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Horti Hesperidum Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica Rivista telematica semestrale DISEGNARE A ROMA TRA LETÀ DEL MANIERISMO E IL NEOCLASSICISMO a cura di FRANCESCO GRISOLIA Roma 2014, fascicolo I UniversItalia

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Horti Hesperidum 2014, 1, a cura di F. Grisolia

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Horti Hesperidum

Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica

Rivista telematica semestrale

DISEGNARE A ROMA TRA L’ETÀ DEL MANIERISMO

E IL NEOCLASSICISMO

a cura di FRANCESCO GRISOLIA

Roma 2014, fascicolo I

UniversItalia

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Il presente tomo riproduce il fascicolo I dell’anno 2014 della rivista telematica Horti Hesperidum. Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica.

Cura redazionale: Michela Gentile, Marisa Iacopino, Marta Minotti, Giulia Morelli, Jessica Pamela Moi, Gaia Raccosta, Deborah Stefanelli, Laura Vinciguerra.

Direttore responsabile: CARMELO OCCHIPINTI Comitato scientifico: Barbara Agosti, Maria Beltramini, Claudio Castelletti, Valeria E. Genovese,

Francesco Grisolia, Ingo Herklotz, Patrick Michel, Marco Mozzo, Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, Ilaria Sforza

Autorizzazione del tribunale di Roma n. 315/2010 del 14 luglio 2010 Sito internet: www.horti-hesperidum.com

La rivista è pubblicata sotto il patrocinio e con il contributo di

Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Dipartimento

di Scienze storiche, filosofico-sociali, dei beni culturali e del territorio

Serie monografica: ISSN 2239-4133 Rivista Telematica: ISSN 2239-4141

Prima della pubblicazione gli articoli presentati a Horti Hesperidum sono sottoposti in forma anonima alla valutazione dei membri del comitato scientifico e di referee selezionati in base alla competenza sui temi trattati. Gli autori restano a disposizione degli aventi diritto per le fonti iconografiche non individuate.

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA © Copyright 2014 - UniversItalia – Roma ISBN 978-88-6507-740-5 A norma della legge sul diritto d’autore e del codice civile è vietata la riproduzione di questo libro o parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilm, registrazioni o altro.

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INDICE

FRANCESCO GRISOLIA, Presentazione 5 MARCELLA MARONGIU, «… perché egli imparassi a disegnare gli fece molte carte stupendissime…». I disegni di Michelangelo per Tommaso de’ Cavalieri 11 ALESSIA ULISSE, Una proposta per Siciolante 57 MARCO SIMONE BOLZONI, Qualche aggiunta a Nicolò Trometta disegnatore 76 STEFAN ALBL, Tre nuovi disegni di Giovanni Andrea Podestà e proposte su Podestà pittore 99 KIRA D’ALBURQUERQUE, Aggiunta alla serie dei Piatti di San Giovanni: il ruolo di Ciro Ferri e Pietro Lucatelli 121 LUCA PEZZUTO, Novità su alcuni “petits maîtres” del Seicento tra L’Aquila, Roma e Ascoli Piceno: Francesco Bedeschini, Cesare Fantetti, Ludovico Trasi 147

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URSULA VERENA FISCHER PACE, SIMONETTA PROSPERI VALENTI RODINÒ, Per Giacinto Brandi disegnatore 207 GONZALO ZOLLE, La centralità del disegno nella ricostruzione dell’opera pittorica di Andrea Procaccini: tre casistiche e nuovi dipinti 223 PILAR DIEZ DEL CORRAL, «To breathe the ancient air». Il disegno ornamentale e architettonico spagnolo e l’Accademia di Francia a Roma nel Settecento 269 STEFANIA VENTRA, Disegni di Tommaso Minardi in Accademia di San Luca. Il legato testamentario e altre acquisizioni 303 GIULIO ZAVATTA, Per Francesco Coghetti: nuovi documenti e un inedito disegno per il sipario del teatro di Rimini 351 FRANCESCO GRISOLIA, Un disegnatore dalmata a Roma: su Francesco Salghetti-Drioli e un foglio firmato 367 ABSTRACTS 391

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Allo Statens Museum for Kunst di Copenaghen si conserva un dipinto su tavola raffigurante San Matteo con un donatore (fig. 1), di cui da tempo è stata correttamente riconosciuta la provenienza dalla collezione del cardinale Silvio Valenti Gonzaga, dove recava un’attribuzione a Perino del Vaga che, seppur in modo dubitativo, continua a sussistere nella scarsa bibliografia inerente quest’opera1. Il San Matteo, palesemente

dipendente dal modello del Mosè di Michelangelo (come già

Desidero ringraziare in particolar modo Francesco Grisolia per la sua sincera disponibilità ed i suoi preziosi consigli, Barbara Agosti che ha seguito da vicino questo studio e i funzionari dello Statens Museum for Kunst di Copenhagen per la gentile collaborazione. 1 Catalogo de’ quadri, tuttavia esistenti nella Galleria della Ch. Mem. Dell’E.mo Sign.

Silvio Valenti, s.l., s.d. 1756, n. 498, pubblicato in RITRATTO DI UNA

COLLEZIONE 2005; e precedentemente in HOET 1770; VOSS 1920 (1994), p. 84; OLSEN 1961.

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sottolineato da Voss nel 1920 e da Olsen nel 1961) era già appartenente a quella raccolta nel 1749 quando Giovan Paolo Pannini lo includeva tra i moltissimi pezzi che affollavano la galleria del cardinale (è infatti riconoscibile in alto a sinistra nel dipinto oggi conservato nel Connecticut, fig. 2); segnalato sotto il nome di Perino nell’inventario del 1756, lì rimase fino al 1763 quando venne venduto alla prima delle due aste della collezione Valenti Gonzaga, tenutasi ad Amsterdam il 18 maggio 17632. Il

dipinto fu acquistato per 205 fiorini da un mercante olandese di nome Yrez (o Yver o Ijver) noto anche per altre vendite, che a sua volta lo vendette al re di Danimarca Federico V3. Dal 1763 il dipinto è conservato a Copenhagen; lo stato conservativo risulta oggi problematico, poiché la pellicola pittorica presenta una quantità di ritocchi e cadute di vecchia data, e il pannello di legno, probabilmente pioppo, ha una fessura verticale a sinistra e altre varie crepe più piccole. Non esistono rapporti sullo stato di conservazione o relazioni di restauro sul dipinto, che non fu probabilmente mai affrontato da quando è stato portato in Danimarca. La cornice ornamentale in oro placcato è caratteristica dei telai che sono sopravvissuti pertinenti a dipinti della collezione del cardinal Valenti Gonzaga, ed è probabilmente lo stesso telaio che l’opera aveva quando fu acquistata all’asta di Amsterdam4.

2 HOET 1770, vol. III, p. 304 n. 85; RITRATTO DI UNA COLLEZIONE 2005, p.

48; le aste ad Amsterdam della collezione Valenti Gonzaga furono due, una il 18 maggio 1763, in occasione della quale viene venduto il San Matteo, ed una il 28 settembre dello stesso anno, nella quale vengono venduti i pezzi così definiti minori. I due maggiori acquirenti furono Gerard Morel (consulente di Federico V re di Danimarca), ritenuto per molto tempo unico compratore, e il citato mercante olandese Yrez. Tre dei dipinti acquistati da quest’ultimo finiscono in Danimarca: il San Matteo di Perino del Vaga, l’Annunciazione di Agostino Masucci e il perduto Battesimo di Cristo di Annibale Carracci, comprati proprio dal re di Danimarca, forse su suggerimento dello stesso Morel, che non era riuscito ad ottenerli all’asta. 3 RITRATTO DI UNA COLLEZIONE 2005, p. 43 nota 93, p. 48.

4 Dossier dello Statens Museum for Kunst, Copenhagen.

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Il rinvenimento di alcuni nuovi riscontri documentari e un approfondimento sulle vicende del dipinto rendono possibile ricostruirne la provenienza, individuando un ulteriore tassello della sua storia, e permettono di avanzare, anche con l’importante supporto di una testimonianza grafica già nota e sicura, una più convincente proposta attributiva. La tavola di Copenaghen è infatti con ogni probabilità da identificare con quella che una visita pastorale del 1703 menzionava, con un’imprecisione nella designazione del santo, sull’altare della cappella intitolata a san Carlo nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, poi denominata del Crocifisso, a Rocca di Papa (Roma): «A cornu Evangely eius cappella, eri [sic] in muro laterali adest Imago S. Marci in tabula picta cum coronide ex ligno sculpta; in cuius calce legitur = Antonio Sambuca Arciprete sua divozione = ». Sotto la tavola, che la tradizione locale riconduceva alla mano di Perino, fino ai primi decenni dell’Ottocento si poteva leggere infatti l’iscrizione con il nome del committente «Antonio Sambuca arciprete sua devozione» riferita dalla descrizione della visita pastorale5. È una formula di dedica del tutto affine a

quella apposta sotto la Conversione di Saulo di Roviale Spagnolo in Santo Spirito in Sassia («Paulinus Romanus Huius Xenodochii Fr(ater) ex devotione 1545»)6.

Un documento dell’archivio parrocchiale di Rocca di Papa attesta la vendita di quest’opera, avvenuta nel 1749, ad un «cardinale Valentini» che – anche per il fatto che non si registra in quell’arco cronologico un porporato con tale nome – è certamente da identificare con il cardinale Valenti Gonzaga,

5 Archivio diocesano di Frascati, Visita pastorale cardinale Marcello De Aste,

1703, pp. 915-916; SANTOVETTI 1832, p. 76 (Grottaferrata, Biblioteca del Monumento Nazionale di Grottaferrata); RICCI, CERCHIARI 1930, p. 33. 6 BOLOGNA 1959, p. 22.

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nella cui collezione come si è visto il San Matteo era già presente in quell’anno7. Sia i caratteri stilistici del dipinto, sia il fatto che il verosimile committente, Antonio Sambuca, è documentato come arciprete a Rocca di Papa negli anni che vanno dal 1563 al 1592, contraddicono il riferimento del San Matteo a Perino, morto nel 15478. Il linguaggio della tavola, infatti, piuttosto che ai modi

del Bonaccorsi, sembra meglio accordarsi a quelli mostrati nella tarda attività dal suo discepolo Girolamo Siciolante da Sermoneta (Sermoneta, 1521 ca.-Roma, 1575), con il quale ben si combinano anche le date dell’arciprete menzionato nell’iscrizione. A questo proposito il San Matteo di Copenhagen può essere confrontato con alcuni disegni e dipinti del Sermoneta, fin dal tempo (1548) della pala di San Martino a Bologna, raffigurante la Madonna col Bambino, santi e il donatore Matteo Malvezzi (fig. 3), nella quale la rigida posa della parte superiore della figura in basso a destra sembra essere il prototipo di quella del San Matteo, e dove, come nella tavola anticamente conservata a Rocca di Papa, è presente il ritratto del donatore. La figura del donatore compare anche in altre due opere del pittore, la Madonna Pini di Osimo, firmata e datata 1561 (fig. 4), e la Madonna con Bambino in trono con sant’Agnese, sant’Agata, san Paolo, san Bartolomeo, sant’Antonio Abate (?), san Ciriaco (?) e il donatore Giorgio Morato del 1570 conservata nella cattedrale di Santa Maria Assunta di Calcinate (Bergamo). La Madonna Pini, non menzionata da Vasari, è un esempio eloquente dello stile maturo di Siciolante, sempre più distante dalla miscela ornata tra raffaellismo e michelangiolismo appresa da Perino, che si sviluppa tra i due grandi cicli romani della cappella Fugger in Santa Maria dell’Anima, collocato

7 Archivio Parrocchiale Rocca di Papa, Costruzione e manutenzione della

chiesa, costruzioni chiesa dell’Ottocento, memorie scritte nell’Ottocento con riferimenti precedenti, f. 9. 8 PARMA ARMANI 1986, p. 209.

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convincentemente da Bernice Davidson verso lo scadere degli anni Cinquanta, e quello della cappella Cenci in San Tommaso, datato solitamente alla metà del successivo decennio9.

Nell’esame del San Matteo, giova spostare il discorso sul corpus grafico del pittore, estremamente ridotto (sono poco più una ventina i fogli ascritti alla sua mano) – come ha rilevato Annamaria Petrioli Tofani – a fronte della cospicua produzione pittorica10. È proprio questa ancora oscura produzione grafica

che può consentire sviluppi nella conoscenza di Siciolante pittore e di supportare nuove proposte attributive. Gli studi relativi ai disegni di Siciolante sono in realtà fermi ai contributi di Davidson (1966) e di Hunter (1988; 1996), salvo il recente intervento di Petrioli Tofani concentrato sulle prove grafiche conservate nel Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi. Con il San Matteo già a Rocca di Papa ben si confronta in particolare il foglio venduto all’asta a Londra da Christie’s nel 2001 e proveniente dalla collezione Woodner di New York11,

nel quale è studiata una figura maschile seduta con la mano destra alzata (fig. 5); il disegno è stato quindi giustamente riferito alla pala di San Martino e collegato alla figura di san Luca seduto in basso a destra (fig. 6), una ennesima reinterpretazione degli Eroi progettati dal Bonaccorsi per la loggia della villa di Andrea Doria a Genova. Il san Luca del disegno e il san Matteo nel dipinto di Copenaghen mostrano diversi punti di contatto, nella posa, nella gestualità bloccata, nella costruzione delle pieghe del panneggio e nel modo in cui il manto gira intorno alla figura partendo dalla spalla destra per terminare sulle ginocchia della figura maschile. Da notare anche che la scelta, elaborata nel disegno per mezzo dell’acquerello variamente diluito e di sottili pennellate di biacca, di coprire interamente il braccio sinistro con una manica che giunge fino al polso, è ripresa nella tavola di Copenaghen (a differenza della

9 DAVIDSON 1966, p. 64; VALAZZI 1981.

10 PETRIOLI TOFANI 2010, pp. 121-122.

11 HUNTER 1988, pp. 8-9 e fig. 3; HUNTER 1996, p. 98.

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pala di San Martino) in maniera molto fedele alla controparte grafica, soprattutto nella tipologia e nel trattamento luministico della piega raffigurata a metà del braccio. È quindi evidente che il medesimo disegno sia stato sfruttato da Siciolante con le opportune varianti in occasioni diverse, come del resto accade in vari altri casi della sua produzione. Il San Matteo sembra potersi datare agli anni Sessanta, innanzitutto per la concordanza con il periodo di tempo in cui Antonio Sambuca, che è verosimilmente il donatore effigiato nel dipinto, ricoprì la carica di arciprete a Rocca di Papa, ma anche perché il San Matteo ben si accorda stilisticamente con altre opere eseguite dal pittore in questa stagione, nelle quali le istanze della leggibilità devozionale prevalgono sulle ragioni della ricerca formale, come risalta ad esempio dal Redentore della chiesa di San Nicola a Bassiano di Sermoneta12.

Al San Matteo con donatore sono da collegare ulteriori due disegni: uno conservato allo Statens Museum for Kunst di Copenhagen, ritagliato e privo della parte inferiore oltre che in cattivo stato di conservazione (fig. 7)13; l’altro in collezione privata, esposto in

occasione di una mostra sui disegni di Alonso Cano presso il Museo del Prado nel 2001 (fig. 8)14. Il disegno di Madrid, che

reca un’attribuzione poco convincente a Cano (come già sottolineato da Fischer Pace nel 2014), è una copia tratta dal dipinto o più probabilmente dal disegno di Copenhagen. Per quest’ultimo invece, anche se risulta essere molto fermo e debole, non si esclude l’autografia di Siciolante. Affini per tecnica e stile, per il modo di indagare figure, volti e panneggi, sono un foglio con San Girolamo del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi15 e una Pentecoste conservata al Louvre16.

12 HUNTER, PUGLIATTI, FIORANI 1983, pp. 104-105; ZERI 1997, p. 27.

13 Copenaghen, Statens Museum for Kunst, inv. GB 5642: FISCHER PACE

2014, pp. 209-211, n. 145, dove si sottolinea l’errata attribuzione tradizionale a Perin del Vaga per il disegno così come per il dipinto di Copenaghen. 14 ALONSO CANO 2001, p. 153, n. 41.

15 G. Siciolante (attr.), San Girolamo, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe

degli Uffizi, inv. 1362 F, anticamente assegnato a Siciolante, anonimo secon-

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In conclusione secondo l’ipotesi qui formulata, la storia della tavola del San Matteo sembra aver avuto origine a Rocca di Papa, dove dovette essere commissionata intorno agli anni Sessanta del Cinquecento, e successivamente donata alla chiesa dall’allora arciprete Antonio Sambuca, come testimoniava l’iscrizione posta sotto il dipinto. La tavola sembra potersi ricondurre alla bottega di Perino del Vaga, ed in particolare è molto vicina per impostazione e figure ad alcune opere di quello che Vasari definisce il miglior allievo del Bonaccorsi, Girolamo Siciolante da Sermoneta: il supporto di uno tra i pochi fogli certi dell’artista consente infine di avere una significativa conferma per lo spostamento attributivo dell’opera in tale direzione. È questo un esempio di quanti dipinti del secondo Cinquecento romano, spesso conservati sotto il nome dei più importanti maestri di questa scuola, siano da tempo in attesa di un riesame e di eventuali revisioni attributive, che possono essere sviluppate a partire tanto da fonti e documenti, quanto da confronti stilistici con opere sicure o loro derivazioni, disegni inclusi, che per gli artisti attivi a Roma in questo periodo costituiscono notoriamente un campo in molti casi ancora da esplorare e foriero di novità.

do Hunter, ma attribuibile al pittore di Sermoneta secondo Petrioli Tofani: PETRIOLI TOFANI 2010, pp. 122-124, fig. 1. 16 G. Siciolante, Pentecoste, Louvre, DAG, inv. 10197 recto: HUNTER 1996,

pp. 225-226, fig. 63.

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Bibliografia ALONSO CANO 2001 = Alonso Cano dibujos, catalogo della mostra

(Madrid, Museo del Prado, 2 Aprile-24 Giugno 2001), a cura di J. M. Medrano, Madrid 2001.

BOLOGNA 1959 = F. BOLOGNA, Roviale spagnuolo e la pittura napoletana del Cinquecento, Napoli 1959.

DAVIDSON 1966 = B.F. DAVIDSON, Some Early Works by Girolamo Siciolante da Sermoneta, in «The Art Bulletin», 48, 1966, pp. 55-64.

FISCHER PACE 2014 = U.V. FISCHER PACE, Roman drawings before 1800, Copenhagen 2014.

HOET 1770 = G. HOET, Catalogus of naamlyst van schilderyen met derzelver pryzen zedert een langen reeks van Jaaren zoo in Holland als op anderen Plaatzen in het openbaar Verkogt, vol. III, S’Gravenhage 1770.

HUNTER, PUGLIATTI, FIORANI 1983 = J. HUNTER, T. PUGLIATTI, L. FIORANI, Girolamo Siciolante da Sermoneta (1521-1575): storia e critica, Roma 1983.

HUNTER 1988= J. HUNTER, The drawings and draughtsmanship of Girolamo Siciolante da Sermoneta, in «Master drawings», 26, 1988, pp. 3-40.

HUNTER 1996= J. HUNTER, Girolamo Siciolante. Pittore da Sermoneta (1521-1575), Roma 1996.

OLSEN 1961 = H. OLSEN, Italian painting and sculpture in Denmark, Copenhagen 1961.

PETRIOLI TOFANI 2010 = A. PETRIOLI TOFANI, Considerazioni sui disegni di Girolamo Siciolante da Sermoneta agli Uffizi, con qualche nuova ipotesi, in «Artibus et historiae», 31, 2010, pp. 121-130.

RICCI, CERCHIARI 1930 = C. RICCI, G.L. CERCHIARI, Rocca di Papa (I dintorni di Roma, serie 1: I Castelli Romani, vol. VI), Albano Laziale 1930.

SANTOVETTI 1832 = P. SANTOVETTI, Memorie istoriche, sacre e profane del Castello di Rocca di Papa, raccolte nel 1832, Rocca di Papa 1832.

PARMA ARMANI 1986= E. PARMA ARMANI, Perin del Vaga, l’anello mancante, Genova 1986.

RITRATTO DI UNA COLLEZIONE 2005 = Ritratto di una collezione. Pannini e la Galleria del Cardinale Silvio Valenti Gonzaga, catalogo della mostra (Mantova, Galleria Civica di Palazzo Te, 6 marzo-15 maggio 2005), a cura di R. Morselli, R. Vodret, Milano 2005.

VALAZZI 1981 = M.R. VALAZZI, Girolamo Siciolante da Sermoneta, in Lorenzo Lotto nelle Marche. Il suo tempo, il suo influsso, catalogo della

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mostra (Ancona, 4 Luglio-11 Ottobre 1981), a cura di P. dal Poggetto, P. Zampetti, Firenze 1981, pp. 432-435.

VOSS 1920 (1994) = H. VOSS, La pittura del tardo Rinascimento a Roma e a Firenze (trad. italiana), Roma 1994.

ZERI 1997= F. ZERI, Pittura e controriforma: l’arte senza tempo di Scipione da Gaeta, Vicenza 1997.

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Didascalie

Fig. 1. Girolamo Siciolante da Sermoneta (qui attribuito), San Matteo

con donatore, olio su tavola, cm 171,5x96. Copenhagen, Statens Museum for Kunst.

Fig. 2. Giovanni Paolo Pannini, La Galleria del cardinale Silvio Valenti Gonzaga, 1749. Hartford (Connecticut, Stati Uniti), Wadsworth Athenaeum.

Fig. 3. Girolamo Siciolante da Sermoneta, Madonna con Bambino in trono con san Giovanni Battista, santa Caterina d’Alessandria, san Girolamo, san Martino, sant’Alberto di Gerusalemme, san Luca e il donatore Matteo Malvezzi, 1548. Bologna, Basilica di San Martino (foto CNB 3142, Archivio fotografico SBAP Bologna).

Fig. 4. Girolamo Siciolante da Sermoneta, Madonna Pini, 1561. Osimo, Museo diocesano.

Fig. 5. Girolamo Siciolante da Sermoneta, Figura maschile seduta con mano destra alzata (San Luca). Collezione Privata.

Fig. 6. Girolamo Siciolante da Sermoneta, San Luca, particolare della fig. 1.

Fig. 7. Girolamo Siciolante da Sermoneta (qui attribuito), San Matteo. Copenhagen, Statens Museum fot Kunst.

Fig. 8. Anonimo sec. XVII (già attr. Alonso Cano), San Matteo. Collezione privata.

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