare, in continua salita, tra montiscoscesi, profondi burroni, selve im-mense. In quelle zone vergini vivevanoindisturbati serpenti, tigrillos, puma,che mettono in continuo pericolo uomi-ni e animali domestici . Durante il viag-gio lungo e faticoso, quei primi mis-

sionari ebbero modo di sperimentaretutte le inclemenze del tempo, primadi arrivare a Santa Maria Tlahuitol-tepec .

Il paese si trova proprio alle faldedel massiccio Zempoaltepelt, punto diconvergenza di tutte le Cordigliere chepercorrono il Messico . Lì, dove eral'antichissima chiesa parrocchiale, fis-sarono la prima residenza missionaria .Qualche giorno più tardi cominciaro-no a visitare i 18 paesi e i 103 villag-gi, ma al primo impatto la gente -specie i bambini - correva a nascon-dersi. Erano gruppi sparsi, in lotta fraloro . E la presenza di estranei li impau-riva ancor più .

Il clima si rivelava umido e freddoe nebbioso . Molte capanne, abitazionedella gente più povera, erano nascostetra i boschi, spesso impenetrabili . Losguardo della gente era triste e diffi-dente . La loro esistenza doveva essereuna lotta continua e accanita per so-pravvivere .

Una parrocchia di fedeli infedeli

Don Sanchez con alcuni salesianiiniziò a lavorare a Santa Maria Tlahui-toltepec. « Cominciammo con i ragaz-zi, sull'esempio di Don Bosco - rac-conta oggi -, ed essi ancora una vol-ta ci aprirono la strada per raggiun-gere i genitori e gli adulti . La nostraprima preoccupazione fu di catechiz-zare, amministrare sacramenti, regola-rizzare i matrimoni . L'anno seguenteci fu affidata una seconda parrocchia,ad Ayutla, che si rivelò subito un cam-po più difficile da dissodare : era com-posta, secondo l'espressione del parro-co che ci consegnava il suo gregge, di"fedeli infedeli", cioè di Mixes qua-si tutti battezzati ma molto lontanidalla pratica religiosa .

"Nel frattempo erano giunte le Fi-

1970. Don Sanchez è diventato vescovo, e la gente in festa lo accoglie con la banda .

glie di Maria Ausiliatrice, che ci fu-rono e ci sono tuttora di validissimoe insostituibile aiuto . Si potè prende-re la responsabilità di altre parrocchie,finchè nel dicembre del '64 la SantaSede staccò il territorio dei Mixes dal-la diocesi di Tehuantepec, e lo costituìin "Prelatura" affidandola ai Sale-siani » .

Il primo vescovo della nuova Prela-tura fu lui, mons . Braulio Sanchez .

Ora tra i Mixes lavorano 17 sale-siani, 16 FMA, 15 suore di altre con-gregazioni e 5 Cooperatrici in servi-zio volontario. Tutti solidali, in 8 cen-tri parrocchiali, per fronteggiare i nu-merosi nemici dei Mixes : l'isolamen-to, la miseria, le malattie, l'ignoranza,lo sfruttamento, le rivalità, l'alcooli-smo, la superstizione . . .

Non si conosce l'asfalto

La causa prima dell'isolamento deiMixes è la mancanza di strade . Lassùnon si conosce l'asfalto . Gli indigenicamminano per sentieri stretti, sinuo-si, rapidi, che si inerpicano dai 300ai 3.300 metri di altezza . Le ferroviepassano molto lontano . . . L'unica stra-da in terra battuta, costruita dal go-verno, nel 1964 allacciava Oaxaca conAyutla, ora raggiunge altri due centridi qualche importanza . Di più, perora, non c'è e non si può fare .

La povertà abita in tutte le case,come un membro di famiglia . Le casesono quasi tutte in fango cotto ; le mi-gliori in pietra e tronchi d'albero . Al-l'interno c'è un'unica stanza, senza fi-nestre, buia, spesso maleodorante, de-stinata a tutti gli usi : cucina, sala dapranzo, camera da letto, soggiorno eperfino granaio . I Mixes siedono suceppi d'albero squadrati e ripuliti, edormono su stuoie di paglia intreccia-ta . Non c'è un tavolo per il pranzo .Ci sono ancora gruppi che per nutrirsisiedono per terra in circolo e attin-gono a un unico piatto comune .

La base della loro alimentazione ècostituita dal granoturco, che coltiva-no, con sistemi primitivi da centinaiae centinaia di anni . Ma il prodotto nonè mai sufficiente per arrivare al rac-colto dell'anno successivo, e occorresfamarsi con le radici dei boschi . Man-giano soprattutto la tortilla, focacciadi polenta cotta e lasciata indurire .Indossano vestiti rattoppati fino ai li-miti della tenuta . (I missionari hannoracimolato e distribuito migliaia dicapi di vestiario, nuovo e usato, scar-pe, giocattoli per i bambini) .

La scarsa alimentazione e l'igieneapprossimativa causano frequenti ma-lattie . Un bambino su due muore nelprimo anno di vita, e anche durantel'infanzia la percentuale di mortalità 25

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è altissima. In un paese che conta uncentinaio di famiglie, la scarlattina inuna sola apparizione ha falciato 150bambini. Sono frequenti l'infezione in-testinale, la dissenteria, l'anemia, latubercolosi . In tutta la zona c'è un me-dico solo . Salesiani e suore hanno aper-to i primi quattro dispensari, presta-no cure, e a chi non può pagare distri-buiscono medicine gratuitamente .

La mancanza di istruzione è impres-sionante . Il 95% della popolazione èanalfabeta . Parla una lingua primitiva,difficile, senza scrittura . Questa linguaMixe si fraziona poi in dialetti moltodifferenti fra loro, al punto che gli abi-tanti di paesi vicini stentano a com-prendersi. Appena un Mixe su cinquesa parlare lo spagnolo . I pochi che fre-quentano le scuole primarie preferisco-no andare poi nelle grandi città. Sonoi migliori, e se ne vanno .

I campi esigonole fragili braccia dei bambini

Il governo da anni cerca di raddriz-zare la situazione. Ha già creato unapiccola scuola secondaria. Le scuoleelementari che ha aperto, però, sonopoco frequentate, perché distanti dainumerosissimi piccoli centri abitati, eperché i lavori nei campi esigono ilcontributo anche delle fragili bracciainfantili . E non sempre gli insegnantisono nella possibilità di svolgere beneil loro compito : in un grosso centrouna maestra deve badare a duecentoallievi . Gli scolari poi sono guardaticon sospetto dagli altri, perché sonoi privilegiati a cui è concesso il « lussodi perdere tempo nella scuola » .

I Salesiani e le Figlie di Maria Ausi-liatrice hanno aperto tre scuole, masono gocce nel mare . « La nostra operapiù importante - dice il vescovo -è 1' "Istituto per il miglioramento del-le comunità indigene" : in esso stiamoformando adulti, giovani e ragazzi, perla promozione umana della regione . Vimanteniamo 40 interni . Con questanostra scuola "intensiva" non voglia-mo assolutamente annullare la cultu-ra originaria dei Mixes . Essa, pur nelsuo decadimento, esalta valori umaniautentici, che la nostra cultura tecni-cizzata purtroppo sta perdendo . Noiriteniamo valida questa cultura nativa,e ci preoccupiamo perché gli indiosnon solo conservino l'uso della lorolingua, ma imparino anche a scri-verla » .

Sulla schiena il fagottodell'ultimo nato

Le donne Mixe, tenute in condizio-ne di inferiorità, si addossano le fati-

26 che più pesanti in casa e nei campi .

I nomi delle mon-tagne fra i Mixes,se terminano con ladesinenza -tepec, in-dicano che sono abi-tati dall'uomo; seterminano in -tepetlallora sono abitatisolo dagli . . . spiriti.Ma ora sulle alturedei Mixes cominciaa prendere postoanche la croce diCristo .

Sgobbano dal mattino alla sera, portan-dosi sulla schiena il fagotto vivo del-l'ultimo nato. Le Figlie di Maria Ausi-liatrice hanno già aperto due asili perquesti bambini .

La terra coltivata dai Mixes è in-grata, irta di pendii scoscesi, e palu-dosa là dove diventa piana . Per ren-dere più ricco il raccolto, incendianouna parte di foresta e sul terreno libe-rato seminano il mais . Ma, distruttocosì il bosco, i fianchi delle montagnenon reggono all'erosione delle piogge,e spesso le frane ingoiano il raccolto .In qualche valle più fertile cresce ilcaffé, ma non sempre sono i Mixes agodere del raccolto. Bisognosi di tutto,portano i loro prodotti dai campi lon-tani fin sulla strada, dove di tanto intanto passano commercianti disonestiche acquistano a prezzi irrisori, o pra-ticano scambi che sono rapine : un chi-lo di caffé, per un pezzo di sapone .Quando risiedevano ancora tra i

Mixes i primi missionari Domenicani,essi svilupparono anche una vera assi-stenza sociale. Con la loro espulsione,i Mixes si sono trovati abbandonati ase stessi . I quattro sacerdoti che lavo-ravano prima dell'arrivo dei Salesiani,si prodigavano al massimo : si arram-picavano per i ripidi sentieri della zo-na cercando di raggiungere il maggior

numero di indigeni possibile, ma nonpotevano arrivare a tutti . Dovevanolimitarsi a battezzare in massa adultie bambini .

Rivalità che separanopiù dei crepacci

Ora i Salesiani hanno riattivato l'as-sistenza sociale . Hanno aperto una« Cooperativa di distribuzione e con-sumo » che rende possibili gli scambiin condizioni giuste. Le suore hannoaperto due scuole di cucito frequen-tate da duecento donne . Nei « Centrisociali » i Salesiani cercano di incana-lare le forze esuberanti dei giovani edegli adulti .

Purtroppo tra i Mixes esistono riva-lità profonde, a volte secolari, che se-parano i paesi molto più che i crepaccidei burroni . Ancor oggi si accendonobattaglie e scontri mortali, si tendonoagguati . C'è un paese in cui gli abitan-ti non osano più coltivare una buonaparte dei loro campi perché nel recar-visi debbono passare in territorio « ne-mico », e quindi rischiano la vita . An-che per andare al mercato dovrebberopassare per il paese ostile, e allora at-tendono che arrivi in paese il commer-ciante (il quale, in compenso della fa-tica supplementare, impone prezzi an-

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cor più da strozzino) . Gli abitanti diun altro paese un giorno hanno avvi-sato bruscamente il missionario : secontinuerà a visitare il paese vicino,loro nemico, gli chiuderanno le portein faccia . E' un lavoro urgente e dram-matico persuadere i Mixes che tuttoquesto li porta alla rovina, li disgregafino a farne non più un popolo ma unamassa da sfruttare .

Alcool e comunismo

Come tanta povera gente di questomondo, per sopportare una vita insop-portabile i Mixes si stordiscono conl'alcool . L'acquavite del luogo vienechiamata Mezcal . Ogni circostanza, al-legra o triste, è un'occasione buonaper berci su . Bevono perché fa caldoo perché fa freddo, perché è giorno difesta e perché è giorno di lavoro . Nonconsiderano un vizio l'ubriachezza, maun bisogno, un'abitudine che rendepiù leggera la vita . L'alcool, com'ènormale, provoca risse e coltellate, alungo andare riduce gli adulti in esserisvuotati di vigore, e incide pure disa-strosamente sulla salute dei bambini .Ma molti Mixes non possono più farnea meno .

Simili gravi condizioni di sottosvilup-po sono un ambiente ideale per unadiffusione esplosiva di comunismo. Einfatti questa dottrina che fa leva sul-l'odio degli sfruttati contro gli sfrut-tatori sta mettendo salde radici nei

punti chiave, come nella scuola . Moltiinsegnanti inviati dal governo sonomarxisti, e non ne fanno mistero . So-no atei e puniscono gli allievi che van-no in chiesa. I genitori o sono trop-po timorosi per reagire, o approvanol'opera degli insegnanti . Un missiona-rio, entrato in un grosso paese perpredicarvi la « missione » trovò suimuri manifesti e cartelloni con scrittecontro la Chiesa (autori erano alcunigiovanotti del paese, reduci da un« istituto di formazione marxista ») .

Aspergono i campi con il sangue

Un cristianesimo autentico vissutoa tutti i livelli - religioso, morale,sociale, economico - è l'unica stradache possa restituire rapidamente aiMixes i valori umani a cui hanno di-ritto, senza correre pericolose avven-ture . Purtroppo il loro attuale cristia-nesimo, dopo secoli di decadenza, si èinvoluto verso forme di superstizione .

I Mixes pregano davanti alle pie-tre, nelle grotte, sono sfruttati da stre-goni senza scrupoli . Prima di seminareaspergono i campi col sangue di pulci-ni. Sacrificano tacchini e galline sullecime dei monti, nei cimiteri e, di na-scosto dal missionario, nelle stessechiese . Pregano e si confessano a vocealta davanti alle statue dei santi . Al-le statue portano anche offerte: uova,pannocchie di granoturco .

Parte integrante della loro religio-

Tlahuitoltepec, 1° gennaio 1975 . Cambio delle autorità civili del villaggio . Ogni cit-tadino può essere eletto alle varie cariche . Cerimonie come questa avvengonoogni anno in tutti i villaggi : a poco a poco i Mixes si aprono alla vita sociale .

sità, che è senza dubbio sincera e in-tensa, è la musica. A ogni solennità ofunzione particolare non manca la ban-da, che suona a tutte le ore del gior-no e della notte . I Mixes hanno unanaturale predisposizione per la musi-ca e il canto, che gustano moltissimo .

Tutto il Messico salesiano è impe-gnato nell'aiutare i missionari che traquesto popolo lavorano in una verazona di frontiera . « Ringraziando ilSignore - ha affermato il vescovomons. Sanchez - il lavoro che si èsvolto finora è stato notevole . Nelcampo religioso si è dato impulso al-l'insegnamento catechistico, con l'aiutodi buoni interpreti e di moderni sus-sidi . E' stata curata e incoraggiata lapartecipazione del popolo ai sacramen-ti, specialmente alla messa . Abbiamogià organizzato parecchie « missioni »nei paesi abbandonati, con la collabo-razione di studenti di teologia, chedestinano a questo scopo pastorale ilperiodo delle vacanze . Ogni anno sitengono corsi di specializzazione percatechisti e catechiste parrocchiali .Questi « catechisti » si rivelano sem-pre più necessari : nei villaggi dovemanca il sacerdote, essi alla domenicaradunano i fedeli per la celebrazionedella Parola, con letture bibliche, can-ti, omelie .

« In campo sociale siamo molto atti-vi per venire incontro alle necessitàpiù urgenti dei Mixes . La nostra atti-vità va dai dispensari medici alla"Cooperativa di distribuzione e scam-bi", dalle associazioni sportive alla co-struzione di strade e ai "corsi di eco-nomia domestica" per le donne » .

Formare le guidedi questo popolo

« Ma il progetto su cui più faccia-mo affidamento è I' "Istituto per il mi-glioramento delle comunità indigene » .Vogliamo che diventi una fucina dileaders, di promotori sociali . I giova-ni vengono scelti tra i migliori deivillaggi, e ricevono tre anni di scuola .Ci sforziamo di dare loro anche un'in-tensa formazione cristiana, oltreché tec-nica, e la nostra segreta speranza è chetra loro possa sorgere qualche vocazio-ne religiosa e sacerdotale . Saranno laguida di questo popolo » .

Centomila Mixes, partiti dal lonta-no Perù in cerca delle venti divinitàdel monte Zempoaltépetl, hanno smar-rito nella notte dei tempi l'antica fie-rezza . Sapranno i giovani della loroultima generazione guidarli verso una« nuova frontiera » di dignità e di pro-gresso? Con loro, dalla loro parte,stanno i missionari di Don Bosco .

TERESIO Bosco 27

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NEL MONDOIL MITRA S,TRASFOR~;ATO N PENv ti ._ : .

Luciano Lutring, soprannominato « ilsolista del mitra » e attualmente in car-cere per scontare una condanna, nelgennaio scorso ha esposto presso laGalleria d'arte Tasso di Bergamo alcu-ni quadri composti in cella, con l'inten-zione di devolvere una parte del rica-vato dalle vendite a favore dei bam-bini di una missione salesiana .

Lutring, che non ha potuto esserepresente alla « vernice » della sua per-sonale, è stato presentato da un altropersonaggio divenuto famoso in car-

IL « NOSTRO» VILLAGGIO

cere, il poeta e ora libraio AlfredoBonazzi, da tempo tornato in libertà .Bonazzi ha accomunato le due sofferteesperienze di espiazione, e ha aggiun-to : « Lutring non è più l'uomo di peri-feria abituato a spostarsi con un mitranella custodia di violino . Lutring die-tro le sbarre ha saputo reagire con unaforza d'animo e un coraggio che hannocancellato la disperazione. E il mitrasi è trasformato in pennello » . I suoi

A Ivrea lo chiamano « il nostro villaggio » . Il suo nome, conosciuto in veritàsolo da poca gente dalle parti di Shillong (Meghalaya, India), è - Shampung .Fino a qualche tempo fa i missionari non vi potevano entrare : i « sacrifica-tori » della religione animista non li volevano . Ma nel villaggio non c'eranoscuole, né luce, né acqua potabile, né avvenire . E le malattie infierivano . Cosìun giorno il « consiglio del villaggio » chiamò il missionario (don Ugo Turco,che lavora lì vicino a Raliang), e l'intesa fu presto raggiunta . Anche con ilsacrificatore (egli sorprese il missionario in mezzo ai ragazzi, rimase un atti-mo assorto, poi disse : « So che vieni per il loro bene . Tra me e te si cerchisempre l'amicizia! ») .Ora nel villaggio c'è una capanna con la scuola, e don Ugo sta costruendoil dispensario per curare i malati . Occorreva la somma di un milione e mezzo,ma gli Exallievi del « Cagliero » di Ivrea si sono impegnati a raccoglierla . I ra-gazzi del collegio si sono uniti a loro, e la somma è venuta fuori .La foto presenta don Ugo con i ragazzi di un altro villaggio già evoluto ; mapresto giungeranno anche le foto con il nuovo dispensario del villaggio diShampung, che a Ivrea exallievi e ragazzi chiamano « nostro » .

SALESIANOquadri risultano dipinti con « pennel-late a tinte forti, cariche di rabbia, maanche di profonda dolcezza » .

La decisione di aiutare una missionesalesiana è stata presa da Lutringdopo una conversazione con il salesia-no laico Dante Dossi, che è assistentevolontario nelle carceri italiane. Allavernice » erano presenti oltre a Dossi

anche l'Ispettore salesiano don AngeloViganò e il Vescovo di Bergamo . I bam-bini che ricaveranno vantaggio dal-l'iniziativa sono quelli della parroc-chia povera di Maliapota (India), rettada padre Giulio Matteucci .

COME FU CHE TOM CONNORNON PRESENTO' LE DIMISSIONI

Era rimasto senza parole per lo stu-pore . Chiamato al campo di rugby sulquale durante quindici e più anni avevaistruito e allenato tanti ragazzi, s'eraaccorto d'improvviso che si stava sco-prendo solennemente una placca di de-dicazione, e che la dedica del camporiguardava lui in persona .

Sulla placca era scritto proprio così :« Campo sportivo Thomas Connor » .E sotto, più in piccolo, la motivazione :« In pegno di sincero apprezzamentoe imperitura gratitudine a un uomo cheha consacrato tanti anni a prepararei giovani nello sport, nella sportivitàe nella formazione del carattere » .Dopo la cerimonia e passato lo stu-

pore, Tom fu udito mormorare : « Ave-vo appena finito di scrivere la mia let-tera di dimissioni, ma ora penso chedovrò stracciarla e continuare il miolavoro per almeno altri quindici anni » .

Certo è che i salesiani della scuoladi Tampa (Florida, Stati Uniti) la sualettera di dimissioni non l'hanno anco-ra ricevuta .

)RE MALATE DI LEBBRA

L'istituto « Figlie dei Sacri Cuori »fondato nel lazzaretto di Agua de Diosin Colombia dal salesiano don LuigiVariara, è l'unica congregazione reli-giosa al mondo che accolga come suo-re anche le malate di lebbra .La superiora, madre Rosa Inés Bal-

dión Rincón, in una sosta a Roma haspiegato questa particolarità del suoIstituto .« In questo momento abbiamo suore

colpite dalla lebbra, che sono venutenella nostra Congregazione da altri isti-tuti proprio per motivo della salute .Per esempio la direttrice della casa diBetania, che è la nostra "casa madre"ad Agua de Dios . Non poteva conti-

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EDITORI A CONVEGNO

Gli editori salesiani d'Europa e Sta-ti Uniti si sono incontrati nel gen-naio scorso a Roma, per interrogarsisulla loro missione nella Chiesa .Hanno riconosciuto in linea di prin-cipio che l'editoria salesiana è aservizio della missione giovanile epopolare. E hanno studiato in con-creto le forme più idonee di colla-borazione su piano nazionale e in-ternazionale . Particolare attenzionehanno dedicato alle librerie, e alsempre più rilevante settore degliaudiovisivi (filmine, dischi, fono evideo-cassette, films) .Nel corso dell'incontro non si potènon ricordare Don Bosco che aprìla sua prima libreria già nel 1864,e che scrisse del libro : « lo nonesito a chiamare divino questo mez-zo, poichè Dio stesso se ne giovòa rigenerazione dell'uomo E siricordò pure il rimprovero taglienterivolto non molto tempo fa da un•

compagno « ai cristiani : « Voi diteche sono le idee che governano ilmondo, e poi non le diffondete . Voidiffondete latte in polvere ai poveri,noi invece idee » . . .(Nella foto il dott . Pivano, direttoregenerale della SEI di Torino) .

nuare a far vita di comunità per causadel suo male contagioso, e è venutada noi. Ha fatto il noviziato per adat-tarsi alla nuova vita, e oggi vive felicedel suo apostolato di dolore e di caritàverso gli altri .

• Sono 45 le suore del nostro Istitutocolpite dalla lebbra . Per un primo pe-riodo, quando vengono, provano se il"carisma vittimale" delle "Figlie deiSacri Cuori" fa per loro (in caso con-trario, possono rimanere ugualmentecon noi, ma come laiche non consa-crate) . Se sono accettate, realizzanoil loro ideale religioso come le altre

suore non malate, vivendo in comu-nità e facendo apostolato . Le teniamonelle sei opere che abbiamo in Aguade Dios, dove lavorano visitando le fa-miglie e aiutando in parrocchia, secon-do le loro possibilità «. (ANS)

:, PUF » NON RISPONDE PIU'PER LE RIME

II 5 dicembre scorso è scomparsoil dott. Ugo Piazza, il popolare poetache tanti hanno conosciuto attraversole sue rime firmate « Puf « e apparseper uno spazio di cinquant'anni sul-l'Osservatore della Domenica .

Era exallievo dell'oratorio di Faenza,e conservò per tutta la vita la gioiacaratteristica di Don Bosco . Nato il1906, durante gli studi universitari dimedicina a Roma fu entusiasta ade-rente alla Fuci e trovò nell'allora mons .Montini l'invidiabile guida spirituale .Ancora studente pubblicò il volume« L'uomo in rima «, in cui l'intera ana-tomia umana era illustrata in versi (evari altri libri fortunati scriverà in se-guito) .

Si laureò con specializzazione in der-matologia, ed esercitò la professioneanche presso la direzione dei servizisanitari della Città del Vaticano . Spo-sato, ebbe sei figli . Fu giornalista, edirettore dell'Osservatore della Dome-nica fino al 1946 . E fu simpatico poeta :con una vena d'umorismo garbato, cheportava bonariamente a sorridere disé prima che degli altri . QuandoPaolo VI partiva per i suoi viaggi, eglicorreva all'aeroporto e nel salutare ilsuo antico maestro di spirito gli con-segnava un piccolo rotolo di perga-mena, legata con un nastro di seta :era una poesia sul viaggio stesso, cheil Papa avrebbe letto per suo sollievodurante il volo .

SCUOLA MEDIA INTITOLATAA SALVO D'ACQUISTO

A Parma la Scuola Media statale divia Raimondi 8 è stata intitolata al-l'exallievo salesiano Salvo D'Acquisto,medaglia d'oro al valore militare .

La decisione è stata presa dal col-legio dei docenti nella riunione del 21gennaio 1976 . Quattro proposte di inti-tolazione erano state avanzate, riguar-danti i nomi di Salvador Allende, Gior-dano Cavestro, don Lorenzo Milani eappunto l'exallievo Salvo . I- proponentiillustrarono nella riunione il curriculumvitae del proprio candidato, sottoli-neando i motivi della loro proposta ;poi si passò a votare per appello nomi-nale . Salvo D'Acquisto ha vinto « a ma-ni basse ottenendo 30 voti su 44 .

A proporre la candidatura dell'exal-lievo salesiano, e a illustrarlo in modoefficace ai docenti, è stato il Presidedella scuola prof . Sergio Zanardi, an-ch'egli exallievo salesiano . Egli nel co-municare alla nostra redazione la noti-zia ha precisato di aver attinto l'ideadella proposta d'intitolare la scuolaproprio dal Bollettino Salesiano, chenel giugno scorso aveva dedicato aSalvo D'Acquisto un lungo articolo .

LIBRI•

IDEE » E « MODELLI »Due collane per i CooperatoriConoscere, promuovere, animare e

corresponsabilizzare i Cooperatori Sa-lesiani : è questo l'invito rivolto dalRettor Maggiore alla Famiglia Salesia-na per il 1976, anno che ricorda il cen-tenario della nascita dei Cooperatoricome associazione organizzata. Ed eccouscire due collane di opuscoli tasca-bili, come sussidi pratici per raggiun-gere tutte quelle finalità . Opuscoli agili(sulle 30 pagine), e di facile uso .

La Collana Idee - di cui sono uscitii primi opuscoli - raccoglie tra l'altrodocumenti presentati alla « Settimanadi studio sulla formazione del Coope-ratore » svoltasi a Roma nel novem-bre 1974 . Ecco i primi titoli già usciti .

1 . Commento alla Strenna 1976. Te-sti di don Luigi Ricceri e don GiovanniRaineri .

2 . La Famiglia Salesiana, di don Gio-vanni Raineri . Presentazione di questa• realtà » a cui Don Bosco diede vita,e che il Capitolo Generale salesianodel 1971 ha riscoperto e rilanciato .

3 . Dimensione secolare dello spiritosalesiano, di Mario Midali . Vengonodelineate le caratteristiche dello stiledi vita, preghiera e lavoro del Coope-ratore .

4 . La vita spirituale del Cooperatoreoggi, di Joseph Aubry. II Cooperatoreè animato nella sua azione dallo Spi-rito Santo, che gli concede i doni par-ticolari occorrenti per operare comeCooperatore nel mondo .

5 . Paolo VI ci aiuta a riflettere sultema del Congresso . II Congresso dicui si parla è quello del Centenariodei Cooperatori, che si svolgerà nelnovembre 1976 a Roma (tema: « Impe-gno del Coadiutore nella famiglia, nel-la chiesa, nella società >«) . L'opuscoloè una lettura « in chiave congressuale „dell'esortazione apostolica « EvangeliiNuntiandi

L'altra serie di opuscoli, la CollanaModelli, porta la testimonianza vissutadi alcuni Cooperatori . Essi apparten-gono alle più diverse categorie sociali,quasi a dimostare che qualunque bat-tezzato chiamato da Cristo a operarecon lo spirito di Don Bosco può rea-lizzarsi in modo compiuto nella Fami-glia Salesiana .

Sono previsti, per cominciare, i pro-fili di un professore universitario(Giuseppe Toniolo) e di una donna diservizio (Maria Casella), di un gio-vane operaio sindacalista (BartoloméMarquez) e di un maturo sacerdotediocesano (don Antonio Bianco), diuna nobildonna (Dorotea de Chopi)tea) e di un'inferma (AlexandrinaDa Costa) .Questi opuscoli in edizione extra-

commerciale vanno richiesti presso iDelegati dei Cooperatori salesiani .

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NEL MONIIORICCARDO E SILVANA

In gennaio sedici Giovani Coopera-tori si sono riuniti a Castelgandolfoper studiare un progetto di partecipa-zione all'attività missionaria salesiana .Hanno ascoltato la testimonianza vivadi Riccardo e Silvana, giovani sposiinviati qualche anno fa da «TerraNuova » a lavorare in Bolivia .

Riccardo . Ho capito che ero chia-mato da laico nelle missioni a 25 anni .In gruppo abbiamo fatto il « ProgettoBolivia », con l'aiuto dell'ispettore edirettore salesiano . Si trattava di « im-piantare la Chiesa » . Ma il prete dove-va fare solo la parte spirituale .

Il Missionario laico è sempre un mis-sionario . Ho cominciato con l'esempiodella fedeltà (un matrimonio regolareè una grossa eccezione, da quelle par-ti . . .) . Vedendo me e mia moglie sem-pre insieme, hanno cominciato a cre-dere che certe loro situazioni parados-sali si potevano sanare .

Silvana . La scuola sembrava per ric-chi, ma tutti i sacerdoti erano impe-gnati in opere assistenziali all'intorno .

SALESIANOPer alleggerire uno di essi mi sono but-tata nel « Club delle mamme » . Ho im-piegato tre mesi per capire la loro men-talità . Ad esempio non sanno ammini-strare: spendono in un giorno quelloche basterebbe per quindici. Mi sonoproposta di educarle al risparmio, inve-ce di chiedere in prestito alla Coope-rativa : è più dignitoso .

Ho cominciato con riunire ottantadonne ogni lunedì, poi tre volte allasettimana, e ora ogni giorno . Vengono .Cucito, maglieria, eccetera . Ho dovutoimparare io per insegnare . E sto conloro a tempo pieno .Ancora Riccardo . Bisogna mettersi

al loro livello, ascoltare molto, sper-sonalizzarsi . Ricordo l'esempio di pa-dre Bolla tra gli Shuar (sono stato an-che cinque anni in Ecuador) : vestecome loro di stracci, va scalzo, cele-bra la messa con l'abito dello strego-ne . E' uno di loro, con in più Cristo .

Bisogna trasferirsi per non meno didue anni . Dimenticare che si è italianio altro . Vivere con loro da poveri e sof-frire le loro pene . E ti daranno molto :rassegnazione, spensieratezza, allegria .

CHE NE DIRESTESE RIFACCIAMO LA FOTO?

La vecchia foto portava la dicitura « Istituto Salesiano - Macerata », e unadata: 19 maggio 1929 . L'exallievo Brenno Bruscantini - colonnello della fi-nanza, e fratello del ben noto cantante lirico Sesto - durante il convegnoexallievi del 1974 guardò a lungo quei volti di bambini, e poi propose quasiper scherzo : « Che ne direste se ritroviamo tutti, ci incontriamo, e rifacciamola foto? » Risposero : « E' 'na parola! », ma l'exallievo Brenno ormai avevadeciso . Con tenacia senza pari si mise a decifrare i volti, a scrivere, telefo-nare, scomodare i comuni, le anagrafi, i carabinieri . E riuscì a trovare l'attualeindirizzo di 140 compagni di studio . Al successivo convegno del 1975, gli exal-lievi di quei tempi lontani erano presenti in 104, molti accompagnati da mo-glie, figli e nipoti . E a 46 anni di distanza, tutti insieme hanno rifatto il gruppofotografico .(Nel riquadro in alto è riportata la foto del 1929) .

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INTERMEDIARIO DEI RAPITI

Riprendendo informazioni giunte dal-l'Argentina,

il

quotidiano

milanese« Il Giornale » del 29 .1 .1976 riferiscedi una triste usanza introdotta in quelpaese che vanta un malinconico pri-mato nei sequestri di persona : inser-zioni a pagamento, pubblicate sui gior-nali sotto forma di « ex voto », sonoda qualche tempo utilizzate anche dal-le famiglie dei sequestrati per comu-nicare con i rapitori . E non poche diqueste inserzioni riguardano il servodi Dio Zeffirino Namuncurà, il figliodel cacico che si santificò alla scuoladei missionari di Don Bosco .

« Il nome di Zeffirino Namuncurà- si legge nell'articolo dal titolo « IIsanto intermediario dei rapiti » - com-pare spesso negli annunci a pagamen-to dei maggiori giornali di BuenosAires, insieme allo Spirito Santo e aNostro Signore dei miracoli » . A ripro-va viene presentata una di queste pub-blicità economiche .

i

1Ceferino NamuncuràEN AGRADECIMIENTO

SILRI

Simili inserzioni di solito sono pub-blicate da qualche fedele in ringrazia-mento (« en agradecimiento ») perqualche grazia o favore ottenuto ; main non pochi casi - precisa « Il Gior-nale » - « esse hanno un retroscenatenebroso . Attraverso il linguaggio de-gli annunci, le famiglie dei molti seque-strati tengono i rapporti con i seque-stratori, siano essi fanatici della poli-tica o delinquenti comuni . Per telefonoi criminali danno istruzioni ai congiuntidei rapiti . . . ma la risposta in codice èattesa, di norma, attraverso i giornalie nella forma che si è vista » .

L'articolo aggiunge melinconicamen-te: « Il povero Zeffirino Namuncurà,che voleva l'amore tra gli uomini, ser-ve così da postuma copertura alleabbiette manovre dei rapitori » .

V FRATERNITA' CRISTIANA

I fedeli della parrocchia salesiana diSan Vicente (Córdoba, Argentina) han-no vissuto una singolare esperienza difraternità : una domenica di vancanzatutti insieme in campagna .

Avvisati per tempo, e combinato apuntino il programma, nella domenicastabilita si sono recati in più di 170persone (chi in auto e chi con mezzipubblici) al luogo fissato : una zonaverde vicino al fiume Cosquín, con tan-to sole e l'acqua fresca . Sul mezzogior-no la messa con partecipazione piùsentita del solito, poi pranzo sull'erba .Quindi la partita (naturalmente sposaticontro celibi : 10 a 3) . Poi musica e gio-chi fino a sera .

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CARNEVALE A LA KAFUBU

I giochi sono gli stessi in tutto il mondo, ma qui nello Zaire acquistano unanota di . . . colore . E' il carnevale organizzato a La Kafubu dalle Figlie di MariaAusiliatrice, che vi hanno un ampio complesso con scuole, oratorio, dispen-sario medico, orfanotrofio e noviziato .

Conclusione: i parrocchiani di SanVicente si sono convinti che è bellostare insieme così, ma che una gior-nata non basta . E hanno combinato diritrovarsi in campeggio estivo, per pas-sare un po' di ferie in schietta frater-nità cristiana .

PECCATO CHE SIA UN PRETE

Racconta Rodolfo Arata, sull'Osser-vatore Romano del 16 .2.1976, di un suolontano incontro con un giovane dal« profilo quasi stecchito » che un gior-no a Torino nei locali della TipografiaPalatina lo pregò di aiutarlo a correg-gere delle bozze . Accondiscese : si trat-tava di uno studio su Kant . Il giovane,mentre leggeva, di tanto in tanto usci-va in giudizi taglienti ma appropriatisul testo, che dimostravano una pre-parazione smisurata per uno studen-tello . E Arata gli chiese chi fosse .«Piero Gobetti », rispose il quasi ra-gazzo : era lo scrittore e uomo politicogià famoso allora, che morirà esulenel 1926 a soli 25 anni dopo aver fon-dato un paio di giornali e scritto di-versi libri divenuti famosi .

Meravigliato dell'incontro, Arata sifece a sua volta aiutare da Gobetti acorreggere le proprie bozze, che ri-guardavano un suo breve saggio sulla« Storia d'Italia » scritta da Don Bo-sco. Ancora Gobetti commentava, di-mostrando questa volta la sua mera-viglia su quanto leggeva di Don Bo-sco, e concluse con questo giudizio

che - conoscendo le idee del giovaneintellettuale - non stupirà troppo :« Un autentico fenomeno . Peccato chesia un prete » .

UN GRAZIE AL BOLLETTINO

Desidero rendere un pubblico grazieal « Bollettino Salesiano », che ricevopuntualmente da qualche anno .Quando ancora frequentavo l'Univer-

sità a Roma, una mattina durante l'at-tesa del treno che avrebbe dovuto con-durmi nella mia città, sostai per unpo' in raccoglimento nella Chiesa sale-siana del Sacro Cuore . Nell'andarme-ne, un'anziana signora mi offrì un opu-scolo religioso e segnò il mio indirizzosu di un libretto . Di lì a qualche giornoricevetti il primo Bollettino Salesiano .

Nei primi tempi non vi prestai moltaattenzione, ma un giorno in cui mi sen-tivo molto depressa e triste (ciò chemi succedeva spesso), provai a leg-gerlo e ne trassi un gran sollievo . Daallora è diventato il mio conforto e lamia guida .

Mi sono rivolta anch'io ai vostri San-ti e in particolar modo a Maria Ausi-liatrice, ricevendone tanti benefici spi-rituali e materiali. Senza l'aiuto delvostro Bollettino sarei sprofondatasempre più in quel vortice di ango-scia che mi attanagliava senza respiro .Desidererei che pubblicaste questa

mia, perchè possa essere di incorag-giamento a tutti coloro che sof-frono .

Nadia

La Casa Editrice SEI di Torino, nel« documento » che raccoglie le sue li-nee direttive, si era impegnata versoi lettori a « promuovere il senso del-la responsabilità personale nei riguar-di della comunità civile entro la qua-le vive e opera » . Ecco alcuni suoi li-bri recenti - situati nel cuore deiproblemi d'oggi - che tengono piena-mente fede a questo impegnativo pro-gramma .

Ennio Caretto, La caduta di Saigon .SEI 1975, pagg . 218, Lire 3 .500 .La lunga agonia di Phnom Penh e diSaigon . Luoghi, protagonisti ed episo-di di una guerra crudele, nel lucidoracconto di un corrispondente che havisto . Un libro che rende omaggio allamaggioranza neutralista e civile deiVietnam : quella uscita veramente scon-fitta dalla guerra dei trent'anni .

Guido Quaranta, Onorevoli colleghi .SEI 1975. Pagg . 154, lire 3 .000 .I personaggi, i riti, i segreti del par.lamento italiano, nel racconto di ungiornalista parlamentare che ha tra-scorso più ore della sua vita nelledue Camere che fuori . La polemicadell'autore giunge a ricordare ai letto-ri che i parlamentari in fondo li abbia-mo eletti noi, e sono come noi li ab-biamo voluti .

Roberto Margotta, Ascesa e declinodelle sette sorelle . SEI 1975 . Pagg .240, lire 3 .500 .La storia mondiale del petrolio, contutti i retroscena e gli intrighi chehanno accompagnato l'ascesa e il de-clino delle sette più importanti so-cietà del settore. E la storia del pe-so preponderante che l'oro nero haavuto e continua ad avere sulla sortedei popoli, quello italiano incluso .

Gian Luigi Rondi, 7 domande a 49 re •gisti . SEI 1975. Pagg . 300, Lire 4.000 .La parola al regista ; il film « visto »attraverso gli occhi del suo artefice ;un modo forse più autentico di farecritica, in un volume che raccoglie leinterviste di uno dei più validi criticicinematografici d'oggi .

Elisa Calzavara, Enrico Celli, Audiovi-sivo: attualità e mitologia . SEI 1975 .Pagg. 270, Lire 3 .500 .Il volume studia l'educazione di fronteai nuovi linguaggi . Si compone di tresezioni. Nella prima inquadra il pro-blema degli audiovisivi ; nella secondapresenta un panorama storico dei di-versi sistemi per analizzare il conte-nuto del messaggio audiovisivo, in usonegli Stati Uniti e in Europa ; nellaterza parte affronta questa analisi inmodo specifico, facendo ricorso alleacquisizioni recenti delle scienze del-l'uomo .

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ERA RITENUTO INGUARIBILE

Il piccolo Raffae-le di appena duemesi era stato rico-verato all'OspedaleInfantile di Napoliin così gravi condi-zioni che i profes-sori lo giudicaronoinguaribile e consi-gliarono di riportar-

lo a casa. lo pensavo all'atroce doloredella sua mamma, e mi rivolsi con fe-de alla Madonna Ausiliatrice perché lerisparmiasse quello strazio, e ridonas-se la salute al piccino . Solo essa po-teva ottenere quello che la scienzamedica non riusciva a fare . La Vergineha esaudito le nostre preghiere, e ilpiccolo è andato progressivamente mi-giorando fino ad acquistare perfettasalute. Come cooperatrice salesianaho voluto segnalare questo fatto perriconoscenza all'Ausiliatrice .Portici (Napoli)

FILOMENA FELPO APREA

L'ASSISTENZA DALL'ALTO

Lo scorso agosto mio marito fu in-vestito da una macchina che procede-va a forte velocità . Fu ricoverato al-l'ospedale di Pavia in gravissime con-dizioni . Eravamo tutti angosciati. Confede pregammo Maria Ausiliatrice eBosco, e toccammo con mano la loroassistenza . Poco per volta mio maritomigliorò, e ora, con nostra grande gioia,sta riprendendosi bene. Vogliamoesprimere la nostra più viva ricono-scenza .Pavia

LUISA BOLDRIGHI e FAMIGLIA

GRAZIE, MARIA AUSILIATRICE!

Mio figlio Giuseppe, di 18 anni, la-vorava presso il Cotonificio di Gorizia .Chiudendo il rubinetto degli acidi, fucolpito a un occhio da uno spruzzo disoda caustica . Non ci vide più per di-versi giorni . I medici restarono per-plessi sul da farsi, perché l'acido ave-va colpito la pupilla dell'occhio .

Incominciai una novena a MariaAusiliatrice e feci celebrare tre Messein suo onore nella chiesa dell'IstitutoSalesiano San Luigi .

Dopo 9 giorni, mio figlio tornò a ca-sa guarito . lo non so come spiegarmila guarigione repentina . Grazie, MariaAusiliatrice!Gorizia

OLGA DI LENARDO ved . COLUSSI

Virginia Prandi (Alba, Cuneo) espri-me la sua riconoscenza a Maria Ausi .liatrice e ai Santi Salesiani per favorispeciali ottenuti, specie a vantaggiodel figlio camionista .

Antonia Lisciotto (Bolzano) ringraziaMaria SS. e Don Bosco perché la figliagravemente ferita in un incidente stra-dale e ricoverata all'ospedale in condi-zioni disperate, ha potuto riprendersipresto e bene .

Teresa Occhetto e figli (S . Giaco-mo, Cuneo) ringraziano Maria Ausilia-trice per aver salvato il loro carissimcpapà ridotto in pericolo di vita per unagrave caduta .

Gina Bisone e famiglia (Torino) rin-graziano con devota riconoscenzaMaria Ausiliatrice, Don Bosco e il bea .to Michele Rua per la protezioneavuta .

Una FMA missionaria in Mozambicoinsieme con la sua Comunità ha affi-dato alla Madonna la soluzione di unagrave difficoltà, ed è stata esaudita .Di cuore ringrazia per questa e pertante altre grazie ricevute durante lavita .

Piera Gaia (Torino) si è rivolta confiducia a Maria Ausiliatrice ed è statapreservata da un male molto temuto .

Maria Rosa Grimaudo (Alcamo, Tra-pani) ringrazia la Madonna e san Do-menico Savio perché il papà ha final-mente trovato lavoro, e una signorasua amica, nonostante una gravidanzatanto disturbata, ha avuto due bellissi-mi gemelli .

IL MALE NON SI TROVO' PIU'

Colpita da un brut-to malessere, miraccomandai con fe-de a San GiovanniBosco e a Don Fi-lippo Rinaldi . Unanotte, sentendoatroci dolori, appli-cai fiduciosa unareliquia di San Gio-

vanni Bosco sul luogo del male . L'in-domani fui ricoverata d'urgenza in cli-nica . Il medico che doveva operarmi,fatti tutti gli accertamenti, mi disse :« Non trovo più alcun male! Andate aringraziare il Santo che avete prega-to! » . Lo facciamo di tutto cuore ancherendendo pubblica questa grazia .Altofonte (Palermo)

MARIA MARFIA BRUNO

Mario Oborosler (Fontane, Cuneo) èriconoscente a Don Bosco perché ilfiglio camionista ha potuto riprendereil lavoro dopo tre mesi di ospedale inseguito a un grave incidente stradale .

Giuseppina Dellantonio (Predazzo,Trento) : « II mio nipotino di cinqueanni è stato investito da una macchinae ridotto in gravi condizioni . Ho pre-gato molto la Madonna, san GiovanniBosco e san Domenico Savio, il pro-tettore dei bimbi, e mi hanno esaudita :il piccolo ora è completamente gua-rito

LA MAMMA ERA PAGANA

Mio marito e iorimanemmo profon-damente amareggia-ti quando il dotto-re ci disse che ri-schiavo di abortire .Ero al sesto mese,e desideravo tan-to un figlio, che misentii presa dalla

disperazione . Mio marito allora si recòdalle Figlie di Maria Ausiliatrice e unadi esse gli consegnò un abitino di SanDomenico Savio perché io lo portassi .Dopo l'esame dell'ostetrica mi sentiidire che la nascita prematura sarebbeavvenuta in serata . E fu così : minacque una bambina, ma legata allavita da un filo così fragile che fu su-bito battezzata e deposta nell'incuba-trice . Un pediatra nostro amico non cinascose le sue preoccupazioni : la pic-cola sarebbe vissuta non più di tregiorni, e comunque non sarebbe statauna creatura normale . E invece, dopocinque mesi di ospedale, di cui tre inincubatrice, abbiamo potuto portarci acasa la nostra figlioletta . Sono già tra-scorsi più di due anni, e tutto lasciapensare che sarà perfettamente nor-male .La Lomma (Zaire)

L. S. POSADAS

P.S . - La paziente era pagana . colpermesso del marito, il Sacerdote labattezzò in sala operatoria, pregandoil Signore che le ridonasse la salutee la gioia di una creatura . Dopo l'even-to, la signora fu messa al corrente delfatto . Ne fu contentissima, e chiesedi essere istruita nella fede . Fece lasua prima Comunione, volle il sacra-mento del matrimonio, e chiamò la suabimba Marie Dominique, a ricordo ericonoscenza della grazia ricevuta .Le FMA dell'Ospedale di Lubumbashi (Zaire)

«SEI IN CURADA SAN DOMENICO SAVIO»

Mia figlia, madre di tre piccole crea-ture, a causa del lavoro, della respon-sabilità e delle preoccupazioni, fu pre-sa da esaurimento nervoso che in ospe-dale fu definito « grave In quei giorniio ero lontano . Le scrissi subito : « Sta'traquilla e confida in Dio e nellaMadonna. Pensa che sei in cura daSan Domenico Savio, di cui porti l'abi-tino « . Infatti, si riebbe presto, e orale sue condizioni sono discrete . Siamocerti che Domenico Savio le otterrà laguarigione completa .Rho (Milano)

LUIGI VIANELLO

IL NOSTRO DOLOREEBBE LUCE DI SPERANZA

I

Il nostro piccolo Stefano di cinquemesi cadde dal passeggino riportando

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I NOSTRI SANTIfrattura cranica . Portato d'urgenza al-l'ospedale, i medici riservarono la pro-gnosi . Trascorsero dieci lunghi giorni,in cui il nostro dolore ebbe luce disperanza solo nella fiducia cheSan Domenico Savio, invocato con fe-de da tutta la famiglia e dalle FMA,avrebbe ottenuto da Dio la salvezzadel nostro unico tesoro. E non fummodelusi . Dopo quei dieci giorni di angoscia, in cui temevamo di perderlo o diaverlo minorato per tutta la vita, Ste-fano cominciò a migliorare . Dopo 15giorni poté già uscire dall'ospedale,anche se non ancora del tutto ristabi-lito. Ma dopo un anno la radiografiaconfermò che ormai la ferita era deltutto rimarginata ; la vivacità e l'intel-ligenza del bambino dimostravano chela guarigione era perfetta .Cumiana (Torino)

DANIELA e FRANCO MACARIO

ALTRE MAMME RICONOSCENTI

Sono un'exallieva delle FMA, sposa-ta da 14 anni e senza figli . Un giornola nostra Direttrice mi diede un'imma-gine di San Domenico Savio, racco-mandandomi di pregarlo con fede . Unbel giorno mi accorsi di essere in atte-sa ; e ora sono mamma di un bel bam-bino che abbiamo messo sotto la suaprotezione .Cimetta (Treviso)

MARIA e DAVIDE FANTUZ RINO

Ormai non speravo più, e anche ildesiderio di avere una creaturina tut-ta mia andava scemando . Ma in unincontro di exallieve delle FMA, laDirettrice mi diede l'abitino di San Do-menico Savio, e m'incoraggiò a pre-garlo con fiducia e insistenza . Ho avu-to momenti di trepidazione, ma ora lapiccola Elena forma la gioia del nostrofocolare .Lozzo Atestino (Padova)

CLARA GRANELLA

Ho sofferto moltissimo nei mesi pre-cedenti la maternità . Anche i miei ca-ri vivevano in ansia, ritenendo impos-sibile un esito felice . Consigliata dauna mia zia suora, ho pregato incessan-temente San Domenico Savio, e congioia e meraviglia di tutti nacque Ste-fano, senza intervento chirurgico . Orasiamo tutti felici .S. Maria a Colle (Lucca)

EMILIA LAZZARINI e FAMIGLIA

Maria Dellarole (Trino vercellese)ringrazia san Domenico Savio e il beatoMichele Rua per la guarigione del nipo-tino Michele da grave peritonite .

Santina Borio (Pinerolo, Torino) :« Adempio il mio voto con offerta inringraziamento di grazia ricevuta perIntercessione di san Domenico Savio » .

r,PEPE LUIS E' FIGLIO TUO »

II 28 ottobre 1974l'autobus che tra-sportava gli alunnialla scuola salesia-na « Renacimiento »si scontrò con iltreno che entrava inCiudad de México .II bilancio fu tra-gico: due morti e

parecchi feriti . Di essi il più grave eraJosé Luis: trauma cranico, fratture mul-tiple e gravi, compressione addomina-le e toracica, contusioni ed escoriazio-ni varie . I medici assicurarono che nonavrebbe passato la notte . Ma la nonnadel ragazzo alcuni giorni prima avevaricevuto un'immagine del beato DonRua, e allora si rivolse a lui con que-ste parole : « Don Rua, Pepe Luis è fi-glio tuo, perché sono sei anni che stu-dia dai salesiani . Se è volontà di Dio,intercedi per lui perché si salvi » . Men-tre il ragazzo si dibatteva tra la vitae la morte, medici e infermieri fecerol'impossibile per salvarlo . Furono seimesi di cure, di interventi, di lotta sen-za tregua contro la morte . Lentamente,ma sicuramente il ragazzo si riprese .II 2 di aprile poteva tornare al Colle-gio per riprendere gli studi, camminan-do con assoluta normalità . Merito deibravissimi medici, e grazia del beatoDon Rua invocato con tanta fede .Ciudad de México

AGUSTINA PÉREZ

VIVERE ANCORA,PER FARE DEL BENE

Un'improvvisa forma di flebite allagamba destra rese necessario il mioricovero in ospedale . Avevo febbre altae non mi reggevo in piedi . Ma mi so-steneva la fiducia nel novello beatoDon Michele Rua . Infatti, dopo un me-se e mezzo di cure, la suora infer-miera sfasciando la gamba per medi-carla, la trovò sorprendentementebianca e sgonfia . « Un miracolo! »

esclamò. Accorsero i medici, la Supe-riora, e constatarono il fatto . Pochigiorni dopo fui dimessa dall'ospedale .Dovetti continuare le cure per moltimesi, ma finalmente ho potuto ripren-dere a camminare, sia pure con l'aiutodi bastoni . Il Signore mi conceda divivere ancora per far del bene, comemi hanno insegnato le Figlie di M .A.nella mia giovinezza .Villarbasse (Torino)

Exallieva EMMA COLETTO

Maddalena Feo (Valle Lom ., Pavia)« Ho pregato con fede Don Rua chemi proteggesse in un'occasione per meestremamente difficile e importante, esono stata esaudita. Grazie, Don Rua! » .

Sergio Marchisio (San Mauro Tori-nese) si è raccomandato al beatoDon Rua per ottenere la guarigioneche stentava a venire dopo una deli-cata operazione chirurgica, e ne fu pie-namente esaudito .

Una Suora missionaria del Kenia rin-grazia il beato Don Rua per averle otte-nuto una segnalata grazia, tanto desi-derata .

PENSACI TU!

Una sera mia so-rella suora fu col-pita da emorragianasale, che nessunrimedio valse a fer-mare. Cercai il me-dico, non c'era ; uninfermiere, nemme-no. Che fare? Cor-si a prendere una

immagine con reliquia di Don AndreaBeltrami e lo pregai con fiducia : « Pen-saci tu! » . Con nostra gioia e sorpresail sangue cessò di colpo . Con ricono-scenza .Mignanego (Genova) AMABILE BOCCARDO

CI HANNO PURE SEGNALATO GRAZIEAgli Ermelinda - Amadei Rina - Aranana Ermi-ma - Arrighini Tomasina - Augello Salvatore -

Lina - Massaro Teresa - Miglioli Angelo - Mi-Luigilani Odette - Milliery Salvina - Momo

Baccon Noemi - Balus Vittoria - Bazza Giusep-pina - Bechaz Angela - Berera Alessandrina -Bianchi Martina Paolina - Blanc Adelina - RosaAnna - Bosco Cristiana - Bracco Maria - Bruco-

- Motecuco GiannaProf. Lia - Olivari- Pacciorini Maria

- Narese BarbaraEmilia - Ottonello

- NocotraL. Anna

- Pace Carla - Palma Caro-lina - Parodi Lidia - Parodi Rosa - Peloncro

Ieri Antonio - Burgay Teresq - Buslacchi Ma- Salvatrice - Pizzo M . AntoniettaLeopoldo - Poletti Giuseppina

- Polara Dott.Milani - Porcel-ria - Caccialanza Luigia - Carosso Ottavia - Ca-

lana AngiolettaLeone - RattoPaola - Rinaldi

- Puleo Gioacchinostellino Margherita - Castronovo Maria - Cel- - RanuschioGiulia - Revelli Anna - RicciBellitto Angela - Rivalta Silvia

lone Carola - Cereda Luigi e Laura - Chicchi-rillo Rosetta - Chirio Famiglia - Clerici Gilda

- Roggero Luigina - Roselli Palma - Saladino- Colletti Angela - Costanzo Nunzia - Cuaz Ste-fania - Dell'Osbel Giordano - Einaudi Giovanna

Melina - Stanchi Maria - Tirocchi Albina - Te-nello Angelinacesca - Tuninetti

- Tosi Ester - Tromellini Fran-Nerina

- Fabris Sorelle - Ferraro qosè - Fimiani MariaFortunato Ersilio - Genovese Giovanni - Giac-

Maddalena - Urbani- Valensise Tina Cavaliere - Valera Vittorina

cardi Pietro - Golinelli Maddalena - GonellaMaria -

v . Gardoni -nico - Varetto

Vallarino Maria -Giovanni - Vera

VallarsaCarla -

Dome-VibertiLcon-

- Zan33

Maria -Guagliata

Greco Immacolata - GroppoVincenzo - Leoncini Raimondo - Lo- Maria - Virzi Maria Cittadino - Vuillermin

catelli Virginia -Maesano Antonia

Macagno- Maffei

Anna v . Geraudo -Celestina - Marengo

tina - Zabò Maria in Torti - Zago Achilledron Marco

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SALESIANI DEFUNTI

Sac. Luigi Algeri t a Darfo (Brescia) a 84 anniL'ideale missionario lo portò all'aspirantato diIvrea, e poi in Cile dove fece il noviziato. Ordi-nato sacerdote, fu assegnato all'incipiente mis-sione del Rio Negro d'Amazonia ; poi passò inColombia e in Venezuela, sempre con l'entusia-smo di un pioniere . Di salute fisica eccezionalefino a 80 anni, dovette poi tornare in patria peruna forma di paralisi progressiva. Passò gli ul-timi anni nella >i Casa del Fanciullo ,> a Darfo,sempre attorniato da ragazzi e da popolani, atti-rati dal suo carattere gioviale e dalla semplicitàfanciullesca con cui raccontava le eccezionali av-venture dei suoi 50 anni di missione . La suaumiltà gli faceva attribuire sempre ad altri lemigliori imprese missionarie, comprese le sue .Sac. Edoardo Pavanetti t a Montevideo (Uru-guay) a 59 anniFu direttore di licei e di seminari, parroco eispettore . Si affermò come scrittore, conferenzierericercato, e come guida spirituale specialmentedi giovani sacerdoti . Fu consultore di varie Con-gregazioni religiose per l'aggiornamento postcon-ciliare. A Montevideo fondò l'Istituto di Lettere,Filosofia e Scienze . I suoi libri, di argomentoprevalentemente pedagogico, ebbero larga diffu-sione in America e in Europa . Mente lucidae colta, sacerdote esemplare, accettò la morteprematura come un atto di amore verso il Padre .Sac. Libero Biondi t a Betlemme (Israele) a92 anniAveva assimilato lo spirito di Don Bosco a Val-docco, dai salesiani della prima ora, in partico-lare da Don Rua . Nel 1911 partì per il MedioOriente, e vi rimase fino alla morte . Durantela seconda guerra mondiale dovette sostituirel'ispettore nella cura dei salesiani e delle opere :con fede e tenacia seppe mantenere viva l'atti-vità delle varie case, e farla rifiorire dopo il con-flitto. Si distinse per una fedeltà austera ed esi-gente alla Regola e alle Tradizioni salesiane. Tra-scorreva lunghe ore in adorazione davanti all'Eu-caristia, e ogni giorno visitava la Grotta dellaNatività del Signore . L'ispettoria lo ricorda comeuna figura di primo piano .Sac. Francesco Carpené t a Pordenone a 88 anniE' una figura che si aggiunge alla schiera deinostri patriarchi : fu tra i primi salesiani mis-sionari in India, a Tanjore . Quando la salutelo costrinse a tornare in Patria, avviò e animòdiverse opere salesiane del Veneto . Era uno spi-rito sempre giovane, che sapeva camminare conDon Bosco e insieme comprendere e salutarecon simpatia i tempi nuovi . Cercò con entusia-smo il volto di Dio tra le altezze alpine, e scrutòcon amore il volto di Cristo nella Santa Sindone,di cui fu appassionato studioso e divulgatore .Sac . Mario Dal Pos t a Cochabamba (Bolivia)a 53 anniPartì giovanissimo dall'aspirantato di Penango peril Sud America, e si dedicò totalmente all'edu-cazione della gioventù con perseverante amore epaziente comprensione . La serenità inalterabilenell'esigere la disciplina e l'amore alla musicacreavano quel clima in cui tutta la comunità sa-lesiana poteva svolgere la sua opera educativa .Presentì la morte immatura, e la accettò con ge-nerosità, offrendo la sua vita al Signore per lemani della Vergine, verso cui nutriva un amoredi fanciullo .

Sac. Giuseppe Mancardi t a Sampierdarena a61 anniLa morte lo colse improvvisamente per la strada,mentre stava domandando a un vigile indicazioniper raggiungere il Consolato del Cile . Volevarinnovare il passaporto per tornare in quella cheera diventata la sua seconda patria . Infatti, viaveva lavorato per più di 40 anni con cuore disacerdote grande e generoso . Nella scuola amatae vissuta era stato fecondo educatore di giovanicon fresco spirito salesiano, fino all'ultimo giorno .Sac . Armando Alessandrini t a Roma a 69 anniLavorò in diverse case dell'Ispettoria Romanacon zelo e impegno apostolico . Sia nella scuolacome all'oratorio o tra gli exallievi si preoccupavadella formazione cristiana dei giovani, dimostrandodoti umane e spirito salesiano che suscitavanosimpatia e confidenza . La sua vita si conclusenella sofferenza della purificazione presso il tem-pio di Don Bosco a Roma .

Sac. Giovanni Soddu t a Lanusei (Nuoro) a78 anniSi era già laureato in ingegneria al Politecnicodi Torino, quando decise di farsi salesiano . Sidedicò con impegno all'insegnamento e al mini-stero sacerdotale . I tratti salienti della sua vitafurono la semplicità, la povertà autentica e l'ub-bidienza incondizionata . I suoi ultimi anni fu-rono purificati da una malattia che seppe accet-tare con edificante serenità e abbandono in Dio.

COOPERATORI DEFUNTI

Mons. Giuseppe Palazzuoli t a Colle di ValD'Elsa (Siena) a 90 anniArcidiacono della Cattedrale di Colle di Vai d'Elsae Prelato Domestico di Sua Santità, fu tra co-loro che appresero ad amare i salesiani e ad au-spicarne la presenza a Colle di Val d'Elsa findai tempi di mons . Masera, vescovo di Colle edexallievo . Patrocinò con mons . Niccoli la fonda-zione dell'opera salesiana nella sua città, coro-nando la propria vita nell'anno venticinquesimodi essa . Fu uno dei primi cooperatori dell'Unioneappena questa venne fondata a Colle, e non man-cava mai di ricordare nella sua carità le operesalesiane.Zaverio Donna t a Pont Canavese (Torino) a66 anniLa fede intensamente vissuta lo rese apostolo di-namico e molteplice. Aderì con entusiasmo al-l'Azione Cattolica, sempre in prima linea. Parte-cipò all'azione sociale e politica con la fermaconvinzione che il cristiano non ha bisogno dimutuare da altre ideologie la soluzione dei pro-blemi sociali . Il campo più congeniale a lui erala stampa, nella certezza che i cattolici hannobisogno di un buon giornale prima ancora diun edificio sacro . La popolazione gli dimostròla sua fiducia eleggendolo a capo dell'Ammini-strazione Comunale, ed egli si spese fino all'ul-timo per il bene dei concittadini che amava comefratelli . Fu entusiasta di Don Bosco e della suaFamiglia, di cui fu zelante cooperatore, soprat-tutto con il dono del figlio Giovanni .Sac. Archimede Chiapponi t a La Spezia a91 anniTrascorse la prima parte della sua vita dedican-

dosi con impegno al lavoro e alla famiglia . Fucorrispondente de „ Il Popolo >, accettando tuttele conseguenze di una fedeltà assoluta al par-tito cattolico . Fu tra i fondatori del gruppo spez-zino degli exallievi salesiani (aveva studiato ala Don Bosco'> di Alassio) . Rimasto vedovo, diedeuna svolta alla sua vita consacrandosi a Dio ealle anime nel sacerdozio . Fu parroco per quasidieci anni, e insieme Assistente della Sezionediocesana del Centro Nazionale Artigianato, inun'attività instancabile, nonostante l'età avanzata .Lascia un esempio di coerenza cristiana e di ge-nerosa adesione alla volontà divina .

Nazzarena Maria Slomp ved. De Bortoli t aTrento a 85 anniDio la volle provare togliendole il marito e duefigli in ancor giovane età . Ed essa rispose do-nando generosamente il primogenito, Carlo, allafamiglia di Don Bosco . Nella sua corrispondenzacon lui cominciava sempre così : i Caro figlio diS . Giovanni Bosco . . . e chiudeva con le parole :«Sta' sempre col Signore Iddio e con la Ma-donna ,> . Anima semplice, umile e discreta, illu-minò la sua esistenza con la fede e la rese fe-conda con l'amore verso tutti .

Guido Dorigoni .r a Civezzano (Trento) a 89 anniSi impegnò nella vita politica con l'affermazionedei valori cristiani, e coltivò con particolare amorela musica . Per molti anni si dedicò alla musicasacra come organista del locale coro parrocchiale,e anche alla musica ricreativa . Apprezzò viva-mente Don Bosco e la sua opera, che seguivacon costante interesse, e a cui ebbe la gioia didonare il figlio Don Giulio .Amabile Roccaro ved. De Franceschi t a Tre-baseleghe (Padova) a 75 anniCrebbe in una famiglia in cui Dio occupava ilprimo posto, e fu preparata alla vita con spiritosalesiano dalla vocazione dei fratelli Luigi e Bruno,che da molti anni lavorano nell'America Latina .Dio le concesse ben quindici figli, tutti viventi ;di essi, due sono salesiani : don Tarcisio che la-vora in Egitto, e don Orazio, che lavora in Tur-chia ; e uno è deoniano, padre Piero che lavorain Cambogia tra i lebbrosi . La preghiera fu ilsuo costante aiuto specie nelle prove più dure,e negli ultimi anni diventò quasi continua, finoa eternarsi nella visione di Dio .Guido Triacca t ad Azzate (Varese) a 79 anniTrascorse la vita da cristiano esemplare, intes-sendola di bontà gioviale e tipicamente allegra,di semplicità trasparente, di molto lavoro, e disoda pietà, senza fronzoli . La fanciullezza e lagiovinezza passate nella povertà di una famiglianumerosa lo educarono al gusto delle cose e dellerisorse conquistate con fatica e sacrificio, comedono di Dio . Amò Don Bosco e fu contento didonare alla Congregazione Salesiana un suo figlio .Anche nell'ultima malattia, sofferta con profondoatteggiamento cristiano, invocava ripetutamenteMaria Ausiliatrice . Spirò mentre faceva un am-pio segno di Croce, coronando così nel segnodella Redenzione una vita cristianamente invi-diabile .Giacomo Alladio t a Falicetto (Cuneo) a 87 anniEra un uomo mite e pio, fatto di bontà . Dedicòla vita alla famiglia e a diffondere il bene soprat-tutto con l'esempio. Per molti anni fu ammini-stratore dell'Asilo in cui svolgono la loro operale FMA . Negli ultimi mesi il suo unico dispia-cere era di non poter più frequentare la Parroc-chia come aveva sempre fatto .

Per quanti ci hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, riconosciuta giuridica-mente con D . P. del 2-9-1971 n . 959 e L'ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente personalità giuridica per Decreto13-1-1924 n. 22, possono legalmente ricevere Legati ed Eredità. Formule legalmente valide sono :se trattasi d'un legato : « . . .lascio alla Direzione Generale Opere Don Bosco con sede in Roma (oppure all'istituto Salesiano per le missioni con sedein Torino) a titolo di legato la somma di lire(oppure) l'immobile sito in» .se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza l'uno o l'altro dei due Enti su indicati :« ..« annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con sede in Roma(oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede /n Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo».(luogo e data)

(firma per disteso)

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Borsa : Maria SS . Immacolata, acura di un sacerdote ex allievo sici-liano, in suffragio della sorella defunta,L. 500.000 .

Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio-vanni Bosco, per grazia ricevuta einvocando ancora protezione e grazie,a cura di Tealdi Prof. Clelia, Mon-dovì Breo (CN), L. 150 .000 .

Borsa: Per la Santa Chiesa e peril Santo Padre, a cura di N.N .,L . 125 .000 .Borsa: Gesù Mio, Misericordia,a cura di N.N., L . 125 .000 .

Borsa: Per le Missioni Salesianenel loro primo centenario, a curadi N.N., L. 125 .000 .Borsa : Vergine Santissima, in rin-graziamento e invocando ancora in-tercessione di grazie, a cura di MomoValentina e Vittorio, L . 100 .000 .

Borsa: Cuore Immacolato di Ma-ria, in memoria e suffragio di Erman-no, a cura di Momo Valentina eVittorio, L . 100 .000.Borsa : Maria Ausiliatrice e SantiSalesiani, in ringraziamento a Dioe chiedendo assistenza e protezione,a cura di N.N., Torino, L . 100 .000.

Borsa : S . Cuore e S . Teresa delB.G ., a favore delle missioni salesiane,a cura di Mela Don Pietro, Imperia,L. 100 .000 .Borsa : S. Cuore di Gesù, MariaAusiliatrice e S . Giovanni Bosco,in suffragio di Piccinelli Battistina edi Pulcrano Pasquale, a cura di Pul-erano Anna, Roma, L . 100.000 .Borsa : Cristo Redentore, nel cen-tenario delle missioni salesiane, a curadella Parrocchia salesiana di Arbo-rea (CA), L. 100 .000.Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio-vanni Bosco, a cura di N.N ., L.100 .000.Borsa : Divina Provvidenza, a curadi Boglione Francesco, Torino, L.63 .000 .Borsa: Mons. Vincenzo Cimatti,a cura di Cubeta Giuseppe, Mes-sina, L . 60 .000.Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio-vanni Bosco, in memoria della de-funta Lanaro Maria, a cura: della Fa-miglia Lanaro, Schio (VI), L . 60 .000.

Borsa : Beato Don Rua, per implo-rare grazie, a cura di Viberti-Cerri,S . Maria, La IAorra (CN), K. 55 .000.

Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio-vanni Bosco, per grazie ricevute,a cura di Ibba Comm. Michele, Neo-neli (CA), L. 50.000 .Borsa : Maria Ausiliatrice, in suf-fragio di Raffaele e Francesco Zappiae invocando protezione, a cura di Zap-pia Maria Grazia, Bologna, L. 50 .000.Borsa : Per il centenario delle mis-sioni salesiane, a cura dei Coope-ratori Salesiani di Borgomanero (NO),L. 50.000 .Borsa : Maria Ausiliatrice, a curadi Crevacore Renato, Veruno (NO),L. 50 .000.Borsa : S. Giovanni Bosco, a curadi Forzani Vecchi Caterina, Borgo-manero (NO), L. 50 .000.Borsa: Per la mia Laura, in luogodei doni natalizi, a cura di N.N .,L. 50 .000.Borsa : In memoria e suffragio di Rab-biose Giuseppe, a cura dei figli, L .50.000 .Borsa : S. Domenico Savio, perchèfaccia crescere sano e buono il rationipotino Antonio Branciforti, a curadi Randazzo Platania Pina, Catania,., . 50 .000 .Borsa : Per grazia ricevuta e invo-cando ancora protezione sulla mia fa-miglia, a cura di Mignone RaveraGiovanna, Silvano d'Orba (AL), L.50 .000.Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio-vanni Bosco, in ringraziamento e in

crociatamrmcà..UHUUIUIIIIInnELENCO DI BORSE MISSIONARIE PERVENUTE ALLA DIREZIONEDEL BOLLETTINO SALESIANO

suffragio dei miei genitori, a cura diBasolu Giovannina, Bolotana (NU),L . 50 .000 .Borsa : Maria Ausiliatrice e SantiSalesiani, per grazie ricevute e in-vocando ancora protezione sulla fa-miglia, a cura di N.N . Serradifalco(CL), L . 50 .000 .Borsa : Maria Ausiliatrice, chieden-do grazie particolari, a cura di N.N .,Castiglione Ossola (NO), L. 50 .000 .Borsa : In memoria del MissionarioSalesiano Padre Francesco Romagnino,a cura della Famiglia RomagninoPignoco, Cagliari, L . 50 .000 .Borsa : In memoria e suffragio dimio padre, a cura di Vanotti Lina,Lugano (Svizzera), L . 50 .000.Borsa : S . Giovanni Bosco e SantiMissionari Salesiani, in occasionedel centenario delle missioni salesiane,a cura di Furnari Dott . Antonino,Augusta (SR), L. 50 .000 .Borsa : Maria Ausiliatrice, S . Gio-vanni Bosco e S . Domenico Savio,invocando protezione per la famigliae la salvezza dell'anima dei familiari,a cura di N.N., L . 50 .000 .Borsa : Maria Ausiliatrice e SantiSalesiani, per ottenere una grazia par-ticolare, a cura di G.P ., L . 50.000 .

Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio-vanni Bosco, per ottenere protezionesulla Ditta SAPS, a cura del Cav .Gallici e Soci, Torino, L. 50 .000 .Borsa : S . Domenico Savio e BeatoMichele Rua, per ottenere salute eprosperità per la propria famiglia,a cura del Cav . Gallici Gino, To-rino, L . 50 .000.Borsa : Don Augusto Rossi, a curadi Rota Don Luigi, Roma, L. 50 .000.Borsa : Zefirino Namuncurà, per-

chi completi la grazia, a cura di Sr .Maria Comba F.M .A ., L. 50.000 .

Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio-vanni Bosco, per grazia ricevuta,a cura del Dott . Caratti Lorenzo,L. 50 .000 .Borsa : Santi Salesiani, per ottenereprotezione sulla propria famiglia, acura dei Coniugi Caratti, L . 50.000 .Borsa : Laura Vicuna, invocando sa-lute e pace sulle nostre case, a curadei Coniugi Caglieri Angioletta e Al-berto, L . 50 .000 .Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Do-menico Savio, per grazie ricevute eper invocarne ancora sulla famiglia,a cura di N.N ., Santena (TO), L.50.000 .Borsa : Corino Filippina, a cura diClerico Giuseppe, Torino, L . 50 .000.Borsa : S. Giovanni Bosco, invo-candone protezione, a cura di N.N.,L . 50 .000 .Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio-vanni Bosco, a cura di Maro Giu-seppina, Tronzano (VC), L . 50 .000.Borsa : Don Carlo Boffa, in memo-ria e suffragio, a cura della Fami-glia Menarini, Piossasco (TO), L.50 .000.Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio-vanni Bosco, a cura di N .N ., L .50 .000.Borsa : S. Cuore di Gesù, MariaAusiliatrice e Don Bosco, a curadi Giachino Luigi, Torino, L . 50.000 .Borsa : Per i nostri congiunti Bor-gogno-Olivieri, a cura di Borgo-gno Pierino, Torino, L . 50 .000 .Borsa : Maria Ausiliatrice, S . Gio-vanni Bosco, Santi Salesiani, pro-teggete mia figlia, a cura di M .R .Alessandria, L . 50.000 .

Borsa : S . Giovanni Bosco, in suf-fragio dell'ex allievo Ing. BergoglioLuciano, a cura del Direttore del Li-ceo Valsalice, Torino, L. 50 .000 .

Borsa : S . Giovanni Bosco, in suf-fragio dell'ex allievo Ing. BergoglioLuciano, a cura del Direttore delLiceo Valsalice, Torino, L. 50 .000.

Borsa : S . Giovanni Bosco, in suf-fragio dell'ex allievo Ing. BergoglioLuciano, a cura del Direttore delLiceo Valsalice, Torino, L. 50 .000 .

Borsa : S . Domenico Savio, ottienila salute a mia figlia, a cura di unaCooperatrice Ticinese, L . 50.000 .

Borsa : S. Giovanni Bosco, ottienila salute a mia figlia, a cura di unaCooperatrice Ticinese, L . 50.000 .

Borsa: Maria Immacolata, ottienila salute a mia figlia, a cura di unaCooperatrice Ticinese, L . 50.000 .

Borsa : Maria Ausiliatrice, ottienila salute a mia figlia, a cura di unaCooperatrice Ticinese, L. 50 .000 .

Borsa : Spirito Santo, ottieni la sa-lute a mia figlia, a cura di una Coo-peratrice Ticinese, L . 50 .000 .Borsa : S . Cuore di Gesù, confidoin Voi, per la salute di mia figlia,a cura di una Cooperatrice Ticinese,L . 50 .000.Borsa : Maria Ausiliatrice e S. Gio-vanni Bosco, per ottenere protezionesulla famiglia, a cura di Dompé Mar-gherita, Trinità (CN), L. 50.000 .Borsa : Coad. Mantarro Santi, mis-sionario in India, a cura di An-gello Antonino, Caltanissetta, L .50.000 .Borsa : Maria Ausiliatrice e S . Gio-vanni Bosco, in ringraziamento perbenefici ricevuti, a cura di MeschiariGiovanni a Ines, Modena, L. 50 .000 .

Borsa: Beato Michele Rua, in suf-fragio della moglie e dei nonni paternie materni, a cura di Gaeta Prof . Al-fredo, Lanciano (CH), L. 50.000 .Borsa: Beato Michele Rua, in suf-fragio della moglie e dei nonni paternie materni, a cura di Gaeta Prof . Al-fredo, Lanciano (CH), L. 50 .000 .Borsa : S . Domenico Savio, proteg-gici, a cura di Avalle Petronilla, Faule(CN), L . 50 .000 .Borsa : Don Bosco e Don Rua, in-vocando la loro protezione, a curadella Famiglia Gabrielli, Torino, L.50 .000 .Borsa : Don Bosco e Don Rua, in-vocando la loro protezione, a curadella Famiglia Gabrielli, Torino, L .50 .000.Borsa : Per il centenario delle mis-sioni salesiane, a cura dei Coope-ratori Salesiani del Cairo (Egitto),L . 50 .000.Borsa : Maria Ausiliatrice e SantiSalesiani, in suffragio dei defunti eprotezione dei vivi, a cura di AsvadHenriette, Cairo (Egitto), L. 50 .000 .Borsa : Maria Ausiliatrice e SantiSalesiani, a suffragio dei defunti dellafamiglia, a cura di Lucci Maria Cuic-chi, Chiaravalle (AN), L. 50 .000 .Borsa : Maria Ausiliatrice e SantiSalesiani, a suffragio dei defunti dellafamiglia, a cura di Lucci Maria Cuic-chi, Chiaravalle (AN), L. 50 .000 .Borsa : Maria Ausiliatrice e BeatoD. Rua, in adempimento di promessa,a cura di Comollo Giuseppina, Ver-celli, L. 50 .000 .Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bo-sco Papa Giovanni, chiedendo gra-zie e benedizioni, a cura di RinaldiMaria, Cocquio (VA), L. 50.000 .

Borsa : Simone Srugi, a cura diBottaro Rita, Milano, L . 50 .000 .

Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bo-sco, Don Rua, a protezione dei mieicari, a cura di Peloso Argenite, Sona(VR), L. 50 .000 .Borsa : Angioletta Ferrario, a curadel figlio Don Paolo, L . 50 .000.

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